KARACHI A cura di Alessandra Tomai Sedici milioni di abitanti

Transcript

KARACHI A cura di Alessandra Tomai Sedici milioni di abitanti
CINEFORUM
ITSOS ALBE STEINER
KARACHI A cura di Alessandra Tomai Sedici milioni di abitanti, principale centro economico e finanziario del Pakistan, Karachi ci appare in questo video come una metropoli cosmopolita e piuttosto caotica, caratterizzata da forti contrasti: religiosità e laicità, tradizione e modernità, grattacieli e periferie degradate. L’anima multiforme della città emerge soprattutto attraverso le interviste a numerosi personaggi che si susseguono e ritornano più volte nel filmato, alternandosi rapidamente ed esprimendo diversi punti di vista. I muftì e gli allievi della scuola coranica Jamia Binoria Alamia rappresentano la tradizione e cercano di rassicurarci sul ruolo delle madrase: non formano terroristi, come affermano i media occidentali, ma buoni musulmani che studiano il Corano, rifuggono dalle droghe e dalle “ragazze leggere”, ubbidiscono ai genitori e vivono la vita come una prova, aspettando con fiducia l’aldilà. In abiti e in ambienti più occidentali, i giovani blogger intervistati rifiutano facili stereotipi e ci danno un’immagine articolata e complessa della loro città: non vivono nel medioevo, non accettano passivamente le tradizioni e le prescrizioni religiose, utilizzano abitualmente mezzi tecnologici e si divertono come le ragazze e i ragazzi di qualsiasi altra città. Si mostrano consapevoli dei problemi e si battono per la libertà di opinione. Sentiamo infine le voci di alcuni profughi. Voci rilevanti, dato che la popolazione immigrata a Karachi costituisce circa il venti per cento del totale. Due uomini giunti all’inizio degli anni Ottanta dall’Afghanistan mettono in evidenza le difficoltà economiche e politiche che non consentono loro di trovare pace né in un paese né nell’altro. Una donna del Bangladesh ‐ prelevata a forza da un “mercante” e di fatto costretta a sposare un pakistano ‐ completa il quadro con la sua testimonianza; ora fa politica attivamente e aiuta le donne che hanno subito violenza nell’ambito domestico. La voce fuori campo che accompagna le riprese sembra avere l’ingrato compito di mettere in evidenza gli aspetti più drammatici e inquietanti della città: ponendosi in un ipotetico futuro, descrive all’imperfetto (“Era il dannato ventunesimo secolo…”) questo luogo infernale, in cui l’inquinamento ambientale si associa alla criminalità e al terrorismo, il rumore del traffico alla polvere e al degrado delle baraccopoli, il dolore e la miseria alla distruzione e alla rassegnazione. Possiamo solo sperare che parli da un futuro migliore, del quale i giovani intervistati potrebbero già essere i primi protagonisti.