I contorni della nozione di pornografia minorile prima dell`entrata in

Transcript

I contorni della nozione di pornografia minorile prima dell`entrata in
www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823
02.05.2013
Ambra Palumbo
Dottoranda di ricerca
Università degli Studi di Cassino
e del Lazio Meridionale
I contorni della nozione di pornografia minorile prima dell’entrata in vigore
della legge n. 172 del 2012.
(Cassazione penale, sez. III, 06 febbraio 2013, n. 5874)
Detenzione di materiale pedopornografico - pornografia minorile – nozione di pornografia
minorile ante e post l. n. 172 del 2012.
Art 600 ter c.p.
La nozione di “pornografia minorile” assume una diversa declinazione
al fine della configurabilità del delitto di cui all’art. 600 ter c.p. in base alla data
di commissione del fatto. I fatti commessi prima dell’entrata in vigore della
legge n. 172 del 2012 (23 ottobre 2012) ricadono, infatti, sotto la precedente
nozione di pornografia minorile, per cui si riteneva materiale
pedopornografico quello che ritraeva o rappresentava visivamente un minore
dei diciotto anni implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita,
quale poteva essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della
regione pubica.
La legge 172/12 ha cercato di definire nel codice penale più
precisamente cosa debba intendersi per pornografia minorile, introducendo
nell’art. 600 ter un ultimo comma che stabilisce: «ai fini di cui al presente articolo
per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di
un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o
qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per
scopi sessuali». La nuova definizione di pornografia minorile punisce, dunque,
anche la sola rappresentazione degli organi sessuali e non richiede più che tale
rappresentazione abbia un carattere lascivo, definendo con maggiore rigore,
quindi, la condotta penalmente rilevante.
Questo quadro si delinea a seguito della sentenza n. 5874 del 2013 della
Corte di Cassazione, pronuncia che si colloca nell’ambito di un procedimento
cautelare. Nello specifico, il ricorrente aveva impugnato l’ordinanza del
Tribunale di Roma con cui veniva rigettata la richiesta di riesame, dallo stesso
proposta avverso l'ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Roma
applicativa, nei confronti del predetto, della misura cautelare della detenzione
www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823
in carcere per i reati di detenzione, produzione e diffusione di un'ingente
quantità di materiale pedopornografico.
La difesa dell’imputato insisteva essenzialmente su due profili,
sostenendo in primo luogo l’inosservanza o l’erronea applicazione
dell’articolo 600 ter c.p., poiché la disposizione richiederebbe che i minori
vengano rappresentati in "atteggiamenti lascivi" e "coinvolti o implicati" in
attività di tipo sessuale. Le foto rinvenute sul computer e sugli hard disk
esterni dell’autore della condotta non presentavano, secondo tale linea di
difesa, alcun contenuto erotico, apparendo, sotto tale profilo, assolutamente
"neutre".
In secondo luogo si contestava la sussistenza del pericolo della
diffusione del predetto materiale (riconosciuto dal Tribunale), non sostenuta
tuttavia da congruente argomentazione circa gli indici che avrebbero reso
effettivo tale pericolo. L’articolo 600 ter c.p., invece, richiederebbe che il
materiale pedopornografico sia messo a disposizione di un numero
indeterminato di persone.
La Corte di Cassazione richiama un proprio precedente (sent. n. 10981
del 4.3.2010) in cui si precisa «che il delitto di pornografia minorile è configurabile
esclusivamente quando il materiale medesimo ritragga o rappresenti visivamente un
minore degli anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta sessualmente
esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della
regione pubica». Nel fornire tale interpretazione, la Corte si era avvalsa di
quanto previsto dal Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti
dell'Infanzia, sulla vendita dei bambini, la prostituzione e la pornografia
rappresentante bambini, stipulato a New York il 6.9.2000 (ratificato dall'Italia
con L. 11 marzo 2002, n. 46) in cui per pornografia minorile si intende
"qualsiasi rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un bambino dedito ad
attività sessuali esplicite, concrete o simulate, o qualsiasi rappresentazione
degli organi sessuali a fini soprattutto sessuali". Analoga nozione era
contenuta nella decisione quadro del Consiglio Europeo n. 2004/68/GAI del
22.12.2003, relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la
pornografia infantile, secondo cui la connotazione di "bambino" riguarda una
persona d'età inferiore ai diciotto anni mentre per "pornografia infantile" si
allude ad un materiale che ritrae o rappresenta visivamente "un bambino reale
implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, fra cui
l'esibizione lasciva dei genitali o dell'area pubica"; "una persona reale che
sembra essere un bambino, implicata o coinvolta nella suddetta condotta";
"immagini realistiche di un bambino inesistente implicato o coinvolto nella
suddetta condotta" (art. 1).
