Sandro Botticelli, Natività mistica, 1501, tempera su

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Sandro Botticelli, Natività mistica, 1501, tempera su
Sandro Botticelli, Natività mistica,
1501, tempera su tela, cm 108,5 x 75, Londra, National Gallery
1. DESCRIZIONE
Nella parte
centrale è
rappresentata
una capanna
appoggiata alle
rocce e
sostenuta da
due grossi pali.
Al centro della
capanna sono
poste, da
sinistra, le figure
di san Giuseppe,
del Bambino e di
Maria e, sullo
sfondo, i
tradizionali bue
e asinello.
Sul tetto,
ricoperto di
paglia, sono
posti tre angeli,
vestiti con abiti
nei colori delle
virtù teologali, il
bianco per la
fede, il verde per
la speranza, il
rosso per la
carità.
I due angeli ai
lati della
capanna mostrano, rispettivamente a un gruppo di tre e di due uomini,
l'evento della nascita del Redentore.
Sopra la capanna dodici cherubini (vestiti a tre a tre con gli stessi colori
delle tre virtù teologali), in volo su un cielo azzurro sopra gli alberi, si
tengono tutti per mano e fanno un girotondo, lasciando cadere allo stesso
tempo alcune coroncine.
Davanti alla capanna prati verdi su rocce terrazzate conducono alla scena in
cui tre angeli (sempre con i tre colori già indicati) abbracciano tre uomini
coperti da ampi mantelli. I tre angeli indicano che tra terra e cielo è ristabilito
l'accordo.
Poco più sotto appaiono cinque piccoli diavoli grigi, alcuni esanimi, altri quasi
calpestati dai gruppi di angeli e uomini.
2. L'ISCRIZIONE IN GRECO
La chiave per la comprensione del quadro sta nella scritta in greco che
appare sulla cornice superiore del dipinto: “Questo dipinto, sulla fine
dell'anno 1500, durante i torbidi d'Italia, io, Alessandro, dipinsi nel mezzo
tempo dopo il tempo, secondo l'XI di San Giovanni nel secondo dolore
dell'Apocalisse, nella liberazione di tre anni e mezzo del Diavolo; poi sarà
incatenato nel XII e lo vedremo precipitato (o calpestato) come nel presente
dipinto”.
Il riferimento ai "torbidi d'Italia" è stato associato alla delicata situazione
fiorentina conseguente alla morte del Magnifico, o alla traumatica discesa in
Italia del sovrano francese Carlo VIII, o alle ambizioni militari dello
spregiudicato Cesare Borgia.
La scritta fa riferimento all'Apocalisse di San Giovanni Evangelista: per
Botticelli la sua epoca corrispondeva alla seconda piaga dell'undicesimo
capitolo dell'Apocalisse, in cui l'Evangelista illustra l'arrivo minaccioso del
demonio. Tuttavia il quadro mostra il momento in cui il diavolo, nel
dodicesimo capitolo della profezia, viene sopraffatto, allusione alla
liberazione della Chiesa dall’anticristo savonaroliano, il papa Alessandro VI
Borgia: tutti i diavoletti vengono scacciati sottoterra e gli uomini e gli angeli
sono incoronati con rami di ulivo come segno della pace riconquistata. Sui
cartigli è scritto “Pace in terra agli uomini di buona volontà”.
Segue poi il compimento della profezia, descritta da Giovanni: la donna
dell'Apocalisse partorisce un figlio scacciando il demonio. Negli scritti
esegetici la donna era identificata con Maria e assurta a simbolo della
Chiesa. Nella nascita del Redentore Botticelli allude quindi alla visione
apocalittica e al rinnovamento della Chiesa nella figura di Maria.
Infine, nella luce del mattino che filtra tra i tronchi della foresta sullo sfondo
del dipinto, il pittore allude alla speranza che sorga l'alba di una nuova era.
