reportage congressuale
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178 dal 1980 NUMERO settembre 2016178 DIREZIONE DEL PERSONALE VI GUIDIAMO SU ROTTE TRACCIATE DA EFFICIENZA, PARTNERSHIP E TECNOLOGIA. IL SENSO DEL LAVORO È ANCHE QUESTO. TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE LA GRANDE SCOMMESSA La sfida del futuro? Una funzione HR in grado di stimolare e motivare le persone, rimettendo al centro delle organizzazioni il lavoro { IL REPORTAGE DEL CONGRESSO AIDP CON I CONTRIBUTI DI GIULIANO POLETTI, GIOVANNI COSTA, STEFANO VENTURI, PIER LUIGI CELLI, ENZO SPALTRO, GIUSEPPE VARCHETTA, ROBERTO CINGOLANI, MAURIZIO SACCONI, SALVATORE PIRRONE } Labour is a hard job sommario Reportage del Congresso AIDP 2016 con le fotografie di Saverio Damiani Photographer 02. Scommettiamo su Persone e Lavoro di Isabella Covili Faggioli 14. Intervento del Ministro Giuliano Poletti 16. Nuovo perimetro di gioco per l’HR di Giovanni Costa 18. Intervista a Stefano Venturi La terza rivoluzione digitale di Luca Villani 21. Liliana Gorla a colloquio con Maurizio Sacconi Dialoghi istituzionali sulle relazioni industriali a cura della Redazione 24. La certificazione delle competenze HR il giorno dopo di Luigi Guarise 27. Disruptive innovation, crescita e lavoro di Umberto Bertelè 30. A colloquio con Roberto Cingolani Istituto Italiano di Tecnologia di Andrea Del Chicca 34. Il futuro della professione HR di Filippo Abramo 36. Interventi di Enzo Spaltro, Pier Luigi Celli e Giuseppe Varchetta Dedicato ai Responsabili delle Relazioni Umane a cura della Redazione 41. AIDP Award 2016 a cura di Sonia Rausa 46. Gestire il cambiamento senza lasciare indietro nessuno di Enrico Sassoon 48. Il lavoro contrattato di Massimo Mascini 51. Politiche attive del lavoro: ne parliamo con Salvatore Pirrone a cura della Redazione 56. Il lavoro digitale di Raffaele De Luca Tamajo 59. Flessibilità, employability e generazioni a confronto di Francesco Amendolito 62. Scommettiamo su Persone e Lavoro per il cambiamento della PA di Donato Madaro Idee 66. Coaching: come trasformare individui e organizzazioni di Giuseppe Varchetta 69. Per le classi dirigenti di Luciano Martinoli 70. Dentro la formazione. Etnografia, pratiche, apprendimento di Valentina Vinotti 72. Sapere cosa si vuole di Marco Lombardi AIDPnews 73. Un nuovo servizio per i Soci. AIDP ORE 9.30 Rassegna stampa e web 74. I Pomeriggi del Lavoro di David Trotti 78. SAVE THE DATE Convegno “WelFare che fare” 79. Passaggi di testimone dai Gruppi regionali AIDP Direzione del Personale Direttore Responsabile Maria Emanuela Salati - Direttore Scientifico Paolo Iacci - Coordinamento Redazionale Sonia Rausa Rubrica Mondo Legale a cura di Paola De Gori - Comitato di Redazione Filippo Abramo • Domenico Butera • Andrea Camera • Lara Carrese • Enrico Cazzulani • Isabella Covili Faggioli • Paola De Gori • Massimo Ferrario • Julio Gonzalez • Marco Lombardi • Ernesto Longo • Ezio Nardini • Marina Pastorelli • Pietro Santi • Massimiliano Santoro • Gilda Serafini • Giancarlo Traini • Claudio Tronconi • Giuseppe Varchetta • Luca Villani • Cristina Volpi • Elio Vera • Danilo Villa Proprietà AIDP Registrazione Tribunale di Milano n. 386 del 17 ottobre 1981 - Periodicità trimestrale Direzione Redazione Pubblicità Via Cornalia, 26 - 20124 Milano tel. 02 6709558 - 02 67071293 - email [email protected] Progetto grafico e impaginazione Pub - The Van Group - www.thevan.it - Stampa Rubbettino print - Soveria Mannelli (Cz) ABBONAMENTI Rinnovo Italia 70 euro - Estero 90 euro - Nuova sottoscrizione Italia 80 euro - Estero 100 euro Arretrati (a copia) Italia 20 Euro - Estero 30 Euro - Gratuita per i Soci AIDP CHIUSO IN REDAZIONE A LUGLIO 2016 reportagedelcongresso 02 Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP e Vittorio Bonerba Presidente AIDP Puglia. 03 reportagedelcongresso Xcxcxcxcxcxcxc Xcxcxcxcxcxcxcxcx 04 SCOMMETTIAMO SU PERSONE E LAVORO Emozioni, immagini, commenti e approfondimenti dal 45° Congresso nazionale AIDP I di Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP l Congresso di quest’anno ha un titolo già molto impegnativo: scommettere significa impegnarsi e credere in quello per cui si scommette. Un titolo semplice e diretto, che ci è piaciuto subito perché dà il senso di quello che intendiamo come unica strada possibile per lo sviluppo del nostro Paese. Le persone e il lavoro devono essere rimesse al centro, sostenendo l’economia reale contro lo strapotere della finanza che negli ultimi anni l’ha fatta da padrone. E i manager e i professionisti HR, hanno una grande sfida davanti a sé perché sono quelli che possono invertire la rotta e dimostrare, anche al top management, che fare il bene delle persone non è inconciliabile con la profittabilità delle aziende e con il risanamento dell’economia. Anzi. Ma occorre coraggio per scommettere su questi temi. E occorre coraggio tutti i giorni per mettere in pratica questa scommessa, per non dimenticare mai che il benessere delle persone passa attraverso la loro possibilità e capacità di esprimersi. E che se lo fanno si sentono parte di un progetto e danno quel valore aggiunto di cui tanto hanno bisogno le aziende per sopravvivere alla competizione mondiale. Occorre coraggio e responsabilità per uscire dai menù ufficiali dei saperi e per andare a scoprire come le persone possono dare il massimo. Il 5% delle persone sono fenomeni e se la caveranno da soli. Il 5% sono non recuperabili. Ma i risultati del 90% dipendono da chi ha il compito ➤ Nella pagina a fianco una suggestiva vista della Villa Romanazzi Carducci, sede del 45° Congresso nazionale AIDP. Qui di fianco l’apertura del Congresso con Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP e Vittorio Bonerba Presidente AIDP Puglia. 05 reportagedelcongresso 1 Vittorio Bonerba Presidente AIDP Puglia 3 Ricordo i tanti dubbi e le preoccupazioni che mi hanno accompagnato negli ultimi giorni prima del Congresso che si sono immediatamente dissolti quando sono arrivato venerdì mattina a Villa Romanazzi ed ho visto per prima cosa il desk della Segreteria nazionale con le nostre fantastiche “3 S” (Sonia Rausa, Sabrina Benedetto Mas e Susanna Lucarelli) che dispensavano informazioni e consigli a centinaia di convegnisti; poi ho percorso il tragitto del parco fino alla villa antica tra gli alberi e gli stand degli sponsor (che tante volte avevo fatto nei mesi precedenti....) salutando colleghi ed amici che venivano da ogni parte d’Italia. Ciò che non scorderò mai però è stata la profonda emozione ed anche un pizzico di paura che ho provato salendo sul palco della sala Europa insieme ad Isabella per aprire, in qualità di Presidente del gruppo ospitante, il 45° Congresso, a distanza di dieci anni esatti dall’ultimo svoltosi in terra di Puglia, quando ero un giovane neo associato alle prime armi! Che dire poi della location, del buffet di gala e di Sala Zonno dove abbiamo fatto festa fino a tarda notte ascoltando l’infrangersi delle onde del mare sugli scogli e respirando il profumo della salsedine... Un grazie ancora una volta va a tutti i partecipanti, al Comitato Organizzativo e al mio splendido gruppo regionale per il successo di questo Congresso! 06 4 5 1. Maria Cristina Origlia Direttore Editoriale L’Impresa Giornalista Il Sole 24 Ore. 2. Giuliano Poletti Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. 3. Giovanni Costa Università di Padova, Management Board Banca Intesa Sanpaolo 4. Stefano Venturi AD e Corporate VP Gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia, e Luca Villani Giornalista economico The Van 5. Nicola Costantino Ordinario Ingegneria Economico-gestionale Politecnico di Bari. 7 2 8 9 10 6. Giancarlo Tanucci Ordinario Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni Università di Bari 7. Enrico Cazzulani Segretario Generale AIDP 8. Even Bolstad Managing Director HR Norge 9. Umberto Bertelè Professore Emerito di Strategia Politecnico di Milano 10. Liliana Gorla Directrice des Ressources Humaines France Siemens e Maurizio Sacconi Presidente Commissione Lavoro Senato della Repubblica 11. Severino Salvemini Ordinario Organizzazione Aziendale Università Bocconi 12. Gruppo AIDP Liguria: Congresso AIDP 2017. 6 12 11 di valorizzarli: il 90% darà il massimo se ci sono le condizioni perché lo dia. Dipende dalla famiglia professionale che Voi tutti rappresentate, con la consapevolezza che la vitalità di un sistema deriva molto poco dalle regole e dalle procedure ma molto dalla motivazione delle persone, dalla creazione di un ambiente in cui rendere libere e demanding le loro teste, dove gli stimoli e la curiosità hanno diritto di cittadinanza. Chi aiuta gli altri ad avere successo ha successo e chi sta bene produce ricchezza per gli altri. Dobbiamo avere un orizzonte temporale ampio e guardare agli effetti “lunghi” di tutte le nostre azioni. Per questo porta più risultati il premio della punizione, il perdono della vendetta, la negoziazione della contrattazione. Prendersi cura delle persone per prendersi cura delle aziende. È un mestiere difficile in cui non si può mai abbassare la guardia perché le persone osservano come ci si muove, non solo quello che si dichiara. Il lavoro per le persone è importante, la soddisfazione e la frustrazione del lavoro si porta a casa e fa la differenza anche nella vita privata. Per questo occorre saper ascoltare le persone e i loro bisogni, ed anche amarle. D’altronde è il momento giusto per fare queste riflessioni, per un’inversione di paradigma che ci consenta di uscire dall’epoca dei guerrieri per entrare nell’epoca delle connessioni. Il contagio positivo ➤ 07 reportagedelcongresso 2 1 3 1. Andrea Del Chicca Direttore Risorse Umane, Organizzazione, Relazioni Esterne Ansaldo Energia e Roberto Cingolani Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia 2. Pier Luigi Celli Senior Advisor AD Poste Italiane, Enzo Spaltro Presidente Fondazione Enzo Spaltro e Responsabile Scientifico UP e Giuseppe Varchetta Psicosocioanalista, Past President Ariele con Paolo Iacci Presidente AIDP Promotion 3. Gustavo Bracco Senior Advisor HR Pirelli, Stefano Franchi DG Federmeccanica, Paolo Pirani Segretario Generale UILTEC – UIL, Cesare Stefano Ranieri Direttore Risorse Umane, Organizzazione e Sistemi ILVA con Massimo Mascini Direttore della rivista on line Il diario del Lavoro 4. Salvatore Pirrone Direttore Generale Ministero del Lavoro 5. Gruppo AIDP Puglia. 5 che sprigionano le testimonianze dei tanti protagonisti che hanno già intrapreso questa strada e che abbiamo portato al Congresso ci può aiutare e incoraggiare. Ed è facile capire come finalmente il Direttore del Personale è l’erede naturale del CEO perché sa gestire il capitale dell’azienda. Anche questa è una scommessa. Mi piace pensare che la funzione del personale prende corpo, si espande e diventa strategica. Lo so che è una visione alta ma il processo di alimentazione delle qualità delle persone è inevitabile per la vita dell’azienda. L’alternativa è che queste qualità vengano espresse all’esterno. 08 4 Ma che spreco! Non è che non sappia che la vita di tutti i giorni in azienda è complicata, ma occorre credere e dimostrare che può anche essere diversa. Il lavoro deve essere un bel lavoro non solo un buon lavoro. Per questo scommettiamo. E lo abbiamo fatto a Bari, in tanti, perché insieme le sfide si vincono meglio. E se continuiamo ad essere tanti ne vinceremo ancora. Anche l’anno prossimo, sul mare, ripartendo da Genova. n 7 6 IL CONGRESSO “Scommettiamo su Persone e Lavoro!”: con questo titolo intendiamo indicare la sola possibile via per la ripresa dello sviluppo del Paese. Crediamo infatti che la crisi si sia evidenziata su tre livelli paralleli e intersecantisi tra loro. • Sul versante macroeconomico la finanza speculativa ha preso il sopravvento sull’economia reale. Negli ultimi 15 anni il rapporto tra l’ammontare complessivo dei prodotti finanziari c.d. derivati e il PIL mondiale si è quasi quadruplicato, passando da 2,6 a 9,6. Contemporaneamente a tutt’oggi il valore dei derivati è pari a circa 10 volte il PIL mondiale. 8 9 10 11 6. Gabriele Gabrielli Presidente Commissione AIDP AWARD e Mariagrazia Bonzagni Capo Area Personale e Organizzazione Comune di Bologna 7. Sara Salvarani Consulente formatrice Gruppo LEN 8. Clemente Perrone VP Head of Organization & Transformation Dept. Sirti, Laura Bruno Direttore HR Italia Malta Sanofi e Alberto Fusi Chief Human Capital Officer ERG 9. Ilaria Lagona HR Business Partner 3M Italia, Marta Signore Direttore Risorse Umane e Organizzazione KOELLIKER, Rachele Monaco HR Manager PURO 10. Bernardo Quaranta Responsabile Personale e Organizzazione Enel Italia, Laura Bruno Direttore HR Italia Malta Sanofi, Francesca Pasinelli DG Fondazione Telethon e Mauro Sirani Fornasini AD Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna con Enrico Sassoon Direttore Responsabile Harvard Business Review 11. Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP e Vito Carnimeo Congress Officer. • Ma la crisi non può essere compresa solo su questo versante, soprattutto nel nostro Paese. Molte imprese italiane hanno per lo più modalità di funzionamento inadeguate alle nuove contingenze di mercato: piccole e poco patrimonializzate, seguono strategie per lo più di breve periodo, con un mercato di riferimento non internazionale. Non puntano su competenze distintive e infatti gli investimenti in formazione sono sempre più esigui. Il sindacato ha perso potere e si consuma su battaglie di retroguardia e in molti casi i lavoratori non hanno rappresentanze credibili e in grado di affrontare i problemi gravi che la crisi impone. • Vi è infine un terzo livello: quello individuale. Le persone sembrano oggi smarrite, ripiegate su se stesse, senza punti di riferimento credibili: non a caso il Papa ha parlato di un’inedita “crisi antropologica”, ad un tempo causa ed effetto della crisi che si è manifestata sugli altri due piani che abbiamo ricordato. Anche nelle imprese si avverte un clima difficile, di mancanza di fiducia, spesso di preoccupazione generalizzata. Per invertire questa situazione sempre più complessa e difficile occorre rimettere al centro della nostra azione il lavoro e le persone. Vi può essere convergenza tra i bisogni delle persone, gli obiettivi delle imprese e il risanamento delle economie. Occorre però sostenere l’economia reale contro lo strapotere della finanza speculativa e quindi porre al centro della nostra azione il valore del lavoro e delle persone, come un tutt’uno inscindibile. Per questo Scommettiamo su Persone e Lavoro. Gustavo Bracco e Paolo Iacci Comitato Scientifico Congresso AIDP 2016 09 reportagedelcongresso 28 550 partner, sponsor e media partner partecipanti 12 60 protagonisti di eccezione 200 articoli stampa e passaggi radio-tv prima, durante e post evento 11 studenti del Master in gestione delle risorse umane dell’Università LUM Jean Monnet di Bari attivi nell’organizzazione (giovani AIDP crescono!) 1 tappe del roadshow organizzate dai gruppi AIDP diretta Twitter: in 254 hanno condiviso il congresso con 5.030 tweet letti da più di 480.000 persone! Organizzare un Congresso AIDP è un’esperienza unica e straordinaria. Si inizia di buona lena un anno prima, convincendosi di prevedere e organizzare tutto, per scoprire, gli ultimi giorni, l’ossessione dietro ogni dettaglio, primo fra tutti, il meteo (pioverà o ci sarà il sole? E il vento?). Perché tutto sarebbe stato diverso, senza il sole… e nessun piano B, per quanto ben congeniato, avrebbe regalato tanto. L’emozione del “contatore dei partecipanti” che a un mese dall’evento ha cominciato a girare a tutta forza è stata da cardiopalma. La partecipazione così massiccia e il desiderio di esserci da parte dei colleghi di tutta Italia così forte che per evitare di non accoglierli abbiamo trasformato la tradizionale cena di gala in un più moderno buffet di gala, con tanto di musiche e danze. Sperimentazione riuscita! Porto dentro di me alcune immagini indelebili: centinaia di congressisti, allegri, fra le aiuole soleggiate, scambiarsi abbracci e saluti, commenti sulle relazioni, ipotesi di lavoro; scatenati balli notturni, davanti a un luccicante lungomare di Bari; e soprattutto la commovente standing ovation ai tre “grandi maestri” (Celli, Spaltro e Varchetta) dai quali tutti abbiamo imparato qualcosa e verso cui ci sentiamo in debito di riconoscenza. Oltre al loro spessore culturale e professionale, la dimensione etica ed emotiva dei loro interventi ha saputo parlare al cuore! 10 Vito Carnimeo Congress Officer 11 reportagedelcongresso Flessibilità, employability e generazioni a confronto Andrea Orlandini Presidente AIDP Lombardia, Fiorella Ferri Responsabile delle Relazioni Industriali Banca MPS, Francesco Amendolito Founding & Managing Partner Amendolito & Associati, Simonetta Cavasin AD OD&M Consulting, Francesca Gaspardo Group HRD Pianoforte Holding e Simona Franzetti National Sales Director Gi Group. Smart working, sharing economy e nuove forme di organizzazione Giuditta Alessandrini Ordinario Pedagogia Sociale e del Lavoro Università Roma TRE, Paolo Vasques Global Director for Industrial Relations Benetton Group, Domenico Favuzzi Chairman and CEO Exprivia, Rossella Seragnoli HR Manager Crown Aerosols Italia, Roberto Mattio Direttore Risorse Umane e Organizzazione Pininfarina e Raffaele De Luca Tamajo Senior Partner Toffoletto De Luca Tamajo e Soci. Analogico e digitale nella gestione HR Luca Vignaga HR Director Gruppo Marzotto, Emilio Orlandini Direttore Generale Allos, Nicola Rossi Country Manager Monster Italia Pietro Iurato Human Resources Director SAP Italia e Francesco Basile Direttore Risorse Umane Bosch Bari. Innovazione e integrità nella pubblica amministrazione e nelle aziende a capitale pubblico Luigi Maria Vignali Dirigente Diplomatico, Coordinatore nazionale AIDPpa, Francesco Paolo Romanelli Procuratore regionale Corte dei Conti Puglia, Pietro Scrimieri Direttore Servizi Centrali Risorse Umane, Organizzazione e Lavoro Acquedotto Pugliese, Antonino Costantino Dirigente Servizio trattamento giuridico del personale Presidenza del Consiglio dei Ministri, Carlo Mochi Sismondi Presidente FPA e Gianfranco Grandaliano Vice Presidente Nazionale UTILITALIA Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali. 12 Quest’anno hanno scelto di scommettere su Persone e Lavoro, insieme a noi, Aziende che rappresentano l’eccellenza del mercato HR. Ne siamo orgogliosi PARTNER SPONSOR C100/M65/Y10/K45 R0/G56/B102 C0/M0/Y0/K85 R75/G75/B77 MEDIA PARTNER CON IL PATROCINIO DI 13 13 reportagedelcongresso INTERVENTO DEL MINISTRO POLETTI In questo e nei prossimi articoli riprendiamo e approfondiamo alcuni temi proposti dai protagonisti di Scommettiamo su Persone e Lavoro. Iniziamo con le parole con cui il Ministro Poletti ha avviato i lavori congressuali S commettere su Persone e Lavoro è di fatto il tema sul quale oggi come Governo stiamo lavorando in maniera molto intensa. È del tutto evidente che il lavoro non è soltanto reddito, ma è l’elemento costitutivo dell’identità di una persona, della sua dignità, è la sede e l’opportunità per esprimersi pienamente. Dobbiamo quindi lavorare tutti insieme per migliorare le opportunità e le condizioni nelle quali le persone possano esprimere se stesse attraverso il lavoro, in un contesto caratterizzato da grande cambiamento e trasformazione. Le leggi possono fare molto ma non producono gli effetti auspicati se non sono in grado di stimolare una riflessione e una capacità di analisi e valutazione di ciò che sta accadendo, di muovere sul piano culturale. Dobbiamo mettere in relazione il tema dell’innovazione con il cambiamento delle dinamiche personali e sociali e con il sistema di relazione tra lavoro e impresa. Abbiamo bisogno di riflettere insieme su come questi cambiamenti impattano sulla realtà e su come possiamo agire perché diano il meglio di sé. Se, ad esempio, non si colgono i nuovi posti di lavoro che l’innovazione produce, si finisce per pagare solo il dazio delle grandi trasformazioni in atto, assistendo alla scomparsa di vecchi lavori, bruciati dall’innovazione stessa. I cambiamenti tecnologici vanno a una velocità clamorosamente superiore alla nostra capacità di gestire i cambiamenti sociali e di cambiare le regole della nostra vita. Mentre appare sul nostro tablet un’applicazione che inventa un nuovo mestiere (o un nuovo servizio)... pensiamo a quanto tempo serve per cambiare un contratto di lavoro? Se ci mettiamo 14 3 anni a scrivere una norma, quando sarà pronta, quel tipo di mestiere (o servizio) potrebbe già essere superato. La nostra scelta come Governo, è di accompagnare questo processo nel migliore dei modi possibili. Investendo su competenze, sapere, ricerca, formazione e innovazione. Se vogliamo evitare il rischio di finire tra le economie che soffrono di più. • Tutto il lavoro che abbiamo fatto sul tema alternanza scuola-lavoro e la riforma profonda dell’apprendistato, corrisponde a questa esigenza. Anche se scontiamo un gravissimo ritardo, oggi la legge c’è: la possibilità per i nostri studenti di fare esperienze di alternanza scuola-lavoro è oggi un obbligo di legge. Ma la legge da sola non basta, per ottenere i risultati desiderati occorre che le scuole si organizzino, che le imprese si mettano nelle condizioni di accogliere i giovani con laboratori dedicati, tutor, progetti e programmi XCXCXCXCXC Giuliano Poletti Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Imola, 1958. Perito agrario, in gioventù esercita l’attività di tecnico agricolo. Nel 1975 è consigliere comunale a Imola. Poi assessore alle attività produttive e consigliere provinciale a Bologna. All’impegno politico-amministrativo affianca quello professionale, esercitato in qualità di presidente dell’ESAVE (Studi e promozione della viticoltura e dell’enologia per l’Emilia Romagna). Eletto presidente della Legacoop di Imola nel 1989, lascia l’incarico nel 2000 per assumere quello di Presidente Regionale Legacoop e Vicepresidente Nazionale. Dal 1992 al 2000 è, inoltre, presidente di EFESO, l’Ente di Formazione della Legacoop Emilia Romagna. Prima di assumere l’incarico di Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali (22 febbraio 2014) è stato Presidente di Legacoop Nazionale, Presidente di Coopfond e Presidente dell’Alleanza delle Cooperative, il coordinamento unitario nazionale costituito dalle organizzazioni di rappresentanza della cooperazione AGCI, Confcooperative e Legacoop. e che le istituzioni pubbliche cerchino di non far pesare questi costi in maniera eccessiva sull’impresa piuttosto che sull’organizzazione scolastica. • In questi due anni ci siamo dedicati alle politiche del lavoro. E penso che si possa dare un giudizio positivo della riforma del mercato del lavoro soprattutto in vista del cambiamento culturale necessario sopra descritto. Vogliamo che il lavoro stabile diventi e torni ad essere la forma normale di assunzione. È chiaro che per ottenere questo dobbiamo garantire un costo del lavoro a tempo indeterminato significativamente più basso del costo delle altre tipologie contrattuali, insieme a buone regole e flessibilità. Dovremo quindi lavorare a una riduzione del costo del lavoro, che riguarda il cuneo fiscale e il cuneo previdenziale. Ogni tanto sono criticato come Ministro perché mi occupo “un po’ troppo delle imprese”, ma penso che l’unica fonte da cui possano arrivare posti di lavoro siano le imprese appunto, quindi mi pare di fare esattamente il mio mestiere. Lavoro perché cresca una cultura positiva dell’impresa nel nostro Paese. Voglio bene alle imprese che rispettano le leggi. Abbiamo bisogno che il lavoro, oltre che legale, abbia tutta la sua dignità e lavoriamo perché questo accada. Abbiamo molti stimoli davanti. • Stiamo lavorando sui Centri per l’impiego. Siamo in una fase molto difficile perché prevede un passaggio costituzionale, da gestire in collaborazione con le Regione e con le istituzioni competenti in materia. • In Parlamento abbiamo in discussione una proposta di legge sul lavoro agile, mentre la legge di stabilità affronta problematiche per promuovere i contratti aziendali e le politiche di welfare. Gli stimoli non mancano, le occasioni per un confronto su questi temi coi Direttori del Personale, altrettanto. n 15 reportagedelcongresso GIOVANNI COSTA NUOVO PERIMETRO DI GIOCO PER L’HR Il contributo dell’HR Manager al vantaggio competitivo richiede che il ruolo di business partner di Ulrich superi la fase dell’enunciazione retorica e sia riempito di contenuti in grado di saldare la business idea con una sostenibile people idea. Nella sua relazione introduttiva al Congresso Giovanni Costa propone alcuni temi di frontiera da ripensare radicalmente Demografia aziendale Siamo abituati a considerare la demografia aziendale chiusa entro i confini organizzativi in termini di equilibrio tra generi, integrazione delle minoranze, conflitti generazionali, famiglie professionali. Mentre è necessario un confronto con la demografia più generale con le sue stratificazioni reddituali, comportamentali, identitarie, etniche e così via. Per gestire questo confronto il professionista HR deve allargare il perimetro della demografia aziendale fino a ricomprendere i vertici aziendali e l’esterno. Finora l’imprenditore si è considerato al di sopra delle attenzioni dell’HR manager, salvo invocarne l’intervento in sede di passaggio generazionale. Lo stesso discorso vale per i CdA considerati, soprattutto nelle medie aziende familiari, organi di rappresentanza piuttosto che organi di governo. Solo di recente è stata dedicata attenzione alla demografia del CdA, considerata fonte di stimoli che si propagano su tutta l’organizzazione. Essere HR manager