Mosaico Italia, i tasselli della società multiculturale.

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Mosaico Italia, i tasselli della società multiculturale.
Mosaico Italia, i tasselli della società multiculturale.
La Cisl tutta il 10 ottobre scende in piazza in nome dell’integrazione, dei diritti
e di un concetto “diverso” di sicurezza, rispetto a quello che viene
frequentemente mostrato nei mezzi di comunicazione. Troppo spesso i cittadini
immigrati ed i giovani di seconda generazione, nati in Italia o giunti fin da
piccoli, sono vittima di stereotipi, processi di discriminazione, ma sono anche i
protagonisti, troppe volte invisibili, di storie di lavoro, integrazione, coraggio,
determinazione, successo. In vista di una così importante occasione di
mobilitazione e di partecipazione, abbiamo raccolto le storie di vita e le
testimonianze di tanti giovani, ragazzi e ragazze.
Sono solo un piccolo frammento della galassia migrante (e di tanti giovani nati
in Italia da genitori stranieri e che si sentono ovviamente italiani, senza per
questo assolutamente rinnegare le loro origini). Una galassia che ha incontrato
e si impegna, in varie forme, nel sindacato, nella Cisl, attraverso l’Anolf, le
Unioni territoriali, le categorie, i servizi.
Sono giovani che non sono distanti dalle vicende politiche e dell'azione
sindacale, come spesso qualcuno vuol far credere, ma nutrono profondo
interesse per ciò che accade quotidianamente in materia di fiscalità,
contrattazione, programmazione socio-economica, dinamiche socio-culturali
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perché comprendono che in tutto ciò risiede il loro futuro di studenti, lavoratori
e cittadini. Abbiamo raccolto esperienze concrete di ragazzi e ragazze che
hanno dovuto per necessità lasciare il proprio paese di origine per migrare in
Italia , in cerca di fortuna e di futuro e di ragazzi e ragazze che in Italia ci sono
nati, che si sentono italiani, che parlano i nostri dialetti, contribuiscono alla
crescita culturale della nostra società, ma che, “burocraticamente”, italiani non
sono, a causa di una legge sulla cittadinanza restrittiva e iniqua.
Non a caso i giovani della Cisl e dell’Anolf, ritengono urgente e necessaria una
riforma della legge sulla cittadinanza, introducendo il principio dello “jus soli”,
conferendo quindi la dignità e l’orgoglio di essere italiani ai tanti figli
d’immigrati che sono nati nel nostro Paese senza dimenticare coloro che
giungono fin da piccoli e che fanno un percorso scolastico formativo e si
sentono italiani.
Ci sono troppi “italiani con il permesso di soggiorno”, non possiamo più
permettercelo . Vogliamo contribuire a trasformare una società aperta verso le
diversità in un contesto globale sempre più multietnico, multiculturale.
Le storie che seguono ci raccontano, attraverso la vita vissuta, le esperienze e
le speranze di una generazione di giovani, siano essi immigrati o giovani di
seconda generazione, che contribuiscono a rappresentare una fetta importante
del futuro del nostro paese: è bene che ciò entri nella consapevolezza di tutti.
A cura di
Maruan Oussaifi
Responsabile Nazionale Anolf Giovani di 2^ generazione
Francesco Lauria
Associazione Giovani Cisl
in collaborazione con il Dipartimento Confederale Cisl Politiche
Migratore, Donne, Giovani e il Coordinamento Nazionale Anolf Giovani
di 2^ generazione
Leggi le storie dei giovani di prima e seconda generazione:
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Mi chiamo Alem Gracic, sono nato nella ex Jugoslavia, il
paese che ormai da qualche anno non esiste più. Per
essere più preciso dovrei dire che sono nato in Croazia
da parte di genitori bosniaci ma non mi va di essere
pignolo e di raccontare l’ennesima versione della storia
etnica degli slavi del sud. Pertanto consideratemi come
uno dei Balcani o ancora meglio come un cittadino
europeo.
Il mio percorso migratorio inizia nel periodo dopo la
guerra in Bosnia, appena finite le scuole superiori mi
sono trovato con un sistema universitario distrutto ed
arretrato, istituti dove regnava la corruzione e che promettevano poco, soprattutto nel
campo delle nuove tecnologie. I miei genitori non potevano permettersi il carico totale
delle spese universitarie all’estero perciò ho dovuto arrangiarmi da solo, facendo mille
concorsi per una borsa di studio in varie università europee. A quel tempo
sinceramente non avevo preferenze ma solo un grande desiderio di studiare oltre
frontiera, come tutti i miei coetanei. Oggi ritengo di essere stato fortunato a vincere
una borsa di studio presso L’Università degli Studi di Siena. Il primo periodo è stato
molto difficile. Non sapere la lingua è un ostacolo molto duro per ogni immigrato.
Sono convinto che la lingua sia una condizione necessaria per una completa
integrazione sociale. Dovermi sforzare quotidianamente a parlare mi ha aiutato a
superare le prime difficoltà di integrazione e a imparare velocemente l’italiano. Ho
cercato di andare oltre e di partecipare attivamente a varie attività culturali del
territorio toscano, festival e feste locali. Non dimenticherò mai l’accoglienza e la
disponibilità delle persone che poi sono diventate i miei amici più stretti. Con loro ho
vissuto le feste e le usanze come se fossi sempre stato là. Anche in università, dopo
poco, ho trovato il gruppo di amici con cui condividevo sia lo studio sia il tempo
libero. I problemi comuni di quella età fanno da filo conduttore in un processo di
integrazione e amicizia.
Il mio stato d’animo cambiava però quando arrivava il periodo del rinnovo del
permesso di soggiorno. Questi erano gli unici momenti in cui mi sentivo diverso.
Lunghe code all’alba, poca pazienza degli addetti, complicata procedura burocratica e,
soprattutto, lunghissimi tempi di risposta sono stati gli elementi principali in ogni
procedura di rinnovo che ho dovuto vivere. Ogni immigrato quando si trova in questa
fase di burocrazia non si sente tranquillo anche quando ha tutte le carte in regola. Ci
vuole poco a perdere o a capire male un documento in una pratica già di per sè molto
complessa. Inoltre i lunghissimi periodi di attesa per il rilascio impediscono la
possibilità di spostarsi e di rientrare nel proprio paese. Tante volte non ho potuto
tornare a casa per le feste, altre tante volte mi sono perso le gite universitarie o i
viaggi con gli amici perché il mio permesso di soggiorno non era pronto.
Credo che tutti gli immigrati, come me, hanno provato quella felicità e quel respiro di
sollievo al momento del ritiro del documento desiderato, solo allora uno si sente del
tutto regolare e tranquillo.
Purtroppo le cose si complicano ancor di più quando la procedura di rinnovo o di
rilascio non è ordinaria. Parlo di quei casi particolari quando nemmeno gli impiegati
della questura non sanno come agire o rispondere. Vi racconto quello che ho vissuto
quando alla fine degli studi ho cambiato il motivo di soggiorno da quello di studio a
quello di lavoro. Ho conosciuto FILCA CISL durante i progetti e i campi scuola svolti in
Bosnia. In tre anni di collaborazione come mediatore culturale è nata l’idea di una
collaborazione tra me e la FILCA CISL di Milano. Avevo finito gli esami e stavo
preparando la tesi di laurea quando ho fatto richiesta di una delle quote annualmente
rilasciate dal Governo per la conversione del permesso di soggiorno. Il mio permesso
per motivi di studio era ormai scaduto quando ho ricevuto la risposta positiva
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dall’ufficio provinciale di lavoro, però per ritirare il nulla osta di conversione, (la
famosa quota), bisogna essere in possesso del permesso di soggiorno non scaduto,
mentre per avere il permesso per motivi di lavoro bisogna avere il nulla osta. Classica
situazione del cane che si morde la coda. In quel momento rischiavo il posto di lavoro
non avendo il documento necessario per istaurare il rapporto e, ancora più grave,
rischiavo il diritto al permesso di soggiorno. Fortunatamente ho avuto la possibilità di
poter parlare personalmente con il Prefetto e per chiarire la mia situazione, ma,
credetemi, quel periodo e quelle corse da un ufficio all’altro me le ricorderò per il resto
della mia vita. Ci ho pensato tante volte, cosa farebbe in questa situazione una
persona non capace di comprendere complicate procedure burocratiche, uno che non
ha un datore di lavoro paziente e disponibile, uno che non avrebbe avuto la possibilità
di chiarire il problema con il Prefetto? Sicuramente sono stato molto fortunato.
Oggi mi sento completamente integrato e so che la mia storia può essere diversa da
tante altre. Forse sono stato avvantaggiato dal fatto che sono di pelle chiara, che ho
avuto la possibilità di studiare la lingua e la cultura italiana, che non ho avuto
responsabilità verso i famigliari o tante altre difficoltà che un immigrato medio vive
tutti i giorni. Forse è così, ma a me piace pensare che un pò di merito sia anche mio.
Alem Gracic – Bosnia ed Erzegovina
Operatore politico Filca Cisl Milano
Per tanti anni mi ha accompagnata un sensazione
inquietante… una sensazione di inadeguatezza.
Riflettendoci, col tempo, mi vien da dire che è strano
essersi sentiti così, inadeguati a cosa? a chi?
