2-Report Survey APCO 2015 sui Consulenti
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2-Report Survey APCO 2015 sui Consulenti
RICERCA SULLA CONSULENZA IN ITALIA 2015 promossa da APCO Report Con i contributi di: - Carlo Baldassi, CMC - Vladimiro Barocco, CMC - Marco Zanon, socio aderente APCO Coordinamento: - Vladimiro Barocco, CMC Gestione dati ed elaborazioni: - Marco Zanon, socio aderente APCO Indice I motivi e gli obiettivi dell’indagine pag. 2 I risultati in sintesi pag. 3 L’indagine: struttura e tempistica pag. 4 L’identikit del consulente Età anagrafica Genere Anno di inizio attività Motivazioni alla consulenza Altre informazioni pag. 6 pag. 8 pag. 9 pag. 10 pag. 12 Attività professionale, compensi e tipologia di clientela I committenti Aree professionali proposte Il mercato geografico di riferimento Compensi e tariffe pag. pag. pag. pag. Opportunità e minacce per la consulenza La crisi economica nell’esperienza dei consulenti Come anticipare la concorrenza pag. 26 pag. 28 Professioniste donna e consulenza Opportunità e riconoscimento professionali Professione e impegni famigliari pag. 30 pag. 32 Operatività, promozione e aggiornamento professionale Il “tempo lavoro” La promozione L’aggiornamento professionale pag. 34 pag. 36 pag. 37 Normative e etica Le recenti normative L’etica professionale pag. 39 pag. 40 Consulenti, associazionismo e APCO La propensione all’associazionismo APCO in particolare pag. 42 pag. 44 1 16 17 18 19 I motivi e gli obiettivi dell’indagine Il mondo in generale sta cambiando ad una velocità forse superiore rispetto ai decenni precedenti e anche le realtà produttive, economiche e professionali stanno affrontando nuovi problemi con nuovi strumenti e nuovi metodi. La consulenza di direzione in Italia è chiamata a capire questo cambiamento, ma soprattutto è chiamata a capirsi e a mettere in discussione quei modelli che ne avevano permesso lo sviluppo negli anni precedenti. APCO da sempre si pone come associazione di riferimento del consulente di direzione in Italia e in un certo senso sente in sé la responsabilità e il dovere di interpretare i nuovi interrogativi che il mercato pone alla consulenza. L’indagine quindi è stata pensata dalla nuova presidenza APCO e dal nuovo consiglio direttivo come un momento di riflessione volto a dare sì risposte ad alcuni interrogativi che riguardano la professione, ma utile soprattutto a individuare nuove domande che il consulente deve porsi per migliorarsi e rinnovare la sua sfida professionale. Già l’indagine del 2006 aveva rappresentato un importante momento di riflessione per l’associazione e aveva messo in evidenza quali elementi avrebbero potuto indebolirla o rafforzarla. A nove anni di distanza torna l’esigenza di un’autoanalisi che APCO fa per sé ma che estende anche ai non iscritti, cercando di fare chiarezza in primis: sulle peculiarità del consulente di direzione in Italia; con che aziende lavora, cosa offre loro e quale reddito ottiene; cosa minaccia il consulente e chi è il suo concorrente principale; quanto e come la crisi economica ha influenzato l’attività del consulente; quanto lavora, come lavora e come si aggiorna professionalmente; come sta accogliendo le novità legate in particolare alla recente importante legge 4/2013. Oltre a questo l’indagine è volta a cogliere indicazioni su: come sia vissuta la professione dal punto di vista delle donne consulenti; come la consulenza stia affrontando il problema dell’etica professionale; quali margini vi siano per fare crescere la propensione all’associazionismo, quello di APCO in particolare. 2 I risultati in sintesi L’indagine è stata condotta su una base di 420 intervistati, il 23% dei 1.831 consulenti che hanno ricevuto il questionario; l’identikit del consulente di direzione è quello di un professionista non giovane e uomo; oltre il 60% degli intervistati ha più di 50 anni, i consulenti con più di 60 anni sono tre volte più numerosi rispetto agli under 40. Le consulenti donna rappresentano il 17%; ha un elevato grado di istruzione: 8 su 10 indicano di aver conseguito almeno la laurea, mentre il 15% indica di aver conseguito anche un master; sempre 8 su 10 indicano di essere in grado di condurre una consulenza in lingua straniera; opera in prevalenza da solo come libero professionista o free lance; nella maggior parte dei casi è un ex manager o un ex dirigente d’azienda che ha scelto di intraprendere la professione di consulente per un desiderio di autonomia e libertà professionale anche se dopo il 2005 è cresciuto il numero di chi ha intrapreso la professione perché uscito dall’azienda non ha trovato in altre aziende opportunità in linea con la propria professionalità. Tra le donne è alta la quota di chi ha optato per la professione a seguito di una proposta ricevuta da una società di consulenza; il consulente lavora soprattutto con PMI con più di 10 dipendenti e fino a 10 milioni di Euro di fatturato, ma le aziende con cui guadagna di più sono le grandi aziende con più di 50 milioni di Euro di fatturato. Propone soprattutto consulenza di general management; opera soprattutto nel Nord Italia e sviluppa la maggior parte della sua attività in ambito regionale o comunque locale; è pari al 15,7% la percentuale di consulenti che lavorano, anche in minima parte, con aziende estere; quella del consulente non può dirsi una professione ricca visto che solo 4 intervistati su 10 dichiarano compensi imponibili superiori ai 60.000 €/annui e 3 su 10 inferiori ai 40.000 €/annui. Nel caso di compenso calcolato a giornata 4 intervistati su 10 indicano di percepire compensi compresi nel range 500 - 800 €; i consulenti APCO vantano compensi a giornata più ricchi rispetto ai colleghi non APCO; nel