Housing first, se i senzatetto mettono su casa

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Housing first, se i senzatetto mettono su casa
ITALIA
Housing first, se i senzatetto
mettono su casa
Due anni fa la metologia americana è sbarcata in Italia rivoluzionando
l’approccio: un homeless su due investe risorse proprie per cambiare vita
MILANO, L’HOUSING FIRST
ENTRA NEL PIANO FREDDO
FONDAZIONE PROGETTO ARCA
Per anni l’hanno chiamata “emergenza
freddo” - come se il periodo invernale a
Milano fosse qualcosa di inaspettato
– prima di utilizzare, in anni più recenti, il
più realistico termine “piano freddo”. Ora
all’interno di questa pianificazione che
con la regia del Comune di Milano
prevede circa 2.700 posti letto a
disposizione dei senza dimora fino a metà
marzo, Fondazione Progetto Arca ha dato
il via a una sperimentazione che si inspira
ai principi dell’Housing First. «Si parte
con 4 appartamenti», annuncia Stefano
Galliani di Progetto Arca, «nei quali
creeremo le condizioni per coabitazioni di
persone che arrivano dalla strada»
A
zzerare il numero dei senzatetto fornendo loro un’abitazione.
È l’obiettivo del piano Housing
First. Tradotto suona: la casa prima di
tutto. Si tratta di un metodo nato negli
Stati Uniti che si fonda proprio sul passaggio diretto dalla strada all’abitazione,
vista come mezzo e non come fine del
processo di inclusione sociale e autonomia. Da due anni il movimento nato
intorno a questa filosofia è attivo anche
in Italia, attraverso una rete che ha già
coinvolto oltre 500 persone, in un Paese in cui oltre 50mila vivono senza fissa
dimora. I senzatetto devono tornare a
essere una risorsa, non un problema. Lo
sanno bene gli operatori sociali che lavorano con il metodo Housing First che
oggi può contare non solo su risorse private ma anche sul coinvolgimento delle istituzioni. Dopo lo stanziamento dei
primi 50 milioni di euro per il contrasto
alla povertà da parte del ministero delle
Politiche Sociali è partita la campagna
VITA #01
di sensibilizzazione #HomelessZero.
Tra i suoi testimonial figurano Richard
Gere, Susan Sarandon ma anche nomi
nostrani come Maria Grazia Cucinotta, Claudio Santamaria, Enrico Brignano, Primo Reggiani, Salvatore Esposito, Nicolas Vaporidis e Fabio De Luigi.
Le origini
Housing First (HF) è nato e si è sviluppato a New York da un’idea dello psicologo Sam Tsemberis che nel 1992 ha avviato “Pathways to Housing”. Tsemberis
riteneva l’abitazione il punto di partenza e non l’obiettivo del percorso di integrazione sociale. Così ha dato vita a
questo programma di contrasto all’homelessness finalizzato a offrire un accesso in appartamenti indipendenti per persone senza dimora croniche,
con problemi di salute mentale e disagio
sociale. L’approccio ideato nella Grande Mela, alternativo al metodo classico “a scalini” che prevede dormitori e
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strutture ad hoc, è stato esportato anche in Canada e in Europa. «La disponibilità di una casa, il supporto di un team
territoriale di operatori, l’integrazione
sociale e il ritorno progressivo alla vita di comunità, sono considerati aspetti
indispensabili», spiegano i membri del
comitato scientifico di HF, Paolo Molinari (Ires-Fvg) e Massimo Santinello
(Università di Padova), «l’operatività si
inserisce nel sistema dei servizi sociali e sanitari esistente rispetto al quale però antepone il diritto alla casa prima di ogni altro passaggio assistenziale
o terapeutico».
Le risorse
L’inclusione sociale è un tema che
non porta voti ma richiede soluzioni. Nei prossimi sei anni il Governo ha
previsto lo stanziamento di cento milioni di euro, nell’ambito del Piano nazionale di lotta alla povertà che serviranno
anche per gli homeless. L’obiettivo de-
ITALIA
gli operatori è garantire una casa a 5mila persone.