come business partner significa occuparsi di queste dinamiche demografiche. Performance management Grande attenzione è stata dedicata alle misure istituzionali e organizzative volte ad aumentare la produttività del lavoro attraverso una maggiore flessibilità. I miglioramenti di efficienza che ne sono derivati sono dovuti a un aumento dell’intensità di lavoro il cui impatto sulla produttività resta comunque limitato e non idoneo a competere con i Paesi a minor costo del lavoro. Un vantaggio competitivo sostenibile passa per un aumento della forza produttiva del lavoro che è funzione 16 della qualità del capitale umano e del contesto tecnologico e organizzativo. Affidare la ripresa dell’occupazione e della produttività alle sole riforme del mercato del lavoro o alle pratiche aziendali di performance management è del tutto insufficiente se non si accompagna il processo con investimenti volti a creare competitività strutturale. I tradizionali strumenti di performance management (valutazione, retribuzione variabile e così via) possono, quando funzionano, influire sull’intensità del lavoro ma non sulla sua forza produttiva. Si apre un orizzonte sterminato per chi voglia innovare il performance management agendo sulle variabili strutturali. Tecnologia La tecnologia appartiene senz’altro alla categoria delle variabili strutturali. Per capire il contributo della tecnologia è utile distinguere tra le attività di trasformazione e di interazione transazionale e le attività di interazione tacita (Polanyi, Nonaka, Takeuchi). Le prime sono facilmente automatizzabili e standardizzabili attraverso dispositivi sui quali le persone non presentano alcun vantaggio competitivo. Le seconde, più complesse, producono più valore e richiedono persone in grado di affrontare situazioni ambigue nelle quali non possono essere usate procedure o algoritmi, ma occorre esercitare discrezionalità e disporre di capacità di giudizio. Il massimo dell’interazione tacita si ha nei servizi ad alto impatto esperienziale. È qui che le persone presentano un vantaggio competitivo sulle macchine. Nella struttura occupazionale delle nostre aziende si nota ancora una prevalenza delle Giovanni Costa Professore emerito di Strategia d’impresa e Organizzazione aziendale Università di Padova, membro del Management Board Intesa Sanpaolo Ha insegnato a Ca’Foscari, alla SDA Bocconi, al Cuoa, all’Essec di Parigi. Ha svolto attività di consulenza direzionale partecipando a vari programmi di sviluppo delle risorse umane. Autore di numerosi volumi e saggi di management, è membro del Comitato scientifico di Enter - Centro di Ricerca Imprenditorialità e Imprenditori dell’Università Bocconi e di varie riviste manageriali tra cui The Journal of Management and Governance. È socio dell’Accademia Italiana di Economia aziendale, dell’Accademia Galileiana e dell’Accademia Olimpica. “La business idea vince se c’è una people idea alla base” attività di trasformazione. Non conviene però aspettare passivamente che la manifattura 4.0 lasci spazio a quelle di interazione tacita per cambiare fin d’ora radicalmente i percorsi formativi di inserimento, di sviluppo e di mobilità interna. Vivere il ruolo di HR manager come business partner significa diventare soggetti attivi di questo cambiamento. Reshoring La manifattura torna al centro ma per valorizzarla bisogna superare i concetti di delocalizzazione, offshoring, reshoring, modi vecchi di chiamare le dinamiche produttive internazionali. Oggi la competizione si vince gestendo filiere globali e occupandone le fasi più ricche. È difficile che una filiera importante in termini economici sia contenuta in un territorio ristretto. Stare su filiere lunghe, magari transnazionali, significa attivare processi di “multilocalizzazione produttiva” dove il vero problema è la capacità dell’impresa di muoversi con grande rapidità e flessibilità lungo tutta la filiera, controllandone soprattutto gli snodi strategici che sono i brand e la distribuzione. L’HR manager come business partner deve orientare queste scelte. Welfare aziendale Con questa espressione si ricomprendono sia pratiche aziendali e organizzative che tengono effettivamente conto del benessere delle persone, in senso ampio, sia pratiche aziendali che sembrano forme di elusione contributiva e fiscale, escogitate con la finalità apparente di allontanare un ineluttabile processo di disintermediazione. Finalità che sono spiegate, ma non per questo giustificate, dal peso insopportabile assunto dai prelievi pubblici. Poiché urge alleggerire, in generale, questi prelievi e semplificare l’amministrazione della retribuzione e delle relazioni industriali, i professionisti delle risorse umane non dovrebbero avallare operazioni ambigue e poco trasparenti. Sarebbe bello sapere che fine faranno le migliaia di contratti depositati per accedere ai benefici fiscali e contributivi del welfare aziendale. n 17 reportagedelcongresso INTERVISTA A STEFANO VENTURI LA TERZA RIVOLUZIONE DIGITALE «Internet of Things, Big Data, Cloud: segnatevi queste tre cose». Stefano Venturi, Corporate VP e Amministratore Delegato Gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia, spinge lo sguardo su un futuro che è già cominciato. «Miliardi di dati, come una telemetria del pianeta: vince chi li sa usare». E l’Italia? Non è esclusa dalla partita, anzi di Luca Villani I « Luca Villani Partner e Managing Director The Van { [email protected] l cambiamento tecnologico che abbiamo vissuto negli ultimi quindici anni, da quando Internet è entrato nelle nostre vite, è inferiore a quello che ci aspetta ora. Preparatevi, prepariamoci». Stefano Venturi, Corporate VP e Amministratore Delegato del gruppo Hewlett Packard Enterprise Italia, non è uno che si tira indietro. Per questo, credo, la conversazione che ho avuto il piacere di intrattenere con lui sul palco del 45° Congresso nazionale AIDP ha suscitato grande apprezzamento. Abbiamo diviso il nostro intervento, in apertura della prima giornata, in due parti: la prima dedicata allo scenario del cambiamento tecnologico e al suo impatto sulle nostre vite, la seconda dedicata a quello che intendiamo per cultura aziendale e a come un corpus di valori e di idee possa aiutare chi deve prendere decisioni in azienda. Stefano, vorrei sfruttare la tua esperienza nel campo della tecnologia per provare a interpretare il contesto globale in cui ci troviamo a vivere e lavorare. Segnalo inoltre, per aggiungere un po’ di pepe alla questione, che proprio stamattina Foxconn, la più grande azienda del mondo, ha annunciato che sostituirà 60 mila addetti con altrettanti 18 robot, automi. Allora, in che mondo ci accingiamo a vivere? «Hai ragione, è un tema importantissimo per le nostre vite: stiamo parlando della terza grande rivoluzione tecnologica del nostro tempo. La prima, a metà degli anni Novanta, è stata l’avvento del World Wide Web – chiamato erroneamente Internet – che posso definire il primo grande fenomeno di disintermediazione. A essere stato disintermediato è stato il nostro accesso alle informazioni. Sono nati tanti business e tante nuove modalità di raggiungere i clienti, abbiamo avuto accesso a una mole di informazioni mai vista prima, imparato a usare i motori di ricer- XCXCXCXCXC Sguardo in avanti Stefano Venturi, a colloquio con Luca Villani, delinea il mondo del lavoro del prossimo futuro nel corso del Congresso AIDP di Bari. ca. Abbiamo fatto appena in tempo ad abituarci quando, a metà del decennio scorso, è arrivata la seconda rivoluzione digitale: il cosiddetto web 2.0. In questo caso la disintermediazione ha riguardato i rapporti tra le persone: abbiamo cominciato a produrre e scambiarci informazioni, e le aziende sono state spinte a parlare con i propri dipendenti in maniera partecipativa, abbattendo lo steccato tra comunicazione interna ed esterna». E con l’avvento di quella che tu chiami terza rivoluzione, cosa ci aspetta? «Un cambio di paradigma incredibilmente più potente dei precedenti. Assisteremo alla convergenza di tre elementi. Segnatevi queste tre espressioni: Internet of Things, Big Data e Cloud. Il primo, l’Internet of Things, è già in atto: tutti i sensori oggi sono collegati in rete, e anche le persone sono dei sensori. Quando giriamo con i nostri smartphone c’è chi studia – in modo aggregato – i nostri flussi, in una specie di telemetria del pianeta fatta di miliardi di dati collegati. Il punto è: come li usiamo? Per questo qualcuno ha inventato la seconda forza, i software di analisi di Big Data, algoritmi che leggono in tempo reale questi eventi e ne traggono dei significati. Chi sa padroneggiare questi algoritmi non è l’informatico, ma il data scientist, una figura ancora relativamente rara ma dalle potenzialità immense: è colui che conosce bene quel settore di business e sa come interpretare quella miriade di informazioni, combinandola con il suo know-how. La terza forza che fa detonare il tutto si chiama Cloud: parliamo della disponibilità di capacità elaborativa idealmente illimitata e a costi accessibili per tutti, grazie alle modalità di utilizzo as a service». In questa fase, insomma, a essere disintermediato è l’accesso a informazioni che prima non potevamo avere: la vera sfida è saperle usare. «Queste tre forze domineranno la disruption che stiamo vivendo, e tra poco cominceranno a vedersi i risultati di business. Per fare solo un esempio, la ricerca farmaceutica è un settore che potrà essere molto disintermediato; si potrà realizzare una ricerca che parte da milioni di cartelle cliniche studiando e correlando i dati reali, superando la ricerca tradizionale di laboratorio che si basa ovviamente su un modello teorico. È insomma un’enorme opportunità per chi ha voglia di ➤ 19 reportagedelcongresso STEFANO VENTURI Amministratore Delegato e Corporate Vice President del Gruppo Hewlett Packard Enterprise in Italia In questa posizione, che ricopre da dicembre 2011, ha la responsabilità di guidare le attività del gruppo e di indirizzarne la crescita nel mercato italiano. Formatosi in Olivetti dal 1979 al 1984, è rientrato in Hewlett-Packard come Amministratore Delegato dopo essere cresciuto all’interno dell’azienda dal 1984 al 1991. In seguito, ha ricoperto il ruolo di Country Manager di Wyse Technology Italy, Managing Director EMEA South in Sun Microsystems, Amministratore Delegato di Cisco in Italia per 13 anni e, sempre in Cisco, di Vice President Europe per il Public Sector. Venturi è Presidente della American Chamber of Commerce in Italy e membro del Consiglio di Presidenza di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, con delega “Agenda Digitale e Start up”, nonché membro dell’Advisory Board Investitori Esteri di Confindustria. Ricopre, inoltre, il ruolo di Vice Presidente di Assinform con delega all’Education ed è Consigliere Incaricato e membro del Consiglio di Presidenza di Confindustria Digitale con l’incarico di Presidente dello Steering Committee “Competenze Digitali”. studiare e possiede questa capacità di combinare l’analisi dei dati con le conoscenze specifiche della materia». A questo punto viene naturale domandarsi quanto l’Italia sia pronta a cogliere questa opportunità. Ti chiederei di provare a guardare al futuro del nostro Paese sfuggendo alle due retoriche uguali e opposte: quella del “va tutto male” e quella dello stellone, della creatività italiana che alla fine vince sempre. In sostanza, un Paese come il nostro, fatto da tante imprese piccole e medie e che quindi non può fare enormi investimenti, in questo scenario che prospettive ha? «La buona notizia è che gli investimenti per cogliere queste sfide non sono enormi. E gli imprenditori italiani hanno dimostrato che quando hanno dovuto fare cose innovative hanno trovato i fondi. E poi dobbiamo anche sfatare alcuni luo- 20 ghi comuni: oggi le nostre fabbriche del settore manifatturiero sono tra le più automatizzate al mondo, per quanto sembri incredibile. Se le aziende hanno la cultura per capire dove andare, la sfida si può vincere. Certo, negli anni Sessanta la cultura aziendale era più semplice: si fabbricava, si costruiva, spesso gli imprenditori erano operai che uscivano dalla fabbrica con una nuova idea sulla manifattura, era insomma un Paese che viveva ancora sulla scia della sua lunga tradizione artigianale. Adesso il quadro è più complesso, e quello che mi fa essere un po’ meno ottimista è il terreno perduto dall’Italia negli ultimi anni nel legame tra cultura digitale e business. È questa la parola chiave: cultura digitale. Se investiamo nel modo giusto, anche un Paese con limitate possibilità economiche può giocarsi questa partita». Hai posto l’accento sull’importanza della cultura aziendale, che in un’altra occasione hai definito “il libretto delle istruzioni del manager”. Del resto vivi in un’azienda, Hewlett Packard, con una cultura solidissima che parte da lontano. Puoi spiegarci che cos’è, in concreto, la cultura aziendale? «È il fondamento di ogni azienda. È, come dicevi tu, quel libretto di istruzioni che ci aiuta quando una scelta manageriale non è certa, cioè nell’80% delle volte: con la cultura aziendale si possono prendere decisioni che un computer non potrebbe prendere. L’azienda che abbandona la sua cultura viene spazzata via alla prima variazione di mercato. L’importante è che questa cultura sia portata avanti da tutti, dal top management, a chi gestisce le risorse umane. E il veicolo migliore per promuoverla è l’esempio. Hewlett Packard Enterprise, ad esempio, si fonda sul lavoro di squadra, sulla promozione della diversity in azienda, sulla fiducia nelle persone, sull’accesso informale ai vari livelli di management: tutte cose che oggi possono essere condivise, quasi scontate, ma che al momento della sua fondazione, nel 1939, erano visionarie. Sono convinto che il lavoro di gruppo sia fondamentale non solo per un buon clima aziendale, ma anche per la competitività sul mercato. La responsabilità dei manager e dei direttori HR è proprio quella di tirare fuori il meglio dalle persone, le cose positive che ognuno ha e che può mettere al servizio dell’azienda». n LILIANA GORLA A COLLOQUIO CON MAURIZIO SACCONI DIALOGHI ISTITUZIONALI SULLE RELAZIONI INDUSTRIALI Dalla piattaforma di Federmeccanica al ruolo dell’HR per relazioni industriali più vicine ai bisogni del lavoro e dell’impresa. Novità, stimoli e confronti a cura della Redazione – [email protected] Liliana Gorla Directrice des Ressources Humaines France Siemens Dopo 4 anni in qualità di Head of HR di Siemens Italia, dal 2015 è Directrice des Ressources Humaines Siemens France. Inizia nel 2001 come responsabile Development & Compensation, per poi assumere nel 2003 fino al 2007 la carica di HR Director per una società del Gruppo Siemens. Dopo 3 anni in Casa Madre a Monaco, dal 2010 al 2012 ha ricoperto in Italia la carica di Head of Talent Acquisition and Employer Branding. Precedentemente ha sviluppato competenze e ricoperto diverse posizioni nella funzione risorse umane, tra cui il ruolo di Manager all’interno di Ernst & Young e una prima responsabilità in 3M Italia. «La Federmeccanica ha confermato la propria disponibilità a proseguire il confronto per giungere ad un rinnovamento del Contratto nazionale che abbia come pilastri la formazione professionale, il welfare e che chiarisca i compiti dei due livelli di contrattazione in materia salariale: da un lato il C.C.N.L. che svolgerà un ruolo di garanzia mentre sarà la contrattazione aziendale a distribuire la ricchezza dopo che essa sia stata prodotta. Le Organizzazioni Sindacali hanno dichiarato la propria indisponibilità a raggiungere un’intesa su tali basi e hanno riaffermato che il Contratto nazionale deve continuare a difendere il potere d’acquisto dei salari e deve essere fonte di riconoscimenti economici per tutti i lavoratori della categoria». Con questo comunicato Federmeccanica sostiene che le relazioni industriali sono costituite sia dalle relazioni sindacali che dalle relazioni con la persona, e che la persona, il lavoratore, deve tornare al centro. Credo che il modo con cui Federmeccanica stia portando avanti la discussione sul tema dei rinnovi con le parti sindacali sia uno degli elementi più interessanti del panorama della contrattazione degli ultimi anni. Cosa ne pensa? «La piattaforma di Federmeccanica è l’unico elemento di novità in un quadro di relazioni industriali opache e spesso collusive e soprattutto lontane dai bisogni del lavoro e dell’impresa in un tempo di grande cambiamento, in una sorta di tornante della storia che enfaticamente chiamiamo della “4° rivoluzione industriale” o della “2° rivoluzione delle macchine”. Spesso nelle relazioni industriali ha prevalso molto opportunismo da parte di coloro che gestiscono la rappresentanza collettiva, più preoccupati a difendere gli altri dall’impresa piuttosto che l’impresa dagli altri, perché si fa prima, non perché ci sia un’ideologia alla base di questi comportamenti nella rappresentanza collettiva... Il sindacato ha inoltre il limite dell’effettiva base sociale: è fortemente minoritario, è attestato su alcuni segmenti del mercato del lavoro e non riesce ad avere un progetto di allargamento della sua capacità di rappresentanza ai più giovani, ➤ 21 reportagedelcongresso Maurizio Sacconi Presidente Commissione Lavoro, Senato della Repubblica Laureato in Giurisprudenza è stato docente di Economia del Lavoro all’Università degli studi di Roma. Entra in politica nel ‘79 con il PSI e 5 anni più tardi è Vicepresidente del gruppo alla Camera. Sottosegretario al Tesoro è Consigliere economico della Presidenza del Consiglio del Berlusconi I. Dal ‘95 al 2001 è Branch Office Director presso l’OIL di Ginevra. Nel 2001 aderisce a FI e torna al governo da Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Eletto per FI al Senato. Dal 2008 al 2011 è Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Dal 2013 è Presidente della Commissione Lavoro del Senato. alle imprese di minore dimensione e al tessuto più innovativo. Questo ha determinato relazioni industriali tendenzialmente opache e rinnovi contrattuali che non si apprezzano neanche dal punto di vista macroeconomico. Se Federmeccanica riuscisse a realizzare il suo progetto, la massa salariale crescerebbe molto di più di quanto non sia cresciuta quella di settori che hanno, pigramente, rinnovato il contratto secondo il modulo vecchio, ovvero secondo modesti aumenti uguali per tutti, che hanno sottratto spazio alla dimensione aziendale. Sono convinto che Federmeccanica possa farcela, per il lavoro egregio che è stato condotto, perché ci sono stati attori della rappresentanza che si sono posti il problema di difendere le imprese e il lavoro da coloro che non hanno questa capacità. Condivido la piattaforma di Federmeccanica dalla prima all’ultima riga, anzi vorrei si osasse di più. Penso all’idea di un Contratto nazionale come ombrello per ciò che riguarda tutti i lavoratori come persone e alla speranza di costruire un welfare della persona. Auspico un’integrazione dei pilastri con sanità, previdenza, assistenza e che il secondo pilastro diventi 22 universale, che accompagni fino alla pensione e oltre, che sia modulabile nel seno di quello complementare... Tornando ad oggi, le nuove tecnologie che sconvolgono pervasivamente, in modo veloce e imponderabile, il tradizionale modo di produrre e di lavorare mettono in discussione tutto un impianto di regolazione del rapporto di lavoro che è stato costruito sulla difesa passiva del contraente debole e che voleva una rigida separazione fra lavoro dipendente e lavoro indipendente. Si sta realizzando, in fondo, la visione di Biagi che immaginava una confusione progressiva tra lavoro dipendente e lavoro indipendente: il lavoro dipendente si caratterizza sempre più per ampi spazi di autonomia e responsabilità e “meriterà” di essere remunerato in base ai risultati; il lavoro indipendente ci chiederà sempre di più anche l’accesso a tutele che avevamo fino a ieri attribuito soltanto al lavoro dipendente. Da un lato si fanno largo concetti legati a una nuova agilità e a una nuova responsabilità nel lavoro, dall’altro la consapevolezza che le leggi non possono più tipizzare e fissare una realtà che muta così velocemente e che conviene rinviare quanto più la regolazione del rapporto di lavoro “L’articolo 8 è vivo e lotta insieme a noi!” alla sede in cui le persone si guardano negli occhi, si capiscono e condividono un destino comune. La regolazione pubblica deve essere quindi quanto più contenuta e quanto più cedevole nei confronti dell’accordo più prossimo tra persone e non più tra entità astratte. Dovremo sempre più immaginare questa cedevolezza in modo che le parti, a partire dall’accordo individuale: • si adattino reciprocamente in funzione dell’impiego migliore di tecnologie che, giorno dopo giorno, danno nuove opportunità; • si regolino per rendere effettivi e sostanziali i nuovi diritti del lavoro - che io considero in primis la salute e la sicurezza ma con un approccio sostanzialista, non formalista, non fondato cioè sugli adempimenti formali, ad esempio un diritto alla salute sul luogo di lavoro anche in senso lato, come prevenzione non solo di specifici rischi, ma anche di patologie che riguardano più in generale la persona. Perché l’impresa è sempre più comunità, e deve soddisfare anche il diritto all’apprendimento continuo, alla certificazione delle competenze... Io credo che da lavoratore, oggi, vorrei non essere inchiodato dentro un inquadramento del 1973 (accordo metalmeccanici), ma piuttosto avere l’accesso continuo alle abilità, alle conoscenze e alle competenze utili, essere periodicamente certificato nel progresso realizzato ed essere remunerato tenendo conto di questo mio progresso. E… vorrei contribuire a regolare anche il modo di essere tutelato rispetto alle nuove tecnologie (ad esempio il diritto alla disconnessione). Insomma l’articolo 8 del decreto legge 138 convertito in legge 148 “è vivo e lotta insieme a noi”. La legge Macron francese, secondo cui l’accordo più prossimo, ovvero quello aziendale, prevale su quello territoriale e soprattutto su quello nazionale, è l’articolo 8»! In questo panorama, come vede l’evoluzione del nostro ruolo? «Io credo che l’HR non possa più considerare i collaboratori dell’azienda come una massa indeterminata ma che occorra quella adattabilità reciproca che - in uno spirito di coesione ovviamente - colga tutte le specificità di ciascuna persona, le attitudini e i problemi che vive. È questa la sfida ma anche il passaggio a una dimensione molto più gratificante di questo lavoro che per molto tempo, in passato, è stato un mestiere di resistenza e di opposizione. In questo momento siete chiamati a un lavoro fortemente intrecciato con la conduzione più complessiva dell’azienda, della gestione della produzione e a un ruolo propulsivo. Federmeccanica ha svolto un lavoro molto interessante quando ha analizzato direttamente i bisogni dei lavoratori e ha invitato a fare altrettanto in ciascuna azienda. Non è un modo di scavalcare il sindacato ma è un modo di sviluppare appartenenza, condivisione, comunità, sollecitando anche l’evoluzione stessa del sindacato affinché avverta il dovere di rappresentare tutti e insieme ciascuno per aspirazione e problemi». n 23 reportagedelcongresso LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE HR IL GIORNO DOPO L ’11 Maggio, a Genova presso la sede di Rina Services SpA, si è tenuta la prima sessione di Certificazione. Quattro candidati. Quattro Certificati. Quattro Commissari: due attivi, due osservatori. Due esperti Rina. La metodologia è stata scelta focalizzando in modo pragmatico un approccio sulle Luigi Guarise Consulente di Management, membro del gruppo di lavoro sul Progetto di Certificazione competenze HR, Vice Presidente Gruppo AIDP Piemonte e Valle d’Aosta 24 capacità operative di utilizzare saperi ed esperienze su casi vissuti in relazione ai diversi livelli di responsabilità: da attività tecnica/di supporto ad attività decisionale/strategica. Al Congresso di Bari, al Consiglio Direttivo nazionale e in Assemblea dei Soci, sono stati illustrati i primi risultati. Il titolo del Congresso, Scommettiamo su Persone e Lavoro, è stato anche il contenitore del nostro Progetto. La voce dei primi candidati-certificati Il vissuto dei candidati è di segno positivo. Sul metodo. Sull’efficacia dell’esperienza. Il processo certificativo visto come percorso che pone l’enfasi sulla capacità di saper gestire processi complessi e diversi per la loro natura: normativo-contrattuale, governo e sviluppo delle persone, comunicazione e relazioni interpersonali. In sintesi, “conoscersi, farsi conoscere, farsi valutare, farsi scegliere”. Si intravede, come altro obiettivo, la valoriz- Enrico Cazzulani, Segretario Generale AIDP, ha presentato al Congresso il progetto della Certificazione delle Competenze HR giunto, dopo un lungo processo di analisi, definizione dei contenuti e la costruzione del disciplinare, alla fase operativa. Qui si propone un sintetico resoconto della prima sessione di esame zazione e la visibilità della funzione, del ruolo HR verso gli stakeholder interni alle aziende/ organizzazioni, verso quelli esterni alla comunità HR, cioè la Società, il Mercato, le Istituzioni. Da un punto di vista operativo, la metodologia è stata percepita come strumento utile per definire e darsi regole di miglioramento attraverso il confronto. Cioè mettersi in discussione costruttiva. L’esperienza, il vissuto dei Commissari-valutatori La giornata si può esprimere in tre dimensioni: Emozioni Giornata intensa, piena di responsabilità. Si passa dal progetto all’attuazione: funzionerà tutto bene? Atteggiamento Rapporto tra professionisti