confronto con il 2008, anno di inizio della crisi, sono in proporzione più coloro che hanno visto diminuire i loro fatturati di chi li ha visti incrementare; per gli interventi di consulenza ai committenti viene proposto in prevalenza un compenso a progetto, come pure nell’attività di selezione del personale; nella formazione viene preferito il compenso a giornata. Una minima parte dei consulenti utilizza il modello di proposta previsto dalla norma UNI; per molti consulenti l’attuale difficoltà di mercato rappresenta un’opportunità da cogliere, soprattutto perché è in atto una riduzione di consulenti poco qualificati e sta inducendo le aziende ad aprirsi a nuove sfide in cui il consulente può dare un contributo importante; anche se è un dato di fatto che la professione di consulente è appannaggio soprattutto degli uomini, e che le difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia sono a carico soprattutto delle donne, queste ultime non sembrano sentirsi discriminate o penalizzate nel confronto con i colleghi uomini nello svolgere la professione di consulente e tanto meno ritengono che APCO debba istituzionalizzare qualche iniziativa per tutelare la loro professionalità o la loro competenza. il consulente si vive come stacanovista; lavora tanto e lascia in proporzione poco tempo all’aggiornamento e alla promozione; la legge 4/2013 sul riconoscimento delle professioni non ordinistiche non ha portato al momento grandi cambiamenti a livello pratico per il consulente; molti consulenti percepiscono vi sia stata nel corso degli ultimi anni una diminuzione del rispetto dell’etica professionale; in occasione di questa indagine 234 intervistati hanno dichiarato di aderire ad APCO, pari al 55,7%; APCO risulta essere associazione nota ed è ritenuta importante e utile per fare network e poter usufruire della certificazione CMC/ICMCI, ma soffre di scarso appeal nei confronti di potenziali nuovi aderenti. 3 L’indagine: struttura e tempistica l’indagine è stata condotta sulla base di un questionario composto da 48 domande chiuse ed aperte; il questionario è stato realizzato sulla base dei temi affrontati nel corso dell’indagine del 2006, con sostanziose aggiunte di argomenti e temi visto che alla fine le domande sono state più del doppio rispetto alla precedente indagine; una volta visionato e approvato dal consiglio direttivo APCO, il questionario è stato testato su una decina di soci per avere una conferma soprattutto della funzionalità dei sistemi di rilevazione utilizzati; la conduzione è stata frutto della combinazione operativa di due software, Surveymonkey utile per la strutturazione del questionario e la raccolta delle risposte e Mailchimp per la spedizione del questionario e l’analisi della redemption; le spedizioni nel complesso sono state 5, tra il 22 gennaio e il 27 febbraio; operativamente l’indagine si è quindi svolta nell’arco di 5 settimane; il questionario è stato spedito in totale a 2.011 indirizzi email ottenuti dall’unione di 3 database distinti: 1. elenco soci definitivi con 409 nominativi (puliti da indirizzi doppi e inesatti); 2. elenco soci simpatizzanti di 912 nominativi (puliti da indirizzi doppi e inesatti); 3. elenco soci simpatizzanti bis con 690 nominativi; I primi due elenchi sono stati forniti dalla segreteria APCO; il terzo è stato frutto dell’unione degli indirizzi forniti dai delegati regionali qualche giorno prima della spedizione dell’indagine e di quelli presenti in un terzo elenco che la segreteria aveva messo a disposizione (elenco simpatizzanti restanti) ma di cui si è resa necessaria una severa scrematura, poiché tali indirizzi, generici, imprecisi e datati, venivano rifiutati dal software perché avrebbero potuto far confondere l’indagine con un’azione di spam; all’azione di pulizia realizzata “a tavolino” prima della spedizione è seguita quella post spedizione realizzata automaticamente dall’azione dei software che ha ridotto a 1.831 i nominativi utili poiché 180 indirizzi, pur corretti, si sono rivelati non più attivi1; nel complesso hanno risposto 420 persone con una redemption pari al 23%; 1 Oltre a questi, altri 15 intervistati hanno chiesto di essere cancellati dalla mailing list 4 L’identikit del consulente 5 Età anagrafica Quella del consulente non è una professione esercitata da giovani. L’indagine evidenzia che la maggior parte degli intervistati dichiara di avere tra i 50 e i 60 anni (36,2%) e che i consulenti con più di 60 anni sono tre volte più numerosi rispetto agli under 40; isolando le risposte dei consulenti che hanno dichiarato di aderire ad APCO emerge come la percentuale dei rispondenti tra i 50 e i 60 anni e con più di 60 anni sia ancora superiore; Età anagrafica dai 40 ai 50 anni 30,2% Fino a 40 anni 8,3% più di 60 anni 25,2% dai 50 ai 60 anni 36,2% Età anagrafica Apco dai 40 ai 50 anni 26,9% Fino a 40 anni 7,3% dai 50 ai 60 anni 36,8% più di 60 anni 29,1% 6 approfondendo ancora l’analisi relativa all’età anagrafica e separando le risposte anche per genere emerge come le consulenti donna siano nel complesso più giovani rispetto agli uomini; in particolare, le consulenti donna non aderenti ad APCO sono più giovani di quelle che invece vi aderiscono anche se questa informazione va valutata con cautela vista l’esigua numerosità di questo campione: 33 intervistate aderenti ad APCO e 39 intervistate non aderenti ad APCO. 70% Età anagrafica fino a 40 anni dai 50 ai 60 anni 60% (Apco, non Apco, uomini, donne) dai 40 ai 50 anni più di 60 anni 48,7% 48,5% 50% 40% 38,8% 37,3% 31,8% 23,4% 30% 33,3% 30,6% 24,5% 23,1% 23,1% 20% 12,1% 10% 7,5% 6,1% 6,1% 5,1% 0% Apco Uomini Non Apco Uomini Apco Donne 7 Non Apco Donne Genere Il consulente è ancora in prevalenza uomo. L’indagine evidenzia infatti che la base di chi ha risposto all’indagine è rappresentata per l’82,9% da uomini e per il 17,1% da donne; la percentuale di donne aumenta, arrivando al 21%, tra i consulenti non associati ad APCO. Genere Uomo 82,9% Donna 17,1% Genere risposte non Apco Uomo 79,0% Donna 21,0% 8 Anno di inizio attività La maggior parte degli intervistati, pari al 34% dichiara di aver iniziato l’attività di consulenza prima del 1995; le risposte sembrano indicare una crisi, per così dire, delle ”vocazioni” tra il 2000 e il 2005 riprese poi dopo il 2005; isolando le risposte di chi ha dichiarato di non aderire ad APCO, emerge come vi sia una maggiore percentuale di questi ultimi ad aver iniziato l’attività consulenziale dopo il 2005. 