Da ottobre sono disponibili i primi cinquanta milioni (25 del Pon Inclusione nell’ambito del Fondo sociale
Europeo e 25 del Programma Operativo Fead, Fondo di aiuti europei agli indigenti), l’altra metà seguirà nel periodo
2020-2022. Serviranno ad «assicurare
interventi organici e strutturati per le
persone senza dimora e con particolari
fragilità» scrive il dicastero del Welfare
in una nota. La sfida è stata raccolta da
numerosi enti e amministrazioni e per
questo nel 2014 è nata la rete denominata Network Housing First Italia. «Abbiamo ottenuto un risultato importante
grazie a un lavoro di lobbing con il governo, prima di tutto in materia di diritti, perché tutti hanno diritto di vivere,
non di sopravvivere», spiega Marco Iazzolino, direttore di Housing First Italia,
«la nostra esperienza in Italia è partita
con zero risorse, coinvolgendo prima di
tutto le persone e di questo siamo orgogliosi, poi sono arrivati anche i soldi».
Proprio questi aspetti e gli elementi di
innovazione del metodo hanno spinto
la Federazione Italiana degli Organismi
per le Persone Senza Dimora (Fio.Psd),
promotrice del network e del protocollo d’intesa firmato a giugno con il ministro Giuliano Poletti, ad avviare la sperimentazione nel contesto nazionale.
«La nostra federazione nasce dalla
collaborazione tra pubblico e privato,
infatti tra i soci ci sono anche i comuni, un unicum nel panorama nazionale», precisa Cristina Avonto, presidente di Fio.Psd, «nel welfare il dialogo, la
collaborazione e la condivisione di idee
e risorse sono la carta vincente». Il primo aiuto a cui hanno attinto gli operatori del network è stato quello dei privati.
«Gli stessi enti che hanno aderito hanno
individuato le case da destinare ai beneficiari», spiega Avonto, «e tra i sogget-
70%
del patrimonio di HF appartiene
a singoli cittadini
30%
la quota di entrate personali che
la metà dei beneficiari impegna
556
le persone che in 24 mesi sono
entrate nel programma
ti coinvolti, i principali sono stati i singoli cittadini: il patrimonio di questo
progetto appartiene per il 70% a loro:
un bell’esempio di cittadinanza attiva».
Gli alloggi dei progetti italiani messi a
disposizione sono 176 (il 60 % acquisito nel libero mercato immobiliare, il 21
messo a disposizione dalle organizzazioni del network e il 19 recuperato dal
patrimonio immobiliare pubblico).
Il bilancio
L’occasione per fare un primo bilancio nazionale dell’Housing First e della campagna #HomelessZero è stata lo
scorso 6 dicembre a Torino la conferenza internazionale dal titolo: “C’è solo una strada: la casa” in cui Fio.psd ha
festeggiato i suoi trent’anni di attività.
In questi due anni sono state accolte 556 persone senza fissa dimora (376
adulti, 180 figli, 77 famiglie) attraverso
un network di 54 aderenti tra enti pubblici, ecclesiastici o religiosi e del Ter-
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zo settore. I beneficiari sono stati individuati proprio grazie a questa rete che
ha avviato 35 progetti in 27 comuni di
dieci regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia
Romagna, Toscana, Calabria e Sicilia).
Mancanza di reddito, casa e lavoro sono le principali criticità che coinvolgono almeno 8 casi su 10. Al secondo posto
ci sono i problemi di salute, di socialità e di scolarità. Uno dei punti di forza
dell’approccio è la compartecipazione
economica delle persone accolte che
può avvenire attraverso risorse proprie
o familiari (riguarda il 47% dei casi che
sono intervenuti con quote pari al 30%
delle entrate di ciascuno).
Il bilancio? Le persone che a distanza di un anno mantengono la casa sono l’82%, mentre 36 soggetti (8%) sono usciti dal programma per raggiunta
autonomia e otto casi su dieci manifestano soddisfazione. Nell’anno 2015 l’esito dell’azione è stata valutata negativamente solo per 26 persone, il 15% del
totale.
«La mancanza di un reddito minimo
di cittadinanza è una delle criticità alla base dell’emarginazione e i sistemi
di accoglienza classici rivelano la loro
fragilità quando cronicizzano», spiega Avonto, «chi è inserito all’interno di
servizi di bassa soglia tradizionali, spesso non ne esce facilmente perché non
ha speranza».
Sulla stessa linea è l’analisi di Iazzolino. «La prima difficoltà che incontriamo è il cambiamento di mentalità»,
spiega, «dall’ambito istituzionale fino
alle persone che generosamente si accostano a chi vive un momento di difficoltà occorre far comprendere che
a volte non basta un panino per aiutare chi vive in strada».
Emanuele Franzoso
gennaio 2017