e riconoscimento di comune pratica ed esperienza. Risultato - Efficacia Il percorso funziona. È un confronto , un “dialogo” tra professionisti. Far capire alla comunità HR e alla Società-Mercato il significato profondo di quello che si sta facendo. OGGI UNA REALTÀ La certificazione delle competenze HR è uno strumento di terza parte, sviluppato da AIDP e Rina Services volto a garantire al mercato le competenze professionali in un’area vastissima e non ragolamentata in ordini o collegi. Un elemento distintivo di competitività. Rilevante per la nostra Professione e la nostra reputazione professionale. Maggiori informazioni (regolamento, requisiti di certificazione, questionario informativo e link utili) sono disponibili sul sito dell’Associazione www.aidp.it Anche Bob Morton, Presidente EAPM, ci supporta circa la dimensione strategica del Progetto “I am therefore delighted that AIDP is launching its HR Certification scheme. This will support the advancement of the profession in Italy. The future of HR certification looks bright, as long as the nature of Certification evolves to reflect the changing HR function. Most positively of all, certification will become more and more relevant in the increasingly competitive workplace of today, particularly in international companies that want to be able to compare staff across borders and will demand a more internationalised certification”. A conclusione Il Progetto ha un doppio obiettivo strategico, in ottica di medio-lungo termine: • il rafforzamento della Cittadinanza AIDP, come Cittadinanza attiva, titolare di doveri e diritti. • lo sviluppo dell’appartenenza ad AIDP, come la Casa delle Risorse Umane. n 25 pubbliredazionale TAX EQUALIZATION POLITICHE DI NEUTRALITÀ FISCALE PER IL PERSONALE ESPATRIATO Un’attenta pianificazione fiscale è uno dei fattori critici di successo di un’azienda che deve inviare all’estero un proprio manager: già in fase di definizione del pacchetto retributivo da offrire bisogna tener conto della fiscalità del Paese di assegnazione, così da ottimizzare il rapporto fra i costi sostenuti dall’azienda e il netto al dipendente I Andrea Benigni AD di ECA Italia ECA Italia, dal 1994, è un gruppo leader nella consulenza e servizi per la gestione del personale espatriato. Ha un partner di riferimento in ECA International, società di diritto inglese che opera dal 1971 sul mercato dell’International HR con un database di informazioni Paese disponibile on line. Dal 2005 ha costituito Expatriates Key Solutions, società di servizi al 100% controllata che si occupa di gestire in outsourcing i processi di mobilità internazionale delle risorse umane. l dipendente assegnato all’estero sarà quasi certamente tenuto al pagamento di imposte personali sui redditi ivi prodotti, con il rischio di incorrere in una doppia imposizione sul proprio reddito da lavoro dipendente in caso di mantenimento della residenza fiscale nel Paese di origine. Come attenuare questo duplice impatto fiscale? La ratio delle politiche di neutralità fiscale è appunto evitare che il dipendente con incarico stabile all’estero, per la modifica dei rapporti tributari connessi all’assegnazione, debba sopportare un aggravio patrimoniale. La policy fiscale più diffusa - al netto delle numerose “variazioni sul tema” - è la tax equalization basata su un principio di no loss no gain: il dipendente non dovrà sopportare alcun danno, ovvero trarre alcun beneficio economico dall’assegnazione all’estero. Sosterrà infatti un onere fiscale pari a quello che avrebbe sostenuto se avesse continuato a lavorare nel Paese di origine: il datore di lavoro opererà in tal senso una trattenuta fittizia-figurativa (hypothetical withholding tax), per un ammontare pari all’ordinario debito fiscale nel Paese di partenza. Al momento della liquidazione delle imposte nello Stato estero, l’azienda utilizzerà tale ammontare trattenuto; eventuali differenze tra gli importi effettivamente versati e quelli trattenuti rimarranno a carico/beneficio della stessa. È possibile applicare sistemi estremamente complessi di full equalization (che include tutti i redditi del lavoratore, anche quelli personali) o, come prassi più frequente, adottare politiche di partial equalization (“equalizzando” i soli redditi di lavoro dipendente, escludendo le componenti strettamente legate all’assegnazione internazionale e applicando le detrazioni standard per lavoro dipendente e familiari a carico). Pros… L’assegnazione all’estero è assolutamente indifferente ai fini fiscali per il lavoratore. L’azienda potrà finanziare il carico tributario dovuto in Paesi a elevata fiscalità attingendo alle trattenute ipotetiche effettuate nei confronti dei dipendenti inviati in Paesi a fiscalità inferiore. …and con’s: elevato investimento iniziale/ costi di implementazione: nuova policy, nuovo contratto di distacco, review accordi infragruppo, procedure amministrative e contabili più complesse, ricorso a una rete internazionale di consulenti fiscali esterni. La fotografia fornita rende pienamente l’idea di quanto complesso risulti essere il tema della pianificazione fiscale transnazionale: saperla preventivare è una “issue” che non può sfuggire all’agenda di un HR Manager che ha nello sviluppo internazionale uno degli asset di riferimento del business dove è inserito. Dotarsi delle tecnologie adeguate diventa uno dei fattori critici di successo a supporto della Direzione Risorse Umane e non potrà che essere l’HR il Key Player di questo challenge. n reportagedelcongresso DISRUPTIVE INNOVATION CRESCITA E LAVORO Esempi ed effetti dei processi di digitalizzazione sull’economia e sulle organizzazioni di Umberto Bertelè C ome nei campionati di Formula Uno, dove ogni anno vengono modificate le regole che le scuderie in gara devono rispettare, così – anche se con una cadenza più irregolare – accade nell’economia. Ove le nuove regole del gioco possono essere il frutto di scelte prevalentemente politiche oppure possono provenire da innovazioni organizzativo-gestionali, da modalità innovative di lettura del mercato o da innovazioni tecnologiche: quando queste ultime permettono lo sviluppo di prodotti in grado di soddisfare nuovi bisogni o l’introduzione di business model in grado di spiazzare quelli esistenti. È quanto sta accadendo, in questa fase storica, con i processi di digitalizzazione (digitization) in atto in tutta l’economia a livello mondiale. Non c’è impresa o istituzione, in nessun settore, che non si stia chiedendo (o che dovrebbe chiedersi) quali ricadute potrà avere la digitalizzazione per il suo futuro e quali azioni - difensive e/o offensive - intraprendere: per non essere (in gergo) disrupted o per essere essa stessa disruptive o per offrire funzionalità completamente nuove. Esempi di disruptive innovation Pochi esempi tra i tantissimi che potrei citare. • Con il passaggio al formato digitale sfumano i confini fra operatori televisivi, operatori telecom e operatori OTT-Over The Top (quali Netflix o ➤ PIXEL Umberto Bertelè Professore emerito di Strategia e Chairman degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano { Umberto Bertelè STRATE GIA SECONDA EDIZIONE Il testo è tratto dall’Introduzione alla seconda edizione del mio libro Strategia, edito da Egea, che uscirà entro fine anno, un’anticipazione per i lettori di Direzione del Personale. 27 reportagedelcongresso Umberto Bertelè Chairman degli Osservatori Digital Innovation al Politecnico di Milano Tra i fondatori dell’Ingegneria Gestionale, ha ricoperto le cariche di Prorettore delegato, Presidente della School of Management e Presidente del MIP. Ha fatto parte del Collegio per il controllo interno del Ministero del Tesoro e di delegazioni ufficiali in sede GATT, OCSE e G-7. È stato consulente del Servizio Studi di Bankitalia. Ha presieduto per nove anni TAV-Treno Alta Velocità. Già editorialista de Il Sole 24 Ore, è opinionista in diversi programmi radiotelevisivi. 28 Amazon) nella distribuzione dei film e dei programmi televisivi, ed è guerra tutti contro tutti. • Con la crescita dell’offerta gratuita online di news, calano drasticamente sia le vendite del cartaceo sia la pubblicità, costringendo molti dei principali giornali a ristrutturazioni talora violente e abbattendo il numero di edicole: “mai così tanti lettori come ora, ma mai così pochi soldi”. • L’e-commerce, con la sua espansione continua (sempre più via mobile), mette in crisi le grandi catene distributive tradizionali: costringendole negli USA a ridurre i punti vendita, limitandone fortemente in Cina l’apertura di nuovi rispetto alla dinamica della domanda. • La sharing economy, seppur oggetto di forti contrasti, sta modificando profondamente – con società come Uber e Airbnb e con i loro cloni – le regole del gioco della mobilità e dell’ospitalità. • Il sistema bancario-finanziario, storicamente fra i primi a informatizzarsi, è oggetto di una nuova pressione innovativa: con l’entrata degli OTT (quali Apple, Google, Facebook, Alibaba e Tencent) nei pagamenti, nei trasferimenti di danaro e (in Paesi come la Cina) nella gestione del risparmio e nella creazione di banche esclusivamente online; con l’introduzione (anche da parte del più grande fondo di asset management del mondo) di robo-advisor per la piccola consulenza finanziaria, di software cioè in sostituzione degli umani; con il lancio di piattaforme (marketplace lending) per l’erogazione di mutui e finanziamenti alle imprese minori in tempo reale, mediante il ricorso ad algoritmi per la valutazione del merito di credito; con il crowdfunding. • Nemmeno i grandi costruttori di auto possono dormire sonni tranquilli, anche se hanno ancora molte carte da giocare: cambia la scala delle preferenze degli acquirenti, meno interessati alle prestazioni dei motori e più alla connettività, all’infotainment e alle funzioni di supporto alla guida (con il self-driving car all’orizzonte); cresce conseguentemente l’incidenza dell’elettronica, prossima alla metà del costo di produzione, con un ovvio impatto sui profitti; acquista un rilievo crescente la shared mobility, soprattutto nelle grandi aggregazioni urbane, con un impatto sulle vendite; esce dall’irrilevanza l’auto elettrica, portando alla ribalta nuovi attori (come Tesla) in un contesto ove l’esperienza accumulata conta molto meno. • E con Industry 4.0 si prospetta una nuova ondata di cambiamenti, questa volta nel manufacturing: con una combinazione di cloud computing, big data analytics, intelligenza artificiale, IoT-Internet of Things, robotica avanzata e stampa 3D. What do you see as the three most significant drivers of change that will affect your future working life up to the year 2020? % who ranked the driver in their top three Mobile internet and cloud technology 34 Artificial intelligence and machine learning 33 The rise of big data 28 The internet of things 27 Advanced robotics and autonomous transport Advanced manufacturing and 3D printing Shifts in gender equality 25 21 20 Source: Infosys 2016, based on 8.700 interviews • Per non parlare di quelli in atto nella PA, nella sanità e nella formazione. “Today every business is a digital business: non esiste comparto dell’economia in cui non sia presente qualche componente in formato digitale (o digitalizzabile) su cui costruire business model alternativi, con impatti spesso devastanti per le imprese incumbent”, scrivevano Downes e Nunes nel loro libro seminale “Big Bang Disruption. Strategy in the Age of Devastating Innovation” (2013). “Digitization, like electricity, is a generalpurpose technology that underpins a huge share of economic activity”, sosteneva più di recente il McKinsey Global Institute (Digital America, 2015), “Digitization is changing the dynamics in many industries. New markets are proliferating, value chains are breaking up, and profits are shifting. Businesses that rely on playing an intermediary role in a given market are particularly vulnerable. In some markets, there is a winner-take-all effect. For companies, this is an opportunity to reinvent every process with a fresh focus on the customer”. Sulla digitalizzazione scommette il mercato finanziario. Apple, Google e Microsoft occupano le prime tre posizioni per capitalizzazione a livello mondiale; Amazon e Facebook sono nelle top-7. Alibaba - leader cinese nell’ecommerce - è la società che ha raccolto la cifra più alta della storia in sede di IPO: 25 miliardi di dollari. Mentre Uber è la società che è riuscita a raccogliere il capitale di rischio più elevato – 12,9 miliardi – fra le non (ancora) quotate, seguita dalla rivale diretta cinese Didi Chuxing con 8,5. Il nervosismo del mercato, comprensibile per i numeri in gioco, crea però oscillazioni da “montagne russe”. Apple ad esempio, che nel febbraio 2015 “valeva” 775 miliardi di dollari (oltre il 40 per cento del PIL italiano), ne ha persi ben 250 in meno di un anno, per poi invertire di nuovo la rotta. Qual è il ruolo e quale il futuro delle risorse umane in questo processo? La risposta non può essere univoca. Le risorse umane sono allo stesso tempo le maggiori vittime e le protagoniste del processo di digitalizzazione. • Sono le principali vittime, perché rischiano l’espulsione dal sistema non solo quando la digital disruption colpisce le imprese in cui operano, ma anche quando un processo di digital transformation – vitale per la sopravvivenza delle imprese o addirittura per la conquista di una posizione di leadership – comporta un significativo ricambio nelle competenze necessarie. • Sono le principali protagoniste perché è loro compito – a partire dalle posizioni di vertice – individuare creativamente i cambiamenti più o meno radicali da apportare al business model e/o al portafoglio di business, affinchè la digitalizzazione generi valore. n 29 reportagedelcongresso IIT - ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA A COLLOQUIO CON ROBERTO CINGOLANI Le sfide gestionali di un importante player mondiale della ricerca. Dialogo sull’innovazione, sul talento e sul merito che serve per competere in ambito internazionale di Andrea Del Chicca C « Andrea Del Chicca Direttore Risorse Umane, Organizzazione, Relazioni Esterne Ansaldo Energia e Presidente AIDP Liguria 30 { iò che rende unico l’IIT nel panorama nazionale e fra i pochi in Europa, è il fatto di essere una comunità fortemente multietnica. Abbiamo un’età media di 34 anni, ragazze e ragazzi provenienti da 56 nazioni, il 47% del personale viene dall’estero. Abbiamo problemi che vanno dalla multietnicità alla multi-religiosità, dalla mensa allo spiegare la complessità del sistema giuslavoristico e della burocrazia italiana a persone che vengono da Paesi molto più agili del nostro. L’istituto svolge un ruolo pionieristico non solo dal punto di vista scientifico ma anche dal punto di vista dell’organizzazione della ricerca. IIT recluta ricercatori con un meccanismo che è assolutamente innovativo in Italia, ed è usato negli USA e in pochi altri posti nel mondo, le cosiddette call internazionali. Funziona tutto sulla base di un progetto, di un’idea, che scherzosamente chiamiamo “il viaggio su Marte”. Per andare su Marte servono tante competenze specifiche, tutte fondamentali, serve un esperto di alimentazione, uno di motori, uno di gravità, uno di energia... Servono profili molto diversi, senza barriere disciplinari: psicologi, etici, fisici, chimici, ingegneri, medici, tutto quello che ci serve culturalmente per portare avanti il programma. Il reclutamento viene fatto attraverso mezzi di informazione digitale da stampa scientifica internazionale. Individuato il profilo si attiva la ricerca e si crea il search committee, panel di esperti (nessuno dei quali lavora in Italia, per evitare conflitti di interesse), viene fatta una short list delle candidature, i migliori 4 o 5 vengono convocati a Genova dove fanno una presentazione sia agli scienziati sia al panel. Dunque si fa l’offerta al migliore in graduatoria, poi al secondo e al terzo... un po’ come nello sport: ci si permette il calciatore migliore in funzione del budget che si ha». Come si seleziona e come si riconosce il talento in un mondo globalizzato? Come lo si gestisce e lo si valorizza e che rapporto c’è tra il turnover e la retention dei talenti? «Qui il turnover è un elemento essenziale. Gli istituti come il nostro sono a permanenza quinquennale, dopo 5-6 anni il 70% delle persone deve andare via. L’età media della struttura deve rimanere di 34-35 anni. Abbiamo addirittura un vincolo: non superare i 38 anni di età media, tra 15 anni. I permanenti sono quelli che chiamiamo principal investigator: non possono superare il 15% dello staff totale, sono le menti più prestigiose e ricoprono anche incarichi direttivi. Quanto al talento, lo individuiamo e riconosciamo attraverso il meccanismo di reclutamento che ho Andrea Del Chicca e Roberto Cingolani già descritto e attraverso l’azione dei search committee. Poi, bisogna dar modo a questi talenti, per gli anni di permanenza, di esplodere. Come? Gli si dà un budget di cui sono 100% responsabili, totale autonomia, nessun capo e, triennalmente, sono valutati da panel esterni, valutiamo perfino ogni anno la corrispondenza tra previsione e consuntivo del budget (e normalmente i nostri scienziati sbagliano del 2%). Chi performa va avanti. Il nostro salario ha una parte variabile che dipende dalla performance, pratica che è normale in azienda, ma non negli istituti di ricerca. Insomma ai migliori viene consentito di emergere, e prima lo fanno, meglio è, e di usare la loro permanenza come un trampolino. I ricercatori lo sanno. Per questo siamo attrattivi». Lei è professore e manager di organizzazioni. Quali capacità saranno necessarie sempre più in futuro a chi gestirà persone e talenti? «Il nostro comparto è un po’ particolare, la strategia risorse umane delle grandi aziende qui è difficile da applicare secondo canoni standard. C’è un misto di competizione sportiva e di arte in questo mestiere, non c‘è un HR manager che ci può aiutare in questo tipo di reclutamento. Il meccanismo che funziona in ambito scientifico è il peer review, ovvero la valutazione tra pari, con tutti i limiti che Roberto Cingolani Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia È professore di Fisica con diploma di perfezionamento presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Fondatore del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologia a Lecce, è Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. È stato membro dello staff del Max Planck Institut di Stoccarda e Visiting Scientist all’Università di Tokyo. È autore di oltre 46 famiglie di brevetti e 750 articoli scientifici per le più prestigiose riviste e conferenze internazionali. È stato insignito dei titoli di Alfiere del Lavoro (1981) e Commendatore della Repubblica Italiana (2006). ciò comporta: sono gli altri scienziati che devono riconoscere il talento e farlo maturare. Da un altro punto di vista però ci sono dei criteri aziendali che devono essere portati nella ricerca. Lo scienziato non deve pensare di essere un soggetto che vive in un mondo scevro dalle regole del reale. La gestione delle risorse umane poi non è solo talento ma è anche integrazione, soprattutto nei progetti interdisciplinari come quelli che noi sviluppiamo. La vera difficoltà è mettere insieme - in un tavolo di lavoro - un fisico, un chimico, un ingegnere, un medico, un filosofo, un matematico, un computer scientist: quello che succede normalmente, in un mondo competitivo e individualista come quello della ricerca, è che ciascuno ritiene che gli altri siano sostanzialmente un gradino sotto. L’abilità è convincerli e aiutarli a raggiungere quella condizione di serenità per… andare su Marte. Deve funzionare tutto altrimenti su Marte non ci si arriva. Quindi la team building capability, che dipende dalle competenze e dalla pura forza intellettuale. Qui è rispettato, comanda e ha carisma, chi merita, quello che vede prima il futuro, che ha le risposte più sostenibili e che sa gestire i rapporti tra le “prime donne” della scienza». Qual è il rapporto tra le nuove tecnologie e la vita nelle organizzazioni? Come lo vede in futuro? ➤ 31 reportagedelcongresso Quali minacce e opportunità per chi lavora in azienda? «La tecnologia come sempre non è una minaccia ma è un’opportunità. È sempre la stupidità dell’essere umano che rende una tecnologia pericolosa. Il rischio che avverto in questo momento è che, in questo fiorire di digitale e digitalizzazione, si perda un po’ il fuoco. Io ricevo circa 600 mail al giorno, a cui devo dedicare statisticamente 5-6 secondi ciascuna. Se l’informazione fosse luce, oggi ne saremmo completamente abbagliati. E non si può portare gli occhiali da sole tutto il giorno né vivere, dal punto di vista dell’informazione, in un sistema ridondante. Credo che questo sia un problema molto serio in istituti complessi come il nostro. Non mi riferisco alla limitazione dell’utilizzo della posta elettronica, ma alla capacità di selezionare la rilevanza delle informazioni. È diventato così semplice e poco costoso mandare messaggi che ormai anche cose irrilevanti occupano spazio di memoria e tempo dell’utente. A volte mi trovo a rimpiangere quando, dovendo scrivere a mano, ci si doveva un po’ applicare e si tendeva a dare delle priorità, alle cose da dire. Oggi in un istituto come questo è pazzesca la quantità di informazione inutile che circola». Quali le innovazioni più disruptive nell’ambito della nostra vita quotidiana e nelle organizzazioni. E come potranno le nuove tecnologie migliorare la vita che viviamo e la vita dell’azienda? «Quello che credo potrà generare grossi cambiamenti è l’intelligenza artificiale, il machine learning, applicato alla soluzione di problemi e ai benchmark, alle analisi di mercato e di opinione. Il fatto di disporre di sistemi in grado di navigare in immense masse di dati e di tracciare correlazioni apparentemente introvabili, che un essere umano non troverebbe mai o impiegherebbe migliaia di anni di studio, questo è qualcosa che rivoluzionerà il nostro modo di lavorare. Dovremo abituarci all’idea che tutto quello che ci circonda (comportamenti, malattie, ecc.) sarà predittivo. Quando i sistemi predittivi inizieranno a lavorare bene, effettivamente il lavoro e le nostre vite cambieranno radicalmente». Stop the clock for maternity. Come funziona e perché è considerata una best practice a livello internazionale? «IIT ha fatto una politica di genere molto forte. 32 Abbiamo il 41% di donne, un record internazionale. È ovvio che, trattandosi di ricercatrici molto giovani, la permanenza spesso coincide con il periodo di fertilità. Ci siamo posti il problema di come non discriminare la carriera della donna. Ci sono infatti ragioni di sicurezza chimica e strumentale per cui una donna incinta non può stare in laboratorio e questo è un danno enorme per una ricercatrice. Lo stop the clock for maternity prevede che per ogni figlio si sconti un anno dal curriculum: la persona torna più giovane di 1 anno. Statisticamente abbiamo visto che, in un meccanismo di reclutamento come il nostro, ciò rende i curricula tra ricercatrici e ricercatori effettivamente comparabili, relativamente all’età. Lo stop the clock for maternity unitamente al lavoro da casa che concediamo è stato una grande risorsa per attrarre le ricercatrici. Altra cosa che aiuterebbe molto è l’asilo. Stiamo cercando una soluzione logistica per un asilo interno che in un istituto di ricerca è una cosa molto innovativa. Essendo struttura statale, però, la burocrazia complica molto». A suo avviso quale dovrebbe essere il giusto rapporto tra ricercatempi-investimenti e le ricadute sull’azienda e sull’industria? «La risposta va modulata in funzione dell’azienda. Nell’high tech non si può assolutamente prescindere da corposi investimenti in R&D e anche da corposi investimenti pubblici perché bisogna creare ecosistema, l’azienda non può e non deve fare tutto da sola. Per le aziende che hanno un contenuto di tecnologia più basso, l’impatto dell’investimento è più mitigato. Purtroppo sulle alte tecnologie con i numeri piccoli non si va lontano. E in Italia, con più del 70% di PMI, dobbiamo fare i conti con investimenti minori, rispetto a grandi paesi strutturati come Germania, USA e Giappone che hanno grandissime aziende che, oltre a essere disponibili ad investire, sanno generare un indotto molto forte». Un’ultima domanda. Dalla frontiera tecnologica al campo operativo delle organizzazioni: qual è il suo messaggio ai partecipanti del Congresso AIDP? «C’è bisogno di grande intelligenza e di meno burocrazia. Sono 10 anni che lavoro in questo istituto e le norme giuslavoristiche sono cambiate 4 o 5 volte. È stato difficile e costoso da spiegare anche ai nostri ricercatori. Nel comparto ricerche forse è necessaria una contrattualistica di stampo generale, europea, fuori dalla contrattazione pubblica che renda il mestiere del ricercatore e dell’innovatore più attrattivo, anche perché un paese che non investe sui suoi talenti è un paese condannato ad arretrare. Questa cosa la capiamo nel calcio, in cui parliamo di vivaio, ma non la capiamo quando parliamo del futuro della nostra società. Se continueremo a perdere posizioni in tutte le classifiche (investimento, apporto tecnologico, brevetti) sprofonderemo nel- la serie B internazionale nell’arco di due decenni. Quindi, forse, il messaggio potrebbe essere quello di far sentire una voce unita: che pubblico e privato vadano d’accordo nei rispettivi ruoli e richiedere che l’innovatore e il ricercatore siano trattati a livello sociale in maniera riguardosa della propria specificità. Questo mestiere è di pura competizione: il contratto deve essere strutturabile per consentire la migliore competizione se non vogliamo perdere tutte le gare». n L’ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA (IIT) È una fondazione, istituita con D.L. 269/03, convertito con Legge n. 326/2003, finanziata dallo Stato per lo svolgimento di attività di ricerca scientifica di interesse generale, per fini di sviluppo tecnologico. Promuove l’eccellenza nella ricerca di base e in quella applicata e di favorire lo sviluppo del sistema economico nazionale. Lo staff complessivo: 1470 persone. L’area scientifica è rappresentata da circa l’85% del personale. Il 47% dei ricercatori proviene dall’estero, da oltre 50 Paesi. Il personale scientifico è composto da 60 principal investigators, 140 ricercatori e tecnologi di staff, 500 post doc, 400 studenti di dottorato e borsisti, 160 tecnici. Oltre 300 posti creati su fondi esterni. Età media 34 anni. 41% donne / 59 % uomini (dati al 31/12/2015). La produzione di IIT (a giugno 2016) vanta oltre 6990 pubblicazioni, 130 progetti Europei e 11 ERC, 350 domande di brevetto attive, 13 start up costituite e altrettante in fase di lancio. Dal 2009 l’attività scientifica è stata ulteriormente rafforzata con la creazione di undici centri di ricerca IIT nel territorio nazionale (a Torino, due a Milano, Trento, Parma, Roma, due a Pisa, Napoli, Lecce, Ferrara) e due outstation all’estero (MIT ed Harvard negli USA). 