Tale interpretazione, nondimeno, non si applica ai fatti verificatisi
dopo l’entrata in vigore della citata legge n. 172/2012 che ha introdotto nel
codice penale una definizione di pornografia minorile la quale punisce anche
la sola rappresentazione degli organi sessuali e non solo la loro esibizione
lasciva, definendo con maggiore rigore la condotta punibile.
Per il caso portato all’attenzione della Suprema Corte, antecedente alla
novella legislativa, trova ancora applicazione l’interpretazione -meno
2
www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823
rigorosa- che richiede l’esibizione lasciva degli organi sessuali, non soltanto la
loro rappresentazione. Al riguardo, rileva la S.C. come il Tribunale,
nell’ordinanza impugnata, non avesse indicato da quali elementi avesse tratto
la natura lasciva delle fotografie attribuite al ricorrente. Per tale ragione, essa
procede all’ annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale di Roma.
*******
(Cassazione penale, sez. III, 06 febbraio 2013, n. 5874)
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1) Con ordinanza in data 1.8.2012 il Tribunale di Roma rigettava la richiesta d riesame
proposta nell'interesse di L.D. avverso l'ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di
Roma il 13.7.2012, con la quale era stata applicata nei confronti del predetto L. la
misura cautelare della detenzione In carcere per i reati di detenzione di un'Ingente
quantità di materiale pedo pornografico e di produzione e diffusione di materiale
pedopornografico.
Premetteva il Tribunale che, a seguito di un'Indagine, svolta anche mediante agenti
sotto copertura, avviata dall'A.G. di Torino per contrastare il fenomeno della
pedopornografia, si accertava, tra l'altro, che l'indagato si procurava per via telematica
tale materiale.
Nel corso di una perquisizione domiciliare veniva rinvenuto un p.c. portatile, due
hard disk esterni, due macchine fotografiche ed altro materiale. L'analisi degli hard
disk consentiva di accertare che era stato memorizzato ingente materiale
pedopornografico, realizzato attraverso lo sfruttamento sessuale di minori (per un
totale di 60 Gbyte), schedato e catalogato.
Il contenuto, esplicitamente erotico del materiale, non poteva essere posto in
discussione, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa.
Sussisteva, altresì, il concreto pericolo di diffusione del materiale detenuto, per cui era
configurabile il reato di cui all'art. 600 ter c.p..
Infine sussisteva altissima probabilità di condotte recidivanti ed unica misura
adeguata risultava quella di massimo rigore.
2. Ricorre per cassazione L.D., denunciando la mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione, nonchè il travisamento del contenuto delle
fotografie indicate agli allegati 3 e 4 del fascicolo del riesame. Il Tribunale, nel ritenere
sussistente il fumus dei reati ipotizzati, ha travisato il tenore delle fotografie,
discostandosi dai parametri di valutazione indicati all'art. 1 della Decisione Quadro
2004/68/Gal.
Si è limitato, invero, ad affermare che il contenuto erotico del materiale era desumibile
dal fatto che si era posta particolare attenzione agli organi genitali od ai glutei. Per fa
configurabilità del reato è, invece, necessario il coinvolgimento dei minori in pratiche
sessuali.
Con il secondo motivo denuncia la inosservanza o erronea applicazione dell'art. 600
ter c.p., comma 1, nonchè la violazione del principio costituzionale di offensività in
relazione ai criteri ermeneutici di cui all'art. 1 della Decisione Quadro 2004/68/GAI del
2.12.2003. Tali criteri, vincolanti per l'interprete nazionale, richiedono che i minori
vengano rappresentati in "atteggiamenti lascivi" e "coinvolti o implicati" in attività di
tipo sessuale. Le foto rinvenute, carpite a distanza, non presentano alcun contenuto
erotico, essendo esse, sotto tale profilo, assolutamente "neutre".
3
www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823
Con il terzo motivo denuncia la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria. Il
Tribunale ha, apoditticamente, ritenuto incontestabile la sussistenza del pericolo di
diffusione del materiale; dalla lettura del provvedimento non emerge in base a quali
elementi e a quale iter logico si sia ritenuto sussistente siffatto pericolo. La fattispecie
di cui all'art. 600 ter c.p., comma 3 presuppone, invece, che vi sia da parte dell'agente
la messa a disposizione del materiale ad un numero indeterminato ed indistinto di
soggetti.
Con il quarto motivo, infine, denuncia la mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione in relazione al rigetto della richiesta di sostituzione della
misura della detenzione carceraria con quella degli arresti domiciliari, avendo il
Tribunale omesso di considerare che la richiesta medesima indicava la possibilità di
applicare rigide restrizioni nell'utilizzo di ogni sistema informatico.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato nel termini di seguito indicati.
2. Il ricorrente contesta la sussistenza del fumus del reato di cui all'art. 600 ter c.p.
assumendo che il materiale contenuto negli allegati 3 e 4 del fascicolo del riesame non
ha, palesemente, carattere pedopornografico.
