I N D I C E - Radio Vaticana
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Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa dei vescovi di Capo Verde, Guinea Bissau, Mauritania e Senegal Città del Vaticano, 15-22 febbraio 2006 A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana INDICE Le attuali sfide per la Chiesa Repubblica del Senegal Repubblica islamica araba e africana di Mauritania Repubblica di Capo Verde Repubblica della Guinea-Bissau Cenni storici e struttura della Chiesa Vita della Chiesa (con intervista al vescovo di Nouakchott) Le visite ad limina I viaggi apostolici di Giovanni Paolo II P.2 P.2 P.3 P.4 P.5 P.6 P.10 P.26 P.34 P.39 1 Le sfide attuali per la Chiesa La chiesa cattolica in Senegal, Mauritania e Guinea Bissau costituisce una presenza cristiana minoritaria in paesi a maggioranza islamica (la situazione in Capo Verde, a stragrande maggioranza cattolica è naturalmente diversa e nel caso della Guinea c‟è una forte maggioranza anche di religioni tradizionali africane), e si confronta oggi con problemi vasti e complessi: da quelli sociali ed economici, a quelli ecclesiali, alle sfide etico-morali. D‟altra parte anche la parola delle gerarchie cattoliche trova scarsa eco nella sfera politica, economica e sociale di questi paesi. Uno degli impegni principali rimane comunque quello della collaborazione all‟interno della Chiesa, per favorire sempre più il dialogo e lo scambio tra i vescovi e con i laici e i preti. La formazione, a causa di difficoltà di varia natura, rimane una delle priorità, così come il dialogo interreligioso, che pure ha conosciuto esperienze positive come nel caso del Senegal. Il posto dei laici nella chiesa rimane certamente una grande sfida, così come la possibilità di accompagnarli con un‟adeguata formazione ecclesiale che li possa rendere protagonisti nelle rispettive società. Del resto l‟emergenza educazione, anche per le difficoltà economiche in cui versano le scuole cattoliche, è sempre più palese. Tutte sfide acuite dalla povertà della comunità cristiana, e più in generale dalla crescente divaricazione tra ricchi e poveri in questi paesi, che rende difficile anche il sostentamento delle diocesi. REPUBBLICA DEL SENEGAL Il Senegal ha una superficie di 196.182 km2 e una popolazione di oltre dieci milioni di abitanti. Confina con Mauritania, Mali, Guinea, Guinea Bissau e Gambia. Tra le città principali: Dakar, la capitale; Thies, Kaolack, Sant-Louis. La lingua ufficiale è il francese, mentre dal punto di vista religioso il 90% della popolazione è musulmana, mentre il 6% è cristiana ed il 4% di religione tradizionale. Cenni storici La storia di queste terre è una storia molto antica, che inizia ai primordi della civiltà umana, quando circa un milione e mezzo di anni fa qui iniziava a muovere i primi passi l'Homo Erectus. Venendo ad epoche meno remote, la storia del Senegal inizia con l'installazione di alcuni gruppi di popolazione tra i fiumi Senega, Senegal, e la penisola del Capo Verde: nel Nord, i Toucouleurs ed i Peuls, nel centro-ovest i Wolofs, nell'est dei Mandingues, nel Centrosud, i Severi. 2 Nel VI secolo qui si sviluppò l'impero del Ghana, a cui seguirono quello del Mali, di Jolof, Siné e del Saloum, e poi, nel Nord, nascita del regno di Fouta Toro. L‟incontro con gli europei avvenne nel 1444 quando i portoghesi sbarcano sulle coste del Senegal e su una penisola, che chiamano Cabo Verde o Capo Verde, dove sorge oggi Dakar. Verso il 1500 vengono creati i “banchi portoghesi” e inizia lo sfruttamento dell'oro e il traffico degli schiavi. Ma sarà il periodo dal XVII al XIX secolo quello più tragico con il commercio di schiavi che transitavano dall'isola di Gorée verso le Americhe, accompagnato dalle lotte dei paesi europei per il controllo dell'isola e dei banchi. All'interno di questi territori, intanto, continuava ad estendersi l'influenza islamica, in particolare la corrente del "sufismo". Dalla seconda metà del Settecento il Senegal passa definitavamente alla Francia, anche se la colonizzazione delle zone interne avviene solo a partire dal 1854. L‟indipendenza giunge il 19 giugno 1960, dopo la proclamazione della Federazione del Mali, che riuniva il Senegal e il vecchio Sudan francese, ma la Federazione ebbe vita breve e si sciolse dopo appena due mesi. Il 5 settembre 1960 viene proclamata la Repubblica del Senegal. REPUBBLICA ISLAMICA ARABA E AFRICANA DI MAURITANIA La Mauritania ha una superficie di 1.030.700 km2 e una popolazione di oltre due milioni e settecentomila abitanti. Confina con Marocco, Algeria, Mali e Senegal. La capitale è Noukchott, e altre città importanti sono Nouadhibou, Rosso, Kaédi, Zouérate, Atar. La popolazione è quasi interamente musulmana, e la lingua nazionale è l'arabo. Il francese è la lingua di lavoro. Il paese è diventato indipendente il 28 novembre 1960. La Mauritania forma una sola diocesi, direttamente dipendente da Roma, guidata dal vescovo di Nouakchott. REPUBBLICA DI CAPO VERDE La Repubblica di Capo Verde ha una superficie di 4033 km2 ed una popolazione di circa quattrocentottantuno mila abitanti, per lo più concentrati nell'isola di São Tiago, la più grande dell'arcipelago. Da notare che il paese ha conosciuta un'imponente diaspora per cui oltre ottocentomila capoverdiani vivono fuori del proprio paese, per lo più nei paesi di lingua portoghese e Stati Uniti. La capitale è Praia, e altre 3 città importanti sono Mindelo e São Filipe. Alcune delle isole principali, oltre a São Tiago, sono Santo Antão, Boa Vista, Fogo, São Nicolau. La stragrande maggioranza della popolazione è cattolica; la lingua ufficiale è il portoghese. Il paese è diventato indipendente nel luglio 1975. Gli europei scoprono questa terra nel 1460, ad opera del navigatore portoghese Diego Gomes che stava esplorando le coste dell‟Africa Occidentale. L'arcipelago di Capo Verde, a 450 km ad ovest di Dakar, costituì dal XV secolo una provincia di oltremare del Portogallo, cosicchè in questa parte dell'Africa esiste oggi una cultura che è frutto dell'apporto di popoli africani venuti con la schiavitù e di elementi europei. L'evangelizzazione fu affidata, fin da 1462 all'Ordre du Christ, che costruirono la prima chiesa nell'isola di Fogo nel 1480. La diocesi, creata il 31 gennaio 1553, vide poi l‟arrivo di preti secolari dal Portogallo, poi i Padri Gesuiti, i Cappuccini e gli Agostiniani. Trenta parrocchie furono fondate nel XVI secolo, mentre fin dal 1555 fu aperta una scuola di latino e di morale a Ribeira Grande, allora capitale, per preparare il seminario che fu creato il 12 gennaio 1570. Il clero diocesano ed i religiosi assicurarono il ministero fino all'inizio del XX secolo. Nel 1910, con la rivoluzione portoghese che soppresse tutte le congregazioni religiose, la vita religiosa fu quasi completamente disarticolata per mancanza di clero e di risorse, al punto che il seminario dovette essere chiuso nel 1914 e molte parrocchie rimasero senza titolari. Gli statuti del 1926 e soprattutto gli accordi del 1940 contribuirono a riportare alla normalità la vita religiosa. Oggi Capo Verde conta una diocesi. REPUBBLICA DELLA GUINEA-BISSAU La repubblica della Guinea Bissau ha una superficie di 36.125 km 2, con una popolazione di circa un milione trecentomila abitanti. Confina con Senegal e Guinea, e si affaccia sull'oceano Atlantico. Il paese ha proclamato il 24 settembre 1973 l'indipendenza, ottenendone il riconoscimento l'anno successivo. La capitale è Bissau, e tra le principali città è Bafatà. La lingua ufficiale è il portoghese. Dal punto di vista ecclesiale, la chiesa cattolica inviò quì i primi missionari nel XVII secolo, francescani portoghesi, che rimasero nei pressi della costa. La vita religiosa prese poi uno sviluppo notevole, ma la rivoluzione portoghese che soppresse le congregazioni religiose, fermò l'espansione lasciando solo alcuni preti secolari in attesa del ritorno dei Francescani. Il 4 settembre 1940, la Guinea portoghese si staccò dalla diocesi di Capo Verde per diventare una Missione Indipendente, trasformata nel 4 1975 in Prefettura apostolica, fino alla creazione della diocesi nel marzo 1977. Anche in Guinea Bissau la Chiesa cattolica, che conta due diocesi, è una piccola minoranza (5% cristiani), mentre il 50 % della popolazione è legato alle religioni tradizionali africane, ed il restante 45% è musulmano. La Conferenza episcopale riunisce i vescovi di quattro paesi con caratteristiche anche molto diverse, essendo il Senegal e la Mauritania due paesi a larghissima maggioranza musulmana, e di lingua francese, mentre Capo Verde è a maggioranza cattolica e la Guinea Bissau ha una piccola presenza cristiana in un contesto maggioritario di religioni tradizionali africane e di musulmani, e sono entrambi di lingua portoghese. Le vicende storiche e missionarie tuttavia hanno in qualche accomunati fino ad oggi questi quattro paesi. 5 Alcune linee storiche della presenza della Chiesa cattolica Il Vicariato delle "Due guinee" venne eretto il 22 gennaio 1842 e copriva tutto il territorio dell'Africa Occidentale francese, arrivando fino all'il Gabon. 8 febbraio 1863: il Vicariato Apostolico del "Sénégambie" è affidato ai Padri del Santo Spirito. 8 ottobre 1897: il Vicariato della Guinea 28 maggio 1901: il Vicariato della parte occidentale del Sudan francese 5 maggio 1931: il Vicariato del Gambia 27 gennaio 1936: Vicariato di Dakar. 25 aprile 1939: Prefettura apostolica di Ziguinchor; Vicariato apostolico il 10 luglio 1952 e Diocesi il 14 settembre 1955. 1779: Prefettura apostolica di Saint Louis; Vicariato Apostolico il 28 gennaio 1955; Diocesi il 15 febbraio 1966. 21 gennaio 1957: Prefettura apostolica di Kaolack, per la divisione delle Diocesi di Dakar e Ziguinchor, Diocesi il 6 luglio 1965. 6 febbraio 1969: Erezione della Diocesi di Thiès, per la divisione dell'arcidiocesi di Dakar. 13 agosto 1970: Erezione della prefettura apostolica di Tambacounda per la divisione delle Diocesi di Kaolack e Saint Louis. L'ultima nata tra le diocesi del Senegal è quella di Kolda, creata il 3 febbraio 2000 per la divisione della Diocesi di Ziguinchor. Le altre diocesi 18 dicembre 1965: Erezione della Diocesi di Nouakchott (Mauritania) seguito alla divisione della Diocesi di Saint Louis. Il 8 giugno 1968 la Diocesi di Nouakchott è stata staccata dalla Provincia ecclesiastica di Dakar. 30 marzo 2001: Erezione della Diocesi di Bafate (Guinea Bissau), nato della divisione della Diocesi di Bissau. 31 gennaio 1533: Erezione della Diocesi di Praia (Capo Verde) che si chiamava Santiago di Cabo Verde. Era suffraganea di Lisbona fino al 9 gennaio 1978. Da questa data è annessa direttamente alla Santa Sede. LA CHIESA IN SENEGAL Diocesi di Dakar 6 Arcivescovo: Mons. Théodore Adrien SARR Battezzati: 226.404 Sacerdoti diocesani: 59 Religiosi preti: 67 Religiose: 345 Diocesi di Saint Louis Vescovo: Mons. Ernest SAMBOU Battezzati: 4.039 Sacerdoti diocesani: 6 Religiosi preti: 14 Religiose: 22 Diocesi di Thiès Vescovo: Mons. Jacques SARR Battezzati: 39.463 Sacerdoti diocesani: 76 Religiosi preti: 11 Religiose: 80 Diocesi di Tambacounda Vescovo: Mons. JeanNoel DIOUF Battezzati: 6.245 Sacerdoti diocesani: 14 Religiosi preti: 10 Religiose: 34 Diocesi di Ziguinchor Vescovo: Mons. Maïxent COLY Battezzati: 343.700 Sacerdoti diocesani: 76 Religiosi preti: 11 Religiose: 136 Diocesi di Kaolack Vescovo: Mons. Benjamin NDIAYE Battezzati: 11.238 Sacerdoti diocesani: 11 Religiosi preti: 14 Religiose: 57 Diocesi di Kolda Vescovo: Mons JeanPierre BASSENE (Non ci sono statistiche disponibili) LA CHIESA IN MAURITANIA 7 Diocesi di Nouakchott Vescovo: Mons. Martin Albert HAPPE LA CHIESA A CAPO VERDE Diocesi di Mindelo Vescovo: Mons. Arlindo Gomes FURTADO Diocesi di Santiago de Capo Verde Vescovo: Mons. Paulino do Livramento EVORA LA CHIESA IN GUINEA BISSAU Diocesi di Bissau Vescovo: Mons. José Câmnate na BISSIGN Diocesi di Bafatá Vescovo: Mons. Carlos Pedro ZILLI La cooperazione tra i vescovi dell‟Africa dell‟Ovest I quattro paesi che compongono la Conferenza episcopale del Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea Bissau fanno parte anche del raggruppamento regionale dei vescovi dell‟Africa dell‟Ovest (CERAO), che da oltre quarant‟anni sostiene il cammino, non sempre facile, di queste chiese. Dal 31 gennaio al 5 febbraio 2006 si è svolta la 16.ma Assemblea plenaria della CERAO, ad Abidjan, in Costa d‟Avorio, per lanciare un impegnativo piano pastorale per i prossimi anni, sul tema “Proclamiamo la santità in Chiesa, famiglia di Dio”. Si tratta di un programma che coinvolgerà vescovi e comunità cristiane per ricordare a tutti che la santità, vocazione comune di ogni battezzato, è grazia di Dio che tuttavia deve essere accolta concretamente dall‟uomo nella vita di ogni giorno, individualmente e collettivamente. Da qui la necessità di una progettazione in diversi campi della vita ecclesiale e sociale per coinvolgere tutto il popolo di Dio. Durante la 16.ma Assemblea di Abidjan è stato fatto anche un bilancio del cammino percorso e di quanto è stato realizzato a livello regionale, nazionale e diocesano. Le giornate di lavoro si sono svolte in sedute plenarie, durante le quali la parola è stata data alle 7 conferenze episcopali nazionali o interterritoriali. Un gruppo di esperti ha infine analizzato la messa in opera di questo piano pastorale e la pedagogia della santità. 8 VITA DELLA CHIESA dal Bollettino “Notizie dalla Chiesa” della Radio Vaticana “L‟infanzia nel cammino della nostra conversione”. È il titolo del messaggio dei Vescovi di Guinea Bissau, Senegal, Capo Verde e Mauritania per la Quaresima 2004. I Vescovi tracciano un profilo della situazione dell‟infanzia nei loro paesi a partire dalla tradizione africana, nel cui ambito “il bambino è percepito come un dono di Dio, e fin dal suo concepimento è desiderato, atteso e amato”. I Vescovi però non vogliono idealizzare troppo il passato, in quanto “esistono forme di mutilazione e sfruttamento dell‟infanzia (escissioni, matrimoni forzati) che persistono sotto il mantello della tradizione”. “Di fronte alle sfide della modernità” dicono i Vescovi “le società africane non sfuggono al terremoto che sconvolge le basi tradizionali dell‟educazione, e persino della visione della persona umana e della vita. L‟urbanizzazione crescente, l‟accesso delle donne al lavoro, la precaria situazione economica, hanno suscitato paure per la formazione di una famiglia numerosa.. La Chiesa non si è mai espressa né a favore della famiglia numerosa né di quella mononucleare. Essa difende la paternità/maternità responsabile e denuncia le pratiche che non rispettano la vita e o la dignità umana”. Tra le condizioni che possono compromettere il futuro dell‟infanzia, i Vescovi ricordano “gli attacchi all‟armonia familiare: alcolismo, divorzi e separazioni, poligamia, disoccupazione, esodi rurali, emigrazioni”. I Vescovi ricordano anche le “tante situazioni create dagli adulti che mettono in pericolo la vita e il futuro dei bambini”. Tra queste vi sono: guerra (“bambini massacrati o mutilati. Bambini coinvolti nei conflitti, indotti a uccidere e costantemente esposti al pericolo”); infanzia abbandonata (“bambini abbandonati nelle strade delle nostre città, condannati a mendicare per sopravvivere, esposti alla rovina della droga"); pedofilia; lavoro forzato; pandemia dell'AIDS. Di fronte a questa situazione, i Vescovi invitano i fedeli, in occasione della Quaresima, a “sensibilizzare i propri figli sulle condizioni dei bambini che soffrono, in modo da educarli alla solidarietà da tradurre in gesti concreti. Suggeriamo collette nelle famiglie, nelle scuole, per aiutare a curare i bambini malati, vestire i bambini poveri, dare da mangiare ai fanciulli privi di cibo, offrire istruzione a coloro che ne sono sprovvisti”. (Agenzia Fides 1/3/2004) I vescovi del Senegal sono intervenuti più volte in questi anni sulla situazione sociale e politica del Paese, in particolare per la pace nelle regione secessionista della Casamance e in difesa 9 della laicità e della pacifica convivenza con la maggioranza musulmana, con la quale i rapporti sono storicamente buoni e costruttivi, con qualche incrinatura solo in questi ultimi anni. Di seguito una selezione di alcune notizie pubblicate dalla Radio Vaticana tramite il Bollettino Notizie dalla Chiesa I VESCOVI INTERVENGONO PER DENUNCIARE IL DEGRADO MORALE E POLITICO DEL PAESE DAKAR, 24 nov. ‟94 - Un forte appello a riunire tutte le forze per superare il degrado della vita politica, morale ed economica del paese. Questo in sintesi il messaggio contenuto nella lettera pastorale che i vescovi del Senegal hanno indirizzato a tutti i fedeli domenica scorsa. La lettera pastorale richiama così lo stato, i partiti, i sindacati, i singoli credenti, cristiani o musulmani che siano, ad adempiere ognuno al proprio dovere, per edificare la giustizia e la pace nel Paese africano. Come ha spiegato in una conferenza stampa mons. Adrien Sarr, presidente della Conferenza episcopale senegalese, la lettera dei vescovi vuole essere un richiamo a singoli individui, a famiglie, a gruppi sociali e politici, affinché rinuncino a tutti quei comportamenti negativi e pregiudizievoli sia per il Paese che per sé stessi. La Chiesa nel Senegal, ha precisato mons. Sarr, non vuole imporre a nessuno determinati comportamenti, ma si appella alla fede e al senso etico di tutti i credenti per salvare il Senegal dal degrado morale e materiale. La lettera pastorale di domenica segue l‟esortazione del dicembre 1993, in cui i vescovi avevano anticipato l‟intenzione di tornare (Programma francese-Africa) I VESCOVI DENUNCIANO LE STORTURE DEL SISTEMA ECONOMICO DAKAR, 3 gen ‟95 - In una lettera pastorale pubblicata nei giorni scorsi, i vescovi del Senegal denunciano l'ingiustizia dell'attuale sistema economico mondiale, ma anche l'incuria dello Stato, sottolineando la necessità di impegnarsi per l'onestà, il lavoro, la solidarietà e la giustizia. "Il Senegal - scrivono i vescovi - è vittima (...) di un sistema economico ingiusto, che per mantenere e migliorare il livello di vita dei paesi industrializzati getta gli altri nella miseria". La crisi economica del Paese che questo sistema ha prodotto, continua il documento, è all'origine dell'aggravamento della povertà, dell'esodo dalle campagne, con la conseguente disgregazione del tessuto sociale. a ciò si aggiunge il degrado morale che colpisce la società e l' apparato statale a tutti i livelli e che si traduce nella mancanza di rispetto per il bene comune, nell'individualismo e nella corruzione. 