I N D I C E - Radio Vaticana

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I N D I C E - Radio Vaticana
Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa
dei vescovi di Capo Verde, Guinea Bissau, Mauritania e Senegal
Città del Vaticano, 15-22 febbraio 2006
A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana
INDICE
Le attuali sfide per la Chiesa
Repubblica del Senegal
Repubblica islamica araba e africana di Mauritania
Repubblica di Capo Verde
Repubblica della Guinea-Bissau
Cenni storici e struttura della Chiesa
Vita della Chiesa
(con intervista al vescovo di Nouakchott)
Le visite ad limina
I viaggi apostolici di Giovanni Paolo II
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Le sfide attuali per la Chiesa
La chiesa cattolica in Senegal, Mauritania e Guinea Bissau costituisce
una presenza cristiana minoritaria in paesi a maggioranza islamica (la
situazione in Capo Verde, a stragrande maggioranza cattolica è
naturalmente diversa e nel caso della Guinea c‟è una forte
maggioranza anche di religioni tradizionali africane), e si confronta
oggi con problemi vasti e complessi: da quelli sociali ed economici, a
quelli ecclesiali, alle sfide etico-morali.
D‟altra parte anche la parola delle gerarchie cattoliche trova scarsa
eco nella sfera politica, economica e sociale di questi paesi. Uno degli
impegni principali rimane comunque quello della collaborazione
all‟interno della Chiesa, per favorire sempre più il dialogo e lo scambio
tra i vescovi e con i laici e i preti. La formazione, a causa di difficoltà
di varia natura, rimane una delle priorità, così come il dialogo
interreligioso, che pure ha conosciuto esperienze positive come nel
caso del Senegal. Il posto dei laici nella chiesa rimane certamente una
grande sfida, così come la possibilità di accompagnarli con
un‟adeguata formazione ecclesiale che li possa rendere protagonisti
nelle rispettive società. Del resto l‟emergenza educazione, anche per
le difficoltà economiche in cui versano le scuole cattoliche, è sempre
più palese. Tutte sfide acuite dalla povertà della comunità cristiana, e
più in generale dalla crescente divaricazione tra ricchi e poveri in
questi paesi, che rende difficile anche il sostentamento delle diocesi.
REPUBBLICA DEL SENEGAL
Il Senegal ha una superficie di 196.182 km2 e una popolazione di oltre
dieci milioni di abitanti. Confina con Mauritania, Mali, Guinea, Guinea
Bissau e Gambia. Tra le città principali: Dakar, la capitale; Thies,
Kaolack, Sant-Louis. La lingua ufficiale è il francese, mentre dal punto
di vista religioso il 90% della popolazione è musulmana, mentre il 6%
è cristiana ed il 4% di religione tradizionale.
Cenni storici
La storia di queste terre è una storia molto antica, che inizia ai
primordi della civiltà umana, quando circa un milione e mezzo di anni
fa qui iniziava a muovere i primi passi l'Homo Erectus.
Venendo ad epoche meno remote, la storia del Senegal inizia con
l'installazione di alcuni gruppi di popolazione tra i fiumi Senega,
Senegal, e la penisola del Capo Verde: nel Nord, i Toucouleurs ed i
Peuls, nel centro-ovest i Wolofs, nell'est dei Mandingues, nel Centrosud, i Severi.
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Nel VI secolo qui si sviluppò l'impero del Ghana, a cui seguirono
quello del Mali, di Jolof, Siné e del Saloum, e poi, nel Nord, nascita del
regno di Fouta Toro.
L‟incontro con gli europei avvenne nel 1444 quando i portoghesi
sbarcano sulle coste del Senegal e su una penisola, che chiamano
Cabo Verde o Capo Verde, dove sorge oggi Dakar. Verso il 1500
vengono creati i “banchi portoghesi” e inizia lo sfruttamento dell'oro e
il traffico degli schiavi.
Ma sarà il periodo dal XVII al XIX secolo quello più tragico con il
commercio di schiavi che transitavano dall'isola di Gorée verso le
Americhe, accompagnato dalle lotte dei paesi europei per il controllo
dell'isola e dei banchi. All'interno di questi territori, intanto,
continuava ad estendersi l'influenza islamica, in particolare la corrente
del "sufismo".
Dalla seconda metà del Settecento il Senegal passa definitavamente
alla Francia, anche se la colonizzazione delle zone interne avviene solo
a partire dal 1854. L‟indipendenza giunge il 19 giugno 1960, dopo la
proclamazione della Federazione del Mali, che riuniva il Senegal e il
vecchio Sudan francese, ma la Federazione ebbe vita breve e si
sciolse dopo appena due mesi. Il 5 settembre 1960 viene proclamata
la Repubblica del Senegal.
REPUBBLICA ISLAMICA ARABA E AFRICANA
DI MAURITANIA
La Mauritania ha una superficie di 1.030.700 km2 e una popolazione
di oltre due milioni e settecentomila abitanti. Confina con Marocco,
Algeria, Mali e Senegal. La capitale è Noukchott, e altre città
importanti sono Nouadhibou, Rosso, Kaédi, Zouérate, Atar.
La popolazione è quasi interamente musulmana, e la lingua nazionale
è l'arabo. Il francese è la lingua di lavoro. Il paese è diventato
indipendente il 28 novembre 1960.
La Mauritania forma una sola diocesi, direttamente dipendente da
Roma, guidata dal vescovo di Nouakchott.
REPUBBLICA DI CAPO VERDE
La Repubblica di Capo Verde ha una superficie di 4033 km2 ed una
popolazione di circa quattrocentottantuno mila abitanti, per lo più
concentrati nell'isola di São Tiago, la più grande dell'arcipelago. Da
notare che il paese ha conosciuta un'imponente diaspora per cui oltre
ottocentomila capoverdiani vivono fuori del proprio paese, per lo più
nei paesi di lingua portoghese e Stati Uniti. La capitale è Praia, e altre
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città importanti sono Mindelo e São Filipe. Alcune delle isole principali,
oltre a São Tiago, sono Santo Antão, Boa Vista, Fogo, São Nicolau.
La stragrande maggioranza della popolazione è cattolica; la lingua
ufficiale è il portoghese. Il paese è diventato indipendente nel luglio
1975.
Gli europei scoprono questa terra nel 1460, ad opera del navigatore
portoghese Diego Gomes che stava esplorando le coste dell‟Africa
Occidentale. L'arcipelago di Capo Verde, a 450 km ad ovest di Dakar,
costituì dal XV secolo una provincia di oltremare del Portogallo,
cosicchè in questa parte dell'Africa esiste oggi una cultura che è frutto
dell'apporto di popoli africani venuti con la schiavitù e di elementi
europei.
L'evangelizzazione fu affidata, fin da 1462 all'Ordre du Christ, che
costruirono la prima chiesa nell'isola di Fogo nel 1480. La diocesi,
creata il 31 gennaio 1553, vide poi l‟arrivo di preti secolari dal
Portogallo, poi i Padri Gesuiti, i Cappuccini e gli Agostiniani. Trenta
parrocchie furono fondate nel XVI secolo, mentre fin dal 1555 fu
aperta una scuola di latino e di morale a Ribeira Grande, allora
capitale, per preparare il seminario che fu creato il 12 gennaio 1570.
Il clero diocesano ed i religiosi assicurarono il ministero fino all'inizio
del XX secolo. Nel 1910, con la rivoluzione portoghese che soppresse
tutte le congregazioni religiose, la vita religiosa fu quasi
completamente disarticolata per mancanza di clero e di risorse, al
punto che il seminario dovette essere chiuso nel 1914 e molte
parrocchie rimasero senza titolari. Gli statuti del 1926 e soprattutto gli
accordi del 1940 contribuirono a riportare alla normalità la vita
religiosa. Oggi Capo Verde conta una diocesi.
REPUBBLICA DELLA GUINEA-BISSAU
La repubblica della Guinea Bissau ha una superficie di 36.125 km 2,
con una popolazione di circa un milione trecentomila abitanti. Confina
con Senegal e Guinea, e si affaccia sull'oceano Atlantico. Il paese ha
proclamato il 24 settembre 1973 l'indipendenza, ottenendone il
riconoscimento l'anno successivo. La capitale è Bissau, e tra le
principali città è Bafatà. La lingua ufficiale è il portoghese.
Dal punto di vista ecclesiale, la chiesa cattolica inviò quì i primi
missionari nel XVII secolo, francescani portoghesi, che rimasero nei
pressi della costa. La vita religiosa prese poi uno sviluppo notevole,
ma la rivoluzione portoghese che soppresse le congregazioni religiose,
fermò l'espansione lasciando solo alcuni preti secolari in attesa del
ritorno dei Francescani.
Il 4 settembre 1940, la Guinea portoghese si staccò dalla diocesi di
Capo Verde per diventare una Missione Indipendente, trasformata nel
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1975 in Prefettura apostolica, fino alla creazione della diocesi nel
marzo 1977. Anche in Guinea Bissau la Chiesa cattolica, che conta
due diocesi, è una piccola minoranza (5% cristiani), mentre il 50 %
della popolazione è legato alle religioni tradizionali africane, ed il
restante 45% è musulmano.
La Conferenza episcopale riunisce i vescovi di quattro paesi con
caratteristiche anche molto diverse, essendo il Senegal e la Mauritania
due paesi a larghissima maggioranza musulmana, e di lingua
francese, mentre Capo Verde è a maggioranza cattolica e la Guinea
Bissau ha una piccola presenza cristiana in un contesto maggioritario
di religioni tradizionali africane e di musulmani, e sono entrambi di
lingua portoghese. Le vicende storiche e missionarie tuttavia hanno in
qualche accomunati fino ad oggi questi quattro paesi.
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Alcune linee storiche della presenza della
Chiesa cattolica
Il Vicariato delle "Due guinee" venne eretto il 22 gennaio 1842 e
copriva tutto il territorio dell'Africa Occidentale francese, arrivando
fino all'il Gabon.
8 febbraio 1863: il Vicariato Apostolico del "Sénégambie" è affidato
ai Padri del Santo Spirito.
8 ottobre 1897: il Vicariato della Guinea
28 maggio 1901: il Vicariato della parte occidentale del Sudan
francese
5 maggio 1931: il Vicariato del Gambia
27 gennaio 1936: Vicariato di Dakar.
25 aprile 1939: Prefettura apostolica di Ziguinchor; Vicariato
apostolico il 10 luglio 1952 e Diocesi il 14 settembre 1955.
1779: Prefettura apostolica di Saint Louis; Vicariato Apostolico il 28
gennaio 1955; Diocesi il 15 febbraio 1966.
21 gennaio 1957: Prefettura apostolica di Kaolack, per la divisione
delle Diocesi di Dakar e Ziguinchor, Diocesi il 6 luglio 1965.
6 febbraio 1969: Erezione della Diocesi di Thiès, per la divisione
dell'arcidiocesi di Dakar.
13 agosto 1970: Erezione della prefettura apostolica di
Tambacounda per la divisione delle Diocesi di Kaolack e Saint Louis.
L'ultima nata tra le diocesi del Senegal è quella di Kolda, creata il
3 febbraio 2000 per la divisione della Diocesi di Ziguinchor.
Le altre diocesi
18 dicembre 1965: Erezione della Diocesi di Nouakchott
(Mauritania) seguito alla divisione della Diocesi di Saint Louis. Il 8
giugno 1968 la Diocesi di Nouakchott è stata staccata dalla Provincia
ecclesiastica di Dakar.
30 marzo 2001: Erezione della Diocesi di Bafate (Guinea Bissau),
nato della divisione della Diocesi di Bissau.
31 gennaio 1533: Erezione della Diocesi di Praia (Capo Verde) che si
chiamava Santiago di Cabo Verde. Era suffraganea di Lisbona fino al 9
gennaio 1978. Da questa data è annessa direttamente alla Santa
Sede.
LA CHIESA IN SENEGAL
Diocesi di Dakar
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Arcivescovo: Mons. Théodore Adrien SARR
Battezzati: 226.404
Sacerdoti diocesani: 59
Religiosi preti: 67
Religiose: 345
Diocesi di Saint Louis
Vescovo: Mons. Ernest SAMBOU
Battezzati: 4.039
Sacerdoti diocesani: 6
Religiosi preti: 14
Religiose: 22
Diocesi di Thiès
Vescovo: Mons. Jacques SARR
Battezzati: 39.463
Sacerdoti diocesani: 76
Religiosi preti: 11
Religiose: 80
Diocesi di Tambacounda
Vescovo: Mons. JeanNoel DIOUF
Battezzati: 6.245
Sacerdoti diocesani: 14
Religiosi preti: 10
Religiose: 34
Diocesi di Ziguinchor
Vescovo: Mons. Maïxent COLY
Battezzati: 343.700
Sacerdoti diocesani: 76
Religiosi preti: 11
Religiose: 136
Diocesi di Kaolack
Vescovo: Mons. Benjamin NDIAYE
Battezzati: 11.238
Sacerdoti diocesani: 11
Religiosi preti: 14
Religiose: 57
Diocesi di Kolda
Vescovo: Mons JeanPierre BASSENE
(Non ci sono statistiche disponibili)
LA CHIESA IN MAURITANIA
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Diocesi di Nouakchott
Vescovo: Mons. Martin Albert HAPPE
LA CHIESA A CAPO VERDE
Diocesi di Mindelo
Vescovo: Mons. Arlindo Gomes FURTADO
Diocesi di Santiago de Capo Verde
Vescovo: Mons. Paulino do Livramento EVORA
LA CHIESA IN GUINEA BISSAU
Diocesi di Bissau
Vescovo: Mons. José Câmnate na BISSIGN
Diocesi di Bafatá
Vescovo: Mons. Carlos Pedro ZILLI
La cooperazione tra i vescovi dell‟Africa dell‟Ovest
I quattro paesi che compongono la Conferenza episcopale del
Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea Bissau fanno parte anche
del raggruppamento regionale dei vescovi dell‟Africa dell‟Ovest
(CERAO), che da oltre quarant‟anni sostiene il cammino, non sempre
facile, di queste chiese.
Dal 31 gennaio al 5 febbraio 2006 si è svolta la 16.ma Assemblea
plenaria della CERAO, ad Abidjan, in Costa d‟Avorio, per lanciare un
impegnativo piano pastorale per i prossimi anni, sul tema
“Proclamiamo la santità in Chiesa, famiglia di Dio”. Si tratta di un
programma che coinvolgerà vescovi e comunità cristiane per ricordare
a tutti che la santità, vocazione comune di ogni battezzato, è grazia di
Dio che tuttavia deve essere accolta concretamente dall‟uomo nella
vita di ogni giorno, individualmente e collettivamente. Da qui la
necessità di una progettazione in diversi campi della vita ecclesiale e
sociale per coinvolgere tutto il popolo di Dio. Durante la 16.ma
Assemblea di Abidjan è stato fatto anche un bilancio del cammino
percorso e di quanto è stato realizzato a livello regionale, nazionale e
diocesano. Le giornate di lavoro si sono svolte in sedute plenarie,
durante le quali la parola è stata data alle 7 conferenze episcopali
nazionali o interterritoriali. Un gruppo di esperti ha infine analizzato la
messa in opera di questo piano pastorale e la pedagogia della santità.
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VITA DELLA CHIESA
dal Bollettino “Notizie dalla Chiesa” della Radio Vaticana
“L‟infanzia nel cammino della nostra conversione”. È il titolo del
messaggio dei Vescovi di Guinea Bissau, Senegal, Capo Verde e
Mauritania per la Quaresima 2004. I Vescovi tracciano un profilo della
situazione dell‟infanzia nei loro paesi a partire dalla tradizione
africana, nel cui ambito “il bambino è percepito come un dono di Dio,
e fin dal suo concepimento è desiderato, atteso e amato”. I Vescovi
però non vogliono idealizzare troppo il passato, in quanto “esistono
forme di mutilazione e sfruttamento dell‟infanzia (escissioni,
matrimoni forzati) che persistono sotto il mantello della tradizione”.
“Di fronte alle sfide della modernità” dicono i Vescovi “le società
africane non sfuggono al terremoto che sconvolge le basi tradizionali
dell‟educazione, e persino della visione della persona umana e della
vita. L‟urbanizzazione crescente, l‟accesso delle donne al lavoro, la
precaria situazione economica, hanno suscitato paure per la
formazione di una famiglia numerosa.. La Chiesa non si è mai
espressa né a favore della famiglia numerosa né di quella
mononucleare. Essa difende la paternità/maternità responsabile e
denuncia le pratiche che non rispettano la vita e o la dignità umana”.
Tra le condizioni che possono compromettere il futuro dell‟infanzia, i
Vescovi ricordano “gli attacchi all‟armonia familiare: alcolismo, divorzi
e separazioni, poligamia, disoccupazione, esodi rurali, emigrazioni”. I
Vescovi ricordano anche le “tante situazioni create dagli adulti che
mettono in pericolo la vita e il futuro dei bambini”. Tra queste vi sono:
guerra (“bambini massacrati o mutilati. Bambini coinvolti nei conflitti,
indotti a uccidere e costantemente esposti al pericolo”); infanzia
abbandonata (“bambini abbandonati nelle strade delle nostre città,
condannati a mendicare per sopravvivere, esposti alla rovina della
droga"); pedofilia; lavoro forzato; pandemia dell'AIDS.
Di fronte a questa situazione, i Vescovi invitano i fedeli, in occasione
della Quaresima, a “sensibilizzare i propri figli sulle condizioni dei
bambini che soffrono, in modo da educarli alla solidarietà da tradurre
in gesti concreti. Suggeriamo collette nelle famiglie, nelle scuole, per
aiutare a curare i bambini malati, vestire i bambini poveri, dare da
mangiare ai fanciulli privi di cibo, offrire istruzione a coloro che ne
sono sprovvisti”. (Agenzia Fides 1/3/2004)
I vescovi del Senegal sono intervenuti più volte in questi anni
sulla situazione sociale e politica del Paese, in particolare per la
pace nelle regione secessionista della Casamance e in difesa
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della laicità e della pacifica convivenza con la maggioranza
musulmana, con la quale i rapporti sono storicamente buoni e
costruttivi, con qualche incrinatura solo in questi ultimi anni. Di
seguito una selezione di alcune notizie pubblicate dalla Radio
Vaticana tramite il Bollettino Notizie dalla Chiesa
I VESCOVI INTERVENGONO PER DENUNCIARE IL DEGRADO
MORALE E POLITICO DEL PAESE
DAKAR, 24 nov. ‟94 - Un forte appello a riunire tutte le forze per
superare il degrado della vita politica, morale ed economica del paese.
Questo in sintesi il messaggio contenuto nella lettera pastorale che i
vescovi del Senegal hanno indirizzato a tutti i fedeli domenica scorsa. La
lettera pastorale richiama così lo stato, i partiti, i sindacati, i singoli
credenti, cristiani o musulmani che siano, ad adempiere ognuno al
proprio dovere, per edificare la giustizia e la pace nel Paese africano.
Come ha spiegato in una conferenza stampa mons. Adrien Sarr,
presidente della Conferenza episcopale senegalese, la lettera dei vescovi
vuole essere un richiamo a singoli individui, a famiglie, a gruppi sociali e
politici, affinché rinuncino a tutti quei comportamenti negativi e
pregiudizievoli sia per il Paese che per sé stessi. La Chiesa nel Senegal,
ha precisato mons. Sarr, non vuole imporre a nessuno determinati
comportamenti, ma si appella alla fede e al senso etico di tutti i credenti
per salvare il Senegal dal degrado morale e materiale. La lettera
pastorale di domenica segue l‟esortazione del dicembre 1993, in cui i
vescovi avevano anticipato l‟intenzione di tornare
(Programma francese-Africa)
I VESCOVI DENUNCIANO LE STORTURE DEL SISTEMA
ECONOMICO
DAKAR, 3 gen ‟95 - In una lettera pastorale pubblicata nei giorni scorsi,
i vescovi del Senegal denunciano l'ingiustizia dell'attuale sistema
economico mondiale, ma anche l'incuria dello Stato, sottolineando la
necessità di impegnarsi per l'onestà, il lavoro, la solidarietà e la
giustizia. "Il Senegal - scrivono i vescovi - è vittima (...) di un sistema
economico ingiusto, che per mantenere e migliorare il livello di vita dei
paesi industrializzati getta gli altri nella miseria". La crisi economica del
Paese che questo sistema ha prodotto, continua il documento, è
all'origine dell'aggravamento della povertà, dell'esodo dalle campagne,
con la conseguente disgregazione del tessuto sociale. a ciò si aggiunge il
degrado morale che colpisce la società e l' apparato statale a tutti i livelli
e che si traduce nella mancanza di rispetto per il bene comune,
nell'individualismo e nella corruzione.
