LANZAROTE l`isola del Fuoco L`origine delle montagne di fuoco

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LANZAROTE l`isola del Fuoco L`origine delle montagne di fuoco
LANZAROTE l’isola del Fuoco
di salvatore braca
Durata 26’ testo provvisorio del documentario in lavorazione al 19.06.2014 – No MIX – voce provvisoria
001.00 Teaser 01.01.00 Inizio filmato
L’origine delle montagne di fuoco risale ad un lontano giorno del 1730, quando la
terrà si aprì sotto il Timanfaya ed un’enorme montagna sorse dalle viscere della terra,
cambiando per sempre la storia di Lanzarote.
Fu uno dei fenomeni vulcanici più potenti, dopo che milioni di anni fa,
quando l’ Atlantico divenne Oceano, nacque l’arcipelago delle Isole Canarie.
Interi paesi rimasero seppelliti sotto la lava ed Il fuoco distrusse i campi, annientando
la modesta economia agricola; ma poi Lanzarote tornò a nascere, perché la cenere
vulcanica trasportata dal vento ricoprì i terreni dell’isola, rendendoli estremamente
fertili.
All’epoca già si coltivava la malvasia, ma fu dopo questa storica eruzione che i
contadini, adattandosi al destino e approfittando delle opportunità della natura,
svilupparono una nuova arte per fare il vino.
In questo scenario così affascinante quanto complesso, scaturirono le abilità di una
coltivazione unica al mondo.
La vite, piantata nella fertile terra ricoperta dai neri lapilli è protetta dal potente
soffio degli alisei, ma rimane ventilata grazie spazi creati dalla pietra vulcanica.
Isaias, che lo scorso anno ha prodotto uno dei migliori vini artigianali dell’isola, è
andato a trovare Gregorio, che ha appena finito di piantare le talee di malvasia.
Un lavoro svolto esclusivamente a mano, per certi versi più simile a quello del
giardiniere che a quello dell’agricoltore, che nel tempo ha completamente
trasformato il territorio.
Linee rette, circolari, quadrati, spesso disegnati senza un’idea precisa, caratterizzano
quest’area chiamata Geria, decorando l’ambiente che accoglie le viti.
Nonostante la morfologia creata dal vulcano sia stata cambiata dall’uomo, la Geria è
divenuta un’area naturale protetta.
Il contadino, con la sua inventiva, è stato in grado di creare un modello di
sfruttamento eco sostenibile del territorio.
La risposta alla catastrofe che 300 anni fa mise in difficoltà la sopravvivenza di molte
famiglie isolane: paesaggi estremi dove la tenacia dell’uomo ha vinto.
Per questo a Lanzarote Il vino è considerato il miracolo del vulcano.
Contadino : “Questo è vino di Malvasia!”
Fuoco, acqua e aria sono gli artefici di queste opere d’arte plasmate dalla lava e dei
lapilli, che creando spazi privilegiati hanno accolto la vita.
Ma c’è un’altra zona, sul versante centro occidentale dell’isola, dove la terra è
diversa. A Soo, infatti, non c’è lava, poichè l’eruzione del 1730 non è arrivata fino a
qui e non c’è neppure la cenere vulcanica trasportata dal vento.
La terra sembra essere rimasta sempre la stessa: così arida perché a Lanzarote piove
solo pochi giorni all’anno, così chiara perché qui c’è (il jable ) la sabbia che arrivando
dall’Africa ricopre il suolo, permettendogli di conservare quel grado di umidità che lo
rende produttivo.
E’ il vento, ancora una volta, ad essere il protagonista del paesaggio isolano, a fare il
bello ed il cattivo tempo, a portare gioie e dolori al “campesino”di Lanzarote, che si
adatta, inventa, cerca di trarre vantaggio anche dalle condizioni più avverse.
E’ la necessità che aguzza l’ingegno.
Qui, dove mai a nessuno verrebbe in mente di piantare qualcosa, i contadini di
Lanzarote coltivano la patata dolce, arrivata nell’arcipelago delle Canarie dall’isola di
Cuba.
Oggi è domenica ed Isaias Fernadez non perde occasione per accudire le sue vigne
situate sopra al paese di Haria, una cittadina storica a Nord di Lanzarote.
Isaias ha cominciato a pascolare il gregge del padre quando aveva solo 6 anni.
Dopo una vita donata alla famiglia, adesso potrebbe starsene tranquillamente a
riposo, invece non riesce a stare lontano dalle sue cose, per questo continua a
progettare geniali attrezzi per lavorare la terra.
Insieme a lui ci sono le figlie, un’occasione per consumare insieme il tipico pasto
isolano: sardine da cucinare alla brace, formaggio contadino, fichi secchi, minestrone
di mais e ceci e, naturalmente, un bicchiere di malvasia da condividere con l’amico
Gregorio.