10 Di fronte a tutti questi problemi, sottolineano i vescovi, "il Senegal può e deve innanzitutto contare su se stesso". In particolare, poiché l'economia del Senegal è essenzialmente agricola, occorre rilanciare seriamente questo settore, per assicurare al Paese l'autosufficienza alimentare. in conclusione, i vescovi rivolgono un appello a tutti i senegalesi, e in particolare ai cristiani, affinché si impegnino attivamente per il bene pubblico nella vita politica. (Apic) I VESCOVI CONDANNANO LE TESI SECESSIONISTE DEL MOVIMENTO DELLE FORZE DEMOCRATICHE DELLA CASAMANCE DAKAR, 23 ott ‟97 - La Conferenza episcopale senegalese condanna fermamente l'attività e le tesi secessioniste del sacerdote Diamacoune Senghor, fondatore del movimento delle Forze democratiche di Casamance (Mfdc). Lo ha sottolineato con forza il presidente della stessa Conferenza episcopale, mons. Theodore Adrien Sarr, in un'intervista rilasciata nei giorni scorsi al quotidiano senegalese "Le Matin". Il Mfdc conduce da quindici anni una sanguinosa lotta di "liberazione" che ha provocato migliaia di morti in questa provincia del Senegal, situata tra la Guinea-Bissau e il Gambia. mons. Sarr ha espresso il suo "dolore" per le sofferenze, la perdita di vite umane e le distruzioni provocate dalle agitazioni secessioniste in Casamance, un dolore, ha aggiunto, particolarmente sentito, perché vedono coinvolto un sacerdote cattolico. Contro don Diamacoune Senghor, ha tuttavia precisato il presule, per il momento non sono previste sanzioni canoniche, che, secondo i vescovi senegalesi farebbero più male che bene in questo momento. Essi hanno peraltro più volte tentato di persuadere il capo del movimento secessionista ad avviare un dialogo con il governo di Dakar, ma senza successo. I problemi che sono all'origine della crisi nella provincia possono essere risolti solo con il dialogo e non "con la lotta armata", ha osservato il vescovo di Kaloack, secondo il quale l'indipendenza della Casamance è comunque "un'utopia". (Apic) MARCIA INTERRELIGIOSA PER LA PACE NELLA CASAMANCE ZINGUINCHOR, 24 nov. ‟97 - musulmani e cristiani hanno animato una marcia per la pace nella Casamance, la regione meridionale del Senegal dove da 15 anni combatte il movimento secessionista delle forze democratiche di Casamance (Mfdc, in sigla). La marcia ha avuto luogo, domenica scorsa, a Zinguinchor, che è il capoluogo della regione stessa. Essa è stata organizzata dall'arcidiocesi di Zinguinchor e dalle autorità religiose musulmane della città per chiedere la fine dei combattimenti in 11 corso. Hanno guidato il corteo l'arcivescovo di Zinguinchor, mons. Maixent Coly, e l'imam della principale moschea della città. Mons. Coly ha espresso soddisfazione per il successo dell'iniziativa, che ha coinvolto fedeli di diversi credi. L'attività e le tesi secessioniste del movimento delle forze democratiche di Casamance, fondato nel 1982 dal sacerdote Augustin Diamacoune Senghor, sono state più volte condannate dai vescovi senegalesi. Di recente i presuli hanno chiesto a don Senghor un serio impegno per ricondurre alla pace, nel prossimo natale, la regione di Casamance. (Apic) ANCORA UN NATALE DI TENSIONI NELLA CASAMANCE ZINGUINCHOR, 29 dic ‟97 È stato un natale triste e vissuto in un clima di forti tensioni quello festeggiato quest'anno dai cattolici della regione del Casamance, in Senegal, dove negli ultimi mesi sono ripresi gli scontri tra le forze governative e quelle del movimento secessionista delle forze democratiche di Casamance (Mfdc). La regione è da più di 15 anni scossa da una lotta per l'indipendenza che ha fatto, tra civili e militari, più di mille morti. Nonostante le promesse di pace fatte qualche settimana fa, dal fondatore del movimento secessionista, il sacerdote Augustin Diamacoune Senghor, le violenze sono continuate e nella sola settimana di Natale sono state uccise 19 persone e ne sono state ferite 27. In alcune località, per ragioni di sicurezza, la messa della notte di natale è stata anticipata al pomeriggio e molti fedeli hanno rinunciato a parteciparvi per paura. L'aggravarsi della situazione in Casamance è stata al centro del tradizionale messaggio natalizio dell'arcivescovo di Dakar, il cardinale Hyacinthe Thiandoum. Nel messaggio, teleradiodiffuso in tutto il Paese, il cardinale ha invitato tutti i fedeli a "non arrendersi alla violenza che aumenta ogni giorno", ricordando che la chiesa è impegnata in prima fila nella ricerca di una soluzione pacifica del conflitto. come è noto, i vescovi del Senegal hanno più volte condannato l'attività e le tesi secessioniste del "Mfdc". a novembre avevano chiesto a don Senghor un serio impegno per ricondurre alla pace la regione entro natale. (Apic) I VESCOVI SU ELEZIONI PARLAMENTARI DEL 24 MAGGIO „98 DAKAR, 27 apr. ‟98 - in vista delle prossime elezioni parlamentari in Senegal, previste per il 3 maggio, i vescovi del Paese hanno rivolto un appello affinché la consultazione elettorale sia "trasparente, pacifica e democratica". L'appello è contenuto in una lettera pastorale divulgata venerdì scorso e intitolata "Per quale Senegal dopo maggio 1998?". I vescovi senegalesi chiedono alla classe politica delle risposte "più conformi ai bisogni e alle attese della popolazione". A loro parere, infatti, molti senegalesi hanno la netta impressione che "le 12 preoccupazioni e le strategie dei politici si siano ridotte al perseguimento o alla conservazione del potere". Secondo l'arcivescovo di Dakar, card. Hyachince Thiandoum, le convinzioni e le preoccupazioni espresse dai vescovi sono condivise da molti esponenti religiosi musulmani. Intanto, in vista dell'importante appuntamento elettorale si sono mobilitati gli intellettuali cristiani senegalesi riuniti nel movimento "Presenza Cristiana" che ha organizzato un ciclo di conferenze dedicato all'attuale situazione politica, economica e sociale del paese. gli incontri, che si svolgono per tutto il mese di aprile, sono aperti alla partecipazione di intellettuali cristiani e musulmani. Come ha infatti spiegato il presidente di "Presenza Cristiana", Théodore Ndiaye, si tratta di incontri di carattere interreligioso che hanno come obiettivo quello di offrire ai credenti delle due religioni un'opportunità di confronto e di dialogo in questo importante momento politico. In sostanza, con tale iniziativa si vogliono incoraggiare le forze migliori e più rappresentative del Paese a lavorare insieme per risolvere le difficoltà con cui devono confrontarsi ogni giorno tutti i cittadini senegalesi, musulmani e cristiani. Una collaborazione che in Senegal, paese a netta maggioranza musulmana, è resa più facile dai buoni rapporti tra le due comunità religiose, da sempre improntati alla convivialità e al dialogo. (Apic) IN UNA LETTERA PASTORALE PER IL 1° MAGGIO I VESCOVI DENUNCIANO LO SFRUTTAMENTO DELLE DONNE DAKAR, 1° mag ‟98 - In occasione del 1° maggio, Festa di S. Giuseppe Lavoratore, i vescovi del Senegal hanno pubblicato una lettera pastorale sulla condizione femminile per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle donne sfruttate nel lavoro e in particolare sulla lavoratrici domestiche. I vescovi del Senegal dichiarano che con il loro documento non intendono proporre "un trattato filosofico sulla condizione femminile", ma interrogarsi piuttosto sulla situazione delle donne nella società, in particolare su quella delle più deboli. Nella società senegalese, denunciano i presuli, "si continua a considerare la donna inferiore all'uomo come manodopera a buon mercato di cui disporre a piacimento". Il caso delle lavoratrici domestiche è emblematico. Tra queste altissima è la percentuale delle minorenni, la cui età media si aggira intorno ai 12-13 anni. Si calcola, infatti, che siano 88 mila le bambine e le ragazze impiegate in questo settore. il loro livello di istruzione, rileva il documento, è al di sotto della media nazionale. Per citare un dato, "tra le lavoratrici domestiche solo il 26,6 per cento è stato a scuola". Per far "rispettare e promuovere la dignità e diritti di tutte le donne in Senegal, e soprattutto delle più povere e deboli", i vescovi senegalesi si rivolgono direttamente alle autorità pubbliche, alle organizzazioni non governative, ai datori di lavoro e alle famiglie 13 "perché contribuiscano alla promozione ed allo sviluppo delle lavoratrici domestiche". Essi propongono, in particolare, tre tipi di intervento: la creazione di strutture di accoglienza che rispondano alle possibilità reali delle lavoratrici, la loro alfabetizzazione, con corsi igiene e economia familiare, e la creazione di un tavolo di dialogo tra lavoratrici, datori di lavoro e governo. "La nostra attenzione particolare per le lavoratrici domestiche - concludono i presuli - risponde alla sollecitudine di Dio per i gruppi e le persone più vulnerabili della società". (Fides) I VESCOVI SUI RISULTATI DELLE ELEZIONI DEL 24 MAGGIO DAKAR, 8 giu „98 - L‟avvenire politico del Senegal, dopo le elezioni del 24 maggio, causa "numerose e gravi preoccupazioni" ai vescovi che aderiscono alla Conferenza episcopale del Senegal, Mmauritania, Capo Verde e Guinea-Bissau. Lo ha detto mons. Theodore-Adrien Sarr, presidente di questa conferenza episcopale, conversando con i giornalisti. L'incontro con la stampa ha avuto luogo nella stessa Dakar, venerdì scorso, al termine della assemblea plenaria. Sono in molti nel Senegal a contestare la regolarità del recente esito elettorale dal quale sembra uscito vincitore Abdou Diouf e il suo partito socialista."Bisogna che le conquiste della democrazia si rafforzino – ha commentato mons. Sarr -, in particolare nell'espressione libera della gente e nel rispetto di questa espressione". I vescovi hanno espresso anche la propria inquietudine sulla situazione alimentare dei loro rispettivi paesi dove imperversa la siccità e dove i raccolti sono minimi. I vescovi hanno reiterato il loro appello per un aiuto urgente. Guardando alla confusa situazione della Casamance, a sud del Senegal, dove combatte un movimento indipendentista guidato dal sacerdote Augustin Diamacoune Senghor, mons. Pierre Sagna, vescovo di Saint-Louis, ha ricordato che il ruolo del prete non è quello di essere un guerrigliero. Infine, i vescovi, che sono stati ricevuti dal Presidente Abdou Diouf, hanno espresso l'intenzione di dar vita ad un giornale cattolico che convogli "l'opinione dei cristiani". L'arcivescovo di Dakar, il cardinale Hyacinthe Thiandoum, ha preannunciato in proposito una prossima riunione per studiare la realizzazione di questo giornale. (Apic) NELLA CASAMANCE E DI LAICITÀ DELLO STATO I VESCOVI RIUNITI IN ASSEMBLEA PARLANO DEL SECESSIONISMO DAKAR, 4 dic 01. - "Comprendiamo che un prete si impegni per la giustizia e la pace. Ma questo non può essere attraverso un partito politico e ancor meno un movimento che usa la lotta armata." Con queste parole i membri dalla conferenza episcopale di Senegal, Guinea Bissau, Capo Verde e Mauritania invitano padre Augustin Diamacoune Senghor a lasciare il Movimento delle Forze democratiche 14 della Casamance (Mfdc) di cui è il capo. Questo gruppo combatte dal 1982 per l'indipendenza della Casamance, una regione del Senegal incuneata tra Gambia e Guinea Bissau. I vescovi dei 4 paesi sono per la prima volta riuniti presso la Charité de Sindone in Casamance. Un missionario europeo ha detto a Fides di ritenere che i prelati hanno scelto questo luogo per mandare un segnale forte al governo e all' Mfdc per spingerli a parlare sul serio di pace. Il coinvolgimento di un prete cattolico nella ribellione ha creato problemi alla Chiesa. L'opinione pubblica, soprattutto musulmana, l'accusa di tenere un colpevole silenzio sulla vicenda. Deplorando "il fatto che si sparge ancora sangue sul suolo della Casamance" i vescovi hanno lanciato un appello al governo e al Movimento perché si riuniscano intorno a un tavolo negoziale per un ritorno definitivo alla pace. Essi si rivolgono al capo dello Stato perché intervenga a modificare lo statu quo che non favorisce la pace, ed esortano l'Mfdc a mettere fine alle proprie lotte interne e ad aprirsi al dialogo. Padre Diamacoune, da parte sua ha commentato l'appello dei vescovi, dicendo che il suo ritiro sarebbe più un male che un bene. Oltre che della crisi in Casamance, i prelati hanno discusso della prossima lettera pastorale sulla laicità in Senegal. Nella lettera si sostiene che la pace sociale e interna del paese sul piano della coabitazione confessionale deriva dalla laicità. Un altro tema è stato quella della futura università cattolica di Ziguinchor, in Casamance. Mons. Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, ha detto che la scelta di Ziguinchor è legata alle materie di insegnamento: economia turistica, delle foreste, marittima e agroindustriale. Secondo mons. Sarr, questo dimostra un impegno concreto per lo sviluppo della regione. (Fides) TUTTO IL PAESE IN LUTTO PER LA MORTE DEL SUO 1° PRESIDENTE L. SENGHOR, CATTOLICO E UOMO DI DIALOGO DAKAR, 22 dic 01- Tutto il Senegal rimpiange Léopold Sédar Senghor, (foto) primo Presidente del Paese, dopo l'indipendenza dalla Francia nel 1960. Egli è morto il 20 dicembre a 95 anni a Caen (Francia). Il Presidente Abdoulaye Wade ha decretato 15 giorni di lutto nazionale. Uomo di dialogo, Senghor è rimpianto da tutti i senegalesi, che lo considerano l'autentico artefice della pacifica convivenza religiosa nel Paese. Cattolico praticante, egli ha governato il Senegal, la cui popolazione è al 90 per cento musulmana, ottenendo il sostegno degli stessi capi religiosi islamici. Essi hanno sempre invitato la popolazione a votarlo alle elezioni presidenziali. SÚrigne Aziz Sy Junior, portavoce della più importante confraternita islamica, la Tidianiaya, ricorda che l'ex presidente era amico di suo padre, che era Califfo generale della confraternita. Senghor intratteneva regolari e cordiali rapporti con tutti i capi islamici. È lui che ha instaurato in Senegal l'obbligo per i 15 governatori e i prefetti di visitare le autorità musulmane, in occasione delle feste islamiche. Senghor è sempre stato vicino ai paesi arabi musulmani. Il cardinale Hyacinthe Thiandoum, che lo conosceva bene, si ricorda dell'atteggiamento con il quale Senghor si recava a partecipare alla Messa nella cattedrale di Dakar, situata a 300 metri dalla Presidenza della Repubblica. Senghor arrivava senza scorta e si mescolava agli altri fedeli. Solo dopo il tentato omicidio nel 1964 alla grande moschea di Dakar, egli è stato costretto a partecipare alla Santa Messa celebrata nella propria residenza. Ex seminarista, Senghor era molto vicino alla gerarchia cattolica e chiedeva sempre consiglio all'arcivescovo di Dakar. Fu lui che introdusse l'usanza di incontrare i vescovi senegalesi in occasione delle loro assemblee annuali. Questa tradizione è seguita da tutti i presidenti della Repubblica successivi. (Fides) 16 I VESCOVI PARTECIPANO ALLA GIORNATA DI PREGHIERA PER LA PACE INDETTA DA GIOVANNI PAOLO II DAKAR, 23 gen 02 Tutti i Vescovi sono stati invitati dal Papa ad unirsi alla preghiera per la pace il 24 gennaio. Per mancanza di tempo i Vescovi del Senegal non hanno potuto organizzare una manifestazione a livello nazionale, sicché hanno rimesso a ciascun Vescovo la libertà delle iniziative in ogni diocesi. Don Jacques Seck, incaricato del dialogo interreligioso nell'arcidiocesi di Dakar, che conta il numero più grande di musulmani in Senegal, ha invitato i leader delle comunità musulmane a pregare per la pace, il 24 gennaio, in unione con il Papa. Molti leader hanno ricordato che nel 1986, quando si svolse il primo incontro delle religioni ad Assisi, il cardinal Thiandoum aveva organizzato una preghiera comune in cattedrale, per tutte le comunità religiose, ed hanno chiesto di ripetere questa esperienza. Dal momento che il venerdì è il giorno della preghiera per i musulmani e che il 25 gennaio è venerdì, i musulmani dedicheranno la loro preghiera alla pace nel mondo, in unione con il Papa. Nelle altre diocesi i Vescovi hanno preso contatti con i Capi delle comunità musulmane e delle comunità che seguono le religioni tradizionali africane, per chiedere loro di unirsi alla comunità cristiana. Sérigne Abibou Tall, della confraternita islamica Tidiane Omarienne, distintasi per la giornata di digiuno del 14 dicembre scorso, ha domandato agli imam della sua comunità di leggere e commentare il messaggio del Papa ai fedeli. Il 24 gennaio, organizzeranno una cerimonia religiosa in unione con la preghiera presieduta dal Papa ad Assisi. Il giorno dopo, 25 gennaio, si pregherà per la pace e per il Papa, "uomo di dialogo e di pace". La Chiesa protestante del Senegal ha risposto all'invito del Papa, ed ha inserito la preghiera per la pace nel quadro della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, ha dichiarato Christiane Johnson Agboton, responsabile della piccola comunità cristiana protestante i cui fedeli vivono soprattutto a Dakar. (Fides) MONS. SARR AL PRESIDENTE WADE SULL'IMPEGNO DELLA CHIESA NELLA LOTTA ALLA POVERTÀ DAKAR, 28 mag. - La Chiesa in Senegal considera la lotta contro la povertà come una delle sue priorità pastorali. Lo ha ribadito Mons. Thuodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, nel corso di un'udienza con il Presidente senegalese Abdoulaye Wade (foto). L'incontro si è svolto venerdì scorso a Dakar, al termine dell'assemblea plenaria della Conferenza dei vescovi del Senegal, Mauritania, Capoverde e Guinea Bissau (Ceseg, in sigla). Il Presidente della Ceseg ha consegnato a Wade un documento in cui vengono presentati i quattro settori in cui la Chiesa senegalese contribuisce attivamente alla lotta contro la 17 povertà nel Paese: la Caritas, le scuole cattoliche, la promozione della donna e la sanità. Durante l'incontro è stata anche esaminata la situazione in Casamance, la regione meridionale del Senegal dove da 20 anni combatte il movimento secessionista delle Forze democratiche della Casamance (Mfdc) guidate dal sacerdote Augustine Diamacoune Senghor. Mons. Wade ha ribadito l'auspicio dei vescovi che si possa presto addivenire ad una pace definitiva nella regione. (Apic) L'IMPEGNO DELLA CHIESA NELLA LOTTA CONTRO L'AIDS DAKAR, 5 dic 02. – La Chiesa in Africa è preoccupata per la continua diffusione della sindrome da immunodeficienza acquisita (Sida/Aids) e continua a collaborare con le autorità nel tentativo di arginare l'epidemia, che tocca anche le persone che compongono la struttura ecclesiastica. Non è un caso, quindi, che a Dakar, la capitale del Senegal, si concluda oggi, 5 dicembre, un incontro dedicato proprio alla "Vocazione sacerdotale, religiosa e laica di fronte alla sfida della Sida". Il colloquio ha avuto inizio, martedì scorso, ed è organizzato dalla Conferenza episcopale di Senegal, Mauritania, Isole del Capo Verde e Guinea-Bissau. Mons. Jean-Noel Diouf, vescovo di Tambacounda e presidente del comitato organizzatore, nel salutare i partecipanti, ha ricordato che il colloquio è la continuazione di altre iniziative volte a contenere la diffusione dell'epidemia. Analogamente si è espresso mons. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, che ha ricordato come la Chiesa voglia continuare la propria battaglia a fianco delle autorità civili. Le tappe di questa collaborazione, ormai ultradecennale, le ha ricordate, ieri, il vescovo di Thiès, mons. Jacques Sarr. Naturalmente non sono mancati gli interventi degli specialisti che, con l'aiuto di videogrammi, hanno illustrato la gravità della diffusione dell'infezione Vih. (Comunicato) I VESCOVI CONTRO IL NUOVO CODICE DI FAMIGLIA ISLAMICO DAKAR, 24 apr 03 - La Chiesa senegalese si è unita ai movimenti della società civile per dire no all‟introduzione di un nuovo codice di famiglia islamico in Senegal. Il progetto è stato presentato il 9 aprile da diverse confraternite e associazioni musulmane senegalesi. Secondo le organizzazioni per i diritti umani e le associazioni femministe senegalesi, anche se applicabile ai soli musulmani, il futuro Codice sullo Statuto della Persona (CSP) rischia di introdurre divisioni tra le comunità religiose del Paese e di favorire le discriminazioni, minando il principio della laicità e dell‟uguaglianza sancito dalla costituzione. Opinione condivisa negli ambienti cattolici. In una trasmissione 18 dedicata all‟argomento sull‟emittente locale “Sud-Fm”, don Adolphe Faye, sacerdote dell‟arcidiocesi di Dakar, ha messo in evidenza i rischi di “un potere a colorazione religiosa” che “rimetterebbe in discussione molte conquiste del popolo senegalese che gli hanno permesso di svilupparsi nella pace, la concordia e l‟intesa”. Come è noto, il Senegal, Paese a netta maggioranza musulmana, i rapporti tra le diverse comunità religiose sono tradizionalmente improntate alla convivenza pacifica e al dialogo. (Apic) I VESCOVI INSISTONO SULLA LAICITÀ DELLO STATO DAKAR, 25 apr „03. – Esponenti musulmani in Senegal continuano ad insistere per un cambiamento dell‟attuale legislazione della famiglia, che dovrebbe essere più marcatamente segnata secondo i dettami dell‟islam. Contro tali insistenze l‟arcivescovo di Daklar, mons. Théodore Adrien Sarr, ha messo in guardia i giovani difendendo la cosiddetta laicità dello Stato. Lo ha fatto negli incontri con i giovani nel quadro delle celebrazioni per le Giornate mondiali della gioventù. La laicità dello Stato, correttamente intesa sulla base di corretti diritti e doveri, ha detto l‟arcivescovo di Dakar, favorisce la giustizia tra i senegalesi e perciò preserva la pace nel paese. (Apic) MINACCE AI VESCOVI PER AVERE DENUNCIATO IL DEGRADO DEL CLIMA POLITICO DEL PAESE DAKAR, 8 gen. 04 - I vescovi del Senegal hanno ricevuto minacce di morte per avere denunciato lo scorso novembre il degrado del clima socio-politico nel Paese. Le minacce, prese sul serio dalle organizzazioni per i diritti umani, sono contenute in una lettera indirizzata a Mons. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar e Presidente della Conferenza episcopale senegalese che riunisce i vescovi di Senegal, Mauritania, Guinea-Bissau e Capoverde. La missiva è stata spedita dalla capitale il 9 dicembre da un sedicente “Gruppo di Giovani di Acciaio” che afferma di avere il sostegno del Presidente Abdoulaye Wade. Salito al potere nell‟aprile 2000 dopo 26 anni all‟opposizione, Wade è diventato oggetto di crescenti critiche per il suo modo di dirigere il paese. Tra i critici anche i vescovi che il 29 novembre, al termine di una riunione, avevano denunciato il numero crescente di crimini rimasti impuniti e espresso preoccupazione per le minacce alla democrazia e per la progressiva degenerazione del clima politico e sociale in Senegal. Alla 19 dichiarazione dei presuli Wade aveva risposto con una lettera a Mons. Sarr in cui aveva definito ingiuste le critiche che presentavano il Senegal “come un paese apocalittico in un mare tranquillo”. In questi ultimi mesi diversi oppositori al governo del Presidente Wade hanno subito minacce e aggressioni. (Apic: 6 gen.) IL PRESIDENTE WADE IN VISITA IN FRANCIA ASSICURA CHE NON CI SONO MINACCE CONTRO I CRISTIANI PARIGI/DAKAR, 27 gen. 04 - “Non c‟è alcuna minaccia contro i cristiani in Senegal” e la sua “tradizionale tolleranza religiosa riconosciuta in Africa e nel mondo” non è in pericolo. Con queste parole, dalle pagine del quotidiano cattolico francese “La Croix”, il Presidente senegalese Abdoulaye Wade ha voluto riassicurare la comunità cristiana locale, dopo le recenti minacce di morte ricevute dai vescovi per le loro denunce sulla degenerazione del clima politico e sociale del paese. Minacce contenute in alcune missive inviate il mese scorso a Mons. Théodore Adrien Sarr, Presidente della Conferenza episcopale senegalese che riunisce i vescovi di Senegal, Mauritania, Guinea-Bissau e Capoverde. Le lettere venivano da un sedicente “Gruppo di Giovani di Acciaio” che affermava di avere il sostegno dell‟attuale Capo dello Stato, criticato nei mesi scorsi anche dai vescovi per la sua conduzione del paese. Nell‟intervista a “La Croix”, Wade rileva, da parte sua, che il Senegal è sempre stato caratterizzato da una grande tolleranza religiosa, ricordando come il suo celebre predecessore Léopold Sédar Senghor fosse “un cattolico in un paese a maggioranza musulmana” senza che ciò avesse creato mai alcun problema. “Da noi – aggiunge non c‟è neanche l‟ombra di guerre di religione”. Egli fa quindi notare che le condanne più dure alle minacce rivolte ai vescovi, sulle quali precisa che è stata avviata un‟inchiesta, sono venute proprio dai musulmani. Wade conclude quindi rimarcando i suoi ottimi rapporti personali con la Chiesa. Un quadro non condiviso tuttavia dalle organizzazioni per i diritti umani, per i quali le minacce ai vescovi, come ad altri intellettuali critici verso il Presidente, vanno prese sul serio. La Federazione internazionale dei diritti dell‟uomo (Fidh) ha recentemente manifestato forti preoccupazioni per l‟attuale situazione della libertà di espressione in Senegal. (Apic) WADE INVITA CONCITTADINI A PROMUOVERE CONVIVENZA PACIFICA TRA LE RELIGIONI NEL PAESE DAKAR, 6 apr. ‟04 - Il Presidente senegalese Abdoulaye Wade ha invitato sabato i propri concittadini a promuovere la convivenza pacifica e la tolleranza tra le diverse religioni nel paese. Nel suo messaggio alla Nazione per il 44° anniversario dell'indipendenza, ha ricordato come i 20 rapporti tra cristiani e musulmani in Senegal siano sempre stati improntati alla convivenza pacifica e alla tolleranza. "Non dimentichiamoci che in una stessa famiglia si mescolano musulmani e cattolici, che in alcuni nostri cimiteri cristiani e musulmani riposano insieme per l'eternità", ha detto Wade. Questi valori, ha sottolineato, sono "i pilastri su cui si fonda la coesione sociale" e quindi l'unità e l'identità nazionale del paese. L'intervento del Presidente Wade assume un particolare significato alla luce delle tensioni seguite alle minacce rivolte nei mesi scorsi ai vescovi senegalesi per le loro posizioni critiche sulla degenerazione del clima politico e sociale del paese. In un'intervista rilasciata a gennaio al quotidiano cattolico francese “La Croix”, il Capo dello Stato senegalese aveva cercato di sdrammatizzare la situazione assicurando che la comunità cristiana non aveva motivo di sentirsi minacciata. (Apic) MONS. SARR INSISTE SU IMPORTANZA DELLA LAICITÀ DELLO STATO DAKAR, 12 mag 04 - In Senegal, Mons. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, è tornato a ribadire l‟importanza di preservare nel Paese la laicità dello Stato, intesa però non come negazione della dimensione pubblica della religione, bensì come valore positivo a garanzia della pacifica convivenza tra le religioni. Lo ha fatto intervenendo nei giorni scorsi alle celebrazioni del 50° anniversario della missione di Notre Dame de la Paix di Thiadiaye fondata nel 1954, cui hanno partecipato oltre a numerosi fedeli, diversi esponenti musulmani e politici. “La nostra laicità ha il suo posto e il suo valore nella vita personale e sociale, nonostante si prema per la separazione tra i poteri spirituale e temporale", ha rilevato il presule, che ha anche esortato i cristiani senegalesi a "coltivare la pace, evitando tutto ciò che la ostacola, ovvero i contrasti e le divisioni". L'arcivescovo ha poi elogiato il clima di dialogo che ha sempre caratterizzato i rapporti interreligiosi in Senegal. "Questo dialogo – ha detto – è così forte e la convivenza tra i credenti delle diverse religioni così ammirevole che è impensabile che lo Stato intervenga in materia di religione se non per aiutare a consolidare tale armonia". In questo senso ha espresso compiacimento per la presenza di diversi ministri cattolici nel nuovo governo costituito la settimana passata. L'arcivescovo di Dakar è intervenuto più volte l'anno scorso in difesa del principio della laicità, soprattutto contro i tentativi di alcune organizzazioni musulmane di introdurre elementi dell'ordinamento islamico nel codice civile senegalese. (Apic) 21 IL PAESE PIANGE LA MORTE DEL CARD. THIANDOUM, GRANDE PROMOTORE DEL DIALOGO CON I MUSULMANI DAKAR, 28 mag 04.- Una folla commossa ha partecipato ieri mattina, 27 maggio, alle esequie del cardinale Hyacinthe Thiandoum, (foto) arcivescovo emerito di Dakar, capitale del Senegal, morto a Marsiglia il 18 maggio, all'età di 83 anni. La cerimonia si è svolta nella Cattedrale Metropolitana di Dakar intitolata a " Notre Dame des Victoires", ed è stata presieduta dal cardinale Bernardin Gantin."Con la sua scomparsa, il Cardinale Thiandoum - si legge nel messaggio inviato dal cardinale Crescenzio Sepe, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli -, raggiunge i fratelli e compagni della prima ora della Chiesa in Africa: i cardinali Rugambwa della Tanzania, Biyayenda del Congo, Malula del Congo Democratico, Zoungrana del Burkina Faso, Yago della Costa d'Avorio, Otunga del Kenya. Tutti questi grandi testimoni del Cristo che Papa Giovanni Paolo II ricorda con affetto ed emozione nel suo ultimo libro "Alzatevi e andiamo" sono per la Chiesa in Africa un grande motivo di fede, speranza e comunione. Non solo hanno dato un grande contributo al Concilio Vaticano II, apportando la propria sensibilità d'Africani, ma hanno incessantemente lavorato per costruire la Chiesa-Famiglia di Dio in un continente che hanno amato e difeso, attraverso strutture ecclesiali come il Simposio delle Conferenze Episcopali d'Africa e Madagascar (SCEAM) e la Conferenza Episcopale Regionale dell'Africa Occidentale (CERAO)". Il cardinale Thiandoum è stato uno dei 30 vescovi originari dell'Africa a partecipare al Concilio Vaticano II, segnando una tappa fondamentale nella storia della Chiesa e del continente."L'ex Arcivescovo di Dakar - prosegue il messaggio inviato dal Dicastero vaticano per l'Evangelizzazione dei Popoli-, ha lavorato incessantemente a stabilire comunità cristiane forti della loro fede in Gesù Cristo, ma impegnate nella testimonianza fraterna, e nel dialogo con i loro fratelli dell'Islam. A causa della sua volontà di collaborazione e del suo profondo desiderio per lo sviluppo del paese, alcuni lo hanno chiamato, il Cardinale dei musulmani. È sempre stato convinto che l'amore degli altri è fonte di ricchezza e di vita. Questo innamorato di Dio e dell'uomo ha sempre voluto e ha sempre ricercato la pace, la concordia e l'unità del paese". La stampa locale in questi giorni ha dato grande risalto alla figura del cardinale Thiandoum, sottolineando come egli sia stato uno dei pilastri del dialogo islamicocristiano in Senegal, un paese la cui popolazione è islamica al 90 per cento, ma dove la comunità cristiana è molto dinamica e apprezzata da tutti. (Fides) ALLA PLENARIA I VESCOVI PARLANO ANCHE ALLA PACIFICAZIONE NELLA REGIONE DEL CASAMANCE 22 DAKAR, 30 nov 04 - Con un appello alla solidarietà con i contadini colpiti dalle locuste si sono conclusi domenica a Dakar i lavori della plenaria della Conferenza episcopale senegalese (Ces), che riunisce i vescovi di Senegal, Guinea-Bissau, Isole Capo Verde e Mauritania. Tra i principali punti all'ordine del giorno vi è stata appunto la povertà dilagante nel mondo agricolo alle prese con crescenti difficoltà, una problematica da tempo all'attenzione dei vescovi senegalesi che stanno preparando in proposito una lettera pastorale. Come ha spiegato alla conferenza stampa conclusiva, il presidente della Ces, Mons. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar, i vescovi senegalesi chiedono a tutti i loro compatrioti "una solidarietà concreta con il mondo rurale in particolare con quelle aree dove i raccolti sono insufficienti". All'attenzione dei presuli durante l'assemblea anche i problemi della terza età. Essi hanno invitato i fedeli "a una preghiera e a una meditazione" per gli anziani sul tema “Le persone della terza età, un’opportunità per una società armoniosa”. Quanto alla situazione politica del Senegal, la Ces ha espresso il suo incoraggiamento agli sforzi di pace nella regione del Casamance, dove dal 1982 è in atto un conflitto armato tra le forze governative e il Movimento separatista delle forze democratiche del Casamance (Mfdc). Nessun riferimento invece ad altre questioni politiche interne: i vescovi non fanno mai campagne politiche durante le loro riunioni, ha precisato alla conferenza stampa Mons. Sarr. (Apic) I VESCOVI ORGANIZZANO GMG AFRICANE A ZINGUICHOR PER INCORAGGIARE PROCESSO DI PACE NEL CASAMANCE DAKAR, 18 gen ‟05 - Per celebrare il ventesimo anniversario della prima Giornata Mondiale della Gioventù - il 23 marzo 1986 - e in preparazione alla prossima Gmg di Colonia, la Conferenza episcopale senegalese (Ces) organizza dal 18 al 21 marzo le Giornate della gioventù africane. Come sede della manifestazione gli organizzatori hanno scelto Zinguichor, capitale della Casamanche, la regione meridionale del Senegal teatro da più di venti anni di scontri armati tra le forze governative e il movimento secessionista delle Forze democratiche della Casamance (Mfdc). I vescovi senegalesi vogliono infatti che la giornata sia una grande occasione di approfondimento e riflessione sulla pace. Il tema “Siamo venuti per adorarti” scelto dal Santo Padre per la Gmg di Colonia, “dovrà essere letto come un invito a promuovere un‟autentica cultura della pace di cui i giovani sono i veri protagonisti”, ha spiegato alla presentazione dell‟iniziativa a Dakar padre Gérard Marie Diène, coordinatore nazionale dell‟apostolato dei laici e membro del comitato organizzatore. Un concetto sottolineato anche dal vescovo di Zinguichor, Mons. Maixent 23 Colly, secondo il quale “Questo grande incontro sarà un‟importante testimonianza a favore della pace”. Alla manifestazione sono attesi più di ventimila giovani da sette Paesi africani: oltre al Senegal, Mauritania, Guinea-Bissau, Capo Verde, Guinea, Mali e Gambia. (Apic) *** INTERVISTA AL VESCOVO DI NOUAKCHOTT SU PRESENZA CATTOLICA IN MAURITANIA NOUAKCHOTT, 5 ott 04 - “Cerchiamo di essere il volto umano di Cristo in un contesto dove i cristiani sono in forte minoranza”. Così mons. Martin Albert Happe, Vescovo di Nouakchott, capitale della Mauritania, all‟Agenzia Fides parla della presenza della piccola comunità cattolica in Mauritania. “È difficile quantificare il numero dei cattolici in Mauritania perché è composto da stranieri, europei e africani provenienti dai paesi limitrofi. La maggior parte dei cattolici sono lavoratori immigrati provenienti dalla Guinea Bissau. Si tratta di una cifra che varia nel tempo ma che si aggira intorno alle 5-6mila persone” spiega mons. Happe. “Uno dei problemi che incontrano le fedi diverse da quella islamica in Mauritania, infatti, è la proibizione di fare proselitismo. I musulmani non possono convertirsi a un‟altra religione. Non incontriamo però particolari difficoltà nell‟opera pastorale all‟interno della nostra comunità”. “Questa proibizione spiega anche perché la Chiesa non può aprire scuole cattoliche. Possiamo avere asili, frequentati anche da figli di genitori musulmani. Sono proprio i genitori musulmani a rimpiangere il fatto che non possono poi continuare a mandare i figli in una scuola cattolica” dice il Vescovo. “Abbiamo comunque altre attività culturali come biblioteche e centri di cultura, che sono frequentati da tutti” prosegue Mons. Happe. “La Chiesa è impegnata anche nelle attività caritatevoli e di assistenza sia agli immigrati sia ai cittadini del paese. Cerchiamo di essere il volto umano di Cristo in un contesto dove i cristiani sono in minoranza e dove esistono forti divisioni all'interno dei musulmani stessi. Esiste infatti una divisione tra i mauritani arabizzati e quelli originari dell'Africa sub-sahariana" afferma il Vescovo. La diocesi di Nouakchott è l'unica diocesi della Mauritania, ha un'estensione di 1.030.700 Km2 (pari all'estensione dell'intero paese), una popolazione di 2.600mila abitanti, dei quali 4.500 circa sono cattolici. (Fides) APPELLO DI MONS. HAPPE PER LE POPOLAZIONI COLPITE DALLA CARESTIA IN MAURITANIA 24 NOUAKCHOTT, 29 ago 05 - Anche la Mauritania è colpita dalla grave carestia che affligge diversi paesi della fascia del Sahel, in particolare il Niger. Il Vescovo di Nouakchott, Mons. Martin Happe, ha rivolto un appello per richiedere la solidarietà internazionale nel soccorrere la popolazione della Mauritania. “Metà della popolazione della Mauritania è minacciata dalla fame e corre il rischio di morire” ha affermato il Vescovo durante una visita in Portogallo. “Anche se tutti i cristiani sono originari di altri paesi, noi viviamo come i mauritani” ha ricordato mons. Happe. “La siccità è una calamità dagli anni ‟70. I campi sono abbandonati e le città sovrappopolate. L‟anno scorso abbiamo avuto l‟invasione della locuste nella regione di Nouakchott che ha peggiorato la situazione”. Il Vescovo ha affermato che la Caritas, che opera da 30 anni nel paese, è impegnata in progetti di aiuto agli agricoltori. Il 3 agosto un colpo di Stato militare ha rovesciato il Presidente della Mauritania, Maaouiya Ould Taya, che si trovava in Arabia Saudita ai funerali di Re Fahd. I golpisti hanno promesso di indire elezioni libere e trasparenti. Il paese ha una popolazione di 2 milione e 600mila abitanti dei quali 4mila sono cattolici. (Fides) NEI GIOVANI DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE IL FUTURO DELLA CHIESA NELL‟ARCIPELAGO CAPOVERDIANO Il Vangelo è arrivato nelle isole di Capo Verde (4.033 kmq con 416.863 abitanti) nel 1462, due anni dopo la loro scoperta da parte del portoghese Diogo Gomes e dell‟italiano Antonio de Noli. I primi missionari furono due francescani della Catalogna, P. Rogerio e P. Jaime, del convento di S. Bernardino de Atouguia, al cui lavoro si dovette la formazione di una numerosa comunità, tanto che nel 1532 fu costituita la diocesi, con sede nell‟isola di Santiago. Nonostante tutto, però, il cattolicesimo non ha mai superato nell‟arcipelago i limiti di una notevole e radaicata religiosità popolare, soprattutto per l‟endemica mancanza di clero e, per il passato, di una prolungata lontananza dei vescovi, alcuni dei quali non si stabilirono mai nelle isole. Un buon momento fu vissuto dopo la metà dell‟800 con l‟attività del seminario di S. Nicolau, dal quale, tra il 1866 e il I899, uscirono oltre 50 sacerdoti e un gran numero di funzionari civili cristianamente ben formati. Oggi, benché ci sia una buona presenza di religiosi stranieri, Cappuccini, Salesiani, Orionini e Spiritani, si è