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Di fronte a tutti questi problemi, sottolineano i vescovi, "il Senegal può e
deve innanzitutto contare su se stesso". In particolare, poiché
l'economia del Senegal è essenzialmente agricola, occorre rilanciare
seriamente questo settore, per assicurare al Paese l'autosufficienza
alimentare. in conclusione, i vescovi rivolgono un appello a tutti i
senegalesi, e in particolare ai cristiani, affinché si impegnino
attivamente per il bene pubblico nella vita politica.
(Apic)
I VESCOVI CONDANNANO LE TESI SECESSIONISTE DEL
MOVIMENTO DELLE FORZE DEMOCRATICHE DELLA CASAMANCE
DAKAR, 23 ott ‟97 - La Conferenza episcopale senegalese condanna
fermamente l'attività e le tesi secessioniste del sacerdote Diamacoune
Senghor, fondatore del movimento delle Forze democratiche di
Casamance (Mfdc). Lo ha sottolineato con forza il presidente della
stessa Conferenza episcopale, mons. Theodore Adrien Sarr, in
un'intervista rilasciata nei giorni scorsi al quotidiano senegalese "Le
Matin". Il Mfdc conduce da quindici anni una sanguinosa lotta di
"liberazione" che ha provocato migliaia di morti in questa provincia del
Senegal, situata tra la Guinea-Bissau e il Gambia. mons. Sarr ha
espresso il suo "dolore" per le sofferenze, la perdita di vite umane e le
distruzioni provocate dalle agitazioni secessioniste in Casamance, un
dolore, ha aggiunto, particolarmente sentito, perché vedono coinvolto
un sacerdote cattolico. Contro don Diamacoune Senghor, ha tuttavia
precisato il presule, per il momento non sono previste sanzioni
canoniche, che, secondo i vescovi senegalesi farebbero più male che
bene in questo momento. Essi hanno peraltro più volte tentato di
persuadere il capo del movimento secessionista ad avviare un dialogo
con il governo di Dakar, ma senza successo. I problemi che sono
all'origine della crisi nella provincia possono essere risolti solo con il
dialogo e non "con la lotta armata", ha osservato il vescovo di Kaloack,
secondo il quale l'indipendenza della Casamance è comunque
"un'utopia".
(Apic)
MARCIA INTERRELIGIOSA PER LA PACE NELLA CASAMANCE
ZINGUINCHOR, 24 nov. ‟97 - musulmani e cristiani hanno animato una
marcia per la pace nella Casamance, la regione meridionale del Senegal
dove da 15 anni combatte il movimento secessionista delle forze
democratiche di Casamance (Mfdc, in sigla). La marcia ha avuto luogo,
domenica scorsa, a Zinguinchor, che è il capoluogo della regione stessa.
Essa è stata organizzata dall'arcidiocesi di Zinguinchor e dalle autorità
religiose musulmane della città per chiedere la fine dei combattimenti in
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corso. Hanno guidato il corteo l'arcivescovo di Zinguinchor, mons.
Maixent Coly, e l'imam della principale moschea della città. Mons. Coly
ha espresso soddisfazione per il successo dell'iniziativa, che ha coinvolto
fedeli di diversi credi. L'attività e le tesi secessioniste del movimento
delle forze democratiche di Casamance, fondato nel 1982 dal sacerdote
Augustin Diamacoune Senghor, sono state più volte condannate dai
vescovi senegalesi. Di recente i presuli hanno chiesto a don Senghor un
serio impegno per ricondurre alla pace, nel prossimo natale, la regione
di Casamance. (Apic)
ANCORA UN NATALE DI TENSIONI NELLA CASAMANCE
ZINGUINCHOR, 29 dic ‟97 È stato un natale triste e vissuto in un clima
di forti tensioni quello festeggiato quest'anno dai cattolici della regione
del Casamance, in Senegal, dove negli ultimi mesi sono ripresi gli
scontri tra le forze governative e quelle del movimento secessionista
delle forze democratiche di Casamance (Mfdc). La regione è da più di 15
anni scossa da una lotta per l'indipendenza che ha fatto, tra civili e
militari, più di mille morti. Nonostante le promesse di pace fatte qualche
settimana fa, dal fondatore del movimento secessionista, il sacerdote
Augustin Diamacoune Senghor, le violenze sono continuate e nella sola
settimana di Natale sono state uccise 19 persone e ne sono state ferite
27. In alcune località, per ragioni di sicurezza, la messa della notte di
natale è stata anticipata al pomeriggio e molti fedeli hanno rinunciato a
parteciparvi per paura. L'aggravarsi della situazione in Casamance è
stata al centro del tradizionale messaggio natalizio dell'arcivescovo di
Dakar,
il
cardinale
Hyacinthe
Thiandoum.
Nel
messaggio,
teleradiodiffuso in tutto il Paese, il cardinale ha invitato tutti i fedeli a
"non arrendersi alla violenza che aumenta ogni giorno", ricordando che
la chiesa è impegnata in prima fila nella ricerca di una soluzione pacifica
del conflitto. come è noto, i vescovi del Senegal hanno più volte
condannato l'attività e le tesi secessioniste del "Mfdc". a novembre
avevano chiesto a don Senghor un serio impegno per ricondurre alla
pace la regione entro natale. (Apic)
I VESCOVI SU ELEZIONI PARLAMENTARI DEL 24 MAGGIO „98
DAKAR, 27 apr. ‟98 - in vista delle prossime elezioni parlamentari in
Senegal, previste per il 3 maggio, i vescovi del Paese hanno rivolto un
appello affinché la consultazione elettorale sia "trasparente, pacifica e
democratica". L'appello è contenuto in una lettera pastorale divulgata
venerdì scorso e intitolata "Per quale Senegal dopo maggio 1998?". I
vescovi senegalesi chiedono alla classe politica delle risposte "più
conformi ai bisogni e alle attese della popolazione". A loro parere,
infatti, molti senegalesi hanno la netta impressione che "le
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preoccupazioni e le strategie dei politici si siano ridotte al
perseguimento o alla conservazione del potere". Secondo l'arcivescovo
di Dakar, card. Hyachince Thiandoum, le convinzioni e le preoccupazioni
espresse dai vescovi sono condivise da molti esponenti religiosi
musulmani. Intanto, in vista dell'importante appuntamento elettorale si
sono mobilitati gli intellettuali cristiani senegalesi riuniti nel movimento
"Presenza Cristiana" che ha organizzato un ciclo di conferenze dedicato
all'attuale situazione politica, economica e sociale del paese. gli incontri,
che si svolgono per tutto il mese di aprile, sono aperti alla
partecipazione di intellettuali cristiani e musulmani. Come ha infatti
spiegato il presidente di "Presenza Cristiana", Théodore Ndiaye, si tratta
di incontri di carattere interreligioso che hanno come obiettivo quello di
offrire ai credenti delle due religioni un'opportunità di confronto e di
dialogo in questo importante momento politico. In sostanza, con tale
iniziativa si vogliono incoraggiare le forze migliori e più rappresentative
del Paese a lavorare insieme per risolvere le difficoltà con cui devono
confrontarsi ogni giorno tutti i cittadini senegalesi, musulmani e
cristiani. Una collaborazione che in Senegal, paese a netta maggioranza
musulmana, è resa più facile dai buoni rapporti tra le due comunità
religiose, da sempre improntati alla convivialità e al dialogo.
(Apic)
IN UNA LETTERA PASTORALE PER IL 1° MAGGIO I VESCOVI
DENUNCIANO LO SFRUTTAMENTO DELLE DONNE
DAKAR, 1° mag ‟98 - In occasione del 1° maggio, Festa di S. Giuseppe
Lavoratore, i vescovi del Senegal hanno pubblicato una lettera pastorale
sulla condizione femminile per richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica sulle donne sfruttate nel lavoro e in particolare sulla lavoratrici
domestiche. I vescovi del Senegal dichiarano che con il loro documento
non intendono proporre "un trattato filosofico sulla condizione
femminile", ma interrogarsi piuttosto sulla situazione delle donne nella
società, in particolare su quella delle più deboli. Nella società
senegalese, denunciano i presuli, "si continua a considerare la donna
inferiore all'uomo come manodopera a buon mercato di cui disporre a
piacimento". Il caso delle lavoratrici domestiche è emblematico. Tra
queste altissima è la percentuale delle minorenni, la cui età media si
aggira intorno ai 12-13 anni. Si calcola, infatti, che siano 88 mila le
bambine e le ragazze impiegate in questo settore. il loro livello di
istruzione, rileva il documento, è al di sotto della media nazionale. Per
citare un dato, "tra le lavoratrici domestiche solo il 26,6 per cento è
stato a scuola". Per far "rispettare e promuovere la dignità e diritti di
tutte le donne in Senegal, e soprattutto delle più povere e deboli", i
vescovi senegalesi si rivolgono direttamente alle autorità pubbliche, alle
organizzazioni non governative, ai datori di lavoro e alle famiglie
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"perché contribuiscano alla promozione ed allo sviluppo delle lavoratrici
domestiche". Essi propongono, in particolare, tre tipi di intervento: la
creazione di strutture di accoglienza che rispondano alle possibilità reali
delle lavoratrici, la loro alfabetizzazione, con corsi igiene e economia
familiare, e la creazione di un tavolo di dialogo tra lavoratrici, datori di
lavoro e governo. "La nostra attenzione particolare per le lavoratrici
domestiche - concludono i presuli - risponde alla sollecitudine di Dio per
i gruppi e le persone più vulnerabili della società". (Fides)
I VESCOVI SUI RISULTATI DELLE ELEZIONI DEL 24 MAGGIO
DAKAR, 8 giu „98 - L‟avvenire politico del Senegal, dopo le elezioni del
24 maggio, causa "numerose e gravi preoccupazioni" ai vescovi che
aderiscono alla Conferenza episcopale del Senegal, Mmauritania, Capo
Verde e Guinea-Bissau. Lo ha detto mons. Theodore-Adrien Sarr,
presidente di questa conferenza episcopale, conversando con i
giornalisti. L'incontro con la stampa ha avuto luogo nella stessa Dakar,
venerdì scorso, al termine della assemblea plenaria. Sono in molti nel
Senegal a contestare la regolarità del recente esito elettorale dal quale
sembra uscito vincitore Abdou Diouf e il suo partito socialista."Bisogna
che le conquiste della democrazia si rafforzino – ha commentato mons.
Sarr -, in particolare nell'espressione libera della gente e nel rispetto di
questa espressione". I vescovi hanno espresso anche la propria
inquietudine sulla situazione alimentare dei loro rispettivi paesi dove
imperversa la siccità e dove i raccolti sono minimi. I vescovi hanno
reiterato il loro appello per un aiuto urgente. Guardando alla confusa
situazione della Casamance, a sud del Senegal, dove combatte un
movimento indipendentista guidato dal sacerdote Augustin Diamacoune
Senghor, mons. Pierre Sagna, vescovo di Saint-Louis, ha ricordato che il
ruolo del prete non è quello di essere un guerrigliero. Infine, i vescovi,
che sono stati ricevuti dal Presidente Abdou Diouf, hanno espresso
l'intenzione di dar vita ad un giornale cattolico che convogli "l'opinione
dei cristiani". L'arcivescovo di Dakar, il cardinale Hyacinthe Thiandoum,
ha preannunciato in proposito una prossima riunione per studiare la
realizzazione di questo giornale. (Apic)
NELLA CASAMANCE E DI LAICITÀ DELLO STATO I VESCOVI
RIUNITI IN ASSEMBLEA PARLANO DEL SECESSIONISMO
DAKAR, 4 dic 01. - "Comprendiamo che un prete si impegni per la
giustizia e la pace. Ma questo non può essere attraverso un partito
politico e ancor meno un movimento che usa la lotta armata." Con
queste parole i membri dalla conferenza episcopale di Senegal,
Guinea Bissau, Capo Verde e Mauritania invitano padre Augustin
Diamacoune Senghor a lasciare il Movimento delle Forze democratiche
14
della Casamance (Mfdc) di cui è il capo. Questo gruppo combatte dal
1982 per l'indipendenza della Casamance, una regione del Senegal
incuneata tra Gambia e Guinea Bissau. I vescovi dei 4 paesi sono per
la prima volta riuniti presso la Charité de Sindone in Casamance. Un
missionario europeo ha detto a Fides di ritenere che i prelati hanno
scelto questo luogo per mandare un segnale forte al governo e all'
Mfdc per spingerli a parlare sul serio di pace. Il coinvolgimento di un
prete cattolico nella ribellione ha creato problemi alla Chiesa.
L'opinione pubblica, soprattutto musulmana, l'accusa di tenere un
colpevole silenzio sulla vicenda. Deplorando "il fatto che si sparge
ancora sangue sul suolo della Casamance" i vescovi hanno lanciato un
appello al governo e al Movimento perché si riuniscano intorno a un
tavolo negoziale per un ritorno definitivo alla pace. Essi si rivolgono al
capo dello Stato perché intervenga a modificare lo statu quo che non
favorisce la pace, ed esortano l'Mfdc a mettere fine alle proprie lotte
interne e ad aprirsi al dialogo. Padre Diamacoune, da parte sua ha
commentato l'appello dei vescovi, dicendo che il suo ritiro sarebbe più
un male che un bene. Oltre che della crisi in Casamance, i prelati
hanno discusso della prossima lettera pastorale sulla laicità in
Senegal. Nella lettera si sostiene che la pace sociale e interna del
paese sul piano della coabitazione confessionale deriva dalla laicità.
Un altro tema è stato quella della futura università cattolica di
Ziguinchor, in Casamance. Mons. Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, ha
detto che la scelta di Ziguinchor è legata alle materie di
insegnamento: economia turistica, delle foreste, marittima e agroindustriale. Secondo mons. Sarr, questo dimostra un impegno
concreto per lo sviluppo della regione. (Fides)
TUTTO IL PAESE IN LUTTO PER LA MORTE DEL SUO 1°
PRESIDENTE L. SENGHOR, CATTOLICO E UOMO DI DIALOGO
DAKAR, 22 dic 01- Tutto il Senegal rimpiange Léopold Sédar Senghor,
(foto) primo Presidente del Paese, dopo l'indipendenza dalla Francia
nel 1960. Egli è morto il 20 dicembre a 95 anni a Caen (Francia). Il
Presidente Abdoulaye Wade ha decretato 15 giorni di lutto nazionale.
Uomo di dialogo, Senghor è rimpianto da tutti i senegalesi, che lo
considerano l'autentico artefice della pacifica convivenza religiosa nel
Paese. Cattolico praticante, egli ha governato il Senegal, la cui
popolazione è al 90 per cento musulmana, ottenendo il sostegno degli
stessi capi religiosi islamici. Essi hanno sempre invitato la popolazione
a votarlo alle elezioni presidenziali. SÚrigne Aziz Sy Junior, portavoce
della più importante confraternita islamica, la Tidianiaya, ricorda che
l'ex presidente era amico di suo padre, che era Califfo generale della
confraternita. Senghor intratteneva regolari e cordiali rapporti con
tutti i capi islamici. È lui che ha instaurato in Senegal l'obbligo per i
15
governatori e i prefetti di visitare le autorità musulmane, in occasione
delle feste islamiche. Senghor è sempre stato vicino ai paesi arabi
musulmani. Il cardinale Hyacinthe Thiandoum, che lo conosceva bene,
si ricorda dell'atteggiamento con il quale Senghor si recava a
partecipare alla Messa nella cattedrale di Dakar, situata a 300 metri
dalla Presidenza della Repubblica. Senghor arrivava senza scorta e si
mescolava agli altri fedeli. Solo dopo il tentato omicidio nel 1964 alla
grande moschea di Dakar, egli è stato costretto a partecipare alla
Santa Messa celebrata nella propria residenza. Ex seminarista,
Senghor era molto vicino alla gerarchia cattolica e chiedeva sempre
consiglio all'arcivescovo di Dakar. Fu lui che introdusse l'usanza di
incontrare i vescovi senegalesi in occasione delle loro assemblee
annuali. Questa tradizione è seguita da tutti i presidenti della
Repubblica successivi. (Fides)
16
I VESCOVI PARTECIPANO ALLA GIORNATA DI PREGHIERA PER
LA PACE INDETTA DA GIOVANNI PAOLO II
DAKAR, 23 gen 02 Tutti i Vescovi sono stati invitati dal Papa ad unirsi
alla preghiera per la pace il 24 gennaio. Per mancanza di tempo i
Vescovi del Senegal non hanno potuto organizzare una manifestazione
a livello nazionale, sicché hanno rimesso a ciascun Vescovo la libertà
delle iniziative in ogni diocesi. Don Jacques Seck, incaricato del
dialogo interreligioso nell'arcidiocesi di Dakar, che conta il numero più
grande di musulmani in Senegal, ha invitato i leader delle comunità
musulmane a pregare per la pace, il 24 gennaio, in unione con il Papa.
Molti leader hanno ricordato che nel 1986, quando si svolse il primo
incontro delle religioni ad Assisi, il cardinal Thiandoum aveva
organizzato una preghiera comune in cattedrale, per tutte le comunità
religiose, ed hanno chiesto di ripetere questa esperienza. Dal
momento che il venerdì è il giorno della preghiera per i musulmani e
che il 25 gennaio è venerdì, i musulmani dedicheranno la loro
preghiera alla pace nel mondo, in unione con il Papa. Nelle altre
diocesi i Vescovi hanno preso contatti con i Capi delle comunità
musulmane e delle comunità che seguono le religioni tradizionali
africane, per chiedere loro di unirsi alla comunità cristiana. Sérigne
Abibou Tall, della confraternita islamica Tidiane Omarienne, distintasi
per la giornata di digiuno del 14 dicembre scorso, ha domandato agli
imam della sua comunità di leggere e commentare il messaggio del
Papa ai fedeli. Il 24 gennaio, organizzeranno una cerimonia religiosa
in unione con la preghiera presieduta dal Papa ad Assisi. Il giorno
dopo, 25 gennaio, si pregherà per la pace e per il Papa, "uomo di
dialogo e di pace". La Chiesa protestante del Senegal ha risposto
all'invito del Papa, ed ha inserito la preghiera per la pace nel quadro
della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, ha dichiarato
Christiane Johnson Agboton, responsabile della piccola comunità
cristiana protestante i cui fedeli vivono soprattutto a Dakar. (Fides)
MONS. SARR AL PRESIDENTE WADE SULL'IMPEGNO DELLA
CHIESA NELLA LOTTA ALLA POVERTÀ
DAKAR, 28 mag. - La Chiesa in Senegal considera la lotta contro la
povertà come una delle sue priorità pastorali. Lo ha ribadito Mons.
Thuodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, nel corso di un'udienza
con il Presidente senegalese Abdoulaye Wade (foto). L'incontro si è
svolto venerdì scorso a Dakar, al termine dell'assemblea plenaria della
Conferenza dei vescovi del Senegal, Mauritania, Capoverde e Guinea
Bissau (Ceseg, in sigla). Il Presidente della Ceseg ha consegnato a
Wade un documento in cui vengono presentati i quattro settori in cui
la Chiesa senegalese contribuisce attivamente alla lotta contro la
17
povertà nel Paese: la Caritas, le scuole cattoliche, la promozione della
donna e la sanità. Durante l'incontro è stata anche esaminata la
situazione in Casamance, la regione meridionale del Senegal dove da
20 anni combatte il movimento secessionista delle Forze democratiche
della Casamance (Mfdc) guidate dal sacerdote Augustine Diamacoune
Senghor. Mons. Wade ha ribadito l'auspicio dei vescovi che si possa
presto addivenire ad una pace definitiva nella regione. (Apic)
L'IMPEGNO DELLA CHIESA NELLA LOTTA CONTRO L'AIDS
DAKAR, 5 dic 02. – La Chiesa in Africa è preoccupata per la continua
diffusione della sindrome da immunodeficienza acquisita (Sida/Aids) e
continua a collaborare con le autorità nel tentativo di arginare
l'epidemia, che tocca anche le persone che compongono la struttura
ecclesiastica. Non è un caso, quindi, che a Dakar, la capitale del
Senegal, si concluda oggi, 5 dicembre, un incontro dedicato proprio
alla "Vocazione sacerdotale, religiosa e laica di fronte alla sfida della
Sida". Il colloquio ha avuto inizio, martedì scorso, ed è organizzato
dalla Conferenza episcopale di Senegal, Mauritania, Isole del Capo
Verde e Guinea-Bissau. Mons. Jean-Noel Diouf, vescovo di
Tambacounda e presidente del comitato organizzatore, nel salutare i
partecipanti, ha ricordato che il colloquio è la continuazione di altre
iniziative volte a contenere la diffusione dell'epidemia. Analogamente
si è espresso mons. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, che
ha ricordato come la Chiesa voglia continuare la propria battaglia a
fianco delle autorità civili. Le tappe di questa collaborazione, ormai
ultradecennale, le ha ricordate, ieri, il vescovo di Thiès, mons.