Ci sono anche i nipoti, come Daniele e poi Luciano che quando può aiuta Isaias ad
accudire i campi.
Luciano :
“Qui tutti gli orti hanno le patate che, come vuole la tradizione, si cucinano sulla
brace. Poi coltiviamo pomodori, lattuga, c’è la cipolla… c’è di tutto”.
“Il terreno è straordinario, però sopra deve esserci sempre il rofe, il rofe è formato
dai lapilli neri che ricoprono il terreno, perché altrimenti si secca. È il rofe che
mantiene l’umidità.
“Senza rofe non c’è vita. “
Nonostante non ci sia rofe, sopra l’aspra roccia lavica la vita è pronta a sbocciare.
Basta una leggera pioggia o l’umidità del mattino portata dalle coltri di nubi che
spazzano le praterie di montagna, per fare apparire piccole piante e tenaci ciuffi di
arbusti spontanei.
In altre zone dell’isola, i lapilli neri sono stati portati dall’uomo.
Queste sono coltivazioni di aloe vera , una risorsa per gli isolani.
Stendendo il rofe sopra questi campi la terra prende l’energia vitale del vulcano,
divenendo piu’ produttiva.
E’ l’alba e nella costa nord di Lanzarote, vicino al paesino di Arrieta, nel suo
laboratorio davanti al mare, Isaias Fernandez è già al lavoro: taglia, salda, assembla i
pezzi di piccole e geniali invenzioni, riciclando parti meccaniche e vecchie lamiere.
Adesso sta preparando la sagoma di un pavone.
Servirà ad indicare la direzione del vento.
Per molti anni il lavoro di Isaias è stato quello di estrarre la pietra lavica per le
costruzioni. Poi ha iniziato a confezionare blocchetti di cemento in questa fabbrica
ormai dismessa.
Ha un grande hobby: progettare sculture che si muovono con il vento!
Hanno la funzione di segnalare la direzione e l’intensità degli alisei, ma in realtà sono
un tributo al vento, una sorta di monumento all’elemento naturale più importante
dell’isola.
Il vento che portando la vita ha reso duro il lavoro del contadino, per molti versi
continua ad essere un buon alleato dell’uomo.
Gli alisei, che dalle coste d’Africa attraversano l’isola di Lanzarote, muovono queste
grandi pale che producono energia elettrica, ma in passato il potente soffio di Eolo
alimentava i mulini a vento.
Era grazie a loro e alla ricchezza dell’oceano che a Lanzarote si estraeva una grande
quantità di sale: l’oro bianco del mare!
Esistevano 27 saline, sparse tra il Sud ed il Nord dell’isola: approvvigionavano i
pescherecci, che per meglio conservare il tonno lo salavano.
Poi, con l’arrivo dell’energia elettrica e dei frigoriferi, gli impianti vennero
abbandonati.
Da alcuni anni è iniziato un nuovo progetto, portato avanti da giovani, che come Jozè
Lazo, intuiscono la necessità di tornare agli antichi mestieri con un nuovo spirito.
Josè lazo
“Stiamo recuperando ciò che hanno fatto i nostri avi: grazie agli alisei e alle acque
dell’atlantico, Lanzarote ha un microclima favorevole che porta acqua pulita nelle
saline. Qui c’è sole quasi 365 giorni all’anno.”
“Quando c’è molto vento estraiamo il sale più grosso, quando c’è calma prendiamo la
parte superiore del sale, più fine.”
“Il prossimo anno vogliamo recuperare anche i mulini.
La nostra idea è che la salina sia sostenibile.”
Il primo a creare le sculture mosse dal vento fu l’artista Cesar Manrique,
originario di Lanzarote. Oggi la sua arte continua a giocare nei cieli dell’isola, donando
all’isola una propria anima.
E’ grazie a lui e sicuramente alla creatività che viene fuori dalla terra del fuoco, che
la gente, come Isaias o Josè, continua a credere nel vento .
L’aria, insieme all’acqua ed al fuoco, hanno foggiato le diverse facce di Lanzarote,
tratti e identità uniche che si ritrovano anche sotto la superficie della terra: grotte e
tunnel che svelano antiche origini e raccontano l’evoluzione geologica dell’isola.
Il vento ha modellato anche le pietre che compongono il paesaggio più antico di
Lanzarote.
E’ proprio qui che Isaias Fernandez estraeva i blocchi di pietra con cui si costruirono
molte delle case dell’isola.
Un passato che risale a più di cinquant’anni fa, ma che è ancora vivo nei suoi ricordi.
“È difficile calcolare i milioni di blocchi che sono usciti da qui.”
“Tutto è finito negli anni 70. Anticamente si costruiva con pietra e fango, poi con
questi blocchetti, alla fine è arrivato il prefabbricato di cemento.
Era più conveniente, perché per questo lavoro qui c’era bisogno di troppa mano
d’opera.”