33 reportagedelcongresso IL FUTURO DELLA PROFESSIONE HR La ricerca HRCS guidata da Dave Ulrich, a cui AIDP ha partecipato e che è stata presentata al Congresso da Even Bolstad, Managing Director HR Norge, fornisce valide indicazioni per un modello di riferimento che aiuti i professionisti HR a tradurre in azioni concrete la loro, ormai antica, aspirazione a ricoprire un ruolo strategico all’interno dell’impresa. Eccone una sintesi per i nostri lettori di Filippo Abramo Filippo Abramo Past President AIDP e EAPM Una carriera in grandi aziende italiane e multinazionali, dal commercio al dettaglio, all’elettronica ai settori alimentare, chimico, farmaceutico e bancario (Banco di Sardegna, Recordati, WRGrace, Boston, Telettra, Rinascente), ricoprendo tutte le posizioni nell’area risorse umane e organizzazione dall’ufficio di selezione a HR Director Centrale. Presidente EAPM (2011 – 2013), Presidente Nazionale AIDP (2011 -2014), dal 2014 è Presidente di Federmanagement. 34 L { a ricerca HRCS - Human Resource Competency Study - è stata condotta nel 2015 da Dave Ulrich dell’Università del Michigan e da EAPM (European Association for People Management) ed è parte di uno stu- dio mondiale a cui hanno contribuito più di 4.000 professionals HR appartenenti ad oltre 1.500 aziende. Tale ricerca viene realizzata periodicamente da circa 25 anni e rappresenta un barometro interessante per misurare lo stato della professione a livello internazionale. AIDP vi ha partecipato per l’Italia, e i risultati sono stati presentati al Congresso Nazionale di Bari. Riteniamo possa essere di grande utilità, per tutti coloro che non hanno potuto partecipare al Congresso, conoscere alcuni dei principali risultati rinviando, per la presentazione completa, agli atti congressuali disponibili sul sito dell’Associazione - www.aidp.it. Cosa influenza la performance percepita dei singoli professionisti HR? La ricerca ha evidenziato che circa il 50% della performance percepita dei professionisti HR viene dalle loro competenze percepite. Vale a dire che il successo nel business arriva quando si è capaci di trasmettere la strategia aziendale in azioni concrete. A questo scopo i professionisti HR devono essere STRATEGIC POSITIONER, cioè devono conoscere il contesto del proprio business, la relativa strategia aziendale ed essere, quindi, sicuri di muovere le persone nella giusta direzione. Per potere muovere le persone, devono essere CREDIBLE ACTIVIST, cioè devono avere rapporti di fiducia e di influenza con le persone chiave della propria organizzazione. Entrambe queste competenze sono chiave per elevare le performance di tutta l’azienda. Ad esse va aggiunta una terza competenza che Ulrich chiama PARADOX NAVIGATOR, cioè l’abilità di navigare in situazioni complesse e piene di tensione (es. lungo termine vs breve termine, centralizzazione vs decentramento, interno vs esterno). I professionisti HR si trovano spesso ad operare in reali situazioni contraddittorie che devono comunque essere risolte: navigare con sagacia in mezzo a queste turbolenze è la terza competenza chiave per l’HR. La ricerca identifica altre tre competenze ag- 2016 HR COMPETENCY MODEL Il grafico e la presentazione completa sono disponibili negli atti congressuali sul sito AIDP. HUMAN CAPITAL CURATOR CULTURE AND CHANGE CHAMPION STRATEGIC POSITIONER TOTAL REWARDS STEWARD CREDIBLE ACTIVIST PARADOX NAVIGATOR TECHNOLOGY AND MEDIA INTEGRATOR COMPLIANCE MANAGER ANALYTICS DESIGNER AND INTERPRETER giuntive che possiamo definire “facilitatrici”, vale a dire che aiutano a trasformare la strategia in azioni concrete. Esse sono: • Culture and Change Champion: abilità ad attivare dei processi di cambiamento, anche rispetto alla cultura aziendale; • Human Capital Curator: abilità a gestire il capitale umano dell’impresa sviluppando il talento, la leadership e le competenze tecniche a tutti i livelli; • Total Rewards Steward: abilità a gestire e sviluppare il benessere aziendale tramite ricompense monetarie e, soprattutto, non monetarie. Un set finale di altre tre competenze ha caratteristiche più di natura tattica: • Technology and Media Integrator: abilità a utilizzare al meglio la tecnologia e i social media; • Analytics Designer and Interpreter: abilità a usare i dati per la presa delle decisioni; • Compliance Manager: abilità a conformarsi a direttive e linee guida. Cosa influenza la performance percepita dei reparti/team HR? Un dato importante emerso dalla ricerca è che per i vari stakeholders interni, le attività rivolte ai gruppi e team HR sono molto più importanti delle competenze espresse dai singoli professionisti HR. Questo sottolinea che il team HR è molto più importante dei singoli: gli stakeholders apprezzano i risultati forniti dalla squadra HR più che dei singoli operatori e le attività maggiormente apprezzate sono: • Employer performance HR practices: le attività HR che aiutano le persone a sviluppare le loro abilità e competenza (formazione, engagement, performance appraisal); • Integrated HR practices: attività HR che offrono soluzioni integrate e innovative ai problemi aziendali complessi (sviluppo di una strategia HR, coerente con la strategia organizzativa, fornire un modello di cambio o di crescita, ecc.); • HR Analytics practices: trarre valore aggiunto dalla gestione dei dati e delle informazioni, sia interne che esterne. n 35 reportagedelcongresso DEDICATO AI RESPONSABILI DELLE RELAZIONI UMANE Nella partitura congressuale un momento indimenticabile ed emozionante: l’intervento di Pier Luigi Celli, Enzo Spaltro e Giuseppe Varchetta sui temi caldi della professione, moderato da Paolo Iacci, Presidente AIDP Promotion, e il riconoscimento, sul palco di Villa Romanazzi Carducci, del titolo di Socio Onorario AIDP a cura della Redazione – [email protected] “Il benessere dipende dalla possibilità di esprimersi” E. Spaltro ENZO SPALTRO La funzione personale nasce dagli ex militari in pensione che facevano paghe e contributi e svolgevano un’attività di vigilanza e controllo sul personale. Una lunga storia dunque, eppure possiamo dire che la professione non è ancora nata. La professione si crea quando c’è un’origine esterna e una interna del sapere e del vantaggio che questa professione genera. Per ora i direttori del personale hanno tratto la loro legittimità soprattutto da origini esterne. Si sono spesso identificati con la normativa, con una direzione del personale sindacale, conflittuale e meno con gli aspetti più soggettivi, interni, che ancora vengono considerati come utopistici, sottovalutando l’aspetto relazionale e sopravvalutando l’aspetto giuridico e formale del lavoro, nonostante alcuni grandi sforzi e pregevoli tentativi. Questo orientamento non ha tenuto conto anche 36 del radicale cambiamento in corso nel lavoro: il passaggio dalla millenaria società bellico-quantitativa-economica alla nuova società connettivaqualitativa-soggettiva. Le speranze risiedono nella possibilità che il raggio d‘azione della funzione personale si espanda, e che il lavoro sia la futura moneta per la produzione di bellessere per la promozione di una società benestante. Sono convinto che occorre ri-centrarci sul Benessere che il lavoro può e deve produrre, diffondendo l’idea per cui chi sta bene produce ricchezza per tutti i protagonisti del lavoro. I cardini per lo sviluppo di benessere nel mondo del lavoro sono: l’idea di cittadinanza d‘impresa; la gestione in termini non bellici del negoziato; l’utilizzo del premio piuttosto che del castigo, del perdono (che ci consente di affrontare conflitti tradizionalmente insolubili, come quello tra uomo e donna) piuttosto che della vendetta; l’attenzione alle attitudini e ai sentimenti piuttosto che all’omologazione; l’ampliamento dell’orizzonte ➤ POLITICA E DIRITTO Pier Luigi Celli Senior Advisor AD Poste Italiane Laureatosi in Sociologia all’Università di Trento, matura significative esperienze come responsabile della gestione, organizzazione e formazione delle risorse umane in grandi gruppi. Nel 1998 è Direttore Generale della RAI. Dopo aver ricoperto ruoli fondamentali nello start up di nuove attività per la telefonia mobile (Wind e Omnitel) è stato, per un breve periodo, alla guida di Ipse 2000, società di telefonia per l’UMTS. Dal 2002 al 2005 è in Unicredito Italiano come Responsabile della Direzione Corporate Identity. Dal 2005 al 2013 è Direttore Generale dell’Università LUISS Guido Carli e dal 2013 a 2014 è in Unipol come Senior Advisor Corporate Identity, Comunicazione e Relazioni Istituzionali. È Presidente dell’Enit dal 2012 al 2014. Dal 2014 è in Poste Italiane in qualità di Senior Advisor dell’Amministratore Delegato. Enzo Spaltro Presidente Fondazione Enzo Spaltro e Responsabile Scientifico UP - Università delle Persone Medico, laureato in clinica medica e specializzato in medicina del lavoro. È considerato il pioniere della Psicologia del lavoro in Italia. È stato per due volte Presidente della SIPS (Società Italiana Psicologia). È lo studioso italiano più conosciuto al mondo nel campo della psicologia del lavoro e delle relazioni industriali. Ha insegnato in molte università straniere, dagli Stati Uniti al Sud America, all’Europa. È stato Professore ordinario per trenta anni presso l’Università di Bologna. Dirige l’Università delle Persone a Bologna. Ha scritto più di 80 libri e moltissime pubblicazioni scientifiche. Ha fondato nel 1968 con Alberto Mondatori e Caio Primo Odescalchi la Rivista “Psicologia e Lavoro” di cui è Direttore. Ha collaborato con più di duecento prestigiose imprese italiane, fra le quali Eni, Barilla, Ferrero, Italsider, Alitalia. È consulente di prestigiose Istituzioni ed Associazioni. Giuseppe Varchetta Psicosocioanalista, Past President Ariele, consulente di formazione e sviluppo organizzativo Psicologo dell’organizzazione di formazione psico-socioanalitica, socio fondatore e past president di Ariele, dopo una lunga esperienza nell’area della formazione, dello sviluppo organizzativo e della gestione del Personale, è stato Professore a contratto presso l’Università Statale Bicocca di Milano, dove ora collabora come cultore della materia. Consulente di formazione e sviluppo organizzativo, membro della redazione della rivista Educazione sentimentale, ha al suo attivo molte pubblicazioni in tematiche di formazione e sviluppo organizzativo. 37 reportagedelcongresso temporale e infine il passaggio dal lavoro buono al lavoro bello. Così potremo decretare la fine dell’era delle Risorse Umane e centrare la funzione personale sul benessere e sulla connessione continua tra PERSONE, IDEE e INNOVAZIONI. Il passaggio dalla cultura della guerra alla cultura delle connessioni è uno dei criteri fondamentali a cui la professione dei direttore del personale – o meglio dei Responsabili del benessere lavorativo – si dovrebbe ispirare per il proprio sviluppo. Consentendo alla dimensione umana di puntare chiaramente all’equazione bellessere = benessere + sicurezza. Il mio invito quindi è a non perdere l’occasione del rilancio di una professione (strategica, imprenditoriale, manageriale o consulenziale) che sta oggi nel vortice, ansiogeno ma affascinante, del passaggio dalla cultura bellica alla cultura connettiva. Una professione dedicata alla creazione di benessere nel e dal lavoro potrebbe diventare il centro del vivere benestante e il segreto per passare da un lavoro etico e buono a un lavoro estetico e bello. n “Non possiamo avere persone flessibili in organizzazioni rigide” P. L. Celli PIER LUIGI CELLI Ho iniziato ad occuparmi di personale quando sono arrivato all’ENI. Venivo dal Pubblico, dalla direzione degli studi economici della Provincia di Bolzano. Ho avuto un maestro straordinario che mi ha dato alcune dritte che mi sono poi molto servite nei 20 anni successivi in cui mi sono occupato di personale. Mi aveva dato quattro consigli. I primi 3 li 38 ho capiti subito perché me li faceva praticare nel durante: 1) Le riunioni non devono durare mai più di un’ora. Nella seconda ora, in genere, si distrugge quanto combinato nella prima. 2) Un libro e un viaggio non si negano mai a nessuno. Ricordati che è la curiosità che salverà il mondo. 3) Quando avrai la possibilità di trovarti dei collaboratori scegli quelli che parlano poco e che non hanno bisogno di dover dimostrare sempre qualcosa. Il quarto consiglio l’ho capito dopo. 4) Scegli gli esperti per fargli fare il mestiere che sanno fare, ma mettiti attorno gli uomini che hanno dei saperi perché questi ti danno il senso delle cose che stanno capitando. Quando sento insistere sulle competenze, ho qualche prurito. Ho sempre pensato che è il sapere quello che aiuta in azienda, più che la competenza esplicita. Se la competenza non trasloca nell’area del sapere e quindi, in qualche modo, si connòta, si “sporca” nel saper fare, nel dare il senso, il suono e il sapore di quello che uno fa, in realtà il mestiere lo si fa male. Tornare a valorizzare i saperi, allargati, anche spuri, non riconducibili a semplici competenze ed expertise, credo sia qualcosa che meriti di essere riconsiderato. I principali paradossi della funzione HR oggi. Un AD di un grande gruppo, interrogato in una nota università su come si fa il cambiamento, sostanzialmente ha detto “mettendo al muro le persone che non ci stanno”. Ho sempre creduto che un capo del personale, per fare bene il suo mestiere, deve volere bene alle persone con cui lavora. Mi sembra invece che si è diventati più esperti nel soddisfare quelli che ci stanno sopra piuttosto che nel capire quelli che ci stanno sotto. Io credo che un capo del personale – una volta capito quello che vogliono quelli che stanno sopra – per fare bene il suo mestiere, debba appunto preoccuparsi più di quelli che stanno sotto. Questo aiuta a risolvere un sacco di problemi, al di là delle competenze che uno ha. Fare questo comporta un sacrificio in termini di tempo dedicato. E il tempo manca a tutti, o almeno così sembra. L’innovazione sembra che bruci il tempo, POLITICA E DIRITTO DI ISABELLA COVILI FAGGIOLI / PRESIDENTE NAZIONALE AIDP SOCIO ONORARIO AIDP Il momento altissimo del riconoscimento a Socio Onorario AIDP di Pier Luigi Celli, Enzo Spaltro e Giuseppe Varchetta ci ha regalato pensieri e sollecitazioni che da sole valgono il Congresso. Sono molto orgogliosa. La standing ovation e i 10 minuti di applausi hanno commosso di affetto più di un partecipante, per questi maestri che ci onorano, ma soprattutto di gratitudine per quello che ci hanno dato e che ci continuano a dare. È merito del loro pensiero se continuiamo a crescere individualmente e come categoria. E, grazie alla loro vicinanza e all’entusiasmo con cui hanno accolto il nostro riconoscimento, AIDP è un punto di riferimento indiscusso. quando invece dovrebbe consentirci di disporne di più. La mattina, siamo già in ritardo! È una sensazione che ci accompagna sempre e che non ci consente di recuperare uno spazio fondamentale: l’attesa. Ovvero la capacità di riflettere, di perdere quel tempo necessario per guadagnarlo nel medio-lungo termine. Questo è un altro dei paradossi che ha di fronte il capo del personale, perché le aziende ormai sono organizzate per gestire solo le aspettative delle persone. L’attesa è diventata una perdita di tempo. Campiamo tutti di aspettative. Ma se non c’è la capacità di attendere, di educare all’attesa... avere solo delle aspettative è un fatto enormemente egoistico, individualistico, personale che non porta quasi mai bene alle aziende nel loro complesso. La seconda considerazione credo sia ancora più difficile da maneggiare. C’è all’interno delle nostre organizzazioni un eccesso di sofferenza delle persone (che porta anche ad ammalarsi) che deriva dal fatto fondamentale che si chiede flessibilità e adattamento, mentre le organizzazioni tendono ad essere rigide e gerarchiche. Come facciamo a conciliare la flessibilità delle persone e la gerarchia delle procedure che le ingabbiano? Capisco che l’organizzazione rigida salva e tutela la gerarchia ma credo che i nuovi mestieri, le nuove tecnologie e i nuovi tipi di sfide che abbiamo davanti se richiedono flessibilità non possono richiederla solo alle persone ma anche alle strutture, alle organizzazioni e quindi anche a quelli che comandano che in qualche modo hanno, nella linea gerarchica, tutelata o ipertutelata la possibilità di mettersi al riparo da quanto succede, più di quanto non mettano al riparo quelli che lavorano con loro. n “Le HR non hanno confini, scrivanie o uffici. Hanno i pattini, per poter essere dappertutto” G. Varchetta GIUSEPPE VARCHETTA Il paradosso che riguarda l’HR è come conciliare l’uno, la specificità, la differenza, la soggettività, la peculiarità in una unità. Queste differenze hanno diritto a una casa comune, e spetta al direttore HR costruirla. È una conquista della post-modernità. Propongo una piccola idea che ci può aiutare: la differenza tra sostanza e intensità. Le sostanze hanno confini, cartografie, topologie molto precise. Il marketing, le vendite, la produzione, la logistica ottimizzata, la finanza, sono sostanze. La direzione del personale è un’intensità: non ha un ufficio, non ha una scrivania, ha i pattini, va in giro per l’azienda e regala a tutti tensione, intensità, amore e cura. Non c’è nulla di paradossale e non c’è nulla di retorico. È estremamente operativo non avere un ufficio, non avere una scrivania e avere i pattini, non avere dei confini, non aver un punto sulla carta geografica ma essere ovunque. Vi faccio un augurio dunque: smettetela di essere quelli delle risorse umane e, come ha detto Spaltro, tornate ad essere quelli delle relazioni umane! n 39 reportagedelcongresso AIDP AWARD 2016 PREMIATE 7 AZIENDE CHE SCOMMETTONO SU PERSONE E LAVORO! H A cura di Sonia Rausa Responsabile Comunicazione AIDP R AGILITY è la parola chiave che AIDP ha proposto quest’anno alle Direzioni del Personale come esercizio di sfida. Il round finale e la premiazione si sono svolti nella seconda giornata congressuale, il 28 maggio scorso. Obiettivo e spirito del concorso: condividere, raccontare e promuovere la professione (anche al di fuori dell’ambito HR), attraverso i suoi esempi più belli e suggestivi. Le schede progetto, le interviste ai vincitori, e tutto su AIDP AWARD sono disponibili sul sito dell’Associazione, nella sezione degli Atti Congressuali. Di seguito la sintesi dei progetti premiati e i commenti dei protagonisti. “In quest’epoca contrassegnata dalla digital transformation le donne e gli uomini del Personale hanno una nuova sfida da affrontare: comprendere, immaginare e governare le implicazioni di un cambiamento della società, del business e delle persone a cui viene chiesta agilità organizzativa. E la responsabilità di prendersi cura e accompagnare le persone allenandole a tutto questo, a modelli di business inusuali, alle possibilità offerte dalla tecnologia” – Gabriele Gabrielli, Presidente Commissione AIDP Award – “Pensiamo a un’agilità sapiente, che si ottiene facendo lavorare molti muscoli, alcuni più intensamente che nel passato per sfruttarne elasticità e resilienza”. Premio speciale della Giuria per la PA Innovazione e sviluppo dell’Organizzazione Comune di Bologna 1° classificato FlexAbility 3M Italia 2° classificato One week in your shoes Koelliker 3° classificato APP Però Puro 4° classificati (ex aequo) • HCC Human Capital Coverage ERG • Workday Sanofi • “Organized” Business Transformation Sirti COMMISSIONE DI VALUTAZIONE Gabriele Gabrielli Docente Università LUISS Guido Carli e Presidente Fondazione Lavoroperlapersona Gustavo Bracco Coordinatore Comitato Scientifico Nazionale AIDP e Senior Advisor Risorse Umane Pirelli Enrico Cazzulani Segretario Generale AIDP e Partner Arethusa Roberto Ferrari Senior Partner ISMO Alessio Tanganelli Regional Director Spain, Italy, Brazil, Top Employers Institute 41 reportagedelcongresso 39 grandi aziende in gioco 7 5 2 commissari gradi di giudizio la Giuria di esperti e la comunità HR convenuta al Congresso progetti premiati 1 1 premio speciale della Giuria per il miglior progetto in ambito PA al Comune di Bologna parola chiave: HR Agility PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA PER LA PA INNOVAZIONE E SVILUPPO DELL’ORGANIZZAZIONE COMUNE DI BOLOGNA In un contesto in cui occorre “fare di più con meno” (spending review, norme sulla semplificazione e dematerializzazione di procedure…) si è favorita la crescita dell’efficienza ed efficacia dell’amministrazione applicando la metodologia della partecipazione, con un modello di leadership basato sulla centralità della ‘relazione’ e del ‘co-sviluppo’, inco- raggiando in modo innovativo le persone a partecipare alle attività di miglioramento (social intranet, cantieri dell’innovazione, carta dei valori, sistema di misurazione e valutazione della performance…). Investendo in un percorso partecipato di sviluppo del benessere organizzativo in cui i protagonisti sono tutte le Persone dell’Ente. “Nel 2011 sono stati bloccati i contratti dei dipendenti pubblici, le progressioni di carriera e posto un limite al tetto della premialità. Avevamo meno risorse, meno persone, sempre più anziane, e cittadini con bisogni crescenti. Dovevamo scegliere se giocare in difesa o se andare in direzione ostinata e contraria. La decisione è stata facile. Le parole chiave erano chiare dall’inizio: coinvolgere - ascoltare - partecipare. Volevamo migliorare i processi organizzativi e quindi i servizi ai cittadini utilizzando le idee delle persone. Abbiamo scommesso sulle persone: • mettendo le loro competenze a servizio dell’organizzazione con i Laboratori di Miglioramento; • rendendole i primi attori del cambiamento con la creazione della rete degli Agenti del Cambiamento; • costruendo la Carta dei Valori con un cantiere di discussione e confronto; • rilevando il Benessere Organizzativo con la definizione partecipata del questionario e delle azioni di miglioramento; • pianificando una comunicazione interna che facilita la creazione, lo scambio, la condivisione di informazioni, conoscenze, valori; • sostenendo le persone più fragili e in difficoltà con l’ascolto e l’attività di mediazione della rete dei Consiglieri di Fiducia”. Mariagrazia Bonzagni Capo Area Personale e Organizzazione Comune di Bologna 42 1° PREMIO FLEXABILITY 3M ITALIA È un modello di gestione dell’organizzazione che inserisce nuove forme di flessibilità e nuove tipologie di lavoro (es. remote working, aspettativa non retribuita di lunga durata). Le persone possono gestire il proprio tempo nella maniera più produttiva, con strumenti semplici e accessibili, bilanciando vita privata e lavorativa. “Il modello FlexAbility reputa importante tutto ciò che va a toccare il piano personale, emotivo e sociale. Richiede inoltre la responsabilizzazione di tutti i supervisori e i dipendenti. Tutto ciò si sviluppa in un contesto che lavora sempre più in una matrice internazionale, fluida e in trasformazione, comunque molto attenta alle persone. Ci siamo concentrati, tra gli altri, sugli aspetti di gestione dell’orario di lavoro e di modalità della prestazione lavorativa, introducendo alcune importanti innovazioni, tra cui: FlexTime: no timbratura per i Quadri. Massima flessibilità giornaliera per i non Quadri (con presenza minima di 3 ore). RemoteWorking: possibilità di lavorare in maniera personalizzata da qualunque luogo senza restrizioni! Holiday Purchase: possibilità di “acquistare” fino a due settimane aggiuntive di ferie. Career break: aspettativa non retribuita di lunga durata. Questi strumenti si aggiungono al telelavoro già in uso in azienda per alcune fasce della popolazione aziendale. Nel riconoscere flessibilità, l’azienda pone inoltre particolare attenzione alle persone con problemi personali e alle neomamme (es. progetto Moms & Maternity). Ulteriore elemento di innovazione è che FlexAbility è diventata per tutti argomento di cui parlare nell’ambito della valutazione della performance del dipendente”. Gianluca Liotta Country Head HR and Legal Affairs 3M Italia 2° PREMIO ONE WEEK IN YOUR SHOES KOELLIKER Le persone sono state chiamate (per una settimana) a vestire i panni degli altri, scambiandosi di ruolo. Ampi i risultati a cascata: aumento del rispetto e della comprensione del lavoro altrui, della fiducia reciproca, del problem solving, della collaborazione e del