Aprile pdf - Praticantati Online

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Aprile pdf - Praticantati Online
Numero 5 anno 12 - febb./marzo 2010 - periodico degli studenti del Liceo Classico G. Prati di Trento
E
D Salvete!
I Prataioli e prataiole, è arrivato il momento di un nuovo editoriale.
T Potremmo dirvi che questo numero vede
O un incremento di creatività fra le nostre
R pagine: ritorna infatti la narrativa con
racconti inediti, mentre nuovi poeti
I due
ci propongono le loro opere. Spazieremo
A poi dalla politica alle curiosità più bizL zarre, dal cinema ai viaggi. Ritorna la
E rubrica della Posta del Cuore con nuove
lettere e risposte, mentre i nostri rappresentanti ci aggiornano sulle ultime novità del
Liceo. Tra la cronaca prataiola vi ricordiamo
ancora un articolo sul fumo tra gli studenti e
sulle tendenze della moda primaverile.
Vi parleremo anche della settimana della Legalità, dei cerchi di silenzio, del canto delle balene, di Alice in Wonderland, di mostri mitologici e di italiani divenuti famosi oltre l’oceano.
Non meno importante, diamo ampio spazio al
dialogo, pubblicando alcune lettere di critica
che abbiamo ricevuto, complete di risposta.
stra, o almeno ci fa pensare, con nostro sommo gaudio, che il nostro giornalino è sempre
più apprezzato ed i lettori in continua crescita:
siamo certamente più contenti di riuscire a dare sempre un maggiore contributo alle famiglie e popolazioni che sosteniamo con la donazione mensile, ma ancora di più per il fatto che
siete voi a far accadere ciò, collaborando con
noi, leggendoci e divertendoci assieme.
Inoltre qualche settimana fa, poiché ci è pervenuto il foglio di iscrizione al progetto promosso
dall’Ordine Nazionale
dei Giornalisti: “Fare il
giornale nelle scuole”,
abbiamo preso la palla
al balzo ed deciso di affrontare questa sfida. Ci
auguriamo, pur essendone un po’ sfacciatamente convinti, di fare una bella figura e che
con il vostro aiuto realizzeremo altri fantastici
numeri da poter coinvolgere in questa competizione.
È proprio questo l’argomento che vorremmo
sottolineare in questo editoriale: il dialogo.
Abbiamo già ribadito in più di un’occasione
quanto riteniamo importante poter avere un riscontro con i nostri lettori. Per questo non vi
invitiamo solo a leggerlo, il giornalino, ma anche a parlarne con gli altri lettori, discuterne in
classe e, perché no, partecipare attivamente
prendendo parte alle riunioni di redazione, o
scrivendoci una lettera. Siamo apertissimi ad
ogni dialogo. Crediamo veramente che il giornalino possa essere il portale del dialogo degli
studenti del Prati. Come dice la copertina di
questo numero, ita, nos possum!
Ma indubbiamente negli ultimi tempi la mente
vaga, per alcuni libera tra verdi prati di montagna, per altri assonnata su un’amaca in una soleggiata spiaggia tropicale. E come darvi torto?
Anche per Praticantati si avvicinano le vacanze: questo è infatti il penultimo numero! Ci
piacerebbe che il prossimo, che andrà a concludere questo importantissimo anno per la storia
del nostro mensile, sia un numero eccezionale,
il migliore di tutti quelli in precedenza:
l’edizione dell’anno! Per questo vi invitiamo
ancora più calorosamente ed a gran voce, a
scrivere, raccontare, fotografare, inventare, disegnare e sognare con noi. Buon ultimo mese
Questo mese il ricavato delle offerte di Prati- e… take it easy (…ma non troppo…)!
cantati, destinato come al solito a Save the
Children, ammonta ad 80 euro, fatto che dimoI caporedattori
Martina Folena &
Silvio Defant
2 PRATICANTATI
Aprile 2010
In
questo
numero
PRATICANTATI
è il giornalino del Liceo Prati
n° 6 anno 12 aprile 2010
INTERVISTA
4 Da Prataiolo a…. Giornalista
8 Ex Prataioli - futuri dottori
FILM E TELEFILM
28 21
29 Alice in Wonderland di Tim Burton
SPORT
30 Aspettando i mondiali
MODA
26 Prataioli di Primavera
ATTUALITA’ PRATAIOLA
7 Consulta i praticanti
11 Obrigada, Lisboa
12 Prataioli e Prataiole in prati irlandesi
ATTORNO A NOI
14 Legalità e memoria in quel di Trento
16 The sound of silence - cerchi di silenzio in
piazza Dante
17 “Hai da accendere?”
18 Castel Thun
STORIA
19 Leviathan, Behemoth: i mostri di Dio
AMBIENTE
21 Cetacea
INFO & FUN
31 Tachicardia amorosa
POESIA
33 Dolce respiro
Zwielicht
Ciò che vorrei urlare
RACCONTI
34 Rien ne va plus
35 Von der Kantstrasse zum eastcross
LETTERE
36 La controparte
LA POSTILLA
40 La messaggeria di
Praticantati
NEL MONDO
22 Italiani del mondo
VIAGGI
23 Rovine nello Yucatan
Autorizzazione del Tribunale di Trento n° 1390 del
1 luglio 2009
LIBRI E DINTORNI
27 Il ladro di anime di Sebastian Fitzek
Volete informazioni? Ci volete scrivere? Fate
così:
contattate la redazione utilizzando la e-mail
[email protected]
usate il box della messaggeria nell’atrio in
sede e nella sala dei distributori automatici in
succursale
contattateci direttamente (possibilmente non
durante le lezioni… qualcuno avrebbe da ridire.)
su http://praticantationline.wordpress.com,
potrete interagire con Praticantati anche sul
web, facilmente, velocemente ed
immediatamente. Un modo ancora più diretto
per esprimere i nostri pensieri e per essere più
vicini gli uni agli altri.
Redazione
Direttore responsabile: Antonio Di Seclì
Caporedattori:
Martina Folena & Silvio Defant
Redattori:
Michela Stenico
Lia Facchinelli
Agnese Di Giorgio
Stefano Cristelli
Francesca Laura Nava
Gaia Faustini
Nadia Pocher
Georgiana Leveghi
Enrico Dal Fovo
Arianna Arrighetti
n° 6 anno XII
Mattia Graiff
Dario Amadori
Angelo Naso
Riccardo Schöfberger
Francesca Pedron
Davide Leveghi
Fabrizio Lettieri
Disegno a pagina 26 realizzato da:
Martina Sevegnani
PRATICANTATI 3
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DA PRATAIOLO A … GIORNALISTA
Intervista a GIANNI FAUSTINI
di Silvio Defant
In questo numero di Praticantati, per la rubrica “Da Prataiolo a …” abbiamo intervistato un importante personaggio della storia, passata e presente, dell’informazione e del giornalismo della nostra
regione: il giornalista e scrittore Gianni Faustini, che ci ha accolto nella sua casa a Villazzano.
Ci descrive il suo percorso di studio e le
occupazioni svolte dopo la scuola?
Mi sono diplomato - ho controllato
sull’annuario del liceo - nel 1952, poi ho
frequentato e mi sono laureato in Lettere
Moderne, con una tesi di storia sulla vita
culturale a Trento nel decennio antecedente
alla Prima Guerra Mondiale. Ho vinto due
borse di studio: una all’istituto di studi storici Benedetto Croce di Napoli, appunto una specializzazione
in storia; e un’altra all’istituto Luigi Sturzo, che allora
era un istituto di studi sociologici, quindi storia e sociologia. Dopo ho iniziato subito a lavorare. Ho incominciato all’ufficio stampa della presidenza del consiglio, che è stata poi la mia vera pratica, poi al giornale “L’Adige”, dapprima a Trento in via Bolzano,
poi, sempre a Trento, sono passato alla Rai, dove ho
lavorato dal ‘65 al ‘76, dal ’76 all’ ’80 ho diretto il
quotidiano di Bolzano, che aveva due edizioni allora,
si chiamava “Alto Adige” in entrambe le provincie, e
poi dal 1981 al 1984 ho diretto l’“Adige”. Successivamente ho fatto l’addetto stampa di vari enti, quasi
tutti pubblici. Contemporaneamente sono stato per sei
anni segretario nazionale dell’ordine dei giornalisti e
per quattro presidente nazionale dell’ordine dei giornalisti.
Qual è la sua situazione familiare ?
Ho tre figli, otto nipoti, uno fa l’ingegnere, l’altra lavora all’ufficio biblioteca dell’Assessorato alla Cultura della Provincia Autonoma di Trento e il terzo segue le orme del padre: fa il giornalista, è il direttore
del “Trentino”.
Presso quale Ente lavora, attualmente?
Adesso sono felicemente in pensione, collaboro a
qualche rivista, collaboro con una televisione privata
dove ho dei commenti, una rubrica dedicata ai libri ed
una dedicata alle mostre d’arte. Poi scrivo libri.
Sappiamo che lei ha frequentato il nostro liceo: ci
può dire in che periodo preciso?
Mi sono diplomato nel ’53, quindi nei cinque anni
precedenti. Allora il preside era inizialmente Lacner,
poi dopo Piovan e dei professori ricordo il professore
Manlio Goio, di latino ed italiano al liceo e di matematica il professor Coraiola.
4 PRATICANTATI
Si ricorda qualcosa in particolare dell'esperienza?
Ricordo che quando ero in terza,
e r a v a m o
nell’unica classe
del liceo composta
soltanto da maschi, mentre tutte
le altre erano miste; quindi era ritenuta una classe
effervescente,
molto vivace, indisciplinata, e so che
anch’io ho preso 7 in condotta sebbene solo il primo
trimestre. Mi ricordo che mio padre quasi svenne.
Come mai a suo tempo ha scelto il liceo classico?
E rifarebbe questa scelta?
Si, sicuramente. Il perché: non c’era un perché specifico. Allora era abbastanza naturale per i figli di una
certa borghesia scegliere il liceo Prati, era una tradizione. Insomma non c’era una ragione specifica. Poi,
dopo, non essendo portato molto per la matematica,
scartavo il liceo Scientifico a priori.
Quanto crede che le siano stati utili gli anni al
Prati e in generale gli studi classici?
Per l’italiano sicuramente molto, poi allora il mondo
studentesco era numericamente più ridotto rispetto
ad oggi. Io per esempio ho avuto la fortuna, e avventura, di essere presidente di un’associazione studentesca che si chiamava “Juventus” che raggruppava
studenti di tutte le scuole superiori di Trento, ma perché gli alunni erano pochi, adesso sarebbe impossibile avere un’unica associazione, è invece più pensabile avere associazioni d’istituto. Però questa associazione, raggruppando ragazzi di diversa estrazione, mi
è stata molto utile dal punto di vista della socializzazione. Poi dopo si studia per tutta la vita, ed in particolare si studia all’università ed ai corsi legati alle
borse di studio. Poi dopo quando ho smesso la professione attiva ho insegnato in parecchie scuole di
Aprile 2010
giornalismo: ho insegnato anche a Sociologia a Trento e devo dire che l’obbligo di insegnare mi costringeva ad un’eccellente preparazione: mi sembrava di
esser tornato io sui banchi di scuola, prima di andare
a parlare agli studenti. Tanto è vero che quando ho
smesso è stata una liberazione, perché i ragazzi di
oggi, non tutti, per esempio quelli che si iscrivono a
corsi di giornalismo, sono molto motivati e quindi
richiedono anche molto.
C'è un motivo preciso per il quale ha scelto di intraprendere gli studi letterari e la carriera che
l’ha portata a diventare un giornalista?
La scelta era o insegnare o fare giornalismo: mi piaceva di più quest’ultimo, anche perché avevo iniziato
a collaborare, seppure con piccole cose, già
quand’ero al liceo. Facevo degli articoletti brevi sul
cineforum che venivano pubblicati dall’“Adige”. Il
fatto di scrivere, portare pezzo, mi aveva già introdotto nell’ambiente giornalistico. Devo dire poi che negli anni dell’università ho fatto politica universitaria.
Allora era diverso, c’erano degli organi rappresentativi diversi per ogni università e poi c’era una specie di
confinamento nazionale ed io avevo fatto parte di
quel coordinamento nazionale e quindi si era già in
un rapporto abbastanza stretto con il mondo dei giornali. Mi è venuta e ho avuto la fortuna di trovare subito lavoro all’ufficio stampa della presidenza del
consiglio. Ero la persona giusta poiché venivo da qua,
ero addetto alla questione altoatesina che stava già
iniziando a preoccupare il governo italiano, quindi
avevano bisogno di uno che conoscesse la realtà, cosa
che io sapevo; ero invece digiuno assoluto del mondo
giornalistico, quindi sotto questo aspetto ero la persona sbagliata, ed ho fatto molta fatica. Però l’ufficio
stampa mi ha fatto scuola.
Ci parli brevemente del suo percorso formativo
all’Università.
All’università mi sono appunto laureato in Lettere
Moderne, Storia Contemporanea
con una tesi locale e insomma già
ero indirizzato bene verso questo
canale. Poi dopo quasi tutti i miei
studi successivi sono di storia e così
anche i saggi che ho pubblicato,
storia locale tra l’altro.
Riguardo all'esperienza di tirocinio cosa ricorda? Quali furono i
suoi trampolini di lancio?
Ai miei tempi non esisteva l’ordine
dei giornalisti, quindi il tirocinio si
faceva sul lavoro. Io ho imparato
molto a Roma, perché è stata
un’esperienza molto formativa, poi
n° 6 anno XII
anche all’“Adige” devo dire. L’ordine dei giornalisti
è stato istituito dopo, nel ’63 e dopo che sono stati
istituiti gli esami di stato e quindi la situazione era in
movimento, ho assistito a questi problemi quando ero
presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti perché
per la prima volta in Italia si incominciò a parlare di
scuole di giornalismo. In precedenza non c’erano in
Italia, mentre negli Stati Uniti d’America ci sono dai
primi anni del ‘900 e nei paesi europei da dopo la seconda guerra mondiale. Poi siamo arrivati noi solo
negli ultimi decenni del secolo scorso, in pratica dal
1990, ed anche oggi la situazione non è proprio chiarissima; peraltro sono sempre stato convinto che non
basta la pratica sul campo, seppur utilissima, ma un
po’ di conoscenza serve sempre. Per esempio io, laureato in lettere, ignoravo quasi del tutto la parte giuridica, che è importante e ci deve essere per un giornalista: non solo la costituzione, ma proprio il diritto
amministrativo. Insomma, capire come funziona un
comune, una provincia…
Quali e come sono le opportunità nel campo del
giornalismo oggi?
Oggi esiste il reclutamento con assunzione, anche se
sempre più difficile, attraverso le varie agenzie giornalistiche, cioè i giornali, i settimanali, la radio, le
televisioni private, e così via. Lì di fatto si inizia collaborando con poche cose, pubblicando articoletti. Se
uno incomincia e viene conosciuto da chi sta in redazione, e se è bravo, cresce ed è probabile che venga
assunto.
L’altra strada è viceversa, frequentare scuole di giornalismo. Al termine di esse si va direttamente
all’esame di giornalismo e se uno lo supera diventa
professionista. Non è che con questo trova il posto
sicuro, ma insomma una persona che viene da una
buona scuola ha più possibilità.
Quindi due strade: una sul mercato dove non è richiesto il titolo di studio. Basta infatti avere la scuola media inferiore - in teoria, perché di fatto
sono quasi tutti, se non laureati, quantomeno iscritti all’università - poi la
seconda è quella delle scuole di giornalismo.
Ci descriva la sua giornata tipo.
Io leggo molto, quattro - cinque giornali al giorno, ovviamente non per
intero, ma già sfogliandoli vola via
molto tempo: un’abitudine che mi è
rimasta dai tempi in cui lavoravo. Poi
leggo molti libri che riguardano il mio
lavoro, quindi libri di storia, ma anche
alcuni come romanzi o gialli. E poi
dopo scrivo. Guardo poco la televisioPRATICANTATI 5
ne. Guardo solo i telegiornali regionali, quelli sempre, anche lì per deformazione professionale, e poi
sempre meno i telegiornali nazionali; una volta guardavo lo sport, ma adesso ho perso l’interesse.
Quali sono le soddisfazioni personali che ha un
professionista che fa il suo mestiere?
Di soddisfazioni personali ce ne sono di vario tipo.
Anzitutto alla Rai sono stato il primo assunto a Trento: prima aveva solo un ufficio di corrispondenza, la
sede di via Perini l’ho inaugurata io, sostanzialmente
come unico giornalista. E’ stato bello avviare un lavoro nuovo; poi la soddisfazione c’è quando uno è
direttore del giornale e vede che le copie vendute aumentano ed i lettori aumentano. E poi c’è il rapporto
con i giovani giornalisti ed anche il rapporto con la
vita. Il mestiere del giornalista ha parecchi limiti perché è sempre di corsa, spesso non si riesce ad approfondire e si è superficiali, non per scelta o volontà,
ma proprio perché si è costretti a correre; però è nuovo ogni giorno, non ci si annoia mai, ed anche se poi
uno si specializza non è un lavoro solo di rutine, come lo può essere qualsiasi altro lavoro, perché ogni
giorno c’è qualcosa di nuovo e si è costretti a confrontarsi con persone nuove. Per esempio ho conosciuto molti paesi nel Trentino e anche persone eccezionali. E scoprirle, come scoprire una bella attività
culturale, è certamente una soddisfazione.
Sono state esaudite le aspettative che aveva quando era studente?
Si, direi serenamente si. Naturalmente quando si è
giovani si pensa sempre ad un mondo migliore, anche se poi si scopre che non è vero, che il mondo
rimane sostanzialmente quello, anche se molte cose
sono cambiate: quando ero ragazzo, per esempio,
non c’erano le Nazioni Unite: forse è facile da criticare, però il fatto che oggi siano amate e ci siano
dappertutto, è un dato molto positivo. Non c’era
l’Europa e comunque si stava uscendo dalla guerra:
anche oggi si stenta, vedi con la crisi greca, a parlare
con una sola voce, però intanto l’Europa ora c’è, una
volta non c’era. Insomma, tante cose sono ben migliorate: pensate oggi, la televisione, internet, … noi
non avevamo nulla.
Due aneddoti professionali, uno positivo ed uno
negativo.
Uno negativo quando, per amore dello scoop, della
notizia, avevamo pubblicato vita, morte e miracoli di
un giovane che si drogava; il giorno dopo è venuta la
madre in redazione a lamentarsi, giustamente, perché
si poteva narrare la storia senza personalizzarla, scendere in particolari personali: questo ragazzo, già era
sfortunato e si drogava, con nome e cognome sul
giornale era un’altra bastonata. Me la ricordo sempre.
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Poi queste cose purtroppo, forse non capitano tutti i
giorni, però capitano abbastanza.
Esperienze positive sono quando si possono raccontare belle notizie, come quando si chiuse la vicenda
dell’Alto Adige, le cronache delle ultime sedute della
Volkspartei… erano entusiasmanti.
Poi nei giornali, ed in particolare in radio e televisione, uno scrive, ma non pensa come venga recepito
dall’altra parte, perché noi sui giornali usiamo un codice linguistico che è comune, però, per esempio,
quando un giornalista scrive: “Brillante operazione
dei Carabinieri che hanno arrestato tre spacciatori di
droga”, per chi la scrive è una notizia positiva, per chi
la riceve invece, specialmente avendo ragazzi giovani
in casa, è una notizia negativa, pensando: “Ma guarda, ci sono ancora” oppure “Che disastro”,… La ricezione della notizia è diversa da come è orientata. Un
altro esempio è il fatto che, come a Bolzano, anche a
Trento si è diffuso l’“uso” del primo aprile sui giornali, andando quindi a pubblicare bufale proprio in
questo giorno. A Bolzano avevamo scritto che la Volkspartei aveva introdotto la proporzionale anche sugli
incassi del Totocalcio: sembrava una notizia totalmente assurda, ed invece c’è stata gente che ci ha creduto e la reazione è stata diversissima da come noi
l’avevamo pensata. Un’altra volta avevo, per così dire, “rubato” l’elenco degli alloggi sfitti che aveva il
comune di Bolzano e lo pubblicammo convinti di aver fatto un grosso scoop; invece la gente iniziò a telefonare al giornale per sapere come ottenerli in affitto: non avevano inteso che fosse una denuncia di carattere sociale contro chi non affittava.
