La Finanza in azienda non solo conti
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La Finanza in azienda non solo conti
La finanza in azienda non è solo conti di Franco Vergnano Il Sole 24 Ore Sabato 3 aprile 2004 Da "supercontabile" a manager. Che si definisca ancora, in dialetto, "ragiunat" o abbia assunto, mutando la terminologia anglosassone, il ruolo di Chief financial officier (Cfo), il direttore finanziario deve cambiare pelle. E non solo per superare la crisi di immagine legata al caso Parmalat. «In Italia - dice Stefano Scarpa di Egon Zehnder - esiste una concezione un po' "vecchia" del responsabile finanziario che viene spesso percepito come un dirigente con caratteristiche tecniche piuttosto che come un manager a tutto tondo». In sostanza, oltre a essere "l'uomo dei numeri" che governa i cicli amministrativi e il bilancio, tiene i rapporti con le banche. Ma quasi mai è responsabile del controllo di gestione che consente di vivere l'azienda in presa diretta essendo vicino ai contenuti industriali del business, come prevedono i moderni criteri organizzativi e di governance. «Anche se spesso, specie nelle aziende familiari - continua Scarpa - il responsabile della finanza rappresenta "la persona di fiducia" dell'imprenditore, quasi mai viene messo di fronte ai contenuti gestionali. E questa spaccatura logica provoca disfunzioni. Anche perché non è detto che i dati di bilancio siano sempre "riconciliabili" con quelli del controller». Il ragioniere. Secondi gli esperti di Egon Zehnder, i "nuovi" direttori finanziari devono affiancare alla tecnica la capacità di interagire con le altre funzioni aziendali contribuendo a governare i costi: «Si tratta di passare da una gestione - dice Scarpa - basata sulla contabilizzazione "a posteriori" a una filosofia più avanzata che arrivi ad "anticipare" i bisogni aziendali, specialmente negli investimenti». Vito Gioia, amministratore delegato di Asa Executive Search, ha un trascorso anche in Pricewaterhouse: «In passato nelle aziende del made in Italy - precisa - c'era il vecchio ragioniere che lavorava con l'imprenditore, e presidiava gli aspetti fiscali e societari. Oggi, invece, le aziende manifestano la necessità di un Cfo che abbia attitudine al controllo di gestione e attenzione sul versante finanziario, dando per scontati gli aspetti di tesoreria e contabili Su quest'ultimo fronte si sentono in genere già abbastanza attrezzate, mentre risultano spesso carenti la corporate governance e i processi di pianificazione, budget e reporting per il top management». Il nuovo Cfo. La moderna figura del direttore finanziario prevede maggiori responsabilità, anche in termini civilistici, e di ruolo effettivamente giocato in azienda. «Ecco perché - spiega Giuseppe Pitotti, amministratore delegato di Hay group - gli stipendi di questi profili tendono a crescere. In media si va dalle 115mila euro per una piccola azienda fino alle 375mila euro per quelle di maggiori dimensioni. Si tratta di mercati molto diversi. Nei grandi gruppi prevalgono le contrattazioni individuali. Al crescere della dimensione aziendale aumenta anche la parte variabile della retribuzione (in media dal 13 al 23%)». Che cosa ne pensano i diretti interessati? Fabio Bernardini, direttore finanziario di Ford Italia, si definisce «atipico» nel proprio ruolo, dal momento che ha fatto varie esperienze al confine tra finanza e marketing tra la direzione generale Italia ed Europa della multinazionale Usa. «Il Cfo - dice - svolge due ruoli: controller e advisor. In passato prevaleva il controllo, poi l'accento si è spostato sulla consulenza. Ma la mera funzione di controllo ha portato le aziende a ingessare i processi e ad allungare i tempi di reazione. Il ruolo di consulente del Cfo è essenziale per il successo. Un direttore finanziario non può esimersi dall'avere, oltre alla conoscenza delle variabili finanziarie, un'infarinatura delle altre aree funzionali». I principi Ias. Insomma, Bernardini individua un manager che conosce il business a tutto campo per dare un valore aggiunto. Ma non basta: «Il Cfo - per Bernardini - deve garantire il rispetto di determinati principi etici da parte dell'azienda e dei collaboratori. E' quindi un ruolo moderno, di "business consultant", ma anche antico come promotore e difensore di valori che il duro scontro competitivo ci porta spesso a dimenticare». «Con quel che è successo negli ultimi tempi è indubbio che tutta la categoria si senta nel'occhio del ciclone» dice Paolo Bertoli, il presidente Andaf, l'associazione dei direttori amministrativi e