lavoro di squadra. “L’intuizione è innovativa quanto banale: solo mettendosi nei panni degli altri si può capire, entrare in sintonia, smontare i preconcetti. Tanto banale che non si fa. E allora ci pensano quei matti dell’HR che … con gentile ma ferma imposizione lo mettono in pratica. E ciò che accade, alla fine, ha del sorprendente. Canali di comunicazione che si spalancano, amicizie che nascono, la voglia di aiutarsi che sorge spontanea. Si comprende il motivo di alcune risposte o non risposte del collega, i picchi e le difficoltà, che il lavoro degli altri è non meno complicato del proprio, il front office inoltra le proprie richieste sapendo cosa comportano per chi “sta dentro”. I capi apprezzano di più i collaboratori, e questi si rendono conto che le giornate dei capi sono da mal di testa”. Marta Signore Direttore Risorse Umane e Organizzazione Gruppo Koelliker 43 reportagedelcongresso 3° PREMIO APP PERÒ PURO La Direzione Risorse Umane offre una serie di risposte concrete “smart” ai dipendenti relative allo sviluppo di carriera e ai servizi di welfare premiando i comportamenti virtuosi e attenti alle tematiche ambientali e alla mobilità sostenibile (pool-car/APP wecity), coerenti con la mission e la tipologia dei prodotti aziendali. I dipendenti fruiscono dei servizi con APP e smartphone, con leggerezza, agilità e simpatia. “Mi chiamo Rachele, sono pugliese ed ho 36 anni. Dal 7 gennaio 2016 sono HR Manager di PURO SPA. Il progetto APP Però è una delle più importanti scommesse della mia vita. Al momento dell’assunzione, Aurelio Goldoni, titolare e fondatore dell’Azienda, mostrandomi un foglio bianco, mi disse: «Lo vede questo foglio? Questa e la situazione delle Risorse Umane da noi. Questo foglio lo deve riempire Lei». Mi sono chiesta allora, cosa posso fare nei primi 60 giorni per dare subito un senso al mio ruolo in questa Azienda? Il primo obiettivo è stato quello di far capire alle persone quanto erano importanti e che l’Azienda contava su di loro. È venuto facile, così, pensare cosa loro avrebbero gradito oltre all’attenzione dell’Azienda nei loro confronti. Sono partita dai prodotti che fa la PURO e dal mondo degli Iphone e delle APP, ovviamente a tutti familiari, insieme a uno studio sui dipendenti (che avevano le “batterie scariche”). Da qui è nato il progetto APP Però e la costruzione di una serie di APP e servizi per loro che potete vedere sparando il QR Code qui sotto”. Rachele Monaco HR Manager PURO 4° PREMIO EX AEQUO HCC HUMAN CAPITAL COVERAGE ERG Il progetto sviluppa uno strumento in grado di fornire una misurazione del rendimento del capitale umano, legittimando l’azione HR nella logica dell’investimento e non del costo. HCC genera un algoritmo di calcolo utile per la 44 misurazione degli intangibili: una chiave di volta nella gestione finanziaria di ogni azienda e uno strumento per introdurre nei bilanci aziendali il valore del capitale umano. “Diciamo la verità: quante volte, nei consigli di amministrazione o nei comitati di direzione, ci siamo sentiti in condizione di inferiorità davanti agli approcci (pseudo) quantitativi delle altre direzioni aziendali? Combattere ad armi pari. Per portare la Direzione del Personale sempre nel cuore dei meccanismi decisionali dell’Azienda. È questa l’istanza fondamentale alla base del progetto HCC del Gruppo ERG. Il progetto è partito con la fotografia dei 147 ruoli organizzativi e delle 362 Skills necessarie per la loro copertura. Si è quindi passati a definire i profili di competenza target poi, con l’assessment a definire il livello di copertura di ogni posizione e il gap esistente tra profilo atteso e agito. Si è quindi definito un algoritmo di calcolo che ha generato come risultato il livello di copertura individuale e per ogni unità organizzativa in termini di punteggio assoluto e percentuale da rapportare al Costo del Lavoro. Il progetto ha avuto una rilevanza strategica nell’ambito del processo di business turnaround del Gruppo ERG che si è trasformato da azienda OIL a primario operatore della CleanTech industry. Il logo HCC è stato registrato presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti”. Alberto Fusi Chief Human Capital Officer ERG 4° PREMIO EX AEQUO WORKDAY SANOFI La digital & social transformation è il volano per promuovere il cambiamento culturale ed organizzativo. Agisce sui processi, sulle competenze e sulla passione dei singoli per costruire team efficaci e allenare o reclutare abilità professionali specialmente in area digital, proponendo pratiche più aperte e trasparenti fondate su condivisione, reputazione e forte collaborazione. Molteplici gli interventi: webinar, open session, training, social academy, assessment... che hanno coinvolto circa 110.000 dipendenti Sanofi nel mondo. “L’obiettivo è quello di migliorare gli standard e la qualità di vita dei pazienti, ma anche diventare un polo di attrazione per talenti, dove le persone possano mettere a frutto il proprio talento e sviluppare le proprie competenze. Questa trasformazione culturale dell’organizzazione richiede, da parte dei dipendenti, un rafforzamento dei team e una maggior collaborazione trasversale. Servono le persone giuste al posto giusto e un sistema di gestione che possa aiutare l’azienda a valorizzare al meglio le proprie risorse, per condividere e mettere a fattor comune competenze e aspettative in modo più efficiente. Workday rappresenta la risposta delle Risorse Umane a questa necessità di innovazione: una piattaforma web dedicata ai dipendenti, con una connotazione attuale e intuitiva, in grado di coinvolgere e ingaggiare le persone nella sfida quotidiana al miglioramento di qualità ed efficienza“. Laura Bruno Direttore HR Italia Malta Sanofi 4° PREMIO EX AEQUO “ORGANIZED” BUSINESS TRANSFORMATION SIRTI Il programma di Sirti, azienda leader nel mercato delle infrastrutture TLC, lavora sull’identità organizzativa aziendale, in linea con il Piano Strategico. Da un lato, un “incubatore” di progetti innovativi fa evolvere i modelli di funzionamento interni (organizzazione, processi e sistemi) in logica agile e lean. Dall’altro lato, percorsi di empowerment e di rafforzamento delle competenze massimizzano il contributo delle risorse alla realizzazione della trasformazione aziendale in termini di efficacia. “Organized Business Transformation è una piattaforma che lavora sull’identità organizzativa aziendale, agendo sulla trasformazione del modello di funzionamento interno e sullo sviluppo continuo delle competenze distintive. Il programma opera su due direttrici: • Transformation Management System: guidato da HR, un team multifunzionale che implementa soluzioni evolutive e misurabili attraverso l’analisi delle organizzazioni e dei relativi processi di lavoro. I risultati ottenuti in termini di semplificazione dei processi di supporto (approccio lean) e di incremento di efficacia e produttività dei processi core, portano benefici tangibili all’azienda. Queste success story sono fonte di ispirazione e alimentano il ciclo stesso della trasformazione perché infondono nelle risorse consapevolezza ed engagement. • Performance Journey: un percorso di empowerment delle risorse e di rafforzamento delle competenze. Un solido sistema professionale abilita percorsi formativi integrati, con benefici diretti in termini di rapido e mirato sviluppo di competenze, nonché di contributo attivo alle iniziative di trasformazione”. Clemente Perrone Vice President, Head of Organization & Transformation Dept Sirti 45 reportagedelcongresso GESTIRE IL CAMBIAMENTO SENZA LASCIARE INDIETRO NESSUNO CEO E HR A CONFRONTO La centralità delle persone è il leitmotiv della retorica manageriale e un mantra buono per ogni occasione. Intorno a questo tema abbiamo chiesto a CEO ed HRM di confrontarsi in modo molto concreto, tra il dire e il fare. Molte le convergenze e tre le principali criticità emerse di Enrico Sassoon Enrico Sassoon Direttore Responsabile, Harvard Business Review Italia N { on lasciare indietro nessuno. Se si vuole sintetizzare in una frase, in un concetto, quanto è emerso nel dibattito tra Ceo e direttori HR al recente Congresso AIDP di Bari, possiamo scegliere proprio questa idea centrale, espressa in modi diversi e a fronte di problematiche differenti. Il tema del dibattito è stato La centralità della persona. Tra il dire e il fare... E una realtà è risultata evidente: in un periodo che assomma una crisi economica strisciante e un cambiamento tecnologico in continua accelerazione, le persone fanno sempre più la differenza. Non solo i talenti, le rising star, gli alti potenziali, ma ogni persona perché ciascuno, a suo modo, ha dentro un talento e compito del management, specie dei direttori HR, è quello di creare lo spazio affinché emerga e si possa esprimere. Certo, come dice il titolo della tavola rotonda, tra affermare questo obiettivo e realizzarlo c’è un mare di cose da fare e di politiche da inventare e realizzare. Che non dipendono solo dalla capacità dei responsabili delle risorse umane, ma anche dalle persone stesse, singolarmente prese, dal sistema educativo e di formazione e, in definitiva, da tutto il sistema-Paese che ci circonda. 1) Nel corso del Congresso di Bari un aspetto è risultato evidente: il cambiamento è la regola, il new normal, ed è sempre più rapido. Le compe- 46 tenze richieste cambiano e difficilmente quelle acquisite nel periodo canonico dell’istruzione e della formazione reggono per tempi lunghi. Anzi, occorre abituarsi a un nuovo ritmo che preveda fin dall’inizio l’alternanza di periodi di formazione e periodi di lavoro. Organizzare questa alternanza è una sfida, ma può essere vinta a patto che ogni persona sfidi se stessa, investa sulla propria formazione e sull’evoluzione delle proprie competenze. In questo aiutata dall’azienda ma anche dal sistema-Paese. E a questo proposito va rilevata una criticità: le norme per far funzionare le politiche attive del lavoro, previste dal Jobs Act, non sono ancora disponibili e tutto il meccanismo permane bloccato, rendendo arduo portare avanti l’idea dell’alternanza, dell’aggiornamento delle competenze e la stessa permanenza in azienda di persone che si avvicinano al termine della loro vita professionale. 2) La seconda criticità è proprio quest’ultima. I direttori HR, anche se collaborano nel modo migliore con il vertice aziendale, devono gestire una situazione nella quale le risorse disponibili di norma si contraggono, il numero di dipendenti va ridimensionato, mentre occorre fare spazio ai giovani e nel contempo curare la prolungata presenza e attività di senior la cui età pensionabile tende ad allungarsi. Un’equazione che ha molte variabili, talvolta troppe, e che si può risolvere solo se esiste un contesto interno ed esterno che lo favorisca. Una formula unica – è emerso con evidenza dalla discussione fra i direttori HR e i Ceo – non esiste. Ogni azienda fa storia a sé, perché diversi sono il modello di business, la fase attraversata, il tipo di concorrenza, il settore e la dimensione. Le costanti però esistono e riconoscerle può aiutare. In primo luogo occorre riuscire a “dare un senso” alle persone, ingaggiarle, motivarle, consentire loro di riconoscere e condividere la visione e l’obiettivo dell’azienda e di coniugarli con il proprio “sogno” personale. Imperativo, come si diceva prima, non isolare il gruppo di testa, ma portare avanti tutti, o il numero più alto possibile. Il gap generazionale esiste e non ci si può girare attorno. Oggi, quasi ovunque, convivono quattro generazioni e il tema della trasmissione delle conoscenze è reale e attuale. Ma se occorre che i senior restino focalizzati e motivati, e assumano un orientamento da mentore nei confronti dei giovani, va oggi concepito e praticato anche un reverse mentoring, dove i giovani portino la flessibilità di una visione del mondo non ancora Alla tavola rotonda su La centralità della persona: tra il dire e il fare... coordinata da Enrico Sassoon (nella foto in piedi) hanno partecipato: Bernardo Quaranta Responsabile Personale e Organizzazione Enel Italia, Laura Bruno Direttore HR Italia Malta Sanofi, Francesca Pasinelli Direttore Generale Fondazione Telethon e Mauro Sirani Fornasini Amministratore Delegato Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna. ingessata dall’esperienza e trasmettano le loro capacità digitali avanzate a generazioni che, oggettivamente, fanno più fatica a impadronirsene. L’azienda, i direttori HR, possono predisporre il contesto in cui questo si verifichi, ma una volta di più occorre un orientamento coerente delle persone e della società nel suo complesso verso l’obiettivo. 3) Una terza criticità va tenuta sempre presente, ed è legata all’evoluzione della tecnologia. Il mondo sta cambiando sempre più velocemente e il primo motore è la tecnologia e, tra le tecnologie, a condurre la danza è la digitalizzazione sempre più spinta che, a passi da gigante, ci sta portando verso un mondo nuovo in cui le macchine saranno sempre più capaci e autonome e in cui l’intelligenza artificiale si avvicinerà sempre più a quella umana. Le implicazioni di tutto ciò per le aziende e le persone sono formidabili, in parte positive e in parte, probabilmente, molto problematiche. Soffermandoci sulle seconde, non possiamo nasconderci che già dalle prime fasi la rivoluzione informatica ha fatto pagare un alto prezzo in termini di posti di lavoro. I benefici della tecnologia sono immensi e ci hanno cambiato il modo di vivere e di lavorare. Ma non possiamo ignorare che, anche più che in passato, molte tecnologie sono labour saving, e che il progredire della digitalizzazione porterà le macchine ad affiancare in misura crescente il lavoro intellettuale, in molti casi rimpiazzandolo. È quanto già succede in diversi ambiti (fiscale, amministrativo, legale, medico) ed è destinato a estendersi. Anche in questo caso i responsabili delle risorse umane si troveranno in prima fila ad affrontare in modo creativo problematiche formidabili nel più generale ambito di cambiamento che ci riguarderà tutti. n 47 reportagedelcongresso IL LAVORO CONTRATTATO Da dicembre i metalmeccanici non hanno un contratto, che riguarda 1,6 milioni di lavoratori. Mentre chiudiamo il numero, continuano le mobilitazioni sindacali. E un accordo sembra sempre più lontano. Un buon contratto è possibile? di Massimo Mascini Massimo Mascini Direttore della rivista on line Il diario del Lavoro I { l contratto dei metalmeccanici si può, anzi si deve rinnovare. Un accordo è difficile, ma si deve raggiungere non un accordo qualsiasi, ma un buon accordo, che vada incontro alle esigenze delle imprese e dei lavoratori. E se poi non ci si dovesse riuscire, beh, non sarebbe un danno irrisolvibile, si vive anche senza il contratto nazionale. È questo il succo della tavola rotonda Il lavoro contrattato emerso al Congresso di AIDP a Bari il 28 maggio. Un confronto difficile, per i temi che venivano trattati e per il momento in cui si svolgeva, otto mesi dopo l’avvio delle trattative per il contratto dei metalmeccanici senza che si intraveda la possibilità di un’intesa. Ma Stefano Franchi, il Direttore Generale di Federmeccanica, è stato chiaro, incisivo. “Noi” - ha detto - “vogliamo rinnovare il contratto nazionale, perché riteniamo che sia uno strumento importante di gestione delle aziende, ma abbiamo un obiettivo alto, questo nuovo rinnovo contrattuale, anzi questo contratto rinnovato deve fissare dei minimi salariali al di sotto dei quali non deve scendere la retribuzione, ma ogni crescita del salario reale deve essere demandata alle trattative in azienda, perché si distribuisca ricchezza solo dopo che la si è prodotta”. Hanno le loro ragioni gli industriali metalmec- 48 canici a ragionare così. In questi anni la crisi si è mangiata 300mila posti di lavoro e il 25% della capacità produttiva. “Siamo alle macerie” - ha detto Franchi – “e non possiamo non tenerne conto. Dare soldi in più ai lavoratori, sì, ma solo dove si produce e se si produce ricchezza”. Un cambiamento importante, ma profondo, delle relazioni industriali, di fronte al quale Paolo Pirani, Segretario Generale UILTEC - UIL, non si è tirato indietro. “È possibile – ha detto – puntare molto di più sulla contrattazione aziendale. Noi crediamo molto nella contrattazione aziendale e in quella territoriale per raggiungere le aziende più piccole. Ma non si può abbandonare il livello di contrattazione nazionale, è lì che si deve stabilire l’equa remunerazione. I lavoratori sono pronti a collaborare con le imprese per una crescita della produttività, lo hanno sempre fatto, ma non dipende da loro la crescita della produttività o non dipende solo da loro”. E allora va bene riscoprire la dimensione aziendale e farla crescere, ma senza dimenticare il ruolo del contratto nazionale. Il punto è che non bisogna innamorarsi delle formule. Gustavo Bracco, Senior Advisor Human Resources in Pirelli, ha giustamente sottolineato che “si vive anche senza il contratto nazionale, ma allo stesso modo non è indispensabile contrattare in azienda. Se si fa, e se è utile, va bene, altrimenti si va avanti senza. Molto dipende dal livello di partecipazione: dove è alto trattare diventa importante e utile, dove non c’è può essere dannoso trattare per forza in azienda”. Lo stesso consiglio che ha lanciato Cesare Stefano Ranieri, Direttore Risorse Umane, Organizzazione e Sistemi di Ilva. “Non so” – ha detto – “se il sindacato sia utile o no all’azienda, ma cerchiamo di usarlo. Io gestisco un’azienda in amministrazione controllata e non è facile, ma dal sindacato ho avuto un aiuto molto importante. Come avremmo mai potuto gestire la sicurezza in questi mesi senza la collaborazione dei sindacati? Se si riesce a realizzare una loro vera corresponsabilizzazione sui problemi dell’azienda il risultato non può che essere positivo per tutti, per l’azienda e per i lavoratori”. Ma cosa accadrebbe davvero se non si dovesse rinnovare il contratto dei metalmeccanici? Alla tavola rotonda su Il lavoro contrattato condotta da Massimo Mascini (in piedi) hanno partecipato: Gustavo Bracco Senior Advisor Human Resources Pirelli Stefano Franchi Direttore Generale Federmeccanica Paolo Pirani Segretario Generale UILTEC - UIL Cesare Stefano Ranieri Direttore Risorse Umane, Organizzazione e Sistemi ILVA. Le aziende sembrano avere una carta di riserva. Se cedono le relazioni industriali, infatti, si può sempre dare più spazio alle relazioni dirette, quelle tra l’impresa e i lavoratori, senza il tramite dei sindacati. È una strada percorribile? O si rischia di cadere negli stessi errori compiuti dalla politica: i partiti politici infatti sono caduti, ma il rapporto diretto tra il leader e gli elettori non sembra aver dato buoni frutti se la partecipazione al voto è drammaticamente calata ovunque ed è salito il numero di chi, anche alla vigilia di elezioni importanti, non sa chi votare, sintomo di scarsa sensibilità e attaccamento al sentire politico. Ma Franchi assicura che non esiste un pericolo del genere. “Le relazioni dirette sono sempre esistite” – ha detto – “non rappresentano qualcosa che si contrapponga alle relazioni sindacali. Sono due gambe dello stesso tavolo. E proprio perché sono davanti a un momento difficile, soprattutto con in vista l’appuntamento, che può essere determinante, con Industry 4.0, le imprese devono rafforzare il loro rapporto con i lavoratori”. Gustavo Bracco ne è certo. “Non saprei se si tratti di vasi comunicanti, per cui, se cadono quelle sindacali, crescono le relazioni dirette. Ma so che avere un rapporto forte con i lavoratori, comunicare con loro in maniera ampia e anche diversa dal passato non è mai una cosa che si fa contro il sindacato, sono due strumenti per gestire al meglio le aziende”. n 49 Nota Spese: togliti il peso con un’App “l’App che rivoluziona il rito della nota spese” il Giornale.it E N T E R P R I S E Se un’incombenza non può essere divertente, almeno che sia breve! Con SmartEX la nota spese si gestisce velocemente con lo smartphone. Si possono annotare le spese al momento, o al primo attimo libero, senza correre il rischio di dimenticare niente e a fine giornata, tutto è già pronto. 1 2 Prendi, scatta e vai: fine degli scontrini persi o illeggibili. 3 SmartEX utilizza la fotocamera dello smartphone per archiviare i giustificativi in cloud. Basta un clic per inviare in sede la richiesta di rimborso con la documentazione allegata. Zero errori e spese sotto controllo: un sollievo per l’azienda e per chi lavora sul campo. SmartEX è preconfigurabile in base alle policy dell’azienda: l’inserimento delle spese è guidato e i massimali sono predeterminati, impossibile sbagliare. Con SmartEX l’amministrazione alleggerisce le attività manuali del 75%: non è più necessario spuntare i giustificativi cartacei, ogni spesa è documentata digitalmente in modo chiaro e inequivocabile. Grazie all’integrazione con una delle tecnologie Mobile Data Capture più avanzate al mondo è possibile archiviare automaticamente e portare in conservazione sostitutiva i documenti rilevanti ai fini fiscali. I dati possono alimentare l’ERP e il Sistema Paghe per chiudere il processo di rimborso. L’HR Manager: L’Amministrazione: Il commerciale: “Ho scelto SmartEX perché non ho dovuto convincere nessuno: è molto pratico per chi lavora sul campo e straordinariamente utile per i controlli in sede” “Con SmartEX l’intervento manuale è davvero minimo: abbiamo ridotto del 75% il tempo necessario per il controllo, l’inserimento e l’approvazione delle note spese” “Uso SmartEX perché è semplice e rapido. Con SmartEX non dimentico nessuna spesa, me la sbrigo in poco tempo e il rimborso arriva prima” Per informazioni: www.appsmartex.it [email protected] tel. 02.683709 Disponibile per: SmartEX è una soluzione E N T E R P R I S E www.doxinet.it reportagedelcongresso POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO Il Jobs Act sposta il focus dalle tutele del posto di lavoro alle tutele del mercato. In questa prospettiva l’assenza o l’inefficienza di politiche attive pesa fortemente. Facciamo il punto partendo dalla scommessa dell’ANPAL riprendendo l’intervista di Maria Cristina Origlia, Direttore Editoriale L’Impresa a Salvatore Pirrone, DG Ministero del Lavoro a cura della Redazione – [email protected] Il Jobs Act segna una svolta nel diritto del lavoro: si passa dal concetto dell’occupazione all’employability. Il che significa che le persone si devono attivare e responsabilizzare nella ricerca dell’impiego e soprattutto del re-impiego, ma significa anche assicurare un percorso fattibile, accettabile, che non si trasformi in una procedura burocratica senza fine e senza successo. L’ANPAL, in questo, gioca un ruolo centrale: è il perno di tutte le politiche attive della riforma. Sorvoliamo sui ritardi, quando saremo pronti? E a cosa state lavorando oggi? «La creazione dell’Agenzia sta prendendo più tempo del previsto. Questo perché è un processo che ha un impatto rilevante sulle istituzioni e anche sulle vite delle persone, nel senso che persone che oggi lavorano presso alcune istituzioni (come il Ministero del Lavoro o l’ISFOL), saranno trasferite all’Agenzia. È chiaro che processi di questo tipo richiedano un po‘ di tempo. È anche vero che le procedure amministrative non sono sempre le più rapide, per esempio si tende a far partire le istituzioni con l’apertura di un nuovo anno, così non si sconvolgono i bilanci. Provate a pensare se, per un processo di fusione o di scorporo di un’azienda, si dovesse procedere in questo modo, attendendo l’inizio anno... Attualmente siamo solo in due nell’ANPAL, il Presidente e il sottoscritto, che fa il Direttore Generale. Verosimilmente, entro la pausa estiva, potremmo definire i decreti di trasferimento del personale, poi, per le ragioni spiegate prima, il personale passerà a gennaio 2017, ma potremo già iniziare ad operare avvalendoci di strutture del Ministero e della collaborazione dell’ISFOL. La riforma sulle politiche attive – il decreto legislativo 150 – che tra l’altro è stata segnalata dalla Commissione Europea più e più volte come una riforma necessaria per il nostro Paese, è complessa e probabilmente, tra tutte quelle che compongono il Jobs Act, è quella che ha più bisogno di implementazione. Stiamo ora lavorando in varie direzioni: 1. stiamo cercando di potenziare la rete dei servizi sul territorio. Stiamo discutendo con le Regioni – un dialogo complesso anche politicamente – un piano di rafforzamento delle politiche attive per cercare di mettere a supporto di questa riforma quanto meno le risorse della programmazione dei fondi strutturali. 2. Credo poi che si debba ragionare su servizi innovativi e online che consentano ai lavoratori più pronti e abili di operare con nuove strumentazioni, aumentando un po’ il passo, deflazionando anche l’afflusso ai centri per l’impiego. 