Un consiglio agli studenti che vorrebbero intraprendere la carriera di giornalista.
Armarsi di molta pazienza e molta umiltà, perché credo che per il lavoro del giornalista, pur essendo molto
cambiato con l’uso dei moderni strumenti tecnologici,
resti valido il vecchio detto che il giornalista è fatto di
testa ma anche di scarpe, cioè bisogna andare a cercare la notizia; e questo richiede molta pazienza, molta
umiltà ed a volte anche essere un po’ cialtroni, perché
capita di andare anche sui luoghi dei disastri: come il
medico, anche il giornalista deve arrivare lì con faccia tosta. Adesso i giornalisti professionisti stanno in
redazione, lavorano molto con il telefono e con
internet, le notizie vengono spesso raccolte da collaboratori esterni, specie quelle non della grande cronaca nera. Quindi pazienza, umiltà e sapere che si è al
servizio degli altri, non si scrive per se stessi. E poi si
impara sempre dopo qualche errore, ma sempre rispettando le persone che si hanno di fronte. Anche il
peggior delinquente è pur sempre una persona.
Aprile 2010
Attualità
prataiola
CONSULTA I PRATICANTI
di Francesca Pedron e Fabrizio Lettieri
Salve a tutti!!!
All’ultima riunione della consulta provinciale, tenutasi il 9 marzo a Palazzo Istruzione a Trento, hanno
partecipato anche tutti i rappresentanti d’istituto.
L’assessore Dalmaso e il presidente Dellai hanno
infatti accettato di incontrare gli studenti per discutere sulla riforma Dalmaso. Noi tutti abbiamo avuto
la possibilità di intervenire, chiedendo eventuali
chiarimenti e informazioni. I quesiti proposti hanno
interessato principalmente gli istituti professionali
che, come già saprete, con la nuova riforma, andranno a confluire all’interno di quelli tecnici. I rappresentanti di questi istituti hanno infatti manifestato
un certo timore nei confronti della riforma poiché
vedono le ore di laboratorio e gli stage estivi diminuire radicalmente nel nuovo corso di studi.
L’assessore e il presidente hanno però cercato di
rassicurarli dicendo loro che la provincia ha sempre
creduto e investito molto anche sugli istituti tecnici.
Ho poi personalmente chiesto quale sia il senso di
imporre il tedesco nel biennio per poi toglierlo al
liceo. L’importanza di questa lingua è innegabile,
ma non è comprensibile come si possa incentivarla
per due anni e poi abbandonarla nei tre successivi.
L’assessore
ha
risposto dicendo
che,
poiché
all’esame di maturità non viene richiesta la seconda
lingua, hanno deciso di dare spazio
ad altre materie.
Hanno però poi
specificato che
comunque la provincia
investe
molto anche sullo
studio delle lingue
straniere dando a
disposizione allo
studente corsi estivi in vari paesi
europei a poco
p r e z z o .
All’insinuazione
di una ragazza che
il vero scopo della
n° 6 anno XII
riforma è quello di tagliare sul personale docenti
perché soldi non ce ne sono, il presidente ha risposto in maniera molto chiara che di soldi la provincia
ne ha e ne ha sempre investiti nella scuola e che alla
fine con questa riforma i costi aumenteranno. Poco
è stato dedicato invece al monte ore (50 o 60 minuti) poiché chiara è la posizione degli studenti per i
50 minuti. È stato inoltre puntualizzato
dall’assessore che il loro intento era quello di formalizzare una situazione già in atto. Tutte le scuole
facevano ormai 50 minuti sostenendo che i 60 effettivi erano inapplicabili per una questione di trasporti. I 10 minuti però non erano recuperati e tutti i corsi che i professori facevano fuori dall’orario scolastico venivano pagati extra. Con questa riforma, se
si adotteranno i 50 minuti, i corsi di recupero, quelli
di potenziamento e tutti i vari progetti serviranno ai
professori per recuperare quei dieci minuti e quindi
non saranno retribuiti.
Ok, ho finito anche per questa volta! Mancano ormai 2 mesi alla fine della scuola e immagino che
tutti voi, come me, sarete presissimi dalle ultime
verifiche quindi in bocca al lupo!
I vostri rappresentanti.
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ExprataioliExprataioli-futuridottori
futuridottori
di Francesca Pedron
Tommaso Filippo Nicoletti e Davide Giampiccolo sono due ex studenti del Prati che frequentano
la facoltà di medicina, l’uno in Germania, a Berlino e l’altro in Italia, a Verona. Lo scopo di questa intervista è illustrare le differenze tra le due Università e raccontare le esperienze e le impressioni di questo primo anno universitario.
1. Nome e cognome
2. In che anno ti sei di- 2009
plomato al Prati?
Tommaso Nicoletti
Davide Giampiccolo
2009 (forse qualcuno si ricorda
ancora di avermi visto per i corridoi)
3. Cosa non dimenticherai mai Le lezioni di italiano dell’ultimo Inizialmente pensavo l'alchimia
anno.
che c'era con i compagni, o qualdi questo Liceo?
che conoscenza particolarmente
intima, o i favolosi pettorali di
Mancinelli, attualmente penso la
mia prof di Italiano e, soprattutto,
la filosofia. (Senza dimenticare
una lacrimuccia per la danza della
scuola, la prof .Frisanco e il vostro
rappresentante, dantescamente
biondo e bello e di gentile aspetto)
4. Quali sono stati i motivi che ti Durante la III liceo ogni sabato La possibilità di capire come funhanno spinto a scegliere la facol- pomeriggio facevo volontariato in zioni realmente il nostro corpo, e
casa di riposo.
non in minima rilevanza, di capire
tà di medicina?
perchè invecchiamo.
5. Perché hai optato per la Ger- Ho frequentato la II liceo in Ger- Benchè le università italiane siano
ampiamente deprecate in ambito
mania piuttosto che l’Italia o mania e ho pensato di ripartire.
nazionale, i medici italiani sono
viceversa?
piuttosto ricercati; inoltre sono
molto vicino all'opinione del mio
prof di istologia, che pensa che
andare in reparto prima possibile
sia il modo migliore di imparare, a
patto che ci siamo le nozioni basilari per farlo.
6. Entrambi siete andati via di Più che l’indipendenza, mette in La scelta di Tommaso è sicuramente più radicale della mia, tutcasa; avete avuto difficoltà ad difficoltà l’essere straniero.
tavia credo che lasciare casa sia
abituarvi ad una vita forse più
un'ottima esperienza, non solo per
indipendente?
testare i propri limiti, ma anche
per apprezzare quello che si ha.
Quanto al resto, le altre città sono
di parecchie potenze più interessanti a livello notturno della nostra
placida Trento.
8 PRATICANTATI
Aprile 2010
7. Che tipo di test hai dovuto Il sistema di selezione è complicato Il mefistofelico test a crocette prea ff ron ta re p er acced ere ed è gestito da un’agenzia nazionale parato dal tenebroso CINECA
(Zentralstelle fuer die Vergabe von
all’Università prescelta?
Studienplaetzen). In base al proprio
punteggio o alla facoltà scelta bisogna sostenere un colloquio o un test:
indispensabili sono l’esito del diploma di maturità, una certificazione di
lingua e il curriculum vitae con le
pagelle degli ultimi due anni (se siete
interessati scrivetemi).
8. Quanto lo studio ti ha occupa- Abbastanza
to durante l’estate per riuscire
ad entrare?
Tornato da Barcellona dal viaggio
di maturità, ho studiato da fine
luglio in poi
9. Si è rivelata sufficiente la pre- È sicuramente stato necessario Non aiuta il fatto che l'ultimo anparazione che ti ha dato questo aver frequentato un anno no si studi scienze della terra; io
all’estero.
ho ripreparato tutto ex novo. D'alliceo per il test d’ingresso?
tronde, il liceo classico mira specificatamente allo sbocco medico,
anche se il suo metodo di studio è
formidabile (in particolare per il
corso A).
10. E durante questo primo an- Sì, anche se è solo il punto di par- Direi che il metodo è risultato efficace, anche se bisogna dire che
no si è rivelato efficace il metodo tenza.
in giro c'è gente che si dà da fare,
di studio appreso nei cinque ano è particolarmente brillante, o
ni di Prati?
entrambi: entrare non è facile, insomma. L'università è parecchio
competitiva, ma proprio per questo i compagni sanno essere oltremodo interessanti.
11. Spiega le caratteristiche È un policlinico universitario, tra i più Si fonda principalmente sull'apprograndi in Europa, fornito di ottimi fondita conoscenza teorica della madell’Università che frequenti .
laboratori. L’approccio alla materia è
diretto, dopo le lezioni del mattino vi
sono seminari nei quali si studia
l’anatomia sui cadaveri e dove vengono eseguiti esperimenti di chimica,
fisica etc. Tra la fine di un semestre e
l’inizio dell’altro è obbligatorio fare
90 giorni di tirocinio (durante il primo
anno) come “aiuto infermiere” in alcuni reparti a scelta, ho finito da poco
30 giorni in chirurgia generale.
12. Se potessi scegliere, quale Sono indispensabili entrambi.
tra i due metodi (pratico e teorico) adotteresti?
n° 6 anno XII
teria, che è ritenuta fondamentale per
qualsiasi aspetto, e soprattutto uso, di
matrice pratica. I prof ci dicono spesso che per un medico non conoscere
la malattia è come essere ciechi, e un
minino di studio di base credo avrebbe evitato un bel po' di danni, come
prescrivere le staminali come se fossero confetti...
Teorico, ma devo dire che la mia
è un'inflessione non solo medica,
ma culturale, che poi non è altro
che il modus operandi di questo
liceo.
PRATICANTATI 9
13. L’ambiente universitario è È stimolante sapere che non esiste Più stimolante, e sembra incredibile, ma è quasi tutta un'altra vipiù o meno stimolante di quello il “fuoricorso”!
ta.
liceale?
14. Pensi di fare l’erasmus?
A Verona! Scherzo… sì, mi piace- Farlo, per uno studente di medicina,
è praticamente un suicidio, perchè 6
rebbe.
anni sono tanti e il rischio di perdere
l'anno è più che reale (ebbene sì, i
prof sono un po' stronzi e non fanno
passare gli esami esteri, spesso);
tuttavia penso lo farò e andrò in
Germania (il tedesco mi affascina
terribilmente).
15. Dove l’università tedesca e Non conosco quella italiana e Purtroppo non conosco l'università
quella italiana dovrebbero mi- quella tedesca ho appena comin- tedesca, però penso che in quella
italiana bisognerebbe selezionare
ciato a conoscerla.
gliorare?
meglio gli studenti (non tutti possono fare l'università) e soprattutto la
nostra università dovrebbe rapportarsi con le altre università europee,
non solo per capire in cosa è inferiore, ma anche per riconoscere i propri
punti di forza.
16. Che speranze hai per il futu- Quando e come pensi di poter entrare L'optimum sarebbe diventare
nel mondo del lavoro? Dopo la laurea Neurochirurgo, alla sempreverde
ro?
spero di potermi mettere subito a la- età di 31 anni)
vorare, ma non so ancora quale scuola di specializzazione frequentare.
17. Dopo la laurea speri di poter Chissà! Ich lass mich ueberra- Spero di poter andare velocemente all'estero, perchè sennò,
andare a lavorare all’estero op- schen!
ora che mi fanno operare in Itapure di rimanere in Italia?
lia, arrivo a 50 anni e mi tremano
le mani.
18. Che idea ti sei fatto sulle pos- Non so più qual è il mio Stato!
sibilità che il tuo Stato dà ai giovani che intendono intraprendere
questa professione?
Ai giovani dà possibilità sufficienti, è ai laureati che ne dà poche...
19. Se potessi tornare indietro Penso che rifarei questa scelta ma Sì, decisamente
non so se tornerei indietro, sono stati
rifaresti questa scelta?
mesi molto impegnativi perché mi
sono confrontato con realtà difficili.
Credo che le persone che intendono
intraprendere questo percorso, debbano considerare che le preoccupazioni
relative allo studio delle materie propedeutiche hanno poco senso di fronte alla relazione con la sofferenza
umana.
20. Un saluto.
10 PRATICANTATI
Ciao Prataioli, studiate la lettera- Tanti saluti, due particolari ai
tura.
prof Pedrotti e Brocchieri, un
[email protected]
abbraccio a Federico Mosna
Aprile 2010
Attualità
prataiola
Obrigada, Lisboa!
di Michela Stenico
Si dice che camminare per le vie di Lisbona sia una
forma di edonismo: un’atmosfera primaverile, una
gradevole temperatura, un miscuglio di colori, gli
azuleyos – ovvero le tipiche piastrelle dipinte
d’azzurro che ornano la maggior parte degli edifici
duta panoramica della città.
Il monumento più prezioso della capitale portoghese
è il Convento dos Jeròminos de Belém, fatto costruire dal re Manuele I; il chiostro è molto suggestivo e
unico nel suo genere. La giornata era luminosa, ma
le
ombre e l’oscurità della chiesa avevano incupito il
nostro umore.
In una mattinata uggiosa siamo entrati al “sacrario”
del più noto poeta portoghese Fernando Pessoa, colui che qualificò quel movimento letterario noto sotto il nome di modernismo. Molta della sua produLisbona è situata in una bellissima posizione, sui zione rimase dispersa in giornali e riviste e, per quecolli ad anfiteatro che discendono a terrazzi sulla sto, in gran parte ignorata. Vediamo in lui un artista
destra dell’estuario del fiume Tago; proprio sul Tago ricco di motivi lirici e attento ai mezzi espressivi.
si apre la grande Plaça do Comercio con
la statua a José I e i sontuosi palazzi
della borsa, della dogana… E’ questa la
zona della Baixa, cioè la parte bassa
della città, cuore del commercio. La
strada principale è la Rua Augusta con i
suoi edifici, in stile neoclassico, che
risalgono al periodo ‘700-‘800.
Dopo una breve ‘shakerata’ sul tram 28,
dopo una faticosa salita per espiare i
nostri peccati di studenti negligenti, siamo arrivati al Castello di São Jorge,
dalle cui mura si può godere di una vedella città – la spiaggia di Cascais, i bei negozi del
centro storico, il buonissimo Porto, le Pasteis de Belém…le follie, lo shopping con la nostra amata segretaria Marisa, tanto divertimento e avvenimenti
che sembrano una sorta di “storia alla Hitchcock”.
n° 6 anno XII
PRATICANTATI 11
Se a tarda sera si gira per il quartiere del Bairro Alto scais e dalla baia regale.
si rimane travolti da un’atmosfera a dir poco frizLa memoria culinaria è legata al triste ricordo di
miseri e squallidi pasti fatti di brodaglie dal color
pastello che, nell’intenzione dell’artista, fungevano
da primi piatti o da dessert. Per fortuna il ricordo
così malinconico è riscattato da quello degli ottimi
pasticcini di Belém che ci fanno ancora venire
l’acquolina in bocca!
zante; siamo nella zona dei locali notturni e delle
birrerie, incuneati in quei vicoli stretti e contorti vivacizzati dall’allegria dei giovani che rigurgitano
dai locali.
Non è mancato un tuffo nella lontana estate, nostalgicamente evocata dalla splendida spiaggia di Ca-
Attualità
prataiola
P.S. per i più esperti in cucina, ecco a voi
l’immancabile ricetta delle Pasteis de Belém!
Far scaldare 50 ml di acqua con 150 g di zucchero
finché questo non si addensa e fa il filo. A parte diluire un cucchiaio di farina bianca in 250 ml di latte
freddo, poi unire quattro tuorli e un albume, precedentemente ben sbattuti; aggiungere lo zucchero
diluito nell’acqua e porre la casseruola a bagnomaria facendo cuocere per 10-12 minuti senza mai smettere di mescolare. Con questo composto riempire
delle formine già foderate con 250 g di pastasfoglia
e fare cuocere in forno caldo (250°) per circa 25 minuti.
Prataioli e prataiole in prati irlandesi...
Lia Facchinelli
Mesi or sono, le classi VA e VC intrapresero un lungo viaggio in una terra lontana
e sconosciuta, chiamata Irlanda (aulico,
davvero). La missione di noi intrepidi classicisti era migliorare la nostra conoscenza
della lingua inglese, missione che può dirsi, peraltro, (quasi) riuscita.
Di due settimane a Dublino, una era di integrazione scolastica in un istituto irlandese, l’altra era dedicata all’apprendimento
più sistematico della lingua, in un centro
linguistico che portava il nome altisonante
di “International House”.
Il soggiorno si è svolto dal 29 gennaio al
12 febbraio e, indubbiamente, abbiamo
imparato più di quanto ci aspettassimo,
anche cose che esulano dal concetto di
“soggiorno linguistico”.
Tanto per cominciare, Dublino è una grande città, almeno per noi poveri trentini, e prendere la DART, la
metropolitana di superficie, ogni mattina, per poi tuffarsi nell’affollamento cittadino, non era simpatico,
12 PRATICANTATI
anche se i professori ci avevano avvertito che sarebbe
stato complicato. Tuttavia, modestia a parte, confesso
che abbiamo imparato in fretta ad arrangiarci: i primi
giorni rischiavamo di perderci (i prof. non sono esenti
dal giudizio); gli ultimi facevamo a gara a chi arrivava
prima all’International House, scendendo divisi, a due
Aprile 2010
fermate diverse. Si accettavano scommesse.
Naturalmente eravamo tutti dotati di cartina della città,
quando ci si muoveva lo si faceva in gruppo, e dopo
ogni momento di libertà bisognava arrivare puntuali al
“meeting point” designato, dove venivamo rigorosamente contati. Questo per far capire che per perdersi o
restare indietro bisognava davvero impegnarsi. A qualcuno sembrerà un regime militare ma, quando ci si
trova in un luogo sconosciuto, avere un punto di riferimento sicuro è una bella sensazione!
Al nostro ritorno molti ci chiedevano come fosse
l’organizzazione scolastica in stile anglosassone. È
diversa dalla nostra, in effetti. Innanzitutto, sono gli
studenti a cambiare aula, non gli insegnanti; inoltre i
ragazzi frequentano corsi adatti al loro livello, più o
meno alto, in modo che tutti possano avere il massimo dei voti, senza penare o mendicare sufficienze.
Ammettetelo, non è male... In Italia la divisione tra
maschi femmine, a scuola, formalmente non esiste
più; anche l’uniforme scolastica è piuttosto rara. Nelle
scuole irlandesi,
invece, l’uniforme è
d’obbligo, simbolo
della mentalità secondo cui tutti sono
uguali di fronte ai
libri. In più, esistono scuole strettamente femminili,
come quella piccola
di periferia in cui
siamo state internat...inserite (chiedo
scusa) io e un’altra
decina di ragazze
più virtuose, mentre
tutti gli altri frequentavano
una
scuola superiore del centro. Qui si studiava cucito,
danza tradizionale ed economia domestica, alla pari di
matematica e gaelico, lingua parlata in Irlanda prima
dell’invasone degli Inglesi.
Naturalmente si cercava di comunicare con le compagne di scuola e, qui, finalmente entra in gioco
l’inglese.
La prima settimana abbiamo usato la lingua, e solo la
seconda l’abbiamo effettivamente approfondita, ma
abbiamo fatto tutti una grande scoperta: cioè che bastava capire il senso di ciò di cui si discuteva e barcamenarsi nel rispondere.