60% Anno inizio attività 40% 34,0% 27,6% 23,8% 20% 14,5% 0% Prima del 1995 Tra il 1995 e il 2000 Tra il 2000 e il 2005 Dopo il 2005 60% Apco Anno inizio attività Non Apco 41,5% 40% 34,9% 24,7% 25,2% 22,0% 21,8% 18,3% 20% 11,5% 0% Prima del 1995 Tra il 1995 e il 2000 9 Tra il 2000 e il 2005 Dopo il 2005 Motivazioni alla consulenza L’attività di consulente è legata soprattutto al desiderio di autonomia e libertà professionale, infatti quasi il 70% dei rispondenti ha optato per le risposte “il desiderio di un’attività senza schemi aziendali” o di “affermazione come libero professionista”; per coloro che hanno iniziato l’attività dopo il 2005, si innalza la percentuale di chi sostiene di avere avviato l’attività di consulente perché uscito dall’azienda “non ha trovato impieghi in linea con le proprie competenze”; per molte consulenti donna la scelta della consulenza come professione è venuta come risposta ad una proposta diretta da parte di una società. Motivazione che ha indotto alla consulenza No n ho tro vato altri impieghi in linea co n le mie co mpetenze 8,6% Il desiderio di un'attività senza schemi aziendali 35,2% P er affermarmi co me libero pro fessio nista 32,9% P ro po sto da una so cietà di co nsulenza 15,2% P er lavo rare do po il pensio namento 2,1% 6,0% A ltro 0% Non ho trovato altri impieghi in linea con le mie competenze 10% 1,4% 4,0% 20% 30% Motivazione che ha indotto alla consulenza 8,2% 21,6% 35,7% Il desiderio di un'attività senza schemi aziendali 41,0% 23,3% Proposto da una società di consulenza 8,6% 15,0% 16,4% 20,3% Prima del 1995 0,7% Per lavorare dopo il 2,0% 0,0% pensionamento 0% 45,0% 34,3% 28,0% 31,1% 36,2% Per affermarmi come libero professionista Altro 40% Tra il 1995 e il 2000 5,2% 7,7% 6,0% 3,3% 5,2% Tra il 2000 e il 2005 Dopo il 2005 10% 20% 10 30% 40% 50% Non ho trovato altri impieghi in linea con le mie competenze Motivazione che ha indotto alla consulenza 9,5% 4,2% 35,1% 36,1% Il desiderio di un'attività senza schemi aziendali 35,6% Per affermarmi come libero professionista 19,4% 12,4% Proposto da una società di consulenza Per lavorare dopo il pensionamento 29,2% 2,0% 2,8% Uomo Donna 5,5% Altro 8,3% 0% 10% 20% 11 30% 40% Altre informazioni La maggior parte dei consulenti intervistati indica di avere una laurea vecchio ordinamento; un quinto degli intervistati indica di avere un diploma di scuola media superiore; il 15% del campione possiede anche un master; in prevalenza l’attività degli intervistati trova sede nei centri con più di 250.000 abitanti, ma anche i consulenti che operano nei centri minori registrano una percentuale importante; questo fatto può essere d’impulso ad una maggiore spinta allo sviluppo delle delegazioni sul territorio; quasi l’80% degli intervistati indica di essere in grado di sostenere una consulenza in lingua straniera, prevalentemente l’inglese; nella maggior parte dei casi il consulente è un ex manager (36,4%) o un ex dirigente (24,3%); la maggior parte dei rispondenti (47,1%) opera da solo o come one man company, mentre meno del 30% lavora per una società con più di 3 addetti; conduce la sua attività soprattutto come free lance/libero professionista (41,9%), o come titolare di studio di consulenza (37,1%); in questo caso emerge qualche differenza tra consulenti uomini e donne nel senso che queste ultime tendono a essere meno coinvolte nella proprietà o nella direzione dello studio. 60% 56,0% Titolo di studio 40% 21,7% 20% 15,2% 3,6% 3,6% Laurea triennale Laurea di specializzazione 0% Diploma superiore Laurea vecchio ordinamento Master universitario o accr. 60% Sede di lavoro: abitanti 42,4% 40% 28,6% 29,0% Fino a 50.000 abitanti Da 50.000 a 250.000 abitanti 20% 0% 12 Oltre 250.000 abitanti Lingue conosciute Nessuna 21,2% Inglese 73,3% Francese 29,3% Spagnolo 3,8% Tedesco 11,4% Altra 2,6% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 50% 40% 36,4% 30% 20% Attività precedente alla consulenza 24,3% 16,9% 14,0% 10% 6,7% 1,7% 0% Studente Manager o funzionario Dirigente Imprenditore P.A. N.ro collaboratori sino a 3 24,8% Da 4 a 10 14,5% Nessuno, sono solo 47,1% Più di 10 13,6% 13 Altro Forma professionale Titolare studio consulenza/prof ess. 37,1% Partner studio associato 8,6% Altro 6,2% Dipendente società/studio consulenza 6,2% Libero prof./free lance 41,9% In che forma conduce la sua attività di consulenza? 40,5% Libero pro f./free lance 48,6% 3,7% Dipendente so cietà/studio co nsulenza 18,1% 9,5% P artner studio asso ciato 4,2% 40,5% Tito lare studio co nsulenza/pro fess. 20,8% Uomo 5,7% 8,3% A ltro 0% 10% Donna 20% 14 30% 40% 50% 60% Attività professionale, compensi e tipologia di clientela 15 I committenti Sono soprattutto le PMI con più di 10 dipendenti e con fatturati sino a 10 milioni di € le aziende con cui i consulenti dichiarano di lavorare di più (68,1% degli intervistati); seguono le aziende dai 10 ai 50 milioni di € di fatturato/annuo con il 57,4% degli intervistati e quindi le microaziende con meno di 10 dipendenti, 48,3% degli intervistati; sono tuttavia le grandi aziende con più di 50 milioni di € di fatturato che, in proporzione, permettono al consulente di ottenere le commesse più remunerative, visto che i dati di media, moda e mediana relativi al peso del volume d’affari realizzato, sono tutti superiori rispetto a quelli degli altri gruppi di clienti. Il volume d'affari proviene da. . . 