3. In Germania l’agenzia federale per il lavoro ha 100.000 dipendenti, è vero che svolge un pezzo ➤ 51 reportagedelcongresso L’ANPAL L’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro nasce ufficialmente sulla Gazzetta Ufficiale con la pubblicazione del decreto n. 108 del Presidente della Repubblica del 26 maggio 2016 che ne regola attività e funzionamento. L’ANPAL, istituita dal Ministero del Lavoro con un decreto nel settembre 2015, è una delle riforme previste nell’ambito del Jobs Act, e dal 6 luglio 2016 ha cominciato la sua attività autonoma ponendosi l’obiettivo di dare un senso nuovo e attuale alla parola ‘collocamento’, grazie a politiche mirate anzitutto alla riduzione dei tempi di reimpiego dei lavoratori rimasti disoccupati, con la Naspi. L’ANPAL coordina la nuova Rete Nazionale dei Servizi per le Politiche Attive del Territorio e coinvolge i principali enti impegnati nell’erogazione degli ammortizzatori sociali, come INPS, INAIL, le Camere di Commercio, ma anche soggetti operanti come intermediatori nel mondo del lavoro, quali scuole e università. Fra i suoi compiti quello di stabilire i programmi delle politiche attive, finanziati dall’FSE, supervisionare la Rete Nazionale, archiviare tutti i fascicoli personali dei lavoratori e tenere un albo delle agenzie private del lavoro. di lavoro che da noi fa l’INPS, cioè l’erogazione delle indennità di disoccupazione, però, se la confrontiamo con gli 8.700 dipendenti dei nostri centri per l’impiego, emerge immediatamente una carenza. Quindi dobbiamo sicuramente mobilitare i soggetti privati, le agenzie per il lavoro, e in quest’ottica l’assegno di ricollocazione è la chiave». I centri per l’impiego, fino ad oggi, hanno dimostrato una larga inefficienza (collocando meno del 5%, secondo i dati ufficiali). Lei crede che possano diventare delle strutture efficienti nel giro di 6 mesi? «Abbiamo due questioni: un problema e un’opportunità. Il problema è che sono effettivamente abbastanza malmessi e, soprattutto, sono molto disomogenei sul territorio. Siamo probabilmente il Paese più in ritardo da questo punto di vista. L’opportunità: abbiamo grandissimi margini di miglioramento e moltissimi esempi virtuosi in Europa e nel mondo a cui ispirarci. Mi conforta che possiamo 52 attingere dal patrimonio di altri paesi che potranno farci da guida. A livello europeo, ad esempio, esiste un network dei capi dei servizi per l’impiego - di cui facciamo parte - che è un circolo prezioso di scambio di informazioni e buone pratiche e che ha coniato un neologismo, il benchlearning, un incrocio tra benchmarketing e mutual learning. Abbiamo già creato dei gruppi di lavoro a livello nazionale, uno di questi, per esempio, finalizzato a standardizzare le procedure dei centri per l’impiego e quelle della profilazione dell’utenza. In questo caso ci avvarremo della collaborazione dei colleghi tedeschi che ci affiancheranno nello sviluppo». Dal confronto con le altre esperienze europee, emerge che un punto in particolare ha giocato contro il buon funzionamento dei nostri centri per l’impiego: la mancanza di valutazioni di performance. Altro elemento che funziona molto bene, soprattutto nei Paesi del nord Europa, sono le sanzioni nei confronti di uffici e persone inadempienti. Pensa che potrebbero essere introdotte anche da noi, in futuro? «Quello che è mancato fino ad oggi, dal mio punto di vista, è stata soprattutto una strategia nazionale per le politiche attive. Le amministrazioni centrali quando nel ‘97-‘99 hanno decentrato la materia, che poi con la riforma costituzionale del 2001 è diventata di competenza concorrente, si sono in qualche modo spogliate dell’onere di identificare una strategia. Nell’assenza di una strategia di standardizzazione di processi è evidente che mancano le basi per mettere insieme i dati e confrontare le performance. Credo che il primo passo sarà quello di unificare le banche dati e i sistemi informativi. Soltanto così potremo mettere in comparazione e, in qualche modo, anche in competizione virtuosa i vari territori. Assegnando a ciascuno degli obiettivi che siano raggiungibili e insieme differenziati da territorio a territorio. Tutto questo ha delle premesse nel decreto legislativo 150 ed è quello che effettivamente dobbiamo fare. C’è un altro aspetto molto rilevante della riforma relativo alle sanzioni – che merita la massima attenzione –, la cosiddetta condizionalità, cioè la verifica dell’attivazione da parte dei lavoratori che ricevono prestazioni a sostegno del reddito (sussidio di disoccupazione)». Ripercorriamo il percorso che dovrebbe fare un lavoratore. I primi 4 mesi di NASPI presso i centri per l’impiego, sono mesi fondamentali per ritrovare lavoro, non rischiano di diventare 4 mesi persi? «La scelta dei 4 mesi ricalca ciò che fanno alcuni Paesi europei e poggia sull’idea per cui, nei primi mesi di disoccupazione, i lavoratori più forti trovano da soli un’altra occupazione. E quindi andare a servire tutti nei primi mesi di disoccupazione, in presenza di risorse scarse, è una perdita di tempo e risorse, meglio concentrare gli sforzi su chi ha già superato questa fase. È evidente che dobbiamo fare in modo che quei 4 mesi non siano persi, offrendo strumenti ai lavoratori per essere più efficienti nella loro capacità di ricerca. D’altra parte dobbiamo impiegare questo tempo per mapparli, capire chi sono e fornire loro dei servizi “leggeri”, un piccolo plusvalore che li aiuti nel processo di ricollocazione». E nel campo delle competenze cosa pensate di fare per rendere efficienti i centri? «La parte di rafforzamento delle competenze e quindi di formazione degli operatori è essenziale. Ma prima di formare gli operatori dobbiamo pensare ai contenuti da trasferire. Prioritario è definire le metodologie e i processi di approccio nei confronti dell’utenza, dunque definire degli strumenti informatici che incorporino queste procedure e, al Salvatore Pirrone Direttore Generale per le politiche attive, i servizi per il lavoro e la formazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali È responsabile, tra l’altro, per il coordinamento delle politiche attive del lavoro, dei servizi per l’impiego, dell’autorizzazione delle agenzie per il lavoro, per la promozione e il coordinamento delle politiche formative, nonché del coordinamento dei programmi cofinanziati con il Fondo Sociale Europeo. La direzione è inoltre autorità di gestione di due programmi operativi nel ciclo di programmazione 2014-2020, tra cui l’Iniziativa Occupazione Giovani, per l’attuazione della Garanzia Giovani. Ha lavorato per l’INPS dal 2008 al 2012, occupandosi di Mobilità e Cassa integrazione, di entrate contributive dei lavoratori autonomi e dei dipendenti; nella segreteria tecnica del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio; presso il Ministero del Lavoro è stato responsabile dell’ufficio studi e statistiche dal 2000 al 2006. È autore di numerose pubblicazioni in materia di politiche del lavoro. contempo, partire con processi formativi molto specifici e mirati. Perché di formazione nei confronti degli operatori dei centri per l’impiego ne è stata fatta molta in questi anni, ma tutta formazione di base, poco focalizzata». Parliamo dell’assegno di ricollocazione. Come funziona? Quali sono i criteri? «Ci stiamo lavorando, è troppo presto per dire quali sono i criteri, però stiamo definendone i ➤ 53 reportagedelcongresso contorni. Il primo passo è la definizione dei costi standard. Sfruttando l’esperienza della Garanzia Giovani abbiamo sostanzialmente definito con la Commissione Europea l’identificazione dei costi standard anche per l’attività di intermediazione e di affiancamento dei lavoratori nella ricerca di manodopera. Il corrispettivo da dare alle Agenzie per il Lavoro deve essere appetibile ma non eccessivamente generoso, questo è evidente, e d’altra parte tutta la procedura deve tenere in considerazione la necessità di evitare comportamenti opportunistici (non dobbiamo pagare per attività che si sarebbero verificate lo stesso) e dobbiamo far sì che sia una procedura non burocratica ma il più flessibile, rapida ed efficiente possibile». mese. La norma è costruita in modo da limitare il flusso di quelli che chiederanno l’assegno di ricollocazione. La norma infatti prevede assegni di ricollocazione solo per le persone che ne facciano richiesta e prevede sanzioni draconiane (la perdita totale dell’assegno di ricollocazione) nei confronti degli aventi diritto che poi non si presentano ai centri per l’impiego. Questo sarà un forte deterrente. Come abbiamo riscontrato nelle operazioni fatte, ad esempio, in Alitalia nel Lazio. Pensiamo di iniziare la sperimentazione con 100 milioni di euro e il primo anno è evidente che, se l’importo medio dell’assegno di collocazione dovesse aggirarsi intorno ai 2.500 euro, risulterebbero 50.000 assegni. Se tutti li richiedessero li finiremmo nel 1° mese». Veniamo alla nozione di offerta congrua che poi è quella che farà scattare la condizionalità. Anche qui state cercando dei livelli minimi che possano essere omogenei in tutta Italia, pur sapendo che ci sono differenze molto grandi tra i vari territori. Come vi state muovendo? «Abbiamo iniziato a condividere con le Regioni, in uno spirito di leale collaborazione, i contenuti di questo provvedimento, anche se la modalità di attuazione e di definizione di quella che è un’offerta congrua è competenza del Ministro del Lavoro e sarà fatta per decreto. Quello su cui è necessario prestare attenzione non è tanto la differenziazione territoriale, quanto la durata della disoccupazione. È chiaro che quella che è un’offerta congrua all’inizio del periodo di disoccupazione sarà sicuramente un po’ più vicina a quelle che sono le caratteristiche professionali e le competenze del lavoratore. Le indennità di disoccupazione servono proprio a evitare che le persone abbiano urgenza di trovare un altro lavoro. Però, man mano che la disoccupazione va avanti, è evidente che l’urgenza è più sentita, e il tempo fa perdere competenze. Quindi possiamo immaginare il concetto di offerta congrua con cerchi concentrici, di raggio e ambito più ampio man mano che passa il tempo. Insomma, tornando al titolo di questo Congresso, è una grossa scommessa! Molto si gioca sulla vostra bravura nel collaborare con tutti i soggetti coinvolti, a partire dalle Regioni. Come siamo messi da questo punto di vista? E poi le Agenzie per il Lavoro, che molto hanno da insegnare sull’argomento. «Con le Regioni il rapporto è contrastato, non si può negarlo. C’è sempre stata una diffidenza reciproca su questo campo. Comprensibile. Le Regioni effettivamente hanno lavorato molto in questi 15 anni e noi non ci siamo stati. Questa diffidenza, in qualche maniera, si è un po’ attenuata in questi due anni di lavoro comune sul programma di Garanzia Giovani. Un programma a cui abbiamo lavorato in tanti: il Ministero come autorità di gestione, tutte le Regioni e la Provincia autonoma di Trento come organismi intermedi (a cui abbiamo delegato delle risorse), l’INPS, il Dipartimento per le politiche giovanili della Presidenza del Consiglio e il MIUR. Questi due anni ci hanno insegnato un po’ a lavorare insieme. Però credo che sia essenziale sfruttare l’occasione per costruire un sistema unitario, non è possibile che una persona debba passare per più siti o attuare modalità diverse di attivazione da regione a regione. Bisogna superare le gelosie territoriali e andare verso un sistema più efficiente. Con le APL sicuramente ci sarà una collaborazione, nel rispetto di ruoli differenti. Io credo che gli operatori privati abbiano il dovere di ricercare il profitto e, d’altra parte, che le amministrazioni pubbliche, lo stato, le Regioni abbiano il dovere di cercare la massimizzazione dei servizi. A noi l’onere di trovare il punto d’incontro tra queste opposte esigenze, entrambe assolutamente legittime». n Un’ultima considerazione di carattere finanziario. State facendo delle simulazioni per capire quante richieste potrebbero effettivamente arrivare e di conseguenza quale sarà l’impatto sul bilancio dello Stato? Le nostre stime dicono che i lavoratori che entrano nel 5° mese di NASPI sono circa 900.000 nel corso di un anno, che significa circa 75.000 persone al 54 55 reportagedelcongresso IL LAVORO DIGITALE di Raffaele De Luca Tamajo Raffaele De Luca Tamajo Senior Partner di Toffoletto De Luca Tamajo e Soci e Ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Napoli Federico II Già professore invité di Diritto comparato europeo all’Università di ParigiNanterre, membro del Comitato scientifico di AGI, ha fatto parte di numerose Commissioni ministeriali per la consulenza e progettazione legislativa. È stato Presidente dell’AIDLASS, di Forma.Temp, di Bagnoli Spa e dell’Ass. Forense del lavoro di Napoli. 56 I { [email protected] nterrogare il futuro è sempre esercizio affascinante, ma scoprire che è già arrivato e che il giurista del lavoro se ne è accorto solo parzialmente è un po’ frustrante. Alludo in particolare alle nuove forme di lavoro prestato al di fuori delle tradizionali coordinate spaziali e temporali (il c.d. Smart Work: lavoro agile, nel lessico del legislatore italiano) o mediato da una piattaforma informatica che pone in contatto committente con potenziali fornitori di opere o servizi (c.d. crowdsourcing o on demand economy). In ordine alle quali si pone un primo dubbio: se davvero si tratta di “inediti” assoluti rispetto ai quali non è dato rintracciare alcun riferimento nell’arsenale normativo e sistematico preesistente o se, in fondo, il telelavoro, per un verso, e i c.d. Pony express, per altro verso, non rappresentino una efficace anticipazione dei nuovi modelli, la cui carica di novità, legata prevalentemente alla disponibilità di strumenti informatici evoluti, sarebbe stata, quindi, fin troppo enfatizzata. La prima ipotesi sembra invero più realistica perché mentre il telelavoro veniva considerato una semplice trasposizione presso l’abitazione del lavoratore del modo di lavorare in azienda, il nuovo lavoro agile presuppone un radicale ripensamento delle modalità della prestazione in termini di orari, controllo datoriale, sicurezza, misurazione del risultato; quanto al lavoro tramite piattaforma digitale, l’evoluzione tecnologica consente di porre in relazione i committenti con una folla di internauti onde individuare le competenze più appropriate, gestire i pagamenti, elaborare i dati relativi alla qualità del risultato, in un orizzonte concettuale e operativo ben più evoluto rispetto a quello dei pony express. Lo sviluppo dello Smart Work, superiore nelle dimensioni a quanto comunemente si pensa, comporta una evidente rottura della unità aristotelica di spazio e di tempo propria dell’impresa fordista, al cui interno si consumava l’intero processo produttivo: da una parte entravano i materiali e dall’altra usciva il prodotto finito, il tutto con una cadenza temporale fissa e predeterminata. Il modello è stato dapprima scompaginato dai processi di delocalizzazione e di esternalizzazione che hanno comportato la fuoriuscita di segmenti di produzione, con localizzazioni anche molto lontane o talora, viceversa, con attribuzione di diversa titolarità soggettiva ma permanenza entro il perimetro aziendale (c.d. esternalizzazioni intra moenia o fabbriche multisocietarie). Lo sviluppo della somministrazione di lavoro e dei distacchi ha ulteriormente inciso sulla coincidenza del luogo di lavoro con la sede del datore di lavoro; fino a giungere allo Smart Work che si caratterizza per lo svolgimento del lavoro parzialmente o totalmente fuori dalla sede (fabbrica o ufficio) datoriale, mediante l’utilizzo dei canali comunicativi messi a disposizione dall’evoluzione informatica. Il perimetro aziendale perde così il suo significato originario di delimitazione del potere del datore di lavoro e l’orario di La tavola rotonda I temi del presente articolo sono stati oggetto del dibattito della tavola rotonda congressuale dedicata a Smart Working, sharing economy e nuove forme di organizzazione, coordinata da Rossella Seragnoli HR Manager Crown Aerosols Italia, Presidente AIDP Emilia Romagna (al centro), a cui hanno preso parte: Giuditta Alessandrini Ordinario di Pedagogia sociale e del Lavoro Università degli Studi Roma TRE, Paolo Vasques Global Director for Industrial Relations Benetton Group, Domenico Favuzzi Chairman and Chief Executive Officer Exprivia, Roberto Mattio Direttore Risorse Umane e Organizzazione Pininfarina, Presidente AIDP Piemonte e Valle d’Aosta, Raffaele De Luca Tamajo Senior Partner Toffoletto De Luca Tamajo e Soci, Ordinario Diritto del Lavoro Università di Napoli Federico II. lavoro appanna la sua funzione di misurazione quantitativa della prestazione, che diviene apprezzabile prevalentemente in relazione ai risultati. Tutto ciò ha un impatto modificativo sulla struttura gerarchica dell’impresa, sulle categorie e qualifiche (con riduzione dei quadri intermedi e aumento dei progettisti, dei ricercatori indu- ➤ 57 reportagedelcongresso “Al cospetto delle variegate forme di lavoro digitale le competenze e le funzioni della Direzione del Personale si dilatano” striali e degli innovatori), sulle modalità retributive, sul ruolo più creativo e meno esecutivo della forza lavoro, sui modelli di sicurezza, ma soprattutto sui tradizionali criteri distintivi tra lavoro autonomo e subordinato, per effetto del minor rilievo delle coordinate spazio-temporali della prestazione lavorativa, che sposta il baricentro qualificatorio sulla essenza del “potere” datoriale. Questo potere, nelle sue articolazioni di direzione, controllo, potestà disciplinare, resta il fulcro della distinzione e ribadisce la ratio più profonda della disciplina di tutela di un soggetto non soltanto sfavorito tendenzialmente dallo squilibrio del mercato, ma anche esposto all’esercizio di un potere unilaterale legittimato dallo stesso ordinamento giuridico. Che poi il potere datoriale si eserciti non de visu ma attraverso la mediazione dello strumento informatico poco rileva e poco toglie alla sua incisività. Pur al cospetto dello Smart Work e del lavoro tramite piattaforme, autonomia e subordinazione restano, dunque, insostituibile criterio selettivo per l’attribuzione delle garanzie del diritto del lavoro, ma perdono alcune caratteristiche storiche e delineano un processo di graduale accostamento. E infatti il contratto di lavoro subordinato non si caratterizza più per la mera e passiva messa a disposizione delle energie lavorative, ma sempre più postula una prestazione più responsabile o addirittura creativa, la retribuzione è sempre più variabile e legata alle performances individuali, di gruppo o aziendali, fino a recepire al suo interno lo Smart Work non ancorato allo spazio fisico dell’azienda e ai classici poteri di controllo 58 orario della prestazione. Dal canto loro le collaborazioni autonome sempre più sono integrate con l’organizzazione dell’impresa, non potendo il collaboratore operare su un mercato ampio ed essendo sempre più costretto a farsi carico di esigenze di coordinamento funzionale con la singola impresa, secondo un modello che evoca, sia pure in modo attenuato, l’inserimento nell’organizzazione di impresa, tipico indice di subordinazione. Se, dunque, il lavoro agile presenta almeno tendenzialmente i connotati della subordinazione, il lavoro tramite piattaforme digitali resta nell’ambito dell’autonomia, purché naturalmente il gestore della piattaforma non gli imponga particolari e stringenti modalità della prestazione, una divisa, un preciso obbligo di reperibilità ecc... Tuttavia, anche quando il lavoro in questione si svolge nello schema dell’autonomia, esso resta bisognoso di una rete di garanzie da forgiare sulla specificità della collaborazione richiesta e prestata e nella consapevolezza di una duplice debolezza contrattuale nei confronti del committente e del gestore della piattaforma, che evoca inevitabilmente forme di responsabilità congiunta. In definitiva al cospetto delle variegate forme di lavoro digitale le competenze e le funzioni della Direzione del Personale si dilatano: oltre alla gestione del classico lavoro subordinato nelle sue varie formulazioni tipologiche, c’è da governare i lavoratori agili, gli autonomi integrati nell’impresa, gli autonomi eterodiretti quanto a tempo e a luogo, i lavoratori reperiti e operanti tramite piattaforme, ciascuno dei quali richiede strategie e modalità gestionali differenziate e articolate. n FLESSIBILITÀ EMPLOYABILITY E GENERAZIONI A CONFRONTO di Francesco Amendolito Francesco Amendolito Founding & Managing Partner Amendolito & Associati, docente Diritto del Lavoro Facoltà di Economia Università LUM Jean Monnet Avvocato patrocinante in Cassazione e dinanzi alle Magistrature Superiori. Consulente legale delle aziende del Gruppo FCA e di diverse aziende industriali. Nel 2015 ha conseguito il Labour Awards 2015 come miglior avvocato dell’anno per l’innovazione nel Diritto del Lavoro. Direttore Scientifico del Master in Human Resources Management della School of Management dell’Università LUM Jean Monnet. I { [email protected] l sostegno all’occupazione giovanile, da un lato, e le tematiche connesse all’invecchiamento attivo, dall’altro, non sono aspetti dicotomici e contrapposti del mercato del lavoro; la lettura spesso antinomica di siffatte problematiche ha condotto alla distorta affermazione di un aprioristico dualismo del mercato del lavoro, che in realtà, non solo non sussiste, ma non è nemmeno auspicabile. Se, da un lato, occorre agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, non meno importante è l’esigenza di favorire la permanenza dei lavoratori adulti e il rientro dei disoccupati adulti, in un’ottica di garanzia di una più ampia base contributiva ma, soprattutto, di generale benessere socio-economico, con positive ricadute sullo sviluppo imprenditoriale. In tale ottica, il Progetto Europeo rivela tutta la sua ambizione finanche nella cosiddetta soft law in materia di occupazione, nel corpo della quale si rinvengono principi peraltro ancorati a norme di rango primario e secondario della medesima Unione Europea: a) Sviluppo delle transizioni lavorative virtuose tramite le politiche attive del lavoro (Comunicazione Commissione Europea 359 del 27.6.2007); b) Modernizzazione del mercato del lavoro attraverso lo sviluppo di servizi che consentano il c.d. lifelong learning; c) Sviluppo di sistemi informativi transnazionali che pongano in contatto efficacemente domanda e offerta (c.d. matching); d) Sostegno all’occupazione giovanile soprattutto tramite costante collegamento tra la scuola e il mondo del lavoro, al fine di garantire l’alternanza, prima, e l’agevole transizione, poi. I predetti principi e le corrispondenti aree di intervento sono strettamente connessi e ogni approccio atomistico sarebbe ontologicamente perdente. La sostenibilità di tutto il sistema lavoro passa attraverso la necessaria valorizzazione delle competenze nonché attraverso l’accrescimento delle professionalità degli individui, tanto nella fase preventiva all’ingresso nel mercato del lavoro, con conseguente necessità di garantire una costante osmosi tra scuola e ➤ 59 reportagedelcongresso “Per proiettare gli interventi normativi in un’ottica di efficace attuazione, occorre una visuale prospettica più ampia e una ancora più marcata facoltà di delega, anche in deroga, alla contrattazione collettiva aziendale” lavoro, quanto in costanza di rapporto lavorativo e nelle transizioni (che potrebbero divenire fisiologiche) tra un lavoro e l’altro. Certamente lo start point non può non essere un cambio epocale di mentalità in tutti gli attori, ancor prima che l’offerta di strumenti normativi ad hoc, che rischiano di restare involucri vuoti se non opportunamente valorizzati, nella dinamica dei rapporti individuali e collettivi. Il Jobs Act, come noto, sin dai suoi esordi si è prefissato come obiettivo quello di incrementare l’occupazione e questo scopo è stato perseguito attraverso un incremento della flessibilità nei rapporti di lavoro (flessibilità in entrata, flessibilità in uscita e flessibilità in costanza di rapporto di lavoro mediante la riscrittura dell’art. 2103 del c.c.). Gli interventi normativi plurimi che si sono susseguiti nell’arco degli ultimi anni, a ben vedere, potrebbero essere opportunamente valorizzati per ridurre il dualismo del mercato del lavoro, in un’ottica di accrescimento economico, sociale e formativo; tuttavia, per proiettare tali interventi normativi in un’ottica di efficace attuazione, occorre una visuale prospettica più ampia e una ancora più marcata facoltà di delega, anche in deroga, alla contrattazione collettiva aziendale. Si pensi alla previsione normativa che prevede la graduale riduzione della durata della prestazione lavorativa dei dipendenti più anziani, coniugando la flessibilità in uscita e quella in entrata. Siffatta previsione dovrebbe avere quale conseguenza il tanto auspicato ricambio generazionale, dico dovrebbe, perché questa naturale (?) conseguenza di ricambio non sempre trova 60 terreno fertile per poter attecchire. Va precisato che il tentativo di realizzare la c.d. staffetta generazionale passa – come noto – prima dall’art. 41 del d.lgs. 148 del 2015 e, da ultimo, dalla Legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) e dal decreto interministeriale di recente emanazione (13 aprile 2016). Nel primo caso il riferimento è ai c.d. contratti di solidarietà espansivi, riesumati da un oblio ultratrentennale, nel tentativo di agganciarli, attraverso la riduzione dell’orario di lavoro del personale a cui manchino non più di 24 mesi al pensionamento, a nuove assunzioni in pianta stabile, destinate a “coprire” la riduzione di orario degli altri lavoratori. In particolare, l’art. 41, prima parte, stabilisce che, ove accordi aziendali prevedano una riduzione stabile dell’orario di lavoro con riduzione della retribuzione e contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, ai datori di lavoro è concesso, per ogni lavoratore assunto, un contributo a carico della gestione eventi assistenziali INPS, pari al 15% della retribuzione lorda nel 1° anno e del 10% e 5% per ciascuno dei due anni successivi. Con la differenza che mentre in tale ipotesi, il contratto collettivo che si stipula prevede in corrispondenza della maggiore riduzione di orario un incremento dell’occupazione, l’accordo sindacale deve cioè prevedere a fronte della riduzione oraria che interessa i lavoratori prossimi alla pensione, la contestuale assunzione