Questa tecnica geniale era molto utile nei rapporti con
le famiglie che ci ospitavano, specie per quanto riguardava il pranzo del giorno a venire o gli orari serali di rientro, insomma quei piccoli accorgimenti che
n° 6 anno XII
evitavano a loro l’ansia e a noi il digiuno.
Gli argomenti inerenti il cibo irlandese sono praticamente infiniti, e spaziano dal “Burger King”, regno
delle salse sconosciute, alla “non cucina” tipica del
luogo, come surgelati scaldati ancora in confezione, al
cibo vero cucinato in onore degli ospiti italiani, a volte davvero buono, al famoso “packet-lunch”, la cui
inclinazione a lasciarsi mangiare dipende molto dalla
pietà della famiglia ospite. Può sembrare esagerato,
forse lo è, ma di certo ho capito che gli italiani prestano più attenzione a quello che mangiano, rispetto ad
alcuni irlandesi.
Il cibo è solo l’aspetto più evidente del differente stile
di vita. Seguono gli orari scolastici, un poco più umani dei nostri, il comportamento nei luoghi pubblici,
più educato, il sistema scolastico di cui ho già parlato
e, strano, la concezione del tempo atmosferico. Per i
pochi irlandesi che abbiamo conosciuto, vedere un
prato verde in inverno inoltrato è normale, perchè nevica poco, ma, al contrario, una delle nostre belle
giornate di sole è
una rara meraviglia.
A proposito, a Dublino abbiamo visto
bellissimi tramonti.
Al
ritorno
dall’Irlanda, molte
persone ci chiedevano se è vero che da
quelle parti piove
sempre e ci sono
tante persone dai
capelli rossi, come
dicono. Certo, questi sono i luoghi comuni più azzeccati
ma, penso, anche i
meno interessanti.
Infine, dando un giudizio generale, penso sia stata
un’esperienza molto utile e produttiva, ricca di stimoli
per continuare il lavoro di costante miglioramento di
noi stessi e del nostro bagaglio culturale.
Tuttavia suppongo che, in sole due settimane, siamo
riusciti a toccare solamente la superficie della cultura
che avevamo intorno. Forse la globalizzazione non ha
aiutato, questa volta: in un Paese relativamente lontano abbiamo trovato molte cose (negozi, souvenir, moda) simili alle nostre, tanto che si rendeva difficile trovare, sotto i diversi strati di conformismo o folklore
per turisti, lo zoccolo della cultura originale.
Per capirla a fondo sarebbe servito più tempo; ma il
greco e il latino si sentivano tanto soli e trascurati che
ci siamo trovati costretti a tornare a casa.
PRATICANTATI 13
Attorno
a noi
LEGALITÀ E MEMORIA IN QUEL DI TRENTO
di Agnese Di Giorgio
“Il coraggio di vivere contro le ingiustizie: gli e- 1979 e nel 1980 dal gruppo terroristico Prima Lisempi di ieri e il bisogno dell’oggi” è il titolo della nea; Giorgio Ambrosoli e Fulvio Croce, entrambi
avvocati, di cui il primo fu assassinato nel 1979
da un sicario assoldato da Michele Sindona,
mentre il secondo fu colpito nel 1978 dalle Brigate Rosse conseguentemente al fatto d’aver
accettato di difendere le stesse nel processo di
Torino. Nomi questi, sicuramente ancora troppo poco conosciuti e riconosciuti dalla nostra
moderna quanto malata società (civile e istituzionale), che ha fatto sì che una lodevole dedizione al proprio lavoro assumesse le caratteristiche di un cosciente atto eroico. Ad essi sono
ora dedicate due aule del Palazzo di Giustizia di
Trento.
Fra gli altri appuntamenti della settimana,
l’incontro pubblico “Memoria e Diritto: un percorso”, animato da Agnese Moro e da Alfredo
Bazoli, la cui madre perse la vita in Piazza della
Loggia a Brescia; la fiaccolata della memoria e
dell’impegno organizzata da Libera Trentino
Alto Adige ed infine il dibattito ricordato inizialmente su F.Croce e G.Ambrosoli, di cui trovate il video su: www.trentoattiva.it/2010/03/le
-parole-della-legalita/ . Sicuramente, proprio in
un periodo in cui Magistratura e riforme per la
Giustizia sono tanto in discussione, ciò che ha
fatto piacere notare è stata la considerevole partecipazione ed attenzione da parte della cittadinanza in una settimana particolarmente signifiserata di venerdì 19 marzo su Fulvio Croce e cativa per la memoria del
Giorgio Ambrosoli, organizzata a Palazzo Gere- Paese. Sono ricorsi infatti
mia a Trento dall’ ANM e dalla Casa Editrice “Il vari anniversari, e per
Margine”. Questo stesso titolo riassume però mol- rinfrescarci la memoria:
to bene anche il tema base attorno al quale si sono
svolti conferenze, dialoghi e riflessioni nel nostro
capoluogo durante tutta la settimana dal 16 al 20 16 marzo:
marzo 2010. Il via a questa serie di iniziative sul 32° anniversario del rarapporto tra memoria e legalità, è stato dato nella pimento di Aldo Moro.
Facoltà di Giurisprudenza a Trento, che ha allesti- Aldo Moro (Maglie, 23
to una mostra dal titolo “Vite per la legalità”: 21 settembre 1916 – Roma,
pannelli per ricordare quattro uomini che hanno 9 maggio 1978) è stato
perso la vita nell’esercizio del loro lavoro per uno dei più importanti
l’affermazione della giustizia e per la difesa della politici italiani del dopolegalità. Guido Galli ed Emilio Alessandrini: due guerra, cinque volte Premagistrati che furono uccisi rispettivamente nel sidente del Consiglio dei Ministri e segretario del
14 PRATICANTATI
Aprile 2010
partito della Democrazia Cristiana. Venne rapito il
16 marzo 1978 ed ucciso il 9 maggio successivo
da appartenenti al gruppo terrorista Brigate Rosse.
Moro era considerato un mediatore tenace e particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico. Egli aveva il pregio di capire i limiti del sistema politico e sociale della Repubblica italiana; era sicuro dello sviluppo dell’ Italia
repubblicana, a patto che esso avvenisse
all’insegna del dialogo fra tutte le forze politiche
democratiche e tutte le parti sociali ed economiche legittimate alla partecipazione di tale processo
di convergenza democratica.
19 marzo:
Anniversario della morte
di Guido Galli (Bergamo,
28 giugno 1932 – Milano,
19 marzo 1980). Galli è stato un magistrato e docente
di criminologia italiano. Originario di Piazzolo (BG),
fu assassinato il 19 marzo
1980 a Milano, da un commando di Prima Linea (noto
gruppo armato, operante nel contesto degli anni di
piombo), a causa della sua azione da magistrato
contro di essi. Fu lui infatti a concludere la prima
maxi-inchiesta sul terrorismo partita nel settembre
del 1978 dopo l'arresto di Corrado Alunni e il ritrovamento del covo di via Negroli, a Milano. Fu
amico di Piero Pajardi, che gli dedicò parte del
libro Operazione Giustizia (Cedam, Padova 1991)
Anniversario della
morte di Marco Biagi
(Bologna, 24 novembre
1950 – Bologna, 19
marzo 2002). Biagi è
stato un importante giuslavorista italiano, più
volte consulente del
Governo italiano, assassinato dalle Nuove
Brigate Rosse. Vincitore nel 1969 di un posto di allievo presso il collegio
medico-giuridico di Pisa (attuale Scuola Superiore
Sant'Anna), vi ha dovuto rinunciare al secondo
anno per ragioni familiari e si è poi laureato in
n° 6 anno XII
giurisprudenza a Bologna con una tesi in diritto
del lavoro. Noto giuslavorista, è stato professore
presso le Università di Pisa, della Calabria, di Ferrara e infine all'Università di Modena e Reggio
Emilia; a partire dagli anni '90 ha avuto numerosi
incarichi governativi come consulente ed esperto
di diritto del lavoro:
nel 1997 fu rappresentante del Governo italiano nel Comitato dell'Unione Europea per
l'occupazione e il mercato del lavoro;
nel 1998 fu consigliere degli allora ministri
Antonio Bassolino e Tiziano Treu;
nel 2001 fu consulente dell'allora ministro del
lavoro e delle politiche sociali, Roberto
Maroni.
Infine il 21 marzo si è svolta la quindicesima
Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo
delle vittime delle mafie.
Ed in chiusura le parole del figlio di Giorgio Ambrosoli, Umberto Ambrosoli, tratte dal libro
“Qualunque cosa succeda”: “…per quanto la società affini le proprie regole per contrastare i soprusi, come in una sorte di evoluzione darwiniana
anche chi di queste regole vuole aggirare si affina
creando sistemi più articolati per affermare se
stesso e i propri interessi. Senza la coscienza dei
singoli che scelgono di rispettare le norme e con
esse la convivenza civile, le leggi da sole non bastano a salvare una società. In questo contesto, al
di là delle collocazioni cronologiche, Giorgio
Ambrosoli, la sua storia, le sue scelte restano un
monito – speranza o vergogna – contro l’elusione
della regola, a scapito del bene comune e in favore dell’interesse particolare: che sia di una persona, di una categoria, di un gruppo o di un partito.
Una sorpresa per gli scettici, convinti che, raggiunta un determinata posizione di “potere”, non
possano darsi pratiche oneste e conformi al dovere. Uno sprone per i rassegnati che davanti alle
illegalità diffuse a ogni livello pensano di poter
solo dire “questo è il sistema, cosa vuoi possa farci io”. Una smentita per i cinici che abdicano alla
propria responsabilità e rinunciano alla libertà in
nome dell’adeguamento a un certo stile di potere,
nella convinzione che non sia possibile desiderare
altro e che tutti aspirino a fare come loro”.
PRATICANTATI 15
Attorno
a noi
THE SOUND OF SILENCE
Cerchi di silenzio in Piazza Duomo
di Martina Folena
ANTEFATTO
Ricevo l’ultima
newsletter delle
politiche giovanili. La apro. In
fondo, c’è un link
ad una manifestazione di cui non
avevo mai sentito
parlare, i cerchi
di silenzio, in
Piazza
Duomo
ogni terzo giovedì
del mese. Dal sito
internet ufficiale
non è chiaro da
chi sia partita
l’idea, chi l’abbia
organizzata, ma
resto subito colpita. Queste persone si incontrano e
restano in silenzio, in cerchio, per un’ora intera.
Non c’è un solo motivo per manifestare in silenzio,
dicono. Ognuno ha la sua protesta, che sia contro il
razzismo, contro la società, contro l’abuso delle parole, contro qualunque cosa. Ognuno ha il diritto di
esprimerla.
Queste persone hanno iniziato in febbraio a esprimersi in silenzio. Decido di partecipare.
INTRECCIO
Giovedì 15 aprile, alle 18, io e una mia amica
andiamo in Piazza Duomo. Ci sono già diverse
persone pronte a prendere parte al cerchio. Non
sembrano così tante, ma in breve diventeranno
una quarantina.
Chi vuole può indossare sulla schiena un cartello. Io ne scelgo uno con i primi articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Mi sta
a cuore, quella Dichiarazione, ne ho appeso un
poster anche in camera mia.
Ci disponiamo in cerchio tra la fermata
dell’autobus e la fontana, uno striscione al centro. Due ragazze restano fuori dal perimetro per
distribuire volantini agli interessati. Noi stessi
manifestanti abbiamo ricevuto un foglio sui cerchi di silenzio. I miei occhi si incollano su una
16 PRATICANTATI
frase: Il silenzio, in un’epoca in cui tutto deve essere consumato in fretta, vuol dire fermarsi, pensare, cercare di comprendere, tentare di dare un
senso al nostro agire.
Poi il tempo inizia a scorrere e io inizio a pensare.
Non penso subito a me, alla mia testa. Le persone
mi distraggono. Una coppia parla sottovoce accanto
a me. Se ne andranno dopo una decina di minuti.
Una mamma con una carrozzina dall’altra parte del
cerchio sembra determinata a resistere, e disinvolta.
Tre signore anziane fissano il tridente di Nettuno.
Molti portano lo sguardo verso l’albero accanto al
cerchio, non pensavo fosse così alto, neppure così
verde, non lo avevo mai visto così.
Le persone che passano mi portano via in altri pensieri. Mi piace la curiosità con cui si fermano a
guardarci, con cui qualcuno si unisce al cerchio, giovani, soprattutto, e mi fa rabbia l’indifferenza di altri, la superficialità in cui annaspano allegramente.
Poi inizio a pensare ad altre cose. C’è vento e stringo il cartello con le mani. Davanti ai miei occhi la
torre è incartata come un regalo di compleanno, come un braccio bendato.
Il silenzio non è mai pesante. Non mi sono mai sentita così libera di pensare. È come se fossi forte di
Cerchi di silenzio
(azione nonviolenta):
Ogni terzo giovedì del mese,dalle 18.00 alle 19.00
in Piazza Duomo, a Trento, un gruppo di liberi cittadini propone il “cerchio del silenzio”, lo spazio e
il tempo dove ridare il giusto peso ed il giusto valore alle parole. “Proponiamo un’ora di silenzio,
visibilmente in piazza, per manifestare, riflettere,
meditare, dissentire, per ridare significato a giustizia, verità, dignità, proponiamo un silenzio partecipe, non il silenzio di bocche cucite da indifferenza complice”. Unica regola? Una volta entrati si
mantiene il silenzio per un’ora, un silenzio più loquace di tante parole.
Riferimenti e informazioni:
[email protected] e
cerchidisilenzio.blogspot.com.
Aprile 2010
tutti i pensieri attorno a me. Vedo un piccione spiccare il volo e penso che sia bellissimo, anche se io
detesto i piccioni. Guardo per terra e le fessure fra
pietra e pietra sono ancora piene di coriandoli.
Il cielo è di un’intensità spaventosa, se alzo lo
sguardo rischio di perdermi, partire, andare troppo
lontano.
Penso di star già andando troppo lontano, con la poesia, e i sogni, e cose che devono lottare per trovare
posto nel nostro mondo, e che pure non scompaiono
mai. Ad un certo punto mi gira la testa. Smetto di
guardare il cielo.
Penso a Cristopher. Cristopher, Alex, quello di Into
the Wild.
Canto The Sound of Silence in silenzio.
Poi comincio ad ascoltare. Cerco di concentrarmi sul
rumore dell’acqua della fontana. È sorprendentemente difficile, devo chiudere gli occhi per riuscirci
almeno un po’. Per tutto il resto del cerchio il rumore dell’acqua non mi abbandona più, resta più
forte del brusio.
Penso che per ascoltare gli altri bisogna prima ascoltare sé stessi, e non tradirsi mai, non mentire mai.
Penso che ho voglia di correre su un prato e
sdraiarmi cadendo e facendomi anche male e chiudere gli occhi e poi riaprirli e guardare il cielo.
Il sole tramonta sulla mia pelle. Ora fa freddo.
Attorno
a noi
Rimango sconvolta quando il cerchio finisce. È passata un’ora, di già? Avrei detto venti minuti al massimo.
Non ho voglia di parlare, ma solo di digerire il silenzio.
EPILOGO
So che moltissime persone non prendono sul serio i
cerchi di silenzio. Ad alcuni non interessa. Alcuni li
liquidano con il disprezzo tipico degli ignoranti. Altri non ne hanno bisogno: semplicemente non è la
loro strada, seguono altri percorsi.
Se trovate la cosa almeno un po’ interessante, vi invito a provare. Io avevo bisogno di silenzio, un silenzio collettivo, non impostomi da qualcuno, un
silenzio che scelgo io, per i miei motivi, per le mie
riflessioni, per la mia protesta, per capire quanto valgono quelle parole che sprechiamo, sprechiamo davvero in modo indecente.
I cerchi di silenzio mi hanno insegnato molto - soprattutto mi hanno dato un senso di libertà, e di bisogno di essere me stessa, di continuare ad esserlo nonostante tutto e le parole di tutti, un senso che neanche in Canada avevo provato con la stessa intensità.
Giovedì 20 maggio ci sarà il prossimo cerchio di silenzio. Non vedo l’ora di andarci.
“Hai da accendere?”
Di Arianna Arrighetti
Quante volte senti questa domanda sotto le rosse netici, non ci lasciano spazio per la nostra individumura di questa scuola?
alità, non ci lasciano respiro … ma se avvertiamo
“Il fumo è un antistress formidabile”, mi confidano questa mancanza d’aria, questa pressione, non è una
alcuni amici. Alcune mie compagne mi
rivelano che proprio non ne potrebbero
fare a meno, una mia coetanea si gira
alla finestra indispettita dalla domanda
che ho appena finito di porre a lei:
”Scusa E., posso chiederti così, per un
articolo, perché fumi?” T. , un mio compagno di classe , mi dice che è un modo
per rilassarsi, che il sapore è buono, che
gli piace, che è un modo per fuggire dalle noie quotidiane. Che sia dunque la
società a spingere i giovani nel fumo?
Siamo costantemente sotto pressione,
viviamo sempre in tensioni quasi da psicofarmaci, i ritmi sono sempre più fren° 6 anno XII
PRATICANTATI 17
caro Freud) con un gesto sicuro che
tenta di nascondere qualche nervosismo, perché le dita tremano, che sia
per l’astinenza dalla nicotina, o per
qualche fastidio personale. Poi, una
nuvola. Tutti fumano, vengono passare sigarette, accendini, filtri. Ma in
quel momento si avverte uno strano
presentimento; è come se nelle anime
fosse calato un attimo di silenzio universale, come una comunione. Non ho
mai fumato, nemmeno presa in mano
una sigaretta spenta, per mie ragioni,
ma sento, mentre i miei compagni fumatori si avvelenano, una specie di
dispiacere, per non poter condividere
quel momento con loro. Resto lì, e
qualche volta faccio finta di fumare
una mia sigaretta invisibile; loro ridono, divertiti da
questo mio gesto compensatorio. Avvicino le dita
vuote alle labbra e faccio a loro sorridendo: “Hai da
accendere?”
contraddizione fumare e quindi incatramarsi i polmoni? Non voglio fare un trattato sulle malattie che
derivano dal fumo, risparmio ad ognuno quelle carrellate e di conseguenza evito a tutti di riflettere su
stime di ogni genere. Alcune mie vecchie amicizie, quando si trovavano davanti alle percentuali che riguardavano sigarette e c. o addirittura davanti alle stesse frasi sovrascritte alle eti- Sabato 17 Aprile, dopo una lunga stagione di rechette del pacchetto di sigarette, come “Il fumo
nuove gravemente alla salute”, facevano spal- stauri, è stato aperto al pubblico Castel Thun, ulucce, sbuffavano, e mi dicevano “Tanto prima na straordinaria residenza signorile della Val di
o poi devo morire”. Ma la nostra vita ci fa così Non.
tanto schifo? E’ così brutto il mondo? La soIl castello, una delle rare dimore principesche
cietà non ci offre nulla di meglio?
L’unica cosa che riesco a capire è che il fumo è dell’arco alpino, conserva ancora gli arredamenti
diventato un momento sociale. C’è chi fuma originali dell’epoca, come la “Stanza del Vescoperché si sente solo, e fumare lo fa sentire me- vato. Grazie al suo splendore, il maniero è divenno incompreso. C’è chi fuma perché gli amici tato celebre anche poichè vi furono girate alcune
gli hanno offerto un “tiro” una volta …
scene del film “Il mistero di Oberwald”.