La censura sollevata dal ricorrente comporta la necessità di individuare la nozione di
pornografia minorile.
Il legislatore, sia nella relazione al disegno di legge che durante i lavori parlamentari
(L. n. 269 del 1998 e quella di modifica n. 38/2006), evitò di prendere posizione (con
una nozione astratta) sul punto, lasciando all'interprete di valutare, di volta in volta, il
carattere pornografico del materiale. La giurisprudenza di questa Corte solo con la
sentenza n. 10981 del 4.3.2010 ha indicato, con precisione, i criteri di individuazione
del "materiale pornografico minorile", ritenendo che il delitto di pornografia minorile
è configurabile esclusivamente quando il materiale medesimo ritragga o rappresenti
visivamente un minore degli anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta
sessualmente esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva dei
genitali o della regione pubica. In motivazione si premetteva che in precedenza la
giurisprudenza di legittimità non aveva avuto modo "di affrontare direttamente
questo compito, verosimilmente perchè le fattispecie concrete al suo esame non
presentavano margini di incertezza e non configuravano situazioni di confine. L'unico
precedente, ormai risalente nel tempo, ha una utilità relativa, giacchè non si misurava
con le fattispecie penali introdotte dalle leggi citate, ma si limitava a definire la
pornografia in relazione alla nozione di osceno formulata nell'art. 529 c.p., precisando
che la pornografia è compresa nel più ampio concetto di oscenità, e si identifica con "la
descrizione o illustrazione di soggetti erotici, mediante scritti, disegni, discorsi,
fotografie, ecc, che siano idonei a far venir meno il senso della continenza sessuale e
offendano il pudore per la loro manifesta licenziosità" (Cass. Sez. 3, n. 1197 del
6.11.1970, Bianco, mass. 116647). Tanto premesso, si ricordava che, secondo il
Protocollo Opzionale alla Convenzione sui diritti dell'Infanzia, sulla vendita dei
bambini, la prostituzione e la pornografia rappresentante bambini, stipulato a New
York il 6.9.2000 e ratificato dall'Italia con L. 11 marzo 2002, n. 46, si intendeva per
pornografia minorile "qualsiasi rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un bambino
dedito ad attività sessuali esplicite, concrete o simulate, o qualsiasi rappresentazione
degli organi sessuali a fini soprattutto sessuali". Sulla stessa linea era la definizione
contenuta nella citata decisione quadro del Consiglio Europeo n. 2004/68/GAI del
22.12.2003, relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la
pornografia infantile, secondo la quale si intendeva per "bambino" una persona d'età
4
www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823
inferiore ai diciotto anni, e per "pornografia infantile" un materiale che ritrae o
rappresenta visivamente: 1) "un bambino reale implicato o coinvolto in una condotta
sessualmente esplicita, fra cui l'esibizione lasciva dei genitali o dell'area pubica"; 2)
"una persona reale che sembra essere un bambino, implicata o coinvolta nella
suddettta condotta";
3) "immagini realistiche di un bambino inesistente implicato o coinvolto nella
suddetta condotta" (art. 1). Entrambe le definizioni quindi sottolineavano due
elementi essenziali della pornografia "quello della rappresentazione di una figura
umana e quello dell'atteggiamento sessuale della figura rappresentata". La sentenza in
questione nell'affrontare il problema della vincolatività di tale definizione normativa
per il giudice nazionale, rilevava che i "contrasti o i dubbi interpretativi non sono più
ammessi dopo l'intervento della Corte di giustizia, che con la sentenza 16.6.2005, C105/03 - la famosa sentenza Pupino - ha fatto chiarezza sul punto.
In particolare, la Corte ha osservato che il carattere vincolante delle decisioni quadro è
formulato dall'art. 34, comma 2, UE in termini identici a quelli usati dall'art. 249,
comma 3, CE per le direttive comunitarie ("la direttiva vincola lo Stato membro cui è
rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza
degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi"). Ciò - secondo la sentenza
Pupino - "comporta, in capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai giudici
nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale" (par. 34).
Ne deriva che il giudice, nell'applicare il diritto nazionale, deve interpretarlo in modo
conforme alle decisioni quadro adottate nell'ambito del titolo 6^ del Trattato UE (par.
43), ovviamente entro i limiti stabiliti dai principi generali del diritto (par. 44).
L'obbligo di interpretazione conforme cessa soltanto quando la norma del diritto
nazionale si rivela incompatibile col risultato perseguito dalla decisione quadro; in
altri termini detto obbligo "non può servire da fondamento ad un'interpretazione
contro legem del diritto nazionale" (par. 47). Da questa impostazione deriva che il
giudice italiano, nell'applicazione dell'art. 600 ter c.p., deve fare riferimento alla
nozione di pedopornografia fornita dall'art. 1 della decisione quadro 2004/68/GAI, al
fine di rendere compatibile la fattispecie penale ai principi di determinatezza e
offensività.