“Qui lo chiamiamo canto, è pietra lavica compattata. “
“Qui era tutto piatto.
I tagli si facevano ogni venti centimetri, che è la larghezza della pietra, e poi si tagliava
nel senso contrario, a sessanta centimetri. “
“Si tagliava nel senso contrario e rimaneva diviso. Poi con i camion si andava alla
vecchia fabbrica. “
“Questa era la grandezza del pezzo.”
E’ così che sono stati costruiti i paesi che dividono tutte le terre dell’isola in 7
dipartimenti, ognuno con un proprio municipio.
L’antica capitale era Teguise. Le sue architetture ricordano il passato coloniale di
Lanzarote, scoperta nel 1312 dal genovese Lanzarotto Maloncello e divenuta
possedimento della corona spagnola a partire dal 1496.
Nella Scuola del Turismo di Lanzarote i giovani studiano le opportunità per la
valorizzazione del patrimonio storico, naturalistico e culturale dell’isola, inteso come
“prodotto sostenibile.”
La docente, Heredina Fernandez de Betàncort, spiega agli allievi quanto sia
importante trovare il giusto equilibrio tra conservazione e valorizzazione
dell’ambiente affinchè lo stesso possa diventare fruibile.
Un lavoro iniziato da Cèsar Manrique negli anni 60, quando per primo intuì la
necessità di rendere accessibili alcuni spazi naturali e storici del patrimonio di
Lanzarote.
Ricercando l’armonia tra natura ed arte, Manrique creò importanti centri culturali,
molti dei quali sono delle vere e proprie esposizioni a cielo aperto.
Come i Giardini di cactus, situati in una zona dove si estraeva l’antico materiale da
costruzione. L’obiettivo è stato quello di recuperare l’ambiente accogliendo migliaia
di esemplari di piante.
Un altro progetto ha dato valore agli spazi sotterranei dell’isola. (Entrando in questo
tubo vulcanico lungo sei chilometri, si segue il percorso della lava che ha generato la
parte nord dell’isola.)
Gli spazi del patrimonio sono anche quelli che consentono di spingere lo sguardo
oltre le coste di Lanzarote. Fu per questo che Manrique progettò il Mirador del Rio,
affacciato sulle splendide terre della Isla Graciosa.
Il futuro affidato ai giovani prevede lo sviluppo di nuovi progetti di valorizzazione del
territorio che coinvolgano anche le comunità locali.
In una vecchia bottega, Euslopio Conceptiòn Perdono è l’ultimo cestaio dell’isola.
“Ho imparato da mio padre, era il suo mestiere. (Io guardavo e …)
le prime ti vengono male, ma poi le altre, man mano vengono meglio…
(lo faccio da molti anni, da cinquant’anni.)
Prima si taglia la palma, poi si gratta, si tolgono le foglie.
Si può togliere a mano o con un coltello. Poi quando il ramo è secco inizia a fare il
cesto.
Si utilizzavano per la vendemmia e per tutto quello che c’era da fare nei campi.
Per raccogliere la patata, la cipolla, per la frutta. Non c’era nient’altro.
Si fa così, si comincia incrociando i listelli.
Il tappo è diverso, perché la tessitura è circolare.
I primi abitanti di queste terre furono i Guanci, uomini alti e robusti che vivevano
nelle grotte e allevavano bestiame, principalmente capre.
Il clima, l’isolamento, la diversità del territorio e dei pascoli hanno fatto si che con il
tempo, sull’isola si siano sviluppate razze differenti: un patrimonio genetico di grande
valore che ha garantito la sopravvivenza a molte famiglie.
Perfettamente adattata al territorio, la capra canaria continua ad offrire un latte di
buona qualità che i contadini di Femès, a Sud dell’isola, sanno trasformare in ottimi
formaggi ricchi di proteine.
Con lo sviluppo economico avvenuto sull’isola, dopo l’arrivo del turismo, pochi
giovani hanno continuato le attività dei loro padri. (attività tradizionali).
L’eccezione è Arminda, una giovane veterinaria che, contro tendenza, lavora nella
fattoria più moderna di Lanzarote.
“Ho sempre amato gli animali. “
“Ho studiato veterinaria e già da tre anni lavoro qui.
La mia passione è l’allevamento, i formaggi e tutto quello che ha a che vedere con la
gastronomia dell’isola.”
“E’ una cosa che mi piace, che ho nel sangue.
E’ il motivo per il quale mi dedico completamente a questo lavoro.”
Nata più di sedici milioni di anni fa dalla forza dei vulcani, del mare e del vento,
Lanzarote, l’isola del fuoco,racchiude un’identità unica.
La sua gente, senza mai rassegnarsi alle difficoltà e lavorando con tenacia, oggi
continua a vivere in armonia con una natura estrema quanto meravigliosa.