Sono una giovane italo - irachena, mia madre è italiana
cristiana cattolica e mio padre è iracheno musulmano
sciita.
Ho vissuto la mia infanzia a Bagdad, lì ero una bambina
integrata ma diversa, ero la figlia dell’italiana con tante
bambole e bei vestiti e quando mi avvicinavo agli altri
bimbi, loro non mi toccavano e non giocavano con me,
forse per paura, forse perché sentivano che non gli
appartenevo o almeno non del tutto.
Quando mi sono trasferita in Italia, a scuola ho avuto
molte difficoltà.
I bambini spesso parlavano in dialetto ed io già mi esprimevo poco in italiano, così ho
dovuto fare ripetizioni e cercare di recuperare, per raggiungere il loro livello.
Non ho mai subito episodi di razzismo, mi bastava però guardarmi con i loro occhi per
capire che ero “diversa”.
Per tutta la mia adolescenza mi sono sempre chiesta perché proprio io dovevo vivere
una vita così strana, piena di contraddizioni, perché non potevo essere come gli altri?
Oggi che sono ormai adulta, ho finalmente capito la fortuna che mi è capitata. Ho
vissuto due mondi così diversi tra loro e sento di esserne una sintesi.
I miei genitori, che sono persone intelligenti, hanno saputo rispettarsi e vivere le loro
differenze con semplicità, trasmettendo a me e mia sorella le loro tradizioni, la loro
cultura il loro diverso modo di essere. Mi hanno insegnato che la diversità è una
ricchezza, un valore da regalare agli altri. A fianco della nostra azione quotidiana di
rappresentanza dei lavoratori, dobbiamo, quindi, essere in grado di esportare questi
valori che fanno già parte della nostra identità Cisl, dobbiamo lavorare affinché si
diffonda una vera cultura d’integrazione e affinché nessun altro si senta solo e
“diverso”. Sabria Sharif Resp. Coordinamento Giovani Cisl Milano
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I miei ricordi dell’infanzia non sono molto chiari, ma
certe cose che hanno segnato la mia vita sono stati e
saranno un’impronta indelebile per il resto di essa.
Mio padre partì per l’Europa in cerca di miglior vita
quando io ero ancora nella pancia di mia madre; fino
all’età di 6 anni sono rimasta con mia mamma in
Cina, io nell’ingenua inconsapevolezza di dover
raggiungere un giorno mio padre in Italia e lei nella
speranza e nell’attesa di poter riabbracciare il prima
possibile mio padre.
Finalmente nel febbraio del 1993 partimmo per
l’Italia, all’arrivo in aeroporto di Fiumicino a Roma vidi
un uomo, mia mamma disse che era mio padre, ma
per me era uno sconosciuto, mai visto prima.
All’epoca lui risiedeva già a Rimini e lavorava presso una pasticceria locale, mia madre
non sapeva parlare niente di italiano, per cui era molto difficile trovare un lavoro e
quindi mio babbo si è dovuto far carico di noi 2.
Il modesto stipendio di mio babbo “obbligò” mia mamma ad arrangiarsi in qualche
modo per mandare avanti le spese della famiglia e soprattutto dell’affitto, cosicché
cominciò fare la venditrice ambulante sulle spiagge di Rimini durante l’estate, mentre
aveva in grembo mia sorellina.
A scuola dopo una timida conoscenza dei miei compagni di scuola non ebbi troppa
difficoltà ad imparare la lingua italiana, e mi ambientai bene, i miei compagni di
scuola, le insegnanti, le bidelle erano tutti molto gentili con me, e io non sapevo
ancora cosa voleva dire essere straniera, sapevo solo di essere cinese, ma non mi
sentivo diversa dai miei coetanei, andavo a scuola con loro, mangiavo un panino con
prosciutto come loro a merenda, restavo a mensa scolastica insieme a tutti gli altri,
andavo spesso a casa delle mie amiche e amici di classe, restavo volentieri alla lezione
di religione, insomma non mi sentivo assolutamente non integrata.
Con l’arrivo di mia sorella, le condizioni economiche familiari divennero sempre più
precarie, così mia mamma dovette riprendere a lavorare come sarta e io ad accudire
mia sorellina, così anche con l’arrivo 2 anni dopo di mio fratellino.
Qualche anno dopo, con l’aiuto economico di parenti e amici i miei genitori decisero di
aprire un ristorante cinese: qui cominciai a capire che vi erano persone a cui non
piacevano vedere i cinesi, mi riferisco a due inquilini dei piani superiori che
continuavano a guardarci male e dire che avrebbero chiamato i carabinieri per
rimandarci in Cina.
Da qui crescendo ho cominciato a sentirmi sempre più di mira, assorbendo prese in
giro sulla mia origine, per il colore della mia pelle.
Ricordo bene che quando ci fu la SARS che “scoppiò” in Cina, allora tutti mi stavano
lontana come se fossi portatrice del virus, salire sull’autobus e vedermi gli occhi
puntati addosso mi metteva molto a disagio.
In ambito scolastico non ho avuto problemi ad integrarmi con i miei coetanei,
probabilmente il saper la lingua italiana mi ha aiutato, ma spesso l’aspetto gioca un
ruolo molto importante, soprattutto quando ci si presenta alle istituzioni pubbliche: si
ha meno disponibilità rispetto alla persona italiana.
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Il muro che c’è di fronte ad una persona che ha origini diverse da quella italiana è
l’ignoranza per molte persone, che si trasforma in pregiudizio e stereotipo verso lo
straniero e soprattutto verso la sua etnia.
Mi sento fortunata rispetto a molti altri miei coetanei che hanno una diversa origine da
quella italiana poiché bene o male anche se in un primo momento posso essere vista
come la cinesina che non sa parlare bene l’italiano, oppure l’asociale, molti scoprono
che alla fine sono uguale a loro, con gli stessi sogni, paure, gli stessi svaghi.
L’unico grande ostacolo che abbatterebbe tutti quelli più piccoli è la richiesta della
cittadinanza italiana, la legge che ne regola il rilascio va rivista e modificata.
Nel mio caso, la richiesta di cittadinanza è correlata alla residenza continuativa in
Italia: nell’andare all’anagrafe comunale a chiedere un epilogo sulla mia situazione
anagrafica risulta che sono residente a Rimini dal 1993 ad oggi, ma nel 2005 c’è un
vuoto di alcuni mesi, ovvero cancellazione dal registro dell’anagrafe perché irreperibile
a seguito di trasloco di casa; mi chiedo, sono cresciuta in Italia, ho frequentato tutte
le scuole qui, mi sento parte di questa società, da ciò mi sento negare una serie di
diritti, il voto, il lavoro nelle istituzioni pubbliche, ecc.
E’ inutile tergiversare sul problema degli stranieri, perché se si attuano le giuste
politiche, si emanano le legittime norme sul tema. Bisogna affrontare la tematica con
reale convinzione che l’Italia è multiculturale.
Angy Liu
Responsabile Giovani di 2^ generazione Anolf Rimini
Viorica Cirnoiu- un nome che si perde nell’ oceano di
nomi
delle
donne
immigrate.
Ucraine,
moldave,russe,rumene..donne dell’Est..da dove sono
arrivata anch’io 5 anni fa. Non si dimentica facilmente il
giorno in cui si decide di lasciare il tuo paese, di riempire
la valigia di tante speranze e di partire. Sapevo che
tutto lo sforzo fatto in Romania per laurearmi, per
trovare il lavoro che stavo per lasciare, tutti i sogni dei
miei genitori ,tutto veniva accantonato,che dovevo
ripartire da capo, che dovevo imparare un'altra lingua,
conoscere un’altra cultura, ma soprattutto che dovevo
sopravvivere. Si, perche tutti partiamo con l’idea di
migliorare la nostra vita,quella che appena abbiamo
lasciato, ma il punto di partenza nel paese d’arrivo e’
quasi sempre inferiore a quello precedente. Così fu anche
per me, prima di arrivare in Italia,essendo laureata in Giurisprudenza, lavoravo come
consulente legale per un S.p.a., qui il mio primo lavoro e’ stato quello di badante.
Lavoravo senza giorni liberi, avevo solo due ore libere al giorno. Due ore che per me
significavano tanto. Erano le ore che io potevo ritrovare Viorica che avevo lasciato in
un angolo del mio cuore:quella a cui piaceva tanto andare a teatro, in biblioteca,
visitare i musei, le mostre…avere tempo per se stessa e per gli altri. Ma non tutto era
condizionato dalla mancanza del tempo libero. Per più di un anno quello che mi ha
fatto soffrire di più era la mancanza del permesso di soggiorno. E’ questo non perche’
il mio datore di lavoro non si è reso disponibile a regolarizzarmi, ai tempi aveva fatto
due domande, ma per lo stesso motivo per cui tanti immigrati vivono nell’ ombra: la
legge Bossi-Fini. Devi provare per capire cosa vuol dire che sei una persona senza
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identità. Io non riuscivo a capire come mai avendo lasciato il mio paese per un paese
democratico le cose andavano peggio. Ho bussato a tante porte, volevo esistere. I
miei passi mi hanno portato alla Cisl di Pavia, dove mi è stato spiegato per l’ennesima
volta che la legge pone dei limiti, ma che questi possono essere superati avendo certi
requisiti e vincere la lotteria chiamata ,,decreto flussi,,. Mi hanno dato una mano per
compilare la terza domanda per il permesso di soggiorno e una volta ottenuto, nel mio
tempo libero, mi hanno coinvolto nell’attività dell’ANOLF,l’associazione degli stranieri
sostenuta dalla Cisl.