48,3% Aziende < 10 dip. 68,1% PMI > 10 dip. e sino a 10 milioni € 57,4% Aziende da 10 a 50 mil. € fatt. 39,8% Aziende > 50 mil. € fatt. 12,6% Pubblica Amministrazione 11,2% Ass.i categ. e CamCom Az. pubbl. locali, reg.i e/o università Ministeri No profit, Onlus, Ong Società, organizzazioni estere 0% 7,6% 1,9% 9,5% 8,6% 20% 40% Domanda 11 Il suo giro d’affari, in percentuale viene realizzato con Opzioni Media Aziende < 10 dip. 43,1% PMI > 10 dip. e sino a 10 milioni € 42,6% Aziende da 10 a 50 mil. € fatt. 34,9% Aziende > 50 mil. € fatt. 48,6% Pubblica Amministrazione 25,1% N° rispondenti 420 16 60% Mediana 30% 40% 30% 50% 10% 80% Moda 10% 20% 20% 50% 10% Aree professionali proposte Gli intervistati indicano soprattutto il General Management come prima area professionale di intervento presso la clientela, con il 22,9% dei rispondenti; seguono le aree di amministrazione, finanza, controllo, con il 15,2% e l’organizzazione con il 14%; prendendo in considerazione non solo l’area professionale di primo intervento, è l’organizzazione quella maggiormente proposta dove prevalgono però interventi di minore importanza visto che viene prevalentemente proposta ai clienti in seconda o terza battuta. Domanda 12 Tra le aree professionali di seguito riportate, quali sono quelle da lei proposte. Ne indichi sino a 3 in ordine di importanza dal 1° al 3° 1° posto 2° posto 3° posto Totale 1° posto 2° posto 3° posto % Totale Area professionale General Management 96 64 71 231 22,9% 16,3% 20,6% 20,0% Ricerca e sviluppo 10 13 18 41 2,4% 3,3% 5,2% 3,5% Go to Market 20 30 19 69 4,8% 7,7% 5,5% 6,0% Supply Chain 19 17 15 51 4,5% 4,3% 4,3% 4,4% Organizzazione 59 118 84 261 14,0% 30,1% 24,3% 22,6% Sistemi di gestione normati 47 23 22 92 11,2% 5,9% 6,4% 8,0% Risorse Umane 55 31 34 120 13,1% 7,9% 9,9% 10,4% Amm., Finanza e Controllo 64 44 42 150 15,2% 11,2% 12,2% 13,0% ICT e Web 15 25 15 55 3,6% 6,4% 4,3% 4,8% Altro 35 27 25 87 8,3% 6,9% 7,2% 7,5% Totale 420 392 345 1157 100% 100% 100% 100% Aree professionali proposte al primo posto 22,9% General Management 2,4% Ricerca e sviluppo Go to Market 4,8% Supply Chain 4,5% 14,0% Organizzazione 11,2% Sistemi di gestione normati 13,1% Risorse Umane 15,2% Ammin., Finanza, Controllo 3,6% ICT e Web 8,3% Altro 0% 10% 17 20% 30% Il mercato geografico di riferimento Gli intervistati indicano in generale il Nord Italia come area geografica in cui operano con maggiore frequenza; gli intervistati che dichiarano di lavorare con aziende del Nord Est sono il 55%, con aziende del Nord Ovest il 53,6%; il 10,5% indica di lavorare con aziende estere dell’area Euro, quasi il 7,6% indica di lavorare con aziende che hanno sede fuori Europa e il 5,2% con aziende europee ma di area extra Euro; nel complesso sono comunque 66, pari al 15,7%, gli intervistati che dichiarano di lavorare almeno con una di queste aree estere; attraverso la lettura e il confronto dei valori di media, mediana e moda viene confermato che la maggior parte del fatturato viene realizzato sempre con le aziende del Nord Italia; in particolare il dato della moda, che per le aree del Nord Est, Nord Ovest e Sud Italia sono pari al 100%, indica che la maggior parte dei consulenti che operano in queste aree sviluppano tutta la loro attività in ambito regionale; la consulenza verso l’estero rappresenta una parte marginale dei volumi. 80% Aree geografiche di attività 60% 55,0% 53,6% 45,2% 40% 20,2% 20% 10,5% 5,2% 7,6% 0% Italia Nord Orientale Italia Nord Occidentale Italia Centrale Sud Italia e Isole Paesi Europei Paesi Europei area Euro extra Euro Paesi Extra Europei Domanda 13 Può indicarci, in percentuale, in quali aree geografiche si trovano i suoi attuali clienti? Opzioni Media Mediana Moda Italia Nord Orientale 61,0% 60% 100% Italia Nord Occidentale 55,0% 50% 100% Italia Centrale 48,6% 40% 10% Sud Italia e Isole 52,3% 40% 100% Paesi Europei area Euro 24,6% 17,5% 10% Paesi Europei extra Euro 14,7% 10% 10% Paesi Extra Europei 14,2% 10% 10% N° rispondenti 420 18 Compensi e tariffe Nel dichiarare il range del proprio fatturato, gli intervistati evidenziano che quella del consulente non può dirsi una professione ricca; anche se la maggioranza dei rispondenti, pari al 39,9% indica di realizzare compensi (imponibili) superiori ai 60.000 €/anno, vi è un terzo dei rispondenti che indica di realizzare compensi inferiori a 40.000 €/anno; sono i consulenti anagraficamente più giovani a dichiarare i redditi più bassi, mentre quelli con età tra i 50 e i 60 anni indicano di guadagnare di più. 60% Volume di fatturato annuo (base rispondenti: 409) 39,9% 40% 33,5% 26,7% 20% 0% < 40.000 € tra 40.000 € e 60.000 € > 60.000 € 60% Fatturato ed età < 40.000 € tra 40.000 e 60.000 € > 60.000 € 50,0% 37,1% 40% 29,4% (base rispondenti: 409) 46,6% 39,8% 34,7% 28,2% 27,7% 25,7% 32,0% 28,2% 20,6% 20% 0% Fino a 40 anni dai 40 ai 50 anni 19 dai 50 ai 60 anni più di 60 anni Nel confronto con il 2008, prendendo tale anno come l’inizio del periodo della crisi economica, il 46,2% dei consulenti ha visto diminuire il proprio reddito e il 27,3% dei consulenti l’ha visto diminuire di oltre il 35%; sempre in riferimento al 2008 il 53% degli intervistati ha dichiarato di aver stabilizzato le proprie tariffe, il 28,4% di averle diminuite, mentre il 18,6% di averle aumentate. 