Relazione Avv. Ecora sulla riforma del condominio

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Relazione Avv. Ecora sulla riforma del condominio
Mi è stato richiesto di riassumere brevemente gli
aspetti più importanti su cui
LA RIFORMA DEL CONDOMINIO ALLA LUCE
DELLA
LEGGE 11 DICEMBRE 2012 N. 220 è intervenuta.
Dopo anni di attesa, è stata approvata la nuova
disciplina che ha rivoluzionato gli articoli 1117 e
successivi del Codice civile. Infatti, la riforma degli
anni Novanta, che introdusse una competenza
specifica per il giudice di pace, non servì a
deflazionare la litigiosità tra i vicini di casa. Né la più
moderna media-conciliazione ha avuto più fortuna: se
è vero che in ambiti più delicati, come quello
ereditario, il mediatore professionista può molto, per
evitare uno scontro logorante fra consanguinei in
tribunale, il palliativo non ha funzionato dinnanzi alla
vis polemica “del pianerottolo”.
Per certi versi, la nuova normativa in tema di
condominio è il frutto di una riforma realmente
epocale, laddove si consideri che il legislatore ha
impiegato più di dieci anni (e almeno tre legislature)
per ideare e realizzare il necessario adeguamento di
una disciplina ormai vetusta alle moderne esigenze
derivanti dall’attuale realtà sociale italiana.
Non deve dimenticarsi, infatti, che l’istituto del
condominio, fin dalla sua introduzione nel Codice del
’42 ha interessato fasce sempre più ampie di
popolazione, e probabilmente la tendenza continuerà
a trovare conferma anche nei prossimi anni,
considerando che l’unica tipologia abitativa ormai
consentita, per ragioni sia di spazio che economiche,
alla maggior parte della popolazione è per l’appunto
quella in condominio. Di conseguenza, l’impatto
della nuova normativa è di notevole interesse, proprio
in virtù del grande numero dei suoi potenziali
destinatari.
Prima di affrontare l'aspetto che potrebbe
maggiormente incidere sulle competenze dei giudici
di pace (quello dei creditori del condominio), si ritiene
opportuno accennare alle novità più rilevanti della
riforma, che pertanto si esporranno, in maniera
succinta, al solo fine di dare un quadro completo delle
modifiche apportate.
Amministratore
L'argomento sarà trattato dal Giudice Tremoglie e
constateremo come detta figura assume sempre più il
ruolo di vero e qualificato professionista ed esperto.
Contabilità trasparente - Conto corrente
condominiale Obbligatorio - Sito web del
condominio
Secondo il comma 7 dell'articolo 1129 (modificato
dall'articolo
9
delle
legge
n.
220/2012)
l’amministratore è obbligato a far transitare le
somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o
da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per
conto del condominio, su uno specifico conto
corrente, postale o bancario, intestato al condominio;
ciascun condomino, per il tramite dell'amministratore,
può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a
proprie spese, della rendicontazione periodica.
Su richiesta dell’assemblea, che deliberi con la
maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà dei
millesimi, l’amministratore dovrà attivare un sito
internet che consenta di consultare ed estrarre copie
dei documenti trattati dalla delibera assembleare.
Art. 1117 c. c. delle Parti comuni dell'edificio
Destinazioni d'uso e sostituzione parti comuni
Nel sistema condominiale, l’art. 1117 c.c. è quello che
pone le regole per l’individuazione del “patrimonio”
comune. La sua presenza all’interno della relativa
disciplina è fondamentale in ragione del fatto che il
condominio non si identifica, sic et simpliciter, con
l’edificio, ma è costituito, più limitatamente, da una
parte di esso.
Con la riforma, sono stati inseriti:
- l'art. 1117 bis, che prevede l'applicabilità della
normativa sul condominio in tutti i casi in cui più
unità immobiliari, più edifici o più condominii
abbiano parti comuni;
- il nuovo articolo 1117-ter (introdotto dall'articolo 2
delle legge n. 220/2012) che, per soddisfare esigenze di
interesse condominiale, prevede che l'assemblea, con
un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei
partecipanti al condominio e i quattro quinti del
valore dell'edificio, possa' modificare la destinazione
d'uso delle parti comuni; vietando, tuttavia, le
modificazioni delle destinazioni d'uso che possono
recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del
fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.
