Qualità dell`acqua: valorizzare e proteggere l`oro blu
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Qualità dell`acqua: valorizzare e proteggere l`oro blu
Segnalazioni Qualità dell’acqua: valorizzare e proteggere l’oro blu Lorena Valdicelli e Claudia Chiozzotto 124 Nonostante l’importanza e la sua natura a volte “sacra”, l’acqua continua a essere sprecata e degradata in tutto il mondo, nelle aree urbane così come nelle zone rurali. Il 18% della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua potabile e il 40% non può contare sui basilari impianti sanitari. Per questo il decennio 2005-2015 è stato denominato dalle Nazioni unite decennio internazionale Water for Life, per sostenere azioni a livello mondiale mirate a ottenere servizi idrici di base e acqua potabile sicura per un sempre maggior numero di persone. L’invito globale è a riconoscere il valore culturale, ambientale ed economico dell’acqua “pulita”, a distribuirla in maniera più equa e ad aumentarne l’efficienza d’uso, specialmente in agricoltura ma anche negli usi civili, dalla riduzione delle perdite di conduttura al consumo consapevole in casa. È infatti facile aprire il rubinetto per avere un servizio, un bene di cui, però, non si conoscono le caratteristiche, la composizione, l’iter di produzione, i controlli. Difficile percepirne il valore in una generale carenza di informazioni e scarsa trasparenza (spesso l’utente non ha modo di vedere neanche la bolletta, che arriva al condominio...), soprattutto se si compara il “mutismo” e la discrezione di questo servizio agli enormi investimenti pubblicitari e alla capillare presenza mediatica della sua più diretta alternativa, l’acqua minerale. Dell’acqua potabile nessuno decanta le virtù. Non solo: la passata memoria delle deroghe ai limiti di legge concesse alle acque di distribuzione in periodi particolari, ma forse con troppa frequenza e semplicità, con situazioni sicuramente più precarie e meno controllate delle attuali, ha minato la fiducia dei consumatori, martellati nel contempo dalla pubblicità delle “purissime” acque minerali. E soggiogato dalla quantità di messaggi, il consumatore non si accorge non solo che le informazioni disponibili sulle acque minerali (quelle in etichetta) non sono poi così trasparenti e intelleggibili, ma anche che la qualità e le garanzie stesse di queste acque non sono sempre ineccepibili. In alcuni casi, fortunatamente non frequenti, Altroconsumo ha scoperto contaminanti o sostanze in concentrazioni che non troveremmo mai nelle acque potabili: il tutto non in quantità preoccupante per la salute, ma sicuramente di qualità inquietante, dato che scegliamo l’acqua minerale (in media 300 volte più cara di quella potabile) spesso proprio per fobia delle impurità. Come è stato possibile questo? Va detto che il percorso normativo delle acque minerali è stato storicamente ben separato da quello delle acque potabili e solo negli ultimi anni si sono Lorena Valdicelli e Claudia Chiozzotto Altroconsumo Associazione Indipendente di Consumatori Consumatori, Diritti e Mercato numero 3/2006 Segnalazioni fatti grandi progressi per avvicinare i due regimi normativi. Il Decreto legislativo 31/2001 ha introdotto nuovi limiti (spesso più restrittivi) per le acque potabili e ha dato il via alla revisione anche della normativa delle minerali, per le quali i limiti su alcune sostanze restavano inspiegabilmente più alti o non ben definiti rispetto alle potabili. Da alcuni decenni le acque minerali sono entrate prepotentemente nel regime alimentare della popolazione ed era quindi illogico non prevedere anche per queste limiti quantomeno coerenti con quelli delle acque potabili distribuite per il consumo quotidiano. Così, dal Decreto 542/1992, che prima definiva i limiti di legge