50% Fatturato: confronto con 2008 (base rispondenti: 396) 40% 30% 27,3% 24,2% 24,2% 18,9% 20% 10% 5,3% 0% è diminuito più del 35% è diminuito meno del 35% risulta stabile è aumentato meno del 10% è aumentato più del 10% 80% Tariffe: confronto con 2008 (base rispondenti: 398) 60% 53,0% 40% 28,4% 18,6% 20% 0% diminuite si sono stabilizzate 20 aumentate Incrociando le risposte sull’andamento dei volumi e delle tariffe emerge che dopo il 2008 gli intervistati che hanno: mantenuto stabili sia fatturati che tariffe sono il 18,1%; diminuito più del 35% i fatturati e diminuito le tariffe sono il 13,7%; diminuito più del 35% i fatturati con tariffe stabili sono l’11,5%; aumentato più del 10% i fatturati e aumentato le tariffe sono l’11,5%; aumentato più del 10% i fatturati con tariffe stabili sono il 10,9%; il quadro che ne esce risulta quindi variegato e se ne può dedurre che, forse la “crisi” vi ha influito meno di quanto si pensi. Domanda 15 Rispetto al 2008, il suo giro d’affari annuo: tariffe diminuite Opzioni tariffe stabilizzate 13,7% 7,6% 4,6% 1,0% 1,8% è diminuito più del 35% è diminuito meno del 35% risulta stabile è aumentato meno del 10% è aumentato più del 10% 11,5% 9,9% 18,1% 2,5% 10,9% tariffe aumentate 1,8% 1,5% 1,8% 1,8% 11,5% N.B. base rispondenti 393 Se riferiti a giornata i compensi degli intervistati si attestano all’interno della classe 500 - 800€; il 15,7% chiede più di 1.000€; approfondendo l’analisi delle risposte a questa domanda e dividendo gli intervistati tra associati APCO e non APCO emerge come i primi riescano mediamente a proporre tariffe giornaliere più alte. 50% Importo proposto a giornata (base rispondentii: 376) 38,0% 40% 29,5% 30% 20% 16,8% 15,7% Tra 800 e 1.000 € Oltre 1.000 € 10% 0% Meno di 500€ Tra 500 e 800 € 21 50% Importo proposto a giornata (base rispondenti 376) 40,1% 40% 36,0% 35,4% Apco Non Apco 30% 24,5% 19,3% 20% 16,0% 15,2% 13,4% 10% 0% Meno di 500€ Tra 500 e 800 € Tra 800 e 1.000 € Oltre 1.000 € Per quanto riguarda la tipologia di compenso proposto: nella consulenza: viene proposto in prevalenza il compenso a progetto, infatti quasi il 50% degli intervistati indica di proporlo abitualmente; il compenso su risultato, malgrado sia nel complesso la forma meno utilizzata, è proposta, saltuariamente o abitualmente, da più di 1/3 degli intervistati; è sostanzialmente irrilevante la percentuale di intervistati che propone forme alternative di compenso; nella formazione: prevale il compenso a giornata, adottato abitualmente da oltre il 50% dei rispondenti; il compenso a progetto viene proposto più del compenso orario; anche in questo caso minime sono le esperienze di forme alternative di compenso; nella selezione del personale: è ampiamente maggioritaria la scelta del compenso a progetto rispetto a quella a percentuale sul compenso del candidato; altre forme di compenso citato dagli intervistati si riferiscono prevalentemente a compensi calcolati a giornata. 100% 80% Tipologia compenso consulenza (base rispondenti: 417) Abitualmente Saltuariamente Mai/nr 63,8% 57,6% 60% 48,9% 40% 28,8% 22,3% 39,6% 31,9% 28,5% 22,8% 19,7% 20% 22,5% 13,7% 0% Compenso a progetto Compenso a giornata 22 Compenso a forfait Compenso su risultato 100% 80% Tipologia compenso formazione (base rispondenti: 343) Abitualmente Saltuariamente Mai/nr 63,8% 60% 52,2% 42,3% 40% 35,6% 26,8% 22,2% 23,6% 21,0% 20% 12,5% 0% Compenso a progetto Compenso a giornata Compenso orario 100% 80% Tipologia compenso sel. personale (base rispondenti: 142) Abitualmente Saltuariamente 67,6% 54,9% 60% 40% 28,9% 20,4% 20% 16,2% 12,0% 0% % su stipendio annuo A progetto 23 Mai/nr Oltre alla tipologia di compenso si è chiesto agli intervistati se, nel fare le proposte, venga utilizzato un modello specifico o particolare: la minoranza degli intervistati (12,9%) indica di utilizzare il modello previsto dalla norma UNI; mentre la maggioranza 46,4% utilizza un modello strutturato per punti, ma sostanzialmente non precodificato. si, quello previsto dalla norma UNI 10771 Modello specifico utilizzato per le proposte? 12,9% si, un modello previsto dalla prassi dello studio/società 27,1% si, un modello strutturato per punti 46,4% 13,6% no 0% 10% 20% 24 30% 40% 50% Opportunità e minacce per la consulenza 25 La crisi economica nell’esperienza dei consulenti L’indagine pone in evidenza che a partire dal 2008, la consulenza ha fatto i conti soprattutto con la maggior difficoltà di trovare clienti, secondo il 55% degli intervistati, con l’acquisizione di incarichi meno remunerativi, 42,6% degli intervistati, e più brevi e aleatori, 39,3%; ad ogni modo la difficoltà del mercato, con modalità diverse, ha influito praticamente sulla totalità del comparto. Lo suggerisce il fatto che solo il 6% degli intervistati ha indicato di non essere stato toccato dagli effetti della crisi; interessante notare che quasi un terzo degli intervistati, sotto la spinta della crisi, ha intensificato le collaborazioni con altri professionisti, dato rilevante per APCO sotto il profilo dell’importanza dello sviluppo di attività di networking. 80% Influenza della crisi sull'attività di consulenza 60% 40% 55,2% 39,3% 42,6% 27,6% 29,8% 24,5% 20% 6,0% 7,4% 0% Incarichi più brevi e aleatori Incarichi meno remunerat ivi att enzione Più promozione gest ione incassi Diff icolt à trovare clienti Più collab. con alt ri professionisti Nessuna inf luenza Altro La maggior parte degli intervistati (56,4%) riconosce alla crisi economica anche opportunità di miglioramento e sviluppo; analizzando le risposte aperte dei 237 intervistati che sostengono questo, emerge che: il 20,7% riconosce alla crisi la capacità di fare selezione, favorendo la sopravvivenza della consulenza di qualità; il 19,8% ritiene che la crisi stia spingendo molte aziende a cambiare, migliorandosi cercando in particolare di rendere più efficienti i processi aziendali (3,8%); il 16,5% indica che la crisi ha aperto nuovi scenari di intervento che prima non c’erano o non erano ritenuti fondamentali dai clienti; per il 14,3% la crisi ha reso improcrastinabile per il consulente un audit delle proprie competenze e della propria professionalità, per adeguarle alle rinnovate richieste del mercato, anche migliorando le proprie competenze commerciali e promozionali (5,1%). 