−
l’articolo 1117-quater sancisce che, in caso di attività
che incidono negativamente e in modo sostanziale
sulle destinazioni d'uso delle parti comuni,
l'amministratore
o
i
condomini,
anche
singolarmente, possono diffidare l'esecutore e
possono chiedere la convocazione dell'assemblea
per far cessare la violazione, anche mediante azioni
giudiziarie.
Art. 1118 diritti dei partecipanti sulle parti comuni
Riscaldamento e impianti comuni
E' ammesso il distacco dall’impianto di riscaldamento
centralizzato, se non ci sono notevoli aggravi di spesa
per gli altri condomini. La riforma ha modificato l’art.
1118 del c.c., prevedendo altresì che Il condomino può
rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di
riscaldamento o di condizionamento, se dal suo
distacco non derivano notevoli squilibri di
funzionamento o aggravi di spesa per gli altri
condomini.
In tal caso il condomino che opera il distacco resta
tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per
la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la
sua conservazione e messa a norma. È opportuno
precisare, tuttavia, che il regolamento di condominio
potrà continuare a negare totalmente la possibilità di
distaccarsi dall’impianto centralizzato. In questa
eventualità, il distacco non potrà essere consentito
neanche se il condomino interessato dimostrasse che,
a seguito del suo distacco, non si originerebbe alcun
pregiudizio per gli altri condomini e per l’impianto.
Innovazioni (Art. 1120 c.c.)
Viene introdotta una nuova ipotesi particolarmente
rilevante. Si tratta della possibilità di deliberare alcune
tipologie di “nuove opere” con una maggioranza
inferiore (articolo 1136, comma 2, c.c.: maggioranza
intervenuti e almeno ½ del valore dell'edificio)
rispetto a quella ordinaria prevista per la specifica
fattispecie (articolo 1136, comma 5, c.c.: maggioranza
intervenuti e almeno 2/3 del valore dell'edificio).
La norma sopra citata, opera allorché i condomini
desiderino dare vita a innovazioni volte a valorizzare
la sicurezza e salubrità dell’edificio e degli impianti,
all'abbattimento delle barriere architettoniche, al
contenimento
del
consumo
energetico,
alla
realizzazione dei parcheggi e all'installazione degli
impianti per l'accesso ai flussi informativi.
Fondo Speciale (Art. 1135)
In virtù del riformato art. 1135, poi, l'assemblea dei
condomini che approvi opere di manutenzione
straordinaria o innovazioni, deve obbligatoriamente
disporre anche la costituzione di un fondo speciale, di
importo pari all'ammontare della spesa per la loro
realizzazione.
Regolamento di condominio (Art. 1138)
L'articolo 16 della legge stabilisce espressamente che
"Le norme del regolamento non possono vietare di
possedere o detenere animali domestici": un no secco,
quindi, ai divieti di detenere animali domestici
all’interno del condominio. Tuttavia, un apposito
Ordine del Giorno della Commissione Giustizia del
Senato ha chiarito che tale previsione si riferisce al
solo regolamento votato in assemblea: quindi nulla
dovrebbe cambiare per i regolamenti attualmente in
vigore. La norma comunque non rientra tra quelle da
considerarsi inderogabili, sicché il divieto alla
detenzione di animali potrà ancora essere applicato a
condizione che la relativa clausola sia trascritta nei
pubblici registri immobiliari; in caso contrario non
sarà opponibile al nuovo acquirente dell’unità
immobiliare che si trova nel condominio.
Cambio delle tabelle millesimali
La riforma ha apportato anche una significativa
semplificazione del procedimento di revisione delle
tabelle millesimali, che di norma possono essere
cambiate solo all’unanimità. Infatti è previsto che le
tabelle possano essere modificate a maggioranza
semplice (maggioranza dei votanti e almeno 500
millesimi), anche nell’interesse di un solo condomino,
nei seguenti due casi espressamente previsti: 1)
quando sia emerso che le tabelle da modificare siano
frutto di un errore; 2) quando, per le mutate
condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza
di sopraelevazione, di incremento di superfici o di
incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è
alterato per più di un quinto il valore proporzionale
dell’unità immobiliare anche di un solo condomino
(in questo caso però il relativo costo sarà sostenuto da
chi ha dato luogo alla variazione.)
Ulteriori facilitazioni sono state introdotte anche per
l’eventuale contenzioso che si dovesse rendere
necessario per la revisione delle tabelle. Infatti, potrà
essere convenuto in giudizio unicamente il
condominio in persona dell’amministratore, il quale è
tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei
condomini. L’amministratore che non adempie a detto
obbligo può essere revocato ed è tenuto al
risarcimento degli eventuali danni.
