"Non c`è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che

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"Non c`è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che
17 ottobre 2010 n° 03
DEDICAZIONE DEL DUOMO DI MILANO
LC 6,43-48
Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si
raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. L'uomo buono
trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo
cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del
cuore. Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?
Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a
chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto
profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
COMMENTO
"Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni" In questa ultima parte del discorso della Montagna, Gesù
ci inchioda alle nostre responsabilità personali. In fondo anche a noi succede di pensare che se le circostanze fossero state diverse, ci saremmo
comportati in modo diverso, di pensare cioè che le nostre azioni non dipendono da noi del tutto e di attribuirne spesso la responsabilità agli altri
o agli eventi. Gesù ci ricorda che non è così, poiché un albero buono porta
sempre frutti buoni. Perciò la casa, cioè la nostra vita se ha solide fondamenta non è toccata dagli eventi esterni se non solo superficialmente.
Nessuno può credere di essere buono se le sue azioni, i suoi frutti sono
cattivi. E' dalle azioni che si riconosce il discepolo, le parole non significano molto. Spesso anche noi rischiamo di dire una cosa e di farne un'altra;
di professare la fede e di vivere, poi, come persone che non credono; di
separare la professione della nostra fede dalla vita. Come ci ricorda più
volte il vangelo non saremo giudicati sulle parole, ma sulle azioni, sulla carità fraterna, sulla testimonianza della vita. Chiediamo che avvenga anche
per noi ciò che è avvenuto per i profeti dove i segni e le azioni accompagnavano e rendevano "concreta e visibile" la parola, affinché "vedendo le
nostre opere buone rendano gloria al Padre che è nei cieli". Spesso l’uomo
vive nella ricerca dei beni materiali provvisori, senza cercare Dio; ma
quando si rende conto che tutta la propria vita dipende dal Signore, a quel
punto comincia ad invocarlo, cercando in Lui l’aiuto soprattutto per ottenere quello che cerca. Non è questo che Dio vuole, ma vuole che l'uomo
comprenda che il Suo insegnamento non è un consiglio, ma una necessità.
Chi fa quanto Gesù insegna è come colui che si costruisce una casa con solide fondamenta, con mura e porte sicure, resistente a tutti i temporali. La salvezza non consiste soltanto nel riconoscere che Gesù è il Signore
e compiere qualche rito o qualche gesto che ci dà l’impressione di essere
cristiani, ma è la ricerca totale e decisa a capire e fare tutto e sempre
come Lui ci ha insegnato. La parola ci fa conoscere Dio, l’obbedienza ci
trasforma in Lui. Modellare la nostra vita su Gesù vuol dire scoprire e
realizzare il nostro vero volto di figli di Dio. In sostanza, l’ascolto fattivo
della parola di Gesù è salvezza e vita, la disobbedienza ad essa è completa
rovina. Come possiamo vedere c’è una crescita in questo cammino: venire a
Gesù, appassionarsi a Lui, ascoltarlo, cioè comprenderlo sempre più profondamente, produrre nella nostra vita il meglio di quanto Dio vuole per il
nostro bene. Ogni uomo ha bisogno di una casa, non può vivere allo scoperto, deve stare al sicuro dalle intemperie, dai ladri: quanto più stabile è la
casa, tanto più vive sicuro. Quando Gesù parla della casa costruita sulla
roccia, con solide fondamenta, si riferisce alla solidità del cuore e delle
convinzioni. In fondo nessuno di noi può mai dire: io sicuramente e fortemente sono saldo con Gesù; quando diamo questa affermazione spesso
pecchiamo di molta presunzione. C’è invece un lavoro da fare con molta
umiltà, c'è da esaminare e coltivare a lungo il nostro pensare e agire perché, pur nella nostra debolezza, diamo al Signore spazio perché ci converta e convinca sempre più nel costruire la nostra vita come Lui vuole e secondo i suoi fini.