3. BOTTICELLI E SAVONAROLA
L'opera appartiene all'ultima fase dell'attività di Botticelli che, secondo
Vasari, aveva accentuato il suo spirito "sofistico" ed era diventato un
seguace di Gerolamo Savonarola. Botticelli non sembra essere stato
indifferente alle prediche del monaco. Suo fratello Simone, che da acceso
sostenitore di Savonarola (piagnone) dovette fuggire da Firenze dopo la sua
morte, riporta nel suo diario una conversazione tra Botticelli e uno dei giudici
che avevano processato il monaco, al quale il pittore si era azzardato a
chiedere che cosa potesse aver fatto Savonarola di così grave per meritare
una morte ignobile.
La morte di Lorenzo il Magnifico (1492) segnò la conclusione di una delle più
fulgide stagioni della storia fiorentina, quella dei Medici, e l'inizio di una crisi
politica e morale segnata dal rigore etico di Savonarola.
Il tono del dipinto di Botticelli appare ben lontano dalle realizzazioni del
periodo mediceo e sembra esprimere la profonda crisi seguita alla caduta
degli ideali dei quali quel mondo appariva l'incarnazione.
La figura di Savonarola fu significativa nella biografia umana e artistica
dell'ultimo Botticelli, improntata a una vivida religiosità e a un intenso
misticismo.
Il pathos che si respira nel quadro e il sentimento dei penitenti intorno alla
Natività ricordano il canto del partito savonaroliano “Al vaglio, al vaglio,
venite tutti quanti e con amari pianti”.
Le predicazioni del Savonarola ispirarono il carattere ascetico e di profonda
riflessione sulla fede del dipinto di Botticelli. Botticelli forse dipinse questo
soggetto come illustrazione di una predica di Savonarola contro la decadenza
morale di Firenze. Il tema della nascita di Cristo si unisce a quello della
grazia divina che trasfigura tutto l'universo, secondo una tematica presente
nelle prediche del frate.
Anche molti dei riferimenti simbolici del dipinto rimandano alle prediche di
Savonarola. Per esempio i bambini che partecipavano alle sue processioni
portavano rami di ulivo tra i capelli e nelle mani e le scritte sui cartigli dei
cherubini in cielo sono citazioni tratte da un trattato del monaco. Nelle
omelie natalizie del 1493 e del 1494 a Firenze, il frate incitava i fiorentini a
rendere Firenze una novella Nazareth, riunendosi spiritualmente intorno alla
sacra capanna dove la Madonna accudiva il bambino aiutata da tre fanciulle
identificabili come le virtù teologali. Le tre fanciulle sono rappresentate due
volte nel dipinto di Botticelli, sia sotto forma dei tre angeli posti sul tetto
della capanna sia nelle tre figure angeliche presenti in basso, che appaiono
tutte panneggiate di drappi cromaticamente allusivi ai tre colori delle virtù
teologali. Anche la presenza delle banderuole con le litanie e delle corone
d'oro pendenti dai rami d'ulivo, che sono simbolo di pace, appaiono riferibili
alle sacre rappresentazioni che il Savonarola organizzava in quegli anni.
4. LA NATIVITÀ E LO SPIRITO UMANISTICO
Il quadro è ancora influenzato dallo spirito umanistico: Il coro degli angeli che
danzano attorno ad una cupola dorata è una citazione teatrale e ricorda le
macchine che Brunelleschi progettò per le sacre rappresentazioni messe in
scena nelle chiese fiorentine nel '400. La lunga e oscura iscrizione in greco
posta nella parte superiore ricorda che il greco era tornato in auge alla corte
medicea di Cosimo il Vecchio e a quella neoplatonica del nipote Lorenzo il
Magnifico.
5. LA COMPOSIZIONE
La composizione, funzionale alla complessa simbologia utilizzata per
raccontare i temi sacri, è arcaicizzante, medievale, una consapevole
regressione all’irrazionale:
◦ abbandono dell’ideale umanistico della centralità dell’uomo
◦ scomparsa dell’allegoria e del mito
◦ antinaturalismo
▪ assenza della prospettiva razionale
▪ proporzioni gerarchiche
▪ paesaggio gotico
▪ fondo oro
▪ linea di contorno
▪ attitudini sforzate e innaturali delle figure