Le norme per l’attuazione del codice civile
Art. 63 disp.att. Modificato dall'art. 18 L. 220/2012
Creditori del condominio – Obbligo di escutere
prima i morosi
Come è noto, il condominio negli edifici è regolato,
oltre che dalle norme contenute nel codice civile (artt.
1117-1138) anche da alcune prescrizioni presenti nelle
norme per l’attuazione (e precisamente, negli articoli
dal n. 61 al n. 72).
La riforma è intervenuta anche in tale ambito e, oltre a
quanto
innovato
relativamente
alla
figura
dell’amministratore all’articolo 71 bis disp. att. c.c.
(come verrà illustrato), con l'art. 18 della L. 220 ha
sostituito l'art. 63 delle disposizioni per l’attuazione
del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al
regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, prevedendo:
−
−
−
−
−
che la riscossione dei contributi condominiali da
parte dell’amministratore non ha necessità di previa
autorizzazione assembleare;
che, chi subentra nei diritti di un condomino, è
obbligato solidalmente con questi al pagamento dei
contributi per l'anno in corso e quello precedente;
chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato
solidalmente con l'avente causa per i contributi
maturati, fino a quando non viene trasmessa
all'amministratore copia autentica del titolo che
determina il trasferimento del diritto;
che l’amministratore è tenuto a comunicare ai
creditori del condominio i “dati” dei c.d. “morosi”;
nel caso di mora nel pagamento dei contributi che si
sia protratta per un semestre l’amministratore potrà
sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei
servizi comuni suscettibili di godimento separato;
−
la preventiva escussione di tali “morosi”, rispetto ai
condomini “virtuosi”, con evidente incongruenza
con il principio di parziarietà delle obbligazioni
condominiali.
Il problema relativo al mancato pagamento delle
spese condominiali è forse uno dei più sensibili
dell’intera riforma ed è l'aspetto che più
frequentemente ci farà confrontare con l'orientamento
dei nostri giudici di pace.
Il principio della «responsabilità parziale» sancito con
la Sentenza n. 9148/2008, è stato attenuato proprio
dalla legge di riforma del condominio.
I creditori potranno agire anche nei confronti dei
condòmini in regola con i pagamenti dopo aver
tentato, senza successo, di riscuotere dai condòmini
morosi.
C’è da dire che, sul punto, le regole sono cambiate a
partire dalla sentenza della Cassazione n. 9148/2008,
che ha stabilito che la condanna ottenuta nei confronti
del condominio legittima il creditore ad escutere i
beni dei singoli condomini solo per l’importo da
questi dovuto in ragione dei rispettivi millesimi.
Nel caso deciso dalla Cassazione con la sentenza
4238/2013, il titolo esecutivo era costituito da una sentenza
di condanna del condominio a pagare la somma di denaro
per danni provocati da infiltrazioni nel locale a uso
magazzino in comproprietà tra due condomini. Sulla base
di quel titolo, dato che il condominio non aveva pagato per
intero, uno dei due danneggiati aveva notificato il precetto
e il pignoramento per l'intero importo nei confronti
dell'altro condomino, come coobbligato (all'epoca la
Cassazione a Sezioni unite non aveva ancora pronunciato
la sentenza 9148/2008); quest'ultimo, a sua volta, aveva
già definito la controversia con il condominio in via
transattiva. Ma il proprietario chiamato a pagare aveva
fatto opposizione, precisando che, al massimo, avrebbe
potuto rispondere per la somma corrispondente alla propria
quota e non per l'intero debito. Il tribunale aveva accolto
l'opposizione all'esecuzione, dichiarando che il danneggiato
aveva diritto a procedere a esecuzione nei confronti del
soggetto ingiunto nei limiti della propria quota. A questo
punto il condomino ingiunto aveva impugnato la sentenza
per Cassazione, sostenendo che non avrebbe potuto essere
destinatario degli effetti poiché aveva definito il giudizio
con transazione, determinando la cessazione della materia
del contendere. La Corte ha però precisato che per
individuare i soggetti legittimati ad agire e a subire
l'esecuzione occorre rifarsi solo al titolo esecutivo; mentre
non rileva – contrariamente a quanto sembrava sostenere il
condomino ingiunto – che nel giudizio concluso con la
sentenza che costituisce titolo esecutivo fossero parti altri
soggetti. È quindi corretta, secondo la Cassazione, la
decisione del tribunale, che aveva ritenuto validi il precetto
e il pignoramento nei confronti del condomino.
