Collana PiccolaOppieriaVolante
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“Collana PiccolaOppieriaVolante” LAPICCOLAVOLANTE 1 Proprietà Letteraria Riservata I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione o adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. Finito di stampare nel 2012 presso Prontostampa (Fara Gera d’Adda) © 2012 Associazione Culturale LaPiccolaVolante “Collana PiccolaOppieriaVolante” www.lapiccolavolante.net ISBN 9788897785002 Copertina di Emiliano Billai 2 EMILIANO BILLAI e MICHELA MELONI 27 MARTORE E 4 CAFFÈ tre dialoghi dall’Inferno 3 4 AVVERTENZE PER L’UTILIZZO DI 27 MARTORE E 4 CAFFÈ Chi potrebbe dirci d’aver scoperto dolce il sale nel saggiarlo? A chi affermasse tanto, noi non sapremmo credere; chi affermasse tanto avrebbe bisogno dell’aiuto di professionisti competenti. È sale, è salato. Capiamo che chiunque sia minimamente stimolato da un piatto colmo di sale e più volentieri da un vassoio di buon caramello: prescindiamo dall’esigenza di voler esprimere qualsivoglia preferenza e accontentiamoci del solo fatto, certo ed indiscutibile, che il piatto colmo di sale esista. In luogo dei rapidi pizzichi, delle spolveratine leggere che esaltano i sapori, il sale tracima da quel piatto, che solo sale contiene. Nel quotidiano, lo si consuma a minime dosi per mischiarlo ai sapori delle pietanze, si scioglie, esalta le qualità del piatto, perde individualità e il cibo è buono. Il sale, da solo, fa indiscutibilmente schifo! E la cucina insipida non è da meno! Ma già ci allontaniamo dall’intento poiché, sia buono o sia cattivo, questo è un inutile argomentare dal momento che non può cambiare di una virgola la vera affermazione: il piatto colmo del solo sale è sul tavolo! L’abbiamo poggiato e riempito di fine grana bianca per osservarlo indipendente da un contesto di sapori 5 confusi. Ne abbiamo assaggiato un poco per conoscerne il salato sincero, ne abbiamo percorso la storia a ritroso, e ci siamo fermati dove prende vita individuale. Là, nella salina, scoprimmo che il sale da solo esiste e vale la pena descriverlo. Vale la pena descriverlo non perché esso è cattivo o è buono, ma solo perché c’è. È lecito prendere in analisi qualsivoglia realtà di questo mondo, senza l’obbligo di inventarsi educatori o istigatori. Se una cosa esiste, convive con la libertà di ognuno di descriverla quale è, senza condimenti ulteriori che ne blandiscano l’essenza. Ne consegue che, di qualunque cosa, potrà esserne analizzata, descritta, raccontata l’essenza più pura senza che questa stessa venga accompagnata e addolcita dagli aspetti educativi e morali. Del quanto strana suoni questa solfa ci divertimmo nello scrivere perché il mondo reale è perso oramai allo sguardo di una preoccupante moltitudine la cui vita rotola lenta, ombra al servigio del Morale Bene o dell’Abominevole Male. Ma buona è la terra, di odori e sapori che ad essa appartengono a prescindere dal giudizio di chi d’essa si ciba. E troppi si fiondano nella ressa, brandendo fendenti morali a guisa di scalpello, mirando e smussando angoli affinché la vita prenda le linee identiche e rette per chiunque. Di quanta vergogna dovrebbero capacitarsi coloro che si 6 propongano con tanta presunzione! Perché, non si fraintenda, spaventosamente spesso, nel redigere morali si prescinde dal radicarle nel rispetto del diverso. Scriviamo dunque questo racconto per il gusto degli odori e dei sapori, al fine solo che se ne possa apprezzare la pura entità, senza inganno, senza porli giusti o sbagliati, che non acquisiscano fisicità d’oggetto. Tentiamo (lungi da noi la convinzione