Che cos`e` il disturbo Dipendente Come si manifesta

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Che cos`e` il disturbo Dipendente Come si manifesta
Che cos’e’ il disturbo Dipendente
Il disturbo dipendente di personalità (DDP) è un disturbo di personalità caratterizzato
dalle vitale necessità di avere e mantenere rapporti personali che danno all’individuo la
sensazioni di non essere mai solo.
Tipicamente i soggetti che presentano questo disturbo hanno l’idea di essere incapaci di vivere
da soli e di non essere in grado di affrontare gli eventi della vita. Si sentono smarriti, vuoti e
inutili senza la presenza di una persona al loro fianco.
Sentono, inoltre, la necessità di essere costantemente presenti e fondamentali nella vita della
persona a loro vicina. Per questo richiedono spesso rassicurazioni e conferme e tendono a
vivere qualsiasi gesto di allontanamento, se pur minimo, come un possibile e doloroso
abbandono. L’assenza di una relazione significativa ed accudente fa percepire, alla persona
dipendente, un senso di vuoto, la sensazione di assenza di scopi e direzione fino, in alcuni casi,
alla percezione di annientamento e di inconsistenza della propria persona. Per evitare
l’abbandono temuto, i soggetti dipendenti si adoperano per assicurarsi la presenza costante
dell’altro, investono scopi ed energie nel mantenere i legami e rendersi indispensabili, per
assicurarsi così un posto in primo piano nella vita della persona vicina. Questo disturbo
colpisce con maggiore frequenza il sesso femminile e soggetti con un’età media superiore ai 40
anni. E’ considerato tra i più frequenti nei disturbi di personalità, anche se poco studiato.
Come si manifesta
Le persone che presentano un disturbo dipendente di personalità si sentono sbagliate,
inadeguate e incompetenti; tale considerazione di sé le rende insicure e le porta ad avere una
bassa valutazione del proprio valore personale e delle proprie capacità. I soggetti con DDP
manifestano, per questa ragione, un forte timore di essere abbandonati. Tale stato può portare
allo sviluppo di emozioni, quali paura, terrore e ansia intensa, che inducono la persona ad
avere dei comportamenti, anche compulsavi, volti ad evitare l’abbandono. Ad esempio questi
soggetti, di solito, sono particolarmente abili nel comprendere la volontà e i piaceri dell’altro,
perché cercano di fare stare bene il proprio partner anticipandone i desideri. Pensano che
questo comportamento li renderà indispensabili all’altra persona e li salvaguarderà da
possibili allontanamenti; le persone con questo disturbo possono, infatti, presentare
convinzioni quali: “Se riesco ad essere indispensabile per lui allora mi terrà per sempre!”
oppure “Se lo faccio stare bene non potrà fare a meno di me e non mi abbandonerà!”.
Quando si sentono soli, o quando non hanno una relazione stabile e significativa, invece, lo
stato mentale prevalente è uno stato di vuoto, a volte descritto come una sensazione di essere
“nulla in mezzo al nulla”, “una lavagna cancellata”, “una nave senza bussola e senza timone in
mezzo al mare” o come la sensazione di “essere privo di qualsiasi scopo”.
Questo stato mentale è spesso accompagnato da un umore depresso e da profonda
tristezza. Le personalità dipendenti, però, non sono solo docili automi guidati dalle
prospettive altrui, desiderosi di accondiscendere al volere dell’altro e privi di scopi personali.
Questi individui, in realtà, hanno dei desideri propri che, però, difficilmente riescono a
riconoscere e, quindi, a perseguire; in alcuni casi, tuttavia, possono essere consapevoli di
avere uno scopo diverso da quello di un’altra persona o una loro preferenza (es. sanno di
preferire un film ad un altro o di voler uscire piuttosto che rimanere in casa a vedere la
partita), ma presentano grosse difficoltà nel mettere in atto dei comportamenti finalizzati al
raggiungimento dei loro desideri, se non sono sostenuti dall’approvazione del partner o delle
figure di riferimento (es. genitori, colleghi di lavoro, amici con caratteristiche da leader). Le
relazioni sono, dunque, il faro che guida le scelte personali.