tornati ai tempi passati, al punto che Boa Vista, l‟isola turisticamente più affollata (da qualche anno Capo Verde è entrato nel giro del turismo internazionale) è sprovvista di sacerdoti. L‟assistenza ai 4.000 cattolici è affidata a 6/7 suore di due istituti diversi e alle visite saltuarie del parroco di Espargos, capoluogo dell‟isola del Sal. 25 E‟ vero che la diocesi può contare su una quindicina di seminaristi maggiori in formazione in Portogallo e in Italia, e su 310 suore, in gran parte locali; ma per ora la situazione è preoccupante, anche perché non c‟è nessun diacono permanente. (…) Per questo vescovo e sacerdoti puntano molto sulla catechesi, per la quale, tuttavia, mancano sussidi adatti alla portata culturale dell‟ambiente. Testi e audiovisivi vengono, infatti, dal Portogallo o dal Brasile, culturalmente lontanissimi da Capo Verde. (…) Ai catechisti viene perciò chiesto un impegno didattico per il quale molti non sono preparati. Le conseguenze si ripercuotono sui giovani, in gran parte indifferenti alla religione, e sulla famiglia, che generalmente non si cura né del matrimonio civile né di quello religioso. Molti cattolici sono passati o passano alle sette, presenti in tutte le isole. Alcune (Avventisti, Nazareni) vi sono sbarcate da oltre un secolo; altre vi si sono impiantate nei momenti di maggiore scarsità di clero, corrispondenti, più o meno, agli anni vicini all‟indipendenza Verrebbe da scoraggiarsi, se non ci fossero due aspetti estremamente positivi che ci “costringono” a rimanere e a continuare un lavoro che sembra diventare sempre più difficile. Il primo riguarda la gente: buona; accogliente; amante della preghiera, vuol bene e apprezza il sacerdote, tanto che dopo Dio viene nho Padre (signor Padre) (…) Il secondo aspetto positivo si riferisce ai bambini che affollano i nostri Jardims (asili) e che costituiscono la speranza di un domani diverso. Provengono infatti dai jardims gli scouts, presenti in quasi tutte le parrocchie; gli iscritti alla JUFRA (Gioventù Francescana), dalla quale stanno venendo buone vocazioni; le aderenti alla Legione di Maria e ad altre associazioni cattoliche che stanno fermentando decisamente la massa. (…) (Egidio Picucci - dal sito dei Frati Cappuccini: fraticappuccini.it) La Guinea-Bissau è stata evangelizzata dai portoghesi poco più di cinque secoli fa, ma la Chiesa è giovane (non ha neanche trent‟anni), e con le sue due diocesi, molto dinamica e presente nell‟assistenza alla popolazione vittima delle crisi economiche e politiche che si sono succedute in questi ultimi anni nel Paese. UNA CHIESA GIOVANE, MA VITALE, ANCHE SE ESPOSTA ALLE VIOLENZE BISSAU, 20 apr 95 - Nella Guinea-Bissau aumentano gli atti di violenza contro le missioni cattoliche. Esse hanno già subito in passato diverse aggressioni e rapine, ma negli ultimi tempi questi episodi si stanno moltiplicando in modo preoccupante. Ultime ad essere colpite 26 sono state le due missioni di bedanda e bambadinca, nel sud del paese. Il copione è sempre lo stesso: gruppi di uomini armati aggrediscono il personale delle missioni, rubano il poco denaro che trovano e distruggono materiale indispensabile per le attività assistenziali in cui sono impegnate. A fronte di questa situazione preoccupante, si registrano alcuni dati positivi, che dimostrano la vitalità della giovane Chiesa della Guinea Bissau. A Pasqua, nella diocesi di Bissau, sono stati ordinati sacerdoti 14 diaconi autoctoni: dieci diocesani e quattro francescani e, secondo le previsioni, tra qualche anno si supererà il numero di venti sacerdoti indigeni. Una cifra non trascurabile, se si considera che la Chiesa di questo paese africano non ha neanche venti anni e che la stragrande maggioranza della popolazione è ancora legata alle religioni tradizionali. IL PRIMO SEMINARIO MAGGIORE DEL PAESE BUISSAU, 3 ago 95 - A Bissau, capitale della Guinea Bissau, sono quasi giunti a termine i lavori di costruzione del primo seminario maggiore del paese, iniziati sedici mesi fa. Tra qualche anno il seminario ospiterà i primi studenti di filosofia che attualmente frequentano i corsi di studio in Senegal, dove si trovano anche gli studenti di teologia. I francescani compiono gli studi superiori in Togo e in Costa d'Avorio. quando i lavori saranno ultimati, accanto al Seminario maggiore, Bissau avrà anche "l'Istituto Superiore di filosofia e teologia" che accoglierà studenti diocesani ed allievi francescani, giuseppini, spiritani e di altre istituzioni religiose che operano in Guinea Bissau. (Fides) LE CELEBRAZIONI PER IL V CENTENARIO DELL‟EVANGELIZZAZIONE BISSAU, 3 gen „97 - Una solenne celebrazione eucaristica nella Chiesa di sant'Antonio a Lisbona ha aperto ai primi di dicembre le celebrazioni del quinto centenario dell'evangelizzazione della Guinea Bissau. Si è trattato della prima delle iniziative promosse per l'intero 1997 dallo speciale Segretariato nazionale. Le celebrazioni del centenario avranno luogo sia in Portogallo,dove si sono aperte e si chiuderanno, che nella Guinea-Bissau, l'ex-colonia portoghese indipendente dal 1974. tra le varie iniziative, si segnalano pellegrinaggi a Fatima, in Portogallo, e a Cacheu, il luogo in Guinea Bissau dove è stata costruita la prima chiesa. Vi saranno anche 27 incontri, conferenze e dibattiti sulla evangelizzazione e pubblicazioni speciali. Tra queste, l'edizione del primo dizionario creolo-portoghese a cura del religioso veneziano Luigino Scantanburlo, da più di vent'anni missionario in Guinea Bissau. Il creolo è una lingua finora trasmessa solo oralmente. Essa è nata dalla commistione tra il portoghese ed una trentina di idiomi locali. Il vocabolario conterrà 6/8 mila vocaboli. per le spese di stampa, 30 milioni di lire italiane, il missionario ha lanciato nel veneziano una raccolta di fondi. (Fides) UNA CHIESA IN CRESCITA BISSAU, 24 feb. 97 - A fronte di una situazione socio-economica sempre più critica, la Chiesa della Guinea Bissau, che celebra quest'anno il quinto centenario della sua evangelizzazione, sta dando segni di una notevole vitalità che lasciano ben sperare per il suo futuro. La diocesi di Bissau si è andata progressivamente dotando delle strutture essenziali, mentre il personale missionario, soprattutto quello femminile, è in costante crescita. Dopo la prima ordinazione sacerdotale nel 1982, i sacerdoti locali sono infatti andati aumentando di anno in anno: oggi sono 14, di cui undici diocesani e tre frati minori. Ad essi si aggiungeranno, l'anno prossimo, due diaconi che stanno completando i loro studi per diventare sacerdoti. Qualche anno fa, inoltre, hanno emesso la professione solenne le prime suore guineane, appartenenti a varie congregazioni. (Aimis) UNA CHIESA MOLTO IMPEGNATA NELL‟ASSISTENZA IN UN PAESE AFFLITTO DALLA CRISI ECONOMICA E SANITARIA BISSAU, 11 mar ‟97 - il vescovo di Bissau, mons. Settimio Ferrazzetta, ha descritto in un‟intervista la critica situazione socioeconomica in cui versa la Guinea-Bissau. Situazione aggravata oggi da una epidemia di colera. "I contadini abbandonano le campagne dice il vescovo - convinti di trovare nella capitale maggiori possibilità di lavoro, ma poi devono ridursi all'accattonaggio. la popolazione è in forte crescita - aggiunge mons. Ferrazzetta -, con moltissimi bambini e giovani. Purtroppo ospedali e scuole sono paralizzati. A dicembre non era ancora iniziato l'anno scolastico. professori, medici e infermieri non ricevono gli stipendi, e mancano i farmaci". Riferendosi alla Chiesa, il vescovo di Bissau dice che "le missioni cattoliche vengono letteralmente prese d'assalto, ogni giorno, da stuoli di persone in cerca di carità: non sono solo poveri, ma anche impiegati, medici, professionisti, da mesi senza salario". "Al di là delle formalità aggiunge il vescovo - non esiste dialogo tra Chiesa e Governo. 28 Gestiamo un ospedale della lebbra, 10 centri sanitari e 30 ambulatori, in cui nostri volontari prestano assistenza settimanale. Con l'epidemia di colera in atto, abbiamo organizzato con le parrocchie delle squadre di volontari che girano per Bissau portando medicinali e curando i contagiati". "Il quadro è davvero drammatico - conclude il vescovo Ferrazzetta (foto) -, ma ciò non significa che siamo scoraggiati. Il nostro compito specifico, mio e degli altri 200 religiosi presenti in Guinea-Bissau è di recare speranza". (Missioni della Consolata) APPELLO DEI VESCOVI CONTRO LA SPIRALE DI VIOLENZA NEL PAESE IN PREDA ALLA GUERRA CIVILE BISSAU, 10 giu ‟98 - I vescovi della Guinea Bissau e rappresentanti di altre Chiese hanno indirizzato a tutti i cittadini un messaggio nel quale esprimono il proprio dolore per la spirale di violenza in atto nel paese, da domenica scorsa, quando una parte di militari si è schierato contro il presidente Joao Bernardo Vieira. Questi, da parte sua, proprio oggi ha respinto un tentativo di mediazione, facendo così cadere anche le speranze dei vescovi locali, che vedono nel negoziato la via migliore per uscire dalla crisi. I vescovi della Guinea Bissau hanno chiesto altresì che venga dato il permesso per recuperare e seppellire i cadaveri sparsi per le vie di Bissau. (Misna) LA CHIESA A SOSTEGNO DELLA POPOLAZIONE VITTIMA DELLA GUERRA CIVILE BISSAU, 24 giu 98 - Sono 400 mila i profughi accolti nelle missioni cattoliche della Guinea Bissau in preda alla guerra civile. Gli aiuti è quasi impossibile smistarli nei vari campi, perchè le vie d'accesso sono state minate dagli insorti di ausmane manè. Il vescovo di Bissau, mons. Arturo Ferrazzetta, ha denunciato che i militari senegalesi intervenuti a sostegno del Presidente Vieira ostacolano la mediazione dei religiosi. ieri, una delegazione di cattolici, di musulmani e di evangelici, che tentava di incontrare manè è stata bloccata da un carro armato senegalese. (Fides) I MISSIONARI OPERANTI IN GUINEA BISSAU RICEVUTI IN VATICANO DAL CARD. SODANO CHE ESPRIME LA VICINANZA DEL PAPA ALLA POPOLAZIONE GUINEANA VATICANO, 17 lug. 98 – Il Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano ha ricevuto oggi in udienza in Vaticano i rappresentanti del Comitato degli Istituti missionari operanti in Guinea Bissau. All'incontro, cui ha partecipato anche il Segretario per i Rapporti con gli Stati mons. Jean-Louis Tauran, erano presenti le Superiore 29 generali Antonia Mapelli, delle Missionarie dell'Immacolata, e Maria Benedeta Ferroni, delle Oblate del Sacro Cuore, la Superiora provinciale delle Adoratrici del Preziosissimo Sangue Emma Zordan, e i Superiori generali Luigi Pierini, dei Giuseppini del Murialdo, e Franco Cagnasso, del Pontificio istituto per le missioni estere di Milano. Il card. sodano ha comunicato l'attenzione viva e continua del Papa per gli avvenimenti in Guinea Bissau e il suo desiderio di fare tutto il possibile per contribuire a riportare la pace nel Paese. «La nostra linea - ha detto il cardinale - consiste nel lavorare in tutti i modi possibili per realizzare i tre punti chiesti pubblicamente e ripetutamente dal santo padre: cessate il fuoco, apertura di canali per far giungere aiuti umanitari e dialogo fra tutte le parti in conflitto ». Con i missionari, si è convenuto che la Chiesa non vuole assolutamente schierarsi contro qualcuno, nè ritiene suo compito indicare soluzioni politiche al conflitto in corso. I fedeli, e i missionari, insieme al loro vescovo mons. Ferrazzetta, non smetteranno però mai di insistere per ottenere almeno una tregua e perchè le popolazioni civili non siano ulteriormente sottoposte alle sofferenze e alle angherie, che sempre accompagnano i conflitti armati. La Santa Sede insiste perchè il Nunzio apostolico a Dakar possa incontrare il vescovo a Bissau, e sostenerlo nell'opera di mediazione che sta svolgendo; incoraggia altresì quanti sostengono i missionari attraverso l'informazione corretta e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e delle autorità. La Santa Sede,infine, è vicina ai vescovi del Senegal nel loro desiderio di pace. il cardinale sodano e l'arcivescovo Tauran hanno chiesto ai rappresentanti del Comitato degli Istituti missionari di far giungere ai missionari e alle missionarie presenti in Guinea Bissau l'apprezzamento e il sostegno del Papa per la loro opera, la sua benedizione e anche la garanzia di un suo contributo economico alla ricostruzione, appena questa sarà possibile. (Comunicato) MUORE MONS. FERRAZZETTA, PRIMO VESCOVO DI BISSAU BISSAU, 9 feb 99. - Il padre Josè Camnate da Bissign, nominato Amministratore della diocesi di Bissau dopo la recente morte del vescovo mons. Settimio Arturo Ferrazzetta, ha indirizzato il suo primo messaggio di saluto ai fedeli. In esso padre Camnate ribadisce e fa proprie le linee pastorali di mons. Ferrazzetta. Queste linee possono essere riassunte nella virtù della prudenza. Nella attuale situazione di guerra in Guinea-Bissau, scrive padre Camnate "gli animi sono esagitati e noi dobbiamo contribuire soprattutto a rasserenarli, e non complicare ancora di più la situazione. Ricordiamoci - aggiunge l'Amministratore - che, anche tra i cattolici della nostra diocesi, vi è gente che sta tra ambedue le parti in conflitto e, conseguentemente, dovremmo evitare tutte le prese di posizione precipitose o radicali Nel 30 momento tribolato, che stiamo attraversando, è preferibile peccare di omissione in dichiarazioni pubbliche, piuttosto che eccedere. Continuiamo - esorta ancora padre Camnate da Bissign - a centrare i nostri sforzi soprattutto nell'esercizio pratico della nostra carità cristiana, che voi state testimoniando in modo ammirevole in tutti questi mesi di guerra e di tragedia, a favore delle migliaia di rifugiati, i quali cercano nelle missioni cattoliche un rifugio per sopravvivere". Intanto, il direttore della Caritas della Guinea-Bissau, padre Luigino Furieri, ricorda che l'organismo "continuerà il suo lavoro di assistenza umanitaria al popolo della Guinea-Bissau, ma il popolo ha bisogno di pace. Chiediamo all'Unione Europea, alla Conferenza ACP-UE di portare la pace al popolo guineiano. Vi preghiamo di insistere per un ritiro immediato di tutte le forze straniere". (Messaggio) I FUNERALI DI MONS. FERRAZZETTA, PASTORE FEDELE E CORAGGIOSO OPERATORE DI PACE BISSAU, 18 mar 99 - Si sono svolti questa mattina, 18 marzo, a Bissau i funerali del vescovo, Mons. Settimio Arturo Ferrazzetta, che si è tanto impegnato per la pace in Guinea-Bissau. Il vescovo era morto agli inizi di gennaio ed i funerali si sono potuti svolgere solo oggi, dopo il ritiro completo delle truppe senegalesi. Il governo ha proclamato la giornata odierna di lutto nazionale e una folla straripante è potuta accorrere alla celebrazione. Il rito esequiale si è svolto sul sagrato della cattedrale, nella piazza dove mons. Ferrazzetta fu consacrato vescovo il 19 luglio del 1977. Tutte le vie adiacenti erano affollate da oltre 100 mila persone, giunte nella capitale con ogni mezzo disponibile, da tutta la Guinea Bissau. Tra loro moltissimi musulmani e fedeli delle religioni tradizionali. La messa, concelebrata da tutti i missionari, è stata presieduta dal Nunzio Apostolico in Senegal, mons. Jean Paul Gobel insieme a tre vescovi senegalesi, tra cui mons. Theodore-Adrien Sarr, vescovo di Kaolack e presidente della Conferenza dei vescovi di Senegal, Mauritania, Capo Verde e Guinea-Bissau. L'omelia è stata tenuta da mons. Paulino de Livramento Evora, vescovo di Santiago de Cabo Verde, il quale ha tratteggiato la figura di mons. Ferrazzetta quale pastore fedele e coraggioso, che non ha mai esitato a donare la vita affinché la sua gente avesse finalmente la pace. Una vera e propria ovazione ha accolto l'invito a costruire l'unico monumento che mons. Ferrazzetta avrebbe desiderato: una pace stabile, una riconciliazione cordiale, una ricostruzione rapida, un clima costruttivo come si conviene a una famiglia di fratelli. Al funerale era presente anche tutto il Corpo Diplomatico, oltre alla delegazione del Governo di Unità Nazionale guidata dal Primo Ministro Francisco Fadul, e composta dai ministri degli Esteri, della Giustizia, 31 del Lavoro, dell'Educazione Gioventù e Sport, della Salute e dal Segretario Generale del Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Giunta Militare Ansumane Mané e il Presidente della Repubblica Joao Bernardo Vieira, che erano stati invitati, hanno ritenuto più opportuno non partecipare per motivi di ordine pubblico, ma hanno inviato loro rappresentanti. A Dom Settimio sono state dedicate varie commemorazioni. Per primo ha preso la parola il presidente della Conferenza dei vescovi dell'area, mons. Adrien Sarr, anche a nome del card. Thiandoum, arcivescovo di Dakar. Successivamente, anche se in un primo momento non erano previste commemorazioni civili, ha preso la parola il Primo Ministro Fadul, il quale ha pronunciato un commosso intervento in creolo, che è stato cordialmente applaudito. Ha concluso gli interventi padre José Camnate, l'attuale Amministratore Diocesano, cui è stato affidato il compito di reggere le sorti della Chiesa di Bissau, fino alla nomina del nuovo Vescovo. In conclusione del lungo rito, la bara con le spoglie di mons. Ferrazzetta, il primo vescovo della Chiesa di Guinea Bissau, è stata deposta nel sacrario predisposto all'interno della Cattedrale, nello spazio del presbiterio, tra l'altare delle celebrazioni e il tabernacolo. Alla fine della messa, l'Amministratore Diocesano ha sentito doveroso lanciare un appello alle autorità sanitarie internazionali perchÚ intervengano rapidamente per fronteggiare l'epidemia di meningite che sta mietendo centinaia di vittime tra i bambini e gli adulti della Guinea Bissau. (Misna) I VESCOVI SENEGALESI E GUINEIANI DISCUTONO LA SITUAZIONE NELLA REGIONE DELLA CASAMANCE BAFATA, 16 mar 02. - I vescovi di quattro diocesi della Guinea Bissau e del Senegal sono riuniti, da ieri, a Bafata soprattutto per valutare quello che la Chiesa può fare per risolvere l‟annoso conflitto della Casamance. Questa provincia del Senegal meridionale confina con la Guinea Bissau e la Gambia e da 20 anni subisce gli effetti di una ribellione secessionista guidata dal sacerdote don Augustin Diamacoune Senghor. Nell‟utopia di rendere indipendente la provincia di Casamance il sacerdote ha fondato e dirige il Movimento delle forze democratiche di Casamance (Mfdc). La ribellione armata ha causato sinora centinaia di vittime, danni e rovine. Essa è stata sempre aspramente condannata dall‟episcopato senegalese. “La Chiesa è un eccellente punto di congiunzione tra le parti in conflitto”, ha dichiarato mons. Pedro Dili, l‟arcivescovo di Bafata che ospita la riunione dei confratelli, i vescovi di Bissau, di Ziguinchor e di Kolda. La riunione si chiuderà domenica, con la concelebrazione di una Santa Messa “per la pace in Casamance e in tutta la subregione”. (Apic) 32 APPELLO DEI VESCOVI PER UN PACIFICO SVOLGIMENTO DELLE ELEZIONI LEGISLATIVE DEL 28 MARZO 2004 BISSAU, 3 mar 04 - Una campagna elettorale nel rispetto dei valori di "vera pace, realismo e tolleranza", senza violenza "fisica o psicologica"; una