Le due ore di libertà mi hanno regalato tanto. Oltre allo sportello stranieri presso
la Cisl, ho iniziato a studiare, oggi sono nel terzo anno all’Università degli studi di
Pavia, Facoltà di Scienze Politiche. Dal 2007 sono stata assunta come impiegata dalla
stessa Cisl e mi occupo prevalentemente dello sportello stranieri. Ma non è l’unica
attività che svolgo con molto interesse. Collaboro con diverse associazioni di
volontariato, faccio parte di due Coordinamenti: Coordinamento Donne Cisl e
Coordinamento provinciale contro la violenza.;sono volontaria presso un carcere e dal
2008 sono il Co-presidente dell’Anolf Pavia.
Non mi sono chiesta se è poco o tanto quello che sto facendo, se è valsa la pena
lasciare tutto per venire in Italia.Quello che so è che il cuore mi si riempie di
soddisfazione se posso aiutare le persone che come me cercano di avere un’ identità,
una vita. Credo di essere stata fortunata per aver lasciato un paese, degli affetti e gli
amici e di aver ritrovato un altro paese con altri affetti e altri amici. Si, si può fare, si
può vivere senza paura e senza sofferenza. Dipende soltanto da noi, da voi, dal paese
intero. Diamoci una mano per la nostra serenità!
Viorica Cirnoiu
Co.Presidente Anolf Pavia
Mi chiamo Adnan Naeem, ho venticinque anni di origine
Pakistana, faccio parte del coordinamento nazionale dei
giovani di seconda generazione Anolf, e vivo in Italia
dal 1998 con la mia famiglia che è composta di sei
persone, siamo due fratelli e due sorelle, tutti nati in
Pakistan e abitiamo in Castano Primo che è un paesino
di quindici mila abitanti in provincia di Milano.In Italia il
mio percorso scolastico era iniziato con la prima media
e al termine della scuola media inferiore, mi ero iscritto
alla scuola superiore con la specializzazione in
informatica, e ho terminato gli studi con diploma di
perito capotecnico in informatica.
Fortunatamente sia io che i miei fratelli non abbiamo avuto grande difficoltà
nell’inserimento in un nuovo mondo tutto differente per noi, soprattutto perché nel 98’
nel nostro paesino (parliamo sempre di Castano Primo) il fenomeno dell’immigrazione
non era molto conosciuto, e noi eravamo la prima famiglia straniera che veniva ad
abitare in questo paesino perciò la maggior parte dei residenti Castanesi ci
guardavano con curiosità e cercavo di avvicinarsi per conoscerci, per sapere chi
eravamo? Da dove venivamo? Quali erano le nostre abitudini? E come ci si viveva nel
nostro paese di origine? Queste erano le domande comune che ci facevano di solito; e
grazie a dio non abbiamo avuto dei grandi problemi nell’ integrarci in un mondo tutto
nuovo, soprattutto grazie agli insegnanti e amici che ci avevano dato un grande aiuto
nell’ apprendere la lingua Italiana.
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Appena finiti gli studi sono venuto a contatto con il sindacato per ovvi problemi legati
con i rinnovi dei permessi di soggiorno, dove ho saputo dell’ANOLF (Associazione
Nazionale Oltre Le Frontiere) che opera nel campo degli immigrati, e in giro di breve
periodo sono diventato un volontariato di quest’ultima associazione, oltretutto
quest’associazione mi ha dato la possibilità di partecipare in diversi seminari dei
giovani di seconda generazione (presso il centro studi a Firenze) e al campo scuola
Anolf /Cisl che sono state le esperienze più belle della mia vita, dove ho conosciuto
diverse nuove realtà provenienti da tutto il resto del mondo, le nuove culture, il modo
di vivere, le usanza dei diverssi paesi, ed eventuali difficoltà affrontate in Italia nella
fase d’integrazione, ecc... sono delle esperienze bellissime che mi ricorderò per tutta
la mia vita.
Adnan Naeem
Componente Coordinamento Nazionale Anolf Giovani di 2^ generazione
La mia esperienza personale di approccio con l'Italia.
Mi chiamo Isilda, sono portoghese di origine angolana.
Mi spiego, sono nata in Angola e all'età di 3 anni sono
andata a vivere in Portogallo, profuga dalla guerra di
l'indipendenza avvenuta nel 76. Ho cominciato a
presentarmi così perché spesso mi sono trovata in
difficoltà a rispondere delle domande specifiche sul mio
paese d'origine. Quando mi chiedevano: Che lingua si
parla nella tua provincia? Quali sono le etnie? Che
ricchezze naturali avete? Avete musica e vestiti
tradizionali? Lì mi sono accorta che conoscevo di più il
paese che mi ha accolto di quello d'origine. La
medesima situazione lo vivono tutti quelli che sono
immigrati da piccoli o nella fase della adolescenza. In
Italia quando mi presento così leggo incomprensione sul volto delle persone. Gli
stranieri pensano che ho rinnegato il mio paese, gli italiani pensano che voglio farmi
passare per quello che non sono. Ma, per fortuna, questa sono io. Secondo me, quelli
che hanno una storia di vita radicata in più di un paese dovrebbero presentarsi così.
Siamo frutto di due civiltà, abbiamo subito una doppia socializzazione. A dire la verità
adesso sono già nella terza, se aggiungo l'Italia. Vi confesso che questa ultima
esperienza è stata traumatica per me.
Ho vissuto in Portogallo fino il 2003. La popolazione vive e convive con gli immigrati in
modo tranquillo, perché è un paese con almeno 500 anni di storia di colonizzazione e
con almeno 50% della popolazione emigrata, l'immigrazione è stato un problema di
conflitto sociale e politico negli anni 70. Quello che si vive oggi in Italia, l'ho vissuto 35
anni fa. Una crisi economica e sociale causata dell'abbandono delle colonie. Eravamo
visti come i responsabili della disoccupazione, del ritorno di migliaia di portoghesi al
paese di origine e delle morti generate nel conflitto. Quindi è stata un'infanzia assai
difficile. Non mi erano consentite alcune amicizie perché ricordavo il marito o il figlio
ucciso oppure il livello di vita e le ricchezze perse. Negli anni 90 la società portoghese
aveva finalmente pacificato il clima sociale ed incluso gli immigrati delle ex colonie. In
Portogallo mi sono laureata e ho vinto un concorso pubblico per lavorare come
dipendente statale. Ho lavorato nel Ministero del Lavoro e dopo sono stata assunta
come Dirigente nel Ministero dell'Educazione, ruolo svolto fino 2003. Forse pensate
che sono una pazza per avere rinunciato a tutto quello che avevo conquistato per
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venire in Italia. Può darsi. Mi sono innamorata di un italiano, oggi mio marito. Per
motivi familiari abbiamo dovuto venire a vivere in Italia. Ero convinta di avere già una
certa conoscenza del paese, venivo spesso in vacanza, dominavo la lingua, ma mi
sono resa conto che era una conoscenza superficiale. Tra essere turista e viverci c'è
un abisso. Non pensavo di trovare un paese cosi diffidente verso lo straniero. Mi
ricordano in ogni momento che sono diversa. Qui non c'è ancora una completa
condivisione del valore della multiculturalità , e quindi non ha senso dire che sono
italo portoghese di origine angolana. I media e la società tende a focalizzarsi sul
colore della pelle. Quando sei nero, sei sempre extracomunitario. Non esistono neri
italiani. Quindi, qui sono e sarò sempre extracomunitaria.
Quale cammino verso l'integrazione?
Per integrazione intendo il processo di accettazione degli immigrati, come individui e
come gruppi da parte della società ospite. Naturalmente, questo processo presuppone
un'interazione, aggiustamento ed adattamento reciproco tra gli immigrati e la società
ospite.
I protagonisti nel processo di integrazione devono essere gli immigrati e gli italiani
supportati da governo attraverso le scuole, le istituzioni/associazioni e le comunità
locali. Considero che in Italia non ci sia una vera politica di immigrazione. Esiste un
insieme di norme che regolano il flusso migratorio, ma non la chiamerei Politica di
Immigrazione. Naturalmente, a mio avviso non si può parlare di immigrazione senza
collegare un progetto di integrazione. Immigrazione ed integrazione devono diventare
due facce della stessa medaglia. Nel caso Italiano questo è fondamentale, perché al
contrario di altri paesi europei , qui non esiste una tipologia di immigrazione standard.
Confluiscono tante culture diverse tra loro. Parliamo di storie, rappresentazioni, codici
diversi. Piombano qui senza un minimo di orientamento. Si impara a leggere il nuovo
contesto socio culturale da soli (e a volte non tanto bene), oppure se si è più fortunati
si incontra la semplice solidarietà (la filantropia, la carità di alcuni). A mio avviso,
questo approccio può aumentare i rischi di dipendenza e si contrastano solo
parzialmente i problemi degli immigrati.