Ma, indifferentemente dal motivo, ad un certo
punto i giovani si ritrovano per strada a fuma- Al suo interno, Castel Thun ospita una mostra:
re. Tutti assieme. Chiacchierando. Ridendo. “L’avventura del vetro”, un’esposizione attraverUrlando.
so l’arte dei maestri veneziani che, dal RinasciIl momento del fumo è proprio un segnale di
mento al ’900, hanno conquistato il mondo.
appartenenza ad un gruppo, secondo me, che si
basa su alcuni gesti rituali che nella psiche de- Ogni giorno, nel mese di Agosto, all’interno delterminano la consapevolezza di appartenenza la sarà messo in scena lo spettacolo teatrale
sociale al gruppo. La sigaretta viene estratta dal “Glass”, della compagnia “LUovo Teatro Stabile
pacchetto, oppure convenzionata sul momento, di Innovazione” dell’Aquila.
si appoggia tra le dita del giovane – o della fan- Sono tantissime inoltre le mostre, visite ed eventi
ciulla – poi viene accesa; le pulzelle, molto più
organizzati all’interno delle mura del palazzo dudei maschietti, hanno la preferenza a farsele
accendere, mentre loro avvicinano la sigaretta rante questi primi mesi di inaugurazione.
alle labbra (ricercando quel piacere orale …
Castel Thun:
18 PRATICANTATI
Aprile 2010
Storia
Leviathan, Behemoth: i mostri di Dio
Dai Profeti a Hobbes, da Melville ai Pokémon il trionfo della mitologia ebraica
Di Stefano Cristelli
In quel giorno, il Signore punirà con la sua spada dura,
grande e forte,
Il
Leviatano,
il
serpente
tortuoso,
E ucciderà il mostro che è nel mare!
Isaia, 27:1
Guizzante in mezzo a essi, nuotava il vecchio Leviatano di
quei vecchi tempi; nuotava là, in quel planisfero, secoli prima che Salomone giacesse nella culla.
H. Melville, Moby Dick o La Balena
Capita tutti i giorni d'incontrarne uno, a dire il vero. Gli si
regala uno sguardo, un'occhiata disinteressata e poi via, di
nuovo a seguire il moto indiavolato di questo pianeta. Sarebbe opportuno, invece, che ci fermassimo ogni tanto a riflettere. In
quel caso, realizzeremmo quanto sia
curioso accettare con tanta fredda
consuetudine una figura frutto - o
almeno così ora si è propensi a pensare – solo e soltanto dell'immaginazione.
Di chi si sta parlando? Svelarlo non
è un problema. Anzi, immaginiamocela coperta da un bel lenzuolo
bianco. Spogliamola tutto ad un
tratto e, effettivamente, l'esclamazione viene spontanea: un drago!
Un drago? Un drago. Forse nessun
animale domestico lo è stato mai
tanto quanto quest'ultimo. Strano, si
direbbe, per una creatura immaginaria. Ma è proprio quel suo attributo,
“immaginaria”, ad assicurarle tanto
credito. Del resto, da che mondo è
mondo nelle favole per bambini i
draghi sono sempre esistiti: prima
rincorrevano il cavaliere, poi il cavaliere rincorreva loro, e in mezzo
fiammate incandescenti e artigli affilati e ali come l'oceano.
La principessa veniva dopo. Era il drago ad importare, più
del Lancillotto o della Ginevra di turno.
Tenuto conto di questo, possiamo farci la domanda decisiva,
ossia: da dove nasce il Drago? E si noti che Drago è scritto
così perché, nel nostro caso, vuole rappresentare l'idea-tipo
di animale fantastico, inevitabilmente mostruoso. Quindi,
meglio: chi per primo ha voluto narrare di creature smisurate e dalla forza impareggiabile? E ancor di più: che influenza devono avere avuto per giungere sino a noi dotate di
connotati tanto chiari?
Leviathan è parola ebraica che, nell'accezione principale,
significa propriamente “tortuoso”. Ricorre con questo valore in diverse testimonianze antiche, non ultimo in quella
n° 6 anno XII
determinante lettura che è il Vecchio Testamento. Ne è
fatta menzione in Salmi, Giobbe, Isaia, Ezechiele, laddove
è sempre necessaria a descrivere una creatura mostruosa
dalle dimensioni spropositate: esaminando i diversi casi si
può intuire che il Leviathan, reso in italiano con il semplice
adattamento di “Leviatano”, sia appunto un terribile animale marino abitante l'oceano. In Salmi 104:26 la narrazione è
inequivocabile: “Ed ecco le navi; ecco quel Leviatano che
tu hai fatto per giocare con esso.” Un portento della Creazione, per cui, tanto che “Dio si vanta di aver generato questo mostro acquatico.”
Fin qui la cosa ci tocca relativamente, tenuto presente che
uno se vuole al mare ci va, altrimenti può anche restare a
casa. Sarebbe troppo ingenuo pensare, però, che il Signore
abbia popolato di una creatura
simile soltanto l'oceano, quando invece il globo è fatto anche
- e per fortuna - di terra.
Ecco allora che, tremendo, fa la
sua comparsa Behemoth, le cui
ossa “sono tubi di bronzo”, le
vertebre “come spranghe di
ferro”. Si tratta del Leviatano
terrestre, pure inquietante ed
invincibile quanto il primo: a
leggere ciò che dicono le Scritture, si direbbe che nessuno
mai potrà essere in grado di
domarlo.
E' indubbio che il racconto biblico sia guidato da un'intenzione allegorica piuttosto esplicita. Non è da escludere, tuttavia, che le due figure, rispettivamente quella di Leviathan e
quella di Behemoth, possano
risultare frutto di un'osservazione naturale - poi stravolta - e
non solo della fantasia dell'autore.
Il Leviatano descrittoci da Giobbe, più che un grande mostro acquatico, ricorda a dire il vero un coccodrillo del Nilo.
Fra le ipotesi ce ne sono poi alcune fantasiose, come quella
secondo cui la creatura sarebbe il riflesso di una specie estinta, forse addirittura di un dinosauro (l'Elasmosaurus).
Anche Behemoth potrebbe ricordare un grande erbivoro
scomparso da milioni di anni, ossia il Brachiosaurus. Nel
suo caso, tuttavia, l'interpretazione più accreditata è che si
tratti in realtà dell'ippopotamo, anch'esso presente nella zona del Nilo. Si ritiene, poi, che vi possano essere delle corrispondenze anche con l'elefante.
Il mistero delle due creature sta nell'incredibile ambiguità
che le riguarda. Sono questi esseri buoni o malvagi? Fanno
PRATICANTATI 19
parte del creato come tutti gli altri viventi o
svolgono un ruolo specifico? Perchè Dio gli ha
donato la vita? A queste risposte le Scritture
vengono meno, mostrandosi in verità contrastanti e persino fuorvianti.
Per diverso tempo, soprattutto nell'immaginario
alto-medievale, animali mostruosi come Behemoth e il Leviatano sono stati costantemente
assimilati al diavolo e in ogni caso al maligno.
A supportare questa tesi è stato in particolare
San Girolamo, che, dopo aver catalogato i due
mostri come entità malvagie, ne ha fatto una
distinzione tanto vera quanto inconsistente:
Behemoth è un mostro terrestre, Leviathan un
mostro marino. Ad un assioma del genere credo
ci fossimo arrivati tutti. Ad ogni modo, questa
fu per molto l'interpretazione dei passi biblici,
interpretazione che già altri padri della chiesa
avevano confermato. Nelle miniature del XII
secolo è ricorrente l'immagine di Dio pescatore
e Leviathan che abbocca all'amo, superbo per la
propria forza. L'animale non si accorge che
l'esca è Cristo in croce, fragile solo all'apparenza. Leviathan
e Behemoth hanno spesso rappresentato il caos, contrapposto all'ordine dato dalla fede in Dio. Sarà proprio Giovanni a
dire, nell'Apocalisse: “E l'Inferno lo (il Leviatano) seguiva” . Come spiegare, però, il passo di Giobbe sopracitato?
“Ecco quel Leviatano che tu hai fatto per giocare con esso”.
Curioso che il Creatore scelga di giocare con il diavolo.
Grazie a Calvino, ciononostante, otteniamo un'altra possibile interpretazione, che nel corso dei secoli è andata sostituendo quella precedente. Il teologo ritiene che nelle creature mitiche descritte dalla Bibbia vada rinvenuto il concetto
di “forza divina”, speculare a quella di Dio, in modo da giustificare la scelta di quest'ultimo, che ha voluto creare mostri simili. Del resto, per far riavvicinare Giobbe a sé, il Signore mostra all'uomo prima Leviathan e poi Behemoth;
avendo compreso la forza infinita del suo Dio, questi torna a
credere riconoscendo l'onnipotenza divina.
Tante sono le interpretazioni del mito,
tante le apparizioni
dello stesso in opere
d'arte, libri, storie
popolari.
Già Erodoto testimonia l'esistenza di un
essere dall'aspetto
simile a Behemoth.
Ci sono poi i racconti
cosmologici musulmani, dove guarda
caso compare una
strana creatura erbivora dal nome
“Bahamut”. Quest'ultima sarebbe identificabile con un demo20 PRATICANTATI
ne goloso e tendente
al peccato. Ma, pur
tralasciando casi di
questo tipo, spiegati
certamente dall'influenza geografica
degli autori, gli esempi non mancano.
La testimonianza più
importante è senza
dubbio quella fornitaci dal filosofo inglese Thomas Hobbes e da due sue
opere in particolare,
intitolate rispettivamente Leviathan e
Behemoth. Il pensatore si serve dell'immagine dei due esseri per sviluppare una
riflessione intorno al potere dello Stato (Leviathan) e alle
guerre civili (Behemoth).
Sarebbe poi inopportuno, in questa nostra breve analisi, non
citare un colosso della letteratura quale è Moby Dick. Nel
libro, che tanto deve alla tradizione biblica, non è raro imbattersi nel termine Leviathan, dove quest'ultimo è assimilato all'enorme capodoglio motore dell'azione. Ciò rappresenta, nelle intenzioni di Melville, una chiara scelta narrativa:
l'autore sa bene che in ebraico moderno Leviathan significa
“balena”.
Per continuare velocemente, a citare Leviathan saranno ancora, fra i tanti, Carl Schmitt, Julien Green, Paul Auster.
Come dimenticare, poi, quel Behemoth tanto affascinante,
gatto diabolico nel romanzo di Bulgakov Il Maestro e Margherita?
Senza contare, oltretutto, che persino un numero è stato
definito “leviatano”: sarebbe infatti il nome in gergo della
cifra 10666. Ci sono poi pellicole, complessi musicali, videogiochi. Addirittura un Pokémon, tale Gyarados, risulta essere stato ideato seguendo le descrizioni del Leviatano. Non
per nulla, infatti, il nome francese della creatura è
“Leviator”.
Sembra perciò che, nonostante i secoli, Leviathan e Behemoth non siano rimasti segregati nelle remotissime - chi
mai, al giorno d'oggi, si sognerebbe di leggerle spontaneamente - pagine di un Vecchio Testamento qualsiasi, ma
continuino a vivere, mimetizzandosi, nascondendosi a occhi
come i nostri, spesso troppo indiscreti. Succede, dunque,
che proprio ora quell'incredibile forza venga sprigionata:
una potenza tanto grande da garantire l'immortalità a due
creature ormai entrate in piena confidenza con noi e con il
nostro immaginario. Un po' come per il drago che ci ha introdotti a questa storia. Infine, non dimentichiamo una cosa:
per averci dato tanto da scrivere, disegnare e sognare, chissà
che, in fondo in fondo, non siano più buone di quanto sembri.
Aprile 2010
Ambiente
CETACEA
Armonie Oceaniche
Di Enrico Dal Fovo
Secondo l’enciclopedia Grolier, il canto è una
“emissione armoniosa di suoni modulati con la
voce” o semplicemente “suono armonioso”.
Beh, immaginate di essere marinai di un passato non troppo remoto: nella stiva buia della
nave in cui state viaggiando si sente solo lo
sciabordio delle onde. Nella vostra mente, le
leggende e le superstizioni sui mostri marini si
mescolano con i passi biblici di Giona ed Ezechiele, quando risuona un vibrante lamento
dalle profondità marine che fa tremare la nave.
Molto “armonioso”, non trovate? Evidentemente, di questo parere doveva essere Odisseo, che pur di ascoltare il suono sopracitato si
fece legare ad un albero.
L’elenco di aneddoti e leggende sul canto delle balene potrebbe allungarsi molto: queste risonanze ancestrali, unite alla poesia del mare, risvegliano
emozioni contrastanti. Ma a livello emotivo
l’argomento è vasto, e molto impegnativo. Da parte
mia, fornirò solo alcune nozioni scientifiche e biologiche, per capire come e perché i giganti marini
“cantino”.
Poiché l’assorbimento della luce da parte dell’acqua
e il suo movimento relativamente lento ostacolano la
vista e l’olfatto, i cetacei sono molto più dipendenti
dall’udito che da qualunque altro senso. Ma la produzione del suono differisce dal meccanismo fonico
umano, e si diversifica anche nei due sottordini dei
cetacei: gli odontoceti e i misticeti.
Gli odontoceti, “balene dentate”, di cui fanno parte
il delfino (Delphinus Delphis), l’orca (Orcinus Orca) e il capodoglio (Physeter Catodon), non emetto-
n° 6 anno XII
no i suoni lunghi e a bassa frequenza caratteristici
dei loro cugini. Si dilettano invece in rapide serie di
“click” e fischi: click singoli sono usati in genere
per l’ecolocalizzazione, emissione di ultrasuoni per
rilevare la dimensione e la natura degli oggetti con
molta precisione, mentre serie di ticchettii e fischi
servono per comunicare. Si sa molto poco sul significato di questi suoni: ascoltare un branco di delfini
potrebbe essere paragonato secondo gli studiosi
all’ascolto di un gruppo vociante di bambini in un
parco giochi. I suoni sono prodotti facendo passare
aria attraverso una struttura chiamata “labbra foniche” o museau de singe (labbra di scimmia, a cui
effettivamente assomigliano), provocando la vibrazione dei tessuti circostanti. Tutti gli odontoceti,
eccetto il capodoglio, hanno due insiemi di labbra
foniche e sono quindi in grado di produrre due suoni indipendenti. In particolare, il beluga
(Delphinapterus Leucas) è considerato il canarino
del mare, per l’immensa varietà di fischi, ticchettii
e pulsazioni che emette.
Fra i misticeti, “balene coi baffi” (cioè coi fanoni)
sono compresi superbi cantanti come la megattera
e alcune balenottere azzurre. Il resto del sottordine
utilizza le proprie capacità canore come sostitute
dell’ecolocalizzazione, quasi esclusivamente.
Ritornando ai virtuosi, il suono tanto caratteristico
della megattera (Megaptera Novaeangliae) e dei
balenotteridi è prodotto non dalle labbra foniche,
ma da una speciale laringe. In ogni caso, gli scienPRATICANTATI 21
ziati sono ancora incerti sull’esatto funzionamento di questo meccanismo, poiché la
laringe è priva di corde vocali, e le balene
non devono espirare per produrre il suono;
e ci sono dubbi anche sull’utilizzo del canto emesso dai maschi, se come competizione per un potenziale partner, o definizione
del territorio, o pratica di corteggiamento.
Lo studio del canto delle megattere fu sollecitato e portato avanti dal 1971 da Roger
Payne e Scott McVay, che divisero il canto
in collezioni di temi, cioè ripetizioni di frasi, cioè due sottofrasi, cioè quattro o cinque unità, “note” che persistono per alcuni
secondi. Una seconda tipologia di canto è
il cosiddetto feeding call, richiamo del pasto: Heike Vester,, ricercatrice tedesca, ha
scoperto recentemente che le balene si scambiano
informazioni precise, strategie di attacco a banchi di
aringhe. Inoltre si hanno diversi dialetti a seconda
della zona geografica, e forse addirittura dei nomi
propri. Ogni canto si evolve nel tempo, e i vecchi
motivi non vengono mai ripresi: oltre che per decor-
Nel
Mondo
so naturale, ci sono
state per esempio
evoluzioni costrette
dall’antropizzazione.
L’aumento di imbarcazioni a motore ha
ridotto di circa la
metà l’espansione
massima dei canti, e
le balene al largo di
Vancouver hanno
aumentato frequenza
e volume apparentemente solo per potersi ancora sentire.
Ma ci sono anche
circostanze più felici: dagli anni ’60 ad oggi, sembra che i maschi delle
balenottere abbiano abbassato le loro performance
di circa mezza ottava. Aumentando il numero di individui, la specie non ha più dovuto “strillare” per
farsi sentire dalle femmine: sembra infatti che un
canto più grave sia più sensuale. e più apprezzato
Italiani del mondo
di Mattia Graiff
E’ noto, senza voler sconfinare nella retorica e nel
campanilismo,che l’ Italia abbia dato i natali a personaggi di grande valore, levatura morale,intraprendenza e capacità conosciuti in tutto il
mondo, che nonostante le torbide vicende degli ultimi anni ci danno tuttora una facciata di rispettabilità
agli occhi del pianeta.
Particolarmente interessanti sono però gli italiani
che, lasciato il proprio paese per povertà, persecuzioni o altri motivi sono riusciti a conquistarsi una
posizione importante all’ estero; vorrei ora offrirvi
una veloce e forse riduttiva panoramica del fenomeno con alcuni esempi.
Tra gli scienziati si possono certo annoverare Enrico
Fermi e Guglielmo Marconi; il primo, nato nel
1901, studiò alla scuola Normale di Pisa e successivamente in Germania e Olanda; occupò la cattedra
di fisica teorica a Roma e si rifugiò negli Stati Uniti
nel 1938 (anno in cui ricevette il premio Nobel) in
seguito all’ emanazione delle leggi razziali che a22 PRATICANTATI
vrebbero colpito la moglie ebrea; oggi è noto per i
suoi studi sulla meccanica quantistica e per aver
progettato il primo reattore nucleare, nonché per la
sua importante partecipazione al progetto Manhattan.
Marconi, nato
nel 1874, sviluppò intorno al
1895 la sua rivoluzionaria
invenzione: un
apparecchio da
lui denominato
telegrafo senza
fili, antesignano
delle nostre radio, che non
venne preso in
considerazione;
si recò quindi in
Aprile 2010
Inghilterra dove ebbe maggior fortuna.
In seguito ai risultati ottenuti in Gran Bretagna, tra i
quali ci fu la prima trasmissione transoceanica, Marconi fu insignito nel 1909 del premio Nobel per la
fisica; fece quindi ritorno in Italia dove partecipò
alla I guerra mondiale e aderì al regime fascista,
proseguendo le proprie sperimentazioni fino alla
morte avvenuta nel 1937.
Anche Garibaldi mosse al di fuori dell’ Italia i suoi
primi passi come condottiero, e precisamente nell’
America Meridionale, combattendo al servizio del
presidente di un piccolo stato secessionista contro l’
impero del Brasile, dapprima sul mare e in seguito
sulla terraferma dove riportò numerosi successi, grazie ai quali fu chiamato “l’eroe dei due mondi”. La
sua carriera, come è noto, proseguì nel nostro Paese
durante il risorgimento, con una breve parentesi nel
1870 quando combattè al fianco dei Francesi durante la guerra franco-prussiana : fu tra i pochi, nel suo
schieramento, a riportare qualche vittoria.
Nel 1882 nacque a New York Fiorello Laguardia, personalità di spicco nel mondo degli americani e tre volte sindaco della sua città natale;
fece ritorno all’ età di 16 anni in Italia e si stabilì a Trieste,ma fece ritorno in America nel 1906.
Dopo gli studi in legge fu eletto al parlamento
degli Stati Uniti e partecipò alla prima guerra
mondiale come comandante dei piloti stanziati
in Italia. Fu eletto sindaco nel 1933 e si dimostrò un onesto amministratore; lottò contro la
criminalità organizzata e i partiti nazisti americani. Nel 1947 gli fu dedicato il secondo aeroporto di New York e nel settembre dello stesso
Viaggi
anno morì di cancro.
Tra gli italiani emigrati all’estero ci furono però anche molti criminali, alcuni dei quali replicarono negli Stati Uniti la struttura di Cosa Nostra con il suo
centro a New York, città sede delle note 5 famiglie;
questo mondo è stato reso celebre dalla trilogia di
film “il Padrino”.