Jacques Sarr. Naturalmente non sono mancati gli interventi degli
specialisti che, con l'aiuto di videogrammi, hanno illustrato la gravità
della diffusione dell'infezione Vih.
(Comunicato)
I VESCOVI CONTRO IL NUOVO CODICE DI FAMIGLIA ISLAMICO
DAKAR, 24 apr 03 - La Chiesa senegalese si è unita ai movimenti della
società civile per dire no all‟introduzione di un nuovo codice di famiglia
islamico in Senegal. Il progetto è stato presentato il 9 aprile da
diverse confraternite e associazioni musulmane senegalesi. Secondo
le organizzazioni per i diritti umani e le associazioni femministe
senegalesi, anche se applicabile ai soli musulmani, il futuro Codice
sullo Statuto della Persona (CSP) rischia di introdurre divisioni tra le
comunità religiose del Paese e di favorire le discriminazioni, minando
il principio della laicità e dell‟uguaglianza sancito dalla costituzione.
Opinione condivisa negli ambienti cattolici. In una trasmissione
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dedicata all‟argomento sull‟emittente locale “Sud-Fm”, don Adolphe
Faye, sacerdote dell‟arcidiocesi di Dakar, ha messo in evidenza i rischi
di “un potere a colorazione religiosa” che “rimetterebbe in discussione
molte conquiste del popolo senegalese che gli hanno permesso di
svilupparsi nella pace, la concordia e l‟intesa”. Come è noto, il
Senegal, Paese a netta maggioranza musulmana, i rapporti tra le
diverse comunità religiose sono tradizionalmente improntate alla
convivenza pacifica e al dialogo.
(Apic)
I VESCOVI INSISTONO SULLA LAICITÀ DELLO STATO
DAKAR, 25 apr „03. – Esponenti musulmani in Senegal continuano ad
insistere per un cambiamento dell‟attuale legislazione della famiglia,
che dovrebbe essere più marcatamente segnata secondo i dettami
dell‟islam. Contro tali insistenze l‟arcivescovo di Daklar, mons.
Théodore Adrien Sarr, ha messo in guardia i giovani difendendo la
cosiddetta laicità dello Stato. Lo ha fatto negli incontri con i giovani
nel quadro delle celebrazioni per le Giornate mondiali della gioventù.
La laicità dello Stato, correttamente intesa sulla base di corretti diritti
e doveri, ha detto l‟arcivescovo di Dakar, favorisce la giustizia tra i
senegalesi e perciò preserva la pace nel paese.
(Apic)
MINACCE AI VESCOVI PER AVERE DENUNCIATO IL DEGRADO
DEL CLIMA POLITICO DEL PAESE
DAKAR, 8 gen. 04 - I vescovi del Senegal hanno ricevuto minacce di
morte per avere denunciato lo scorso novembre il degrado del clima
socio-politico nel Paese. Le minacce, prese sul serio dalle organizzazioni
per i diritti umani, sono contenute in una lettera indirizzata a Mons.
Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar e Presidente della
Conferenza episcopale senegalese che riunisce i vescovi di Senegal,
Mauritania, Guinea-Bissau e Capoverde. La missiva è stata spedita dalla
capitale il 9 dicembre da un sedicente “Gruppo di Giovani di Acciaio” che
afferma di avere il sostegno del Presidente Abdoulaye Wade. Salito al
potere nell‟aprile 2000 dopo 26 anni all‟opposizione, Wade è diventato
oggetto di crescenti critiche per il suo modo di dirigere il paese. Tra i
critici anche i vescovi che il 29 novembre, al termine di una riunione,
avevano denunciato il numero crescente di crimini rimasti impuniti e
espresso preoccupazione per le minacce alla democrazia e per la
progressiva degenerazione del clima politico e sociale in Senegal. Alla
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dichiarazione dei presuli Wade aveva risposto con una lettera a Mons.
Sarr in cui aveva definito ingiuste le critiche che presentavano il Senegal
“come un paese apocalittico in un mare tranquillo”. In questi ultimi mesi
diversi oppositori al governo del Presidente Wade hanno subito minacce
e aggressioni. (Apic: 6 gen.)
IL PRESIDENTE WADE IN VISITA IN FRANCIA ASSICURA CHE
NON CI SONO MINACCE CONTRO I CRISTIANI
PARIGI/DAKAR, 27 gen. 04 - “Non c‟è alcuna minaccia contro i cristiani
in Senegal” e la sua “tradizionale tolleranza religiosa riconosciuta in
Africa e nel mondo” non è in pericolo. Con queste parole, dalle pagine
del quotidiano cattolico francese “La Croix”, il Presidente senegalese
Abdoulaye Wade ha voluto riassicurare la comunità cristiana locale,
dopo le recenti minacce di morte ricevute dai vescovi per le loro
denunce sulla degenerazione del clima politico e sociale del paese.
Minacce contenute in alcune missive inviate il mese scorso a Mons.
Théodore Adrien Sarr, Presidente della Conferenza episcopale
senegalese che riunisce i vescovi di Senegal, Mauritania, Guinea-Bissau
e Capoverde. Le lettere venivano da un sedicente “Gruppo di Giovani di
Acciaio” che affermava di avere il sostegno dell‟attuale Capo dello Stato,
criticato nei mesi scorsi anche dai vescovi per la sua conduzione del
paese. Nell‟intervista a “La Croix”, Wade rileva, da parte sua, che il
Senegal è sempre stato caratterizzato da una grande tolleranza
religiosa, ricordando come il suo celebre predecessore Léopold Sédar
Senghor fosse “un cattolico in un paese a maggioranza musulmana”
senza che ciò avesse creato mai alcun problema. “Da noi – aggiunge non c‟è neanche l‟ombra di guerre di religione”. Egli fa quindi notare che
le condanne più dure alle minacce rivolte ai vescovi, sulle quali precisa
che è stata avviata un‟inchiesta, sono venute proprio dai musulmani.
Wade conclude quindi rimarcando i suoi ottimi rapporti personali con la
Chiesa. Un quadro non condiviso tuttavia dalle organizzazioni per i diritti
umani, per i quali le minacce ai vescovi, come ad altri intellettuali critici
verso il Presidente, vanno prese sul serio. La Federazione internazionale
dei diritti dell‟uomo (Fidh) ha recentemente manifestato forti
preoccupazioni per l‟attuale situazione della libertà di espressione in
Senegal. (Apic)
WADE INVITA CONCITTADINI A PROMUOVERE CONVIVENZA
PACIFICA TRA LE RELIGIONI NEL PAESE
DAKAR, 6 apr. ‟04 - Il Presidente senegalese Abdoulaye Wade ha
invitato sabato i propri concittadini a promuovere la convivenza pacifica
e la tolleranza tra le diverse religioni nel paese. Nel suo messaggio alla
Nazione per il 44° anniversario dell'indipendenza, ha ricordato come i
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rapporti tra cristiani e musulmani in Senegal siano sempre stati
improntati alla convivenza pacifica e alla tolleranza. "Non
dimentichiamoci che in una stessa famiglia si mescolano musulmani e
cattolici, che in alcuni nostri cimiteri cristiani e musulmani riposano
insieme per l'eternità", ha detto Wade. Questi valori, ha sottolineato,
sono "i pilastri su cui si fonda la coesione sociale" e quindi l'unità e
l'identità nazionale del paese. L'intervento del Presidente Wade assume
un particolare significato alla luce delle tensioni seguite alle minacce
rivolte nei mesi scorsi ai vescovi senegalesi per le loro posizioni critiche
sulla degenerazione del clima politico e sociale del paese. In
un'intervista rilasciata a gennaio al quotidiano cattolico francese “La
Croix”, il Capo dello Stato senegalese aveva cercato di sdrammatizzare
la situazione assicurando che la comunità cristiana non aveva motivo di
sentirsi minacciata.
(Apic)
MONS. SARR INSISTE SU IMPORTANZA DELLA LAICITÀ DELLO
STATO
DAKAR, 12 mag 04 - In Senegal, Mons. Théodore Adrien Sarr,
arcivescovo di Dakar, è tornato a ribadire l‟importanza di preservare
nel Paese la laicità dello Stato, intesa però non come negazione della
dimensione pubblica della religione, bensì come valore positivo a
garanzia della pacifica convivenza tra le religioni. Lo ha fatto
intervenendo nei giorni scorsi alle celebrazioni del 50° anniversario
della missione di Notre Dame de la Paix di Thiadiaye fondata nel
1954, cui hanno partecipato oltre a numerosi fedeli, diversi esponenti
musulmani e politici. “La nostra laicità ha il suo posto e il suo valore
nella vita personale e sociale, nonostante si prema per la separazione
tra i poteri spirituale e temporale", ha rilevato il presule, che ha anche
esortato i cristiani senegalesi a "coltivare la pace, evitando tutto ciò
che la ostacola, ovvero i contrasti e le divisioni". L'arcivescovo ha poi
elogiato il clima di dialogo che ha sempre caratterizzato i rapporti
interreligiosi in Senegal. "Questo dialogo – ha detto – è così forte e la
convivenza tra i credenti delle diverse religioni così ammirevole che è
impensabile che lo Stato intervenga in materia di religione se non per
aiutare a consolidare tale armonia". In questo senso ha espresso
compiacimento per la presenza di diversi ministri cattolici nel nuovo
governo costituito la settimana passata. L'arcivescovo di Dakar è
intervenuto più volte l'anno scorso in difesa del principio della laicità,
soprattutto contro i tentativi di alcune organizzazioni musulmane di
introdurre elementi dell'ordinamento islamico nel codice civile
senegalese. (Apic)
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IL PAESE PIANGE LA MORTE DEL CARD. THIANDOUM, GRANDE
PROMOTORE DEL DIALOGO CON I MUSULMANI
DAKAR, 28 mag 04.- Una folla commossa ha partecipato ieri mattina, 27
maggio, alle esequie del cardinale Hyacinthe Thiandoum, (foto)
arcivescovo emerito di Dakar, capitale del Senegal, morto a Marsiglia il
18 maggio, all'età di 83 anni. La cerimonia si è svolta nella Cattedrale
Metropolitana di Dakar intitolata a " Notre Dame des Victoires", ed è
stata presieduta dal cardinale Bernardin Gantin."Con la sua scomparsa,
il Cardinale Thiandoum - si legge nel messaggio inviato dal cardinale
Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei
Popoli -, raggiunge i fratelli e compagni della prima ora della Chiesa in
Africa: i cardinali Rugambwa della Tanzania, Biyayenda del Congo,
Malula del Congo Democratico, Zoungrana del Burkina Faso, Yago della
Costa d'Avorio, Otunga del Kenya. Tutti questi grandi testimoni del
Cristo che Papa Giovanni Paolo II ricorda con affetto ed emozione nel
suo ultimo libro "Alzatevi e andiamo" sono per la Chiesa in Africa un
grande motivo di fede, speranza e comunione. Non solo hanno dato un
grande contributo al Concilio Vaticano II, apportando la propria
sensibilità d'Africani, ma hanno incessantemente lavorato per costruire
la Chiesa-Famiglia di Dio in un continente che hanno amato e difeso,
attraverso strutture ecclesiali come il Simposio delle Conferenze
Episcopali d'Africa e Madagascar (SCEAM) e la Conferenza Episcopale
Regionale dell'Africa Occidentale (CERAO)". Il cardinale Thiandoum è
stato uno dei 30 vescovi originari dell'Africa a partecipare al Concilio
Vaticano II, segnando una tappa fondamentale nella storia della Chiesa
e del continente."L'ex Arcivescovo di Dakar - prosegue il messaggio
inviato dal Dicastero vaticano per l'Evangelizzazione dei Popoli-, ha
lavorato incessantemente a stabilire comunità cristiane forti della loro
fede in Gesù Cristo, ma impegnate nella testimonianza fraterna, e nel
dialogo con i loro fratelli dell'Islam. A causa della sua volontà di
collaborazione e del suo profondo desiderio per lo sviluppo del paese,
alcuni lo hanno chiamato, il Cardinale dei musulmani. È sempre stato
convinto che l'amore degli altri è fonte di ricchezza e di vita. Questo
innamorato di Dio e dell'uomo ha sempre voluto e ha sempre ricercato
la pace, la concordia e l'unità del paese". La stampa locale in questi
giorni ha dato grande risalto alla figura del cardinale Thiandoum,
sottolineando come egli sia stato uno dei pilastri del dialogo islamicocristiano in Senegal, un paese la cui popolazione è islamica al 90 per
cento, ma dove la comunità cristiana è molto dinamica e apprezzata da
tutti. (Fides)
ALLA PLENARIA I VESCOVI PARLANO ANCHE ALLA
PACIFICAZIONE NELLA REGIONE DEL CASAMANCE
22
DAKAR, 30 nov 04 - Con un appello alla solidarietà con i contadini
colpiti dalle locuste si sono conclusi domenica a Dakar i lavori della
plenaria della Conferenza episcopale senegalese (Ces), che riunisce i
vescovi di Senegal, Guinea-Bissau, Isole Capo Verde e Mauritania. Tra
i principali punti all'ordine del giorno vi è stata appunto la povertà
dilagante nel mondo agricolo alle prese con crescenti difficoltà, una
problematica da tempo all'attenzione dei vescovi senegalesi che
stanno preparando in proposito una lettera pastorale. Come ha
spiegato alla conferenza stampa conclusiva, il presidente della Ces,
Mons. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, i vescovi
senegalesi chiedono a tutti i loro compatrioti "una solidarietà concreta
con il mondo rurale in particolare con quelle aree dove i raccolti sono
insufficienti". All'attenzione dei presuli durante l'assemblea anche i
problemi della terza età. Essi hanno invitato i fedeli "a una preghiera e
a una meditazione" per gli anziani sul tema “Le persone della terza
età, un’opportunità per una società armoniosa”. Quanto alla
situazione politica del Senegal, la Ces ha espresso il suo
incoraggiamento agli sforzi di pace nella regione del Casamance, dove
dal 1982 è in atto un conflitto armato tra le forze governative e il
Movimento separatista delle forze democratiche del Casamance
(Mfdc). Nessun riferimento invece ad altre questioni politiche interne:
i vescovi non fanno mai campagne politiche durante le loro riunioni,
ha precisato alla conferenza stampa Mons. Sarr.
(Apic)
I VESCOVI ORGANIZZANO GMG AFRICANE A ZINGUICHOR PER
INCORAGGIARE PROCESSO DI PACE NEL CASAMANCE
DAKAR, 18 gen ‟05 - Per celebrare il ventesimo anniversario della
prima Giornata Mondiale della Gioventù - il 23 marzo 1986 - e in
preparazione alla prossima Gmg di Colonia, la Conferenza episcopale
senegalese (Ces) organizza dal 18 al 21 marzo le Giornate della
gioventù africane. Come sede della manifestazione gli organizzatori
hanno scelto Zinguichor, capitale della Casamanche, la regione
meridionale del Senegal teatro da più di venti anni di scontri armati
tra le forze governative e il movimento secessionista delle Forze
democratiche della Casamance (Mfdc). I vescovi senegalesi vogliono
infatti che la giornata sia una grande occasione di approfondimento e
riflessione sulla pace. Il tema “Siamo venuti per adorarti” scelto dal
Santo Padre per la Gmg di Colonia, “dovrà essere letto come un invito
a promuovere un‟autentica cultura della pace di cui i giovani sono i
veri protagonisti”, ha spiegato alla presentazione dell‟iniziativa a
Dakar
padre
Gérard
Marie
Diène,
coordinatore
nazionale
dell‟apostolato dei laici e membro del comitato organizzatore. Un
concetto sottolineato anche dal vescovo di Zinguichor, Mons. Maixent
23
Colly, secondo il quale “Questo grande incontro sarà un‟importante
testimonianza a favore della pace”. Alla manifestazione sono attesi più
di ventimila giovani da sette Paesi africani: oltre al Senegal,
Mauritania, Guinea-Bissau, Capo Verde, Guinea, Mali e Gambia.
(Apic)
***
INTERVISTA AL VESCOVO DI NOUAKCHOTT SU PRESENZA
CATTOLICA IN MAURITANIA
NOUAKCHOTT, 5 ott 04 - “Cerchiamo di essere il volto umano di
Cristo in un contesto dove i cristiani sono in forte minoranza”. Così
mons. Martin Albert Happe, Vescovo di Nouakchott, capitale della
Mauritania, all‟Agenzia Fides parla della presenza della piccola
comunità cattolica in Mauritania. “È difficile quantificare il numero dei
cattolici in Mauritania perché è composto da stranieri, europei e
africani provenienti dai paesi limitrofi. La maggior parte dei cattolici
sono lavoratori immigrati provenienti dalla Guinea Bissau. Si tratta di
una cifra che varia nel tempo ma che si aggira intorno alle 5-6mila
persone” spiega mons. Happe. “Uno dei problemi che incontrano le
fedi diverse da quella islamica in Mauritania, infatti, è la proibizione di
fare proselitismo. I musulmani non possono convertirsi a un‟altra
religione. Non incontriamo però particolari difficoltà nell‟opera
pastorale all‟interno della nostra comunità”.
“Questa proibizione spiega anche perché la Chiesa non può aprire
scuole cattoliche. Possiamo avere asili, frequentati anche da figli di
genitori musulmani. Sono proprio i genitori musulmani a rimpiangere
il fatto che non possono poi continuare a mandare i figli in una scuola
cattolica” dice il Vescovo. “Abbiamo comunque altre attività culturali
come biblioteche e centri di cultura, che sono frequentati da tutti”
prosegue Mons. Happe. “La Chiesa è impegnata anche nelle attività
caritatevoli e di assistenza sia agli immigrati sia ai cittadini del paese.
Cerchiamo di essere il volto umano di Cristo in un contesto dove i
cristiani sono in minoranza e dove esistono forti divisioni all'interno
dei musulmani stessi. Esiste infatti una divisione tra i mauritani
arabizzati e quelli originari dell'Africa sub-sahariana" afferma il
Vescovo. La diocesi di Nouakchott è l'unica diocesi della Mauritania,
ha un'estensione di 1.030.700 Km2 (pari all'estensione dell'intero
paese), una popolazione di 2.600mila abitanti, dei quali 4.500 circa
sono cattolici. (Fides)
APPELLO DI MONS. HAPPE PER LE POPOLAZIONI COLPITE
DALLA CARESTIA IN MAURITANIA
24
NOUAKCHOTT, 29 ago 05 - Anche la Mauritania è colpita dalla grave
carestia che affligge diversi paesi della fascia del Sahel, in particolare
il Niger. Il Vescovo di Nouakchott, Mons. Martin Happe, ha rivolto un
appello per richiedere la solidarietà internazionale nel soccorrere la
popolazione della Mauritania. “Metà della popolazione della Mauritania
è minacciata dalla fame e corre il rischio di morire” ha affermato il
Vescovo durante una visita in Portogallo. “Anche se tutti i cristiani
sono originari di altri paesi, noi viviamo come i mauritani” ha ricordato
mons. Happe. “La siccità è una calamità dagli anni ‟70. I campi sono
abbandonati e le città sovrappopolate. L‟anno scorso abbiamo avuto
l‟invasione della locuste nella regione di Nouakchott che ha peggiorato
la situazione”. Il Vescovo ha affermato che la Caritas, che opera da 30
anni nel paese, è impegnata in progetti di aiuto agli agricoltori. Il 3
agosto un colpo di Stato militare ha rovesciato il Presidente della
Mauritania, Maaouiya Ould Taya, che si trovava in Arabia Saudita ai
funerali di Re Fahd. I golpisti hanno promesso di indire elezioni libere
e trasparenti. Il paese ha una popolazione di 2 milione e 600mila
abitanti dei quali 4mila sono cattolici. (Fides)
NEI GIOVANI DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE IL FUTURO
DELLA CHIESA NELL‟ARCIPELAGO CAPOVERDIANO
Il Vangelo è arrivato nelle isole di Capo Verde (4.033 kmq con
416.863 abitanti) nel 1462, due anni dopo la loro scoperta da parte
del portoghese Diogo Gomes e dell‟italiano Antonio de Noli. I primi
missionari furono due francescani della Catalogna, P. Rogerio e P.
