Sulla strada della pietra a secco

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Sulla strada della pietra a secco
Speciale edilizia
Sulla strada della pietra a secco
Un progetto Interreg si propone di recuperare questa particolare
tecnica costruttiva tipica dell’architettura rurale delle aree montane
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uri di sostegno dei terrazzamenti, delimitazioni
dei confini, pietre isolate a indicare i limiti delle
proprietà, abitazioni o altre strutture architettoniche.
La pietra è sicuramente uno dei segni più distintivi del
paesaggio montano dell’area transfrontaliera fra Italia
e Francia. Una tecnica costruttiva, in particolare, risulta di straordinario interesse e caratterizza fortemente il paesaggio montano tra basso Piemonte e alta
Provenza: la pietra a secco. Partendo da questi presupposti, l’associazione culturale Auriate di Costigliole
Saluzzo e l’associazione francese Apare hanno dato il
via l’anno scorso al progetto “La Route de La Pierre
Séche”, che si propone di sensibilizzare le popolazioni
dell’area transfrontaliera e, in particolare i giovani, sul
tema del paesaggio e - più specificamente - sulla salvaguardia e valorizzazione dei segni che caratterizzano il paesaggio montano dell’area transfrontaliera fra
Italia e Francia. Per raggiungere questi obiettivi, nelle
stagioni estive 2009 e 2010 sono stati organizzati
cantieri di recupero di costruzioni in pietra a secco e
campus di schedatura delle strutture realizzate con la
stessa tecnica. Gruppi di giovani provenienti da tutta
l’Europa e dal Mediterraneo hanno così contribuito
alla valorizzazione e conservazione dell’immenso patrimonio culturale e paesaggistico delle vallate alpine
cuneesi.
uest’estate, ad esempio, si sono svolti in valle
Po e valle Varaita tre cantieri e un campus. Nel
primo cantiere, svoltosi in valle Po, è stato ricostruito un selciato su uno dei sentieri più suggestivi che
dalla Fraz. Garzini di Sanfront conduce alla Borgata di
Balma Boves e ne è stato inoltre ripulito il tracciato
dalle foglie e le piante cadute. Nel secondo cantiere,
in valle Varaita, sono stati ripuliti e sistemati alcuni tratti di muri in pietra su un sentiero che dalla
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Borgata Puy di Rore (Sampeyre) conduce alla piccola
borgata di “Meiro Paola”. Nel terzo cantiere, infine,
sempre in valle Varaita, sono stati recuperati alcuni
tratti danneggiati del sentiero che dalla Borgata Rore
di Sampeyre porta alla Borgata Chiaronto di Frassino.
Il campus di schedatura invece è durato tre settimane
e ha visto la realizzazione di 50 schede con un gruppo
di giovani provenienti da studi in campo architettonico
e paesaggistico.
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ottobre 2010
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Speciale edilizia
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uello della costruzione con la pietra a secco è un
antico sapere, tramandato nei secoli, che coniuga
la tecnica dell’uomo con l’ambiente naturale, riscontrabile soprattutto negli edifici adattati nelle forme e
nei volumi all’ambiente locale, alla disponibilità di spazi
e alla conformazione del suolo. La dimensione familiare non ha mai avuto rilevanza nella struttura della
casa e, infatti, lo spazio interno era minimo, giusto
per ripararsi dal freddo, dalla pioggia e dalla neve.
Sfruttando la sfaldabilità della roccia, l’uomo ha ricavato lastre larghe e sottili, le lose, per realizzare coperture di tetti, piccoli ponti, fianchi di canali d’acqua;
oppure, con un paziente lavoro, l’ha scavata per fare
vasche per abbeverare gli animali. Per molto tempo
ha salito quotidianamente la cima della montagna per
estrarne la roccia, lavorarla e mandarla lontana per
abbellire pregiati edifici. La pietra, presente dovunque e con una durata infinita, è stato il materiale più
usato dall’uomo, con cui ha costruito e lasciato un
paesaggio costruito perfettamente armonizzato con
le caratteristiche naturali della zona.
e strutture architettoniche hanno, infatti, lo stesso colore delle rocce circostanti da cui la pietra è
stata prelevata e così anche le case isolate, nelle zone
degli alpeggi, non sono elementi estranei, ma testimonianze di una vita trascorsa tra molte fatiche. L’idea di
realizzare una “Route de la pierre seche” tra Italia e
Francia nasce dalla positiva esperienza maturata sul
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versante francese negli ultimi anni, grazie anche all’attività di ricerca di associazioni come l’Apare nella zona
della montagna di Lure, nelle Alpi dell’Alta Provenza.
no dei risultati di questa attività di ricerca è stata
proprio la scoperta che i muri in pietra a secco
costituiscono un legame interessante tra i due versanti alpini, dove hanno dato vita a tipologie architettoniche molto simili, e che è molto probabile che siano
stati degli emigranti piemontesi (pastori, soprattutto)
a portare in alta Provenza la tecnica dei muri in pietra
a secco per costruire dei ripari in alpeggio. Questo
patrimonio architettonico è ancora ben documentato
sulla montagna di Lure e sull’altipiano di Albion, nelle
Alpi dell’Alta Provenza, e nelle valli alpine cuneesi
(Stura, Grana, Maira, Varaita, Po), con testimonianze
di particolare interesse sul Monte Bracco, già noto
come la montagna di Leonardo, perché il grande artista ne scrisse nel 1511.
no dei siti più interessanti che il progetto si propone di valorizzare, infatti, è l’insediamento di Balma
Boves (vedi foto nella pagina precedente) sul Monte
Bracco, in valle Po, un piccolo villaggio, abitato fino al
1950, adagiato sotto un enorme tetto di roccia (balma o barma significa appunto riparo sotto la roccia),
che rappresenta un microcosmo agricolo autonomo
e funzionale perfettamente conservato: ricovero per il
bestiame, deposito per gli attrezzi agricoli, forno per
la cottura del pane e lavatoio.
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