I mafiosi americani si occuparono dapprima del contrabbando di alcolici e del gioco d’ azzardo, per poi
dedicarsi anche al traffico di droga attraverso una
struttura gerarchica organizzata per famiglie ciascuna delle quali controllava e tuttora controlla una parte di territorio. Tra i mafiosi uno dei più famosi è
certo Al Capone, che dai piccoli furti arrivò a controllare un lucroso giro di scommesse e attività illecite fino all’ arresto nel 1930 per evasione fiscale: in
carcere fu colpito da una malattia mentale che lo
portò alla morte nel 1947.
Rovine nello Yucatan
di Arianna Arrighetti
Le rovine dello Yucatan sono nascoste nella foresta di
liane, sono sorvegliate da pantere nere, scimmie urlatrici ed iguane enormi. Per arrivarci bisogna perdersi
nella giungla, sporcarsi le scarpe nel fango e perdere
la bussola. Immergersi nella notte dei tempi, quando
Cristoforo colombo iniziò a sognare di navigare oltre
oceano. Per visitare le rovine non bisogna assolutamente legarsi ad una guida oppure a quei gruppi che
organizzano le cosiddette escursioni, mai. Una volta
atterrati a Cancùn, città che o si odia o si ama, che
pullula di hotel e divertimenti per chi mira alla movida e allo shopping più compulsivo. Bisogna prendere
una macchina. Vi consiglio l'agenzia "Car National" e
di non prendere macchine ingombranti solo per la pan° 6 anno XII
ura di essere aggrediti da moscerini (tanto quelli non li
spaventa nessuno). Prendete una piccola auto, comoda, veloce. Poi prendete una cartina e cercate dove
sono i siti archeologici, le rovine Maia. Consiglio
spassionato: lasciate per ultimo il sito di Chichen Itzà.
Sarà la ciliegina sulla torta, il biscotto sul gelato, il
cioccolatino dopo il caffè. Fidatevi.
Tulùm
Iniziate da Tulùm, a 128 km a sud di Cancùn, a 10
minuti da Xel Ha, sulla costa della penisola dello Yucatan. Gli spagnoli la chiamarono Zama, "alba", perché per via della sua posizione sul mare era possibile
vedere nascere il sole ogni giorno. Zama significa anche "recinto" poiché è circondata oltre che dal mare,
PRATICANTATI 23
da tre cinte murarie. Tulùm fu abbandonata definitivamente nel 16ª secolo, riscoperta poi nel 1842. Quindi
la città coperta dalla vegetazione e dalla sabbia lentamente venne alla luce. Tulùm era una città ricca, favorita nei commerci marittimi su cui esercitava un'egemonia non minore di quella che le civiltà cretese esercitò sul Mar Mediterraneo per diversi secoli. La città
costruita a ridosso di una spiaggia bianchissima, dove
è vietato l'accesso per non disturbare le tartarughe marine che come ai tempi dei Maia, nidificano su questa
spiaggia anche oggi. Il mare cristallino, il cielo azzurrissimo e il clima caraibico conferiscono fascino stucchevole alle rovine. Le palme crescono tra le rovine e
creano degli spazi in ombra nei quali ci si può riposare
dal caldo soffocante. La luce è accecante, e gli occhi
si stancano facilmente ed è possibile che venga il mal
di testa. La città ha saputo adattarsi magnificamente
alla conformità del paesaggio, sono stati rinvenuti
ritrovamenti che testimoniano l'occupazione di Tulùm nei tre secoli anteriori alla conquista spagnola.
Edifici più antichi fanno parte del periodo classico
finale (800 900 fino al 1000 d.C.). L'architettura tipica è quella della regione Puuc, sebbene abbia delle
caratteristiche proprie, come le decorazioni lisce e
gli affreschi, ora perduti inequivocabilmente. La città
si distingue fortemente per la presenza evidente delle
mura, un rettangolo di 380 m e 170 m. E da numerosi edifici presenti nel nucleo interno della città, tombe ed edifici sacri. Proseguite nei dintorni del sito
principale, alla ricerca di altri piccoli siti che delizieranno il palato.
Uxmàl
Uxmal è una città favolosa, mistica e visitarla è irrinunciabile per chi desidera perdersi ad immaginare
riti antichi e paesaggi affascinanti alla Lara Croft:
potete arrampicarvi sulle piramidi lungo le scale,
aiutandovi con una corda fissata sulla sommità, arrivando in cima. Il panorama è imparagonabile a qual24 PRATICANTATI
siasi vista. La percezione di verticalità nel guardare
verso il basso è fortissima, da brividi. Arrivati in cima
il vento rinfresca le tempie sudate e il verde degli alberi sottostanti regala una sensazione di calma e pace.
Fermatevi ad ascoltare i rumori fuori della foresta, lo
stormire degli uccelli, osservare le cime degli alberi
muoversi, spostati dalle scimmie, vedere i voli di pappagalli; prima di affrontare la discesa. Attenzione a
non scivolare! Uxmal si trova una zona chiamata
Puuc.(zona montuosa) da cui deriva il nome lo stile
artistico Puuc. Le colline verdi, gli alberi maestosi sono una cornice ideale per la città, superba di fregi e
decorazioni. Un tappeto di erba finissima, e tenera collega tutta la città è costruita su più livelli, in conformità delle colline. Attraverso un saliscendi, la città è ammirabile da diversi punti e alture. In questa zona si trovano numerosi altri siti: Kabah, Sayil, Labnà. Nel
1996 sono stati riuniti come un unico sito, il cui fulcro
verte sulla città principale di Uxmal. Nella grande Uxmal, e gli spazi si estendono tra edifici in stile Puuc,
frastagliati da decorazioni meravigliose. L'effetto è
simile a un pizzo ricavato dalla pietra. Da un arco finto, sul quale si trovano delle maschere di Chaac(dio
delle pioggia) dai cui occhi nascono delle onde, è visibile la piramide dell'indovino. L'edificio è solo visibile
esternamente. È stato il risultato di più di edifici sovrapposti. L'edificio, inizialmente piramide a gradoni,
ha ora i lati lisci. La piramide di Uxmal, osservabile da
ogni punto del sito è alta 35m all'ora del tramonto si
insanguina di uno rosso vivo che affascina il cuore di
tutti. Le iguana corrono tra le rovine, fermandosi sulle
pietre al sole. Nel guardarle e sembra di poter rivivere
momenti di questa città prima dell'arrivo degli spagno-
Aprile 2010
li nel 1517. Uxmal occupava prima di allora un territorio dei 37,5 km² con 25.000 abitanti. Risalgono agli
inizi del settimo secolo i primi edifici: 15 gruppi principali tra cui tombe e un edificio dedicato al culto degli
uccelli, animali sacri in quanto considerati capaci di
raggiungere il cielo (il 13º strato, il paradiso, casa degli
dei). In modo evidente la città spettacolare si orienta in
maniera alquanto scrupolosa verso determinati punti
astronomici. La casa delle tartarughe, il palazzo del
governatore, il quadrato delle iguana sono altri edifici
da non perdere. Da non lasciarsi sfuggire sono anche
gli altri siti, quindi "la rotta Puuc ". Dall'alto delle colline, fino alla profondità della terra la rotta concatena
momenti indimenticabili di bellezza straordinaria della
storia del passato Maia.. Percorrete le altre città, “la
rott Puuc”, tutta d’un fiato. Siete andati a visitare Tulùm immersi nel Mar dei Caraibi e poi avete percorso
"la rotta Puuc".
Chichen Itzà
Ora salite in auto, accendete i motori e muovete per
Chichen Itzà solo a leggerne il nome sì sente il brivido
di questa città che è in assoluto magnifica. Gli spagnoli
rimasero senza fiato e credo che nemmeno voi avrete
le parole per raccontare quale meraviglia avete davanti
agli occhi. Si trova in una pianura, gli edifici sono collocati su una piana vastissima e gli spazi ampi tra questi suggellano una sensazione di metafisico stupore.
Chichen Itzà è una città che rapisce l'anima, che incanta gli occhi incatena la memoria. La tradizione vuole
che la tribù Itzà si stabilisse nella città già abitata e
introducesse lo stile architettonico nuovo, composto da
linee sobrie e la predominanza del dio serpente
(Kukulcàn) nei motivi decorativi.
Chichen Itzà aveva un regime teocratico, i cui sacerdoti erano principalmente rivolti a Kukulcàn. La città
divenne con il tempo la città più importante, dopo la
n° 6 anno XII
caduta della vicina Mayapan. Gli edifici ricalcano le
funzioni che la città aveva. Di incredibile bellezza è la
piramide di 24 m a gradoni di Kukulcàn, al centro di
una piana, le cui scale terminano con la testa del dio
serpente. Alla particolare luce del tramonto e dell'alba
si profila l'immagine sulle scale del serpente, attraverso un gioco di luce e ombra. Integro è lo stadio, dove
si praticavano le gare e il gioco della Pelota. I
larghi viali collegavano i vari edifici, il tempio
dei giaguari, i palazzi, il mercato, la piazza dalle
1000 colonne(fidatevi, non fatevi un’insolazione
per contarle) , i vari templi. La città aveva un
orientamento teocratico, per questo si possono
notare figure falliche, e altri motivi legati alla
fertilità. Rivestivano un'importanza notevole
anche guerrieri, a cui spettavano numerosi edifici. Il culto della guerra e del sangue è evidente
per la presenza della rastrelliera, sulla quale venivano infilate le teste dei nemici decapitati o di
quelli che venivano sacrificati ;della rastrelliera
è rimasta solo la base in pietra, decorata da motivi di bassorilievi di crani scolpiti. Non lontano si
trovano le piattaforme delle aquile e dei giaguari, decorata, la prima da figure di aquile e giaguari che divorarono i cuori umani, curiosamente le macchie di questi felini hanno forma di fiori; la
seconda detta piattaforma di Venere, decorata da fiori
intrecciati . Percorrendo una strada si arriva ai bagni
di vapore poi al Cenote Sacro(luogo di culto dell'acqua che prevedeva offerte di oggetti preziosi e con il
passare del tempo i sacrifici umani). Non lontano si
trovano l'Ossario e l'Osservatorio. La città nel 19º secolo fu disseppellita dagli alberi della foresta e le sue
rovine ripresero ad essere accarezzate dalla luce del
sole del Messico, quel sole che scintillava sugli elmi
spagnoli quando la città fu distrutta.
Maia
Quello che resta nei ricordi dopo aver visitato le rovine dello Yucatan è la percezione che i Maia fossero
una straordinaria civiltà. Una civiltà sviluppata, che
credeva nel sovrannaturale e che viveva uno strano
rapporto con la natura, che occupava lo spazio in una
maniera assolutamente non casuale. Una civiltà con
una mentalità aperta e razionale ma allo stesso tempo
influenzata da scrupoli collettivi legati alle credenze
religiose. I Maia facevano dipendere tutto dagli elementi naturali, cosmici. Avevano elaborato diversi
calendari, una cosmovisione basata su un pensiero duale secondo cui intervenire sulla realtà era possibile
attraverso i rituali, che garantivano un equilibrio dinamico all'universo, visto in fieri. Avevano conoscenze
finissime in diversi campi: botanica, astronomia, fisica, matematica... secondo alcuni calcoli Maia siamo
vicini alla fine del quarto mondo, il 22 dicembre 2012...
PRATICANTATI 25
Moda
di Francesca Laura Nava
Non potete non aver notato che le radici attorno alle
vostre sedie [si, proprio quelle vicine al banco; si,
quello su cui vi è, mummificata, la grammatica di greco] hanno ripreso vita. Dopo un lungo inverno, durante il quale noi, poveri Prataioli, siamo andati in letargo, è iniziato il risveglio. Alcuni sono persino già in
fiore, ma la maggior parte è [ovviamente] in ritardo.
Dopo le vacanze Pasquali però, tutti, e dico proprio
tutti gli “abitanti” del Prati hanno preso vita: ognuno
ha almeno qualche piccola gemmina verde che spunta
da dietro un orecchio, o dalla nocca di una mano.
Insomma, avete proprio capito: è giunta la Primavera!
Nelle teste di molti è sorto probabilmente un pensiero
molto colorato; un’idea dalla quale non riesce a distogliersi: un progetto! Ma cosa dico uno, mille progetti!
E tutti estremamente curiosi e interessanti. Progetti
per l’estate, il cui pensiero occupa già la mente di
tutti. Se fino a poco fa l’idea più frequente era quella
dell’uovo di Pasqua, ora che anche questa è superata
non ci sono più ostacoli e i cervelli più fantasiosi già
si immaginano sulle spiagge di qualche isola tropicale con un cocktail in mano. Il sole di mezzogiorno è
davvero caldo ai Caraibi. La sabbia scotta sotto i vostri piedi. Decidete di andare a farvi un bagno in quel
mare turchese la cui acqua è più calda del vostro idromassaggio la sera di Natale. Quindi vi avviate di
corsa per evitare di ustionarvi la pianta del piede e …
Bam! No, non vi preoccupate, non è caduto un aereo
a rovinare la vostra isola di pace. E’ semplicemente
un insegnante un po’ arrabbiato che sbatta il registro
sulla cattedra urlando: “Possibile che nessuno mi stia
26 PRATICANTATI
ascoltando? Vediamo se avete capito. Tu [e vi indica]: alla lavagna!” Sono questi i veri momenti nei
quali si spera che sia già estate. Ma non corriamo
troppo con la fantasia. Solitamente la campanella salva lo sfortunato studente che, come tutti gli altri, peraltro, stava progettando le proprie vacanze estive.
Comunque, tornando alla serietà [almeno per queste
ultime righe], l’aria primaverile si è davvero infiltrata
dagli stipiti delle finestre del nostro liceo. Innanzitutto
i termosifoni nelle classi sono stati spenti, e si sente,
però, la mancanza di quegli appoggi che, in tante occasioni, sono fonti di dispute del genere: “Fammi un
po’ di posto!” “No, c’ero prima io!” Un problema di
convivenza è stato così eliminato grazie alla primavera. In secondo luogo, le maniche corte sono ormai universali, e così si evitano anche i litigi per la finestra
aperta, poiché tutti [si spera] hanno una felpa da indossare in caso di freddo. Infine, non ci si sente molto
meglio alzandosi la mattina e vedendo fuori dalla finestra un raggio di sole? Non è molto più facile [non
esageriamo] svegliarsi e andare a scuola con un po’ di
luce, rispetto che con il buio pesto che ti fa sperare
siano solo le tre di mattina e che tu possa dormire ancora un po’?
La primavera rende sì le giornate molto più allegre a
noi Prataioli ma, purtroppo, è anche in grado di toglierci quel piccolo briciolo di voglia di studiare che
nelle fredde giornate invernali, almeno un pochino,
aiutava a sopravvivere alle interrogazioni giornaliere.
Aprile 2010
Libri e
dintorni
Il ladro di anime di Sebastian Fitzek
di Francesca Laura Nava
Titolo: Il ladro di anime
Autore: Sebastian Fitzek
Genere: Psychothriller
Anno, Nazione: 2009, Germania
Casa editrice: Elliot Edizioni
Accade ormai spesso, in Italia, che i libri diventino famosi solo quando qualche importante studio
ne acquista i diritti televisivi. È successo con capolavori quali Harry Potter, con saghe di mercato come Twilight, e con molte altre opere. Lo
stesso accadrà a breve con lo psychothriller dello
scrittore tedesco che sta spopolando all’estero
ma che, purtroppo, è ancora praticamente sconosciuto in Italia.
Il romanzo, sulla linea di Stephen King, che è
pure citato all’interno del libro, tiene il lettore
con il fiato sospeso fino alla fine. Ricco di colpi
di scena, il “Ladro di Anime” lascerà il lettore
inizialmente confuso, ed in seguito, quando il
lume della ragione si farà strada nella sua mente,
incapace di chiudere il libro sino alla fine della
narrazione.
“Vigilia di Natale. In una lussuosa clinica privata
di Berlino, pazienti e medici si rendono conto,
con immenso orrore, che colui che da tempo semina terrore nella capitale, il cosiddetto Ladro di
Anime, si trova all’interno della struttura. Sul
suo conto non si conosce molto, se non le conseguenze del “trattamento” che applica alle vittime, in
grado di spezzare la loro volontà, riducendole a involucri umani incapaci di reagire. Il Ladro di Anime
lascia dietro di sé una macabra firma, indovinelli, la
cui soluzione può essere l’unica chance di salvezza
per le sue vittime.
[Sapreste dare la risposta a questo: “Vi si entra passando da un’apertura e vi si esce passando da tre”.]
Questa è l’ambientazione della storia principale, che
è però un flashback del presente. Un gruppo di studenti si sono offerti di svolgere un esperimento universitario: leggere una cartella clinica intitolata il
Ladro di Anime. Dopo le prima sette pagine viene
loro concesso di ritornare sui propri passi. Solo due
ragazzi decidono di rimanere, una coppia di fidanzati che hanno bisogno di soldi. Da quel momento in
poi, però, devono leggere il referto senza fermarsi ed
entrare a far parte degli orrori che il Ladro di Anime
n° 6 anno XII
offre loro.”
Particolarmente sorprendente si rivela l’abilità
dell’autore nel coinvolgere il lettore dentro i diversi
stati di coscienza alterati dei protagonisti, in grado
di creare nell’uditorio una tensione continua. Risultano infatti talmente precise le conoscenze mediche
presenti nel romanzo da lasciare il lettore sbalordito
e ipnotizzato.
E per chi si appassionasse all’autore, consiglio anche:
La Terapia (2007)
Il Bambino (2009)
Entrambi romanzi che hanno fatto molto apprezzare
il genio di Fitzek all’estero, in particolar modo in
Germania.
PRATICANTATI 27
Film Telefilm
21
Il film “21” racconta gli incredibili avvenimenti che
sconvolgono la vita dello studente Ben Campbell.
Ben vive a Boston ed è talmente bravo in matematica da sperare di entrare all'MIT. A causa di problemi
finanziari si presenta ad un colloquio facendo richiesta per una borsa di studio. Proprio in questa conversazione gli viene chiesto di raccontare una sua esperienza di vita così “stregante” da fargli meritare i
finanziamenti per gli studi.
E i 120 minuti di film sono quasi tutti occupati dal
racconto di questo episodio: Ben sta cercando di
mettere da parte soldi per l'università lavorando in
un negozio di vestiti con degli amici, ma i suoi guadagni sono chiaramente troppo pochi per pagarsi gli
studi. Grazie alle sue capacità nella scienza dei numeri, Ben si fa notare dal professore Mickey Rosa,
che una sera lo fa convocare in un'auletta della
scuola. Qui si presentano al ragazzo dei suoi coetanei che fanno parte di una squadra di Black
Jack capeggiata dal professor Rosa. Questi ogni
fine settimana si recano a Las Vegas dove, attraverso un metodo di conteggio delle carte che
gli permette di sapere quali carte sono ancora
nel mazzo, “sbancano” diversi casinò, facendo
un sacco di soldi. Inizialmente Ben è restio ad
unirsi al gruppo, ma vede in questa proposta
un'occasione di trovare i soldi di cui ha bisogno: infatti accetta, con l'idea di smettere appena raggiunta la cifra necessaria per entrare
al'MIT (300.000 dollari). Ma presto lo studente
prodigio si rende conto che quella squadra non
è solo un modo di fare i soldi, ma anche un
mondo parallelo, nel quale può essere chi vuole
e che però deve tenere nascosto ai suoi veri amici, quelli di Boston che lo hanno accompagnato per una vita e che iniziano a diffidare di
lui. Ma la città del peccato coinvolge tanto il
ragazzo da farlo continuare a giocare anche dopo aver superato la somma necessaria agli studi
all'MIT. Ma una sera, poco prima di iniziare a
giocare, litiga con il professor Rosa, che se ne
va indignato giurando di vendicarsi. Nonostante questo imprevisto la squadra decide comunque di entrare in campo, ma Cole Williams, che
ha il compito di evitare truffe all'interno del
casinò, capisce che Ben sta utilizzando il sistema del conteggio delle carte, e lo porta di peso
in uno scantinato dove lo prende a pugni e gli
28 PRATICANTATI
di Dario Amadori
fa giurare di non tornare mai più a Las Vegas. Così
il ragazzo torna nella camera del suo dormitorio pieno di lividi e si accorge di avere un problema più
grosso dei dolori provocati dalle ferite: il professor
Rosa gli ha preso tutti i soldi che aveva guadagnato
col Black Jack e gli ha dato un'insufficenza in matematica, complicandogli il percorso verso l'università. Ma Ben non è uno smidollato, uno che molla facilmente, e pur di avere i soldi per l'università, escogita un piano arguto che coinvolge la squadra di
Black Jack e il suo nemico giurato: Mickey Rosa.