finanziari. Questo tipo di manager deve quindi cambiare pelle anche perché si fanno sempre più stringenti le normative, elemento che si somma all'introduzione dei nuovi principi contabili europei Ias. «Siamo d'accordo - rileva Bertoli - che il reponsabile finanziario debba assumersi maggiori reponsabilità. Che vanno collegate con ruoli adeguati. Anche perché non è vero che oggi questi manager occupano un posto privilegiato nella gerarchia aziendale. Ben vengano, quindi, maggiori requisiti di professionalità e onorabilità. Accompagnati da un registro al quale possa accedere solo chi dimostra di avere una certa seniority. Solo così si potrà arrivare a una specie di "certificazione" interna da riservare ad amministratori indipendenti, revisori e sindaci». Le medie aziende. «Anche nelle Pmi - osserva Antonella Severino di Mcs - cresce in maniera significativa la domanda di nuovi responsabili finanziari che abbiano esperienze diversificate di tipo industriale. Il profilo ricercato con maggior insistenza è quello di persone che sappiano "interpretare" i numeri. Quindi una figura di manager che vada oltre l'aspetto tecnico-contabile». La conferma viene da Andrea Fraschetti, Cfo del gruppo Cos, approdato nell'azienda della famiglia Tripi, dopo varie esperienze nelle multinazionali Usa (compresa Unilever). «Ho accettato volentieri - racconta Fraschetti - questo passaggio. La sfida è quella di introdurre il moderno controllo di gestione in maniera strutturata. Le aziende minori sono "controllate a vista" dall'occhio vigile dell'imprenditore. Superata una certa dimensione è indispensabile attrezzarsi con strumenti adeguati ("balanced score card" o altri sistemi di "customer profitability") che permettono di capire dove sta andando l'azienda. Spesso l'attenzione si concentra sull'acquisizione di commesse in modo acritico e senza tener conto di tutti i parametri. E così succede che i costi aggiuntivi da sostenere si rivelino superiori ai ricavi marginali. Al di là degli aspetti motodologici, è importante non innamorarsi dei numeri, ma avere la lucidità di analizzarli con molto buon senso». Più formazione. «Diveta fondamentale - spiega Paolo Cavalleri, amministratore delegato Cegos - il rinnovamento sostanziale del Cfo non più limitato al controllo amministrativo ma coinvolto in una valutazione a priori degli investimenti in cui il suo contributo super partes garantisca all'azienda di evitare sprechi». Alla Cegos, dove sottolineano il ruolo della formazione manageriale, individuano insomma un esperto di finanza che diventa imprenditore, ricerca prove oggettive delle priorità aziendali ed è quindi in grado di valutare quali sono le proposte che avranno un significativo Roi (Return on investment): «Il direttore finanziario - conclude Cavalleri - deve quindi acquistare maggiore rilevanza nella valutazione e nell'approvazione dei progetti e delle soluzioni che l'impresa decide di avviare. La visione globale delle necessità e delle risorse aziendali permette a questa figura di contribuire a rendere efficaci le decisioni superando le miopie funzionali». *** Il vademecum del direttore finanziario Massimizzare il valore dell'impresa, concentrando l'attenzione su tre tipi di politiche: 1. Politiche di investimento: investire in progetti con un rendimento atteso superiore a quello richiesto dai finanziatori, il che comporta attenzione al tasso minimo di rendimento soglia minima di accettabilità che rifletta la rischiosità dell'investimento e la composizione dei finanziamenti rendimento atteso misurare il rendimento in base ai flussi di cassa incrementali del progetto di investimento 2. Politiche di finanziamento: scegliere una struttura che garantisca la sopravvivenza dell'impresa e la creazione di valore, il che comporta attenzione alla scelta del rapporto di individuazione della proporzione ottimale tra mezzi propri e indebitamento mezzi di terzi design degli strumenti finanziari progettazione delle caratteristiche di ciascun strumento di finanziamento in linea con le specificità dell'azienda 3. Politiche dei dividendi: ammontare di risorse finanziarie in eccesso da restituire agli azionisti, il che comporta attenzione a quanto restituire agli quanto eccede dopo aver remunerato i creditori, effettuato gli azionisti? investimenti che creano valore ed assicurato all'azienda i mezzi per far fronte ad esigenze inattese con quale modalità? restituire sotto forma di dividendi ordinari o con altre modalità tecniche? Nota: il contenuto del documento deve essere interpretato in relazione al periodo in cui è stato redatto.