Jaime, del convento di S. Bernardino de Atouguia, al cui lavoro si
dovette la formazione di una numerosa comunità, tanto che nel 1532
fu costituita la diocesi, con sede nell‟isola di Santiago.
Nonostante tutto, però, il cattolicesimo non ha mai superato
nell‟arcipelago i limiti di una notevole e radaicata religiosità popolare,
soprattutto per l‟endemica mancanza di clero e, per il passato, di una
prolungata lontananza dei vescovi, alcuni dei quali non si stabilirono
mai nelle isole. Un buon momento fu vissuto dopo la metà dell‟800
con l‟attività del seminario di S. Nicolau, dal quale, tra il 1866 e il
I899, uscirono oltre 50 sacerdoti e un gran numero di funzionari civili
cristianamente ben formati.
Oggi, benché ci sia una buona presenza di religiosi stranieri,
Cappuccini, Salesiani, Orionini e Spiritani, si è tornati ai tempi passati,
al punto che Boa Vista, l‟isola turisticamente più affollata (da qualche
anno Capo Verde è entrato nel giro del turismo internazionale) è
sprovvista di sacerdoti. L‟assistenza ai 4.000 cattolici è affidata a 6/7
suore di due istituti diversi e alle visite saltuarie del parroco di
Espargos, capoluogo dell‟isola del Sal.
25
E‟ vero che la diocesi può contare su una quindicina di seminaristi
maggiori in formazione in Portogallo e in Italia, e su 310 suore, in
gran parte locali; ma per ora la situazione è preoccupante, anche
perché non c‟è nessun diacono permanente. (…) Per questo vescovo e
sacerdoti puntano molto sulla catechesi, per la quale, tuttavia,
mancano sussidi adatti alla portata culturale dell‟ambiente. Testi e
audiovisivi vengono, infatti, dal Portogallo o dal Brasile, culturalmente
lontanissimi da Capo Verde. (…) Ai catechisti viene perciò chiesto un
impegno didattico per il quale molti non sono preparati. Le
conseguenze si ripercuotono sui giovani, in gran parte indifferenti alla
religione, e sulla famiglia, che generalmente non si cura né del
matrimonio civile né di quello religioso.
Molti cattolici sono passati o passano alle sette, presenti in tutte le
isole. Alcune (Avventisti, Nazareni) vi sono sbarcate da oltre un
secolo; altre vi si sono impiantate nei momenti di maggiore scarsità di
clero, corrispondenti, più o meno, agli anni vicini all‟indipendenza
Verrebbe da scoraggiarsi, se non ci fossero due aspetti estremamente
positivi che ci “costringono” a rimanere e a continuare un lavoro che
sembra diventare sempre più difficile. Il primo riguarda la gente:
buona; accogliente; amante della preghiera, vuol bene e apprezza il
sacerdote, tanto che dopo Dio viene nho Padre (signor Padre) (…)
Il secondo aspetto positivo si riferisce ai bambini che affollano i nostri
Jardims (asili) e che costituiscono la speranza di un domani diverso.
Provengono infatti dai jardims gli scouts, presenti in quasi tutte le
parrocchie; gli iscritti alla JUFRA (Gioventù Francescana), dalla quale
stanno venendo buone vocazioni; le aderenti alla Legione di Maria e
ad altre associazioni cattoliche che stanno fermentando decisamente
la massa. (…)
(Egidio Picucci - dal sito dei Frati Cappuccini: fraticappuccini.it)
La Guinea-Bissau è stata evangelizzata dai portoghesi poco più
di cinque secoli fa, ma la Chiesa è giovane (non ha neanche
trent‟anni), e con le sue due diocesi, molto dinamica e
presente nell‟assistenza alla popolazione vittima delle crisi
economiche e politiche che si sono succedute in questi ultimi
anni nel Paese.
UNA CHIESA GIOVANE, MA VITALE, ANCHE SE ESPOSTA ALLE
VIOLENZE
BISSAU, 20 apr 95 - Nella Guinea-Bissau aumentano gli atti di
violenza contro le missioni cattoliche. Esse hanno già subito in passato
diverse aggressioni e rapine, ma negli ultimi tempi questi episodi si
stanno moltiplicando in modo preoccupante. Ultime ad essere colpite
26
sono state le due missioni di bedanda e bambadinca, nel sud del
paese. Il copione è sempre lo stesso: gruppi di uomini armati
aggrediscono il personale delle missioni, rubano il poco denaro che
trovano e distruggono materiale indispensabile per le attività
assistenziali in cui sono impegnate.
A fronte di questa situazione preoccupante, si registrano alcuni dati
positivi, che dimostrano la vitalità della giovane Chiesa della Guinea
Bissau. A Pasqua, nella diocesi di Bissau, sono stati ordinati sacerdoti
14 diaconi autoctoni: dieci diocesani e quattro francescani e, secondo
le previsioni, tra qualche anno si supererà il numero di venti sacerdoti
indigeni. Una cifra non trascurabile, se si considera che la Chiesa di
questo paese africano non ha neanche venti anni e che la stragrande
maggioranza della popolazione è ancora legata alle religioni
tradizionali.
IL PRIMO SEMINARIO MAGGIORE DEL PAESE
BUISSAU, 3 ago 95 - A Bissau, capitale della Guinea Bissau, sono
quasi giunti a termine i lavori di costruzione del primo seminario
maggiore del paese, iniziati sedici mesi fa. Tra qualche anno il
seminario ospiterà i primi studenti di filosofia che attualmente
frequentano i corsi di studio in Senegal, dove si trovano anche gli
studenti di teologia. I francescani compiono gli studi superiori in Togo
e in Costa d'Avorio. quando i lavori saranno ultimati, accanto al
Seminario maggiore, Bissau avrà anche "l'Istituto Superiore di
filosofia e teologia" che accoglierà studenti diocesani ed allievi
francescani, giuseppini, spiritani e di altre istituzioni religiose che
operano in Guinea Bissau.
(Fides)
LE CELEBRAZIONI PER IL V CENTENARIO
DELL‟EVANGELIZZAZIONE
BISSAU, 3 gen „97 - Una solenne celebrazione eucaristica nella Chiesa
di sant'Antonio a Lisbona ha aperto ai primi di dicembre le
celebrazioni del quinto centenario dell'evangelizzazione della Guinea
Bissau. Si è trattato della prima delle iniziative promosse per l'intero
1997 dallo speciale Segretariato nazionale. Le celebrazioni del
centenario avranno luogo sia in Portogallo,dove si sono aperte e si
chiuderanno, che nella Guinea-Bissau, l'ex-colonia portoghese
indipendente dal 1974. tra le varie iniziative, si segnalano
pellegrinaggi a Fatima, in Portogallo, e a Cacheu, il luogo in Guinea
Bissau dove è stata costruita la prima chiesa. Vi saranno anche
27
incontri, conferenze e dibattiti sulla evangelizzazione e pubblicazioni
speciali. Tra queste, l'edizione del primo dizionario creolo-portoghese
a cura del religioso veneziano Luigino Scantanburlo, da più di
vent'anni missionario in Guinea Bissau. Il creolo è una lingua finora
trasmessa solo oralmente. Essa è nata dalla commistione tra il
portoghese ed una trentina di idiomi locali. Il vocabolario conterrà 6/8
mila vocaboli. per le spese di stampa, 30 milioni di lire italiane, il
missionario ha lanciato nel veneziano una raccolta di fondi. (Fides)
UNA CHIESA IN CRESCITA
BISSAU, 24 feb. 97 - A fronte di una situazione socio-economica
sempre più critica, la Chiesa della Guinea Bissau, che celebra
quest'anno il quinto centenario della sua evangelizzazione, sta dando
segni di una notevole vitalità che lasciano ben sperare per il suo
futuro. La diocesi di Bissau si è andata progressivamente dotando
delle strutture essenziali, mentre il personale missionario, soprattutto
quello femminile, è in costante crescita. Dopo la prima ordinazione
sacerdotale nel 1982, i sacerdoti locali sono infatti andati aumentando
di anno in anno: oggi sono 14, di cui undici diocesani e tre frati
minori. Ad essi si aggiungeranno, l'anno prossimo, due diaconi che
stanno completando i loro studi per diventare sacerdoti. Qualche anno
fa, inoltre, hanno emesso la professione solenne le prime suore
guineane, appartenenti a varie congregazioni. (Aimis)
UNA CHIESA MOLTO IMPEGNATA NELL‟ASSISTENZA IN UN
PAESE AFFLITTO DALLA CRISI ECONOMICA E SANITARIA
BISSAU, 11 mar ‟97 - il vescovo di Bissau, mons. Settimio
Ferrazzetta, ha descritto in un‟intervista la critica situazione socioeconomica in cui versa la Guinea-Bissau. Situazione aggravata oggi
da una epidemia di colera. "I contadini abbandonano le campagne dice il vescovo - convinti di trovare nella capitale maggiori possibilità
di lavoro, ma poi devono ridursi all'accattonaggio. la popolazione è in
forte crescita - aggiunge mons. Ferrazzetta -, con moltissimi bambini
e giovani. Purtroppo ospedali e scuole sono paralizzati. A dicembre
non era ancora iniziato l'anno scolastico. professori, medici e
infermieri non ricevono gli stipendi, e mancano i farmaci". Riferendosi
alla Chiesa, il vescovo di Bissau dice che "le missioni cattoliche
vengono letteralmente prese d'assalto, ogni giorno, da stuoli di
persone in cerca di carità: non sono solo poveri, ma anche impiegati,
medici, professionisti, da mesi senza salario". "Al di là delle formalità aggiunge il vescovo - non esiste dialogo tra Chiesa e Governo.
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Gestiamo un ospedale della lebbra, 10 centri sanitari e 30 ambulatori,
in cui nostri volontari prestano assistenza settimanale. Con l'epidemia
di colera in atto, abbiamo organizzato con le parrocchie delle squadre
di volontari che girano per Bissau portando medicinali e curando i
contagiati". "Il quadro è davvero drammatico - conclude il vescovo
Ferrazzetta (foto) -, ma ciò non significa che siamo scoraggiati. Il
nostro compito specifico, mio e degli altri 200 religiosi presenti in
Guinea-Bissau è di recare speranza". (Missioni della Consolata)
APPELLO DEI VESCOVI CONTRO LA SPIRALE DI VIOLENZA NEL
PAESE IN PREDA ALLA GUERRA CIVILE
BISSAU, 10 giu ‟98 - I vescovi della Guinea Bissau e rappresentanti di
altre Chiese hanno indirizzato a tutti i cittadini un messaggio nel quale
esprimono il proprio dolore per la spirale di violenza in atto nel paese,
da domenica scorsa, quando una parte di militari si è schierato contro
il presidente Joao Bernardo Vieira. Questi, da parte sua, proprio oggi
ha respinto un tentativo di mediazione, facendo così cadere anche le
speranze dei vescovi locali, che vedono nel negoziato la via migliore
per uscire dalla crisi. I vescovi della Guinea Bissau hanno chiesto
altresì che venga dato il permesso per recuperare e seppellire i
cadaveri sparsi per le vie di Bissau. (Misna)
LA CHIESA A SOSTEGNO DELLA POPOLAZIONE VITTIMA DELLA
GUERRA CIVILE
BISSAU, 24 giu 98 - Sono 400 mila i profughi accolti nelle missioni
cattoliche della Guinea Bissau in preda alla guerra civile. Gli aiuti è
quasi impossibile smistarli nei vari campi, perchè le vie d'accesso sono
state minate dagli insorti di ausmane manè. Il vescovo di Bissau,
mons. Arturo Ferrazzetta, ha denunciato che i militari senegalesi
intervenuti a sostegno del Presidente Vieira ostacolano la mediazione
dei religiosi. ieri, una delegazione di cattolici, di musulmani e di
evangelici, che tentava di incontrare manè è stata bloccata da un
carro armato senegalese. (Fides)
I MISSIONARI OPERANTI IN GUINEA BISSAU RICEVUTI IN
VATICANO DAL CARD. SODANO CHE ESPRIME LA VICINANZA
DEL PAPA ALLA POPOLAZIONE GUINEANA
VATICANO, 17 lug. 98 – Il Cardinale Segretario di Stato Angelo
Sodano ha ricevuto oggi in udienza in Vaticano i rappresentanti del
Comitato degli Istituti missionari operanti in Guinea Bissau.
All'incontro, cui ha partecipato anche il Segretario per i Rapporti con
gli Stati mons. Jean-Louis Tauran, erano presenti le Superiore
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generali Antonia Mapelli, delle Missionarie dell'Immacolata, e Maria
Benedeta Ferroni, delle Oblate del Sacro Cuore, la Superiora
provinciale delle Adoratrici del Preziosissimo Sangue Emma Zordan, e
i Superiori generali Luigi Pierini, dei Giuseppini del Murialdo, e Franco
Cagnasso, del Pontificio istituto per le missioni estere di Milano. Il
card. sodano ha comunicato l'attenzione viva e continua del Papa per
gli avvenimenti in Guinea Bissau e il suo desiderio di fare tutto il
possibile per contribuire a riportare la pace nel Paese. «La nostra linea
- ha detto il cardinale - consiste nel lavorare in tutti i modi possibili
per realizzare i tre punti chiesti pubblicamente e ripetutamente dal
santo padre: cessate il fuoco, apertura di canali per far giungere aiuti
umanitari e dialogo fra tutte le parti in conflitto ». Con i missionari, si
è convenuto che la Chiesa non vuole assolutamente schierarsi contro
qualcuno, nè ritiene suo compito indicare soluzioni politiche al
conflitto in corso. I fedeli, e i missionari, insieme al loro vescovo
mons. Ferrazzetta, non smetteranno però mai di insistere per
ottenere almeno una tregua e perchè le popolazioni civili non siano
ulteriormente sottoposte alle sofferenze e alle angherie, che sempre
accompagnano i conflitti armati. La Santa Sede insiste perchè il
Nunzio apostolico a Dakar possa incontrare il vescovo a Bissau, e
sostenerlo nell'opera di mediazione che sta svolgendo; incoraggia
altresì quanti sostengono i missionari attraverso l'informazione
corretta e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e delle autorità.
La Santa Sede,infine, è vicina ai vescovi del Senegal nel loro desiderio
di pace. il cardinale sodano e l'arcivescovo Tauran hanno chiesto ai
rappresentanti del Comitato degli Istituti missionari di far giungere ai
missionari
e
alle
missionarie
presenti
in
Guinea
Bissau
l'apprezzamento e il sostegno del Papa per la loro opera, la sua
benedizione e anche la garanzia di un suo contributo economico alla
ricostruzione, appena questa sarà possibile. (Comunicato)
MUORE MONS. FERRAZZETTA, PRIMO VESCOVO DI BISSAU
BISSAU, 9 feb 99. - Il padre Josè Camnate da Bissign, nominato
Amministratore della diocesi di Bissau dopo la recente morte del
vescovo mons. Settimio Arturo Ferrazzetta, ha indirizzato il suo primo
messaggio di saluto ai fedeli. In esso padre Camnate ribadisce e fa
proprie le linee pastorali di mons. Ferrazzetta. Queste linee possono
essere riassunte nella virtù della prudenza. Nella attuale situazione di
guerra in Guinea-Bissau, scrive padre Camnate "gli animi sono
esagitati e noi dobbiamo contribuire soprattutto a rasserenarli, e non
complicare ancora di più la situazione. Ricordiamoci - aggiunge
l'Amministratore - che, anche tra i cattolici della nostra diocesi, vi è
gente che sta tra ambedue le parti in conflitto e, conseguentemente,
dovremmo evitare tutte le prese di posizione precipitose o radicali Nel
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momento tribolato, che stiamo attraversando, è preferibile peccare di
omissione in dichiarazioni pubbliche, piuttosto che eccedere.
Continuiamo - esorta ancora padre Camnate da Bissign - a centrare i
nostri sforzi soprattutto nell'esercizio pratico della nostra carità
cristiana, che voi state testimoniando in modo ammirevole in tutti
questi mesi di guerra e di tragedia, a favore delle migliaia di rifugiati, i
quali cercano nelle missioni cattoliche un rifugio per sopravvivere".
Intanto, il direttore della Caritas della Guinea-Bissau, padre Luigino
Furieri, ricorda che l'organismo "continuerà il suo lavoro di assistenza
umanitaria al popolo della Guinea-Bissau, ma il popolo ha bisogno di
pace. Chiediamo all'Unione Europea, alla Conferenza ACP-UE di
portare la pace al popolo guineiano. Vi preghiamo di insistere per un
ritiro immediato di tutte le forze straniere". (Messaggio)
I FUNERALI DI MONS. FERRAZZETTA, PASTORE FEDELE E
CORAGGIOSO OPERATORE DI PACE
BISSAU, 18 mar 99 - Si sono svolti questa mattina, 18 marzo, a
Bissau i funerali del vescovo, Mons. Settimio Arturo Ferrazzetta, che si
è tanto impegnato per la pace in Guinea-Bissau. Il vescovo era morto
agli inizi di gennaio ed i funerali si sono potuti svolgere solo oggi,
dopo il ritiro completo delle truppe senegalesi. Il governo ha
proclamato la giornata odierna di lutto nazionale e una folla
straripante è potuta accorrere alla celebrazione. Il rito esequiale si è
svolto sul sagrato della cattedrale, nella piazza dove mons.
Ferrazzetta fu consacrato vescovo il 19 luglio del 1977. Tutte le vie
adiacenti erano affollate da oltre 100 mila persone, giunte nella
capitale con ogni mezzo disponibile, da tutta la Guinea Bissau. Tra
loro moltissimi musulmani e fedeli delle religioni tradizionali.
La messa, concelebrata da tutti i missionari, è stata presieduta dal
Nunzio Apostolico in Senegal, mons. Jean Paul Gobel insieme a tre
vescovi senegalesi, tra cui mons. Theodore-Adrien Sarr, vescovo di
Kaolack e presidente della Conferenza dei vescovi di Senegal,
Mauritania, Capo Verde e Guinea-Bissau. L'omelia è stata tenuta da
mons. Paulino de Livramento Evora, vescovo di Santiago de Cabo
Verde, il quale ha tratteggiato la figura di mons. Ferrazzetta quale
pastore fedele e coraggioso, che non ha mai esitato a donare la vita
affinché la sua gente avesse finalmente la pace. Una vera e propria
ovazione ha accolto l'invito a costruire l'unico monumento che mons.
Ferrazzetta avrebbe desiderato: una pace stabile, una riconciliazione
cordiale, una ricostruzione rapida, un clima costruttivo come si
conviene a una famiglia di fratelli.
Al funerale era presente anche tutto il Corpo Diplomatico, oltre alla
delegazione del Governo di Unità Nazionale guidata dal Primo Ministro
Francisco Fadul, e composta dai ministri degli Esteri, della Giustizia,
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del Lavoro, dell'Educazione Gioventù e Sport, della Salute e dal
Segretario Generale del Consiglio dei Ministri. Il Presidente della
Giunta Militare Ansumane Mané e il Presidente della Repubblica Joao
Bernardo Vieira, che erano stati invitati, hanno ritenuto più opportuno
non partecipare per motivi di ordine pubblico, ma hanno inviato loro
rappresentanti. A Dom Settimio sono state dedicate varie
commemorazioni. Per primo ha preso la parola il presidente della
Conferenza dei vescovi dell'area, mons. Adrien Sarr, anche a nome
del card. Thiandoum, arcivescovo di Dakar. Successivamente, anche
se in un primo momento non erano previste commemorazioni civili,
ha preso la parola il Primo Ministro Fadul, il quale ha pronunciato un
commosso intervento in creolo, che è stato cordialmente applaudito.
Ha concluso gli interventi padre José Camnate, l'attuale
Amministratore Diocesano, cui è stato affidato il compito di reggere le
sorti della Chiesa di Bissau, fino alla nomina del nuovo Vescovo. In
conclusione del lungo rito, la bara con le spoglie di mons. Ferrazzetta,
il primo vescovo della Chiesa di Guinea Bissau, è stata deposta nel
sacrario predisposto all'interno della Cattedrale, nello spazio del
presbiterio, tra l'altare delle celebrazioni e il tabernacolo. Alla fine
della messa, l'Amministratore Diocesano ha sentito doveroso lanciare
un appello alle autorità sanitarie internazionali perchÚ intervengano
rapidamente per fronteggiare l'epidemia di meningite che sta
mietendo centinaia di vittime tra i bambini e gli adulti della Guinea
Bissau.