Ho trovato questo film particolarmente interessante
e avvincente, nonostante un inizio lento e forse un
po' noioso. Le avventure di Ben Campbell vogliono
insegnarci che possiamo realizzare molte cose apparentemente impossibili attraverso il coraggio e l'insistenza, e che neanche il più cattivo tra i cattivi è imbattibile.
Aprile 2010
Film Telefilm
Alice in Wonderland
Titolo: Alice In Wonderland
Regista: Tim Burton
Cast: Johnny Depp, Mia
Wasikowska, Helena Bonham
Carter, Anne Hathaway
Anno: 2010
Alice Kingsley è una ragazza di
diciannove anni dell’alta società.
Ama sognare e detesta formalità e
imposizioni. Così, dopo aver perduto l’amato padre, si ritrova di
fronte ad una proposta di matrimonio da parte di un irritante promesso sposo. Confusa, Alice fuggirà
dalla sua vita, trovando rifugio in
un mondo fantastico. Seguendo un
coniglio bianco all’interno della
sua tana, Alice cadrà in un buco
che la porterà in un mondo folle,
dove tutti sembrano aspettarla e
chiedersi se è l’Alice giusta.
Alice conosce quel mondo, è il teatro dello strano incubo che la tormenta sin da quando era bambina:
il mondo delle meraviglie.
Alice è già stata in quel luogo, solo che non lo ricorda. Ora i suoi amici di un tempo vogliono che lei li
aiuti a spodestare la perfida Regina Rossa, che ha
rubato il trono alla sorella la Regina Bianca. Solo
così Alice potrà riportare la pace e la serenità in quel
mondo.
Alice in Wonderland, l’ultimo capolavoro di Tim
Burton firmato Disney, è un film che ha entusiasmato molti spettatori, ma ne ha parzialmente delusi altri. Forse perché questi ultimi si attendevano troppo
dal genio del cinema Burton, il quale è sempre stato
in grado di stupire e ammaliare le platee ma che,
senza dubbio, questa volta ha forse ceduto un po’
troppo al marchio Disney, conformandosi alle caratteristiche tipiche del brand, adatte a piacere a bambini e adulti di ogni età.
In effetti, nonostante ci siano senz’altro numerosi
elementi che portano il marchio del fantasioso regista, ce ne sono altri, anche se forse meno importanti,
che non convincono a pieno.
n° 6 anno XII
di Tim Burton
di Francesca Laura Nava
Anche in questo
film, l’accoppiata
Burton – Depp ha
dato i suoi frutti: il
Cappellaio Matto
è uno dei personaggi che più convincono ed entusiasmano lo spettatore, il quale si
sente catturato dal
verde foglia che
colora gli occhi di
Johnny
Depp.
Un’altra attrice
che stupisce e affascina moltissimo è Helena Bonham Carter, la
moglie di Burton,
alla quale il marito assegna sempre
i ruoli più insoliti,
quale sfida che,
peraltro, lei riesce
sempre a portare a
termine con grande successo. Questa volta, nei panni
della Regina Rossa, la Carter strabilia gli spettatori
presentandosi con una testa immensa a forma di cuore. Subdola, crudele, ma comunque sola, la Regina
Rossa è un altro degli elementi che contribuiscono a
rendere un capolavoro il film di Burton.
Anche molti altri personaggi, come per esempio lo
Stregatto, o Pinco Panco e Panco Pinco, sono molto
amati dal pubblico. Il primo per le dolci sembianze
che per nulla ricordano il gatto rosa proposto nel cartone Disney; i secondi per la loro simpatia e
“confusione” che diverte alquanto. In definitiva, un
gran bel film, dal quale però, forse troppi si aspettavano di più, rimanendo così delusi da quello che è
comunque un capolavoro di immaginazione e di tecnologia.
Alcuni, infine, hanno sostenuto che l’uso del 3D sia
superfluo. Personalmente trovo invece che la possibilità di vedere, di vivere la profondità del mondo di
Carroll sia una possibilità da non perdere assolutamente perché regala emozioni impagabili. Il tutto,
accompagnato da una colonna sonora da riascoltare.
PRATICANTATI 29
Sport
Aspettando i mondiali…
di Dario Amadori
Ricordo perfettamente la sera del 9 luglio 2006. Ero da poche ore arrivato a
Malta per un viaggio di studio, ma a
turbare i miei pensieri non erano le due
settimane che avrei trascorso nell'isola.
Quello era l'ultimo dei miei problemi.
Ciò che aspettavo con ansia era quella
finale dei mondiali di calcio, a Berlino,
in cui l'Italia di Cannavaro avrebbe sfidato la Francia di Zidane.
Zinedine che calcia un rigore incredibile e che poco dopo atterra Materazzi
con una testata, il pareggio degli Azzurri, la vittoria dell'Italia ai rigori con
il goal finale di Grosso e il nostro capitano che alza la coppa tra boati, urla e flash di
macchine fotografiche. Non dimenticherò mai
quella sera: subito dopo la novella notizia siamo
tutti usciti dall'hotel e abbiamo urlato senza ritegno per oltre trenta minuti.
Adesso però siamo alla resa dei conti: riuscirà
l'Italia a guadagnarsi una quinta stella sulla sua
maglia vincendo in Sud Africa? La nostra nazionale si è mostrata molto incerta nella Federation Cup, mostrando molte difficoltà. L'età
“avanzata” di alcuni dei nostri principali giocatori è indice di esperienza o rischio di senilità?
Sono tanti i dubbi che sorgono sulla squadra e
altrettanti sono pronostici per i nuovi campioni
del Mondo.
Inizieranno l'11 giugno i mondiali ospitati dal
Sud Africa, stato che aveva già fatto richiesta di
ospitare la Coppa del Mondo nel 2006 e che può
vantare di essere il
primo Paese africano
ad accoglierla. Parteciperanno, tra le più
importanti, le squadre di Inghilterra,
Germania, Spagna,
Italia, Argentina,
Brasile, Francia e
Sud Africa.
Credo che questi
30 PRATICANTATI
mondiali abbiano un'importanza particolare perché vengono per la prima volta svolti in Africa:
il Sud Africa, che è lo stato africano (esclusa
l'area del Magreb) più avanzato, grazie a questo
evento di portata internazionale, ha l'occasione
di fare un ulteriore passo verso i continenti più
ricchi.
Sono molte le organizzazioni che cercano di
aiutare l'Africa, tra queste si distingue l'H2gol,
compagnia lanciata da AMREF (con l'appoggio
della Federazione Italiana Giuoco Calcio) in
occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua
del 22 marzo, che cercherà di fornire acqua al
Kenya con la costruzione di pozzi e acquedotti.
Purtroppo, è fresca la notizia che Al Qaida abbia
minacciato gli ormai prossimi Mondiali: sono
agghiaccianti le parole comunicate dell'Aqmi, il
braccio armato di al Qaida: «Come potrebbe essere sorprendente la partita tra Stati Uniti e Gran
Bretagna trasmessa in diretta e in uno stadio
stracolmo di spettatori quando il boato di una
esplosione si propagherà attraverso gli spalti,
l'intero impianto sarà sotto sopra e i morti si
conteranno a decine e centinaia, ad Allah piacendo».
Sperando che ciò non accada, e che tutto si svolga senza problemi o intoppi, auguriamoci che
negli attesissimi mondiali in Sud Africa la nostra squadra faccia una bella figura!!
Aprile 2010
Info &
Fun
TACHICARDIA AMOROSA
Cari Prataioli,
Eccoci qua con nuove straordinarie lettere! Mi raccomando continuate a scriverci! Adoriamo le vostre lettere, sono profonde e divertenti!
La Vostra Consigliera di Fiducia Chocolat
Cara Chocolat,
sono innamorata di una ragazzo di ventitré anni. Purtroppo tutti mi dicono che è troppo grande, ma lui
sostiene che poi sono solo cinque anni o poco più di differenza e poi è così dolce con me… Non riesco a
lasciar perdere, a non pensare a lui!
Noi non stiamo insieme, ma lui me lo ha chiesto e io non riesco a dire di si o di no. Non riesco a decidermi, non capisco quale sia la cosa giusta.
Ascolto lui, che conosco da poco più di un anno (e il mio cuore), o le mie coetanee, mie amiche da sempre?
Grazie in anticipo del consiglio,
-una del PratiRagazzi! 5 anni in più è proprio un investimento. Cara vai controcorrente! Stando alle ultime novità, infatti,
i ricercatori dicono che noi donne dovremmo accalappiare uomini di 5 anni di meno perché così si vivrebbe
circa per lo stesso tempo! Insomma Demi Moore e Madonna hanno fatto la mossa del secolo! Significa
semplicemente che tu, cara la mia “una del Prati”, vivrai un po’ di più da vedova!
Le tue amiche hanno ragione da un lato, insomma cercano di proteggerti, hanno paura che questo ragazzo ti
stia prendendo in giro. Questo tu sola lo sai e io ti consiglio di ascoltare il tuo cuore. Lasciati trasportare
dall’amour, ma sempre tenendo gli occhi aperti! E se proprio non funziona puoi sempre tornare indietro.
Chocolat
Cara e gentile Chocolat,
complimenti per le risposte che dai a noi che cerchiamo il tuo aiuto.
Ho da sempre avuto un carattere molto chiuso e timido, e ho sempre paura di essere rifiutata da tutti benchè abbia, a quanto dice mia nonna, con la quale vivo, un bel fisico e un bel viso.
Ultimamente sono attratta dal mio vicino di banco, anche lui abbastanza chiuso, che di tanto in tanto mi
fissa credendo che io non me ne accorga, quasi di nascosto. Né io né lui faremo mai il primo passo. È
una situazione bloccata. Ti prego Chocolat, infondimi coraggio!
Grazie in anticipo
Annie 93
Cara Annie,
grazie per la tua lettera!
Io partirei proprio dalle parole di tua nonna (sai le nonne sono molto sagge) per iniziare a trovare un po’ di
autostima e provare ad uscire dal guscio. Tira fuori la pantera che c’è in te. Non ti manca nulla, cerca di
essere spontanea e aprirti un po’ al mondo, iniziando dal tuo vicino di banco, che è anche la cosa più semplice. Probabilmente anche lui non attende altro che un gesto, uno sguardo più dolce del solito. Alle volte
fare il primo passo costa molto, ma è la soluzione migliore. Bisogna imparare che un eventuale rifiuto non
è la fine del mondo e che solo vivendo potremo poi pensare di aver sbagliato.
Chiedigli tranquillamente di uscire con la scusa di una pizza e invita altri amici così non renderai la cosa
troppo esplicita!
Annie ce la puoi fare! Inizia a osservarlo anche tu durante le lezioni, sorridigli (occhio ai moscerini), scuoti
i capelli e sii te stessa!
n° 6 anno XII
PRATICANTATI 31
Ciao!
Ho un problema con il ragazzo di una mia amica. Non so cosa fare perché a volte mi comporto male con
lei e lei non capisce il perché. Il suo ragazzo spesso quando rimaniamo soli cerca di baciarmi, ma io non
so come comportarmi, perché se da una parte lui mi piace molto, dall’altra non voglio perdere un’amica.
Help!
La Depressa
Cara Depressa,
ahi ahi ahi!! Quando sento queste cose mi arrabbio molto! Per me l’amicizia è sacra e non rischierei di distruggerla per un ragazzo! Tra l’altro questo ragazzo mi pare sia un farabutto, è un imbroglione, si comporta proprio male con la sua ragazza! L’unica cosa che mi sento di dirti, è che se proprio sei sicura dei sentimenti che provi per lui e se credi che ne valga davvero la pena, parlane chiaramente con la tua amica e non
fare nulla dietro le sue spalle! Magari non subito, ma sono sicura che apprezzerà la tua sincerità. Ricorda i
ragazzi vanno e vengono, ma le amicizie rimangono! Comunque non mi pare valga la pena rovinare
un’amicizia per un bugiardo!
Cara Chocolat,
sono una ragazza felicemente fidanzata da ormai molto tempo. Tuttavia da un po’ di tempo a questa parte,
ogni volta che entro nella mia classe il mio sguardo
cade su G.S. e mi sento sciogliere dentro. Lui ogni volta che i nostri occhi si incontrano mi sorride, ma sempre con la stessa espressione piatta. Quasi ebete. È un
tipo piuttosto apatico. Secondo te devo lasciare il mio
ragazzo per lui?
Grazie
C.92
P.S. ama la pasta, invitarlo fuori a cena?
delle qualità diverse magari migliori (per intenderci, non pesce lesso, ma brillante, intelligente,
carino, ecc).
Poi non trarrei conclusioni affrettate, una sera
fuori con questo compagno te la puoi pure concedere: magari è solo perché la tua storia è già
consolidata che hai dei dubbi, e alla nostra età, si
sa, magari si vuole provare qualche brivido nuovo. Potrai così scoprire se G.S. “si trasforma in
un principe” oppure se rimane un ranocchio.
Male che vada, almeno ti sarai mangiata una
buona pastasciutta!
Cara C.92,
diciamo che tra le righe
della tua lettera la risposta te la sei data da sola!
Insomma se questo tuo
compagno
ha
un’espressione piatta,
quasi ebete ed è apatico
non so se ne valga la
pena! Dalla tua descrizione sembra tanto un
pesce lesso un po’ impacciato!
Prova a paragonarlo al
tuo fidanzato: fai la classica lista dei pro e contro -che tra l’altro è molto spassosa da fare con
le amiche- e prova a capire se in lui ravvedi
32 PRATICANTATI
Aprile 2010
Poesia
DOLCE RESPIRO
C’è un dolce sospiro
che pervade l’anima
quando tutto il resto se n’è andato.
Una dolce allegria
che ama chi non si sente amato.
L’infinito aspetta
chi siede sul ciglio di una strada,
chi l’ha dimenticata,
chi aspetta qualcuno che mai arriverà.
La luna risplende sul mare
e rende preziose
le lacrime che rigano le guance.
Il cuore non chiude le porte
all’anima di chi ha errato.
C’è un dolce sospiro
che pervade l’anima
quando è troppo tardi, o troppo presto.
Un fiore che piange.
Una stella che grida.
Un desiderio che sboccia.
Attimi di eterna armonia
e speranze folli
in cui la vera essenza del cuore
sprigiona fulmini di malinconia.
Sangue di lacrime
sgorga dal cuore.
Strade deserte
che accolgono luci solitarie.
C’è un dolce sospiro
che pervade l’anima
quando ti accorgi che tutto ciò
che potresti dire
è già stato detto.
Una semplice vittoria
che appare più che altro una sconfitta.
Tempo che nega la speranza
che cancella i sorrisi
e graffia ciò che non capisce.
Lunghe bacchette di legno
che spezzano i sogni
e arano la fantasia
gettandone i semi al vento.
C’è un dolce sospiro
che pervade l’anima
quando il sole acceca
e il buio spaventa.
Candide piume
per nascondere lame affilate.
Momenti di tristezza
di lacrime amare
n° 6 anno XII
di pioggia incessante
di fiori e di rose
di amore e di odio
di gioia e dolore.
Sguardi dimenticati
di persone speciali.
ZWIELICHT
L'alba tinge di corno il cielo freddo
occhieggiano luci in un rivo scuro
lontano vibrano gravi campane
nell'aria tersa cucita di ghiaccio.
C’è un dolce sospiro
che pervade l’anima
quando il treno della vita
si ferma in stazione
e non si sa se scendere o salire.
Quando le mani smettono di scrivere.
Quando gli occhi smettono di piangere.
Quando l’amore cura
ferite invisibili
che bruciano di fresco.
Quando la musica smette di suonare.
Quando la pergamena
brucia sul rogo.
Quando le parole smettono di dire.
Enrico Dal Fovo
C’è un dolce sospiro
che pervade l’anima
quando mi accorgo
che vorrei un foglio bianco
per disegnare
con grande maestria
una luce accecante
per rendere cieca
l’ipocrisia del mondo
e la gentilezza degli ipocriti
per nascondere i solchi
di quell’aratro poco attento
e coprire
con uno strascico di seta
il dolore del mondo.
Nadia Pocher
CIO’ CHE VORREI URLARE
Che il ghiaccio sul mio volto
si sciolga in riso,
che tanto limpido era un tempo!
E amore, allevia le pene
dello scorrere del tempo,
che solo nebbia
ora i miei occhi vedono!
Ascolterò la voce
che mi urla in petto,
ah, sono stata ignobile ad ignorarla!
E grida “accettami mondo,
perché io non ci riesco.”
Georgiana Leveghi
PRATICANTATI 33
Racconti
Rien ne va plus
di Martina Folena
Balla il mio tango. Scendi nella mia notte. Spegni le
mie candele. Vieni, vieni ancora una volta.
Seduto alla sua scrivania, il poeta non aveva né abbastanza lacrime né abbastanza inchiostro per scrivere.
Le parole restavano un sussurro, l’aria le divorava e
già non gli appartenevano più.
Balla il mio Tango.
Il poeta conosceva una canzone antica, ma non sufficientemente antica per poterla tradurre sulla carta. La
notte sperperava i significati, la luce della luna non
esisteva più.
Il poeta non ricordava l’ultima volta in cui le lenzuola
del letto avevano avvolto una forma differente dalla
sua.
Lui era solo. Altrimenti, non sarebbe stato un poeta.
vrebbe parlato, lei, se avesse potuto.
Spegni le mie candele.
La terza notte lei arrivò durante il temporale e si sorprese di trovare la finestra aperta. Il temporale graffiava le tende, lacerava il silenzio, e il poeta sembrava
non sapere niente di tutto questo. Era seduto al tavolo.
Scriveva.
Quando lei si fece avanti, lui sussultò e la penna lasciò
u na s ba vat ura a lla fi ne de lla fras e .
Si prese la testa fra le mani e la fissò intensamente.
“Perché non dici niente?” le chiese. Lei scosse la testa,
semplicemente.
“Ho bisogno che tu mi parli. Ho bisogno che tu mi
dica qualcosa.” Disse ancora lui. Lei strinse le labbra
trasparenti. Indietreggiò.
Balla il mio tango.
Lui si alzò dalla sedia, tentò di imprigionarla in un
Il fantasma di lei entrò dalla finestra in silenzio. Nep- abbraccio, ma tra le mani non gli restò neppure
pure le tende ebbero un sussulto. Il Poeta neanche la un’ombra.
vide. Era la prima volta che lei entrava da quella fine- “Torna, almeno! Torna ancora! Ancora una volta!”
stra.
Quando era stata in vita, era
Quella notte il poeta mi invoentrata al suo fianco, salendo
cò, dicendomi che avrebbe
le scale con una risata, sofforinunciato a tutte le sue parocando la voce contro le sue
le, alla sua stessa vita, pur di
labbra.
poter sentire ancora una volta
Come fantasma, non osò scila voce della donna che avevolargli vicino. Immobile dava amato. Mi chiamò gridanvanti al davanzale, gli occhi
do a denti stretti. Io, in silenpallidi di morte percorsero la
zio, lo ascoltai nella mia osagoma intera del poeta. Ma
scurità, finché le sue grida
non appena egli sollevò lo
divennero troppo forti perché
sguardo, vide il nulla.
io le ignorassi ancora.
Entrai nella sua mente, e lui
Scendi nella mia notte.
mi prese.