per le acque minerali, si è passati al Decreto 29 dicembre 2003 del Ministero della Salute - attuazione della Direttiva n. 2003/40/CE: questo è il testo che definisce e regolamenta le caratteristiche delle acque minerali naturali e allinea i limiti sui parametri ai valori delle altre acque destinate al consumo umano1. Ma qual è la situazione delle acque potabili italiane? Altroconsumo ha più volte svolto delle inchieste sul campo, verificando con analisi e campionamenti la situazione2. Nelle analisi Altroconsumo ha appurato che la qualità dell’acqua potabile è, di norma, più che accettabile, anzi, in molti casi, è assolutamente paragonabile all’acqua in bottiglia prove- niente dalle fonti della stessa zona. Abbiamo scelto di riportare e commentare i dati relativi a due parametri emblematici, due inquinanti tra i più noti e temuti dai consumatori: nitrati e solventi. Nella Fig. 1 viene presentata la comparazione tra i risultati delle analisi dei nitrati in campioni di acque potabili prelevate, nel 2003 e nel 2006, da fontanelle pubbliche di alcune delle principali città italiane. Emerge innanzitutto che tutte le acque testate rispettano i limiti di legge per tutti i parametri analizzati. I nitrati sono composti naturalmente presenti nell’ambiente. Gli apporti naturali (dal terreno) di nitrati nell’acqua potabile sono piuttosto modesti, il maggior contributo deriva da attività umane: allevamenti, fertilizzanti agricoli, rifiuti industriali o fognatura. Dove la rete fognaria è in cattivo stato o in zone dove abbondano fosse biologiche e dispersione dei liquami, i nitrati si disperdono nel terreno e con la loro altissima affinità con l’acqua si disciolgono e diffondono rapidamente in falda. Una volta avvenuta la contaminazione, è molto difficile risalire alla causa iniziale, contenerne la diffusione ed, eventualmente, rimuovere i nitrati dalle acque. Esistono trattamenti appositi (osmosi inversa) in grado di abbatterne la concentrazione a livello della potabilizzazione, ma è una In alternativa alle acque minerali, recentemente, sono stati messi in commercio filtri per l’acqua di casa da applicare ai rubinetti o da utilizzare direttamente come brocche, mentre al ristorante si trovano acque filtrate vendute al posto e al prezzo della minerale. Inchieste di Altroconsumo hanno dimostrato come l’acqua potabile abbia molto spesso meno problemi di quella manipolata “in situ”: se la filtrazione, infatti, non viene fatta in modo più che rigoroso dà origine a un’acqua più contaminata di quella di partenza. In alcune situazioni, sia per l’acqua filtrata a casa sia per quella venduta al ristorante, abbiamo trovato delle acque che non avrebbero potuto definirsi potabili. Anche in questo caso il problema è innanzitutto normativo: il Decreto 443/90 del Ministero della Salute, che regola il settore, è ormai obsoleto e si è dimostrato lacunoso, poco dettagliato e stringente, tanto da permettere la commercializzazione di apparecchi che mettono a rischio la salute. 2 Vedi indagini Altroconsumo n. 160, maggio 2003 e Altroconsumo 194, giugno 2006. 1 Consumatori, Diritti e Mercato numero 3/2006 Segnalazioni 125 tecnologia ancora piuttosto costosa e, quindi, utilizzata con parsimonia. La concentrazione massima ammissibile è limitata per legge (50 mg/l) e questo limite è da considerarsi ampiamente cautelativo per la salute di chi consuma l’acqua potabile. In effetti, nei nostri prelievi nessun campione supera il valore di legge dei 50 mg/l. Il valore più elevato, nel 2006, è quello di Milano, con 31 mg/l. Non si può dire che i nitrati a Milano, come in altri grandi insediamenti urbani, abbiano origine agricola (visto, tra l’altro, che i capoluoghi delle province limitrofe hanno valori più bassi), quindi concludiamo Fig. 1 – Nitrati