Bisogna costruire una politica d’integrazione tramite una rete di attori sociali coinvolti
istituzionalmente in azioni di integrazione, che progetti e esegua queste politiche. Il
sistema politico nazionale, ma sopratutto quello locale sono quindi gli attori
fondamentali per un'integrazione di successo. Senza la volontà esplicita della società
di accoglienza, non è possibile immaginare l'integrazione degli immigrati e delle
minoranze etniche. Le politiche di intolleranza tendono ad abbassare il livello valoriale
di una società. Anche l'influenza dei leaders di opinione e dei mezzi di comunicazione
hanno un ruolo rilevante. Loro contribuiscono a rinforzare l'immagine collettiva
stereotipata e stigmatizzata di alcune comunità, ignorando la dimensione e l'impatto
dell'immigrazione. Questo accade anche tra gli immigrati stessi, perché sono stranieri
tra loro. Purtroppo questa crisi ha dimostrato che anche le condizioni del mercato di
lavoro sono importanti nel processo di integrazione. Quando siamo di fronte ad un
periodo di crescita economica, gli immigrati sono più facilmente integratibili nel
mercato di lavoro locale. Non c'è concorrenza, occupano gli spazi lasciati liberi dai
lavoratori nazionali e il mondo di lavoro diventa un veicolo d'integrazione. Quando
siamo di fronte ad un periodo di contrazione economica e di conseguenza l'aumento
della precarietà e del tasso di disoccupazione, verifichiamo l'aumentare di
comportamenti discriminatori e ostili da parte della popolazione autoctona.
L'immigrato è visto come potenziale concorrente nel mercato di lavoro e nel accesso ai
sussidi concessi dallo stato. Un altro aspetto che oggi è molto discusso riguarda le
caratteristiche delle comunità etniche. La provenienza degli immigrati di determinate
origine geografiche, le caratteristiche razziali, sociali o culturali particolari, possono
determinare il livello di integrazione da parte della popolazione ospite. Secondo me
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l'immigrato deve avere il coraggio di staccare per un certo periodo di tempo con il
paese di appartenenza per esorcizzare il dolore , le paure e il fantasma della
acculturazione, anche perché quando torniamo nel nostro paese, i nostri amici e
familiari sono i primi a dirci che ormai non siamo più gli stessi.
Ho lasciato per ultimo un aspetto che considero una caratteristica individuale che a
mio avviso fa la differenza. Le capacità individuali/familiari dello straniero di mettersi
in gioco nel nuovo contesto sociale e culturale avendo come base l'apprendimento
della lingua.
Questo approccio ha come base una logica di cittadinanza. L'immigrato deve avere la
possibilità di diventare cittadino con diritti e doveri, deve potersi sentire al
sicuro(acquistare casa, avere la pensione, e tutte le tutele, lingua, scuola ecc). Di
conseguenza non posso parlare di cittadinanza senza toccare un tasto fondamentale:
IL DIRITTO AL VOTO. La possibilità di contare nelle comunità locali dove viviamo e
paghiamo le tasse.
Un altro problema che nessuno vuole affrontare riguarda al riconoscimento delle
nostre competenze,
sia formali che informali acquisite nell’arco della vita. Mi
domando: perché qua e devo ricominciare da capo? La mia formazione professionale e
scolastica non ha alcun peso? Questo non permette di fare il salto a livello di mobilità
sociale, sono schiacciata in basso e faccio più fatica.
La mia ragione di essere nel sindacato
La rappresentazione che avevo del sindacato non mi portava ad avvicinarmi a questa
organizzazione. Per fortuna, il sindacato mi ha individuato lanciandomi una sfida
impossibile da rifiutare. La FIM-CISL Lombardia mi ha proposto di sviluppare un
progetto con i lavoratori immigrati. Questa esigenza è nata per dare risposta alla
crescita spontanea degli iscritti immigrati, lievitati in pochi anni fino ad essere più del
10% del totale degli iscritti(media nazionale). Da settembre 2007 abbiamo un
progetto pilota in quattro territori in Lombardia (Bergamo, Brescia, Lecco e
Valcamonica), con l'obiettivo di approfondire la conoscenza delle problematiche dei
cittadini e lavoratori immigrati che si confrontano con l'integrazione sul territorio e
negli ambiti del lavoro. Il progetto si propone di cambiare approccio dentro
l'organizzazione, passando da prospettiva di “lavorare per” ad una
prospettiva di
“lavorare con”. In altre parole: valorizzare gli immigrati come soggetti attivi,
aumentare la qualità della loro partecipazione alla vita dell'organizzazione praticando
insieme i valori fondativi del nostro fare sindacato.
Il ruolo del sindacato nel processo d'integrazione
Le misure del governo in materia di immigrazione richiederebbero ai diversi soggetti
sociali, che hanno a cuore i valori della solidarietà, che ripudiano la discriminazione e
la xenofobia (associazioni, sindacato in prima linea e i singoli individui), di mobilitarsi
per il cambiamento. Attualmente si assiste ad una sostanziale “paralisi sociale” che
non permette una modalità di lettura e di azione che contrasti questa tendenza. Come
sindacato si pone l’esigenza di confrontarsi con il cambiamento che sta avvenendo
nella società italiana.
Oggi coloro, immigrati e italiani, che credono in una società multiculturale sentono la
mancanza di una “rappresentanza” che risponda ai problemi di integrazione che si
incontrano sul territorio. La tematica dell'immigrazione costituisce un terreno fertile
per le demagogie populiste che bisogna combattere. Questa battaglia si fa tramite
politiche serie di accoglienza ed integrazione mirando allo sviluppo sostenibile e alla
coesione sociale. Italia, un paese con una forte storia di emigrazione ed oggi di
immigrazione ha la responsabilità di promuovere azioni di sensibilizzazione sociale e
politica intorno alla tematica di immigrazione con tutti i settori della società. A questa
costruzione il sindacato può partecipare con un ruolo rilevante, promuovendo nella
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società la conoscenza e la riflessione su questa tematica, limitando così lo spazio alla
espansione della sfiducia, intolleranza e xenofobia. La partecipazione al processo
democratico e nell'elaborazione di politiche di integrazione al livello locale, aiuta
l'integrazione. Il lavoro è un elemento essenziale nella vita di un immigrato e nel suo
processo d'integrazione. Il sindacato ha il ruolo di rendere visibile il contributo che
queste persone prestano alla società di accoglienza. Le organizzazioni sindacali
permettono l'utilizzo di una rete sociale dando la possibilità di un attivismo anche ai
gruppi più marginali. Sono la voce critica dei più deboli, promuovendo nella sfera
pubblica dibattiti e discussione sui loro problemi. La promozione della uguaglianza è
da sempre una delle battaglie del sindacato.
Per contribuire al processo di integrazione, il sindacato dovrebbe offrire agli immigrati
la possibilità di acquisire conoscenze di lingua, storia e rapporto con le istituzioni della
società di accoglienza, organizzando corsi di formazione o orientamento sulle offerte
formative nel territorio. Solo queste scelte coraggiose e lungimiranti rivolte ai
lavoratori immigrati daranno un vero slancio all'integrazione come spetta ad una
società del terzo millennio.
Isilda Armando, FIM Bergamo.
Mi chiamo Chemkhi Souhaieb ho 23 anni, vengo dalla
Tunisia, più precisamente dalla capitale Tunisi e risiedo in
Italia dal 2002. La mia permanenza in Italia mi ha fatto
imparare tante cose che prima non sapevo e non avrei mai
capito se rimanevo in Tunisia e la cosa più importante è la
lotta alla “sopravivenza”, in Italia se non lotti non ce la
farai a lungo perché la tendenza che va di moda è quella
che noi stranieri stiamo rubando il posto di lavoro all’
italiano oppure che ci stiamo arricchendo sulle loro
“spalle”, in quanto non è vero affatto perché non ci stanno regalando niente perché il
nostro guadagno ce lo sudiamo con tutto quello che facciamo in qualità di lavoratori e
nonostante tutto non veniamo mai retribuiti veramente per quello che meritiamo .
Eppure ci invidiano per quel poco che abbiamo vabbè… questa è un mia
considerazione. Ritorno a me, appena sono giunto in Italia mi sono iscritto alla
scuola, dove ,persi due anni della mia vita per ripetere dalla terza di scuola superiore
in quanto dovevo fare direttamente la quinta, ma comunque tutto sommato è andata
bene così. Nel frattempo mi sono dato da fare sul fronte dell’ associazionismo e quello
del volontariato
dove come prima associazione ho incontrato quella islamica
“Associazione Culturale ETTUBA “ che seguo tutt’ ora. In questa Associazione ho
capito molto del contesto socio-religioso specialmente il confronto tra la vecchia e la
seconda generazione, poi l’ANOLF questa grande famiglia dove mi sento forte con il
sostegno di tutti e non mi sento mai solo. All’ANOLF veramente ho imparato tanto
perché come ho già detto, è una grande famiglia dove dai nostri problemi cresciamo
insieme . Adesso sono il coordinatore di seconda generazione ANOLF Frosinone è sono
molto fiero e so che questo è solo inizio del cammino di un tragitto molto lungo verso
la libertà sociale degli stranieri perché attualmente lo straniero è vincolato a questo
benedetto permesso di soggiorno, sembra che siamo dei ladri e non esseri umani,
infatti molte persone non riescono a vivere seguendo questo ritmo quindi mollano
tutto e ritornano al paese di provenienza ma la maggior parte cambiano l’Italia con un
altro paese europeo. Dopo che ho finito la scuola mi sono scritto all’ università “la
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Sapienza” in ingegneria meccanica che frequento tutto ora ma per il momento i miei
passi sono lenti perché sto lavorando come mediatore culturale in collaborazione con
la Provincia di Frosinone la quale a sua volta ha prodotto un protocollo d’intesa con la
prefettura, la questura ,l’ASL e il carcere di Frosinone quindi svolgo diversi attività di
orientamento in questi enti pubblici e sapete una cosa!!!! mi vergogno quando dico
che sono fiero di essere in Italia perché in questi enti ho visto le meraviglie della vita
sociale dello straniero speriamo che le cose cambiano con la nostro lotta insieme all’
ANOLF.