La sentenza ha affrontato il problema della
responsabilità solidale o parziale dei condomini per i
debiti del condominio. In particolare, la Cassazione ha
condiviso la pronuncia del tribunale, che, applicando
il principio stabilito dalla Cassazione a Sezioni unite
9148/2008, aveva stabilito che l'importo da ingiungere
all'opponente dovesse essere stabilito nei limiti della
sua quota.
Prima della sentenza 9148/2008, vigeva il principio
della responsabilità solidale dei condomini verso i
terzi per le obbligazioni assunte dal condominio (e per
i debiti del condomino verso il condominio) e la
regola della parziarietà nei rapporti interni tra i
condomini. In pratica ogni condomino, ligio e preciso
nei pagamenti, poteva essere ingiunto a pagare
l'intero debito altrui, fermo restando il diritto di agire
per farsi rimborsare dai condomini morosi, ma verso
ognuno per la sua quota.
In altre parole, oggi il fornitore non può più chiedere
l’adempimento dell’intero ad un condomino
selezionato tra quelli più solvibili, poiché il suo
credito sarà frammentato nelle quote dei condomini.
La riforma è intervenuta sul punto, riaffermando,
seppure attenuato, il principio della solidarietà per le
obbligazioni assunte dal condominio. Infatti il nuovo
art. 63 delle disposizioni di attuazione del Codice
Civile stabilisce che i creditori non potranno agire nei
confronti degli obbligati in regola con i pagamenti se
non dopo l’escussione degli altri condomini.
Secondo un'autorevole opinione dottrinale, il debitore
sussidiario deve sempre considerarsi come tenuto ad
un'obbligazione del tutto autonoma e distinta da
quella principale; si tratta di una garanzia sussidiaria
poiché il creditore non può indifferentemente
rivolgersi all'uno o all'altro “debitore”, l'obbligo del
debitore sussidiario funziona essenzialmente come
strumento di garanzia del diritto del creditore. Non
può quindi parlarsi di solidarietà ma di sussidiarietà
che ha origine nel comma 2 dell'art. 63.
L'obbligazione per la propria quota ha origine negli
artt. 1123 e seguenti del cc mentre quella sussidiaria
con funzione di garanzia trae origine dall'art. 63
comma 2: tra l'obbligo originario del condomino
moroso e quello del condomino garante correrebbe
una solidarietà cosiddetta impropria ciò importerebbe
una serie di conseguenze pratiche come, ad esempio,
la non applicabilità delle vicende estintive (diverse
dall'adempimento) riconducibili al condomino
moroso.
Potrebbe, invece, aderirsi a quella diversa
interpretazione che sostiene che l'obbligazione
sussidiaria debba essere considerata come una vera e
propria obbligazione solidale con le problematiche ad
essa connesse.
In ogni caso, è necessario preventivamente escutere il
patrimonio del condomino moroso con ciò
intendendo la necessità di esaurire la procedura
esecutiva individuale ai suoi danni. I condomini in
regola, convenuti in giudizio dal terzo creditore,
potranno
paralizzare
l'azione
del
creditore,
opponendo il beneficio della preventiva escussione
del patrimonio del condomino moroso, senza dover
necessariamente chiamare in causa quest'ultimo; la
responsabilità del condomino solvente (sussidiario e/o
solidale) non impone il litisconsorzio necessario e, sul
piano processuale, non comporta l'inscindibilità delle
cause relative ai rispettivi debiti.
Avendo la legge 220/2012 ridisegnato, sia pure in
modo non chiarissimo, il meccanismo di attuazione
dei debiti condominiali, nel senso che i condomini sono
tutti condebitori verso i terzi creditori non solo della
propria quota di contribuzione alle spese, ma anche di
quella dei partecipanti morosi, in virtù dell’obbligo
solidale e/o sussidiario appena riferito, discende
coerentemente che ai medesimi condomini sia stato
accordato il diritto di essere costantemente informati
sulle effettive possibilità di adempimento di ciascuno
di loro.
Una volta identificati i condomini morosi, incombe
quindi sull’amministratore del condominio, oltre che
il potere-dovere di attivarsi per l’esazione delle quote
dovute e non versate, l’obbligo di fornirne notizie in
merito a tali sue iniziative agli altri partecipanti e ai
terzi creditori.