di giovani sino a 29 anni (un’assunzione ogni part-time), così non è nella seconda ipotesi. La seconda fattispecie, infatti, prescinde dall’accordo collettivo e prevede che, su base volontaria, il lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato che abbia raggiunto entro il 31.12.2018 i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla Legge possa stipulare un contratto part-time (con riduzione dell’orario della prestazione lavorativa dal 40% al 60%), con corresponsione mensile, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione per la prestazione lavorativa non effettuata e con riconoscimento della corrispettiva contribuzione figurativa in ragione del contratto part-time agevolato. Rispetto a tale ultimo atteso intervento, appare doveroso evidenziare alcune criticità. Innanzitutto, prescindendo dalla portata del budget messo a disposizione dal Governo (sino al 2018), bisognerà verificare sul campo la diffusione che avrà tale istituto: perché la convenienza ad accedere a tale opportunità è prioritariamente e soprattutto dei lavoratori, il ritorno per le aziende è tendenzialmente inferiore. Per cui non è da escludersi l’ipotesi in cui i lavoratori manifestino al proprio datore di lavoro la propria disponibilità/volontà di accedere a tale istituto, rectius di fruire del part time agevolato, e che l’imprenditore dal canto suo, risponda con un diniego, perché non ha un concreto interesse in tal senso, infatti, per l’azienda il beneficio è inferiore rispetto al costo. Inoltre, ammesso che tale istituto decolli, che si sposino i contrapposti interessi delle parti, e, dunque, che datore di lavoro e lavoratore formulino un accordo, resta, comunque, da verificare se il ricorso al part-time da parte dei pensionandi sia in grado di innescare un trend virtuoso che promuova nuova occupazione, in assenza di vincoli in capo all’imprenditore di assumere nuovo personale. Non di rado, accade, infatti, che le professionalità proprie dei lavoratori più anziani, caratterizzate magari dalle c.d. competenze routinarie, possono essere sostituite da macchinari per i quali l’investimento è velocemente coperto dal risparmio sul costo del personale. Inoltre, non è affatto scontato, così, che i posti di lavoro a lungo salvaguardati da tutele difficilmente scavalcabili andranno domani a vantaggio di nuove assunzioni di giovani (si pensi al fenomeno della disoccupazione tecnologica). È in ogni caso difficile che una politica di pre-pensionamento possa dare lavoro ai giovani e da sola possa arginare in modo importante il problema della disoccupazione giovanile nel nostro paese, se non coniugata con politiche attive di più ampio respiro, che dovrebbero essere calibrate sulla singola realtà imprenditoriale. Personalmente da sempre sostengo la necessaria valorizzazione, all’interno del sistema lavoro, dell’auto-regolamentazione (all’interno della contrattazione individuale e collettiva) che, nel rispetto di principi fondamentali inderogabili, possa adattare l’organizzazione del lavoro alla mutevole, flessibile e volatile realtà imprenditoriale. In ciò credendo che il mondo del lavoro si muove sempre con largo anticipo rispetto alle aperture legislative. Si pensi sul versante formativo, ai numerosi esempi di proficui investimenti aziendali in iniziative formative che prevedano l’alternanza scuola-lavoro; un esempio non lontano dal nostro contesto territoriale è dato dalla Fondazione BOSCH che con la propria scuola di formazione in Italia con sede a Bari e Milano (TEC BOSCH) ha avviato una serie di convenzioni con Istituti Scolastici e con Università locali, secondo gli schemi che ispirano i percorsi duali attuati in Germania. Si pensi ai numerosi patti generazionali che ancora prima del recente intervento normativo, hanno interessato numerose aziende italiane e multinazionali, soprattutto con la finalità di garantire la permeabilità delle conoscenze e la creazione di team di lavoro intergenerazionali. In tale ottica, l’attribuzione di un ruolo sempre più marcato alla contrattazione collettiva aziendale nella scrittura delle regole aziendali in merito all’organizzazione dell’orario di lavoro, classificazione del personale, mobilità inter-aziendale ed infra-aziendale, incentivi di produzione, welfare aziendale e formazione non deve – e non può – essere letta (come di consueto finora) con ostilità e diffidenza, in un’ottica di mera deregolamentazione di un sistema di ataviche tutele che peraltro, oramai, sono fonte di un pesante e non più sostenibile irrigidimento del sistema lavoro e che, in un’ottica prospettica rischiano di restare riservate a pochi privilegiati a discapito della comunità di potenziali lavoratori. È piuttosto necessaria la costruzione di un welfare legato alla persona – giovane o anziana che sia – che privilegi, in luogo del sostegno monetario, interventi che promuovano l’employability e la crescita e che, magari, proprio attraverso l’inclusione e l’active ageing, finiscano con il provocare un incremento dell’occupazione. n 61 reportagedelcongresso SCOMMETTIAMO SU PERSONE E LAVORO PER IL CAMBIAMENTO DELLA PA di Donato Madaro Donato Madaro Direttore Area Risorse Umane I.R.C.C.S. “Giovanni Paolo II” di Bari I { l 45° Congresso nazionale AIDP di Bari ha dedicato una particolare attenzione al lavoro pubblico con le novità del premio AIDP AWARD per la Pubblica Amministrazione e di una tavola rotonda dal tema “Innovazione e Integrità nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende a capitale pubblico. Tendenze evolutive del ruolo del manager pubblico” organizzata dal gruppo di lavoro AIDPpa. I temi principali affrontati nella tavola rotonda della PA – nuova reputazione dei dipendenti pubblici, ringiovanimento del personale, forte investimento in formazione e tecnologia – e, nell’ambito della sessione “Disruptive Innovation, Crescita e Lavoro” (pagina 27), i contenuti della significativa intervista di Andrea Del Chicca al Prof. Roberto Cingolani, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (pagina 30), stimolano alcune riflessioni. Le riforme amministrative dal 1990 ad oggi e la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico, introdotta dal D.Lgs. 29/93 (attuale D.Lgs. 165/2001), non sempre hanno prodotto i risultati attesi per un cambiamento strutturale della PA. Il dibattito congressuale ha sottolineato come i decreti e le facili ricette non bastino a modificare le modalità di funzionamento della PA, se non accompagnati da interventi mirati e sperimentazioni pratiche di nuove soluzioni in grado di migliorare 62 la qualità dei servizi ai cittadini. Tenendo conto del contesto economico e sociale, si possono individuare alcuni importanti fattori per il cambiamento della PA: 1. sviluppo delle tecnologie digitali necessarie per la gestione innovativa dei principali servizi pubblici; 2. sistemi di reclutamento con criteri aziendali, superando le classiche forme di concorso pubblico con prove rivolte prevalentemente a LA PA PROTAGONISTA Il Congresso AIDP ha rappresentato un importante momento di confronto tra management pubblico e privato. Un’occasione per riflettere sulle tendenze evolutive e le competenze di gestione dei manager pubblici e anche una grande opportunità per promuoverne il ruolo. valutare le conoscenze dei candidati sulle materie d’esame; 3. professionalità specializzate per i diversi settori di intervento, con il contenimento delle tradizionali figure amministrative; 4. nuovi standard di prestazione e di qualità che le amministrazioni pubbliche devono rispettare con adeguate soluzioni organizzative e protocolli operativi; 5. sistemi di controllo e di valutazione più efficaci, soprattutto in materia di incentivazione alla produttività e di premi legati alla performance. Per evitare che il cambiamento della PA continui lentamente come “la danza degli elefanti” c’è bisogno di meno decreti, di meno burocrazia, e di liberare gli uffici pubblici dalle montagne di carta. Servono contestualmente investimenti mirati in formazione, innovazione e ricerca; la capacità di “fare squadra” dipende soprattutto dalle competenze e dal livello di responsabilità e di autonomia dei funzionari pubblici. La critica sociale che censura i comportamenti negativi delle PA deve esortare il management pubblico a vincere la sfida contro le resistenze al cambiamento e l’inerzia di taluni dipendenti, ad adottare le misure necessarie per premiare il merito, favorire la semplificazione e migliorare la trasparenza. La funzione HR nelle pubbliche amministrazioni, come nel privato, è chiamata ad agire affinché l’organizzazione nella quale opera sia sempre più flessibile, efficiente, in grado di adattarsi ai cambiamenti della società e alle esigenze degli utenti. È necessaria quindi una particolare attenzione al benessere dei dipendenti pubblici, con la consapevolezza che la centralità e lo sviluppo continuo delle persone nelle aziende sono fondamentali per far scoprire nuove motivazioni e aumentare la produttività del lavoro pubblico. n Alla tavola organizzata da AIDPpa e coordinata da Pietro Scrimieri Direttore Servizi Centrali Risorse Umane, Organizzazione e Lavoro Acquedotto Pugliese hanno partecipato: Antonio Nunziante Assessore Personale ed Organizzazione Regione Puglia, Luigi Maria Vignali Dirigente Diplomatico Ministero Affari Esteri, Coordinatore nazionale AIDPpa, Francesco Paolo Romanelli Procuratore regionale Corte dei Conti Puglia, Carlo Mochi Sismondi Presidente FPA, Antonino Costantino Dirigente Servizio trattamento giuridico del personale Presidenza del Consiglio dei Ministri e componente della Commissione per i procedimenti disciplinari, Gianfranco Grandaliano Vice Presidente Nazionale UTILITALIA Associazione delle imprese idriche energetiche e ambientali. La missione di AIDP Pubblica Amministrazione è di promuovere il ruolo dei manager pubblici, sviluppando in particolare le competenze di gestione delle persone, agendo sia dal punto di vista soggettivo, della crescita, sia dal punto di vista del riconoscimento, sociale e nelle organizzazioni. AIDPpa è una sede in cui dirigenti e responsabili di servizio impegnati nelle incombenze interne alla propria organizzazione possono trovare una finestra sul mondo esterno. Maggiori informazioni sul gruppo di lavoro e sulle iniziative, sul sito dell’Associazione: www.aidp.it 63 idee {66. Coaching: come trasformare individui e organizzazioni di Giuseppe Varchetta {69. Per le classi dirigenti di Luciano Martinoli {70. Dentro la formazione. Etnografia, pratiche, apprendimento di Valentina Vinotti {72. Sapere cosa si vuole di Marco Lombardi} AIDPnews {73. Un nuovo servizio per i Soci. AIDP ORE 9.30 Rassegna stampa e web} {74. I Pomeriggi del Lavoro di David Trotti} {78. SAVE THE DATE Convegno “WelFare che fare”} {79. Passaggi di testimone dai Gruppi regionali AIDP} «Modernità. Crescita. Giovani. Innovazione. Riforme. Europa. Cambiamento. Rigore. Mettiamo nel frullatore e serviamo. Beviamo (quasi) tutti» di Massimo Ferrario 65 idee RECENSIONI COACHING COME TRASFORMARE INDIVIDUI E ORGANIZZAZIONI U no dei problemi più gravosi dell’esperienza socio-politica e organizzativa contemporanea è relativo alla difficoltà di conciliare la pluralità nell’uno. Da una parte si assiste all’esplodere crescente di una soggettualità diffusa, capace in sé di far arretrare ogni tensione ad un uno comunitario, dall’altra il pensiero e la ricerca sociale contemporanei registrano l’esigenza di una integrazione in un terreno comune, in una “casa di tutti”. La sfida – ricorrente sia per le istituzioni politiche (rimando all’idea di Europa come realtà politica integrata nella condivisione di Nazioni diverse, corrosa oggi da populismi ed estremismi diversi) sia per le organizzazioni aziendali – è quella di una ossimorica unitas multiplex “la complessità prima e fondamentale del sistema è di associare in essa da una parte l’idea di unità, dall’altra quella di diversità o molteplicità, che in linea di principio si respingono e si escludono. Una delle caratteristiche fondamentali delle organizzazioni dovrebbe essere quella di trasformare la diversità in unità senza 66 LA SCHEDA Titolo Coaching: come trasformare individui e organizzazioni A cura di Paolo Bruttini e Barbara Senerchia Anno 2015 Casa editrice Wolters Kluwer, Milano Prezzo Euro 29 Giuseppe Varchetta [email protected] Psicosocioanalista, Past President Ariele, consulente di formazione e sviluppo organizzativo annullare la diversità e di creare anche diversità nell’unità e tramite essa” E. Morin (1977), Il metodo, Feltrinelli. L’esperienza organizzativa contemporanea è chiamata allo sviluppo e alla cura di competenze individuali iper-specializzate e contemporaneamente all’organizzazione intesa come spazio condiviso dell’interazione. L’organizzazione oggi non può non garantire e curare un agire solidale, di esseri unici, spontanei e liberi, su uno spazio condiviso. Una traccia per affrontare oggi tale sfida è considerare la differenza tra sostanza e intensità (tale distinzione è tratta dall’intervista di Antonio Gnoli al filosofo Giorgio Agamben apparsa su La Repubblica, 15 maggio 2016): le sostanze hanno confini chiari, oggetti specifici e sono caratterizzate da una cartografia e una topologia direttamente attribuibili. Sono sostanze nell’esperienza aziendale le Funzioni quali la Produzione, il Marketing, le Vendite, l’Amministrazione, la Logistica. L’intensità è un non luogo; è un’energia che attraversa le sostanze, mette in tensione e anima ogni ambito. L’organizzazione oggi ha un forte bisogno di intensità. Il libro che abbiamo in mano offre a questo proposito una duplice testimonianza: realizza in sé, attraverso lo sforzo dei due curatori, una unitas multiplex e, contemporaneamente, è ontologicamente in sé una intensità. Autori diversi, con formazione e storie professionali articolate in sé e molto differenziate l’una dall’altra, concorrono e contribuiscono a rinforzare una “casa comune”. Manager, psicosocioanalisti, operatori di marketing, operatori finanziari, consulenti sistemici, psicometristi, comunicatori, formatori PNL, psicologi del lavoro, psicosociologi dell’organizzazione, informatici, hanno contribuito alla scrittura di questo libro, testimoniando la peculiarità di ogni singolo approccio, e costruendo contemporaneamente uno spazio condiviso. La “casa comune” è il tentativo di generare una controstoria nei confronti della deriva attuale dell’esperienza organizzativa. Tale assunto ha tre riferimenti: l’idea dell’organizzazione “open”, aperta cioè al cambiamento, alla gestione della complessità data dalle molteplici variabili contemporaneamente in gioco; assumere il coaching in una logica allargata, di partnership con i clienti/ collaboratori, “un processo capace di sviluppare un nuovo tipo di relazione all’interno delle organizzazioni, in cui gli individui sono chiamati ad autoresponsabilizzarsi nell’apprendimento e nel miglioramento di se stessi” (ivi pag 10); la proposta di una “trasmigrazione” della funzione e dei processi di leadership da vertici pre-definiti a una pluralità di protagonisti capaci di ascoltare la propria auto-organizzazione, di curarne gli echi e di collegarsi in network virtuosamente autonomi. Il volume è articolato su una introduzione di uno dei due curatori che presenta le istanze dell’open leadership e delle attività di coaching orientate all’openess. La prima parte del volume, presenta cinque prospettive teoriche tutte orientate dall’obiettivo di approfondire le prospettive del coaching, accostate a quelle del counseling, ancorandole entrambe alle ultime ricerche della relazione tra lo sviluppo contemporaneo delle neuroscienze e l’apprendimento adulto. Tale prima parte di prospettive teoriche presenta analiticamente contributi sul coaching come strumento per la openess, il coaching nel dilemma tra cambiamento e transizione, la relazione nella prospettiva operativa del coaching e in quella del counseling, la narrazione come una via di sviluppo del coaching e, come già accennato, l’apprendimento contemporaneo correlato allo sviluppo delle neuroscienze. La seconda parte del volume presenta undici casi/esperienze organizzative capaci, nel loro insieme, di articolare uno scenario in grado di offrire un panorama dell’operatività del coaching in fattispecie organizzative diverse ma tutte confluenti nel costruire un sense making se non definitivo in ogni caso autorevole di tale metodica che, nelle pratiche di formazione e sviluppo contemporaneo trova oggi un indubbio sviluppo. La terza parte, che ha come autore uno dei due curatori del volume, conclude l’itinerario di ricerca offerto alle lettrici e ai lettori, “ritornando” sul tema dell’openess e indicando una concezione dello sviluppo organizzativo di una organizzazione open. La conclusione del volume ha il passo e la trasparenza di un manifesto valoriale e insieme operativo sul concetto di openess “e sulle opportune traiettorie da considerare nei programmi di consulenza organizzativa, che intendono intraprendere questa prospettiva” (ivi pag. 261). Il “manifesto” dell’organizzazione open presenta cinque dimensioni che accomunano, nell’ipotesi dell’autore, le esperienze di open leadership raccolte: l’autenticità e la trasparenza come valori, la passione assistita dalla vitalità e dalla cura, il circuito del cambiamento dalla concezione all’execution e ritorno e l’orizzontalità come superamento dei confini e della gerarchia con la prevalenza “del codice dei fratelli, codice affettivo orizzontale, nel quale il valore fondante è l’apprendimento dall’esperienza e lo scambio tra pari” (ivi pag. 269). Il “manifesto” continua proponendo le coordinate per uno sviluppo organizzativo open, ripercorre i passi classici dello sviluppo organizzativo per offrire nelle pagine conclusive una rianalisi critica del ruolo del consulente “rivisitato” alla luce delle prospettive indicate dell’organizzazione open. Il volume curato da Paolo Bruttini e Barbara Senerchia concretizza metaforicamente da una parte l’obiettivo della unitas multiplex offrendo, da prospettive diverse, una confluenza verso una casa comune, e dall’altra è una occasione per un tornare a riflettere su due problematiche fondamentali dell’esperienza organizzativa contemporanea: l’esigenza non evitabile del cambiamento attraverso il superamento del pregiudizio e della fiducia nelle regole esistenti e l’ascolto di un bisogno profondo – anche se talvolta espresso flebilmente e all’interno di rumori discordanti – testimoniato dalle donne e dagli uomini dell’organizzazione contemporanea di un vivere più comunitario, più solidaristico pur nel salvaguardare l’espressione della propria peculiare identità personale. Non vi è identità, in altre parole, al di fuori di pratiche di riconoscimento e spontanee e proposte e sostenute dalla politica aziendale. Questo è con alta probabilità il monito più alto e insieme est-etico che le pagine curate da Bruttini e Senerchia porgono, pur con umiltà, alle lettrici e ai lettori. n 67 idee RECENSIONI PER LE CLASSI DIRIGENTI UNA “BOMBA” (ANCORA INESPLOSA) NELLE FONDAMENTA Luciano Martinoli [email protected] Per la prima volta un libro in italiano divulgativo, ma rigoroso, sul pensiero del grande sociologo Niklas Luhmann. Osteggiata o ignorata, principalmente perché incompresa, la sua Teoria dei sistemi sociali mina dalle fondamenta il pensiero mainstream A ll’alba del III millennio la complessità del mondo appare alle classi dirigenti sempre più come una ecologia di tante crisi che colpiscono contemporaneamente tutti i sistemi sociali: dai macrosistemi (l’economia e la finanza) ai sistemi “intermedi” come, ad esempio, le imprese, i partiti politici e gli attori sociali. Di questa ecologia di crisi non riusciamo a scorgere l’origine e le dinamiche di sviluppo. Una crisi di comprensione genera una crisi di azione: le tradizionali strategie di governo dell’economia, della finanza, della politica, delle imprese e delle organizzazioni interne alle imprese non funzionano più. Il risultato è lo sconcerto, la frustrazione e l’impotenza delle classi dirigenti: l’imprenditore o il CEO, il responsabile HR, il manager pubblico, il politico, eccetera. Niklas Luhmann (1927-1998), sociologo tedesco, utilizzando risorse cognitive prima non considerate, ha rivoluzionato la sociologia proponendo una “teoria della società” (Teoria dei sistemi sociali) che riesce pienamente a fornire una spiegazione convincente e sofisticata dell’attuale e problematica complessità della società. Egli sostiene che tutti i sistemi sociali sono sistemi autopoietici (che si costruiscono da soli) che sembrano diventare col tempo completamente autoreferenziali e perdere di senso e funzione. Se questo è vero, allora diventa evidente perché le attuali strategie di governo a tutti i livelli (dalla strategia delle riforme LA SCHEDA Titolo Per Comprendere Luhmann Autore Hans Georg Moeller - Professore Ordinario di Filosofia e Studi Religiosi all’Università di Macao e Professore aggiunto alla Qufu Normal University di Qufu, Cina Appendice Francesco Zanotti Traduzione Luciano Martinoli Anno 2016 Casa Editrice IPOC, Milano Pagine 200 Prezzo 18 euro (ebook 12 euro su www.ipocpress.it) a quelle della competitività a quella del cambiamento organizzativo), non sono efficaci: accelerano il processo di chiusura autoreferenziale e, quindi, di perdita di senso dei sistemi sociali. Questa nuova piattaforma di pensiero costituisce il punto di partenza indispensabile per immaginare nuove strategie di governo capaci di riattivare processi di sviluppo nei diversi sistemi sociali. La teoria di Luhmann si pone, quindi, come strumento indispensabile perché le classi dirigenti attuali riescano ad assolvere la loro responsabilità storica. La traduzione del libro di Moeller (titolo originale The Radical Luhmann) è arricchita da un’appendice che contiene una prima proposta “di efficacia” (frutto di un lavoro pluriennale di ricerca) per le strategie di governo di qualsiasi sistema sociale, sia esso un attore economico (azienda con le relazioni con tutti i suoi stakeholder), un’organizzazione aziendale, una pubblica amministrazione. Attenzione però, questa parte non va scambiata per una banale proposta consulenziale. Essa è infatti una ridefinizione del concetto di “governo” di un sistema umano e una metodologia, della quale bisognerebbe ulteriormente dibattere, che propone la possibilità di intervento, o meglio di “indirizzo verso una migliore autopoiesi” coerentemente al pensiero di Luhmann. n 69 idee RECENSIONI DENTRO LA FORMAZIONE ETNOGRAFIA PRATICHE APPRENDIMENTO I l volume di Domenico Lipari Dentro la formazione potrebbe apparire come un testo ad uso e consumo esclusivo degli addetti ai lavori. In realtà, senza negare che i lettori privilegiati siano sia gli esperti, gli studiosi e i professionisti della formazione in quanto avvantaggiati da conoscenze culturalmente affini nonché affinate dall’esperienza, sia gli studenti universitari e gli esordienti nel settore, in quanto stimolati dalla volontà di irrobustire i saperi di una professione alla quale si stanno affacciando, credo che un libro ben strutturato e ben scritto che rivela, al di là delle staccionate disciplinari, come l’uomo si racconta, possa suscitare l’interesse anche di chi non saprebbe descrivere, a parole, cos’è e di cosa si occupa l’etnografia. Un libro il cui proposito è schiettamente dichiarato dall’autore nelle ultime righe dell’introduzione “Il volume dunque, vuole essere un invito all’etnografia rivolto a chiunque sia interessato ad una comprensione profonda delle pratiche che si addensano attorno ai processi di apprendimento degli adulti, nella speranza che le loro attività trovino 70 LA SCHEDA Titolo Dentro la formazione. Etnografia, pratiche, apprendimento Autore Domenico Lipari Anno 2016 Casa editrice Guerini Next, Milano Pagine 246 Prezzo 22 euro nella mia proposta non tanto la soluzione a problemi che l’azione umana porta con sé, quanto piuttosto stimoli a riflettere sulla propria azione professionale e sollecitazioni a porsi sempre nuove domande, a non smettere mai di cercare il senso di ciò che si fa”. Il libro è suddiviso in tre ambiti tematici: la storia dell’etnografia, la ricerca sul campo e le pratiche formative. Il capitolo d’apertura I fondamenti di un sapere empirico: ambiti di studio, teorie e approcci nel lavoro etnografico scorre veloce lungo i canali teorici e metodologici dell’etnografia. La ricerca qualitativa che acquisisce, con fatica e lentezza, voce in capitolo nel coro egemone delle scienze esatte. Il ruolo del ricercatore – personaggio che mi piace immaginare un po’ a metà tra l’investigatore e il romanziere – e il suo modo di osservare, ascoltare, partecipare, comprendere, interpretare, scrivere e restituire gli affreschi verosimili dei suoi incontri con l’Altro. I ricercatori della Scuola di Chicago, che lasciano i bimotori, i caicchi e le canoe per raggiungere quartieri e sobborghi in metropolitana trasformando, così, l’etnografia classica in etnografia Valentina Vinotti Formatrice e consulente free-lance. Svolge attività progettuali e didattiche relative alla valorizzazione delle persone, alla comunicazione interna, alla gestione dei gruppi e alle competenze relazionali con particolare interesse all’approccio della comunità di pratica. Collabora con società di formazione, associazioni di categoria e PMI. sociale. La grounded theory. La svolta interpretativa di C. Geertz e quella letteraria di Scrivere le culture di J. Clifford e G. E. Marcus, giusto per citare almeno qualche autore tra tutti quelli presentati ai lettori. La seconda sezione del volume si concentra sui metodi e sulle tecniche della ricerca etnografica. Risponde in maniera chiara ed esaustiva a tre semplici domande: qual è il lavoro dell’etnografo? Qual è il suo campo d’azione? In che modo raccoglie, studia e consegna ai lettori i fatti e i comportamenti che osserva? Un lavoro artigianale e un metodo malleabile, che si adatta agli obiettivi conoscitivi, alle caratteristiche degli oggetti e dei soggetti che incontra e alla natura del campo di indagine. Un lavoro che si basa sulla capacità di chiedere con pertinenza, di intervistare dialogando, di riflettere con costanza e di comprendere che il proprio registro stilistico è valido proprio in quanto unico. Un capitolo consistente, arricchito anche dalle proprietà esplicative e di approfondimento e dalle suggestioni letterarie delle note a piè pagina. Il terzo e ultimo capitolo Osservare, « «Immergersi dentro la formazione comporta l’andare a vedere come avviene il concreto configurarsi dell’azione formativa in quanto contesto che fornisce pretesti per la nascita di eventi, racconti, storie che trasformano l’esperienza lavorativa e le traiettorie professionali dei soggetti» Dalla postfazione al volume di Giuseppe Scaratti descrivere, comprendere le pratiche di formazione descrive e spiega in che modo l’approccio etnografico entra nei processi formativi e qual è il valore concreto di questo incontro. Lo schema sequenziale della formazione classica analisi dei bisogni – progettazione – realizzazione – valutazione, forse ancora valido o forse obsoleto in quello che l’autore chiama arcipelago delle pratiche professionali, può acquistare, attraverso l’etnografia, nuovi significati, nuovi orizzonti di senso, soprattutto se pensiamo a quanto la profondità e scrupolosità dell’etnografo nell’osservare, individuare e narrare i movimentati intrecci di relazioni presenti nelle realtà organizzate possa essere cruciale, in particolare, nei momenti in cui si scovano e analizzano i bisogni e in quelli in cui si ha la responsabilità di valutare esiti o propositi. Il capitolo è supportato, considerate le ricadute pratiche e operative derivanti dalla sua lettura, da casi tratti da reali esperienze professionali e dalla presentazione di ampi frammenti di testi e resoconti di ricerche. n 71 idee L’AZIENDA È TUTTA UN FILM SAPERE COSA SI VUOLE M olte volte, nel corso delle lezioni di “Cinema ed enogastronomia” che tengo in varie università (Suor Orsola Benincasa di Napoli, IULM e Sapienza), quando i ragazzi iniziano a parlarmi del lavoro che non c’è io chiedo loro “Ma se tutto ti fosse possibile, tu cosa vorresti fare?”