Souhaieb Chamkhi
Responsabile Anolf Giovani di Frosinone
Mi chiamo Sadio, ho 23 anni, sono senegalese e vengo da Padova.
Sono venuta in Italia all’età di 6 anni. Ovviamente son venuta
tramite il ricongiungimento familiare assieme a mia madre e mio
fratello per vivere con mio padre in Italia.
Appena arrivata mi hanno iscritta alla prima elementare dove ho
iniziato a masticare un po’ di italiano. Nel giro di pochi mesi
parlavo e chiacchieravo con i miei compagni e compagne di classe, con alcune son
nate amicizie che continuano fino ad adesso. La scuola è stata un luogo importante
per inserirmi ed esser parte della cittadinanza del mio comune veneto. Ho sempre
partecipato ad attività che si svolgevano con i miei coetanei, dallo sport ai
campiscuola con la parrocchia. Fortunatamente ho sempre amato i libri e questo mi ha
consentito di aver successo negli studi a partire dalle elementari. Ora sono
all’università di Padova, nella facoltà di giurisprudenza, dove mi destreggio tra codice
civile e manuali di diritto penale. Lo studio per me è fondamentale per 2 ordini di
ragione. La prima è per riscattare i miei genitori che tanto han faticato in questo
paese sostenendomi e contribuendo sempre ai miei studi. La seconda è per dimostrare
agli italiani che l’immigrato non è solo braccia da lavoro ma anche una persona con
ambizioni e aspettative non tanto differenti dalle loro. Per quest’ultima ragione mi
sono avvicinata all’Anolf. In particolar modo ho preso a cuore la battaglia promossa
dal coordinamento delle II Generazioni nelle tematiche della cittadinanza e
dell’uguaglianza. Infatti, il problema del riconoscimento della cittadinanza sia ai figli di
immigrati nati in Italia sia ai bambini, che come me, son venuti da piccoli in questa
nazione mi è molto caro. Per noi giovani immigrati il diritto di cittadinanza va oltre il
diritto di voto. La cittadinanza è il mezzo che ufficializza ciò che già da tempo
sentiamo: la condivisione di valori di questa nazione. Con la cittadinanza possiamo
effettivamente contribuire ed esser partecipi del progresso dell’Italia con la nostra
ricchezza culturale e di valori. Mi batto su questo punto con molta convinzione in
modo tale da farlo comprendere a tutti coloro che ritengono che il diritto di
cittadinanza coincida solo esclusivamente con il diritto di voto.
Nonostante il Governo e buona parte dell’opinione pubblica veda negativamente il
fenomeno migratorio rimango ottimista dei risultati che potremo ottenere a favore
dell’integrazione e dell’eguaglianza perché la forte motivazione e ambizione che
caratterizza noi della II Generazione di immigrati non sarà mai scalfita da nessuna
legge o campagna mediatica che osteggia l’integrazione.
Sadio Fall
Anolf Giovani di 2^ generazione Padova
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8 November 2003 - mi trovavo nell'aeroporto
internazionale di Dubai, aspettando la
mezzanotte e l'aereo che mi porterà a Roma. Dopo
otto ore di viaggio da Manila a Dubai e
sapendo che avevo altre quattro ore di attesa, il mio
corpo cominciava a cedere alle braccia di
Morfeo ma la mia mente, viaggiava ancora tra la
paura, l'incertezza, istinto di panico, il mio
futuro e l'idea che i primi minuti del mio diciottesimo
compleanno, lo stavo festeggiando
parecchi metri da terra ferma.
Mi chiamo Cromwell, sino ad ora, ho 23 anni. Sono filippino e sono anch'io, prodotto
del ricongiungimento familiare. Prima di partire, ero uno studente universitario,
iscritto nell'università statale della città di Manila; secchione, mangione, strano,
festaiolo, un giovane pieno di aspettative, sogni, desideri - tutto in un solo corpo.
Dopo quasi sei anni di permanenza in Italia, sono sempre un secchione, un mangione,
un giovane aspirante della bella vita ma si aggiunge alla lista che sono anche un
giovane della seconda generazione pronto a fare la differenza e dare una mano a chi
ne ha bisogno. Il primo ostacolo che trovavo davanti a me era ovviamente, la lingua.
Questo ho capito appena sono atterrato, quindi non ho permesso a nessuno di
fermarmi di comprare più libri possibili.
Mi ricordo ancora il viaggio da Fiumicino ad Ascoli mentre mio zio mi diceva, la prima
cosa che dovevo imparare in assoluto sono le parolacce, poi i saluti, dopodiché la
grammatica. La seconda cosa che ho affrontato era come cambiava la mia vita. Lo
shock culturale che ho visto e cercavo di assorbire tutto ciò che mi capitava. Il foglio
su cui ho scritto la mia prima lettera per i miei amici era talmente bagnato di lacrime
che ho dovuto farlo asciugare un attimo prima di continuare a scrivere per poi versarci
altre lacrime. Ma era questa la scelta che ho voluto e su questa che dovevo lavorare.
Nonostante la presenza di tutta la mia famiglia, mi sentivo comunque solo.
Finita la settimana di crisi esistenziale totale, ero pronto alla riscossa. Oltre ai libri, era
obbligatorio nella mia agenda un CD di musica italiana. Ho comprato il disco dei
Gemelli Diversi quell’anno, Fuego, una parola spagnola e questa la capii…fuoco, il
fuoco dentro di me dovrebbe essere riacceso. Subito dopo, una console PlayStation 2,
ho scelto un gioco in italiano con manuale in italiano. Giocavo ogni notte, vocabolario
e dizionario bilingue sulle cosce. Anche la cucina non mi ha fuggito, alcune ricette ho
cercato di imparare. Oltre la scuola ogni mattina, seguivo altri corsi di italiano, anche
quelli organizzati dall’ANOLF. Non parliamo delle sagre di paese se no, non finiamo
più.
Mi sono diplomato nel 2007 scegliendo la strada del tirocinio, una bella preparazione
alla mia carriera. Ma oltre questo, ho imparato molte cose di quanto mi aspettavo. Ho
capito che molto più il significato di integrarsi, di diversità, di rispetto e di
comprensione per gli altri, extracomunitari o italiani sia. Ho sentito gente che prova le
stesse difficoltà mie ed è stato un piacere anche con loro condividere delle storie. Ho
ascoltato alle varie situazioni personali e
familiari delle persone da tutte le fasce sociali. Ma soprattutto, ho conosciuto meglio
chi è Cromwell. Davanti ai numerosi episodi belli e brutti, si è fatto distinguere.
Fra un mese dovrò finire il mio praticantato e mi dovrò vedere con il vero mercato di
lavoro. Sto sperando al meglio, come sempre, e mi sto preparando a dare ancora di
più di quello che
ricevo. Dopo tutto, siamo sempre noi a scrivere la nostra storia.
Cromwell Manaloto
Responsabile Anolf Giovani di Ascoli
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Sono un ragazzo come tanti, 20 anni, nato in Italia da madre filippina
e padre italiano.
Faccio parte dei ragazzi di seconda generazione dell’Anolf, ovvero di
tutta la comunità formata da figli di immigrati.
Non ho mai sentito il peso di ciò, mai. Anzi, ora come ora sono fiero
di essere il risultato dell'unione di due culture così distanti e cosi
vicine tra loro nello stesso tempo.
Sono nato a Roma dove ho vissuto durante i miei primi anni di vita.
Per mia fortuna non sono mai stato vittima di episodi di razzismo nel vero senso della
parola.
Da piccolo venivo preso in giro, isolato, discriminato, ma sono cose normalissime
essendo bambini. Per fortuna sono stati casi molto rari; la maggior parte delle
persone che ho conosciuto nel corso della mia vita sono state persone che mi hanno
accettato per quello che ero come persona, non facendomi mai sentire diverso da loro,
rinforzando la mia convinzione di essere uguale a loro, di essere uno di loro, ma al
contempo di essere me stesso.
In ambito scolastico, lavorativo, sportivo, non ho mai incontrato gente che mi ha
discriminato. Se fosse accaduto però non avrei esitato un solo istante a far valere i
miei diritti.
Una società, deve mantenere le proprie radici, accettare e riuscire a convivere con
altre culture per potersi sviluppare e migliorare. Ecco il mio pensiero.