(Misna)
I VESCOVI SENEGALESI E GUINEIANI DISCUTONO LA
SITUAZIONE NELLA REGIONE DELLA CASAMANCE
BAFATA, 16 mar 02. - I vescovi di quattro diocesi della Guinea Bissau
e del Senegal sono riuniti, da ieri, a Bafata soprattutto per valutare
quello che la Chiesa può fare per risolvere l‟annoso conflitto della
Casamance. Questa provincia del Senegal meridionale confina con la
Guinea Bissau e la Gambia e da 20 anni subisce gli effetti di una
ribellione secessionista guidata dal sacerdote don Augustin
Diamacoune Senghor. Nell‟utopia di rendere indipendente la provincia
di Casamance il sacerdote ha fondato e dirige il Movimento delle forze
democratiche di Casamance (Mfdc). La ribellione armata ha causato
sinora centinaia di vittime, danni e rovine. Essa è stata sempre
aspramente condannata dall‟episcopato senegalese. “La Chiesa è un
eccellente punto di congiunzione tra le parti in conflitto”, ha dichiarato
mons. Pedro Dili, l‟arcivescovo di Bafata che ospita la riunione dei
confratelli, i vescovi di Bissau, di Ziguinchor e di Kolda. La riunione si
chiuderà domenica, con la concelebrazione di una Santa Messa “per la
pace in Casamance e in tutta la subregione”. (Apic)
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APPELLO DEI VESCOVI PER UN PACIFICO SVOLGIMENTO
DELLE ELEZIONI LEGISLATIVE DEL 28 MARZO 2004
BISSAU, 3 mar 04 - Una campagna elettorale nel rispetto dei valori di
"vera pace, realismo e tolleranza", senza violenza "fisica o
psicologica"; una scelta "libera e in coscienza" per gli elettori, un voto
"trasparente" e – qualunque sia l‟esito delle urne "uno spirito di
collaborazione e un impegno responsabile nel cercare il bene della
nazione". È quanto chiedono i vescovi della Guinea Bissau “a tutte le
persone di buona volontà” nel loro messaggio "Alla vigilia delle
elezioni legislative", previste per il prossimo 28 marzo. I presuli delle
due diocesi del piccolo Paese africano (Bissau e Batafà) lanciano in
particolare un appello ai responsabili politici, su cui pende la "pesante
responsabilità di agire per la pace, per loro stessi, per le loro famiglie
e tutta la nazione ". Essi li invitano inoltre a "trascendere le
divergenze, gli interessi egoistici, le ambizioni personali" e quindi a
non cercare di conquistare il potere ad ogni costo o con mezzi sleali.
Le elezioni sono state indette dal Comitato misto che ha assunto il
potere dopo il colpo di stato militare di sei mesi fa conclusosi, senza
spargimento di sangue, con l‟uscita di scena del presidente Kumba
Iala. L‟accordo messo a punto dal Comitato, composto di
rappresentanti civili e militari, prevede che entro un anno dalle
elezioni di marzo si torni alle urne per scegliere il nuovo presidente
della Guinea, incarico affidato temporaneamente ad Henrique Rosa. Il
Paese, teatro di una guerra civile tra il 1998 e il 1999, è uno dei più
poveri del Continente e ancora non si vedono segni di una via d‟uscita
alla grave crisi sociale ed economica. (Misna)
ACCOLTA CON SODDISFAZIONE DALLA CHIESA LA NOMINA DI
UNA MINISTRA CATTOLICA NEL NUOVO GOVERNO
BISSAU, 14 mag „04. - "È motivo di soddisfazione per i cattolici la
nomina della cattolica Eugenia Saldania al neo Ministero per la
famiglia e la lotta alla povertà". È il commento di padre Davide
Sciocco di Radio Sol Mansi di Mansoa all‟ inserimento di Eugenia
Saldania nel nuovo governo della Guinea Bissau. Il ministero
affidatole è quello incaricato di delineare le politiche di sostegno alle
famiglie, specialmente a quelle più povere. Mercoledì scorso, si è
insediato il nuovo governo formato dal Paigc, il Partito Africano per
l'Indipendenza della Guinea, uscito vincitore dalle elezioni del 28
marzo. "Gli incarichi ministeriali – commenta ancora padre Davide
Sciocco - sono ricoperti da personalità del Paiggc. Questo partito si è
comunque assicurato l'appoggio esterno del Partito per il
33
Rinnovamento Sociale, il secondo partito del Paese, e di due
formazioni minori". (Fides)
I VESCOVI SULLA NUOVA CRISI POLITICA SCOPPIATA NEL
PAESE
BISSAU, 13 ott 04 - "La crisi militare del 6 ottobre scorso ha gettato
nello sconforto tutta la Guinea Bissau. Di fatto sono già molti anni che
il Paese continua ad attendere con ansia la stabilità e la pace sociale.
Questa nuova crisi ha fatto pensare a tutti che la Guinea non è capace
di uscire dalla spirale di violenza che ha marcato la nostra storia
recente": inizia così il messaggio con cui i vescovi della Guinea Bissau
commentano l'ultima crisi che la settimana scorsa ha scosso la
capitale del piccolo Paese africano, dove un gruppo di militari è insorto
per protestare per il mancato pagamento dei salari. Nel documento,
Mons. José Camnate na Bissign, vescovo di Bissau, e Mons. Pedros
Carlos Zilli, vescovo di Bafatà, rivolgono un appello al mondo politico
guineano, ma anche alla comunità internazionale e ai cattolici.
"Chiediamo a tutti di pregare – scrivono - perché il nostro Paese possa
superare questo momento di crisi, trovando nella giustizia, nella pace,
nel dialogo e nell'amore il fondamento della sua vera stabilità politica
e sociale". Alle "forze vive" della Nazione e alla Comunità
internazionale i due presuli chiedono di aumentare i "segnali di
speranza" verso la popolazione, realizzando iniziative soprattutto a
favore delle classi più deboli, mentre la classe politica guineana viene
esortata a sacrificarsi per il bene comune, lasciando da parte gli
interessi personali. Spirito patriottico e impegno a garantire la
sicurezza e il benessere dei guineani sono invece le richieste rivolte ai
militari. "Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità –
concludono i due vescovi - per poter insieme costruire un Paese in cui
ogni cittadino si senta come a casa propria. Solo così contribuiremo a
costruire una società più solida e pacifica".
(Misna)
LE VISITE AD LIMINA
AI VESCOVI IN VISITA «AD LIMINA»
Vaticano 26 Gennaio 1982
(...) Essenzialmente, vorrei incoraggiarvi a proseguire con tenacia
l'opera di evangelizzazione e di efficace presenza che avete così
generosamente intrapreso. Essa è indispensabile per l'avvenire della
Chiesa in Africa. E lo è altrettanto per la promozione dell'uomo
africano nella difficile congiuntura in cui si trovano i paesi nel loro
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sforzo di sviluppo. Ed è attraverso di voi, che siete gli avveduti
promotori di quest'opera, che desidero esprimere la mia profonda
stima a tutti coloro che, in comunione con voi, svolgono una parte
attiva in questa missione. Desidero che essi sappiano che la loro
opera, le loro gioie e le loro pene sono note al Papa e che egli le
ricorda nella sua preghiera.
Come nel caso di altre regioni d'Africa, sarebbe imperdonabile non
menzionare i catechisti. La loro fede gioiosa, il loro zelo per il Vangelo
mi fanno veramente pensare ai primi cristiani, nostri padri nella fede.
A loro la Chiesa deve molto. Essi devono essere sostenuti mediante
una formazione adeguata alla rapida evoluzione delle mentalità e delle
condizioni di vita del mondo d'oggi. (...)
In questo paese, in gran parte musulmano, voi siete tesi a ravvivare
nei cristiani il senso dell'amicizia verso i non cristiani, una amicizia la
cui sincerità si misura secondo l'efficacia dei gesti che essa suscita.
Non voglio dilungarmi su questa importante questione del dialogo tra
cristiani e musulmani che anche molto recentemente ho preso in
esame nei miei incontri con i vostri confratelli dell'Africa del Nord.
Desidero invece sottolineare l'importanza che riveste a questo
proposito l'iniziativa che avete preso in comune, nell'ambito della
Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'Ovest, creando una
commissione speciale per promuovere questo dialogo. So che voi già
cominciate a raccogliere i frutti di questa azione concertata: essa
permette, a poco a poco, che si attui un reale rinnovamento della
mentalità, che favorisca il benefico passaggio dall'ignoranza alla
conoscenza della fede musulmana, dall'indifferenza all'apertura, dal
rifiuto al dialogo. (…)
Ben inteso, è la comunità fraterna esistente tra i Vescovi ed i
sacerdoti che permette alla Chiesa di rispondere alla sua missione. (.)
AI VESCOVI IN VISITA «AD LIMINA»
Vaticano 3 Novembre 1987
(...) La vostra visita mi permette di dirvi quanto io condivida le vostre
speranze e le vostre preoccupazioni di pastori della Chiesa in Senegal.
È vero che i cattolici sono in minoranza nel vostro paese. Ma conosco
la reale qualità della loro vita cristiana, del loro senso evangelico. Del
resto essi si sono guadagnati la simpatia di molti dei loro compatrioti
grazie, al clima di amicizia che hanno saputo creare e alla
testimonianza che rendono al Vangelo. In uno spirito fraterno
contribuiscono attivamente allo sviluppo del paese. È anche vero che i
progressi dell'evangelizzazione riscontrano presso di voi certe
difficoltà: ciò richiede alla comunità cattolica una ferma convinzione,
perché sia salvaguardata la sua identità contro le forme di ideologia
materialistica, e per entrare in tutta chiarezza in un dialogo fraterno
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con coloro che non condividono la medesima fede e le medesime
tradizioni.
Nella maturazione della fede la formazione dei giovani svolge un ruolo
di primo piano. È necessario che il sistema educativo si sviluppi e
progredisca, malgrado i limiti dei mezzi materiali che non dovrebbero
costituire un ostacolo insormontabile. (…)
In parecchi dei suoi documenti il Concilio ha sottolineato la
collaborazione che deve essere stabilita tra i cattolici e i credenti di
altre fedi. Nella dichiarazione sulla Chiesa e le religioni non cristiane, il
Concilio esorta i credenti «a sforzarsi sinceramente a una
comprensione reciproca, e anche a promuovere e salvaguardare per
tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà»
(«Nostra Aetate», 3). La vostra lettera pastorale del 29 dicembre si
poneva in questa prospettiva, quando richiamavate tutti i vostri
compatrioti a creare le condizioni di «una vera pace sociale»,
aggiungendo: «Lavoriamo insieme affinché tutti i credenti del paese
rispettino scrupolosamente nella pratica i diritti di Dio».
Voi condividete il vostro carico pastorale innanzitutto con i preti delle
vostre diocesi. Vi prego di trasmettere loro il mio affettuoso saluto e
anche il mio incoraggiamento ad una grande qualità di vita
sacerdotale, in una dedizione sincera al popolo di Dio, all'immagine di
Dio, all'immagine di Cristo che si è fatto servitore. Gli uomini,
coscientemente o meno, attendono che il prete parli loro di Dio con
convinzione e umanità. In un mondo nel quale molti si lasciano
attrarre dai beni materiali, il prete, con la parola e l'esempio di una
vita semplice, deve attirare l'attenzione sui valori più alti. (…)
La Chiesa del Senegal si è impegnata a promuovere i mezzi di
comunicazione sociale, e voi incoraggiate a giusto titolo le iniziative in
questo campo. Vi incoraggio a proseguire in questo sforzo fruttuoso:
voi così aiutate i fedeli a portare uno sguardo evangelico su tutto ciò
che fa parte della vita della società. Terminando vorrei rivolgere una
doppia esortazione: una esortazione alla coesione e una esortazione
all'universalità. Rimanendo attaccati alle grandi intuizioni del Concilio
Vaticano II dobbiamo offrire l'esempio dell'unità tra pastori e fedeli
(…) Infine, ed è la mia seconda esortazione, ampliate sempre più le
vostre relazioni con le altre Chiese particolari. Siate solidali con tutti
gli operatori del Vangelo attraverso il mondo (…)
AI PELLEGRINI DEL SENEGAL
Città del Vaticano 14 Settembre 1979
Accogliendovi nella mia casa, io penso naturalmente al Salmo 133:
«Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano
insieme!». Certamente voi vi sforzate di vivere questa esperienza di
unità nella carità innanzitutto nel Senegal, ma l'avete approfondita in
36
modo indimenticabile in Terra Santa, poi a Lourdes, e ora a Roma. Per
queste gioie ineffabili del cuore e della fede, rendiamo grazie al
Signore dei signori! So che avete fatto molti sacrifici per realizzare
infine questo pellegrinaggio sui passi del Cristo, alle tombe degli
apostoli Pietro e Paolo, e al luogo benedetto delle apparizioni di Nostra
Signora a santa Bernadette. Rallegratevi! La vostra esistenza ne sarà
segnata per sempre. E le comunità cristiane, cui voi appartenete, ne
riceveranno certamente un felice impulso. Come le vostre persone,
maggiormente impregnate dal messaggio evangelico dell'amore
universale, da una pietà mariana ben compresa, dalla testimonianza
degli apostoli e dei martiri, non saranno più risplendenti di vita
spirituale e più impegnate nell'annuncio multiforme della Buona
Novella? Avete ricevuto molto nel corso di questo lungo periplo di
riflessione e di preghiera, dovrete dare molto ai vostri fratelli
senegalesi!
A PELLEGRINI DEL SENEGAL
Città del Vaticano 5 Settembre 1985
Cari amici, pellegrini del Senegal.
Sono lieto di accogliervi oggi in questa casa in occasione del vostro
pellegrinaggio a Roma, al termine del vostro viaggio in Terra santa. È
vero che, per parte mia, non sono ancora potuto venire a visitarvi nel
vostro Paese; ma voi mi permetterete di dire che la vostra visita mi
ricorda il mio recentissimo viaggio pastorale in terra d'Africa. È per me
una gioia incontrare in voi i rappresentanti di numerose comunità
cristiane vivaci e dinamiche, delle quali ho apprezzato l'accoglienza
calorosa e anche la robustezza della fede, il senso della preghiera (…)
Vi ringrazio di essere venuti qui. E, in attesa che mi sia donato un
giorno di restituirvi la visita, vi chiedo di dire a tutti i vostri fratelli del
Senegal che il Papa prega per loro e che li incoraggia perché essi
rendano la vita della loro Chiesa sempre più feconda grazie alla
testimonianza della loro fede in mezzo agli altri credenti, attraverso
l'amore fraterno da cui si riconoscono i discepoli di Cristo.
AD UN GRUPPO DI FEDELI SENEGALESI
Città del Vaticano 4 Settembre 1987
Cari fratelli e sorelle del Senegal.
È con molta gioia che vi accolgo oggi in occasione del vostro
pellegrinaggio in Terra Santa, a Roma e a Lourdes, sotto la guida di
mons. Adrien Théodore Sarr, vescovo di Kaolak che sono felice di
salutare qui con voi. Si può descrivere la vita cristiana come un
cammino verso Dio. Così, ogni volta che andiamo in pellegrinaggio
manifestiamo ciò che noi siamo: un popolo che va incontro al suo Dio,
37
ben cosciente di essere solo un nomade su questa terra. Sì, il
pellegrinaggio è un gesto religioso essenziale. (…)
A Roma ci si ricrea nell'amore della persona di Cristo, secondo
l'esempio di Pietro, di Paolo e dei primi cristiani. A Roma si prende
maggiormente coscienza della Chiesa universale, la cui comunità
cristiana è parte integrante e la cui unità è specialmente affidata al
successore di Pietro, in unione con tutti i suoi fratelli nell'episcopato.
(...)
Cari fratelli e sorelle, una volta tornati, possiate sviluppare relazioni
sempre più fraterne gli uni con gli altri in una stima reciproca. Con i
vostri pastori continuate a costruire la Chiesa di Cristo nel vostro
paese, e continuerete a instaurare o ad affermare un clima di pace tra
tutti i vostri concittadini, nel rispetto dell'identità religiosa e delle
condizioni di vita culturale delle persone e dei gruppi. Di cuore vi do la
mia benedizione apostolica e benedico tutti quelli che vi sono cari.
Lettera al Cardinale Tomko, inviato speciale alle celebrazioni di
Poponguine in Senegal
Città del Vaticano 15 Novembre 1989
La grande celebrazione della Vergine Maria madre di Dio che ogni
anno porta la gioia spirituale di tutta la Chiesa, cioè la solennità della
Immacolata Concezione, sappiamo che quest'anno avrà uno splendore
e susciterà un culto ancora maggiore nella amatissima comunità
cattolica del Senegal, per quell'evento che l'umile successore di Pietro
desidera che venga esaltato per molti motivi e venga celebrato con
una devozione del tutto particolare. Infatti in quel giorno si celebrerà
il centenario del primo pellegrinaggio di tutta la Nazione al
famosissimo santuario mariano di «Nostra Signora della Liberazione di
Poponguine», dove già da cento anni prospera l'opera di
evangelizzazione e dove a ragione si gloria di essere nato lo stesso
Arcivescovo di Dakar, il nostro venerabile fratello Cardinal Giacinto
Thiandoum. Poiché poi sono assai pochi i fratelli Vescovi di quella
regione e di quella lingua, che con quel santuario non hanno legami
molto stretti, e poiché sia la consuetudine dei pellegrinaggi sia lo
stesso nome della Vergine Maria di Poponguine occupano un posto
privilegiato tra i fedeli del Senegal, possiamo facilmente già in
precedenza immaginare assai lieti la celebrazione di quel giorno e la
gioia degli animi e delle feste con le quali si concluderà l'anno
giubilare.
Poiché ricordiamo bene la grandezza della fede, la solidità della
morale cristiana, la vivacità della presenza della Chiesa cattolica del
Senegal, che ci viene attestata da parecchie testimonianze, non solo
parteciperemo da lontano come se fossimo presenti al memorabile
evento della festa dell'Immacolata Concezione a Poponguine, ma
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vogliamo che la nostra persona sia sentita come presente in modo
concreto da Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e dai numerosi
fedeli.
54esimo VIAGGIO APOSTOLICO
(Senegal, Gambia, Guinea-Conakry)
19 - 26 febbraio 1992
DISCORSO PRONUNCIATO NELLA CERIMONIA DI BENVENUTO
all'aeroporto di Dakar, 19 Febbraio 1992
Signor Presidente,
È con molta gioia che giungo in Senegal, terra di incontri e paese
dell'ospitalità, della «Téranga». Ringrazio Dio per aver finalmente
guidato i miei passi fin qui. Sono tanto più felice di iniziare questa
visita pastorale in quanto Lei stesso e, in altre circostanze, molti suoi
compatrioti, siete venuti a trovarmi a Roma o a Castel Gandolfo,
rendendo così più vivo il mio desiderio di venire da voi.
(...) In occasione di questo primo contatto sul suolo senegalese,
vorrei salutare tutti coloro che vi abitano: i figli e le figlie del paese ed
anche i numerosi stranieri. Pioniere sulle vie della democrazia
africana, il Senegal si presenta desideroso di fondare il suo sviluppo
innanzitutto sulle ricchezze umane dei suoi abitanti. (...) In questi
tempi di cambiamenti profondi, in particolare in Europa, esprimo il
desiderio, come recentemente ha sottolineato Lei, Signor Presidente,
che le nazioni del Nord e dell'Ovest, di tradizione cristiana, non
dimentichino di sostenere i loro fratelli e sorelle dell'Africa, i cui
bisogni restano immensi, anche se occorre rispondere ad altri appelli
venuti dall'Est.
Venendo in Senegal, vado incontro ad un popolo in cui si professano
varie religioni, ma che sa accettare le sue differenze e avere fiducia
nel dialogo. Saluto quindi cordialmente tutti i credenti di questo
paese. In Lei, che è stato eletto Presidente della Ummah Islamica,
saluto i membri delle comunità musulmane senegalesi. Infine, il mio
saluto si rivolge anche alle altre comunità cristiane e a coloro che
praticano le religioni africane tradizionali. Spero che la mia visita
contribuisca a rinsaldare i legami di fratellanza fra tutti, come si deve
tra figli e figlie di una stessa nazione, uniti in uno stesso destino e nel
servizio del bene comune. Auspico inoltre che progredisca il dialogo
tra quanti non professano la stessa fede. Noi, infatti, pensiamo che le
tradizioni religiose degli uni e degli altri possano condurre a una
solidarietà più profonda e contribuire al successo delle forze spirituali
che abitano i cuori. Rispettando sempre meglio l'eminente dignità
dell'essere umano e la sua vocazione alla trascendenza, i Senegalesi
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sapranno sviluppare il meglio di sé stessi, nella fedeltà ai talenti
ricevuti in eredità dalla saggezza degli anziani. In un mondo alla
ricerca di una pace solida e duratura, possano promuovere l'uso
ancestrale dell'«accordo di conciliazione»! (...)