scelta "libera e in coscienza" per gli elettori, un voto "trasparente" e – qualunque sia l‟esito delle urne "uno spirito di collaborazione e un impegno responsabile nel cercare il bene della nazione". È quanto chiedono i vescovi della Guinea Bissau “a tutte le persone di buona volontà” nel loro messaggio "Alla vigilia delle elezioni legislative", previste per il prossimo 28 marzo. I presuli delle due diocesi del piccolo Paese africano (Bissau e Batafà) lanciano in particolare un appello ai responsabili politici, su cui pende la "pesante responsabilità di agire per la pace, per loro stessi, per le loro famiglie e tutta la nazione ". Essi li invitano inoltre a "trascendere le divergenze, gli interessi egoistici, le ambizioni personali" e quindi a non cercare di conquistare il potere ad ogni costo o con mezzi sleali. Le elezioni sono state indette dal Comitato misto che ha assunto il potere dopo il colpo di stato militare di sei mesi fa conclusosi, senza spargimento di sangue, con l‟uscita di scena del presidente Kumba Iala. L‟accordo messo a punto dal Comitato, composto di rappresentanti civili e militari, prevede che entro un anno dalle elezioni di marzo si torni alle urne per scegliere il nuovo presidente della Guinea, incarico affidato temporaneamente ad Henrique Rosa. Il Paese, teatro di una guerra civile tra il 1998 e il 1999, è uno dei più poveri del Continente e ancora non si vedono segni di una via d‟uscita alla grave crisi sociale ed economica. (Misna) ACCOLTA CON SODDISFAZIONE DALLA CHIESA LA NOMINA DI UNA MINISTRA CATTOLICA NEL NUOVO GOVERNO BISSAU, 14 mag „04. - "È motivo di soddisfazione per i cattolici la nomina della cattolica Eugenia Saldania al neo Ministero per la famiglia e la lotta alla povertà". È il commento di padre Davide Sciocco di Radio Sol Mansi di Mansoa all‟ inserimento di Eugenia Saldania nel nuovo governo della Guinea Bissau. Il ministero affidatole è quello incaricato di delineare le politiche di sostegno alle famiglie, specialmente a quelle più povere. Mercoledì scorso, si è insediato il nuovo governo formato dal Paigc, il Partito Africano per l'Indipendenza della Guinea, uscito vincitore dalle elezioni del 28 marzo. "Gli incarichi ministeriali – commenta ancora padre Davide Sciocco - sono ricoperti da personalità del Paiggc. Questo partito si è comunque assicurato l'appoggio esterno del Partito per il 33 Rinnovamento Sociale, il secondo partito del Paese, e di due formazioni minori". (Fides) I VESCOVI SULLA NUOVA CRISI POLITICA SCOPPIATA NEL PAESE BISSAU, 13 ott 04 - "La crisi militare del 6 ottobre scorso ha gettato nello sconforto tutta la Guinea Bissau. Di fatto sono già molti anni che il Paese continua ad attendere con ansia la stabilità e la pace sociale. Questa nuova crisi ha fatto pensare a tutti che la Guinea non è capace di uscire dalla spirale di violenza che ha marcato la nostra storia recente": inizia così il messaggio con cui i vescovi della Guinea Bissau commentano l'ultima crisi che la settimana scorsa ha scosso la capitale del piccolo Paese africano, dove un gruppo di militari è insorto per protestare per il mancato pagamento dei salari. Nel documento, Mons. José Camnate na Bissign, vescovo di Bissau, e Mons. Pedros Carlos Zilli, vescovo di Bafatà, rivolgono un appello al mondo politico guineano, ma anche alla comunità internazionale e ai cattolici. "Chiediamo a tutti di pregare – scrivono - perché il nostro Paese possa superare questo momento di crisi, trovando nella giustizia, nella pace, nel dialogo e nell'amore il fondamento della sua vera stabilità politica e sociale". Alle "forze vive" della Nazione e alla Comunità internazionale i due presuli chiedono di aumentare i "segnali di speranza" verso la popolazione, realizzando iniziative soprattutto a favore delle classi più deboli, mentre la classe politica guineana viene esortata a sacrificarsi per il bene comune, lasciando da parte gli interessi personali. Spirito patriottico e impegno a garantire la sicurezza e il benessere dei guineani sono invece le richieste rivolte ai militari. "Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità – concludono i due vescovi - per poter insieme costruire un Paese in cui ogni cittadino si senta come a casa propria. Solo così contribuiremo a costruire una società più solida e pacifica". (Misna) LE VISITE AD LIMINA AI VESCOVI IN VISITA «AD LIMINA» Vaticano 26 Gennaio 1982 (...) Essenzialmente, vorrei incoraggiarvi a proseguire con tenacia l'opera di evangelizzazione e di efficace presenza che avete così generosamente intrapreso. Essa è indispensabile per l'avvenire della Chiesa in Africa. E lo è altrettanto per la promozione dell'uomo africano nella difficile congiuntura in cui si trovano i paesi nel loro 34 sforzo di sviluppo. Ed è attraverso di voi, che siete gli avveduti promotori di quest'opera, che desidero esprimere la mia profonda stima a tutti coloro che, in comunione con voi, svolgono una parte attiva in questa missione. Desidero che essi sappiano che la loro opera, le loro gioie e le loro pene sono note al Papa e che egli le ricorda nella sua preghiera. Come nel caso di altre regioni d'Africa, sarebbe imperdonabile non menzionare i catechisti. La loro fede gioiosa, il loro zelo per il Vangelo mi fanno veramente pensare ai primi cristiani, nostri padri nella fede. A loro la Chiesa deve molto. Essi devono essere sostenuti mediante una formazione adeguata alla rapida evoluzione delle mentalità e delle condizioni di vita del mondo d'oggi. (...) In questo paese, in gran parte musulmano, voi siete tesi a ravvivare nei cristiani il senso dell'amicizia verso i non cristiani, una amicizia la cui sincerità si misura secondo l'efficacia dei gesti che essa suscita. Non voglio dilungarmi su questa importante questione del dialogo tra cristiani e musulmani che anche molto recentemente ho preso in esame nei miei incontri con i vostri confratelli dell'Africa del Nord. Desidero invece sottolineare l'importanza che riveste a questo proposito l'iniziativa che avete preso in comune, nell'ambito della Conferenza episcopale regionale dell'Africa dell'Ovest, creando una commissione speciale per promuovere questo dialogo. So che voi già cominciate a raccogliere i frutti di questa azione concertata: essa permette, a poco a poco, che si attui un reale rinnovamento della mentalità, che favorisca il benefico passaggio dall'ignoranza alla conoscenza della fede musulmana, dall'indifferenza all'apertura, dal rifiuto al dialogo. (…) Ben inteso, è la comunità fraterna esistente tra i Vescovi ed i sacerdoti che permette alla Chiesa di rispondere alla sua missione. (.) AI VESCOVI IN VISITA «AD LIMINA» Vaticano 3 Novembre 1987 (...) La vostra visita mi permette di dirvi quanto io condivida le vostre speranze e le vostre preoccupazioni di pastori della Chiesa in Senegal. È vero che i cattolici sono in minoranza nel vostro paese. Ma conosco la reale qualità della loro vita cristiana, del loro senso evangelico. Del resto essi si sono guadagnati la simpatia di molti dei loro compatrioti grazie, al clima di amicizia che hanno saputo creare e alla testimonianza che rendono al Vangelo. In uno spirito fraterno contribuiscono attivamente allo sviluppo del paese. È anche vero che i progressi dell'evangelizzazione riscontrano presso di voi certe difficoltà: ciò richiede alla comunità cattolica una ferma convinzione, perché sia salvaguardata la sua identità contro le forme di ideologia materialistica, e per entrare in tutta chiarezza in un dialogo fraterno 35 con coloro che non condividono la medesima fede e le medesime tradizioni. Nella maturazione della fede la formazione dei giovani svolge un ruolo di primo piano. È necessario che il sistema educativo si sviluppi e progredisca, malgrado i limiti dei mezzi materiali che non dovrebbero costituire un ostacolo insormontabile. (…) In parecchi dei suoi documenti il Concilio ha sottolineato la collaborazione che deve essere stabilita tra i cattolici e i credenti di altre fedi. Nella dichiarazione sulla Chiesa e le religioni non cristiane, il Concilio esorta i credenti «a sforzarsi sinceramente a una comprensione reciproca, e anche a promuovere e salvaguardare per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà» («Nostra Aetate», 3). La vostra lettera pastorale del 29 dicembre si poneva in questa prospettiva, quando richiamavate tutti i vostri compatrioti a creare le condizioni di «una vera pace sociale», aggiungendo: «Lavoriamo insieme affinché tutti i credenti del paese rispettino scrupolosamente nella pratica i diritti di Dio». Voi condividete il vostro carico pastorale innanzitutto con i preti delle vostre diocesi. Vi prego di trasmettere loro il mio affettuoso saluto e anche il mio incoraggiamento ad una grande qualità di vita sacerdotale, in una dedizione sincera al popolo di Dio, all'immagine di Dio, all'immagine di Cristo che si è fatto servitore. Gli uomini, coscientemente o meno, attendono che il prete parli loro di Dio con convinzione e umanità. In un mondo nel quale molti si lasciano attrarre dai beni materiali, il prete, con la parola e l'esempio di una vita semplice, deve attirare l'attenzione sui valori più alti. (…) La Chiesa del Senegal si è impegnata a promuovere i mezzi di comunicazione sociale, e voi incoraggiate a giusto titolo le iniziative in questo campo. Vi incoraggio a proseguire in questo sforzo fruttuoso: voi così aiutate i fedeli a portare uno sguardo evangelico su tutto ciò che fa parte della vita della società. Terminando vorrei rivolgere una doppia esortazione: una esortazione alla coesione e una esortazione all'universalità. Rimanendo attaccati alle grandi intuizioni del Concilio Vaticano II dobbiamo offrire l'esempio dell'unità tra pastori e fedeli (…) Infine, ed è la mia seconda esortazione, ampliate sempre più le vostre relazioni con le altre Chiese particolari. Siate solidali con tutti gli operatori del Vangelo attraverso il mondo (…) AI PELLEGRINI DEL SENEGAL Città del Vaticano 14 Settembre 1979 Accogliendovi nella mia casa, io penso naturalmente al Salmo 133: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!». Certamente voi vi sforzate di vivere questa esperienza di unità nella carità innanzitutto nel Senegal, ma l'avete approfondita in 36 modo indimenticabile in Terra Santa, poi a Lourdes, e ora a Roma. Per queste gioie ineffabili del cuore e della fede, rendiamo grazie al Signore dei signori! So che avete fatto molti sacrifici per realizzare infine questo pellegrinaggio sui passi del Cristo, alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, e al luogo benedetto delle apparizioni di Nostra Signora a santa Bernadette. Rallegratevi! La vostra esistenza ne sarà segnata per sempre. E le comunità cristiane, cui voi appartenete, ne riceveranno certamente un felice impulso. Come le vostre persone, maggiormente impregnate dal messaggio evangelico dell'amore universale, da una pietà mariana ben compresa, dalla testimonianza degli apostoli e dei martiri, non saranno più risplendenti di vita spirituale e più impegnate nell'annuncio multiforme della Buona Novella? Avete ricevuto molto nel corso di questo lungo periplo di riflessione e di preghiera, dovrete dare molto ai vostri fratelli senegalesi! A PELLEGRINI DEL SENEGAL Città del Vaticano 5 Settembre 1985 Cari amici, pellegrini del Senegal. Sono lieto di accogliervi oggi in questa casa in occasione del vostro pellegrinaggio a Roma, al termine del vostro viaggio in Terra santa. È vero che, per parte mia, non sono ancora potuto venire a visitarvi nel vostro Paese; ma voi mi permetterete di dire che la vostra visita mi ricorda il mio recentissimo viaggio pastorale in terra d'Africa. È per me una gioia incontrare in voi i rappresentanti di numerose comunità cristiane vivaci e dinamiche, delle quali ho apprezzato l'accoglienza calorosa e anche la robustezza della fede, il senso della preghiera (…) Vi ringrazio di essere venuti qui. E, in attesa che mi sia donato un giorno di restituirvi la visita, vi chiedo di dire a tutti i vostri fratelli del Senegal che il Papa prega per loro e che li incoraggia perché essi rendano la vita della loro Chiesa sempre più feconda grazie alla testimonianza della loro fede in mezzo agli altri credenti, attraverso l'amore fraterno da cui si riconoscono i discepoli di Cristo. AD UN GRUPPO DI FEDELI SENEGALESI Città del Vaticano 4 Settembre 1987 Cari fratelli e sorelle del Senegal. È con molta gioia che vi accolgo oggi in occasione del vostro pellegrinaggio in Terra Santa, a Roma e a Lourdes, sotto la guida di mons. Adrien Théodore Sarr, vescovo di Kaolak che sono felice di salutare qui con voi. Si può descrivere la vita cristiana come un cammino verso Dio. Così, ogni volta che andiamo in pellegrinaggio manifestiamo ciò che noi siamo: un popolo che va incontro al suo Dio, 37 ben cosciente di essere solo un nomade su questa terra. Sì, il pellegrinaggio è un gesto religioso essenziale. (…) A Roma ci si ricrea nell'amore della persona di Cristo, secondo l'esempio di Pietro, di Paolo e dei primi cristiani. A Roma si prende maggiormente coscienza della Chiesa universale, la cui comunità cristiana è parte integrante e la cui unità è specialmente affidata al successore di Pietro, in unione con tutti i suoi fratelli nell'episcopato. (...) Cari fratelli e sorelle, una volta tornati, possiate sviluppare relazioni sempre più fraterne gli uni con gli altri in una stima reciproca. Con i vostri pastori continuate a costruire la Chiesa di Cristo nel vostro paese, e continuerete a instaurare o ad affermare un clima di pace tra tutti i vostri concittadini, nel rispetto dell'identità religiosa e delle condizioni di vita culturale delle persone e dei gruppi. Di cuore vi do la mia benedizione apostolica e benedico tutti quelli che vi sono cari. Lettera al Cardinale Tomko, inviato speciale alle celebrazioni di Poponguine in Senegal Città del Vaticano 15 Novembre 1989 La grande celebrazione della Vergine Maria madre di Dio che ogni anno porta la gioia spirituale di tutta la Chiesa, cioè la solennità della Immacolata Concezione, sappiamo che quest'anno avrà uno splendore e susciterà un culto ancora maggiore nella amatissima comunità cattolica del Senegal, per quell'evento che l'umile successore di Pietro desidera che venga esaltato per molti motivi e venga celebrato con una devozione del tutto particolare. Infatti in quel giorno si celebrerà il centenario del primo pellegrinaggio di tutta la Nazione al famosissimo santuario mariano di «Nostra Signora della Liberazione di Poponguine», dove già da cento anni prospera l'opera di evangelizzazione e dove a ragione si gloria di essere nato lo stesso Arcivescovo di Dakar, il nostro venerabile fratello Cardinal Giacinto Thiandoum. Poiché poi sono assai pochi i fratelli Vescovi di quella regione e di quella lingua, che con quel santuario non hanno legami molto stretti, e poiché sia la consuetudine dei pellegrinaggi sia lo stesso nome della Vergine Maria di Poponguine occupano un posto privilegiato tra i fedeli del Senegal, possiamo facilmente già in precedenza immaginare assai lieti la celebrazione di quel giorno e la gioia degli animi e delle feste con le quali si concluderà l'anno giubilare. Poiché ricordiamo bene la grandezza della fede, la solidità della morale cristiana, la vivacità della presenza della Chiesa cattolica del Senegal, che ci viene attestata da parecchie testimonianze, non solo parteciperemo da lontano come se fossimo presenti al memorabile evento della festa dell'Immacolata Concezione a Poponguine, ma 38 vogliamo che la nostra persona sia sentita come presente in modo concreto da Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e dai numerosi fedeli. 54esimo VIAGGIO APOSTOLICO (Senegal, Gambia, Guinea-Conakry) 19 - 26 febbraio 1992 DISCORSO PRONUNCIATO NELLA CERIMONIA DI BENVENUTO all'aeroporto di Dakar, 19 Febbraio 1992 Signor Presidente, È con molta gioia che giungo in Senegal, terra di incontri e paese dell'ospitalità, della «Téranga». Ringrazio Dio per aver finalmente guidato i miei passi fin qui. Sono tanto più felice di iniziare questa visita pastorale in quanto Lei stesso e, in altre circostanze, molti suoi compatrioti, siete venuti a trovarmi a Roma o a Castel Gandolfo, rendendo così più vivo il mio desiderio di venire da voi. (...) In occasione di questo primo contatto sul suolo senegalese, vorrei salutare tutti coloro che vi abitano: i figli e le figlie del paese ed anche i numerosi stranieri. Pioniere sulle vie della democrazia africana, il Senegal si presenta desideroso di fondare il suo sviluppo innanzitutto sulle ricchezze umane dei suoi abitanti. (...) In questi tempi di cambiamenti profondi, in particolare in Europa, esprimo il desiderio, come recentemente ha sottolineato Lei, Signor Presidente, che le nazioni del Nord e dell'Ovest, di tradizione cristiana, non dimentichino di sostenere i loro fratelli e sorelle dell'Africa, i cui bisogni restano immensi, anche se occorre rispondere ad altri appelli venuti dall'Est. Venendo in Senegal, vado incontro ad un popolo in cui si professano varie religioni, ma che sa accettare le sue differenze e avere fiducia nel dialogo. Saluto quindi cordialmente tutti i credenti di questo paese. In Lei, che è stato eletto Presidente della Ummah Islamica, saluto i membri delle comunità musulmane senegalesi. Infine, il mio saluto si rivolge anche alle altre comunità cristiane e a coloro che praticano le religioni africane tradizionali. Spero che la mia visita contribuisca a rinsaldare i legami di fratellanza fra tutti, come si deve tra figli e figlie di una stessa nazione, uniti in uno stesso destino e nel servizio del bene comune. Auspico inoltre che progredisca il dialogo tra quanti non professano la stessa fede. Noi, infatti, pensiamo che le tradizioni religiose degli uni e degli altri possano condurre a una solidarietà più profonda e contribuire al successo delle forze spirituali che abitano i cuori. Rispettando sempre meglio l'eminente dignità dell'essere umano e la sua vocazione alla trascendenza, i Senegalesi 39 sapranno sviluppare il meglio di sé stessi, nella fedeltà ai talenti ricevuti in eredità dalla saggezza degli anziani. In un mondo alla ricerca di una pace solida e duratura, possano promuovere l'uso ancestrale dell'«accordo di conciliazione»! (...) DISCORSO AI RAPPRESENTANTI DEL SINODO DIOCESANO Dakar, 19 Febbraio 1992 Cari fratelli e sorelle, Che gioia trovarmi in mezzo a voi! Che emozione iniziare la mia visita pastorale con questo incontro con i membri del Sinodo diocesano di Dakar e i rappresentanti di tutta la Chiesa in Senegal! Vi ringrazio con tutto il mio cuore per la vostra calorosa accoglienza. Grazie, caro amico Cardinale Hyacinthe Thiandoum, di aver evocato il bel ricordo della nostra comunione durante l'Anno Mariano, quando questa cattedrale, Nostra Signora delle Vittorie, fu gemellata con la Basilica romana di Santa Maria Maggiore. Grazie anche per aver ricordato la figura del Beato Daniel Brottier, fondatore di questo santuario che ricorda