Ognuno di noi deve essere un elemento attivo per lo sviluppo di questo mondo nel
quale viviamo. Riuscire ad accettare qualcuno che riteniamo “diverso”, confrontarsi
con lui, discuterci, comprenderlo, riuscire a regalargli un sorriso e riuscire a porgergli
la mano: sono tante le piccole azioni che portano a grandi risultati.
Non viviamo chiusi nel muro del pregiudizio e del razzismo.
Vincent Paul Veri, Anolf giovani di 2^ generazione Lecce
Una storia felice:la mia!
Io mi chiamo Ranali e sono originaria dello Sri Lanka
come entrambi i miei genitori.
Io e mio fratello siamo venuti qui a Messina per
raggiungere i miei nel 1994 e all’epoca si potevano
contare con facilità i miei connazionali presenti nel
territorio dal momento che non c’era una comunità
organizzata
come
oggi
e
di
conseguenza
l’integrazione risultava a primo impatto molto più
difficile ma anche più veloce e diretto; di questo ne
ho fatto personalmente esperienza.
Infatti sono stata mandata ad una scuola in cui ero l’unica persona straniera dopo soli
due giorni che ero qui e sapendo solo tre parole che mia madre mi aveva insegnato: ‘
non ho capito ’. La cosa buona è che mi sono stati sufficienti tre mesi per imparare la
lingua dato che ero costretta per forza di cose a parlare italiano per farmi capire; certo
è stato molto difficile all’inizio ma è stata una situazione che si è risolta in breve
tempo.
Ho trovato subito un ambiente molto accogliente: dagli insegnanti e compagni di
scuola alla famiglia presso cui mia madre lavorava dove trascorrevo intere giornate:
anzi,è stata proprio quest’ultima ad iscrivermi nella scuola dove la signora stessa
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insegnava, facendomi ricominciare la scuola dalla prima elementare e facendomi
ottenere una borsa di studio per tutta la durata del percorso scolastico.
Non mi sono mai sentita discriminata in alcun modo da loro, anzi mi sentivo di avere
una marcia in più poiché, essendo straniera, nessun aiuto mi fu mai negato e questo
mi stimolava ad impegnarmi sempre di più per dimostrar loro la mia infinita
gratitudine; sono così riuscita a diplomarmi con il massimo dei voti e ad ottenere una
borsa di studio per l’accesso all’università.
Fu proprio in questo periodo che ho avuto modo di entrare in contatto con la mia
comunità (che nel frattempo si era consolidata) e soprattutto con l’ANOLF di Messina
attraverso il suo copresidente mio connazionale, il quale mi ha dato la possibilità di
mettere al servizio degli altri le mie capacità e conoscenze in cambio di una personale
crescita formativa,sociale e umana. Ho avuto così modo di capire quanto fosse
importante assistere l’immigrato nel processo di integrazione e interazione con l’
ambiente circostante, soprattutto per chi non ha avuto la fortuna come me di
conoscere l’accoglienza e l’ospitalità del popolo italiano.
Non posso negare di aver vissuto qualche situazione di disagio anche io; a mare,o per
strada non mancava mai chi era solito lasciarsi andare in offese gratuite ma non per
questo bisogna additare l’Italia come un paese razzista come molti dicono. Bisogna
essere consapevoli del fatto che il razzismo è figlia di tanta superficialità e ignoranza
che aleggia intorno a noi.
Ranali
Anolf Giovani di 2^ generazione Messina
Mi chiamo Yuliya Kotenko, ho 23 anni. Sono una ragazza
ucraina che vive a Napoli da 5 anni. 5 anni che mi hanno
cambiato la vita e me stessa. Sono una studentessa
dell'Università l'Orientale, laureanda in Lingue e Culture
dell'Asia e dell'Africa, lingua cinese e hindi. Mi sento una
ragazza realizzata, perché sono una delle poche
fortunate ad avere la possibilità di studiare qui in Italia.
Tutto grazie alla mia mamma, che 5 anni fa non ha avuto
paura a portarmi qui grazie al ricongiungimento
famigliare con la speranza di darmi una vita se non
migliore, ma semplicemente più vantaggiosa. Una volta
arrivata in Italia non sono riuscita ad iscrivermi direttamente all'Università, perché il
mio diploma non era valido. Ho dovuto rifare le scuole superiori qui in Italia, dove ho
approfondito per bene le mie conoscenze della lingua italiana. Una volta diplomata mi
sono iscritta all'Università per proseguire finalmente gli studi che avevo lasciato in
Ucraina. Grazie alla mia mamma, la quale prima che io venissi in Italia lavorava già
presso L'ANOLF, come volontaria e mediatore culturale, sono entrata a farne parte
anche io. Ho conosciuto delle persone eccezionali che mi hanno aiutato tantissimo e
mi hanno insegnato ad aiutare gli altri. Cosi ho cominciato anche io a collaborare
insieme all'ANOLF di Napoli, facendo volontariato e intrattenendo dei buoni rapporti
con la mia comunità, aiutandola e sostenendola. Poi conoscendo altri ragazzi della mia
età ed anche quelli più giovani abbiamo deciso di creare qualcosa che ci unisse, una
organizzazione che accogliesse tutti i giovani nati o cresciuti qui, tutti quelli che
hanno bisogno di un punto di ritrovo per parlare, discutere e creare dei progetti per un
futuro migliore per noi e per i nostri figli. Cosi, adesso, essendo vice coordinatore delle
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Seconde Generazioni di Napoli sono fiera dei nostri ragazzi e dei loro piccoli progressi.
Noi siamo la forza e insieme uniti possiamo raggiungere gli obiettivi già posti in
precedenza dai nostri genitori.
Yuliya Kotenko
ViceCoordinatrice Anolf Giovani di 2^ generazione Napoli
Salve a tutti, mi chiamo Maria Ilena Rocha sono nata
a Napoli circa 28 anni fa, le mie origini sono
Capoverdiane (arcipelago di Capo Verde) sono
diplomata in Disegnatore di Architettura ed
Arredamento e Laureanda in Architettura, ho
frequentato in maniera eccellente la scuola italiana,
non avendo mai avuto grosse difficoltà d’inserimento
scolastico, questo grazie al sostegno che ho avuto da
parte di mia madre e di una famiglia Napoletana,
facendomi apprezzare ed essere orgogliosa delle mie
origini e della mia pelle scura, poiché venti anni fa in
tutto l’Istituto elementare ero l’unica bambina
d’origini straniere e con la pelle “Nera”.
Ricordo che quando andavo a scuola la mia famiglia mi diceva:
“ se ti richiameranno Nera tu chiamali Bianchi!”e proprio su quest’affermazione
la nostra maestra dell’elementare ci fece una lezione sulle molteplicità dei “Colori”.
Nel periodo adolescenziale ho cominciato a capire il significato delle mille discussioni
che puntualmente nel salotto di casa mia, avvenivano il Venerdì sera, con la
proiezione di un famoso programma televisivo basato su argomenti politici, che con il
tempo mi hanno coinvolto, partecipando alle mille discussioni e sostenendo chi
ritenevo più convincente. Questa influenza lo riportata anche a scuola precisamente
nelle superiori partecipando in maniera attiva nelle assemblee d’Istituto, sin ad
ottenere diversi incarichi portavoce nella mia sezione, responsabile degli scrutini di
votazione e con enorme successo divenendo membro dei rappresentati degli studenti
dell’Istituto d’Arte, partecipando a diverse manifestazione.
Il primo anno d’Università, è stato particolare, sono entrata in un mondo totalmente
diverso dove vi erano molte differenze e forse lì per la prima volta mi sono sentita
diversa. Essendo una persona molto sensibile, mi sono resa conto che era giunto
il momento di fare qualcosa di concreto, per sostenere gli immigrati, lottando contro
il razzismo e la xenofobia.
Nel 2001 sono stata invitata ad associarmi all’ANOLF e al sindacato CISL, ero molto
spaventata, poiché mi rimbombavano i ricordi delle famose discussioni che avvenivano
nel salotto di casa puntualmente il Venerdì sera, rendendomi conto
che i dibattiti e le discussioni non sarebbero avvenuti il venerdì, ma per la vita, poiché
sono cresciuta con questi valori, di rispetto sempre e in ogni modo del prossimo senza
distinzione di sesso, cultura e religione.
Nel 2005/2006 è arrivata una grossa opportunità quello di partecipare ad un campo
scuola organizzato dall’Anolf- Cisl, proprio lì a mia insaputa si è aperto un nuovo
mondo, quello prima da corsista e poi divenendo l’anno successivo Formatrice AnolfCisl tutto questo è avvenuto per gradini e soprattutto grazie a delle persone che mi
hanno conosciuta ed apprezzata cosi come sono.
Attraverso l’Anolf ed al sindacato Cisl sono riuscita a conoscere centinaia di persone di
diverse origini e forse ho imparato a conoscere meglio i valori della vita.
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Per mia esperienza il mondo del volontariato ANOLF e del sindacato CISL mi resterà
sempre nella mia persona, augurandomi di trasmettere quest’enorme esperienza a
tante altre persone che spero d’incontrare in questo lungo cammino della vita.
Ringraziando Maruan Oussaifi Responsabile Nazionale ANOLF Giovani ed il quotidiano
della Cisl “Conquiste del Lavoro” che mi ha dato l’opportunità di raccontare parte della
mia storia.