La seconda volta lei entrò con
un soffio di vento. Le persiane
Vieni, vieni ancora una volta.
erano spalancate come la volta
L’ultima volta lei venne, e
precedente, ma il poeta non
rimase pietrificata sulla soera seduto alla scrivania. Camglia della finestra.
minava avanti e indietro, morIl poeta si avvicinò e strinse
dendosi le labbra mentre negli occhi passavano le om- la mano del fantasma, impalpabile sagoma in impalpabre di chi pensa e non riesce a sentire la propria voce.
bile sagoma, trasparente come lei.
Il fantasma di lei allungò una mano verso di lui, e la I due spettri si guardarono, le mani strette.
carezza attraversò la pelle.
«Perché?» chiese lei. Lui non rispose. Aveva avvertito
Il poeta sollevò lo sguardo e vide i contorni sfocati di il suo filo di voce, e gli bastava.
lei. I tratti sbiaditi di un acquarello, avrebbe detto lui Lasciarono la stanza sciogliendosi nel vento. Dietro di
più tardi, ma non lo sapeva ancora. Non sarebbe stato loro, nella camera, rimasero la boccetta di veleno sul
in grado di dire alcuna parola, in quel momento. Nep- pavimento, i fogli sparsi sul tavolo, e il mozzicone di
pure una. La fissò in silenzio.
candela.
Lei spostò lo sguardo come chi prova vergogna. A- Quando la candela si spense, tutto sparì nel buio.
34 PRATICANTATI
Aprile 2010
Racconti
VON DER KANTSTRASSE ZUM EASTCROSS
Riccardo Schöfberger
In un giorno freddo come l’anima della fiamma che
brucia la punta antica della mia canna. Arrampicarmi sopra le mura di questi palazzi mi raffredda la
mente. In un giorno squisito come il gusto
dell’acqua bagnata dalla strada e dalla pioggia.
Non c’è terra sopra le mura di Berlino, solo colore
arancione lasciato dal sole, solo le ombre invisibili
della gente passata di qua nei secoli dei secoli dei
secoli dei. Prego che un po’ di quest’energia pervada
il mio spirito, la mia mente, la mia anima, fredda
come una fiamma.
Se scavo un poco in questo mio sentimento, se scavo
un poco in queste mura non riesco a sporcarmi le
dita di sangue, non riesco non riesco a provare un
poco di vita. Scavo.
Secoli di morte, secoli di terrore, secoli di orgasmi,
secoli di sogni inviolabili come un primo amore.
Passati per queste vie, passati sotto
questi archi che sostengono le linee
della metropolitana, passati per questi
sogni disegnati sulle pareti, passati
anche dentro le vostre stanze. Voi, che
mentre qua fuori c’è tempesta, che
mentre qua fuori cerco rifugio protezione identità all’interno di una casa
abbandonata, mentre conto le gocce
del mio sangue, bevete il vostro te, il
mio flusso vitale.
Di notte, quando mi sveglio, quando
ormai lo stridio del treno non riesce
più a togliermi la pelle, sento ululare
questo vento ghiacciato che mi porta
in un’altra dimensione, in un altro
mondo. Parlo a vanvera, parlo finchè il
fiato non mi finisce, parlo non per ricavare qualcosa
o farvi capire qualcosa, parlo per sentire il suono
della mia voce, per avere la consapevolezza di essere ancora vivo.
Tu mi lasciasti qua, se ora mi diverto a percorrere le
linee del tram a ritroso, curioso di sapere se mai sarò
in grado di rimanerci in mezzo, se avrò il coraggio
di assaggiare l’acciaio colorato di giallo mischiato al
vetro elettrico, è tutta colpa tua. Eravamo un mostro
a quattro gambe, eravamo la neve che piove dagli
alberi in fiore dei primi di Maggio, eravamo il fondo
n° 6 anno XII
di una vaschetta di gelato alla panna sciolto dal sole
giallo di Giugno, talmente invadente da impedirci di
abbracciarci, di sentirci, di congedarci, di piangerci
addosso per tutto la tristezza dell’umanità o meglio
del mio del nostro piccolo mondo.
So quanto avrei voluto abbracciarti quel giorno, volevo entrarti negli occhi, riuscire a pronunciare quella parola di congedo. Una parola che mi avrebbe
riempito gli occhi di lacrime, una parola che mi avrebbe spaccato lo sterno davanti a te, riempendo
tutta la via di sangue. Una parola ce mi suona come
un tradimento da parte mia, un tradimento del mio
passato.
E il tuo portone infine ti ha risucchiato. Ho guardato
tremante prima la vernice marrone, poi il pomello
dorato, infine il campanello e, coll’anima che urlava
inutilmente, col fondo della gola allucinato e fiammante, mi sono diretto verso la stazione.
Quindi ora scivolo sopra le mura di questi palazzi,
leccando il colore aranciane lasciato dal sole sopra
le mille storie umane, i mille adii che gente meno
illusa di me ha avuto il cuore di pronunciare, forse
senza neanche sentirsi abbandonata.
Quindi ora, nel mezzo della notte, in questo viale
pieno di vuoto pieno di vento gelido, pieno di morte,
cammino lungo la linea del tram, sperando
quell’angelico suono.
Lo stridore della strassenbahn che si prepara a mietere un’altra vittima. Sono qua, prendimi. Solo qua,
prendimi.
PRATICANTATI 35
Lettere
La controparte
Date le discussioni che hanno animato finora le riunioni della redazione del giornalino, ci è sembrato interessante rendere partecipi i lettori di questa questione. Il problema si è sollevato riguardo gli articoli d’opinione, in particolare quelli politici, che, secondo noi non devono essere pubblicati solo con annessa una relativa controparte. Ci piacerebbe che i lettori, destinatari dei nostri articoli, dicessero la loro riguardo l’impostazione generale del nostro giornalino, aprendo magari una discussione sul sito.
articoli di politica: gli spunti per un'acuta e necessaria riflessione
Controparte per forza: la paura dell’opinione schierata
di Davide Leveghi sono in realtà maggiori e più diffusi. Primo fra tutti un quasi totale
disinteresse per i testi “creativi” in senso lato (poesie, racconti,
Per trattare della controparte mi sembra interessante parlarne più discussioni filosofico-artistiche), al posto dei quali si stanno impogeneralmente, estendendo il discorso all’ambito nazionale. Come nendo sterili articoli di blanda informazione, più credibili come
ho già affermato nel mio titolo, io credo che la gente comune, in contenuto della toporubrica “Zoom” che come frutto dei pensieri
Italia, abbia paura di sentire un’opinione controcorrente o conte- di giovani intellettuali. Purtroppo buona parte degli articoli che
statoria. Ma come si può spiegare questa cosa? Personalmente compaiono su Praticantati ha la consistenza di canne al vento, ma
penso che il timore di leggere un’opinione schierata, magari fuori poco importa: le vendite fruttano sempre di più e i liceali desidedal coro, sia principalmente dovuto al fatto che molti sono intimi- rosi di prendere parte al progetto aumentano. Quello che manca è
diti dal dire la propria. In una nazione democratica, in cui la libertà uno sguardo critico e costruttivo; tutto passa, e tanto meglio se
d’espressione è sancita dalla Costituzione, non è certamente nor- l'articolo è una rubrica di lettere d'amore piuttosto che un'opinione
male che possa succedere ciò, che qualcuno abbia paura di gridare politica. In fondo Praticantati, nel suo piccolo, è l'inconscia e ila sua, di farsi sentire e di difendere la propria idea con le unghie e stintiva reazione ad un clima politico e sociale instabile: è la rassicon i denti. La paura si trasforma in avversione ed il lettore rimane curante dimostrazione che i giovani d'oggi non sono soltanto riinfastidito dall’opinione imparziale. Non sto dicendo che la con- belli che manifestano per le proprie idee, spesso poco inclini ai
troparte sia sbagliata, tutt’altro, io credo che la “controparte per compromessi del “politically correct”, ma anche amabili (e innoforza”, invece, quella che impedisce che un articolo possa essere cui) ragazzini lobotomizzati dall'imperialismo di una cultura mepubblicato se non accompagnato da un appendice che spenga im- diocre come solo quella americana può essere, e dediti pertanto al
mediatamente le polemiche sollevate dal primo dei due e che non culto di MTV, della Coca-Cola e del consumismo sfrenato. E i
lasci il tempo al lettore di pensare con la propria testa, sia un af- pochi a cui non va a genio tale atteggiamento vengono subito
fronto non solo nei confronti dell’autore ma anche del lettore. Essa messi a tacere. Perchè? La motivazione cambia di volta in volta:
è quindi una forzatura che svilisce non solo l’autore dell’articolo, se va bene è perchè dal testo proposto emerge una parte politica o
ma soprattutto il lettore, che sembra abbia perso la sua capacità anche solo un'opinione (cosa del tutto legittima, a mio parere),
critica. Il giornalino, dunque, a mio modo di dire, riflette questo oppure perchè «i toni sono troppo accesi» e quindi l'articolo neriguardo verso il “politicamente scorretto” o l’asprezza nel critica- cessita di una revisione (come è accaduto con l'articolo di Davide,
re o polemizzare su un personaggio noto, un’azienda, una nazione, che io non ho trovato affatto sopra le righe), se va male perchè «la
ecc, a favore di articoli neutri di sola informazione, piatti, incolori caporedazione ha deciso così» e tale scelta operata da chi gestisce
e privi di qualsiasi spunto che possa dare adito a dibattiti stimolan- il giornalino non può essere messa in discussione (per paura?),
ti ed interessanti. Per un giornalino scolastico, una scelta del gene- anche se gran parte dei lettori e dei redattori non la condivide.
re pare un po’ inverosimile oltre che irrealizzabile. Esso non potrà D'altronde questa è soltanto l'ennesima dimostrazione di quanto
mai fare esclusivamente informazione, giustamente, poiché dovrà Praticantati sia in realtà un giornalino senza ideali, la cui filosofia
essere lo strumento a disposizione degli studenti per esprimere il risulta insultante nei confronti di chi scrive e, soprattutto, di chi
proprio pensiero, dove farsi notare per la propria capacità critica o legge.
recensoria, o per una dote artistica o narrativa. La controparte per
forza non va bene. L’opinione del singolo non rispecchia quella di Perché tutelare i lettori pigri?
di Francesca Pedron
tutti e qualora qualcuno volesse contestare un articolo, civilmente
e liberamente avrà a disposizione gli spazi del giornalino successiQuello che Davide e Angelo hanno già detto a riguardo potrebbe
vo.
essere sufficiente per spiegare il nostro malcontento, ma scriverò
Il rifiuto dell'opinione e del pensiero: un problema sociologico comunque qualcosa anch’io. Ho iniziato a scrivere sul giornalino
di Angelo Naso per pura casualità. Dopo essere stata eletta come rappresentante,
Silvio ha dato la possibilità a Fabrizio e a me di utilizzare questo
Qualche tempo fa una lettera di critica al giornalino è stata censu- strumento per tenervi informati sulla consulta. Così ho iniziato ad
rata. E non perchè fosse anonima (l'autore si è dichiarato), come è andare alle riunioni e a leggere il giornalino in maniera più attenta
stato detto dalla redazione, ma piuttosto perchè, ritengo, giudicata e critica. Sempre casualmente, un paio di mesi fa ho letto l’articolo
poco costruttiva per un giornale scolastico in continuo sviluppo. di Leveghi su Obama. Non avrei mai pensato che un semplice
Nel mese appena trascorso è stato censurato l'articolo di Davide articolo su Praticantati potesse farmi notare particolari su cui mai
Leveghi sui problemi riguardanti la Libia. È arrivato il momento mi ero soffermata prima. Sono andata quindi ad informarmi e ho
di intervenire e di rendere noti ai lettori tali fatti. Raramente scri- scoperto che tutte le affermazioni fatte da Davide erano corrette,
vo di politica (semplicemente perchè credo di essere più portato provate. Da quel momento in poi ho sempre letto gli articoli di
per altre cose), ma adesso più che mai sento il bisogno di prende- Leveghi, indipendentemente dalla lunghezza e dall’argomento.
re la parola su una discussione che interessa direttamente il nostro Sapevo che in ogni caso avrei imparato qualcosa. Questo secondo
me non va, non deve essere bloccato! Sarebbe ingiusto e sbagliato
liceo.
Ma quello di Praticantati dell'anno 2009/2010 (e in particolare farlo. La controparte c’è, quando c’è qualcosa da controbattere; se
degli ultimissimi numeri) è un problema che non riguarda soltanto l’articolo non viene pubblicato è chiaro che non potrà provocare
il buonismo tragicamente moralista con il quale si censurano gli né consensi né dissensi.
36 PRATICANTATI
Aprile 2010
Mi ha scoraggiato sapere che l’ultimo numero ha riscosso parecchio successo perché oltre a recensioni di libri, film e argomenti di
svago non c’era nulla. Ma va bene così. Gli articoli corti, leggeri
per niente noiosi accontentano quella larga parte di noi che di attualità, di politica se ne frega. Ma la cosa peggiore è che liquidiamo tutto dicendo: “la politica è uno schifo, non cambierà mai, che
se frega!” . Be’ devo dire che è un atteggiamento molto costruttivo. Mi complimento. Peccato che i giovani siamo noi! Peccato che
tutto dipenderà da come agiamo e peccato che le cose non cambiano da un giorno all’altro, ma soprattutto non cambiano da sole. Io
non voglio fare la morale a nessuno perché c’è già tanta gente che
lo fa e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, dico solo che chi ha
qualcosa da dire, lo deve fare senza doversi preoccupare di avere
per forza una controparte. Bisognerebbe valorizzare chi un’idea se
l’è fatta, non tutelare i pigri che di interessarsi non ci pensano neanche. È assurdo.
Il giornalino dovrebbe riflettere una realtà scolastica viva e questo
significa che non dobbiamo avere tutti per forza le stesse idee!
Sarebbe terribile e preoccupante.
Da dove nasce questa voglia di inoffensività?
di Riccardo Schöfberger
Scrivo sul giornalino da quando frequento questa scuola e ne ho
potuto vivere le varie evoluzioni. Quest'anno Praticantati sembra
avere più successo e più partecipazione rispetto agli anni scorsi,
grazie probabilmente a una maggiore attrattività data dalla pubblicità e a un maggiore investimento di energie nel progetto da parte
dei caporedattori. Ciò ha portato come risultato positivo un sensibile aumento dello spessore del giornalino e, presumo, un più alto
numero di copie vendute. Ora analizziamo però i risultati negativi.
Una cosa inedita in redazione che quest'anno mi ha colpito è stato
Risposta dei caporedattori
Innanzitutto riteniamo giusto iniziare questa lettera di risposta,
mostrando come sia effettivamente anche questo un articolo di
controparte, ma per arrivare a trattare questo punto riteniamo più
chiaro iniziare esaminandone un altro, anche questo un argomento
contestato dalle lettere precedenti: la censura.
Cos’è la censura? Il buon Garzanti recita così: […] controllo di
libri e spettacoli e corrispondenza praticato in guerra … critica,
disapprovazione, riprovazione, provvedimento punitivo… opposizione alla libera espansione degli istinti esercitata dalle esigenze
della coscienza morale.
E’ stata applicata tanti anni fa in Italia, e lo è tuttora in certi paesi
del mondo che stanno attraversando un triste periodo di oppressione, privazione delle libertà e di contingentamento culturale, ed è
volta a non far pensare liberamente le persone ma ad incanalare le
libertà ed i pensieri nella direzione voluta dall’oppressore.
Nella società moderna e democratica in cui abbiamo la fortuna di
vivere, con tutte le sue contraddizioni e difficoltà, a volte si parla
di “censura leggera” quando ad esempio su un giornale non vengono pubblicate lettere anonime od apocrife.
Praticantati è il contrario: mantiene salda la propria libertà di pensiero e di parola, sbandierandola nero su bianco su queste pagine,
nonostante alcuni (fortunatamente pochi, pochissimi, forse non più
di quattro…) vorrebbero farne una pubblicazione di “regime”,
anche sparando a zero contro tutti e talvolta nascondendo la propria faccia o mitragliando la redazione con proiettili di gomma
nascosti dietro allo schermo del proprio computer.
La “censura” che ci viene imputata non è perciò argomento di
nostra conoscenza, ma crediamo che nell’ottica di dare un servizio ordinato con una certa logica e strutturato sulla base di informare oggettivamente piuttosto che orientare politicamente, vada
n° 6 anno XII
il maggiore potere che si è autoassunto il caporedattore Silvio.
Potere di censurare, di dire "no, questo articolo, questa frase non
vanno bene, cambiali o non pubblico l'articolo".
Vi elenco ora le censure apportate o solo tentate sugli articoli che
ho scritto a partire da settembre: eliminazione del testo della canzone "Il mio migliore inganno" del gruppo rap Assalti Frontali
(parlava in modo forte, "quattro milioni di bambini sono sulle
mine, ma fa niente cerca un po' di essere civile", della strumentalizzazione americana del terrorismo talebano), discussione con
Silvio sul fatto di riportare o no che la band punk C.C.C.P. fingesse di essere pro-U.R.S.S., cambiamento della parola "fascisti" in
"esponenti dell'estrema destra" (che fa più dolce) e varie discussioni sul rendere innocenti alcuni termini dell'articolo che invitava a
interessarsi di politica. In più, le censure e i cambiamenti mi sono
sempre stati comunicati pochi giorni prima dell'uscita del giornalino, in modo che, se anche avessi protestato, ero costretto a stare
zitto perchè "ormai le copie sono in stampa" oppure "cambialo, lo
pubblichiamo sul prossimo".
Penso che questo modo di operare sia stato causato dalle aspettative di cui Silvio e Martina hanno caricato questo giornalino. Ora
sapete a che prezzo. Vi sembra giusto sacrificare i colori di diverse
opinioni per il successo? Vi sembra giusto considerare un'opinione
un virus in mezzo a un ingranaggio perfetto? Da dove nasce questo
atteggiamento, se non dalla paura di dover affrontare le critiche dei
lettori e non venir incontro a una società che vuole noi giovani
come persone neutre, sempre soddisfatte e felici, perse dietro a
sogni di plastica, prive di qualsivoglia opinione critica? Mi piacerebbe molto vedere un giornalino in cui gli articoli non debbano
passare attraverso il filtro dei caporedattori (se non, ovviamente,
per correzioni e impaginazione), un giornalino che assomigli più a
un mare che a un deserto.
mediata la pubblicazione di alcuni scritti – di carattere non politico, ma partitico, ovvero di schieramento e contrapposizione – che
svolgerebbero l’unica funzione di scatenare rabbie e polemiche,
instillando ulteriormente sentimenti di odio sociale, creando conflitto in un paese dove già ce ne è abbastanza, e dando una visione
distorta di ciò che rappresenta il pensiero complessivo di noi studenti del Prati.
Pensiamo inoltre che la pubblicazione di articoli di questo carattere possa determinare l’insorgere di attacchi politici non solo nei
confronti della redazione, cosa che purtroppo è già successa da
entrambe le direzioni allorquando si è parlato di politica internazionale con un taglio opinionistico, ma anche verso la globalità
degli studenti del Prati e di tutto il comparto studentesco trentino.
Nonostante ciò, dal momento che la nostra posizione personale è
volta al rifiuto categorico di tutti i totalitarismi, le sopraffazioni e
le prevaricazioni, non abbiamo alcun problema a pubblicare anche questo genere di scritti, ma non vogliamo che la nostra redazione sia foriera di un qualsiasi orientamento politico. Quindi, per
una questione di equità, nei casi specifici abbiamo deciso di non
tagliare assolutamente nulla per dare libero corso anche alle opinioni più… “estreme”, purché rispettose della dignità altrui e non
tendenziosamente illegali, inserendo un articolo di “controparte”.