In ogni caso, al condomino in regola con i pagamenti,
escusso dal terzo creditore per la parte dovuta dai
morosi, allo scopo di ottenere dagli altri condomini il
rimborso di quanto da lui corrisposto, andrebbe
consentito di avvalersi della surrogazione legale,
infatti, mentre l'azione di regresso, che ha per oggetto
il rimborso pro quota di quanto è stato pagato a titolo
di capitale, interessi e spese, consiste in un diritto che
sorge per la prima volta in capo al condebitore
solidale adempiente (sulla base del cosiddetto aspetto
interno dell’obbligazione solidale), la surrogazione
implica, con il subentrare del condebitore adempiente
nell’originario diritto del creditore soddisfatto (oltre
che negli accessori, ivi comprese le eventuali
garanzie), l’acquisizione della stessa posizione
giuridica del creditore, dando luogo, quindi, a una
vicenda successoria.
Il condomino che, adempiuto il debito sussidiario
verso il terzo per la quota dovuta dai morosi, faccia
valere il suo diritto alla surrogazione legale a norma
dell’articolo 1203, n. 3), del codice civile, può vedersi
opporre non solo le eccezioni relative al rapporto
interno tra i condomini, ma anche quelle opponibili
allo stesso terzo creditore, relative a limitazioni,
decadenze e prescrizioni inerenti al credito. Per tale
azione, inoltre, la data di inizio della decorrenza della
prescrizione coincide con quella in cui il debitore in
solido ha adempiuto l’intera obbligazione.
Appare facile presagire quale esito infausto possa
conseguire l’aspettativa del condomino adempiente di
vedersi rimborsata proprio dal moroso la quota da
questo dovuta...
Conclusioni
Dalle considerazioni svolte, è plausibile concludere
nel senso che la posizione del condomino in regola
con i pagamenti, chiamato dal creditore a rispondere
delle quote dovute dai morosi dopo la preventiva
escussione degli stessi, sia assimilabile a quella di un
fideiussore, sia pure ex lege.
L’obbligazione di gestione condominiale non
determina a carico dei partecipanti al condominio
l’insorgenza di un debito solidale verso il terzo
creditore per l’intera prestazione: l’obbligo sussidiario
di garanzia del condomino solvente viene infatti dalla
legge contenuto in proporzione alla rispettiva quota
del moroso, secondo un criterio di “doppia
parziarieta”.
Ciascun condomino è realmente obbligato (in via
primaria verso l’amministratore, e in via surrogatoria
verso il creditore) soltanto per la quota di debito
proporzionata al valore della sua porzione, ed è
invece garante per le quote dei condomini
inadempienti, restando i rispettivi rapporti obbligatori
distinti perché generati da cause normativamente
distinte.
L’obbligo del condomino puntuale nei pagamenti,
essendo accessorio e ausiliario di quello del
condomino moroso, è diretto ad adempiere quello
che quest’ultimo ha mancato di soddisfare.
Il condomino solvente garantisce l’adempimento del
contributo imposto al moroso, ovvero un debito altrui,
e per tale ragione, una volta effettuato il pagamento,
ha azione di regresso per l’intero nei confronti del
debitore principale e di surroga nei diritti del
creditore.
Né potrebbe sostenersi che il condomino in regola con
i pagamenti risponda con il proprio patrimonio di un
debito (la quota imputabile al moroso) che,
comunque, non può dirsi a lui estraneo, in quanto
derivante dall’esercizio della gestione condominiale;
questa ricostruzione porterebbe inaccettabilmente a
smentire il diritto di rivalsa del condomino solvente, il
quale pagherebbe, appunto, “un debito proprio”, e
potrebbe solo invocare il beneficio della preventiva
escussione dei beni del moroso.
*******
Dalla superiore breve rassegna, si intuisce l’ampio
ambito di applicazione che la nuova normativa si
appresta a coprire. Non si può ancora stabilire la
congruità e l’efficacia della riforma, anche se è certo
che su alcuni aspetti non mancheranno dibattiti e
contenziosi; solo l’applicazione concreta delle norme
in parola potrà confermarne l’efficacia innovativa,
ovvero imporre ulteriori interventi correttivi.
La riforma del condominio, nonostante si sia limitata
ad interventi sostanzialmente “chirurgici” sulla
disciplina già esistente, sicuramente determinerà
l’ingenerarsi di una rilevante messe di “nuove”
problematiche, le quali, stante la loro evidente
complessità, saranno verosimilmente foriere di accese
discussioni tra gli interpreti, oltre a comportare
un’inevitabile aumento del contenzioso in materia
condominiale.