DISCORSO AI RAPPRESENTANTI DEL SINODO DIOCESANO
Dakar, 19 Febbraio 1992
Cari fratelli e sorelle,
Che gioia trovarmi in mezzo a voi! Che emozione iniziare la mia visita
pastorale con questo incontro con i membri del Sinodo diocesano di
Dakar e i rappresentanti di tutta la Chiesa in Senegal! Vi ringrazio con
tutto il mio cuore per la vostra calorosa accoglienza. Grazie, caro
amico Cardinale Hyacinthe Thiandoum, di aver evocato il bel ricordo
della nostra comunione durante l'Anno Mariano, quando questa
cattedrale, Nostra Signora delle Vittorie, fu gemellata con la Basilica
romana di Santa Maria Maggiore. Grazie anche per aver ricordato la
figura del Beato Daniel Brottier, fondatore di questo santuario che
ricorda tante vite donate per l'Africa. Grazie per questa accoglienza
nella vostra comunità diocesana, che conserva fedelmente la memoria
dei missionari venuti ad annunciare la Buona Novella, soprattutto dei
Padri dello Spirito Santo. (...)
«Ricordati che Gesù Cristo... è risuscitato dai morti» (2Tm 2,8).
Membri del Sinodo dell'Arcidiocesi di Dakar, siete riuniti affinché la
vostra Chiesa sia «segno di Gesù Cristo e testimone del suo Vangelo
nel Senegal di oggi». Sono felice di condividere con voi questa sosta
che è un Sinodo, sosta delle forze vive della vostra Chiesa riunite
intorno al loro Pastore per rendere grazie dei doni ricevuti, sosta per
meglio riprendere insieme il cammino di Cristo. (…)
Chiesa di Dakar, riunita in Sinodo, sii fedele alla tua missione di
evangelizzazione! La vostra riflessione vi porterà a ricordare che la
prima esigenza per i testimoni è quella di essere degni di fede, essi
stessi fedeli alla Parola che hanno ricevuto con il loro modo di mettere
in pratica le esigenze del Vangelo. Insieme all'annuncio, praticate il
dialogo con i vostri compatrioti di altre religioni. Per favorire il
necessario discernimento in questo campo, la Santa Sede ha dato di
recente delle direttive che vi chiedo di conoscere e di seguire. Si tratta
di utili punti di riferimento per una Chiesa minoritaria come la vostra,
che si preoccupa di stabilire rapporti chiari con quanti vivono sulla
stessa terra. D'altra parte, cercherete di progredire per esprimere la
vostra fede in maniera tale che il messaggio possa essere compreso
nella vostra cultura. L'inculturazione è un lavoro paziente, che esige
molto discernimento. La Chiesa, attraverso i secoli e i continenti,
accoglie la persona di Cristo che, con l'Incarnazione, è presenza totale
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e definitiva di Dio nell'umanità: Dio, vicino ad ogni uomo, ha potuto
essere riconosciuto e celebrato nelle diverse culture. (...)
L'insieme dei temi studiati dal vostro Sinodo diocesano presuppone la
valorizzazione della collaborazione dei sacerdoti e degli altri fedeli. È
l'occasione per definire il ruolo dei laici sotto diversi aspetti. (…)
Aggiungerei a questo proposito che, parlando di laici, mi riferisco agli
uomini e alle donne, come dimostra la composizione della vostra
assemblea. Sapete che ho pubblicato, qualche anno fa, una Lettera
Apostolica sulla dignità e la vocazione della donna. Apprezzo le vostre
iniziative perché alla donna africana venga accordato il posto che le
spetta naturalmente, in famiglia come nella Chiesa e nella società.
Come ha sottolineato bene il Concilio Vaticano Secondo, la missione
dei laici si esercita spontaneamente nel mondo, nei vari ambiti della
società. Spetta a loro, attraverso la loro testimonianza esplicita con la
rettitudine di vita, di essere quei «fedeli» del Vangelo e dei valori
cristiani che aiutano a rendere il mondo più conforme al disegno di
Dio. È in questo senso che si iscrive tutto l'insieme di iniziative
raggruppate sotto il nome di «pastorale sociale», come la
«Pouponnière» che devo visitare. Penso in particolare ai servizi
sanitari, al sostegno ai più poveri, o anche all'educazione e alla
formazione dei giovani. Incoraggio tutti coloro che vi si dedicano,
dando il meglio di se stessi. (…)
Dopo il Vaticano II, numerose diocesi hanno celebrato il loro Sinodo.
Le situazioni sono diverse, ma lo scopo è lo stesso: i membri di una
Chiesa particolare si uniscono per meglio compiere la loro missione, in
una intensa comunione con la Chiesa universale. (…) Voglio
sottolineare a questo proposito che l'Assemblea speciale per l'Africa
del Sinodo dei Vescovi sarà un momento essenziale di solidarietà tra
le Chiese particolari di tutto il continente. (…)
MESSAGGIO A TUTTI GLI ABITANTI DEL SENEGAL
19 Febbraio 1992
Amici credenti e cittadini del Senegal,
Sia benedetto Dio che mi dà la gioia di venire da voi in Senegal! Già
da tanto tempo desideravo scoprire la vostra terra, camminare da
pellegrino sul vostro suolo, e avere un contatto concreto con le care
popolazioni del paese della Teranga (dell'ospitalità). Porta oceanica
dell'Africa, il Senegal è anche un ponte tra l'Africa Nera e l'Africa
Bianca. Inoltre, l'interesse che avete per le relazioni umane, le vostre
qualità d'apertura, il vostro amore per la coesistenza armoniosa tra
membri di fedi differenti vi hanno assicurato la stima della comunità
internazionale. Il Senegal sa fondare il suo sviluppo prima di tutto
sulle ricchezze umane degli uomini e delle donne che lo abitano.
Certo, esistono delle difficoltà. Tuttavia, il popolo senegalese ha tutte
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le risorse necessarie per garantire a ciascun cittadino una vita degna.
Continuate coraggiosamente il vostro cammino verso il progresso,
restando sulla via della concordia e del consenso nazionale. Sono
molto felice al pensiero di incontrare presto i cattolici senegalesi.
Vengo, come messaggero del Vangelo, a testimoniare loro il mio
affetto e a rafforzarli nella fede. Allo stesso modo, mi auguro che la
mia visita sia l'occasione di stringere i legami di fraternità tra tutti i
credenti del paese. Alla nazione intera auguro di tutto cuore felicità e
prosperità. Che la pace del Signore scenda nei vostri cuori e nelle
vostre case!
[Traduzione dal francese]
DISCORSO AI RAPPRESENTANTI DI ALTRE RELIGIONI
Ziguinchor 20 febbraio 1992
Cari amici,
Sono felice di avere l'occasione di incontrarvi quasi all'inizio del mio
breve soggiorno nel vostro paese. Ho già percepito quanto la diversità
possa essere anche nel Senegal uno stimolo a lavorare per l'unità
della gente. Infatti, la società senegalese è caratterizzata da questa
tradizionale armonia, la teranga, fatta di accoglienza e di rispetto
reciproci, di tolleranza e di volontà di collaborare. Qual è la fonte di
questa armonia? Per noi credenti, l'origine dell'unica famiglia umana
si trova in Dio. Possiamo attribuire a Dio nomi diversi, senza riuscire
mai a delimitarne la realtà, poiché ci supera. Ma possiamo riconoscere
in Lui il Creatore, il Vivificatore, la Provvidenza e il Destino supremo
dell'uomo. Secondo le parole dell'Apostolo Paolo, «Il Dio che ha fatto il
mondo... creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché
abitassero su tutta la faccia della terra... perché cercassero Dio...
benché non sia lontano da ciascuno di noi» (At 17,24-27). Questo
vuol dire che gli esseri umani sono chiamati tutti ad entrare nella
pienezza della vita, accanto a Dio, in comunione con quelli che ci
hanno preceduto sulla retta via. L'origine e il destino divino dell'uomo
sono i fondamenti della sua dignità. Nessuno ha il diritto di
disprezzare un altro essere umano, soprattutto il più debole. Non
esiste alcuna giustificazione alla discriminazione, in base alla razza,
alla religione, al sesso o alla situazione sociale: ogni persona deve
essere rispettata. Certo l'uomo è debole, portato al male, e sorgono
dei contrasti. In questo caro continente africano, ma anche in tante
altre zone del mondo, lotte sanguinose hanno portato ad immense
sofferenze. Non è il caso di prendere esempio dalla saggezza africana,
che insegna che le parti in causa devono incontrarsi, parlare, risolvere
i loro contrasti e riconciliarsi? E questo va applicato alla famiglia, ma
anche alla nazione e perfino alle relazioni internazionali. I capi religiosi
non hanno forse il dovere di aiutare i credenti ad unirsi per costruire
42
la pace? Voglio assicurarvi che la Chiesa Cattolica nel vostro paese
continuerà a lavorare per questa crescita nell'armonia. Concludendo,
voglio assicurarvi che pregherò per voi, per le vostre famiglie e per il
vostro paese. Che Dio vi conceda le sue più abbondanti benedizioni!
SANTA MESSA AL SANTUARIO DEDICATO A NOSTRA
SIGNORA DELLA LIBERAZIONE
Poponguine 21 Febbraio 1992
(...) Nel guardare intorno a me e nel contemplare la vostra
assemblea, non posso impedirmi di ripetere, come Monsignor Picarda,
fondatore di questo luogo di pellegrinaggio: «Che posto magnifico per
un santuario alla Vergine!». Dal 22 maggio 1888, data
dell'inaugurazione del santuario di Poponguine, oltre cento anni di
pietà mariana hanno unito le comunità cattoliche senegalesi nella
stessa professione di fede e nella stessa volontà di radicare il Vangelo
nel paese. (...)
Cari fratelli e sorelle, lo Spirito Santo è con il popolo di Dio in tutto il
continente africano. È con voi qui nel Senegal. La sorprendente storia
dell'arrivo del Vangelo nel vostro paese e la crescita della Chiesa
testimoniano la sua presenza attiva. (.) Ma il vero fondatore della
cristianità senegalese è Monsignor Kobès, Spiritano, Vicario apostolico
del Senegambia. Primo paese africano ad accogliere i padri spiritani, il
Senegal deve molto ai figli spirituali di Padre Libermann per il quale
l'annuncio del Vangelo doveva sfociare nella creazione di una chiesa
che avesse il suo vescovo, i suoi sacerdoti e i suoi laici. I Padri
spiritani diedero alla Chiesa locale solide basi. (.)
I cristiani del Senegal sono consapevoli della loro esiguità numerica
quanto della loro ricchezza. Orgogliosi della loro fede, riconosciuti
dalla Costituzione senegalese, arricchiti dai loro legami familiari,
spesso con genitori musulmani, sono chiamati, più degli altri africani,
al dialogo e alla comprensione. (…) Attraverso tutto questo, in un
paese musulmano, la Chiesa senegalese compie la propria propria
missione con convinzione e modestia allo stesso tempo. In questo
santuario di Nostra Signora della Liberazione, rendo grazie a Dio con
voi, cari fratelli e sorelle, per l'annuncio del Vangelo e per la crescita
della Chiesa nel paese. Affido alla Vergine Maria tutti gli operatori
dell'evangelizzazione: insieme a voi la prego affinché continui a
promuovere lo sbocciare di generose vocazioni sacerdotali e religiose
in tutto il Senegal, come ha fatto per il villaggio di Poponguine, che ha
dato alla Chiesa in terra senegalese il suo primo sacerdote nella
persona del caro Cardinale Giacinto Thiandoum. (…) In questo
annuncio, la Chiesa ha la viva consapevolezza di dover proclamare il
disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia. (…) Da parte vostra,
abbiate considerazione del matrimonio cristiano: evangelizza l'amore
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fra l'uomo e la donna e lo rende ancora più umano. La grazia del
sacramento consacra l'impegno degli sposi e li aiuta a costruire il
focolare stabile di cui ogni coniuge ha bisogno per aprirsi. Assicura ai
figli quell'ambiente di amore consolidato al quale hanno diritto per
aprirsi anch'essi e per essere in grado di affrontare l'esistenza. Come
vi hanno chiesto spesso i vostri pastori, vivificate la vostra famiglia
schiudendo i vostri cuori di sposi e di genitori alla presenza di Dio,
fonte del vero amore! (...)
Giovani donne senegalesi, vi esorto a contemplare Maria e ad imitarla.
Come lei, accogliete la parola di Dio e meditatela nel vostro cuore.
Siate responsabili e generose per riuscire nella vita. Come Maria,
pensate agli altri. E voi, donne senegalesi, madri orgogliose dei vostri
figli, inquiete per alcuni, schiacciate dal dolore per altri, continuate a
contemplare Maria, nei giorni gloriosi di suo Figlio Gesù, ma anche
nelle ore meste della Passione, per restare in piedi. Casalinghe,
impegnate nelle faccende domestiche umili ma indispensabili,
ricordatevi di Maria a Nazaret. Donne del Senegal sempre più
impegnate nella vita sociale, sempre portatrici comunque delle
tradizioni e della saggezza popolare, contemplate Maria, voi che
formate la sensibilità, l'intelligenza e il cuore dei vostri figli. In questo
santuario mariano caro alle popolazioni del Senegal, affidiamo a
Nostra Signora le attività esercitate da tutti nel paese. La preghiamo
per quelli e quelle che lavorano per lo sviluppo del paese nei progetti
più diversi riguardanti l'agricoltura, l'allevamento, l'artigianato,
l'idraulica rurale, i bacini d'acqua, i depositi di cereali, l'industria e
anche l'alfabetizzazione, la salute e l'igiene. Che Nostra Signora della
Liberazione vegli sui bisogni materiali di tutti, come fece a Cana! Che
continui ad essere una madre per tutti! Sarà la preghiera che
formulerò dal profondo del cuore mentre incoronerò la sua statua.
DISCORSO AI VESCOVI SENEGALESI
Poponguine 21 Febbraio 1992
(...) Parlando del senso della mia visita nel vostro messaggio del 15
agosto 1991, avete avuto la felice idea di riprendere questa
dichiarazione della Redemptoris missio: «Mi sono messo in cammino
sulle vie del mondo, "per annunciare il Vangelo, per 'confermare i
fratelli nella fede, per consolare la Chiesa, per incontrare l'uomo. Sono
viaggi di fede. Sono altrettante occasioni di catechesi itinerante, di
annuncio evangelico nel prolungamento, a tutte le latitudini, del
Vangelo e del Magistero apostolico, dilatato alle odierne sfere
planetarie"» (n. 63). Sicuramente, cari Confratelli, quale successore di
Pietro nella sua missione pastorale, è una grande soddisfazione per
me essere tra voi e praticare questa catechesi itinerante nella vostra
stessa terra, facendo al tempo stesso, in questi giorni, conoscenza del
vostro terreno di missione.
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Ma l'annuncio della Lieta Novella è un'attività che il Papa non esercita
mai da solo: egli agisce in comunione con i Vescovi che sono a lui
uniti. «Tra le funzioni principali dei Vescovi - ci ricorda il Concilio
Vaticano Secondo - eccelle la predicazione del Vangelo» (Lumen
Gentium, n. 25). In unione con il Romano Pontefice, essi sono gli
araldi della fede e cercano di portare a Cristo nuovi discepoli. Infatti,
la vostra parola di Vescovi è attesa: attesa dai fedeli che ne hanno
bisogno per crescere nella fede; attesa dalla società cui viene
proposta come luce per il suo sviluppo armonioso e per la sua ricerca
di un progresso sempre più umano. L'Africa ormai è riconosciuta per
sé stessa, per quanto essa offre all'insieme del mondo: possiate
contribuire al suo dinamismo peculiare, in una prospettiva evangelica
che dà alla vita una dimensione in grado di mobilitare tutto l'essere.
Si tratta, in fondo, di una missione interiore, compiuta dall'Africa per
l'Africa. (...)
Dopo un periodo di feconda evangelizzazione in un contesto di
dipendenza politica del vostro paese, l'Africa nera è entrata in una
nuova tappa, l'evangelizzazione in un contesto di indipendenza delle
vostre patrie. All'inizio, gli agenti dell'evangelizzazione furono dei
missionari giunti dall'estero, che seppero circondarsi di apostoli locali.
Oggi, l'Africa ha ancora bisogno, evidentemente, del concorso di
missionari giunti da fuori, che lavorino in stretta collaborazione con i
religiosi e i sacerdoti diocesani locali. Nel suo solenne appello, così
spesso ricordato, alla Chiesa dell'Africa affinché assumesse l'opera
della sua evangelizzazione, Paolo VI dichiarava nel 1969 a Kampala:
«Voi Africani siete ormai i missionari di voi stessi. La Chiesa di Cristo
è veramente radicata su questa terra benedetta. Dovete continuare la
costruzione della Chiesa su questo continente» (Allocuzione al
Simposio dei Vescovi d'Africa, n. 1). L'obbligo per la Chiesa d'Africa di
essere missionaria nel proprio seno e di evangelizzare il continente
implica la collaborazione tra le Chiese particolari nel contesto di ogni
paese africano, tra le diverse nazioni del continente e anche di altri
continenti. È in questo modo che l'Africa s'integra pienamente
nell'attività missionaria. (…)
Essendo l'evangelizzazione essenzialmente un atto, un processo di
comunicazione con uno o terzi, essa non si concepisce più oggi senza
l'utilizzazione metodica e competente dei mezzi di comunicazione
sociale. È un argomento al quale voi siete sensibili e, nel corso della
vostra visita ad limina del novembre 1987, vi ho incoraggiati a
continuare le iniziative che avete preso in questo campo. Questo
tema, che non si può restringere alle dimensioni di un solo paese,
sarà affrontato all'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei
Vescovi. La preparazione di queste riunioni continua e testimonia un
impegno incoraggiante delle parrocchie, delle scuole, delle comunità
della savana e di altri gruppi ancora. Colgo quest'occasione per
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congratularmi e ringraziare i Pastori e i fedeli del continente africano
che si dedicano con generosità al servizio di questa importante
iniziativa. È importante, quindi, nell'«era delle comunicazioni» come si
suole chiamare la nostra epoca, far percepire le implicazioni della
comunicazione oggi, al tempo stesso come fatto sociale di profonda
influenza sulla cultura, sulla visione del mondo e dell'uomo, e come
mezzo per l'annuncio e l'approfondimento del messaggio cristiano
riunendo gli uomini nella loro diversità e nelle loro aspirazioni
essenziali. La Chiesa dovrà valutare i mezzi tradizionali e moderni
della comunicazione sociale di cui dispone in Africa, per impegnarsi
quindi nella formazione dei comunicatori cristiani, religiosi e laici,
affinché siano in grado di essere autentici testimoni del messaggio
evangelico; la loro competenza professionale renderà credibile la loro
testimonianza.
Il vostro paese, che è in un certo senso una porta oceanica dell'Africa
nera, si trova al crocevia delle culture arabe, europee e nero-africane.
Questo spiega quanto vi stia a cuore l'incontro delle culture con il
Vangelo, altro tema della futura assemblea sinodale. Come nella
Chiesa nascente, il problema dell'inculturazione è sorto quando i
popoli evangelizzati prendevano, prima o poi, coscienza della loro
identità culturale. (…). Il Concilio invita le Conferenze episcopali di
una stessa area socioculturale a unire i loro sforzi. L'inculturazione
appare come la grande sfida per la Chiesa cattolica in Africa alla vigilia
del terzo millennio. Le implicazioni di questo sono la penetrazione e il
radicamento del Vangelo, l'approfondimento della fede e la diffusione
della vita cristiana su tutto il continente. Questi obiettivi sono nelle
vostre mani. A partire dalla linfa autenticamente ricevuta dall'Alto, si
tratta di produrre frutti autenticamente africani, in unione con la
Chiesa universale. Infine, per la Chiesa in Africa, il dialogo interreligioso
è
particolarmente
importante
e
necessario
per
l'evangelizzazione. Il pluralismo religioso, infatti, tocca spesso
l'ambito nazionale, etnico e talvolta familiare. Soltanto un autentico
spirito di dialogo presso tutti quanti sono coinvolti può impedire che
siffatte diversità diventino cause di conflitto e di discordia. (…)
INCONTRO CON I GIOVANI A DAKAR
21 Febbraio 1992
Cari giovani,
vi saluto tutti cordialmente: giovani cattolici, giovani musulmani e
giovani di altre confessioni religiose, che prendete parte a questa
riunione portatrice di speranza. Esprimo la mia gratitudine a tutti
coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo incontro,
preparato con generosità. Devo dire che sono rimasto impressionato
dall'importante documentazione che ho ricevuto a Roma. E sono stato
ancor più colpito da ciò che ho visto ed ascoltato questa sera a Dakar.