Maria Ilena Rocha
Coordinatrice Anolf Giovani di 2^ generazione Napoli
Salve mi chiamo Amine Kheir, sono un ragazzo di 20 anni di
origine marocchina ma vivo in Italia da quando avevo 6 anni.
Sono un collaboratore Anolf nel territorio di Ascoli Piceno per le
seconde generazioni. Frequento il secondo anno di università di
Scienze politiche per la Cooperazione Internazionale. Quando sono
venuto in Italia per la prima volta e sono entrato al mio primo
giorno di scuola, mi sembrava tutto cosi strano, un nuovo mondo,
ma con cui non ho avuto nessuna difficoltà a integrarmi. Mi ritengo una persona molto
fortunata perché ho avuto il sostegno dei miei genitori fin da piccolo per proseguire gli
studi e essere ciò che sono oggi. È grazie alla loro mentalità aperta che ho imparato
che il mondo è bello perché è vario. Come tutti ho dei sogni da realizzare e fino a poco
tempo fa credevo che non avrei avuto problemi a realizzarli, finché non ho incontrato
un “muro” davanti a me, davanti ai miei sogni, il “muro” della legislazione italiana. E
come me anche altri ragazzi nelle mie stesse condizioni.
Secondo la legge italiana noi non abbiamo ad esempio il diritto di partecipare ai
concorsi pubblici, al servizio di leva ecc.., queste sono solo alcune delle tante
limitazioni che ci vengano poste!!
Quindi noi ragazzi a differenza dei nostri genitori; che si sono preoccupati di avere un
lavoro, un permesso di soggiorno e una casa; l’ostacolo che abbiamo incontrato
superando i dogmi dell’integrazione, sono le leggi italiane.
Noi siamo i figli dimenticati dell’Italia perché non abbiamo i nostri diritti come cittadini
italiani: per la legge noi siamo solo cittadini extracomunitari che contribuiscono al
mantenimento dell’economia italiana, svolgendo anche quei lavori che molti non
accettano di svolgere, anche se avvolte ci sentiamo ripetere che rubiamo il lavoro.
Nonostante siamo cresciuti o nati in suolo italiano, preso i nostri titoli di studio qui,
non ci sentiamo parte attiva del paese perché non abbiamo quel pezzo di carta che
confermi la nostra appartenenza allo Stato Italiano. Con l’intenzione di completare i
nostri studi intendevamo svolgere il lavoro che ognuno di noi sognava da bambino.
Volevamo partecipare alla vita sociale, sentirci attivi e utili al nostro paese che ormai è
diventato l’Italia, non solo come lavoratori ma anche come veri e propri cittadini con
le nostre culture e le nostre conoscenze affinché l’Italia diventi un paese di mondo.
Allora è in questo momento che perdiamo la nostra identità e ci domandiamo: chi
siamo? A quale paese apparteniamo? E quale ruolo abbiamo in Italia?
Sono domande che ormai mi tormentano da tempo, immaginate un ragazzo che si
crede ormai già integrato benissimo nella società italiana, considerando questo Paese
come suo, che trauma può subire scoprendo di non essere cittadino italiano a tutti gli
effetti, che il suo paese lo rifiuta perché non ha quel “pezzo di carta” che accerti la sua
italianità.
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Allora la mia interrogazione si fa più accesa: ma è possibile che nonostante noi
abbiamo studiato la filosofia, la storia, l’arte, la letteratura e la cultura in generale
italiana, non possiamo essere considerati italiani?
Secondo me l’essere italiani viene dal cosa sai del proprio paese e non dal fatto che ci
sei nato o sei figlio di genitori italiani o di immigrati.
Adesso mi è sorto un dubbio: perché lo Stato Italiano investe tanto su di noi studenti,
se alla fine a noi studenti “stranieri”, non ci da la possibilità di mettere in pratica ciò
che abbiamo imparato nella nostra carriera studentesca, con progetti che possono
giovare a tutto il nostro paese. Non è uno spreco di denaro, investire su di noi, per poi
non darci l’occasione di mettere in pratica le nostre capacità che abbiamo appreso nel
servizio del mondo sociale italiano?!
Io sono solo un ragazzo che insieme ad altri miei coetanei, vuole esprimere i suoi
disagi nel proprio paese (Italia) e la sua delusione verso questo ultimo.
Io sono solo uno dei tanti ragazzi arrivati in Italia in prima elementare, che ha
imparato l’italiano in fretta, che ha studiato nelle braccia della scuola italiana.
Un ragazzo come tanti altri che aveva un sogno, il sogno di fare un giorno il mestiere
per cui tanto studia, ma che ora vede annebbiarsi in un futuro incerto, per una legge,
per un “foglio” che dice: bisogna essere cittadini italiani per lavorare nei mestieri
pubblici in Italia.
Però nonostante tutto sono un ragazzo che ancora un po’ di fiducia, speranza nel
futuro Governo Italiano, nel mio Governo Italiano.
Noi ragazzi delle seconde generazioni offriamo le nostre menti, le nostre capacità al
nostro paese. L’Italia cosa ci offre?
Amine Kheir
Anolf Giovani di 2^ generazione Ascoli
Ciao a tutti, mi chiamo Marcela e ho deciso di scrivere per
raccontare la mia esperienza;
Vivo in Italia da 10 anni e ogni giorno devo ancora combattere con
episodi di razzismo (ciò nonostante la mia pelle sia chiara) e
qualche volta sono costretta a subire episodi spiacevoli da parte
dei miei coetanei italiani.
Vi spiego meglio… sono una ragazza brasiliana di 22 anni appena compiuti! nata e
cresciuta in Brasile da madre brasiliana e padre colombiano. Fino all’età di 12 anni
vivevo felicemente a Sao Paulo e mi ritenevo fortunata di essere nata li ( tra le città
più belle del mondo secondo me).
Finchè un bel giorno (per motivi che non sto qui a spiegare) mia madre mi annunciò la
decisione di trasferirci… in Italia!!!!( e per questo motivo mi sento di rispecchiare in
pieno la seconda generazione, sono stata trapiantata in un paese a me sconosciuto
non per mia scelta!!!)
Appena arrivata in Italia ho dovuto affrontare subito mille difficoltà. In primis, il
problema della lingua…eh…già…dovevo andare a scuola ma è difficile se non capisci
quello che ti vien detto; la lingua poi è stata un ulteriore ostacolo per socializzare…
perché i miei coetanei
(tolta la curiosità iniziale nei miei confronti) non si
impegnavano più di tanto per cercare di farmi integrare nel gruppo.
Per un periodo più o meno lungo mi sentivo isolata dal mondo…avevo grosse difficoltà
a scuola,non capivo la t.v, non avevo amici…..
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Oggi, più che mai capisco l’importanza della figura del mediatore culturale (figura
secondo me sottovalutata); magari ci fosse stato un mediatore quando io ero a
scuola!! Chissà quante difficoltà potevano essere evitate!
Un bel giorno mi sono svegliata e mi sono detta che dovevo cambiare la mia
situazione. Da quel giorno mi sono impegnata al massimo, e a fine anno scolastico
avevo attenuto la licenza media con il massimo dei voti, sorprendendo tutti. Non solo
avevo deciso di iscrivermi al liceo classico (considerato tra le scuole più difficoltose) e
cosi fu…ma anche li la mia strada è stata in salita… per sorpresa dei miei compagni
dato che i miei voti erano alti (e vorrei far rimarcare il fatto che dovevo faticare il
doppio per ottenere lo stesso 8 del mio compagno, dovevo sempre dimostrare di
valere ), ma il fatto più marcante è che ho dovuto subire episodi di razzismo da parte
di una mia professoressa. All’epoca non avevo il coraggio e forse neanche le
conoscenze giuste per denunciare il fatto… Ma se dovesse capitare a
voi…DENUNCIATE! Non state zitti!!!Non commettete il mio stesso errore!
Una volta diplomata (sempre dovendo subire mille difficoltà) ho voluto (e potuto)
continuare gli studi…ma c’era un altro scoglio da superare … l’ammissione
all’università,superare il test d’ingresso.
Tra me e me pensavo…non ci riuscirò mai!!! Perchè se è difficile per una persona nata
e cresciuta qui, figuriamoci per me che pur avendo studiato qui ottenevo i risultati
desiderati solo dopo molti sforzi.
E anche questa volta ho sorpreso i miei conoscenti sono riuscita ad essere ammessa
all’università ed essere arrivata terza in graduatoria su 100!!!
Questo ragazzi è un piccolissimo riassunto della mia storia..che prosegue ogni giorno
con nuove difficoltà, un giorno c’è uno scontro culturale con il ragazzo con cui stai, un
altro giorno se sbagli la pronuncia di una parola in mezzo a un esame sei motivi di
deriso da parte di tutti (compresi i professori) e, certamente è quello che non succede
mai se lo sbaglio è stato fatto da un italiano; la mentalità chiusa che ho trovato nella
mia realtà di certo non mi è stata di aiuto.
È raro trovare persone veramente interessate al tuo paese d’ origine, che rispetti le
tue usanze e tradizioni, che assaggi il cibo esotico o che ascolta e cerchi di capire per
interesse personale musica in un’altra lingua ( che non sia l’inglese), o che non abbia
paura di contrarre una malattia (dato che provengo dal sud-america!!)