26 14,3% Il miglioramento professionale Crisi: i fattori positivi (base: 237 intervistati) 6,3% Più attenzione verso la consulenza 5,1% Più competenze commerciali 19,8% Propensione al cambiamento 16,5% Maggiori/nuove opportunità di intervento Partnership tra consulenti 1,7% 3,8% Più attenzione delle aziende all'efficienza Più formazione Selezione qualitativa delle aziende 1,3% 3,0% 20,7% Processo di selezione della consulenza Ricerca nuovi mercati anche esteri 2,1% 5,5% Altro 0% 10% 27 20% 30% Come anticipare la concorrenza È il manager a tempo che rappresenta, secondo il 36,2% degli intervistati, il concorrente più diretto del consulente; un terzo degli intervistati indica tra i concorrenti le associazioni imprenditoriali; c’è da sottolineare, provocatoriamente, che non sapere o non preoccuparsi di chi sia il proprio concorrente, come indica un quarto degli intervistati, è di per sé il primo ostacolo allo sviluppo della propria attività; più flessibilità e personalizzazione dei servizi offerti e maggiore specializzazione sono considerati rispettivamente dal 61,7% e dal 49% degli intervistati i nuovi principali fattori critici che le aziende clienti chiedono alla consulenza; è anche in questo che, probabilmente, si legge la minaccia da parte del temporary management; è interessante rilevare come un quarto degli intervistati dichiari che le aziende chiedono ai propri consulenti, con competenze e compiti diversi in azienda, di saper collaborare e dialogare tra loro. 50% Realtà alternative più aggressive 40% 36,2% 33,8% 30% 25,0% 24,5% 19,0% 20% 10% 6,4% 0% associazioni imprenditoriali università enti di formazione CCIAA Più specializzazione manager a tempo non saprei Nuovi fattori critici richiesti 49,0% Più flessibilità e personalizzazione 61,7% 23,3% Customer solution provider Sapersi interfacciare con altri consulenti in azienda Altro 0% 24,8% 6,9% 20% 40% 28 60% 80% 29 Professioniste donna e consulenza 30 Opportunità e riconoscimento professionali La maggior parte degli intervistati, pari al 59,3%, ritiene che tra uomini e donne operanti nella consulenza non vi siano differenze in termini di opportunità professionali; chi sostiene che le donne siano in qualche modo penalizzate rappresenta il 25,2% del campione intervistato; c’è una minima parte (4%) che ritiene che le donne godano di maggiori opportunità rispetto agli uomini; l’11,4% non si preoccupa della questione; approfondendo l’analisi e isolando le risposte ottenute dalle sole intervistate donna il quadro muta, anche se la maggioranza delle intervistate, il 48,6%, ritiene sempre non vi siano differenze di opportunità tra uomini e donne; il 44,4% delle intervistate indica l’esistenza di una penalizzazione di genere; nessuna intervistata sostiene vi siano maggiori opportunità per le consulenti donna. Consulenza: opportunità per le professioniste donna (rispetto agli uomini) Non so 11,4% Maggiori 4,0% Uguali 59,3% Minori 25,2% Consulenza: opportunità per le professioniste donna (secondo le consulenti donna) Non so 6,9% Maggiori 0,0% Uguali 48,6% Minori 44,4% 31 La maggior parte degli intervistati, pari al 42,4%, ritiene che siano in via di superamento i limiti culturali da parte delle aziende nella percezione delle consulenti donna. Questa percezione è condivisa anche dalla maggioranza delle donne intervistate (40,3%); anche il dato relativo alla risposta “Non so”, scelta da un terzo degli intervistati e da un quarto delle intervistate può, in un certo senso, rafforzare il senso della risposta precedente, vale a dire che in molti casi il problema della difficoltà della percezione del consulente donna sembra non porsi; il 25% dei consulenti uomini, al contrario, indica che questo limite culturale permane. Questa percentuale sale al 34,7% se consideriamo solo le intervistate donna; forse l’argomento merita un approfondimento. Superamento limiti culturali verso le consulenti donna No 25,5% Si 42,4% Non so 32,1% No 34,7% Superamento limiti culturali verso le consulenti donna (secondo le consulenti donna) Non so 25,0% Si 40,3% 32 Professione e impegni famigliari Alla domanda se l’attività libero professionale faciliti o penalizzi la conciliazione con gli impegni legati alla famiglia, la maggior parte degli intervistati ha deciso di astenersi dal dare un’opinione, il 44,8% ha infatti risposto “Non so”; per quanto riguarda le altre due alternative di risposta sono più numerosi (30,7%) coloro i quali ritengono che l’attività libero professionale permetta alle donne di conciliare meglio gli impegni familiari con il lavoro. Le motivazioni sono legate, nella quasi totalità dei commenti, al fatto che facilita l’organizzazione più flessibile dei tempi e degli orari; coloro i quali ritengono che l’attività libero professionale per contro penalizzi la donna nella conciliazione tra lavoro e famiglia rappresentano il 24,5% e la motivazione più ricorrente da parte dei rispondenti è legata al fatto che i tempi e gli orari della consulenza sono difficili da programmare; quindi per paradosso gli orari di lavoro, secondo gli intervistati, rappresentano contemporaneamente il vantaggio e lo svantaggio di chi, libera professionista, intende conciliare gli impegni lavorativi e familiari; isolando