tante vite donate per l'Africa. Grazie per questa accoglienza nella vostra comunità diocesana, che conserva fedelmente la memoria dei missionari venuti ad annunciare la Buona Novella, soprattutto dei Padri dello Spirito Santo. (...) «Ricordati che Gesù Cristo... è risuscitato dai morti» (2Tm 2,8). Membri del Sinodo dell'Arcidiocesi di Dakar, siete riuniti affinché la vostra Chiesa sia «segno di Gesù Cristo e testimone del suo Vangelo nel Senegal di oggi». Sono felice di condividere con voi questa sosta che è un Sinodo, sosta delle forze vive della vostra Chiesa riunite intorno al loro Pastore per rendere grazie dei doni ricevuti, sosta per meglio riprendere insieme il cammino di Cristo. (…) Chiesa di Dakar, riunita in Sinodo, sii fedele alla tua missione di evangelizzazione! La vostra riflessione vi porterà a ricordare che la prima esigenza per i testimoni è quella di essere degni di fede, essi stessi fedeli alla Parola che hanno ricevuto con il loro modo di mettere in pratica le esigenze del Vangelo. Insieme all'annuncio, praticate il dialogo con i vostri compatrioti di altre religioni. Per favorire il necessario discernimento in questo campo, la Santa Sede ha dato di recente delle direttive che vi chiedo di conoscere e di seguire. Si tratta di utili punti di riferimento per una Chiesa minoritaria come la vostra, che si preoccupa di stabilire rapporti chiari con quanti vivono sulla stessa terra. D'altra parte, cercherete di progredire per esprimere la vostra fede in maniera tale che il messaggio possa essere compreso nella vostra cultura. L'inculturazione è un lavoro paziente, che esige molto discernimento. La Chiesa, attraverso i secoli e i continenti, accoglie la persona di Cristo che, con l'Incarnazione, è presenza totale 40 e definitiva di Dio nell'umanità: Dio, vicino ad ogni uomo, ha potuto essere riconosciuto e celebrato nelle diverse culture. (...) L'insieme dei temi studiati dal vostro Sinodo diocesano presuppone la valorizzazione della collaborazione dei sacerdoti e degli altri fedeli. È l'occasione per definire il ruolo dei laici sotto diversi aspetti. (…) Aggiungerei a questo proposito che, parlando di laici, mi riferisco agli uomini e alle donne, come dimostra la composizione della vostra assemblea. Sapete che ho pubblicato, qualche anno fa, una Lettera Apostolica sulla dignità e la vocazione della donna. Apprezzo le vostre iniziative perché alla donna africana venga accordato il posto che le spetta naturalmente, in famiglia come nella Chiesa e nella società. Come ha sottolineato bene il Concilio Vaticano Secondo, la missione dei laici si esercita spontaneamente nel mondo, nei vari ambiti della società. Spetta a loro, attraverso la loro testimonianza esplicita con la rettitudine di vita, di essere quei «fedeli» del Vangelo e dei valori cristiani che aiutano a rendere il mondo più conforme al disegno di Dio. È in questo senso che si iscrive tutto l'insieme di iniziative raggruppate sotto il nome di «pastorale sociale», come la «Pouponnière» che devo visitare. Penso in particolare ai servizi sanitari, al sostegno ai più poveri, o anche all'educazione e alla formazione dei giovani. Incoraggio tutti coloro che vi si dedicano, dando il meglio di se stessi. (…) Dopo il Vaticano II, numerose diocesi hanno celebrato il loro Sinodo. Le situazioni sono diverse, ma lo scopo è lo stesso: i membri di una Chiesa particolare si uniscono per meglio compiere la loro missione, in una intensa comunione con la Chiesa universale. (…) Voglio sottolineare a questo proposito che l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi sarà un momento essenziale di solidarietà tra le Chiese particolari di tutto il continente. (…) MESSAGGIO A TUTTI GLI ABITANTI DEL SENEGAL 19 Febbraio 1992 Amici credenti e cittadini del Senegal, Sia benedetto Dio che mi dà la gioia di venire da voi in Senegal! Già da tanto tempo desideravo scoprire la vostra terra, camminare da pellegrino sul vostro suolo, e avere un contatto concreto con le care popolazioni del paese della Teranga (dell'ospitalità). Porta oceanica dell'Africa, il Senegal è anche un ponte tra l'Africa Nera e l'Africa Bianca. Inoltre, l'interesse che avete per le relazioni umane, le vostre qualità d'apertura, il vostro amore per la coesistenza armoniosa tra membri di fedi differenti vi hanno assicurato la stima della comunità internazionale. Il Senegal sa fondare il suo sviluppo prima di tutto sulle ricchezze umane degli uomini e delle donne che lo abitano. Certo, esistono delle difficoltà. Tuttavia, il popolo senegalese ha tutte 41 le risorse necessarie per garantire a ciascun cittadino una vita degna. Continuate coraggiosamente il vostro cammino verso il progresso, restando sulla via della concordia e del consenso nazionale. Sono molto felice al pensiero di incontrare presto i cattolici senegalesi. Vengo, come messaggero del Vangelo, a testimoniare loro il mio affetto e a rafforzarli nella fede. Allo stesso modo, mi auguro che la mia visita sia l'occasione di stringere i legami di fraternità tra tutti i credenti del paese. Alla nazione intera auguro di tutto cuore felicità e prosperità. Che la pace del Signore scenda nei vostri cuori e nelle vostre case! [Traduzione dal francese] DISCORSO AI RAPPRESENTANTI DI ALTRE RELIGIONI Ziguinchor 20 febbraio 1992 Cari amici, Sono felice di avere l'occasione di incontrarvi quasi all'inizio del mio breve soggiorno nel vostro paese. Ho già percepito quanto la diversità possa essere anche nel Senegal uno stimolo a lavorare per l'unità della gente. Infatti, la società senegalese è caratterizzata da questa tradizionale armonia, la teranga, fatta di accoglienza e di rispetto reciproci, di tolleranza e di volontà di collaborare. Qual è la fonte di questa armonia? Per noi credenti, l'origine dell'unica famiglia umana si trova in Dio. Possiamo attribuire a Dio nomi diversi, senza riuscire mai a delimitarne la realtà, poiché ci supera. Ma possiamo riconoscere in Lui il Creatore, il Vivificatore, la Provvidenza e il Destino supremo dell'uomo. Secondo le parole dell'Apostolo Paolo, «Il Dio che ha fatto il mondo... creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra... perché cercassero Dio... benché non sia lontano da ciascuno di noi» (At 17,24-27). Questo vuol dire che gli esseri umani sono chiamati tutti ad entrare nella pienezza della vita, accanto a Dio, in comunione con quelli che ci hanno preceduto sulla retta via. L'origine e il destino divino dell'uomo sono i fondamenti della sua dignità. Nessuno ha il diritto di disprezzare un altro essere umano, soprattutto il più debole. Non esiste alcuna giustificazione alla discriminazione, in base alla razza, alla religione, al sesso o alla situazione sociale: ogni persona deve essere rispettata. Certo l'uomo è debole, portato al male, e sorgono dei contrasti. In questo caro continente africano, ma anche in tante altre zone del mondo, lotte sanguinose hanno portato ad immense sofferenze. Non è il caso di prendere esempio dalla saggezza africana, che insegna che le parti in causa devono incontrarsi, parlare, risolvere i loro contrasti e riconciliarsi? E questo va applicato alla famiglia, ma anche alla nazione e perfino alle relazioni internazionali. I capi religiosi non hanno forse il dovere di aiutare i credenti ad unirsi per costruire 42 la pace? Voglio assicurarvi che la Chiesa Cattolica nel vostro paese continuerà a lavorare per questa crescita nell'armonia. Concludendo, voglio assicurarvi che pregherò per voi, per le vostre famiglie e per il vostro paese. Che Dio vi conceda le sue più abbondanti benedizioni! SANTA MESSA AL SANTUARIO DEDICATO A NOSTRA SIGNORA DELLA LIBERAZIONE Poponguine 21 Febbraio 1992 (...) Nel guardare intorno a me e nel contemplare la vostra assemblea, non posso impedirmi di ripetere, come Monsignor Picarda, fondatore di questo luogo di pellegrinaggio: «Che posto magnifico per un santuario alla Vergine!». Dal 22 maggio 1888, data dell'inaugurazione del santuario di Poponguine, oltre cento anni di pietà mariana hanno unito le comunità cattoliche senegalesi nella stessa professione di fede e nella stessa volontà di radicare il Vangelo nel paese. (...) Cari fratelli e sorelle, lo Spirito Santo è con il popolo di Dio in tutto il continente africano. È con voi qui nel Senegal. La sorprendente storia dell'arrivo del Vangelo nel vostro paese e la crescita della Chiesa testimoniano la sua presenza attiva. (.) Ma il vero fondatore della cristianità senegalese è Monsignor Kobès, Spiritano, Vicario apostolico del Senegambia. Primo paese africano ad accogliere i padri spiritani, il Senegal deve molto ai figli spirituali di Padre Libermann per il quale l'annuncio del Vangelo doveva sfociare nella creazione di una chiesa che avesse il suo vescovo, i suoi sacerdoti e i suoi laici. I Padri spiritani diedero alla Chiesa locale solide basi. (.) I cristiani del Senegal sono consapevoli della loro esiguità numerica quanto della loro ricchezza. Orgogliosi della loro fede, riconosciuti dalla Costituzione senegalese, arricchiti dai loro legami familiari, spesso con genitori musulmani, sono chiamati, più degli altri africani, al dialogo e alla comprensione. (…) Attraverso tutto questo, in un paese musulmano, la Chiesa senegalese compie la propria propria missione con convinzione e modestia allo stesso tempo. In questo santuario di Nostra Signora della Liberazione, rendo grazie a Dio con voi, cari fratelli e sorelle, per l'annuncio del Vangelo e per la crescita della Chiesa nel paese. Affido alla Vergine Maria tutti gli operatori dell'evangelizzazione: insieme a voi la prego affinché continui a promuovere lo sbocciare di generose vocazioni sacerdotali e religiose in tutto il Senegal, come ha fatto per il villaggio di Poponguine, che ha dato alla Chiesa in terra senegalese il suo primo sacerdote nella persona del caro Cardinale Giacinto Thiandoum. (…) In questo annuncio, la Chiesa ha la viva consapevolezza di dover proclamare il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia. (…) Da parte vostra, abbiate considerazione del matrimonio cristiano: evangelizza l'amore 43 fra l'uomo e la donna e lo rende ancora più umano. La grazia del sacramento consacra l'impegno degli sposi e li aiuta a costruire il focolare stabile di cui ogni coniuge ha bisogno per aprirsi. Assicura ai figli quell'ambiente di amore consolidato al quale hanno diritto per aprirsi anch'essi e per essere in grado di affrontare l'esistenza. Come vi hanno chiesto spesso i vostri pastori, vivificate la vostra famiglia schiudendo i vostri cuori di sposi e di genitori alla presenza di Dio, fonte del vero amore! (...) Giovani donne senegalesi, vi esorto a contemplare Maria e ad imitarla. Come lei, accogliete la parola di Dio e meditatela nel vostro cuore. Siate responsabili e generose per riuscire nella vita. Come Maria, pensate agli altri. E voi, donne senegalesi, madri orgogliose dei vostri figli, inquiete per alcuni, schiacciate dal dolore per altri, continuate a contemplare Maria, nei giorni gloriosi di suo Figlio Gesù, ma anche nelle ore meste della Passione, per restare in piedi. Casalinghe, impegnate nelle faccende domestiche umili ma indispensabili, ricordatevi di Maria a Nazaret. Donne del Senegal sempre più impegnate nella vita sociale, sempre portatrici comunque delle tradizioni e della saggezza popolare, contemplate Maria, voi che formate la sensibilità, l'intelligenza e il cuore dei vostri figli. In questo santuario mariano caro alle popolazioni del Senegal, affidiamo a Nostra Signora le attività esercitate da tutti nel paese. La preghiamo per quelli e quelle che lavorano per lo sviluppo del paese nei progetti più diversi riguardanti l'agricoltura, l'allevamento, l'artigianato, l'idraulica rurale, i bacini d'acqua, i depositi di cereali, l'industria e anche l'alfabetizzazione, la salute e l'igiene. Che Nostra Signora della Liberazione vegli sui bisogni materiali di tutti, come fece a Cana! Che continui ad essere una madre per tutti! Sarà la preghiera che formulerò dal profondo del cuore mentre incoronerò la sua statua. DISCORSO AI VESCOVI SENEGALESI Poponguine 21 Febbraio 1992 (...) Parlando del senso della mia visita nel vostro messaggio del 15 agosto 1991, avete avuto la felice idea di riprendere questa dichiarazione della Redemptoris missio: «Mi sono messo in cammino sulle vie del mondo, "per annunciare il Vangelo, per 'confermare i fratelli nella fede, per consolare la Chiesa, per incontrare l'uomo. Sono viaggi di fede. Sono altrettante occasioni di catechesi itinerante, di annuncio evangelico nel prolungamento, a tutte le latitudini, del Vangelo e del Magistero apostolico, dilatato alle odierne sfere planetarie"» (n. 63). Sicuramente, cari Confratelli, quale successore di Pietro nella sua missione pastorale, è una grande soddisfazione per me essere tra voi e praticare questa catechesi itinerante nella vostra stessa terra, facendo al tempo stesso, in questi giorni, conoscenza del vostro terreno di missione. 44 Ma l'annuncio della Lieta Novella è un'attività che il Papa non esercita mai da solo: egli agisce in comunione con i Vescovi che sono a lui uniti. «Tra le funzioni principali dei Vescovi - ci ricorda il Concilio Vaticano Secondo - eccelle la predicazione del Vangelo» (Lumen Gentium, n. 25). In unione con il Romano Pontefice, essi sono gli araldi della fede e cercano di portare a Cristo nuovi discepoli. Infatti, la vostra parola di Vescovi è attesa: attesa dai fedeli che ne hanno bisogno per crescere nella fede; attesa dalla società cui viene proposta come luce per il suo sviluppo armonioso e per la sua ricerca di un progresso sempre più umano. L'Africa ormai è riconosciuta per sé stessa, per quanto essa offre all'insieme del mondo: possiate contribuire al suo dinamismo peculiare, in una prospettiva evangelica che dà alla vita una dimensione in grado di mobilitare tutto l'essere. Si tratta, in fondo, di una missione interiore, compiuta dall'Africa per l'Africa. (...) Dopo un periodo di feconda evangelizzazione in un contesto di dipendenza politica del vostro paese, l'Africa nera è entrata in una nuova tappa, l'evangelizzazione in un contesto di indipendenza delle vostre patrie. All'inizio, gli agenti dell'evangelizzazione furono dei missionari giunti dall'estero, che seppero circondarsi di apostoli locali. Oggi, l'Africa ha ancora bisogno, evidentemente, del concorso di missionari giunti da fuori, che lavorino in stretta collaborazione con i religiosi e i sacerdoti diocesani locali. Nel suo solenne appello, così spesso ricordato, alla Chiesa dell'Africa affinché assumesse l'opera della sua evangelizzazione, Paolo VI dichiarava nel 1969 a Kampala: «Voi Africani siete ormai i missionari di voi stessi. La Chiesa di Cristo è veramente radicata su questa terra benedetta. Dovete continuare la costruzione della Chiesa su questo continente» (Allocuzione al Simposio dei Vescovi d'Africa, n. 1). L'obbligo per la Chiesa d'Africa di essere missionaria nel proprio seno e di evangelizzare il continente implica la collaborazione tra le Chiese particolari nel contesto di ogni paese africano, tra le diverse nazioni del continente e anche di altri continenti. È in questo modo che l'Africa s'integra pienamente nell'attività missionaria. (…) Essendo l'evangelizzazione essenzialmente un atto, un processo di comunicazione con uno o terzi, essa non si concepisce più oggi senza l'utilizzazione metodica e competente dei mezzi di comunicazione sociale. È un argomento al quale voi siete sensibili e, nel corso della vostra visita ad limina del novembre 1987, vi ho incoraggiati a continuare le iniziative che avete preso in questo campo. Questo tema, che non si può restringere alle dimensioni di un solo paese, sarà affrontato all'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. La preparazione di queste riunioni continua e testimonia un impegno incoraggiante delle parrocchie, delle scuole, delle comunità della savana e di altri gruppi ancora. Colgo quest'occasione per 45 congratularmi e ringraziare i Pastori e i fedeli del continente africano che si dedicano con generosità al servizio di questa importante iniziativa. È importante, quindi, nell'«era delle comunicazioni» come si suole chiamare la nostra epoca, far percepire le implicazioni della comunicazione oggi, al tempo stesso come fatto sociale di profonda influenza sulla cultura, sulla visione del mondo e dell'uomo, e come mezzo per l'annuncio e l'approfondimento del messaggio cristiano riunendo gli uomini nella loro diversità e nelle loro aspirazioni essenziali. La Chiesa dovrà valutare i mezzi tradizionali e moderni della comunicazione sociale di cui dispone in Africa, per impegnarsi quindi nella formazione dei comunicatori cristiani, religiosi e laici, affinché siano in grado di essere autentici testimoni del messaggio evangelico; la loro competenza professionale renderà credibile la loro testimonianza. Il vostro paese, che è in un certo senso una porta oceanica dell'Africa nera, si trova al crocevia delle culture arabe, europee e nero-africane. Questo spiega quanto vi stia a cuore l'incontro delle culture con il Vangelo, altro tema della futura assemblea sinodale. Come nella Chiesa nascente, il problema dell'inculturazione è sorto quando i popoli evangelizzati prendevano, prima o poi, coscienza della loro identità culturale. (…). Il Concilio invita le Conferenze episcopali di una stessa area socioculturale a unire i loro sforzi. L'inculturazione appare come la grande sfida per la Chiesa cattolica in Africa alla vigilia del terzo millennio. Le implicazioni di questo sono la penetrazione e il radicamento del Vangelo, l'approfondimento della fede e la diffusione della vita cristiana su tutto il continente. Questi obiettivi sono nelle vostre mani. A partire dalla linfa autenticamente ricevuta dall'Alto, si tratta di produrre frutti autenticamente africani, in unione con la Chiesa universale. Infine, per la Chiesa in Africa, il dialogo interreligioso è particolarmente importante e necessario per l'evangelizzazione. Il pluralismo religioso, infatti, tocca spesso l'ambito nazionale, etnico e talvolta familiare. Soltanto un autentico spirito di dialogo presso tutti quanti sono coinvolti può impedire che siffatte diversità diventino cause di conflitto e di discordia. (…) INCONTRO CON I GIOVANI A DAKAR 21 Febbraio 1992 Cari giovani, vi saluto tutti cordialmente: giovani cattolici, giovani musulmani e giovani di altre confessioni religiose, che prendete parte a questa riunione portatrice di speranza. Esprimo la mia gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo incontro, preparato con generosità. Devo dire che sono rimasto impressionato dall'importante documentazione che ho ricevuto a Roma. E sono stato ancor più colpito da ciò che ho visto ed ascoltato questa sera a Dakar. 