Ciò nonostante, quando le aspettative dell’altro non sono compatibili con le proprie, essi
avvertono un senso di obbligo a conformarsi ai desideri dell’altro, al quale si ribellano
emotivamente con sensazioni di costrizione e di rabbia. La rabbia e il disappunto verso
l’altro, a volte, inducono una sensazione che la relazione vacilli. Quest’idea di solito è
insostenibile, perché le persone con disturbo dipendente di personalità la interpretano come
un precursore dell’abbandono. Questo le porta a ristabilire velocemente la vicinanza, cercando
di assimilare e assecondare i desideri del proprio partner.
Come capire se si soffre di disturbo dipendente di personalità
In breve i “sintomi” in base ai quali è possibile sospettare di avere un disturbo dipendente di
personalità sono:
▪ difficoltà a prendere le decisioni quotidiane senza avere dei consigli e delle rassicurazioni da
parte di altre persone;
▪ bisogno che altre persone si assumano la responsabilità sulla gestione di alcuni aspetti della
propria vita;
▪ difficoltà ad esprimere disaccordo verso gli altri per paura di perdere il supporto o
l’approvazione delle altre persone;
▪ difficoltà ad iniziare progetti o a fare cose senza l’aiuto di qualcuno;
▪ senso di disagio o sensazione di essere indifeso quando si è soli per timori esagerati di
essere incapace di provvedere a se stesso;
▪ bisogno di un’altra relazione come fonte di accudimento e di supporto, al termine di
una relazione importante;
▪ timori eccessivi di essere lasciato solo nel provvedere a se stesso.
Dal momento che è possibile riscontrare la presenza di tali caratteristiche anche in altri
disturbi mentali, è opportuno chiarire alcune distinzioni tra il disturbo dipendente di
personalità ed altre condizioni che possono sembrare apparentemente simili. In modo
particolare il disturbo dipendete di personalità va distinto dal disturbo borderline di
personalità con cui ha in comune il timore dell’abbandono da parte delle figure significative,
il vuoto e l’idea di essere sbagliato; il disturbo dipendente di personalità, tuttavia, non
presenta né la caoticità nelle relazioni, né l’instabilità emotiva tipiche delle persone con
disturbo borderline di personalità.
Un altro disturbo con cui potrebbe essere confuso, inoltre, è il disturbo istrionico di
personalità; in entrambi i disturbi, infatti, si può avere una rappresentazione di sé come di
una persona incapace di vivere da sola e di non essere in grado di affrontare gli eventi. Nel
disturbo dipendente di personalità, tuttavia, manca il constante bisogno di stare al centro
dell’attenzione che tipicamente presentano le persone con disturbo istrionico di
personalità. È, quindi, necessario rivolgersi a persone competenti che possano fare una
diagnosi seria ed accurata.
Cause
Alcuni autori sostengono che aspetti evitanti appaiono precocemente e derivano in parte da
fattori biologici temperamentali innati. Tale predisposizione biologica non sarebbe però
sufficiente per determinare lo sviluppo del disturbo. Alcuni studi condotti sulle interazioni
parentali tra madre/padre e bambino, sostengono che comportamenti di dipendenza in età
adulta sono associati ad uno stile genitoriale che determina e mantiene le rappresentazioni di
sé come vulnerabile e inefficace. I bambini sembrano costruire e interiorizzare tali
rappresentazioni di sé sperimentando relazioni genitoriali ambivalenti ed intermittenti nella
capacità di fornire aiuto e accadimento. Tale atteggiamento induce il bambino a mettere in
atto strategie per assicurarsi la vicinanza della figura di riferimento, sviluppando dinamiche di
dipendenza, e a temere l’abbandono in qualsiasi momento. Altri studi condotti in ambito
evolutivo sottolineano, invece, come le dinamiche dipendenti, pur sviluppandosi nelle
relazioni genitoriali, devono trovare conferma e rinforzo nelle relazioni sociali successive.
Sembra che questi bambini, nel mettere in atto modalità dipendenti per assicurarsi presenza e
vicinanza, siano premiati e rinforzati in alcuni casi, mentre in altri sembrano essere
allontanati proprio a causa di questa modalità nel richiedere vicinanza. Si suppone che
proprio tale intermittenza mantenga lo stile di relazione dipendente, perché genera nel
soggetto ulteriore insicurezza nei rapporti e paura di essere abbandonato.