le risposte delle sole donne intervistate, emerge come il 47,2% di loro si senta facilitata nell’equilibrio lavoro/famiglia grazie all’esercizio della libera professione. facilita la conciliazione tra lavoro e famiglia 30,7% L'attività libero professionale per le donne.. Non so 44,8% penalizza la conciliazione tra lavoro e famiglia 24,5% penalizza la conciliazione tra lavoro e famiglia 26,4% L'attività libero professionale per le donne.. (secondo le consulenti donna) facilita la conciliazione tra lavoro e famiglia 47,2% Non so 26,4% 33 Operatività, promozione e aggiornamento professionale 34 Il “tempo lavoro” Il consulente si vive come uno stacanovista ed è coinvolto per più di metà del suo tempo lavoro nell’attività produttiva e fatturabile; la maggior parte degli intervistati, il 45,2%, indica di dedicare più del 70% del suo tempo al lavoro che è caratterizzato mediamente per il 55% del tempo all’operatività professionale; il 45% degli intervistati non svolge nessuna altra attività oltre a quella di consulente; il 25,2% abbina alla consulenza l’attività di formatore o docente; quasi un quinto degli intervistati ha dichiarato di affiancare l’attività di consulente con attività di altro tipo, ma approfondendo l’analisi e leggendo le 81 risposte aperte fornite, emerge come in verità siano attività sostanzialmente riconducibili ad attività di carattere consulenziale, a parte una piccola parte (3% su base 420) che indica di essere anche imprenditore o amministratore di azienda; i consulenti che operano da soli indicano di dedicare in proporzione maggiore tempo all’attività “fatturabile” rispetto a chi è impegnato in una società o in uno studio di consulenza, ma le differenze sono meno evidenti di quanto emerso in occasione dell’indagine condotta nel 2006. meno del 50% 16,4% Tempo dedicato all'attività professionale oltre il 70% 45,2% tra il 50% e il 70% 38,3% attività professionale "fatturabile" 55,2% promozione e relazioni pubbliche 18,5% aggiornamento professionale e sviluppo Know How coordinamento e gestione dello studio/società 0% Distribuzione tempo lavoro 16,0% 10,3% 20% 40% 35 60% 80% 80% attività professionale "fatturabile" promozione e relazioni pubbliche aggiornamento professionale e sviluppo Know How coordinamento e gestione dello studio/società Distribuzione tempo lavoro e struttura 57,5% 55,9% 60% 53,6% 50,6% 40% 18,7% 18,6% 20% 17,4% 13,3% 11,8% 19,5% 15,6% 14,4% 18,3% 14,3% 13,9% 6,7% 0% singolo sino a 3 coll./dip. da 4 a 10 coll./dip. Oltre 10 coll./dip. 50% 40% 45,0% Altre attività oltre alla consulenza 30% 25,2% 19,3% 20% 10% 7,1% 2,6% 0,7% 0% dipendente part time cogestione di impresa ricercatore scientifico 36 docente formatore altro nessuna altra attività La promozione La maggioranza degli intervistati, 42,1%, indica di fare promozione intervenendo a convegni con propri contributi e relazioni; il 38,3% indica di promuoversi attraverso l’attività di formazione che da attività parallela e complementare alla consulenza diventa anche strumento per favorirne lo sviluppo; il 33,1% degli intervistati indica di promuoversi aggiornando e curando il proprio sito web; 122 intervistati, pari al 30% sul totale, risponde di utilizzare altri tipi di strumenti di promozione rispetto a quelli presentati dal questionario e cita in primis le attività di networking e pubbliche relazioni (33,6%), il passaparola (17,2%), contatti e conoscenze personali e la promozione diretta presso i clienti con visite e incontri specificamente programmati, entrambi con il 13,1%. Autopromozione attraverso: 25,2% Pubblicazioni 42,1% Relazioni a convegni Formazione 38,3% 27,4% Brochure e depliant 33,1% Aggiornamento sito web 17,4% Accesso e link al mio sito 16,0% Community on line Blog 7,4% 25,5% Social media 12,9% Advertising classico 30,0% Altro 0% 10% 20% 37 30% 40% 50% 60% L’aggiornamento professionale Per quasi 8 intervistati su 10, prevale la propensione ad aggiornarsi attraverso la consultazione di libri e riviste; il 67,1% degli intervistati indica di curare l’aggiornamento attraverso la partecipazione a convegni e workshop; al terzo posto, il 64% degli intervistati, indica di aggiornarsi consultando siti internet e attraverso la consultazione di newsletter; il 49% segue corsi di formazione a pagamento; in particolare alla domanda su quali siano temi e modalità ritenuti più interessanti per un corso di formazione, gli intervistati hanno risposto di preferire, nel 71,2% dei casi, incontri formativi di approfondimento su singoli e specifici temi, nel 51,7% dei casi workshop su temi cogenti e di attualità, un po’ meno della metà, ovvero il 48,8%, ha risposto di apprezzare la formazione specifica su tools; formazione all’etica e formazione di base raccolgono consensi inferiori al 10%. 100% Modalità aggiornamento professionale 76,4% 80% 67,1% 60% 64,0% 49,0% 40% 20% 8,6% 5,0% 0% corsi a pagamento consultazione di partecipazione a convegni e riviste e libri di workshop management viaggi studio e benchmarking consultazione siti Internet e newsletter on line altro 80% 71,2% Formazione: temi di interesse 60% 51,7% 48,8% 40% 20% 8,8% 6,4% 5,2% formazione all’etica altro 0% di base specifica su tools approfondimento workshop locali su specifici temi su temi cogenti 38 39 Normative e etica 40 Le recenti normative L’indagine rivela che la recente introduzione della legge 4/2013 non ha portato grandi cambiamenti; tre intervistati su quattro infatti indicano sia cambiato poco o nulla nella loro attività dopo l’entrata in vigore della norma; il restante 25% si divide tra: chi sostiene di avere a disposizione una nuova argomentazione di vendita che sta già usando con successo, 12,1%; chi sostiene che la legge abbia contribuito ad arricchire la