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Innanzitutto, lasciate che mi congratuli con voi per la vostra sete di
conoscere ulteriormente la vostra fede. (…)
Come vivere la propria fede quando si è giovani oggi nel Senegal?
Prima di tutto con la consapevolezza che c'è qualcuno che vi ama
proprio perché cercate di conoscerlo. Questa persona è Cristo. (…)
Ciò che Gesù vuole comunicarci si trova nel Vangelo. Ecco perché, cari
amici, vi incoraggio a conoscere bene il Vangelo. Meditatelo, da soli e
con altri, in parrocchia, nelle riunioni dei vostri movimenti. La fede
matura quando la si vive in comunità. Bisogna cominciare dalla
famiglia. Il Vangelo è una grande forza spirituale: vi arma per il
combattimento della vita; vi rende forti di fronte alle sette, poiché vi
dà la luce: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà
nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). (…)
Infine, il Cristo-Luce, nel quale credete, vi darà la possibilità di
raccogliere, nella verità, quella temibile sfida che è lo scandalo del
male, pietra d'inciampo di qualsiasi visione del mondo. Gesù Cristo ha
conosciuto la morte in croce. Dopo quegli avvenimenti inauditi che
sono la Passione, la Morte e la Risurrezione del Salvatore (cioè il
Mistero Pasquale), il cristiano sa che la prova può cambiare di segno e
portare alla vita, poiché Dio, per primo, nella persona di suo Figlio, è
diventato uomo di dolore e ha riportato la vittoria su tutte le forze del
male. E ricordatevi, cari amici, di quanto la Chiesa proclama il Venerdì
Santo: «Adoriamo la tua Croce, Signore, lodiamo e glorifichiamo la
tua santa risurrezione. Dal legno della Croce è venuta la gioia in tutto
il mondo. (Celebrazione della Passione). Lì si è rivelato l'amore, più
forte della morte. Con l'Apostolo san Giovanni, vi ripeto: «E chi è che
vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?» (1Gv
5,5). Egli è il vincitore del mondo.
Grazie di voler essere utili alla Chiesa! Ma dite che non sempre sapete
come fare per servirla. Innanzitutto, che cos'è la Chiesa? È il popolo di
tutti coloro che credono in Cristo e che sono stati battezzati. I membri
della Chiesa non si scelgono fra di loro. Si accolgono come fratelli e
sorelle dalle mani di Dio, nella diversità della loro condizione, della
loro cultura, dei loro gusti e delle loro opinioni. Si lasciano introdurre
nella fraternità senza frontiere dove il Padre li invita per svelare loro il
suo disegno sul mondo. (…)
Il vostro portavoce ha detto che vi preoccupate della qualità dei
rapporti fra cristiani e musulmani. Spronati dalla convinzione che lo
Spirito Santo agisce all'interno di ogni individuo che Dio ama,
conviene che coltiviate lo spirito di dialogo. (…) Insomma, che
Cristiani e Musulmani collaborino in ciò che fa crescere la comunità
umana! Voi giovani, anche se non siete uniti nel vostro credo,
imparate a rispettarvi e a tollerarvi. Infatti, la Bibbia ci mostra che
l'essere umano possiede una sola dignità: è una creatura di Dio e
possiede dunque un rapporto privilegiato con Colui che gli ha donato
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tutto. L'uomo è invitato a diventare veramente figlio di Dio in una
condivisione di vita e di amore: ha un valore sovrano. Per i
Musulmani, l'uomo è chiamato ad essere un perfetto rappresentante
di Dio sulla terra, testimoniando, al servizio di tutti, il significato di
questi bellissimi nomi: misericordia e comprensione, perdono e
riconciliazione. Cari amici, grande è la dignità dell'uomo! È una via
che conduce al Signore, un «segno» che rivela Dio.
Infine, cari giovani, sviluppate anche quel dialogo coltivato da tanti
cristiani, dialogo fra Dio e l'essere umano, che si chiama preghiera.
Praticate la preghiera. Date a Dio la gioia di ascoltarlo attentamente.
La preghiera vi fortificherà, vi aiuterà a fare la volontà di Dio ed
entrerete, cosí, ancora più intimamente nell'autentica famiglia del
Signore, che vi amerà con quell'amore preferenziale di cui parla il
Vangelo (…)
Ci sono oggi delle ragioni per credere nel matrimonio? Ma certo! (….)
È nel matrimonio che sboccia veramente l'amore, questa dinamica
interna che spinge l'uomo e la donna a donarsi l'un l'altro in una
comunione del proprio essere. Vi incoraggio, cari giovani, a prendere
coscienza dell'impegno responsabile che l'amore di un uomo e di una
donna presuppone. Ci vuole tempo per costruire la relazione
interpersonale degli sposi, che è per tutta la vita. Il matrimonio
cristiano, avendo come base la monogamia, rispetta pienamente la
dignità dell'uomo e della donna. Si presenta come una scuola di
perfezionamento spirituale e di santificazione reciproca: «Siate voi
dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). La
famiglia è anche il luogo di formazione della persona e la culla della
società. In una famiglia stabile, i figli hanno il massimo delle
possibilità di crescere in maniera equilibrata. (…) La famiglia è la
grande educatrice di tutta la società. Voi Africani amate la famiglia.
Bisogna mantenere questo grande amore.
(...) Quale che sia la vostra vocazione, è importante che fin d'ora, alla
vostra età e lì dove vi trovate, prendiate parte al cammino del vostro
paese e del mondo. Preparatevi ad assumervi un ruolo mettendo al
servizio dei vostri compatrioti le competenze umane, scientifiche,
tecniche e professionali che state acquisendo. Si conta su di voi in
diversi campi come quello dell'alfabetizzazione, della lotta contro la
desertificazione e anche per la partecipazione ad altre lotte: contro il
vandalismo, il razzismo o l'emarginazione.
Fortificate in voi i valori morali dell'onestà, della lealtà, del rispetto
per gli altri e del dono di sé. Impegnatevi personalmente e in gruppo
per migliorare la sorte di quelli che vi sono attorno. Per queste cose,
trovate gesti concreti, per semplici che siano. (.)
48
INCONTRO CON I RESPONSABILI DEL CORPO DIPLOMATICO
Dakar, 21 Febbraio 1992
(.) La preoccupazione più immediata, quando si considera la
situazione attuale dell'Africa, è evidentemente la pace. Duri conflitti,
autentiche guerre perdurano in numerose regioni. (...) La gran parte
degli scontri mortali di cui siamo testimoni impotenti si verifica
all'interno delle nazioni. È spesso difficile per gli altri Stati assicurare
un arbitrato rispettando l'indipendenza dei paesi coinvolti. Ma gli Stati
vicini non devono forse accogliere i rifugiati, controllare lo svilupparsi
dei gruppi armati, bloccare i rifornimenti di armi o impedire il loro
transito? Questa è una delle prime forme di solidarietà per costruire la
pace, che sarà tanto più durevole quanto più grande sarà il numero di
controparti che la adotteranno. Tuttavia, vorrei insistere su un altro
aspetto, senza dubbio meno facile da cogliere concretamente, ma non
meno importante. Di fronte ai conflitti e alle sofferenze che essi
comportano, nessuna azione diplomatica o politica, sarà realmente
efficace se non porrà in pratica l'aspirazione degli uomini ad una
solidarietà che non viene fermata dalle frontiere. Le responsabilità
affidate ai dirigenti hanno ragion d'essere solo al servizio dei loro
popoli. Agire per la pace è una missione profondamente umana. La
nobiltà della politica e della diplomazia consiste nel situarsi a questo
livello di motivazione, per superare le tentazioni di indifferenza o di
ripiego su se stessi, per vincere le forze distruttrici, per lavorare a
delle autentiche riconciliazioni, per costruire una società solidale.
Sotto forme diverse, le tensioni e i conflitti risultano spesso come
attacchi ai diritti dell'uomo. Quando il semplice diritto alla vita è
minacciato, quando il minimo dei mezzi materiali viene a mancare,
quando le aspirazioni legittime alla vita in famiglia, all'istruzione e a
un lavoro rimangono insoddisfatte, una società non può vivere in
pace. L'organizzazione della società ha come scopo primario il
rispondere a queste esigenze. Le definizioni giuridiche dei diritti non
hanno valore se non sono fondate sul rispetto dell'essere umano,
soggetto dei diritti. (…)
Signore, Signori, è chiaro che non possiamo fermarci all'analisi dei
principi, per quanto essenziali essi siano. La comunità internazionale
deve fare fronte ai problemi quotidiani dei popoli. Da parte sua, la
Chiesa non smette di affermare che la solidarietà del mondo intero è
al servizio dello sviluppo integrale dell'uomo. Mi sono spesso
pronunciato su questo argomento, ma credo sia doveroso ritornarvi
oggi di fronte ai rappresentanti di numerosi paesi di tutti i continenti.
Il fatto più evidente - ma è sufficientemente colto nel mondo? - è che
non ci si può rassegnare a vedere la carestia minacciare ancora e
sempre milioni di uomini, di donne e di bambini su questa terra. La
denutrizione è ancora drammaticamente diffusa, con tutte le sue
49
conseguenze sulla salute. L'aiuto reciproco viene esercitato, ma non
senza lentezza e difficoltà. Bisogna agire e agire subito. (…)
Non è sufficiente ridurre un debito o creare nuovi crediti. La realtà
umana non si lascia rinchiudere in poche cifre. Non mi stancherò di
ripetere che la vera solidarietà per lo sviluppo suppone la
collaborazione fra le persone e fra le comunità, il sostegno delle loro
iniziative, la valorizzazione delle loro specifiche qualità e delle loro
eredità culturali. In poche parole, questa collaborazione costituisce di
per sé una comunità che deve essere all'opera e che pone in comune
più che semplici risorse e conoscenze. Essa deve condividere lo stesso
rispetto per i popoli e lo stesso amore per l'uomo.
Al momento del mio primo viaggio in Africa, colpito dai drammi vissuti
nel Sahel, avevo lanciato un appello alla solidarietà da Ouagadougou.
Dieci anni dopo, essendo tornato nello stesso luogo, l'avevo
solennemente rinnovato durante un incontro con numerosi artefici
generosi dello sviluppo. Oggi di nuovo, davanti a voi, ho il dovere di
levare la mia voce e di interpellare la famiglia umana, in nome dei
suoi membri più bisognosi. In quest'epoca in cui ci si meraviglia di
vedere abolite le distanze, in un momento in cui le informazioni
vengono trasmesse istantaneamente dappertutto, constatiamo con
tristezza che fra i popoli sussistono altre enormi distanze: tragiche
differenze di aspettative di vita e di mezzi disponibili per l'istruzione o
la salute, differenze profonde nel godere della libertà, si traducono in
un riconoscimento tanto disuguale della dignità umana! Nel momento
in cui tutti dovrebbero avvicinarsi, che peso grava su alcuni fratelli e
alcune sorelle quando vengono definiti «stranieri», «rifugiati»,
«emigrati»! Che uso facciamo dei beni della terra, dei beni
dell'intelligenza e del cuore? (.) Come possiamo ignorare che sono dei
beni comuni, dei beni per la vita dell'unica umanità? (.)
50
IL
DISCORSO
RIVOLTO
ALLA
COMUNITÀ
CATTOLICA
DELL'ISOLA GORÉE
Chiesa dedicata a San Carlo Borromeo, 22 Febbraio 1992
Cari fratelli e sorelle,
Vi saluto di tutto cuore.
Lasciate che vi esprima la mia gioia e la mia emozione nel farvi visita
in questa famosa isola di Gorée, la cui storia e le qualità
architettoniche delle sue antiche case l'hanno fatta iscrivere nel
patrimonio mondiale dell'umanità. Sì, mentre vi partecipo la mia gioia,
vi partecipo anche la mia viva emozione, l'emozione che si prova in un
luogo come questo, profondamente segnato dalle incoerenze del
cuore umano, teatro di una eterna lotta fra la luce e le tenebre, fra il
bene e il male, fra la grazia e il peccato. Gorée, simbolo della venuta
del Vangelo della libertà, è anche, purtroppo, il simbolo dell'orribile
aberrazione di coloro che hanno ridotto in schiavitù i fratelli e le
sorelle ai quali era destinato il Vangelo della libertà. Il Papa, che sente
profondamente le gioie e le speranze come pure le tristezze e le
angosce degli uomini, non può rimanere insensibile a tutto ciò che
Gorée rappresenta. (...)
La visita alla «casa degli schiavi» ci riporta alla memoria quella tratta
dei Neri, che Pio II, scrivendo nel 1462 a un vescovo missionario che
partiva per la Guinea, definiva un «crimine enorme», «magnum
scelus». Durante un intero periodo della storia del continente africano,
uomini, donne e bambini neri sono stati condotti in questo piccolo
luogo, strappati dalla loro terra, separati dai loro congiunti, per
esservi venduti come mercanzia. Essi venivano da tutti i paesi e, in
catene, partivano verso altri cieli, conservando come ultima immagine
dell'Africa natìa la massa della rocca basaltica di Gorée. Si può dire
che quest'isola rimane nella memoria e nel cuore di tutta la diaspora
nera. Quegli uomini, quelle donne e quei bambini sono stati vittime di
un vergognoso commercio, a cui hanno preso parte persone
battezzate ma che non hanno vissuto la loro fede. Come dimenticare
le enormi sofferenze inflitte, disprezzando i diritti umani più
elementari, alle popolazioni deportate dal continente africano? Come
dimenticare le vite umane annientate dalla schiavitù? Occorre che si
confessi in tutta verità ed umiltà questo peccato dell'uomo contro
l'uomo, questo peccato dell'uomo contro Dio. Com'è lungo il cammino
che la famiglia umana deve percorrere prima che i suoi membri
imparino a guardarsi e a rispettarsi come immagini di Dio, per amarsi
infine come figli e figlie dello stesso Padre celeste! Da questo
santuario africano del dolore nero, imploriamo il perdono del cielo. Noi
preghiamo perché in futuro i discepoli di Cristo si dimostrino
pienamente fedeli all'osservanza del comandamento dell'amore
fraterno lasciato dal loro Maestro. Noi preghiamo perché essi non
51
siano mai più gli oppressori dei propri fratelli, in nessun modo, ma
cerchino sempre di imitare la compassione del Buon Samaritano del
Vangelo andando in aiuto delle persone che si trovano nel bisogno.
Noi preghiamo perché scompaia per sempre il flagello della schiavitù
così come le sue conseguenze: i recenti incidenti dolorosi in questo
continente non invitano forse a rimanere vigili e a continuare la lunga
e laboriosa conversione del cuore? Noi dobbiamo allo stesso tempo
opporci a nuove forme di schiavitù, spesso insidiose, come la
prostituzione organizzata, che sfrutta vergognosamente la povertà
delle popolazioni del terzo mondo. In quest'epoca di cambiamenti
cruciali, l'Africa di oggi soffre duramente della sottrazione di forze vive
esercitata un tempo su di essa. Le sue risorse umane sono state
indebolite per molto tempo in alcune delle sue regioni. Perciò, l'aiuto
di cui sente il bisogno le è giustamente dovuto. Voglia Dio che
un'attiva solidarietà si manifesti nei suoi confronti affinché essa superi
le sue tragiche difficoltà! (…)
IL DISCORSO DURANTE L'INCONTRO CON I CAPI RELIGIOSI
MUSULMANI
Dakar 22 Febbraio 1992
Cari fratelli,
Distinti rappresentanti dei Musulmani in Senegal, (…)
È assolutamente naturale che credenti in Dio si incontrino
fraternamente in uno spirito di condivisione. Cristiani e Musulmani,
con quanti seguono la religione ebraica, appartengono a quella che
tutti sono d'accordo nel chiamare «la tradizione abramitica». (…)
Quali comunità religiose che cercano di sottomettersi con tutta l'anima
alla volontà di Dio, Cristiani e Musulmani dovrebbero vivere in pace,
nella fratellanza e nella collaborazione. Sono felice di vedere che,
dall'arrivo dei primi Cristiani nella sua terra, il popolo senegalese ha
dato al mondo un buon esempio di questa collaborazione. L'anno
scorso, nel mese di maggio, in un messaggio collettivo ai Cristiani, i
Vescovi hanno segnalato quanto accade nel paese, in quanto a «sforzi
reali di comprensione e di dialogo tra Cristiani e Musulmani, a incontri
tra responsabili religiosi». Essi hanno notato che dei giovani si
uniscono per costruire cimiteri, moschee, chiese; che degli scolari
s'impegnano in una sana emulazione a rendere le loro scuole
gradevoli e pacifiche; che degli adulti collaborano per migliorare la
vita e lo spirito comunitario nel paese. Vorrei aiutare e incoraggiare
tutti questi sforzi per costruire una società armoniosa, poiché sono
convinto che Dio, nostro Creatore, che sarà anche il nostro Giudice,
desidera che noi viviamo così. Il nostro Dio è un Dio di pace, che
desidera che la pace regni tra quanti vivono secondo i suoi
comandamenti. (...) Cristiani e Musulmani, noi dobbiamo essere
52
persone di dialogo. Come ho detto spesso, e come hanno ripetuto i
Vescovi del Senegal, l'impegno nel dialogo esige innanzitutto un
«dialogo di vita», cioè l'accoglienza reciproca, il rispetto reciproco
della libertà di coscienza e di culto, la condivisione, la collaborazione
con cui noi testimoniamo, in quanto credenti, l'ideale cui Dio ci
chiama.
Ma il nostro impegno nel fare la volontà di Dio ci porterà più lontano
di questa vita in armonia. I problemi della vita attuale sono molti. (…)
In un mondo in cui alcuni vivono nell'abbondanza mentre ad altri
manca lo stretto necessario per sopravvivere, Cristiani e Musulmani
devono studiare insieme il problema della ripartizione dei beni
secondo la giustizia. Noi dobbiamo essere attenti al ruolo dei governi
che hanno la responsabilità di sviluppare il loro paese per il bene di
tutti. Dobbiamo promuovere dappertutto i valori dell'onestà, del
rispetto della vita umana e del suo ambiente indispensabile. (…)
Cristiani e Musulmani hanno un dovere speciale di agire in favore della
pace, di collaborare nella creazione di strutture sociali, nazionali e
internazionali, che possano ridurre le tensioni e impedir loro di
sfociare in conflitti sanguinosi. Per questa ragione, incoraggio Cristiani
e Musulmani a prendere parte attiva in incontri inter-religiosi e in
organismi che hanno come scopo quello di lavorare e di pregare per la
pace.
Non tutti i bisogni dell'umanità sono di ordine materiale. Questo gli
adoratori di Dio sono i primi a riconoscerlo. Nel nostro mondo di oggi,
c'è molta sofferenza morale. Molte persone si sentono disorientate,
disperate, isolate e abbandonate. Molti hanno perso il senso di un Dio
che è attento a loro, un Dio Clemente e Misericordioso. Noi, per i quali
Dio è una realtà, la realtà più profonda della nostra vita, dobbiamo
testimoniare senza sosta che Dio è presente al centro della vita
umana. (…) Sia gli uni che gli altri, crediamo che Dio è pieno di
misericordia per coloro che si sono persi, ma che si volgono verso di
Lui in uno spirito di umiltà e di pentimento. Ecco una lieta novella, un
messaggio per quanti cercano una fede che possa dare senso e
direzione alla loro vita. Per offrire un contributo specificamente
religioso alla società, il dialogo tra Cristiani e Musulmani dev'essere
sviluppato. Noi dobbiamo essere pronti a parlarci apertamente e con
tutta franchezza e dobbiamo ascoltarci reciprocamente con molta
attenzione e rispetto. (…) L'onestà mi porta ad ammettere che
Cristiani e Musulmani non si sono sempre comportati reciprocamente
in un modo che riflette l'immensa bontà di Dio. In certe regioni del
mondo vi sono ancora tensioni tra le nostre due comunità e i Cristiani
sono vittime di discriminazioni in molti paesi. Il dialogo islamicocristiano deve progredire per giungere a questa vera collaborazione,
per assicurare il reciproco rispetto della libertà di coscienza e di culto,
53
con uguaglianza di trattamento fra tutti, qualunque sia il luogo di
residenza. (…)
45esimo VIAGGIO APOSTOLICO
(Capo Verde, Guinea Bissau, Mali, Burkina Faso, Ciad)
25 gennaio - 1 febbraio 1990
ALL'AEROPORTO FRANCISCO MENDES
Praia 25 Gennaio 1990
(...) La Chiesa è mossa dall'amore di Cristo, Redentore dell'uomo; e
non esita a proclamare: «L'uomo non può sfuggire a se stesso, né al
luogo e al compito che gli competono nel mondo visibile»; non può
diventare schiavo delle cose - delle ricchezze materiali, dei piaceri
disordinati o delle smisurate ambizioni di potere -; così come non può
cedere, dinanzi ai sistemi o alle ideologie che limitano la sua dignità di
persona libera e responsabile, di essere creato a immagine e
somiglianza di Dio. L'uomo non può soffocare il richiamo alla
trascendenza, come nessuno lo può privare di questa sua dimensione.