Conseguenze
I pazienti affetti da disturbo dipendente di personalità possono presentare una
compromissione della vita lavorativa e delle relazioni sociali ed affettive. Il bisogno di
conferma, la paura ad esprimere disaccordo e la necessità di avere continue rassicurazioni,
possono, ad esempio, indurre problematiche lavorative, laddove il soggetto deve prendere
decisioni autonome. Nei casi in cui la posizione lavorativa non prevede tale libertà, invece, il
soggetto con disturbo dipendente di personalità può avere la tendenza ad assecondare le
richieste di capi o datori di lavoro per poi sentirsi sfruttato o non giustamente considerato.
Le relazioni sociali ed amicali possono essere difficoltose qualora il soggetto con questo
disturbo abbia una relazione sentimentale in atto. In queste circostanze, infatti, la persona
dipendente tenderà ad investire tutte le energie nella relazione amorosa, trascurando e
tralasciando le altre relazioni sociali.
I rapporti affettivi che il soggetto vive come significativi, infine, come già affermato, sono
caratterizzati dall’assecondare i bisogni e desideri dell’altro anche a discapito dei propri; la
persona che presenta tale disturbo, quindi, corre il rischio di sentirsi poco considerata ed
ingiustamente trattata, poiché il partner generalmente non fornisce le stesse attenzioni che lei
è abituata a dare alle altre persone.
Differenti tipi di trattamento
La prospettiva psicodinamica utilizza il concetto di conflitto inconscio per comprendere
l’etiologia e le dinamiche dei disturbi di personalità; tale concetto è particolarmente utilizzato
nella comprensione delle dinamiche dipendenti. Secondo questo approccio teorico, infatti,
durante la fanciullezza e l’adolescenza, il contesto sociale e familiare pone il soggetto in una
prospettiva ambivalente, con richieste che rinforzano l’autonomia in un contesto di
dipendenza (conflitto). Questo conflitto, se mantenuto inconscio, può generare delle difficoltà.
Il trattamento di orientamento psicodinamico consiste, quindi, nel portare a livello conscio
tale conflitto, nell’esaminarlo criticamente e nel condurre il paziente a sviluppare un certo
grado di accettazione della dinamica che ha istaurato la dipendenza. Il primo obbiettivo di tale
prospettiva terapeutica è, dunque, l’insight.
Secondo la prospettiva comportamentista, invece, la persona sviluppa una serie di
comportamenti volti ad ottenere aiuto e sostegno da parte degli altri, che vengono acquisiti e
mantenuti attraverso una combinazione di processi di condizionamento e apprendimento. Il
focus della terapia è, quindi, rivolto all’interruzione di tali processi, al fine di ridurre le
dinamiche di dipendenza.
Sono piuttosto scarse le evidenze a favore di una terapia farmacologia del disturbo
dipendente di personalità, se non allo scopo di trattare la sintomatologia ansiosa o depressiva
che di solito motiva la richiesta di trattamento.
Il trattamento cognitivo-comportamentale
Il trattamento, secondo l’approccio metacognitivo-interpersonale, si basa sulla
comprensione e gestione degli aspetti che caratterizzano tale disturbo. Presupposto
indispensabile per raggiungere l’obiettivo finale è creare, fin dalle prime sedute, una buona
alleanza terapeutica, evitando il coinvolgimento in dinamiche relazionali patologiche (cicli
interpersonali).
Infatti i soggetti dipendenti tendono ad accondiscendere agli scopi del terapeuta o alle sue
indicazioni senza sentirle totalmente proprie, per la paura di contrastare la figura del
terapeuta. É dunque indispensabile accordarsi sugli scopi e gli obiettivi del lavoro terapeutico
che devono essere:
▪ riconoscimento autonomo dei desideri;
▪ promuovere l’autonomia senza porre necessariamente condizioni di rottura delle relazioni
significative;
▪ incremento del senso di efficacia personale;
▪ gestione degli stati problematici, soprattutto della sensazione di vuoto, della paura
dell’abbandono e della sensazione di impotenza ed inadeguatezza nella gestione
autonoma degli eventi di vita.
Durante il percorso psicoterapeutico è l’analisi del caso specifico e della situazione individuale
a determinare l’utilizzo della terapia farmacologia per la cura dei sintomi ansiosi e depressivi,
che di solito sono il motivo per il quale le persone richiedono un trattamento. Comunque
riteniamo sempre opportuno esplicitare al paziente le motivazioni che eventualmente
determinano l’indicazione della terapia farmacologia, in modo da utilizzarli come elemento di
discussione all’interno del processo psicoterapico.