46 Innanzitutto, lasciate che mi congratuli con voi per la vostra sete di conoscere ulteriormente la vostra fede. (…) Come vivere la propria fede quando si è giovani oggi nel Senegal? Prima di tutto con la consapevolezza che c'è qualcuno che vi ama proprio perché cercate di conoscerlo. Questa persona è Cristo. (…) Ciò che Gesù vuole comunicarci si trova nel Vangelo. Ecco perché, cari amici, vi incoraggio a conoscere bene il Vangelo. Meditatelo, da soli e con altri, in parrocchia, nelle riunioni dei vostri movimenti. La fede matura quando la si vive in comunità. Bisogna cominciare dalla famiglia. Il Vangelo è una grande forza spirituale: vi arma per il combattimento della vita; vi rende forti di fronte alle sette, poiché vi dà la luce: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). (…) Infine, il Cristo-Luce, nel quale credete, vi darà la possibilità di raccogliere, nella verità, quella temibile sfida che è lo scandalo del male, pietra d'inciampo di qualsiasi visione del mondo. Gesù Cristo ha conosciuto la morte in croce. Dopo quegli avvenimenti inauditi che sono la Passione, la Morte e la Risurrezione del Salvatore (cioè il Mistero Pasquale), il cristiano sa che la prova può cambiare di segno e portare alla vita, poiché Dio, per primo, nella persona di suo Figlio, è diventato uomo di dolore e ha riportato la vittoria su tutte le forze del male. E ricordatevi, cari amici, di quanto la Chiesa proclama il Venerdì Santo: «Adoriamo la tua Croce, Signore, lodiamo e glorifichiamo la tua santa risurrezione. Dal legno della Croce è venuta la gioia in tutto il mondo. (Celebrazione della Passione). Lì si è rivelato l'amore, più forte della morte. Con l'Apostolo san Giovanni, vi ripeto: «E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?» (1Gv 5,5). Egli è il vincitore del mondo. Grazie di voler essere utili alla Chiesa! Ma dite che non sempre sapete come fare per servirla. Innanzitutto, che cos'è la Chiesa? È il popolo di tutti coloro che credono in Cristo e che sono stati battezzati. I membri della Chiesa non si scelgono fra di loro. Si accolgono come fratelli e sorelle dalle mani di Dio, nella diversità della loro condizione, della loro cultura, dei loro gusti e delle loro opinioni. Si lasciano introdurre nella fraternità senza frontiere dove il Padre li invita per svelare loro il suo disegno sul mondo. (…) Il vostro portavoce ha detto che vi preoccupate della qualità dei rapporti fra cristiani e musulmani. Spronati dalla convinzione che lo Spirito Santo agisce all'interno di ogni individuo che Dio ama, conviene che coltiviate lo spirito di dialogo. (…) Insomma, che Cristiani e Musulmani collaborino in ciò che fa crescere la comunità umana! Voi giovani, anche se non siete uniti nel vostro credo, imparate a rispettarvi e a tollerarvi. Infatti, la Bibbia ci mostra che l'essere umano possiede una sola dignità: è una creatura di Dio e possiede dunque un rapporto privilegiato con Colui che gli ha donato 47 tutto. L'uomo è invitato a diventare veramente figlio di Dio in una condivisione di vita e di amore: ha un valore sovrano. Per i Musulmani, l'uomo è chiamato ad essere un perfetto rappresentante di Dio sulla terra, testimoniando, al servizio di tutti, il significato di questi bellissimi nomi: misericordia e comprensione, perdono e riconciliazione. Cari amici, grande è la dignità dell'uomo! È una via che conduce al Signore, un «segno» che rivela Dio. Infine, cari giovani, sviluppate anche quel dialogo coltivato da tanti cristiani, dialogo fra Dio e l'essere umano, che si chiama preghiera. Praticate la preghiera. Date a Dio la gioia di ascoltarlo attentamente. La preghiera vi fortificherà, vi aiuterà a fare la volontà di Dio ed entrerete, cosí, ancora più intimamente nell'autentica famiglia del Signore, che vi amerà con quell'amore preferenziale di cui parla il Vangelo (…) Ci sono oggi delle ragioni per credere nel matrimonio? Ma certo! (….) È nel matrimonio che sboccia veramente l'amore, questa dinamica interna che spinge l'uomo e la donna a donarsi l'un l'altro in una comunione del proprio essere. Vi incoraggio, cari giovani, a prendere coscienza dell'impegno responsabile che l'amore di un uomo e di una donna presuppone. Ci vuole tempo per costruire la relazione interpersonale degli sposi, che è per tutta la vita. Il matrimonio cristiano, avendo come base la monogamia, rispetta pienamente la dignità dell'uomo e della donna. Si presenta come una scuola di perfezionamento spirituale e di santificazione reciproca: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). La famiglia è anche il luogo di formazione della persona e la culla della società. In una famiglia stabile, i figli hanno il massimo delle possibilità di crescere in maniera equilibrata. (…) La famiglia è la grande educatrice di tutta la società. Voi Africani amate la famiglia. Bisogna mantenere questo grande amore. (...) Quale che sia la vostra vocazione, è importante che fin d'ora, alla vostra età e lì dove vi trovate, prendiate parte al cammino del vostro paese e del mondo. Preparatevi ad assumervi un ruolo mettendo al servizio dei vostri compatrioti le competenze umane, scientifiche, tecniche e professionali che state acquisendo. Si conta su di voi in diversi campi come quello dell'alfabetizzazione, della lotta contro la desertificazione e anche per la partecipazione ad altre lotte: contro il vandalismo, il razzismo o l'emarginazione. Fortificate in voi i valori morali dell'onestà, della lealtà, del rispetto per gli altri e del dono di sé. Impegnatevi personalmente e in gruppo per migliorare la sorte di quelli che vi sono attorno. Per queste cose, trovate gesti concreti, per semplici che siano. (.) 48 INCONTRO CON I RESPONSABILI DEL CORPO DIPLOMATICO Dakar, 21 Febbraio 1992 (.) La preoccupazione più immediata, quando si considera la situazione attuale dell'Africa, è evidentemente la pace. Duri conflitti, autentiche guerre perdurano in numerose regioni. (...) La gran parte degli scontri mortali di cui siamo testimoni impotenti si verifica all'interno delle nazioni. È spesso difficile per gli altri Stati assicurare un arbitrato rispettando l'indipendenza dei paesi coinvolti. Ma gli Stati vicini non devono forse accogliere i rifugiati, controllare lo svilupparsi dei gruppi armati, bloccare i rifornimenti di armi o impedire il loro transito? Questa è una delle prime forme di solidarietà per costruire la pace, che sarà tanto più durevole quanto più grande sarà il numero di controparti che la adotteranno. Tuttavia, vorrei insistere su un altro aspetto, senza dubbio meno facile da cogliere concretamente, ma non meno importante. Di fronte ai conflitti e alle sofferenze che essi comportano, nessuna azione diplomatica o politica, sarà realmente efficace se non porrà in pratica l'aspirazione degli uomini ad una solidarietà che non viene fermata dalle frontiere. Le responsabilità affidate ai dirigenti hanno ragion d'essere solo al servizio dei loro popoli. Agire per la pace è una missione profondamente umana. La nobiltà della politica e della diplomazia consiste nel situarsi a questo livello di motivazione, per superare le tentazioni di indifferenza o di ripiego su se stessi, per vincere le forze distruttrici, per lavorare a delle autentiche riconciliazioni, per costruire una società solidale. Sotto forme diverse, le tensioni e i conflitti risultano spesso come attacchi ai diritti dell'uomo. Quando il semplice diritto alla vita è minacciato, quando il minimo dei mezzi materiali viene a mancare, quando le aspirazioni legittime alla vita in famiglia, all'istruzione e a un lavoro rimangono insoddisfatte, una società non può vivere in pace. L'organizzazione della società ha come scopo primario il rispondere a queste esigenze. Le definizioni giuridiche dei diritti non hanno valore se non sono fondate sul rispetto dell'essere umano, soggetto dei diritti. (…) Signore, Signori, è chiaro che non possiamo fermarci all'analisi dei principi, per quanto essenziali essi siano. La comunità internazionale deve fare fronte ai problemi quotidiani dei popoli. Da parte sua, la Chiesa non smette di affermare che la solidarietà del mondo intero è al servizio dello sviluppo integrale dell'uomo. Mi sono spesso pronunciato su questo argomento, ma credo sia doveroso ritornarvi oggi di fronte ai rappresentanti di numerosi paesi di tutti i continenti. Il fatto più evidente - ma è sufficientemente colto nel mondo? - è che non ci si può rassegnare a vedere la carestia minacciare ancora e sempre milioni di uomini, di donne e di bambini su questa terra. La denutrizione è ancora drammaticamente diffusa, con tutte le sue 49 conseguenze sulla salute. L'aiuto reciproco viene esercitato, ma non senza lentezza e difficoltà. Bisogna agire e agire subito. (…) Non è sufficiente ridurre un debito o creare nuovi crediti. La realtà umana non si lascia rinchiudere in poche cifre. Non mi stancherò di ripetere che la vera solidarietà per lo sviluppo suppone la collaborazione fra le persone e fra le comunità, il sostegno delle loro iniziative, la valorizzazione delle loro specifiche qualità e delle loro eredità culturali. In poche parole, questa collaborazione costituisce di per sé una comunità che deve essere all'opera e che pone in comune più che semplici risorse e conoscenze. Essa deve condividere lo stesso rispetto per i popoli e lo stesso amore per l'uomo. Al momento del mio primo viaggio in Africa, colpito dai drammi vissuti nel Sahel, avevo lanciato un appello alla solidarietà da Ouagadougou. Dieci anni dopo, essendo tornato nello stesso luogo, l'avevo solennemente rinnovato durante un incontro con numerosi artefici generosi dello sviluppo. Oggi di nuovo, davanti a voi, ho il dovere di levare la mia voce e di interpellare la famiglia umana, in nome dei suoi membri più bisognosi. In quest'epoca in cui ci si meraviglia di vedere abolite le distanze, in un momento in cui le informazioni vengono trasmesse istantaneamente dappertutto, constatiamo con tristezza che fra i popoli sussistono altre enormi distanze: tragiche differenze di aspettative di vita e di mezzi disponibili per l'istruzione o la salute, differenze profonde nel godere della libertà, si traducono in un riconoscimento tanto disuguale della dignità umana! Nel momento in cui tutti dovrebbero avvicinarsi, che peso grava su alcuni fratelli e alcune sorelle quando vengono definiti «stranieri», «rifugiati», «emigrati»! Che uso facciamo dei beni della terra, dei beni dell'intelligenza e del cuore? (.) Come possiamo ignorare che sono dei beni comuni, dei beni per la vita dell'unica umanità? (.) 50 IL DISCORSO RIVOLTO ALLA COMUNITÀ CATTOLICA DELL'ISOLA GORÉE Chiesa dedicata a San Carlo Borromeo, 22 Febbraio 1992 Cari fratelli e sorelle, Vi saluto di tutto cuore. Lasciate che vi esprima la mia gioia e la mia emozione nel farvi visita in questa famosa isola di Gorée, la cui storia e le qualità architettoniche delle sue antiche case l'hanno fatta iscrivere nel patrimonio mondiale dell'umanità. Sì, mentre vi partecipo la mia gioia, vi partecipo anche la mia viva emozione, l'emozione che si prova in un luogo come questo, profondamente segnato dalle incoerenze del cuore umano, teatro di una eterna lotta fra la luce e le tenebre, fra il bene e il male, fra la grazia e il peccato. Gorée, simbolo della venuta del Vangelo della libertà, è anche, purtroppo, il simbolo dell'orribile aberrazione di coloro che hanno ridotto in schiavitù i fratelli e le sorelle ai quali era destinato il Vangelo della libertà. Il Papa, che sente profondamente le gioie e le speranze come pure le tristezze e le angosce degli uomini, non può rimanere insensibile a tutto ciò che Gorée rappresenta. (...) La visita alla «casa degli schiavi» ci riporta alla memoria quella tratta dei Neri, che Pio II, scrivendo nel 1462 a un vescovo missionario che partiva per la Guinea, definiva un «crimine enorme», «magnum scelus». Durante un intero periodo della storia del continente africano, uomini, donne e bambini neri sono stati condotti in questo piccolo luogo, strappati dalla loro terra, separati dai loro congiunti, per esservi venduti come mercanzia. Essi venivano da tutti i paesi e, in catene, partivano verso altri cieli, conservando come ultima immagine dell'Africa natìa la massa della rocca basaltica di Gorée. Si può dire che quest'isola rimane nella memoria e nel cuore di tutta la diaspora nera. Quegli uomini, quelle donne e quei bambini sono stati vittime di un vergognoso commercio, a cui hanno preso parte persone battezzate ma che non hanno vissuto la loro fede. Come dimenticare le enormi sofferenze inflitte, disprezzando i diritti umani più elementari, alle popolazioni deportate dal continente africano? Come dimenticare le vite umane annientate dalla schiavitù? Occorre che si confessi in tutta verità ed umiltà questo peccato dell'uomo contro l'uomo, questo peccato dell'uomo contro Dio. Com'è lungo il cammino che la famiglia umana deve percorrere prima che i suoi membri imparino a guardarsi e a rispettarsi come immagini di Dio, per amarsi infine come figli e figlie dello stesso Padre celeste! Da questo santuario africano del dolore nero, imploriamo il perdono del cielo. Noi preghiamo perché in futuro i discepoli di Cristo si dimostrino pienamente fedeli all'osservanza del comandamento dell'amore fraterno lasciato dal loro Maestro. Noi preghiamo perché essi non 51 siano mai più gli oppressori dei propri fratelli, in nessun modo, ma cerchino sempre di imitare la compassione del Buon Samaritano del Vangelo andando in aiuto delle persone che si trovano nel bisogno. Noi preghiamo perché scompaia per sempre il flagello della schiavitù così come le sue conseguenze: i recenti incidenti dolorosi in questo continente non invitano forse a rimanere vigili e a continuare la lunga e laboriosa conversione del cuore? Noi dobbiamo allo stesso tempo opporci a nuove forme di schiavitù, spesso insidiose, come la prostituzione organizzata, che sfrutta vergognosamente la povertà delle popolazioni del terzo mondo. In quest'epoca di cambiamenti cruciali, l'Africa di oggi soffre duramente della sottrazione di forze vive esercitata un tempo su di essa. Le sue risorse umane sono state indebolite per molto tempo in alcune delle sue regioni. Perciò, l'aiuto di cui sente il bisogno le è giustamente dovuto. Voglia Dio che un'attiva solidarietà si manifesti nei suoi confronti affinché essa superi le sue tragiche difficoltà! (…) IL DISCORSO DURANTE L'INCONTRO CON I CAPI RELIGIOSI MUSULMANI Dakar 22 Febbraio 1992 Cari fratelli, Distinti rappresentanti dei Musulmani in Senegal, (…) È assolutamente naturale che credenti in Dio si incontrino fraternamente in uno spirito di condivisione. Cristiani e Musulmani, con quanti seguono la religione ebraica, appartengono a quella che tutti sono d'accordo nel chiamare «la tradizione abramitica». (…) Quali comunità religiose che cercano di sottomettersi con tutta l'anima alla volontà di Dio, Cristiani e Musulmani dovrebbero vivere in pace, nella fratellanza e nella collaborazione. Sono felice di vedere che, dall'arrivo dei primi Cristiani nella sua terra, il popolo senegalese ha dato al mondo un buon esempio di questa collaborazione. L'anno scorso, nel mese di maggio, in un messaggio collettivo ai Cristiani, i Vescovi hanno segnalato quanto accade nel paese, in quanto a «sforzi reali di comprensione e di dialogo tra Cristiani e Musulmani, a incontri tra responsabili religiosi». Essi hanno notato che dei giovani si uniscono per costruire cimiteri, moschee, chiese; che degli scolari s'impegnano in una sana emulazione a rendere le loro scuole gradevoli e pacifiche; che degli adulti collaborano per migliorare la vita e lo spirito comunitario nel paese. Vorrei aiutare e incoraggiare tutti questi sforzi per costruire una società armoniosa, poiché sono convinto che Dio, nostro Creatore, che sarà anche il nostro Giudice, desidera che noi viviamo così. Il nostro Dio è un Dio di pace, che desidera che la pace regni tra quanti vivono secondo i suoi comandamenti. (...) Cristiani e Musulmani, noi dobbiamo essere 52 persone di dialogo. Come ho detto spesso, e come hanno ripetuto i Vescovi del Senegal, l'impegno nel dialogo esige innanzitutto un «dialogo di vita», cioè l'accoglienza reciproca, il rispetto reciproco della libertà di coscienza e di culto, la condivisione, la collaborazione con cui noi testimoniamo, in quanto credenti, l'ideale cui Dio ci chiama. Ma il nostro impegno nel fare la volontà di Dio ci porterà più lontano di questa vita in armonia. I problemi della vita attuale sono molti. (…) In un mondo in cui alcuni vivono nell'abbondanza mentre ad altri manca lo stretto necessario per sopravvivere, Cristiani e Musulmani devono studiare insieme il problema della ripartizione dei beni secondo la giustizia. Noi dobbiamo essere attenti al ruolo dei governi che hanno la responsabilità di sviluppare il loro paese per il bene di tutti. Dobbiamo promuovere dappertutto i valori dell'onestà, del rispetto della vita umana e del suo ambiente indispensabile. (…) Cristiani e Musulmani hanno un dovere speciale di agire in favore della pace, di collaborare nella creazione di strutture sociali, nazionali e internazionali, che possano ridurre le tensioni e impedir loro di sfociare in conflitti sanguinosi. Per questa ragione, incoraggio Cristiani e Musulmani a prendere parte attiva in incontri inter-religiosi e in organismi che hanno come scopo quello di lavorare e di pregare per la pace. Non tutti i bisogni dell'umanità sono di ordine materiale. Questo gli adoratori di Dio sono i primi a riconoscerlo. Nel nostro mondo di oggi, c'è molta sofferenza morale. Molte persone si sentono disorientate, disperate, isolate e abbandonate. Molti hanno perso il senso di un Dio che è attento a loro, un Dio Clemente e Misericordioso. Noi, per i quali Dio è una realtà, la realtà più profonda della nostra vita, dobbiamo testimoniare senza sosta che Dio è presente al centro della vita umana. (…) Sia gli uni che gli altri, crediamo che Dio è pieno di misericordia per coloro che si sono persi, ma che si volgono verso di Lui in uno spirito di umiltà e di pentimento. Ecco una lieta novella, un messaggio per quanti cercano una fede che possa dare senso e direzione alla loro vita. Per offrire un contributo specificamente religioso alla società, il dialogo tra Cristiani e Musulmani dev'essere sviluppato. Noi dobbiamo essere pronti a parlarci apertamente e con tutta franchezza e dobbiamo ascoltarci reciprocamente con molta attenzione e rispetto. (…) L'onestà mi porta ad ammettere che Cristiani e Musulmani non si sono sempre comportati reciprocamente in un modo che riflette l'immensa bontà di Dio. In certe regioni del mondo vi sono ancora tensioni tra le nostre due comunità e i Cristiani sono vittime di discriminazioni in molti paesi. Il dialogo islamicocristiano deve progredire per giungere a questa vera collaborazione, per assicurare il reciproco rispetto della libertà di coscienza e di culto, 53 con uguaglianza di trattamento fra tutti, qualunque sia il luogo di residenza. (…) 45esimo VIAGGIO APOSTOLICO (Capo Verde, Guinea Bissau, Mali, Burkina Faso, Ciad) 25 gennaio - 1 febbraio 1990 ALL'AEROPORTO FRANCISCO MENDES Praia 25 Gennaio 1990 (...) La