. La risposta molto spesso è un imbarazzato silenzio: un po’ perché le passioni richiedono tempo per essere bene riconosciute, un po’ perché è più facile comportarsi della serie “lasciala andare come va” (la vita). Due film recenti, presentati entrambi al Festival di Cannes 2016, sembrano confermare questa riflessione. Nel primo – Personal shopper, non riuscito, ma corag- gioso – la giovane protagonista, l’ex Twilight alias Kristen Stewart, lavora per una donna ricca scegliendo per lei vestiti, gioielli e viaggi. È un po’ come se vivesse una vita non sua, regalando a un’altra persona la propria sensibilità e il proprio gusto, invece di metterli a servizio di un progetto che veda al centro se stessa, tant’è che il regista (e sceneggiatore) Olivier Assayas non a caso la fa poi smarrire (e con lei il film) in una storia paranormale di fantasmi che rappresenta simbolicamente il suo personalissimo smarrimento e la sua non realizzata identità. Nel secondo (bel) film – Pericle il nero – il protagonista Riccardo Scamarcio è un due di briscola della Camorra in Belgio, nel senso che per sopravvivere ha accet- Titolo Personal Shopper Nazione Belgio Anno 2016 Genere Drammatico/thriller Durata 110 minuti Regia Olivier Assayas Cast Kristen Stewart, Lars Eidinger, Anders Danielsen Lie, Nora von Waldstätten, Sigrid Bouaziz 72 Marco Lombardi [email protected] Scrittore, sceneggiatore, critico tato di fare un lavoro agghiacciante: sodomizzare le persone che gli vengono “commissionate” al fine di umiliarle. Il suo padrino è un personaggio ambiguo da cui a un certo punto cercherà di affrancarsi, così che il film perde di vista la sua trama malavitosa – fatta di sgarri, omicidi, tradimenti, vendette, verità nascoste – per diventare la (più semplice) storia di un’emancipazione dagli altri verso di sé. Perché questa dovrebbe essere la più importante “competenza”, professionalmente parlando: sapere che il lavoro che si fa è giusto per noi. Che ci rappresenta, che ci valorizza in quanto persone. Solo così daremo il meglio, le altre “competenze” (quelle tecniche) si possono imparare strada facendo. n Titolo Pericle il nero Nazione Italia, Belgio e Francia Anno 2016 Genere Drammatico Durata 105 minuti Regia Stefano Mordini Cast Riccardo Scamarcio, Marina Foïs, Valentina Acca, Gigio Morra, Maria Luisa Santella AIDPnews XCXCXCXCXCXC UN NUOVO SERVIZIO PER I SOCI AIDP ORE 9.30 RASSEGNA STAMPA E WEB Un importante nuovo servizio di aggiornamento per i Soci. Una panoramica quotidiana sullo scenario del mercato del lavoro arricchita dagli articoli che parlano di noi L a nuova Rassegna Stampa e DELIVERY La rassegna è realizzata dal Web AIDP offre una selezione lunedì al venerdì alle ore 9.30. Eventuali degli articoli più significativi Credenziali di accesso articoli apparsi il sabato e la domenica, verinerenti il settore delle risorse Area Riservata Soci ranno ripresi il lunedì successivo. umane, della formazione e ri- Niente paura, se non le hai collocazione professionale, notizie inerenti il mai usate... recuperarle MODALITÀ DI FRUIZIONE mercato del lavoro e le principali novità norè facile: basta richiederle La piattaforma web (CercaNotizie 4 AIDP) è mative (escluse notizie riguardanti annunci al momento del login accessibile dall’Area Riservata Soci (dall’hodi impiego o richieste di lavoro), oltre a tutti e ti verranno inviate me page del sito www.aidp.it) inserendo le gli articoli che parlano dell’Associazione. Le automaticamente. E per ogni proprie credenziali. La rassegna è consultabile fonti stampa riguardano i principali quotidiani problema... puoi contare 24 ore su 24 e da qualsiasi dispositivo. La nazionali comprensivi di inserti di interesse, sempre sulla Segreteria piattaforma infine consente alcune operazioni pubblicazioni economico finanziarie, testate Nazionale AIDP: utili per ricerche personalizzate (data, testata, specializzate. Le fonti web, notizie da blog, [email protected] keywords,...), per l’editing e l’esportazione siti e social. tel. 02 6709558 dei file. 73 AIDPnews XCXCXCXCXCXC ROAD SHOW ISTITUZIONALE I POMERIGGI DEL LAVORO Un’esperienza concreta sull’alternanza scuola-lavoro di David Trotti David Trotti Coordinatore nazionale Centro Studi AIDP e Presidente AIDP Lazio I { Pomeriggi del Lavoro sono una delle attività più concrete messe in campo da AIDP quest’anno; frutto di quello che sono stati i road show dello scorso anno. Vogliono portare l’esperienza concreta degli operatori delle risorse umane su di un argomento con la tecnica del benchmarking ovvero del confronto tra coloro che hanno studiato, ragionato e lavorato intorno a una esperienza. I Pomeriggi del Lavoro si svolgono in partnership con l’università, vedono la presenza di politici ed istituzioni e la partecipazione di tanti professionisti delle risorse umane. Sono un momento di forte crescita e formazione, indipendentemente se chi ascolta vive da anni le problematiche toccate o è appena entrato in una direzione HR. Parlamento, Governo e Società Civile: tre visioni a confronto è il sottotitolo del percorso che riassume quanto finora ho detto. Generalmente prima della discussione del tema viene anche lanciato un opinionario tra i soci AIDP e tra gli appartenenti al gruppo su Linkedin (coinvolgendo quindi più di 17.000 persone) che cerca di focalizzare il tema dando voce alla popolazione HR. Quindi, ogni volta, un evento da non perdere. Dopo l’appuntamento si cerca di approfondire il tema attraverso discussioni con tutti gli intervenuti e incontri bilaterali che offrano la nostra vision. L’ultimo tema toccato è stato quello dell’alternanza scuola-lavoro. Lo abbiamo affrontato 74 [email protected] ad aprile ma la discussione e l’evento sono sfociati (nello spirito di quanto scritto) in un confronto al MIUR, tentando di dare il nostro contributo in quell’ottica di costante miglioramento che ci contraddistingue e che la Presidente nazionale Isabella Covili Faggioli ha richiamato a Roma a viale Trastevere (sede del Ministero). Ma torniamo al 18 aprile 2016 all’Università di Modena e Reggio Emilia nel corso di uno dei Pomeriggi I POMERIGGI DEL LAVORO Parlamento, Governo e Società Civile: tre visioni a confronto L’evento del 18 aprile All’incontro de I Pomeriggi del Lavoro – che si è svolto all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il 18 aprile – sul tema Alternanza Scuola-Lavoro hanno partecipato, tra gli altri: Angelo Oreste Andrisano Rettore UNIMORE, Cesare Damiano Presidente Commissione Lavoro Camera dei Deputati, Presidente Lavoro&Welfare, Isabella Covili Faggioli Presidente Nazionale AIDP, Michele Tiraboschi UNIMORE e ADAPT. Per AIDP Taskforce: Alessandro Chiesa Ferrari, Filippo Di Gregorio Dallara, Luigi Torlai Ducati. Ha coordinato i lavori Gustavo Bracco Coordinatore Comitato Scientifico AIDP. Il ciclo I Pomeriggi del Lavoro continua. Prossima tappa il 12 settembre all’Università degli Studi di Torino con Il lavoro nella stabilità: contratto a tutele crescenti versus voucher. AIDP che ha visto un acceso dibattito e confronto sul tema dell’alternanza suola lavoro. Per parlarne utilizzerò la tecnica che sta rendendo questa esperienza ricca e da non perdere, farò parlare i soggetti coinvolti. Iniziamo cercando di capire cosa è l’alternanza scuola-lavoro. Il Ministero del Lavoro (cliclavoro.gov.it) lo spiega così: Realizzare corsi di formazione all’interno del ciclo di studi, sia nel sistema dei licei sia nell’istruzione professionale, è un modello didattico che si sta radicando sempre di più anche in Italia. Si chiama alternanza scuola-lavoro e intende fornire ai giovani, oltre alle conoscenze di base, quelle competenze necessarie a inserirsi nel mercato del lavoro, alternando le ore di studio a ore di formazione in aula e ore trascorse all’interno delle aziende, per garantire loro esperienza “sul campo” e superare il gap “formativo” tra mondo del lavoro e mondo accademico in termini di competenze e preparazione: uno scollamento che spesso caratterizza il sistema italiano e rende difficile l’inserimento lavorativo una volta terminato il ciclo di studi. L’alternanza intende integrare i sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro attraverso una collaborazione produttiva tra i diversi ambiti, con la finalità di creare un luogo dedicato all’apprendimento in cui i ragazzi siano in grado di imparare concretamente gli strumenti del “mestiere” in modo responsabile e autonomo. Se per ➤ 75 AIDPnews XCXCXCXCXCXC ROAD SHOW ISTITUZIONALE “Una delle cose più concrete che possiamo fare come HR è quella di aiutare i ragazzi e le ragazze a capire il mondo del lavoro” i giovani rappresenta un’opportunità di crescita e di inserimento futuro nel mercato del lavoro, per le aziende si tratta di investire strategicamente in capitale umano ma anche di accreditarsi come enti formativi. Con la Legge 107/2015 questo nuovo approccio alla didattica, rivolto a tutti gli studenti del secondo biennio e dell’ultimo anno, prevede obbligatoriamente un percorso di orientamento utile ai ragazzi nella scelta che dovranno fare una volta terminato il percorso di studio. Il periodo di alternanza scuola-lavoro si articola in 400 ore per gli istituti tecnici e 200 ore per i licei. I percorsi formativi di alternanza scuola-lavoro sono resi possibili dalle istituzioni scolastiche, sulla base di apposite convezioni stipulate con imprese, camere di commercio, industria, artigianato, commercio, agricoltura, terzo settore che sono disposti a ospitare lo studente per il periodo dell’apprendimento. Affinché si realizzi una convenzione, l’istituzione scolastica si impegna a fare un’attenta e accurata valutazione del territorio in cui va ad inserirsi. Dopo questa fase di studio, le scuole individuano le realtà produttive con le quali poter avviare collaborazioni concrete: queste assumeranno sia la forma di accordi ad ampio raggio, a valenza pluriennale, sia di convenzioni operative per la concreta realizzazione dei percorsi. Il Ministero richiama più volte uno dei soggetti coinvolti: la singola scuola, il preside e il corpo insegnante che sono in un luogo e in un territorio su cui opera una singola azienda e che rappresenta dal punto di vista educativo la carta di identità di un territorio. Pensiamo alla differenza culturale tra una scuola sarda e una del Friuli Venezia Giulia, infatti le scuole racchiudono e raccolgono tutto il potenziale di un territorio (dove non ci sono scuole probabilmente non c’è futuro). Questo aspetto particolare dal punto di vista delle aziende 76 viene percepito in maniera molto forte, anche se tutte le esperienze di scuola-lavoro con cui siamo entrati in contatto ne riconoscono e promuovono il valore intrinseco e assoluto, indipendentemente dal territorio. L’alternanza scuola-lavoro è un’esperienza non nuova (anzi!) per le Direzioni HR come Dallara, Ducati e Ferrari - come hanno ampiamente dimostrato il 18 aprile - e fa parte in maniera consolidata e permanente della cultura aziendale che, del confronto con il proprio territorio di appartenenza, fa un punto di forza. Questo concetto è rappresentato in maniera splendida nelle parole di Filippo Di Gregorio HR Director di Dallara Spa: Da alcuni anni Dallara sta lavorando in una logica di rete, guidata da uno dei principi ispiratori che può essere sintetizzato da una frase dell’AD, l’Ing. Andrea Pontremoli: “quello che stiamo facendo, lo stiamo facendo anche per la nostra valle, la Val Ceno, perché crediamo nel Territorio...la diffusione della cultura tecnico-scientifica e l’integrazione tra istruzione, educazione, formazione innovativa e tessuto economico produttivo rappresentano un fattore strategico per accrescere la competitività sui mercati internazionali”. Eccoci al punto. Una delle cose più concrete che possiamo fare come HR è quella di aiutare i ragazzi e le ragazze a capire il mondo del lavoro che sarà per gran parte un elemento essenziale della loro vita. Da anni i soci AIDP (che ricordiamolo sono anche genitori e molto spesso sono nelle istituzioni scolastiche) entrano nelle scuole per raccontare come si fa un colloquio di lavoro e come si scrive un curriculum. L’alternanza scuola-lavoro offre la possibilità di poter vivere, guidati e all’interno di un progetto, il mondo del lavoro. Alle aziende permette di valutare il potenziale e il talento di coloro che saranno probabilmente un giorno il loro capitale umano, come ci racconta Luca Battistini nel box qui sotto. Si tratta di cogliere il valore della sinergia tra istruzione e azienda che oggi coinvolge non solo gli istituti tecnici, ma anche i licei. Qui la lungimiranza e il progetto a lungo termine sono essenziali, il domani si costruisce nel presente e oggi, investendo qualche risorsa anche economica, sicuramente diminuiremo i costi di domani, ma soprattutto avremo modo di evitare quei sei mesi “terribilis” che viviamo quando inseriamo una risorsa in azienda che, prima di tutto, deve capire cosa significa lavorare. Poi permettetemi un’annotazione, siamo stati, siamo o saremo tutti padri e madri e con l’alternanza scuola-lavoro aiuteremo i nostri figli, perché se aiutiamo i ragazzi a fare esperienza qualche nostro collega aiuterà i nostri figli a fare la loro. n L’ESPERIENZA DEL GRUPPO ECV Luca Battistini HR Business Partner Gruppo ECV Il Gruppo ECV – Elite Club Vacanze – ha aderito con convinzione al progetto alternanza scuola-lavoro finalizzando l’inserimento di tre giovani attraverso percorsi formativi mirati. Mediante questa esperienza abbiamo avuto l’opportunità di trasmettere agli studenti nozioni riguardanti l’organizzazione dell’impresa (funzioni, regole, struttura, ruoli, ecc.), dando loro la possibilità di approfondire la conoscenza di un settore professionale, nel nostro caso quello del turismo, così che potessero, alla fine del percorso scolastico, effettuare un’analisi più consapevole delle proprie capacità avendo un’immagine chiara del mondo del lavoro e delle organizzazioni presenti da confrontare con le proprie aspettative. Proprio in virtù dello specifico progetto alternanza scuola-lavoro abbiamo inserito un giovane che adesso riveste in azienda il ruolo di Sviluppatore Web inoltre, grazie a percorsi formativi strutturati ad hoc in collaborazione con l’Università e altri Enti formativi, abbiamo inserito due nuove risorse adesso assunte a tempo indeterminato. Per fare questo è stata fondamentale un’analisi preliminare del fabbisogno aziendale e la sinergia virtuosa con enti partner che hanno strutturato con noi un percorso che, partito dall’analisi del contesto aziendale, si è focalizzato sull’identificazione dei profili chiave e delle loro competenze distintive. La promozione di una transizione agevole dalla scuola al mondo del lavoro e la finalità di garantire ai giovani l’opportunità di evolvere tanto sotto il profilo professionale quanto personale, sono da sempre due questioni fondamentali sia per la nostra economia che per la nostra società. Oggi queste sfide si rendono ancora più impellenti, in un periodo in cui l’economia globale inizia a riemergere dalla peggiore crisi degli ultimi 50 anni, dove i giovani hanno portato sulle spalle buona parte del peso della recente crisi occupazionale. Giova osservare, infine, come spesso la prima esperienza lavorativa influisca molto sul futuro della vita professionale, tant’è che un primo lavoro in condizioni favorevoli facilita l’integrazione dei giovani nel mondo lavorativo e getta le basi per una buona carriera. 77 AIDPnews SAVE THE DATE Quali sono le ultime novità nel settore del welfare aziendale? Quali le nuove opportunità per aziende e lavoratori? S e ne parla al convegno WelFare che fare – Che cosa cambia per aziende e dipendenti. Le potenzialità di un nuovo mercato, organizzato dal Corriere Economia, che si terrà a Milano, presso la sede del Corriere della Sera in Sala Buzzati, il 20 settembre alle ore 18.00 (registrazioni dalle ore 17.30). Nel corso dell’incontro saranno presentati in anteprima i risultati della ricerca condotta sul campione di 1800 HR Manager e Professional del network AIDP Nuove opportunità di welfare aziendale, condotta dal professor Luca Pesenti, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Tavola rotonda, moderata da Massimo Fracaro, alla presenza del Sottosegretario MEF Pier Paolo Baretta (tbc) e della Presidente nazionale AIDP Isabella Covili Faggioli, con testimonianze delle aziende che hanno più puntato sul welfare. Programma aggiornato e informazioni sul sito dell’Associazione – www.aidp.it 78 AIDPnews DAI GRUPPI REGIONALI PASSAGGI DI TESTIMONE Nei mesi scorsi si sono rinnovate le cariche in quattro Gruppi regionali. Ecco i nuovi Presidenti di AIDP Abruzzo e Molise e di AIDP Lazio, di recente nomina, introdotti dalle parole dei Presidenti uscenti e di AIDP Basilicata e Sicilia. A tutti loro, un grosso benvenuto dalla Redazione di Direzione del Personale 24 giugno 2016 ABRUZZO E MOLISE “Carissimi, essere Presidente del Gruppo Abruzzo e Molise è stata una palestra di vita oltre che un’esperienza associativa. Sperimentare cose diverse da quelle che possiamo vivere in azienda è un’opportunità che richiede sì molto tempo, impegno, passione, ma ampiamente ripagata dalle relazioni che si costruiscono e dalle emozioni che si provano. È questo dunque un invito a trovare la motivazione e il tempo per dedicarsi alla nostra bellissima associazione. Sono molto orgoglioso di quello che ho fatto insieme a tutta la squadra di AIDP Abruzzo e Molise in questi 6 anni di presidenza e so bene che con Alfonso garantiremo continuità e miglioreremo ulteriormente. Ho trovato amici veri che mi hanno aiutato, supportato e a volte sopportato. Amici che rimangono, indipendentemente da tutto. Ho chiuso il mio intervento della sera in cui c’è stato l’avvicendamento tra me e Alfonso parafrasando la famosissima frase di Steve Jobs Stay hungry, stay foolish in Stay angry, stay astonish che descrive bene come abbiamo vissuto gli ultimi anni e come dovremo vivere i prossimi. Dobbiamo credere di poter cambiare il futuro tanto da arrabbiarci quando vediamo che le cose non funzionano, dobbiamo meravigliarci e sognare con gli occhi dei bambini e quindi pensare che ogni cosa sia possibile. Per chi non l’avesse visto, un video per tutti: l’originale dei Coldplay Up&up (su YouTube e... meravigliatevi!) Buona visione! A presto”. Raffaele Credidio EMEA HR Operations Director Micron Technology Alfonso Orfanelli HR Group Director Arti Group Bavaria e Presidente AIDP Abruzzo e Molise Laureato in Economia & Management, master in Crisis Management e Relazioni Industriali, ha iniziato la sua carriera nel settore bancario (Banco di Napoli) per proseguire in Galbani, Coca-Cola, Merker Yshima, Margaritelli SpA, con esperienze che vanno dal settore dei servizi, a quello Commerciale, ICT e HR. Dall’ottobre 2015 ricopre la carica di HR Group Director della Arti Group Bavaria, Gruppo internazionale di riferimento nel settore della stampa industriale di libri, rotocalchi, riviste, con oltre 900 dipendenti, la cui Direzione Generale ha base a Bergamo e con filiali in Europa e Sud America. È componente del CdA ricoprendo l’incarico di Datore di Lavoro; fa parte della Giunta Nazionale Assografici e della Commissione Sindacale Nazionale del settore Cartai e Cartografici. Socio AIDP dal 2007, è ora Presidente del Gruppo Abruzzo e Molise. ➤ 79 AIDPnews XCXCXCXCXCXC DAI GRUPPI REGIONALI 23 giugno 2016 LAZIO “Cari tutti, con molta soddisfazione e un pizzico di commozione, vi informo che l’assemblea soci di AIDP Lazio, pronunciatasi sul rinnovo cariche, al termine del mio secondo mandato triennale, ha eletto David Trotti quale nuovo Presidente. David, che non ha bisogno di presentazioni, si è positivamente contraddistinto in associazione in questi anni, sia in ambito regionale che nazionale, e ha mostrato infinita passione oltre che elevatissimo impegno e competenza. Era quindi, senza indugio, la figura più adatta, per know how e per meriti, a prendere in mano le redini del gruppo regionale. Dal canto mio, continuerò a dare il mio fattivo contributo all’interno del nuovo direttivo regionale concepito, come da migliore tradizione AIDP, nell’ottica del “rinnovamento in continuità”. A David e a tutta la squadra auguro, essendone totalmente confidente, i migliori successi per AIDP Lazio”. Michele Tripaldi HR Manager Interconsulting David Trotti Partner delle Direzioni HR e Presidente AIDP Lazio Appassionato delle risorse umane, affianca le direzioni del personale delle aziende attraverso la condivisione delle attività dell’amministrazione del personale e della gestione del capitale umano. Per molti anni Direttore Corporate delle Risorse Umane del Gruppo Mondoconvenienza è anche Consulente del Lavoro. Responsabile del Centro studi AIDP. Giornalista Pubblicista: ha al suo attivo ebook, articoli e video. È Coordinatore scientifico per l’area lavoro della rivista Consulenza di Buffetti editore. Professore a contratto presso l’Università Niccolò Cusano di Roma e Commissario Certificatore per le competenze HR di Rina e AIDP. 80 15 aprile 2016 BASILICATA Andrea Frascati HR Manager Smart P@per Spa e Presidente AIDP Basilicata Smart P@per è una società per azioni con sede nell’area industriale di Sant’Angelo le Fratte (PZ), specializzata nella progettazione, realizzazione e gestione di soluzioni per l’archiviazione ed elaborazione elettronica di documenti. Prima della Direzione Risorse Umane (2009) in Smart P@aper, ricopre il ruolo di General Manager (2008-2009) presso il Gruppo Di Mario Dimatour e in Nicoletti Spa di HR Manager (dal 2006). 1° febbraio 2016 SICILIA Carlo Bruschi Consulente Risorse Umane e Organizzazione SDI Soluzioni d’Impresa e Presidente AIDP Sicilia Oltre quindici anni di esperienza all’interno della Direzione Risorse Umane e Organizzazione in primarie società quali Fiat e Finmeccanica, in ruoli di sempre maggiore responsabilità fino a ricoprire posizioni apicali. Significative esperienze nello Sviluppo Organizzativo prima e nelle Relazioni Industriali e processi di ristrutturazione poi. Arriva in Sicilia nel 2006 come Direttore Risorse Umane Area Sicilia per Almaviva Contact coordinando tutti i siti produttivi presenti nell’isola. Innamoratosi della terra decide di fermarsi trasformandosi nel 2011 in consulente. Da allora opera come Consulente di Direzione nelle tematiche Risorse Umane e Organizzazione affiancando primarie aziende siciliane in processi di efficientamento delle strutture organizzative e dei processi di lavoro. È partner di Soluzioni d’impresa e collabora con Fondirigenti nel progetto “Visite in Itinere”. n Labour is a hard job 178 dal 1980 NUMERO settembre 2016178 DIREZIONE DEL PERSONALE VI GUIDIAMO SU ROTTE TRACCIATE DA EFFICIENZA, PARTNERSHIP E TECNOLOGIA. IL SENSO DEL LAVORO È ANCHE QUESTO. TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE LA GRANDE SCOMMESSA La sfida del futuro? Una funzione HR in grado di stimolare e motivare le persone, rimettendo al centro delle organizzazioni il lavoro { IL REPORTAGE DEL CONGRESSO AIDP CON I CONTRIBUTI DI GIULIANO POLETTI, GIOVANNI COSTA, STEFANO VENTURI, PIER LUIGI CELLI, ENZO SPALTRO, GIUSEPPE VARCHETTA, ROBERTO CINGOLANI, MAURIZIO SACCONI, SALVATORE PIRRONE }