Mi sono sentita di iscrivervi perché se qualcuno di voi sta passando o ha già passato
quello che vi ho raccontato,vi volevo dire che non siete soli!! Siamo tanti e dobbiamo
far sentire le nostre voci.
Io ho dovuto affrontare tutto da sola, per questo motivo secondo me sono importanti
associazioni come l’ANOLF che ha lo scopo di dare rappresentanza, partecipazione e
sostegno a noi giovani di seconda generazione.
Inoltre è fondamentale investire sulle manifestazioni di tipo culturale, la festa dei
popoli è soltanto un esempio di una buona occasione per farci conoscere.
Sono contenta di essere stata nominata coordinatrice, il coordinamento è qualcosa a
cui credo e sono felice di poter aiutare altri ragazzi che come me ogni giorno si
sentono un po’ di più italiani senza però mai perdere di vista le proprie radici.
Non stanchiamoci di combattere!!!!!!!!!!!!!!!!!
Con affetto
Marcela Mengotti Garay
Coordinatrice Anolf giovani seconda generazione- Cagliari
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Mi chiamo Sara Castelli, ho 19 anni, sono nata a
Milano, ma vivo in provincia di Bergamo.
Frequento la Facoltà di Giurisprudenza, e in futuro
mi
piacerebbe
specializzarmi
in
Diritto
Internazionale.
Ideologicamente, mi definirei “Cittadina del
Mondo”; giuridicamente parlando, invece, sono di
cittadinanza italo – brasiliana: mio padre è italiano
e mia madre è brasiliana.
Essendo sempre vissuta in Italia, i miei legami con
il Brasile sono piuttosto deboli: di certo le distanze
non aiutano. Uno dei miei sogni più grandi sarebbe
quello di intraprendere un viaggio alla “scoperta
delle mie origini” in America Latina.
Il lavoro della CISL in ambito dell’immigrazione per me rappresenta un portale del
tutto nuovo. Attraverso mia madre, che già operava come volontaria allo sportello
dell’ANOLF, infatti, sono venuta a conoscenza di questa associazione.
Fino a due anni fa non sapevo cosa fosse l’ANOLF, oggi invece, faccio parte del
Coordinamento Giovani di II Generazione di Bergamo, grazie al quale ho avuto modo
di conoscere e di lavorare con tante persone diverse, ma a loro modo uguali, unite
dalla volontà e dagli ideali di una possibile e reale integrazione.
L’ANOLF mi ha dato la possibilità di maturare, di viaggiare, di incontrare nuovi amici,
ma prima di tutto, mi ha dato l’opportunità di conoscere.
L’immigrazione è un mondo vasto, fatto di culture, di origini, di perdite e di nuove
acquisizioni, di sacrifici, di difficoltà, ma prima di ogni altra cosa è fatta di donne e di
uomini.
È un concetto complesso, troppo spesso minimizzato da persone che, non avendolo
vissuto sulla propria pelle, non comprendeno pienamente ciò che comporta.
Io mi auguro che sempre più giovani si interessino, si informino e possano avvicinarsi
alla lotta contro il razzismo e la xenofobia, perché forse quel “futuro migliore”
potrebbe iniziare già da oggi.
Sara Castelli
Anolf Giovani di 2^ generazione Bergamo
Ciao a tutti...
Sono il coordinatore giovani dell’ANOLF di Palermo, mi
chiamo Nizar Abdia, ho 29 anni, a giorni sarò Dottore
in Statistica informatica e sono di origini tunisine.
La mia è una storia comune a tanti miei
connazionali... Cresciuto in Italia fin dalla nascita,
all’età di sei anni, per mancanza di asili, di assistenza
e dovendo lavorare in due per poter sopravvivere
sono stato affidato dai miei genitori ai loro familiari
nel paese di origine... Ho passato 14 anni della mia
vita godendo del loro affetto solo per le vacanze
scolastiche fino a quando non ho deciso di
frequentare l’università in Italia...
Che dirvi???? Sono sicuramente una persona molto più fortunata di altri... Fortunato,
perché essendomi diplomato non ho avuto particolari difficoltà ad ottenere il
ricongiungimento familiare (come ben sapete una volta raggiunta la maggior età per
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le leggi italiane perdevo ogni diritto di ricongiungermi con i miei genitori)... Fortunato,
perché sono arrivato a Palermo avendo già una sistemazione, qualcuno che
provvedesse a me, che sapesse a quali uffici rivolgersi e qual è l’iter di
regolarizzazione da seguire... Sono molto fortunato perché i miei primi contatti sono
stati con un mondo fatto d’italiani (l’università), fatto di coetanei che volevano
imparare l’arabo e come fumare il narghilè...
Fortunato perché a differenza di molti miei colleghi stranieri mi sono risparmiato il
primo e il secondo anno di assestamento...
Sono meno fortunato però quando mi chiedono di che nazionalità sono... Perché sulla
carta sono Tunisino, metà del mio cuore e delle mie tradizioni sono tunisine ma c’è
anche un’altra metà che è italiana ma che non risulta da nessuna parte.
Sono ormai 4 anni e mezzo che aspetto che mi venga riconosciuta e credo che l’attesa
non sia ancora finita... fra un po’ dovrò correre a rinnovare il mio Permesso di
Soggiorno!!!!!!
Non voglio sembrare polemico quindi vi saluto con una piccola ricerca che ho fatto sul
dizionario:
“INTEGRARE”: rendere integro o intero, rendere completo e conforme - completare
aggiungendo ciò che manca.
Devo confessare che questa definizione mi ha sorpreso e mi ha fatto riflettere mi ha
fatto pensare ad un processo di non discriminazione e di inclusione delle differenze da
ambedue le parti, di contaminazione e di sperimentazione di nuove forme di rapporti e
di comportamenti, mi ha fatto pensare che forse è possibile con un costante e
quotidiano lavoro tentare di tenere insieme principi universali e particolarismi.
Ragazzi, la Cisl e l’Anolf ci offrono una grande possibilità in questo senso quindi
vediamo d’impegnarci e di “integrarci” il più possibile...vi abbraccio. Nizar
Nizar Abdia
Responsabile Anolf Giovani di 2^ generazione Palermo
Quando pensavo all'Italia da bambino, lo sentivo un paese lontano. Molto lontano.
Non mi passava nemmeno per la mente che sarebbe stata così importante nella mia
vita. La vita scorreva tra mille difficoltà in Romania, un paese martoriato da un lungo
periodo di tirannia guidata da Ceaucescu e dove il benessere non era cosa scontata.
Un'intera generazione di ragazzi come me , crescendo, decise che era venuto il tempo
di provare nuove esperienze. E venimmo qui in Italia nel 2004, io ed i miei 2 fratelli.
Periodi durissimi. la lingua innanzitutto. Simile per certi versi all'italiano, perchè
appartenete allo stesso ceppo latino, ma ovviamente non uguale. E poi la difficoltà
anche ad integrarsi, a trovare un lavoro. una propria dimensione. Molti fatti accaduti
di cronaca nera nel frattempo, non aiutavano la mia integrazione. E qualche volta,
anche in un paese accogliente come l'Italia, ho sentito gli occhi delle persone che mi
guardavano , come coltelli taglienti. E vi garantisco che non è stata una bellissima
sensazione. Ma non mi sono certo abbattuto. Ho cercato lavoro, ho trovato lavoro ed
una collocazione finalmente gratificante nel settore delle costruzioni. Un lavoro duro ,
ma che mi ha fatto sentire finalmente parte di qualcosa e dove ho potuto entrare in
sintonia con persone speciali quali sono i lavoratori dell'edilizia. Nel mio cantiere, ogni
tanto venivano questi ragazzi che all'inizio non avevo ben capito chi fossero. però mi
sembravano molto appassionati e quello che proponevano , interessava molto la mia
situazione. Erano gli operatori della filca di roma, che con costanzarisultavano presenti
nel cantiere presso il quale lavoravo. E così mi iscrissi. All'inizio , in tutta sincerità ,
misi quella firma, ma non capivo tutto sommato l'importanza. Ma grazie a due
persone per me molto importanti, i due delegati di cantiere Vito Calia e Teofil Pop,
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iniziai non solo a comprendere l'importanza di quell'adesione, ma anche a sentirmi
parte di una nuova comunità. E da li è iniziata la mia militanza presso la Filca di
Roma, della quale oggi faccio parte con grande senso d appartenenza ed orgoglio. é
una grande opportunità, e soprattutto una grande esperienza di vita. Entrare in
sintonia con altri lavoratori, informare, "inventare" nuove iniziative e nuovi momenti di
aggregazione. Non mi pongo nessun obiettivo, se non, quello di essere all'altezza della
situazione e del compito affidatomi. Perché sento sulla mia pelle la grandissima
responsabilità di poter rappresentare al meglio i lavoratori che mi affidano le loro
problematiche. Ma con un sogno. Quello che l'esperienza che sto accumulando in
questa fase della mia vita, possa essere un domani rimessa a disposizione del mio
paese, la Romania. Perché ha bisogno di persone che sappiano costruire un nuovo
"tessuto sociale" che ad oggi inizia a prendere struttura, ma che ancora è ben lungi da
essere un paese compiuto come l'Italia.
DANIEL BLAJ
Filca Roma
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