in acque potabili 55 50 45 milligrammi/l 40 35 Dati 2003 Dati 2006 Limiti di legge 30 25 20 15 10 5 Be Bar rg i a Bo mo lo g Br na es c Fir ia en Ge ze no M va ila n Na o p Pa oli le rm o Ro m a To rin Ve o ne zia 0 Città Fig. 2 – Solventi in acque potabili 14 12 milligrammi/l 10 Dati 2003 Dati 2006 Limiti di legge 8 6 4 2 Be Bar rg i a Bo mo lo g Br na es Ge cia no M va ila n Na o p Pa oli le rm o Ro m a To r Ve ino ne zia 0 Città 126 Consumatori, Diritti e Mercato numero 3/2006 Segnalazioni che i serbatoi di approvvigionamento dell’acqua potabile di questa città siano in qualche modo contaminati da nitrati di origine “civile” (liquami, dilavamento delle strade...). Nella Fig. 2 sono riportati i risultati delle analisi dei solventi (tricloroetilene più tetracloroetilene), sempre comparando i dati del 2003 con quelli del 2006. Rispetto ai vecchi limiti di legge, che consideravano la totalità dei composti alogenati, attualmente esistono valori limite specifici di 10 µg/l per la somma di tricloroetilene e tetracloroetilene, i due più importanti solventi provenienti da processi industriali di vario tipo (sgrassatura metalli, pulizia a secco, vernici... Milano è “famosa” per questo tipo di inquinanti, che persistono nella preziosa acqua di falda anche decenni dopo la chiusura dei grandi impianti metallurgici a nord della città), e di 30 µg/l per la somma dei principali trialometani (cloroformio, bromoformio, dibromoclorometano e bromodiclorometano), derivanti soprattutto dalla clorazione dell’acqua. In metà delle città sotto inchiesta i solventi sono assenti, mentre, attualmente, il valore più alto, 2 µg/l, registrato ancora a Milano, è ben al di sotto del limite legale (che è 10 µg/ l). Non era così tre anni fa, quando alcuni acquedotti superavano i valori limite che sarebbero stati applicati di lì a pochi mesi. I dati attuali vedono un forte abbattimento di questi inquinanti, reso possibile con procedimenti molto economici di filtrazione su carbone vegetale, segno, comunque, dell’attenzione dei gestori alle disposizioni e alla qualità dell’acqua distribuita in generale. Benché tutte le acque rispettino i parametri di legge, è da rilevare una presenza diffusa di nitrati nella preziosa acqua dolce, segno che la contaminazione avviene ancora e che forse non si fa abbastanza prevenzione per tutelare le falde dall’inquinamento, nonostante ciò sia decisamente più facile e meno oneroso di purificare e abbattere le sostanze indesiderate presenti nell’acqua. Esistono realtà nelle quali più tipologie diverse di sostanze indesiderate si ritrovano nell’acqua potabile, con nitrati e solventi presenti in sei città sulle dodici qui riportate. La direttiva quadro nel settore acque, la 2000/60/ CE del 23 ottobre 2000, già prevede che la gestione del bene acqua si sviluppi globalmente, e non per comparti: il settore di produzione e distribuzione dell’acqua potabile deve essere necessariamente connesso a quello di trattamento e controllo delle acque di scarico. Come dimostrano anche i nostri studi, la qualità finale, infatti, non può prescindere da quella della materia prima. Questo è un periodo di cambiamenti nella gestione del bene “acqua”: si parla di privatizzazione, di adeguamento delle tariffe, di modernizzazione delle strutture... È importante che i gestori tengano nella giusta considerazione le aspettative dei propri “clienti”, sia per quanto riguarda l’assenza di sostanze indesiderate sia per le caratteristiche organolettiche. La qualità dell’acqua in senso lato, comunque, è anche un sintomo dello stato di “salute” di questa risorsa: l’uso dell’acqua di acquedotto per consumo umano è una prerogativa che nessuna società civile può permettersi di ignorare. Consumatori, Diritti e Mercato numero 3/2006 Segnalazioni 127