Chiesa è mossa dall'amore di Cristo, Redentore dell'uomo; e non esita a proclamare: «L'uomo non può sfuggire a se stesso, né al luogo e al compito che gli competono nel mondo visibile»; non può diventare schiavo delle cose - delle ricchezze materiali, dei piaceri disordinati o delle smisurate ambizioni di potere -; così come non può cedere, dinanzi ai sistemi o alle ideologie che limitano la sua dignità di persona libera e responsabile, di essere creato a immagine e somiglianza di Dio. L'uomo non può soffocare il richiamo alla trascendenza, come nessuno lo può privare di questa sua dimensione. (...) Nel caso specifico, sono i Capoverdiani, i membri - uomini e donne di un laicato cattolico ben formato e responsabile, i portatori di questo messaggio nel loro ambiente, affinché in esso, esercitando la propria attività ispirati dal Vangelo, concorrano alla santificazione del mondo, dal di dentro, come il «lievito» (cfr. Mt 13,33); concorrano alla conversione delle menti e dei cuori alla causa dell'uomo: e concorrano, infine, perché si conformino ai disegni divini i criteri di giudizio, i valori che contano, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita (cfr. Exort. Apost. Evangelii Nuntiandi, n. 19). (...) Destinati originariamente a tutti gli uomini, i beni di questo mondo non raggiungeranno mai questa destinazione universale, senza l'indispensabile collaborazione nella comunità internazionale, nel quadro di un'ampia solidarietà che includa tutti e risponda prioritariamente alle esigenze dei meno favoriti. Tuttavia gli stessi interessati ai benefici non devono diventare servili; conservano il dovere della dignità nell'interdipendenza dei popoli. (...) Ricordare tali diritti, senza anteporli ai diritti di Dio e senza tacere i doveri che a questi corrispondono, è per la Chiesa questione di fedeltà al Vangelo del suo Maestro e Signore, nella fedeltà all'uomo. Pertanto, essa non cessa di inculcare la necessità della gerarchia di valori, soprattutto con riferimento all'«avere» e all'«essere», consapevole che l'«avere» di alcuni può provocare danno all'«essere» di molti. Chiedo a Dio che ogni Capoverdiano veda sempre rispettata e rispetti la dignità della persona umana in sé e negli altri, e possa disporre a sufficienza dei 54 mezzi indispensabili per vivere bene; e si senta così sempre più orgoglioso e amico della sua terra natale. [Traduzione dallo spagnolo] DISCORSO DI CONGEDO ALL'AEROPORTO Praia 27 Gennaio 1990 (...) vorrei rivolgere una parola di stima e simpatia per i molti emigranti Capoverdiani. Tutti conosciamo gli aspetti dolorosi dell'emigrazione, alla ricerca di migliori condizioni di vita: i sacrifici e le penose situazioni umane, personali e familiari, lo sradicamento e perfino i traumi, che abitualmente si accompagnano alla partenza per l'estero. Che questi loro sacrifici siano ben ricompensati e possano contribuire anche alla promozione della qualità della vita dei cittadini, che sono restati nelle loro nostalgiche isole. (...) In questo modo, contribuirete a plasmare qui una civilizzazione cristiana originale, che si alimenti alle fonti, esalti ciò che c'è di buono nelle vostre tradizioni e confluisca nell'impegno della Chiesa universale alla costruzione della «civiltà dell'amore». Qui, come in ogni parte, non è il Vangelo che deve cambiare, perché ci sia inculturazione; ma è la cultura che ha bisogno di assimilare i germi di vita portati dal Redentore dell'uomo. L'apostolo del Vangelo umanizza l'evangelizzato, certo che, nello stesso momento in cui si evangelizza, si civilizza. Evangelizzare, infatti, mira a «convertire» la coscienza personale e collettiva degli uomini, le attività a cui si applicano, la vita e l'ambiente che gli sono propri. E' questa evangelizzazione, la nuova evangelizzazione di Capo Verde, che compete a tutti i battezzati e impone loro compiti urgenti, all'interno della missione della Chiesa; sono questi compiti – nella famiglia, nell'istruzione scolastica, nell'economia e nella vita sociale che io vi affido, Fratelli e Sorelle Capoverdiani. Il Papa conta su di voi! [Traduzione dallo spagnolo] AI SACERDOTI E RELIGIOSI NELLA CATTEDRALE Praia 25 Gennaio 1990 (...) Ho saputo con soddisfazione della Seconda Assemblea Diocesana, svoltasi qui nel gennaio dell'anno scorso. Essa vi ha fatto sentire con un'urgenza particolare la corresponsabilità ecclesiale a tutti i livelli. Oltre a ciò, essa può essere considerata come una buona preparazione per il prossimo Sinodo Speciale che sarà dedicato ai problemi ed alle prospettive dell'evangelizzazione e del rinnovamento ecclesiale in Africa. La Chiesa universale, una e indivisa, si manifesta, attraverso le varie Chiese locali. E queste, oggi più che mai, devono sentire e vivere in maniera responsabile tale comunione. (...) 55 All'interno della Chiesa locale, nei suoi membri invece di un livellamento uniforme, contrario alla vera realtà della Chiesa, devono emergere tutte le qualità ed i doni specifici di una Comunità ecclesiale. Come sapete tutto ha origine «nell'amore di Dio riversato nei nostri cuori» e si esprime nella carità, praticando la verità, per crescere in Colui che è la testa, Cristo. E per mezzo di Lui che il corpo intero viene coordinato ed unito (cfr. Ef 4,16), per essere «persone che seguono Cristo sempre e dovunque». Nonostante sia un solo Spirito che dispensa i doni carismatici e ministeriali, si verifica però una varietà meravigliosa. Ma tale varietà non deve diventare un pretesto per scissioni o per rivalità, al contrario costituisce una fonte di reciproca collaborazione e di armonia interna del Corpo mistico di Cristo. La varietà delle Chiese locali, nel tendere così all'unità, dimostra ancor più la cattolicità della Chiesa indivisa (Lumen Gentium, n. 23). (…) Allo stesso modo, fratelli e sorelle, le affinità fisiche, psicologiche e culturali, nonostante possano essere utili, non svolgono un ruolo determinante per realizzare una forma di convivenza, di collaborazione e di comunione ecclesiale ad ogni livello. Questo perché il principio dell'unità e dell'armonia del Corpo mistico di Cristo non è semplicemente naturale: è soprannaturale e di fede. (...) Anche qui a Capo Verde la Chiesa, seguendo ancora la linea della sua tradizione, continuerà a collaborare alla costruzione della società capoverdiana, riconoscendo ed incoraggiando le aspirazioni di giustizia e di pace che trova in questo popolo, con la sua secolare sapienza e con i suoi sforzi attuali di promozione. La Chiesa è legata alla storia di questa Nazione in modo tale che eliminarla o disconoscerla, significherebbe mutilare il patrimonio socio-culturale dell'Arcipelago stesso. (…) [Traduzione dallo spagnolo] OMELIA ALLO STADIO «FONTINHA» Mindelo 26 Gennaio 1990 (...) Siete, carissimi fratelli e sorelle, un Popolo che è stato molto provato dalla sofferenza. Ma ciò ha contribuito senza dubbio a rafforzare Ia vostra fedeltà al Vangelo, che ha impregnato profondamente le vostre tradizioni ancestrali e che, in tanti momenti, sarà stato fonte di conforto per proseguire sulla via di un lavoro serio, fonte di speranza per continuare a lottare. (...) In questa situazione, la mancanza di prospettive reali per il futuro, porta molti dei vostri fratelli e sorelle ad un'emigrazione forzata verso altre nazioni e continenti, con tutti i problemi che ciò comporta. Anche a Roma, che è la mia diletta Diocesi, esiste una comunità di capoverdiani. Ho avuto occasione di incontrarne alcuni durante le mie visite pastorali alle parrocchie. Conosco le difficoltà che si incontrano per inserirsi in un nuovo ambiente sociale e di lavoro. Quante volte soltanto la fede e la 56 pratica cristiana costituiscono un punto di riferimento e una fonte di coraggio per non perdere la propria identità, in questa delicata fase di trapianto culturale e sociale. Chissà se molti di quelli che stanno qui non hanno già fatto questa dura esperienza di dover lasciare la propria terra? Vorrei che i capoverdiani che si trovano in altri paesi e che, senza dubbio, seguono con interesse e con fede la visita del Vescovo di Roma al loro arcipelago, sapessero che anche il Papa ha pensato a loro e ha pregato per loro in questo luogo, ben conoscendo il sacrificio di dover stare lontani da ciò che è loro caro. E qui faccio un duplice appello: a favore dei numerosi cittadini emigrati da questa nazione, e a loro stessi. Siete partiti da qui, amati fratelli e sorelle, consapevolmente o inconsapevolmente animati dall'ideale della fratellanza di tutti gli uomini e con molta speranza. Dio voglia che la vostra speranza si realizzi e possiate trovare questa fratellanza; e che tutte le istituzioni chiamate in causa dal fenomeno dell'emigrazione intraprendano tutto ciò che è giusto e valido per aiutare l'emigrante, al fine di salvaguardarne la dignità personale e favorire la sua partecipazione, libera e responsabile, alla vita comunitaria e sociale dovunque si trovi. E a loro, ai molti capoverdiani emigrati, dico: nel procurarsi il pane e nel cercare migliori condizioni di vita in terre lontane, non dimentichino mai il suolo natìo e la gente che vi abita: parenti, amici, le persone conosciute e quelle sconosciute. Non dimentichino coloro che sono rimasti in patria! Siano fedeli alle proprie radici: alla propria cultura, alla propria fede e alla santità di tradizioni e costumi. E cerchino, con il proprio modo di vivere, di dare testimonianza delle buone qualità del popolo capoverdiano e dei valori cristiani. (…) [Traduzione dallo spagnolo] OMELIA NELLA SPIANATA «QUEBRA CANELA» Praia 26 Gennaio 1990 (...) Anche qui a Capo Verde continua la costruzione della Chiesa nei cori degli uomini. Tutti i battezzati sono responsabili di essa, e on solo i sacerdoti e i consacrati. Seguire Cristo è una vocazione ll'apostolato, che coinvolge tutti. I laici, con la loro particolare vocazione e missione nella Chiesa, sono chiamati a svolgere un ruolo importante. Tanto più che scarseggiano quelli che si dedicano esclusivamente al servizio del Regno. Considerando inoltre l'organizzazione della vita moderna, si sente a necessità di una presenza dei cristiani laici attiva ed evangelica, e allo stesso tempo dinamica e trasformatrice, per individuare e aggredire le cause dei mali che paralizzano o corrodono la qualità della vita e la vita stessa, impedendo la «costruzione» e la crescita della comunità ecclesiale e anche della comunità cristiana e 57 sociale. E' importante che i laici sappiano essere testimoni e araldi di proposte conformi alla giustizia e alla carità; capaci di contribuire l miglioramento delle strutture sociali, economiche e politiche. E' importante che sappiano essere modelli di solidarietà e di fraternità, pensando e operando come cristiani autentici. (.) Essendo un popolo situato ad un crocevia di civiltà, voi, fratelli e sorelle, avete una tradizione, nella quale la vita familiare, le abitudini sociali e la cultura stessa sono caratterizzate dal Vangelo. Ogni capoverdiano può sentirsi orgoglioso, ripetendo quella frase: «sull'esempio dei miei predecessori», che abbiamo ascoltato nella prima Lettura. Intanto la vostra terra, che era già anticamente conosciuta per essere un punto strategico per la guerra, nonché un punto di passaggio per abbreviare le rotte commerciali, era altresì nota, purtroppo, per l'abominevole commercio di persone umane, ai tempi della schiavitù. E pertanto possibile che persistano delle cicatrici di ciò nella vostra cultura. Oggi volevo sottolineare qui con voi due aspetti, che costituiscono una costante preoccupazione del magistero ecclesiale: - Il primo è: No alle discriminazioni di ogni genere; mai più schiavitù dell'uomo nei confronti dell'uomo; mai più forme di violenza, che minano la dignità delle persone; mai più la negazione dei diritti di Dio sull'uomo: «L'uomo vivente è la gloria di Dio». - Il secondo è che, nel farvi visita, mi convinco che i capoverdiani seguono il consiglio dell'Apostolo: dimenticandosi di ciò che sta alle loro spalle, vogliono andare avanti verso il futuro. Verso un futuro cristiano sempre migliore. (...) [Traduzione dallo spagnolo] 58 45esimo VIAGGIO APOSTOLICO IN GUINEA BISSAU 25 gennaio - 1 febbraio 1990 ALL'ARRIVO ALL'AEROPORTO Bissau, 27 Gennaio 1990 (...) Salutando i presenti estendo il mio saluto a tutta la popolazione della Guinea. So che è gente attiva, pacifica e gioiosa, dalla religiosità molto spontanea; so anche che vi sono molti giovani, avidi di imparare, disposti a fare di tutto per costruire una società migliore ed aperti alle possibilità di progresso e di reale sviluppo che il mondo gli offrirà. (...) Rendo grazie al Signore per essere oggi in Guinea-Bissau, Paese che giunto all'indipendenza soltanto circa quindici anni fa, si trova certamente in un momento importante e difficile: il momento di strutturarsi come Nazione e di affermarsi quale «socio» a pieno diritto, nel concerto delle Nazioni. Esso deve affrontare quindi vari problemi: alcuni specifici, altri comuni a diversi Paesi di questa parte del mondo. (…) Camminando insieme all'uomo considerato in tutte le sue dimensioni e collocato nel suo ambiente, la Chiesa vuole aiutarlo a realizzare la sua vocazione integrale: attingere ad una piena dimensione umana con le esigenze del suo spirito, la sua apertura alla trascendenza e la chiamata alla vita eterna. Non ignora i problemi che si presentano a coloro i quali hanno la responsabilità di aiutare i cittadini nella realizzazione di una autentica fioritura umana, fino a raggiungere tale piena dimensione, così come non ignora quanto sia difficile trovare i processi politici più adatti, gestirli e dirigerli con successo, per promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune. Mi sia permesso, nell'interpretare i sentimenti di quanti desiderano la felicità di ogni abitante della Guinea, ricordare qui che i pilastri di qualsiasi modello veramente umano di società rimangono sempre la verità, la libertà, la giustizia, l'amore, la responsabilità, la solidarietà e la pace. In questa ottica voglio fare riferimento solo ad alcuni aspetti di una piena dimensione umana. Ed è in questo la «pietra angolare» di una Guinea nella quale tutti si sentano sempre migliori e più uniti dall'amore patrio pur appartenendo a etnie differenti. (...) E convinzione della Chiesa che per debellare e respingere le discriminazioni e le ingiustizie, bisogna educare, insegnare e vivere una solidarietà radicata nella coscienza della fratellanza di tutti i membri della famiglia umana. Al giorno d'oggi, si nota una crescente presa di coscienza in tal senso, suscitata dall'interdipendenza delle persone e dei popoli nel mondo intero. Poco fa ho esaltato il valore morale positivo di tale coscienza: essa impone ad ognuno di noi una determinazione ferma e perseverante nell'impegnarsi per il bene 59 comune universale. Siamo tutti, realmente responsabili di tutti (cfr. Sollicitudo rei socialis, n. 38). Per raggiungere tale solidarietà che - come mi ha scritto il Signor Presidente a suo tempo - «nasce dalla collaborazione di tutti i popoli e dalle istituzioni che lottano per un mondo di pace e di progresso», ho insistito, spesso, sulle condizioni e le strade. Non si tratta di scelte lasciate all'arbitrio di ognuno, bensì di imperativi etici fondati sulla destinazione universale dei beni della terra e specificati in norme e priorità, sia per quelli che possono dare, per quelli che ne traggono beneficio. Tale solidarietà indispensabile degli uomini e dei popoli sarà tanto più reale quanto più verrà considerata come un servizio da prestare, con intelligenza, disponibilità e gratuità. I beni con i quali si può aiutare il prossimo, devono essere garantiti ed offerti, in modo che possano essere accettati liberamente, sia dalle persone che dai gruppi (cfr. Gaudium et Spes, n. 74). Prego Dio affinché la Guinea possa godere di una solidarietà così concepita e resa concreta. Signor Presidente, ribadisco a Vostra Eccellenza ed alle altre Autorità, la certezza che possono sempre contare sulla lealtà dei figli della Chiesa cattolica per questa loro Patria terrena. Essi conoscono i loro compiti. Insieme ai fratelli di altri credi e con tutti i cittadini, sono disposti a partecipare, di tutto cuore, all'opera comune, nella misura in cui gli vengano concessi spazi per agire liberamente. Consapevole del fatto che spesso gli sforzi e la buona volontà degli uomini non bastano, preghiamo perché Dio. Signore della storia, vi assista ed aiuti nella difficile ma nobilissima missione di servire il bene comune di tutti gli abitanti della Guinea, ai quali faccio i miei migliori auguri. Su di loro e su tutti i presenti imploro la Benedizione di Dio Onnipotente. [Traduzione dallo spagnolo] 60 DISCORSO DI CONGEDO ALL'AEROPORTO Bissau 28 Gennaio 1990 (...)Durante il mio breve passaggio fra voi avrei voluto essere stato un'eco e un riflesso, limitato ma autentico, dello stesso Signore Gesù, che passò tra gli uomini, sollecito nel portare la «salvezza di Dio per tutti gli uomini» (Tit 2,11) senza esclusivismi né discriminazioni; ma con particolare attenzione ai poveri, ai «più piccoli» e ai sofferenti. L'ultima immagine che ho appena colto nella vostra terra, visitando il lebbrosario di Cumurà, è emblematica; mi ha fatto pensare ai drammi che molti abitanti della Guinea ancora vivono, dibattendosi fra mali e carenze deprimenti e paralizzanti, per risolvere i quali, probabilmente, non è neanche necessario ricorrere ai miracoli. Mi viene in mente in modo spontaneo, il Maestro, Gesù Cristo, che, con parole e opere, ha ben evidenziato che evangelizzazione e attenzione alle necessità concrete degli uomini sono legate. (…) In particolare mi ha ricordato la scena del paralitico presso la piscina di Betzata. Mentre Gesù passava, gli lesse negli occhi la speranza e il desiderio di vivere meglio e ascoltò da lui questa frase molto significativa: «lo non ho nessuno...» (Gv 5,7). Nessuno che mi aiuti e mi mostri solidarietà. Voglia Dio che una simile esclamazione mai possa uscire dalle labbra di un abitante della Guinea. (…) Ai miei fratelli e sorelle cattolici ricordo ancora: la Chiesa non deve limitarsi ad essere semplicemente un segno di speranza nel mondo. Deve anche dare le ragioni di questa speranza. Deve aiutare non soltanto a mettere in luce i problemi, ma anche a trovar loro le soluzioni, alla luce dei disegni divini che si scorgono nella Parola rivelata. Continuate, dunque, ad ascoltare la parola con cui Cristo vi invia: «Mi sarete testimoni» (At 1,8)! continuate a evangelizzare, con gli stessi sentimenti che c'erano in Gesù Cristo (cfr. Fil 2,1-5), perché si operi una simbiosi perfetta tra la fede annunciata e l'anima africana, saldi nella certezza che, per questo motivo, il Vangelo non ha bisogno né può cambiare. Siate coraggiosi nell'affrontare i problemi pastorali: quelli antichi e quelli nuovi, quelli portati dai mutamenti della vita moderna, per esempio, dall'urbanizzazione o dall'accesso agli studi di molti giovani di questa Nazione. 61