sua figura professionale, 11%; 8 intervistati, cioè l’1,9%, indicano che la norma ha permesso loro di essere preferiti a consulenti non “inquadrati”; Più attenzione alla mia figura professionale; 11,0% vengo preferito a chi non è riconosciuto dalla legge; 1,9% Legge 4/2013: implicazioni poco o nulla; 75,0% Nuova argomentazione di vendita; 12,1% anche per quanto riguarda le norme UNI 10772 e EN 16114, vi è una sorta di latitanza da parte dei consulenti intervistati; nel complesso infatti il 65% degli intervistati indica di non utilizzare le norme (39,8%) o di non conoscerle (25%); UNI 10771 - EN 16114: utilizzo Non conosco le norme; 25,0% No; 39,8% Si; 35,2% 41 L’etica professionale Per quanto riguarda il tema dell’etica professionale, fa riflettere che oltre un terzo degli intervistati, sostenga che sia diminuita nel corso degli ultimi 10 anni; non sono ottimistiche neppure le risposte che vengono fornite in tema di diffusione del codice etico e di condotta APCO; escludendo le risposte “Non saprei” da riferirsi in sostanza a chi non aderisce ad APCO emerge che il 35,2% degli intervistati ritiene che il codice etico e di condotta APCO sia poco diffuso in generale, il 50,6% ritiene sia prerogativa di chi segue la vita associativa e solo una percentuale minore, il 14,2%, ritiene sia molto diffusa. Il rispetto dell'etica professionale negli ultimi 10 anni è: aumentato; 19,5% invariato; 44,8% diminuito; 35,7% Codice Etico e condotta: diffusione poco diffuso in generale; 35,2% diffuso tra chi segue la vita associativa; 50,6% molto diffuso; 14,2% 42 Consulenti, associazionismo e APCO 43 La propensione all’associazionismo Nel complesso 234 intervistati, pari al 55,7%, hanno indicato di aderire ad APCO; il 16,9% ha dichiarato di essere iscritto ad un Albo o ad un ordine, mentre il 15,5% di aderire ad un’altra associazione riconosciuta dalla legge 4/2013; chi è iscritto ad un albo professionale, ordine o collegio percepisce di ricevere dalla propria organizzazione anzitutto un supporto alla formazione; chi è iscritto ad un albo professionale indica di sostenere un investimento tra i 150 € (valore modale) e i 205 €/annui (valore mediano); il 30,7% degli intervistati non è né iscritto ad un Albo, né aderisce ad associazioni. Rappresenta un target ampio e interessante presso cui promuovere APCO; 1/4 degli intervistati dichiara di essere iscritto ad un’associazione imprenditoriale in prevalenza facente riferimento alle organizzazioni industriali; tra questi, il 25% opera come singolo mentre il 75% opera all’interno di studi o società. 80% Organizzazione professionale o Albo 55,7% 60% 40% 30,7% 20% 16,9% 15,5% 0% Albo Professionale/ordine collegio APCO Altra organizzazione legge 4/2013 nessuna organizzazione o albo Domanda 37 Se è iscritto ad un Albo Professionale/ordine, collegio, quali sono i tre principali servizi che percepisce di ricevere da quest’ultimo? Opzioni N° risposte % su totale Formazione 25 35,2% Pochi o nessuno 16 22,5% Informazione 16 22,5% Aggiornamento professionale 14 19,7% Appartenenza ad un albo 13 18,3% altro 10 14,1% Previdenza 7 9,9% Network 6 8,5% Tutela 4 5,6% Assistenza/Agevolazioni/assicurazioni 3 4,2% Visibilità 3 4,2% Totale 71 44 Iscrizione ad associazione imprenditoriale Si; 25,2% No; 74,8% 45 APCO in particolare Praticamente la totalità degli intervistati, solamente 5 esclusi, ha dichiarato di conoscere APCO; questo fatto era prevedibile visto che il database cui fa riferimento l’indagine era strutturato sulla base dei nominativi dei soci APCO, di altri consulenti che già erano stati coinvolti in occasione di eventi o incontri APCO, o di conoscenti degli attuali associati APCO, delegati territoriali in particolare; APCO quindi è nota, ma priva di appeal, visto che negli anni i simpatizzanti APCO sono rimasti tali; la notorietà di APCO è dovuta principalmente al passaparola visto che la maggioranza di intervistati, 37,4% indica di aver sentito parlare di APCO la prima volta tramite colleghi; buono anche l’apporto che danno sia gli eventi organizzati dall’associazione sia il sito web che hanno contribuito alla prima conoscenza di APCO rispettivamente per il 21,2% e 18,8%; L’11,7% indica di aver conosciuto APCO in altre occasioni, ma analizzando meglio le 49 risposte emerge come alcuni associati attraverso questa risposta intendano sottolineare la storicità della loro appartenenza (“la conosco da sempre”); da segnalare che 6 intervistati hanno conosciuto APCO dalla sinergia che quest’ultima ha creato con altre associazioni. Conoscenza di APCO pre indagine: No; 1,2% Si; 98,8% 50% Quando ha conosciuto APCO la prima volta? 40% 37,4% 30% 21,2% 20% 18,8% 11,7% 10% 6,2% 4,3% 0,5% 0% parlando con ho partecipato ho visitato il sito colleghi ad alcune iniziative ho letto di APCO sulla stampa 46 la conosco perché famosa con questa indagine altro I motivi che inducono ad aderire ad APCO sono in prevalenza legati all’interesse da parte degli associati di fare network, 43,1%, e incontrare colleghi qualificati, 42,3% dei rispondenti; anche la possibilità di fruire della certificazione CMC/ICMCI e di acquisire nuove competenze sono motivazioni gettonate, rispettivamente dal 37,8% e dal 32,6% dei rispondenti; a questa domanda hanno risposto ugualmente anche molti non iscritti APCO, probabilmente nell’intento di indicare il motivo per cui varrebbe la pena di aderirvi. 42,3% incontrare colleghi qualificati Motivi per cui è iscritto ad APCO 43,1% fare network 32,6% acquisire nuove competenze 22,1% fruire di servizi ad hoc 23,6% avere un supporto di lobbying 26,6% godere di maggiore visibilità 28,5% sentirmi parte di un’organizzazione 37,8% fruire della certificazione CMC/ICMCI altro 0% 4,9% 10% 20% 47 30% 40% 50% 60% 70%