(...)
Nel caso specifico, sono i Capoverdiani, i membri - uomini e donne di un laicato cattolico ben formato e responsabile, i portatori di questo
messaggio nel loro ambiente, affinché in esso, esercitando la propria
attività ispirati dal Vangelo, concorrano alla santificazione del mondo,
dal di dentro, come il «lievito» (cfr. Mt 13,33); concorrano alla
conversione delle menti e dei cuori alla causa dell'uomo: e
concorrano, infine, perché si conformino ai disegni divini i criteri di
giudizio, i valori che contano, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i
modelli di vita (cfr. Exort. Apost. Evangelii Nuntiandi, n. 19). (...)
Destinati originariamente a tutti gli uomini, i beni di questo mondo
non raggiungeranno mai questa destinazione universale, senza
l'indispensabile collaborazione nella comunità internazionale, nel
quadro di un'ampia solidarietà che includa tutti e risponda
prioritariamente alle esigenze dei meno favoriti. Tuttavia gli stessi
interessati ai benefici non devono diventare servili; conservano il
dovere della dignità nell'interdipendenza dei popoli. (...) Ricordare tali
diritti, senza anteporli ai diritti di Dio e senza tacere i doveri che a
questi corrispondono, è per la Chiesa questione di fedeltà al Vangelo
del suo Maestro e Signore, nella fedeltà all'uomo. Pertanto, essa non
cessa di inculcare la necessità della gerarchia di valori, soprattutto
con riferimento all'«avere» e all'«essere», consapevole che l'«avere»
di alcuni può provocare danno all'«essere» di molti. Chiedo a Dio che
ogni Capoverdiano veda sempre rispettata e rispetti la dignità della
persona umana in sé e negli altri, e possa disporre a sufficienza dei
54
mezzi indispensabili per vivere bene; e si senta così sempre più
orgoglioso e amico della sua terra natale.
[Traduzione dallo spagnolo]
DISCORSO DI CONGEDO ALL'AEROPORTO
Praia 27 Gennaio 1990
(...) vorrei rivolgere una parola di stima e simpatia per i molti
emigranti Capoverdiani. Tutti conosciamo gli aspetti dolorosi
dell'emigrazione, alla ricerca di migliori condizioni di vita: i sacrifici e
le penose situazioni umane, personali e familiari, lo sradicamento e
perfino i traumi, che abitualmente si accompagnano alla partenza per
l'estero. Che questi loro sacrifici siano ben ricompensati e possano
contribuire anche alla promozione della qualità della vita dei cittadini,
che sono restati nelle loro nostalgiche isole.
(...) In questo modo, contribuirete a plasmare qui una civilizzazione
cristiana originale, che si alimenti alle fonti, esalti ciò che c'è di buono
nelle vostre tradizioni e confluisca nell'impegno della Chiesa
universale alla costruzione della «civiltà dell'amore». Qui, come in
ogni parte, non è il Vangelo che deve cambiare, perché ci sia
inculturazione; ma è la cultura che ha bisogno di assimilare i germi di
vita portati dal Redentore dell'uomo.
L'apostolo del Vangelo umanizza l'evangelizzato, certo che, nello
stesso momento in cui si evangelizza, si civilizza. Evangelizzare,
infatti, mira a «convertire» la coscienza personale e collettiva degli
uomini, le attività a cui si applicano, la vita e l'ambiente che gli sono
propri. E' questa evangelizzazione, la nuova evangelizzazione di Capo
Verde, che compete a tutti i battezzati e impone loro compiti urgenti,
all'interno della missione della Chiesa; sono questi compiti – nella
famiglia, nell'istruzione scolastica, nell'economia e nella vita sociale che io vi affido, Fratelli e Sorelle Capoverdiani. Il Papa conta su di voi!
[Traduzione dallo spagnolo]
AI SACERDOTI E RELIGIOSI NELLA CATTEDRALE
Praia 25 Gennaio 1990
(...) Ho saputo con soddisfazione della Seconda Assemblea Diocesana,
svoltasi qui nel gennaio dell'anno scorso. Essa vi ha fatto sentire con
un'urgenza particolare la corresponsabilità ecclesiale a tutti i livelli.
Oltre a ciò, essa può essere considerata come una buona
preparazione per il prossimo Sinodo Speciale che sarà dedicato ai
problemi ed alle prospettive dell'evangelizzazione e del rinnovamento
ecclesiale in Africa. La Chiesa universale, una e indivisa, si manifesta,
attraverso le varie Chiese locali. E queste, oggi più che mai, devono
sentire e vivere in maniera responsabile tale comunione. (...)
55
All'interno della Chiesa locale, nei suoi membri invece di un
livellamento uniforme, contrario alla vera realtà della Chiesa, devono
emergere tutte le qualità ed i doni specifici di una Comunità
ecclesiale. Come sapete tutto ha origine «nell'amore di Dio riversato
nei nostri cuori» e si esprime nella carità, praticando la verità, per
crescere in Colui che è la testa, Cristo. E per mezzo di Lui che il corpo
intero viene coordinato ed unito (cfr. Ef 4,16), per essere «persone
che seguono Cristo sempre e dovunque». Nonostante sia un solo
Spirito che dispensa i doni carismatici e ministeriali, si verifica però
una varietà meravigliosa. Ma tale varietà non deve diventare un
pretesto per scissioni o per rivalità, al contrario costituisce una fonte
di reciproca collaborazione e di armonia interna del Corpo mistico di
Cristo. La varietà delle Chiese locali, nel tendere così all'unità,
dimostra ancor più la cattolicità della Chiesa indivisa (Lumen Gentium,
n. 23). (…) Allo stesso modo, fratelli e sorelle, le affinità fisiche,
psicologiche e culturali, nonostante possano essere utili, non svolgono
un ruolo determinante per realizzare una forma di convivenza, di
collaborazione e di comunione ecclesiale ad ogni livello. Questo perché
il principio dell'unità e dell'armonia del Corpo mistico di Cristo non è
semplicemente naturale: è soprannaturale e di fede. (...) Anche qui a
Capo Verde la Chiesa, seguendo ancora la linea della sua tradizione,
continuerà a collaborare alla costruzione della società capoverdiana,
riconoscendo ed incoraggiando le aspirazioni di giustizia e di pace che
trova in questo popolo, con la sua secolare sapienza e con i suoi sforzi
attuali di promozione. La Chiesa è legata alla storia di questa Nazione
in modo tale che eliminarla o disconoscerla, significherebbe mutilare il
patrimonio socio-culturale dell'Arcipelago stesso. (…) [Traduzione
dallo spagnolo]
OMELIA ALLO STADIO «FONTINHA»
Mindelo 26 Gennaio 1990
(...) Siete, carissimi fratelli e sorelle, un Popolo che è stato molto
provato dalla sofferenza. Ma ciò ha contribuito senza dubbio a
rafforzare Ia vostra fedeltà al Vangelo, che ha impregnato
profondamente le vostre tradizioni ancestrali e che, in tanti momenti,
sarà stato fonte di conforto per proseguire sulla via di un lavoro serio,
fonte di speranza per continuare a lottare. (...) In questa situazione,
la mancanza di prospettive reali per il futuro, porta molti dei vostri
fratelli e sorelle ad un'emigrazione forzata verso altre nazioni e
continenti, con tutti i problemi che ciò comporta. Anche a Roma, che è
la mia diletta Diocesi, esiste una comunità di capoverdiani. Ho avuto
occasione di incontrarne alcuni durante le mie visite pastorali alle
parrocchie. Conosco le difficoltà che si incontrano per inserirsi in un
nuovo ambiente sociale e di lavoro. Quante volte soltanto la fede e la
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pratica cristiana costituiscono un punto di riferimento e una fonte di
coraggio per non perdere la propria identità, in questa delicata fase
di trapianto culturale e sociale. Chissà se molti di quelli che stanno qui
non hanno già fatto questa dura esperienza di dover lasciare la
propria terra?
Vorrei che i capoverdiani che si trovano in altri paesi e che, senza
dubbio, seguono con interesse e con fede la visita del Vescovo di
Roma al loro arcipelago, sapessero che anche il Papa ha pensato a
loro e ha pregato per loro in questo luogo, ben conoscendo il sacrificio
di dover stare lontani da ciò che è loro caro. E qui faccio un duplice
appello: a favore dei numerosi cittadini emigrati da questa nazione, e
a loro stessi. Siete partiti da qui, amati fratelli e sorelle,
consapevolmente o inconsapevolmente animati dall'ideale della
fratellanza di tutti gli uomini e con molta speranza. Dio voglia che la
vostra speranza si realizzi e possiate trovare questa fratellanza; e che
tutte le istituzioni chiamate in causa dal fenomeno dell'emigrazione
intraprendano tutto ciò che è giusto e valido per aiutare l'emigrante,
al fine di salvaguardarne la dignità personale e favorire la sua
partecipazione, libera e responsabile, alla vita comunitaria e sociale
dovunque si trovi. E a loro, ai molti capoverdiani emigrati, dico: nel
procurarsi il pane e nel cercare migliori condizioni di vita in terre
lontane, non dimentichino mai il suolo natìo e la gente che vi abita:
parenti, amici, le persone conosciute e quelle sconosciute. Non
dimentichino coloro che sono rimasti in patria! Siano fedeli alle proprie
radici: alla propria cultura, alla propria fede e alla santità di tradizioni
e costumi. E cerchino, con il proprio modo di vivere, di dare
testimonianza delle buone qualità del popolo capoverdiano e dei valori
cristiani. (…)
[Traduzione dallo spagnolo]
OMELIA NELLA SPIANATA «QUEBRA CANELA»
Praia 26 Gennaio 1990
(...) Anche qui a Capo Verde continua la costruzione della Chiesa nei
cori degli uomini. Tutti i battezzati sono responsabili di essa, e on solo
i sacerdoti e i consacrati. Seguire Cristo è una vocazione ll'apostolato,
che coinvolge tutti. I laici, con la loro particolare vocazione e missione
nella Chiesa, sono chiamati a svolgere un ruolo importante. Tanto più
che scarseggiano quelli che si dedicano esclusivamente al servizio del
Regno. Considerando inoltre l'organizzazione della vita moderna, si
sente a necessità di una presenza dei cristiani laici attiva ed
evangelica, e allo stesso tempo dinamica e trasformatrice, per
individuare e aggredire le cause dei mali che paralizzano o corrodono
la qualità della vita e la vita stessa, impedendo la «costruzione» e la
crescita della comunità ecclesiale e anche della comunità cristiana e
57
sociale. E' importante che i laici sappiano essere testimoni e araldi di
proposte conformi alla giustizia e alla carità; capaci di contribuire l
miglioramento delle strutture sociali, economiche e politiche. E'
importante che sappiano essere modelli di solidarietà e di fraternità,
pensando e operando come cristiani autentici. (.)
Essendo un popolo situato ad un crocevia di civiltà, voi, fratelli e
sorelle, avete una tradizione, nella quale la vita familiare, le abitudini
sociali e la cultura stessa sono caratterizzate dal Vangelo. Ogni
capoverdiano può sentirsi orgoglioso, ripetendo quella frase:
«sull'esempio dei miei predecessori», che abbiamo ascoltato nella
prima Lettura. Intanto la vostra terra, che era già anticamente
conosciuta per essere un punto strategico per la guerra, nonché un
punto di passaggio per abbreviare le rotte commerciali, era altresì
nota, purtroppo, per l'abominevole commercio di persone umane, ai
tempi della schiavitù. E pertanto possibile che persistano delle cicatrici
di ciò nella vostra cultura. Oggi volevo sottolineare qui con voi due
aspetti, che costituiscono una costante preoccupazione del magistero
ecclesiale: - Il primo è: No alle discriminazioni di ogni genere; mai più
schiavitù dell'uomo nei confronti dell'uomo; mai più forme di violenza,
che minano la dignità delle persone; mai più la negazione dei diritti di
Dio sull'uomo: «L'uomo vivente è la gloria di Dio». - Il secondo è che,
nel farvi visita, mi convinco che i capoverdiani seguono il consiglio
dell'Apostolo: dimenticandosi di ciò che sta alle loro spalle, vogliono
andare avanti verso il futuro. Verso un futuro cristiano sempre
migliore. (...) [Traduzione dallo spagnolo]
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45esimo VIAGGIO APOSTOLICO IN GUINEA BISSAU
25 gennaio - 1 febbraio 1990
ALL'ARRIVO ALL'AEROPORTO
Bissau, 27 Gennaio 1990
(...) Salutando i presenti estendo il mio saluto a tutta la popolazione
della Guinea. So che è gente attiva, pacifica e gioiosa, dalla religiosità
molto spontanea; so anche che vi sono molti giovani, avidi di
imparare, disposti a fare di tutto per costruire una società migliore ed
aperti alle possibilità di progresso e di reale sviluppo che il mondo gli
offrirà. (...)
Rendo grazie al Signore per essere oggi in Guinea-Bissau, Paese che
giunto all'indipendenza soltanto circa quindici anni fa, si trova
certamente in un momento importante e difficile: il momento di
strutturarsi come Nazione e di affermarsi quale «socio» a pieno
diritto, nel concerto delle Nazioni. Esso deve affrontare quindi vari
problemi: alcuni specifici, altri comuni a diversi Paesi di questa parte
del mondo. (…) Camminando insieme all'uomo considerato in tutte le
sue dimensioni e collocato nel suo ambiente, la Chiesa vuole aiutarlo
a realizzare la sua vocazione integrale: attingere ad una piena
dimensione umana con le esigenze del suo spirito, la sua apertura alla
trascendenza e la chiamata alla vita eterna. Non ignora i problemi che
si presentano a coloro i quali hanno la responsabilità di aiutare i
cittadini nella realizzazione di una autentica fioritura umana, fino a
raggiungere tale piena dimensione, così come non ignora quanto sia
difficile trovare i processi politici più adatti, gestirli e dirigerli con
successo, per promuovere organicamente e istituzionalmente il bene
comune. Mi sia permesso, nell'interpretare i sentimenti di quanti
desiderano la felicità di ogni abitante della Guinea, ricordare qui che i
pilastri di qualsiasi modello veramente umano di società rimangono
sempre la verità, la libertà, la giustizia, l'amore, la responsabilità, la
solidarietà e la pace. In questa ottica voglio fare riferimento solo ad
alcuni aspetti di una piena dimensione umana. Ed è in questo la
«pietra angolare» di una Guinea nella quale tutti si sentano sempre
migliori e più uniti dall'amore patrio pur appartenendo a etnie
differenti.
(...) E convinzione della Chiesa che per debellare e respingere le
discriminazioni e le ingiustizie, bisogna educare, insegnare e vivere
una solidarietà radicata nella coscienza della fratellanza di tutti i
membri della famiglia umana. Al giorno d'oggi, si nota una crescente
presa di coscienza in tal senso, suscitata dall'interdipendenza delle
persone e dei popoli nel mondo intero. Poco fa ho esaltato il valore
morale positivo di tale coscienza: essa impone ad ognuno di noi una
determinazione ferma e perseverante nell'impegnarsi per il bene
59
comune universale. Siamo tutti, realmente responsabili di tutti (cfr.
Sollicitudo rei socialis, n. 38).
Per raggiungere tale solidarietà che - come mi ha scritto il Signor
Presidente a suo tempo - «nasce dalla collaborazione di tutti i popoli e
dalle istituzioni che lottano per un mondo di pace e di progresso», ho
insistito, spesso, sulle condizioni e le strade. Non si tratta di scelte
lasciate all'arbitrio di ognuno, bensì di imperativi etici fondati sulla
destinazione universale dei beni della terra e specificati in norme e
priorità, sia per quelli che possono dare, per quelli che ne traggono
beneficio. Tale solidarietà indispensabile degli uomini e dei popoli sarà
tanto più reale quanto più verrà considerata come un servizio da
prestare, con intelligenza, disponibilità e gratuità. I beni con i quali si
può aiutare il prossimo, devono essere garantiti ed offerti, in modo
che possano essere accettati liberamente, sia dalle persone che dai
gruppi (cfr. Gaudium et Spes, n. 74). Prego Dio affinché la Guinea
possa godere di una solidarietà così concepita e resa concreta. Signor
Presidente, ribadisco a Vostra Eccellenza ed alle altre Autorità, la
certezza che possono sempre contare sulla lealtà dei figli della Chiesa
cattolica per questa loro Patria terrena. Essi conoscono i loro compiti.
Insieme ai fratelli di altri credi e con tutti i cittadini, sono disposti a
partecipare, di tutto cuore, all'opera comune, nella misura in cui gli
vengano concessi spazi per agire liberamente. Consapevole del fatto
che spesso gli sforzi e la buona volontà degli uomini non bastano,
preghiamo perché Dio. Signore della storia, vi assista ed aiuti nella
difficile ma nobilissima missione di servire il bene comune di tutti gli
abitanti della Guinea, ai quali faccio i miei migliori auguri. Su di loro e
su tutti i presenti imploro la Benedizione di Dio Onnipotente.
[Traduzione dallo spagnolo]
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DISCORSO DI CONGEDO ALL'AEROPORTO
Bissau 28 Gennaio 1990
(...)Durante il mio breve passaggio fra voi avrei voluto essere stato
un'eco e un riflesso, limitato ma autentico, dello stesso Signore Gesù,
che passò tra gli uomini, sollecito nel portare la «salvezza di Dio per
tutti gli uomini» (Tit 2,11) senza esclusivismi né discriminazioni; ma
con particolare attenzione ai poveri, ai «più piccoli» e ai sofferenti.
L'ultima immagine che ho appena colto nella vostra terra, visitando il
lebbrosario di Cumurà, è emblematica; mi ha fatto pensare ai drammi
che molti abitanti della Guinea ancora vivono, dibattendosi fra mali e
carenze deprimenti e paralizzanti, per risolvere i quali, probabilmente,
non è neanche necessario ricorrere ai miracoli. Mi viene in mente in
modo spontaneo, il Maestro, Gesù Cristo, che, con parole e opere, ha
ben evidenziato che evangelizzazione e attenzione alle necessità
concrete degli uomini sono legate. (…) In particolare mi ha ricordato
la scena del paralitico presso la piscina di Betzata. Mentre Gesù
passava, gli lesse negli occhi la speranza e il desiderio di vivere
meglio e ascoltò da lui questa frase molto significativa: «lo non ho
nessuno...» (Gv 5,7). Nessuno che mi aiuti e mi mostri solidarietà.
Voglia Dio che una simile esclamazione mai possa uscire dalle labbra
di un abitante della Guinea. (…) Ai miei fratelli e sorelle cattolici
ricordo ancora: la Chiesa non deve limitarsi ad essere semplicemente
un segno di speranza nel mondo. Deve anche dare le ragioni di questa
speranza. Deve aiutare non soltanto a mettere in luce i problemi, ma
anche a trovar loro le soluzioni, alla luce dei disegni divini che si
scorgono nella Parola rivelata. Continuate, dunque, ad ascoltare la
parola con cui Cristo vi invia: «Mi sarete testimoni» (At 1,8)!
continuate a evangelizzare, con gli stessi sentimenti che c'erano in
Gesù Cristo (cfr. Fil 2,1-5), perché si operi una simbiosi perfetta tra la
fede annunciata e l'anima africana, saldi nella certezza che, per
questo motivo, il Vangelo non ha bisogno né può cambiare. Siate
coraggiosi nell'affrontare i problemi pastorali: quelli antichi e quelli
nuovi, quelli portati dai mutamenti della vita moderna, per esempio,
dall'urbanizzazione o dall'accesso agli studi di molti giovani di questa
Nazione.
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