dell’esserci appena riusciti!) la descrizione delle singole cose, il piacere di sentir l’oggetto, il concetto, il gesto nella forma originaria e privo di collocazione morale. Sia, allora, il rendersi conto che la vita prende forme così differenti e in numero tanto vasto, spontaneamente, senza implicare distruzione, ma in un incastro naturale e funzionale in cui rimane poco spazio da destinarsi a morali create a giustificazione dell’ignoranza. Perciò, descriviamo il solo sale salato, non cattivo. Chiunque legga del male, legga la descrizione d’esso, non inventi inviti a riguardo! Non è ragionevole! L’inventare l’istigazione, dove istigazione non sussiste, è la vera istigazione! Il male cammina, vive e si nutre dell’ignoranza di chi non è in grado di concepire la vera natura della vita: la diversità. Ma lì, dove ciò che vive diverso dal concepito (non dal reale), viene aggredito per scongiurarne la moltiplicazione. Per gusto e divertimento noi racconteremo la 7 nostra storia, non inventate alcun pericolo, se non volete che esso prenda una forma reale e tangibile. 8 Ci scusiamo infinitamente per la scurrilità del testo, ma non c’è stato verso di calmare i personaggi. 9 10 PROLOGO Scriverò del sole e delle belle giornate. E guarda un po’ che bella giornata scodinzola fuori dalla finestra! Ma che bella cagna d’un sole! A pisciarsi sopra la coda per effeminati figli di papà dalle ciglia disegnate! Rendimi la mia sedia e il mio angolino buio, va’! Mentre un uomo, nella piccola e lercia stanza di un motel di periferia, elucubrava sul tempo e sul costume, accostò un seggio e rapida si portò lontano la Musa. Un ampio sospiro anticipò le sue parole: - Splende per tutti, e non chiamarlo cagna. Lui le dedicò un pizzico di sufficiente derisione. - Eh? Oh, scusa. Ma che cazzo vuoi? Perché non fai i bagagli e ti levi dalle balle? Stai lì ferma da settimane, fumi e rifletti. Passo più tempo a tirarti fuori dalle crisi di zuccheri che a scrivere! Come musa fai schifo, lasciatelo dire! A voi i sindacati comunisti v’hanno rovinato! La Musa si nascose per cancellar il rigo d’una lacrima. Erano diverse, è vero. Quei tempi e quei templi sembrano appartenere a un’altra era, un altro pianeta. Sorelle mie, un tempo il nostro solo pensiero era trovare un angolo di natura in cui poter ispirare i migliori poeti che il mondo abbia 11 mai avuto. Tra i boschi, nelle rive dei ruscelli, danzando al suono del flauto di Pan. Protette dal dio del Sole, sempre liete erano le nostre giornate. E ora che Apollo è morto, sepolto sotto millenni di monoteismo teocratico, anche noi veniamo derise, umiliate, chiamate in bettole e hotel da quattro soldi, costrette a ubriacarci, drogarci, prostituirci, affinché noi riusciamo a vedere quello che vedono loro. - Per poter vedere ciò che vedi tu, poeta mio poeta, sono tua, eppur mi fai pena. Ma tu neppure mi ascolti più. Stregato dal mio corpo, il resto giace nella nebbia, e il mio canto in sordina tra il vino versato e le tue bestemmie. Esplose sulla faccia del poeta la maschera più sbigottita - E bestemmio sì! In quindici giorni mi sei costata trecento euro e neanche una fottutissima riga! Il 17 di questo mese devo consegnare il lavoro finito e invece sto a infilarti in bocca dodici zollette di zucchero al giorno! Ma chi t’ha messo questo vizio?! Oh, che cavolo, li spendo, li spendo eccome trecento euro, ma portami fuori qualcosa! Fammi Re! C’è un bel sole fuori, tu Fammi Re e falla splendere per me quella cagna! Lei per tutta risposta portò alle labbra due zollette di zucchero, e cominciò a succhiarle piano. Non era abituata a fare le cose in fretta, 12