Ma per carità: probabilmente se si fossero proposti altri caporedattori, avrebbero potuto scegliere di realizzare un giornalino che
trattasse esclusivamente di politica e di una sola e determinata
fazione, e chissà che successo avrebbe avuto! Forse, infatti, gli
studenti del Prati potrebbero essere portati ad interessarsi esclusivamente di politica nella loro vita (a differenza della maggior
parte dei politici “professionisti”, che ci sembra abbiano anche
altre… per così definirle, passioni), ed a seguire solo una determinata parte politica (e nessun’altra!). Questa ipotetica situazione ci
ricorda tanto la storia di un tale che, pur non conoscendo la diffe-
PRATICANTATI 37
renza tra carburante e carburatore, non potendo comprare riviste
moderatamente “sexy” per poter saziare le sue passioni più nascoste senza svelarsi ai suoi genitori particolarmente bacchettoni,
comprava giornali specializzati in automobilismo, solamente per
il bramoso piacere di concedersi l’osservazione di ragazze attraenti poco vestite, in pose stuzzicanti attorno a costose auto di lusso piuttosto che a piccole utilitarie, frastornato da dati tecnici che
non
gl’interessavano
minimamente
(velocitamassimapotenzaespressaincavalli-ripresa-consumo-numeropostiasedereprezzo). Ma questa è un’altra storia… magari verrà trattata nei
prossimi numeri (sempre che esista qualche redattore che abbia la
povertà intellettuale di scrivere su argomenti diversi dalla politica
di regime, e sempre che esista qualche lettore Prataiolo a cui non
interessi solo ed esclusivamente la stessa politica di regime, ovvero un povero lobotomizzato).
Scusate l’ironia (pensiamo che nella vita sia necessario anche
sdrammatizzare le situazioni più “hot”, magari con un sorriso…),
ma senza voler insegnare niente (pensiamo anche che per ora nessuno di noi se lo possa permettere), riteniamo che un articolo di
informazione non debba essere personalizzato come invece può
accadere con un tema scolastico, realizzato in virtù della valutazione personale dello studente da parte dell’insegnante; al contrario, crediamo necessiti di un redattore super partes che si rivolga
ad un pubblico il più generale possibile, individuandolo in una
direttrice di appartenenza, anche ideologica, che nel nostro caso è
composta (quasi) esclusivamente da studenti del Prati: donne e
uomini, di sinistra, di destra o a cui non importa niente di politica,
appassionati di viaggi, sport, letteratura, cinema, arte, amanti del
noto e dell’ignoto, eterosessuali ed omosessuali, bianchi e neri,
confessionali ed atei, coraggiosi e paurosi, sinceri ed ipocriti, belli
e brutti, e via dicendo…
Vorremmo dare, assieme a tutti i redattori del nostro giornalino,
uno spaccato della nostra vita studentesca appassionato, creativo,
positivo, quello che emerge dai nostri sogni, dalle nostre esperienze e dalla nostra vita, con l’auspicio di poterci migliorare; niente
“plastica”!
Ci spiacerebbe, invece, gettare le basi per il conflitto politico o
sociale proprio nella nostra piccola ma molto importante realtà,
quando basta dare un’occhiata al di fuori di casa nostra per essere
inghiottiti dall’acrimonia del triste conflitto politico che divide gli
italiani, in particolare fra berlusconiani e non (in tempi remoti era
fra destra e sinistra), fra filo statunitensi ed anticapitalisti, mediorientali ed occidentali, cattolici e musulmani. Non partecipiamo a
questo vile ricatto! La gente, noi in particolare, ha molto più da
dare, e pensiamo che sia molto più importante seminare qualcosa
che ci unisce, piuttosto di qualcosa che ci divide. Meglio creare,
piuttosto che distruggere.
Noi siamo completamente d’accordo con quello che afferma Davide “In una nazione democratica … non è certamente normale …
che qualcuno abbia paura di gridare la sua, di farsi sentire e di
difendere la propria idea con le unghie e con i denti…”, infatti
riteniamo che la scelta di una controparte, spiacevolmente definita
“forzata”, sia stata la scelta più democratica possibile, poiché consente al lettore di sviluppare un’idea autonoma, ragionata con il
proprio intelletto, sulla base innanzitutto di fatti reali storicamente
dimostrabili (altrimenti si tratterebbe solo di supposizioni prive di
fondamento), accompagnata da almeno due punti di vista opinionistici opposti. In questo modo il lettore ha la possibilità di avere
un’ampia e chiara opinione delle vicende, dalla quale trarre la propria, esclusiva e personale idea dei fatti.
Proprio Davide scrive che “il lettore,… sembra abbia perso la sua
capacità critica…”: noi, che indirizziamo i nostri scritti ad un
pubblico eterogeneo e – nella nostra piccola realtà studentesca
trentina – il più vasto possibile, ci domandiamo come possa un
lettore avere un’opinione non conoscendo come realmente sono
andati i fatti, conoscendo non una, ma entrambe le facce della
38 PRATICANTATI
medaglia. E questo è subito dimostrato dal fatto che Francesca,
nella sua lettera, abbia scritto: “ho letto l’articolo di Leveghi su
Obama. Non avrei mai pensato che un semplice articolo su Praticantati potesse farmi notare particolari su cui mai mi ero soffermata prima. Sono andata quindi ad informarmi…”. L’esempio di
Francesca mostra alcuni dei numerosi argomenti su cui stiamo
disquisendo: pur essendo un argomento molto trattato, anche se
solo in un giornalino scolastico (speriamo che questo inciso sia
condiviso da poche persone, pochissime, forse non più di quattro…) questo tema non era conosciuto in tutte le sue sfaccettature;
essendo stato l’unico articolo a non avere una controparte (grave
errore da parte nostra, essendo stati i primi mesi della rivoluzione
della nostra rivista), la lettrice per confermare la sua tesi ha dovuto verificare ed informarsi altrove; abbiamo sopperito a questa
lacuna nel numero successivo.
Infine, come viene contestato da Angelo, anche la toporubrica
“Zoom” ha blandamente informato e dato voce ad alcuni aspetti
ed argomenti sconosciuti anche a dei giovani intellettuali come
noi.
Anche da pezzi non veramente impegnati si può trarre qualche
conoscenza, o se non altro un sorriso che non ci sembra possa
causare danni a nessun lettore.
Queste, a dispetto di quello che pare a Davide, sono delle scelte
tutt’altro che inverosimili o irrealizzabili, anche solamente per il
motivo che è ciò che abbiamo fatto dal secondo numero in poi.
Inoltre, per rispondere alle critiche posteci da Angelo dobbiamo
innanzitutto dire che si sbaglia: la lettera giunta sull’e-mail della
redazione era effettivamente anonima (di tutto ciò che viene citato
è conservata la fonte di prova), e, l’etica giornalistica impone
proprio di non pubblicare su una rotocalco di qualsiasi genere
autorizzato dal Tribunale, una lettera senza firma.
Un’altra notizia errata riportata da Angelo è relativa al fatto che
non sia stato pubblicato nello scorso numero un articolo di Davide
Leveghi, perchè “giudicato poco costruttivo per un giornale scolastico in continuo sviluppo”: semplicemente l’articolo ci è pervenuto troppo in ritardo per essere visionato ed inserito nella pubblicazione, trattandosi di un argomento particolarmente spinoso, in
quanto approfondiva alcuni problemi riguardanti la Libia, ed era
ormai quasi completata la messa in opera della bozza per la stampa. Tutto qua. Troppo banale, troppo poco arzigogolato, un po’ da
lobotomizzati? Purtroppo è la triste, insignificante, genuina, cristallina e ridicola verità, non uno degl’irrisolti dilemmi della vita
su cui scrivere trattati sociologici. Sic et simpliciter!
Riteniamo inoltre vi sia una carenza di spirito di osservazione
nell’affermare che esista …un quasi totale disinteresse per i testi
“creativi” in senso lato…: non diciamo infatti che le rubriche di
poesie, racconti, discussioni filosofico-artistiche o altro abbiano
più spazio di quelle riservate all’informazione scolastica o di tutto
quello che ci sta attorno, ma che queste vengono pubblicate
nell’ottica gestionale dell’equilibrio e della proporzione, occupando spazi appositamente calibrati per la specifica esigenza editoriale e soprattutto avendo una pari dignità, importanza e valore. Inoltre, il tutto dipende anche dalla quantità di testi proposti. Saremo
più che lieti di accogliere pezzi creativi, quando ne arriveranno in
redazione.
Ma poi ci viene anche contestato che diamo troppo poco spazio
proprio alle rubriche di altro genere, di informazione; questo va
solo ad avvalorare la nostra tesi: tutti desiderano approfondimenti,
notizie e curiosità differenti una dall’altra. Allora opponiamo il
nostro no alla realizzazione di un giornalino studentesco di regime politico; ma va bene così… pensate se i nostri detrattori, anziché essere appassionati di politica orientata, fossero appassionati
di tassodermia o di radiatoristica termoidraulica… sarebbe terribile rapportarsi con loro!
La redazione di Praticantati sviluppa gl’interessi specifici e generali di tutti i tipi, soddisfacendo le richieste di approfondimento
Aprile 2010
pervenute dalla maggior parte dei nostri lettori. E confessiamo che
l’aspettativa, la speranza, è che chi legge con interesse articoli solo
su un determinato argomento, almeno una volta ogni tanto si avvicini a tematiche diverse, magari solo per il piacere di leggere il suo
giornalino.
Infine, rispondendo alle imputazioni di Angelo, non troviamo
affatto negativo essere politicamente corretti. Non lo consideriamo
affatto un comportamento tristemente buonista, anzi, rivendichiamo a gran voce la nostra scelta di essere politicamente corretti,
eticamente corretti, socialmente corretti! Perché solo una persona
corretta può esprimere le proprie idee ed opinioni con intelligenza
e dignità, senza ipocrisie ed isterismi, senza farsi sopraffare da
vocianti e benpensanti maestrine riunite in comitato.
Ed ora, ahimè, un’autocritica. E’ tristissimo, sconfortante, ma
purtroppo non abbiamo il dono della conoscenza e della saggezza
come alcuni eletti ipercefalici (non siamo riusciti a trovare un termine migliore per indicare il contrario di lobotomizzato), da riuscire ad indicare il verbo, la retta via da seguire e il giusto modo di
pensare. Miseramente, i nostri ideali – peraltro di risibile livello –
sono quelli che abbiamo elencato annaspando nella tortuosa nefandezza del deserto culturale in cui, barcamenandoci da tempo, stiamo sopravvivendo. Ma questi nostri ideali sono saldi, fondati su
un principio assolutamente democratico e nel pieno rispetto dei
nostri lettori e di tutte le persone che bene o male, attivamente o
passivamente, partecipano alla crescita di Praticantati, degli studenti del Prati, dei giovani di oggi.
Ed ora analizziamo le bordate lanciateci da Riccardo. Innanzitutto
precisiamo che tutte le decisioni prese per il giornalino sono state
affrontate, discusse e scelte con entrambi i capiredattori: il
“maggiore potere” (mah…) di cui parla il nostro redattore c’è
sempre stato, non è mai stato “autoassunto” da nessuno, è semplicemente tra i compiti di un caporedattore e, a quanto pare (non ce
ne siamo resi conto, ma pare sia così…), quest’anno ne abbiamo
fatto ricorso per le già spiegate ragioni di dare un ordine logico di
leggibilità e correttezza al nostro giornalino. Per correzioni e impaginazione c’è bisogno di un computer, non di due persone; forse
l’estensore della lettera di critica si riferiva ad un blog informatico,
ovvero un recipiente virtuale dove vengono autonomamente inseriti e commentati degli scritti. E forse sembrerà una cosa assurda
ma il ruolo del caporedattore è proprio quello di dire (ancora una
volta citiamo testualmente):"no, questo articolo, questa frase non
vanno bene, cambiali o non pubblico l'articolo". Per dovere di
cronaca informiamo che tale situazione si è verificata due volte da
quando siamo alla capo redazione di Praticantati, sicuramente non
in questi termini di perentorietà ma proponendo consensualmente
una mediazione per evitare di riportare infondate ed imbarazzanti
illazioni! È nel nostro migliore interesse venire incontro ai membri
della redazione, e abbiamo sempre agito all’insegna di questo proposito.
Fra l’altro, ci permettiamo di ricordare che non tutto ciò che si
scarica da internet è oro colato, e che per ogni sacrosanta verità
che viene urlata a dritta e a manca, un’altrettanta sacrosanta verità
opposta e contraria viene sbandierata nelle stesse direzioni!
Ed ora perdonateci, ma non nascondiamo che abbiamo ancora
male alla schiena per la coltellata: l’affermazione “i cambiamenti
mi sono sempre stati comunicati pochi giorni prima dell'uscita del
giornalino, in modo che, se anche avessi protestato, ero costretto
a stare zitto perchè "ormai le copie sono in stampa", ci ha rattristato ed amareggiato parecchio: infatti in tutto quest’anno, sotto la
nostra supervisione, non sono mai state pronunciate queste parole.
Certo, nessuno nega di aver differito la pubblicazione di un articolo o proposto di cambiare qualche frase (ben spiegando le motivazioni poc’anzi riportate), il che è il giusto dovere di ogni caporedattore, in qualunque redazione di qualunque giornale, scolastico o
nazionale che sia, ma non abbiamo mai pubblicato qualcosa senza
il consenso dell’autore o corretto noi stessi il suo scritto!
n° 6 anno XII
Ed ora, come Riccardo ha gentilmente fatto, elencheremo il perché delle correzioni richieste nei suoi lavori, secondo la scelta di
neutralità politica decisa per Praticantati.
L’eliminazione del testo della canzone "Il mio migliore inganno"
del gruppo rap Assalti Frontali, essendo stato considerato di minor rilievo anche dallo stesso autore dell’articolo, è derivata dalla
mancanza di spazio.
Ci fischiano già le orecchie… Sembra di sentire: “Questa se la
potevano risparmiare!” “Tsk! Ridicola spiegazione!” e via dicendo. Ci spiace, ma invece è proprio così. Delusi? Il numero di pagine del giornalino è concordato da un contratto commerciale al
quale la direzione del nostro Istituto si deve attenere, così come la
colorazione dell’inchiostro, il numero di copie e numerosi altri
parametri noiosissimi e per niente interessanti, ma che rappresentano paletti inamovibili per chi il giornalino lo “fa vivere”. Intendiamoci, niente di drammatico, nemmeno per un lobotomizzato…
Anzi, so che qualcuno penserà di spararci, ma riteniamo che
l’esperienza di partecipare alla redazione di Praticantati sia
un’autentica emozione, oltre che un esercizio estremamente formativo (anche se, a quanto pare, non proprio per tutti…).
Inoltre, ci sembra francamente che, per quanto riguarda la discussione con Silvio sul fatto di riportare o no che la band punk
C.C.C.P. fingesse di essere pro-U.R.S.S., ciò è ugualmente trapelato dalla lettura dei vari elementi del testo e dal suo filo conduttore: non capiamo quale sia il problema (non si può pretendere troppo…) e sembra quasi che la critica sia strumentale a qualcos’altro
(per carità, non diteci però a cosa perché non ci interessa!).
Il cambiamento della parola "fascisti" in "esponenti dell'estrema
destra" non è stato dovuto al fatto che fa più dolce, ma solamente
perché il concetto che il redattore stava esprimendo era inserito in
una situazione di contemporaneità ed in un chiasmo di partiti politici attualmente esistenti; dal momento che il termine “fascisti” è
riferito a soggetti esponenti di un partito politico non più esistente
da qualche anno (la maggior parte dei nostri genitori non era ancora nata quando già questa formazione politica è stata abolita) e
che apologizzare questo concetto è perfino previsto come reato
dalla nostra legislazione, è stato fatto il citato suggerimento a Riccardo.
Ci chiediamo inoltre se, come ci viene imputato, abbiamo effettivamente caricato di aspettative questo giornalino. Eccome se lo
abbiamo fatto! Si, e ne siamo più che felici! Ne siamo fieri! Perché le nostre aspettative le stiamo raggiungendo! In quest’ultimo
anno un sempre maggior numero di persone si è avvicinato alla
nostra rivista: lettori prataioli e non, nuovi giovani, intraprendenti
redattori e vecchie penne liceali; abbiamo conosciuto e fatto conoscere, intervistandoli, personaggi di primo piano nella nostra società, cercando di dare voce alle domande di noi studenti e di avvantaggiarci per il nostro futuro; siamo riusciti a farci conoscere
anche fuori dalle mura del Prati, iniziando a far sentire al mondo
la nostra voce, i nostri ideali e tutte le cose che anche i ragazzi, e
soprattutto i Prataioli, possono fare nel mondo, per il mondo, alla
faccia di chi dice che le nuove generazioni non sono in grado di
assumersi responsabilità per il futuro! Pensate sia blasfemia? Noi
non crediamo! I prataioli non ci sono per pettinare le bambole (di
plastica)!
E quindi, sulla scia finale di questo nostro pezzo, ringraziamo
Davide, Angelo, Francesca e Riccardo per aver reso partecipi i
lettori di Praticantati con le loro lettere. Poiché c’è stato l’articolo
(gli articoli) e la controparte, non volendo farne un tema trainante
di questo giornalino, trattandosi solamente di sterili chiacchiere, ci
siamo sentiti in dovere di rispondere, promettendovi che la questione è chiusa. Speriamo di non avervi annoiato troppo e di essere stati esaurienti nel rispondervi.
I caporedattori di Praticantati
Martina Folena & Silvio Defant
PRATICANTATI 39
messaggeria
di
PRATICANTATI
Scoperta del secolo. Uomaccione della 3 c che
Thomas: l’acqua si di- scuoti le macchinette del
spone a seconda della 1° piano, sei bellissimo!
forza di gravità. Bravo! P.S. Devi uscirne! By la tua
Mattia 3^C, perché
non esci dalla tua tana??? Vorrei vederti più
spesso sui corridoi a
ricreazione. M.
Giù le mani dal mio
omaccione! ♥
Briochesina 64
Sofia C…. Sei diventata la
mia ossessione… quando ti
vedo passare in corridoio mi
sento morire. Ti desidero! Anonimo Infatuato
Un elefante si dondolava su il filo di
una ragnatela, trovando il gioco molto Mosna di
interessante ando a chiamare un altro 3^C, senza
elefante (Cice, Joe e Giù vi voglio barba 6 + bello… cs sembri
tanto bene!) Nina
W le pance
disegnabili!
Cice tesoro mio, sono molto felice che tu stia con Ust… Ma aΈνρικω
desso mi sorge spontanea una
φρέαρ!
domanda: quando mi fai divenTraducete!
tare zia?! XD by Joe
Nobu we love you! By
Nana & Shin ♥
I ♥ Giorgia’
s badiglie!
Alessandro, “EmOLoRd” 3^C, il tuo piercing è da duro, ma
la tua camminata rivela un animo un po’ dark. Mi hai colpita, sai? Ti ho visto dal dentista e mi hai rapita. Guardati intorno con quegli occhi BLU ♥ By “Rotolina alata”
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40 PRATICANTATI
Questa
scuola cade
a pezzi!
Help!!!
Ah!
vekkio! Infatuata IV C
Tu, donna dissoluta, non riuscirai mai a rubarmi il Loris!! Kyahiii! (urlo di
battaglia)
I’m a Gipsy!
Fa fiiiiigo!!! Non militia sed malitia!
X dove c’è Lucio c’è casa:
Cercasi testa di cavallo già
MANIFESTAR- mozzata da mettere nel letto
SI!!
di Marcello...
Era divertente…
inizia ad essere
Gianluca del 1°piano, vorrei posainquietante…
re per le tue foto, metti più spesso la camicia a quadri… con quelle
Sebafattone, spalle…!! Tua, Primina Stregata
Carlygnocca,
Pietropollo!
Riccardo II C sei
carinissimo...
E non ci lasceremo maiiii! :)
Siri ti amo! :)
Alla raga di 3 C, quanti biglietti per il Retrò devo comprarti perché tu mi noti?!?
Franz I B
PRATICANTATI
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Aprile 2010