Perciò, il materiale pedopornografico previsto dalla norma codicistica come oggetto
materiale della condotta criminosa deve essere inteso come quel materiale che ritrae o
rappresenta visivamente un minore degli atti diciotto implicato o coinvolto in una
condotta sessualmente esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva
dei genitali o della regione pubica.
Com'è evidente, questa è una interpretazione non contro, legem, ma secundum legem,
perchè non fa che restituire alla fattispecie penale un significato costituzionalmente
compatibile col principio di determinatezza, laddove richiede alla pedopornografia (e
in genere alla pornografia) una connotazione esplicitamente sessuale" (cfr.
sent. n. 10981/2010).
Anche la sentenza di questa sezione n. 21392/2010, pur non affrontando
espressamente la questione, richiedeva però che, per la configurabilità del reato, ci si
trovasse in presenza di "fotografie ritraenti immagini di minori in pose sessualmente
equivoche".
3. Nel quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato, che poneva l'accento,
nella individuazione di materiale pedopornografico, sul carattere lascivo della
esibizione e quindi su atteggiamenti esplicitamente sessuali, è intervenuta la L. 10 del
2012. n. 172 di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la
5
www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823
protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a (OMISSIS), e di
adeguamento delle norme interne.
Tale legge con l'art. 4, comma 1, lett. h) ha modificato il testo dell'art. 600 ter e, per
quel che interessa in questa sede, ha inserito all'u.c. una definizione precisa di
pornografia minorile ("si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo di un
minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o
qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore degli anni diciotto per
scopi sessuali"). A parte la novità rappresentata dall'inserimento, per la prima volta,
nella legislazione nazionale della nozione di pornografia minorile, si è in presenza, per
porre evidentemente un argine al dilagante fenomeno, di un indubbio maggior
"rigore", pur temperato dal riferimento agli "scopi sessuali" essendo sufficiente anche
la sola rappresentazione degli organi sessuali e non più la esibizione lasciva degli
stessi.
Tale norma, così interpretata, non può, però, ai sensi dell'art. 2 c.p., comma 4, trovare
applicazione nella fattispecie in esame, essendo stato il fatto commesso in data
10.7.2012 e quindi prima dell'entrata in vigore della L. n. 172 del 2012.
3.1. Il Tribunale, pur dando che le foto ritraggono minori infraquattordicenni nudi o in
costume da bagno, mentre si trovano in spiaggia, con particolare attenzione agli
organi genitali od ai glutei, ha apoditticamente ritenuto che "il contenuto
esplicitamente erotico del materiale è oggettivamente apprezzabile," senza indicare da
quali elementi abbia tratto la natura lasciva della esibizione, (così come richiesto, per
le ragioni in precedenza esposte, dalla normativa previgente).
Rimanendo assorbite le censure di cui al terzo motivo di ricorso, la ordinanza
Impugnata va, pertanto, annullata sul punto con rinvio per nuovo esame.
4. Anche in ordine all'adeguatezza della misura le censure del ricorrente sono,
comunque, fondate.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di scelta delle misure cautelari, ai
fini della motivazione del provvedimento di custodia in carcere, non è necessaria
un'analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma
è sufficiente che il giudice indichi con argomenti logico giuridici tratti dalla natura e
dalle modalità di commissione del reato nonchè della personalità dell'indagato gli
elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere la custodia in carcere come
la misura più adeguata al fine di impedire la prosecuzione dell'attività criminosa,
rimanendo in tal modo assorbita l'ulteriore dimostrazione della inidoneità delle altre
misure coercitive (ex plurimis Cass. Pen. sez. 6 n. 17313 del 20.4.2011).
E' indubitabile, però, che il Tribunale, per il principio di completezza della
motivazione, debba esaminare le deduzioni delle parti ed argomentare in ordine alle
stesse. Sicchè non costituisce motivazione adeguata quella che,in presenza di temi
specifici sollevati, si limiti alla riaffermazione della motivazione dell'ordinanza
impugnata in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
4.1. Il Tribunale, senza tener conto che la richiesta difensiva di sostituzione della
misura di massimo rigore con gli arresti domiciliari prospettava l'applicazione, a
carico dell'indagato, di rigide restrizioni nell'utilizzo di ogni sistema informatico o
idoneo alla connessione alla rete, si è limitato ad affermare che "a fronte dell'ammessa
incontrollabilità dell'inclinazione e della insopprimibile pulsione ossessiva a visitare
siti pornografici deve ritenersi necessitata l'applicazione della misura cautelare di
massimo rigore".
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza Impugnata e rinvia al Tribunale di Roma.
6
www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823
Dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore
dell'istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall'art. 94
disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
7