Le tipologie fiscali degli immobili delle imprese e l`impatto

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Le tipologie fiscali degli immobili delle imprese e l`impatto
Approfondimenti e procedure
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Le tipologie fiscali degli immobili
delle imprese e l’impatto
nel reddito d’impresa
di Siro Giovagnoli* ed Emanuele Re**
1. Le categorie fiscali
degli immobili
Il presente elaborato è tratto da:
Ai fini fiscali gli immobili delle imprese si distinguono in:
Z immobili strumentali, per natura o per destinazione;
Z immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (immobili merce);
Z immobili patrimonio, quelli cioè che non rientrano
nelle precedenti categorie in quanto acquisiti dalle
imprese a titolo di investimento.
E-Book
Gli immobili e l’impresa
Edizione ottobre 2010
L’art. 43, co. 2, TUIR, considera strumentali:
Z gli immobili utilizzati esclusivamente per l’esercizio
dell’arte o professione o dell’impresa commerciale
da parte del possessore (immobili strumentali per
destinazione);
Z gli immobili relativi ad imprese commerciali che
per le loro caratteristiche non sono suscettibili di
diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni,
anche se dati in locazione o comodato (immobili
strumentali per natura).
Disponibile sul sito www.solmap.it
Gli immobili strumentali per natura sono quelli appartenenti alle categorie catastali B (unità immobiliari per uso di alloggio collettivo), C (unità immobiliari a destinazione ordinaria commerciale e varie), D (immobili a destinazione speciale),
E (immobili a destinazione particolare) e A/10 (uffici e studi privati) a condizione che quest’ultima classificazione risulti
nella licenza o concessione edilizia anche in sanatoria1. Questi immobili godono del requisito della strumentalità anche
qualora vengano concessi a terzi in locazione o in comodato.
Gli immobili strumentali per destinazione, invece, sono quelli che, a prescindere dalla loro classificazione catastale,
vengono utilizzati esclusivamente dall’imprenditore quali beni strumentali per l’attività d’impresa. L’utilizzo esclusivo ai
fini dell’esercizio dell’attività d’impresa è basilare; qualora l’immobile venga locato o utilizzato in modo promiscuo non può
più essere considerato strumentale per destinazione. Sono compresi in questa categoria i fabbricati abitativi che vengono utilizzati, a titolo esemplificativo, quali uffici delle società che li posseggono.
Immobile strumentale sia per natura che per destinazione
Circolare dell’Agenzia delle Entrate 57/2001 (§ 1.2)
Si ritiene che l’immobile debba essere compreso nella categoria degli immobili strumentali per destinazione. Ciò in quanto la destinazione di un immobile già strumentale per natura a sede dell’impresa determina una ulteriore specificazione della sua qualità
di bene strumentale nonché una diversa utilità ai fini dell’esercizio dell’impresa
*
Professore a contratto di Diritto Tributario, Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, Giovagnoli Re e Associati.
**
Dottore commercialista e revisore contabile, Giovagnoli Re e Associati.
1
Cfr. Risoluzione del Ministero delle Finanze 03/02/1989, prot. 330.
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Approfondimenti e procedure
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Inoltre, per effetto del combinato disposto dell’art. 43, co. 2, ultimo periodo, TUIR, e dell’art. 95, co. 2, ultimo periodo,
TUIR, si considerano strumentali i fabbricati concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l’attività. In questo caso, la natura di immobile strumentale è riconosciuta, in via transitoria, per il periodo d’imposta in cui si verifica il trasferimento e per i due successivi.
La norma non prevede un periodo minimo di permanenza: pertanto, qualora entro lo scadere del triennio previsto il dipendente lasci l’unità immobiliare che gli è stata concessa in locazione, da quel momento la stessa non potrà più essere
considerata strumentale.
Il periodo transitorio
Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 214/2002
La norma non prevede un periodo minimo di permanenza: pertanto, qualora entro lo scadere del triennio previsto il dipendente lasci
l’unità immobiliare che gli è stata concessa in locazione, da quel momento la stessa non potrà più essere considerata strumentale
Gli immobili merce sono quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, la quale deve, tuttavia,
avere come oggetto tipico l’attività immobiliare di compravendita o l’attività di costruzione e successiva vendita di fabbricati.
Gli immobili patrimonio, infine, sono quelli che non possono essere ricondotti alle altre due categorie di immobili, quelli
strumentali e quelli merce (art. 90, co. 1, TUIR). Si tratta, in via residuale, dei terreni e dei fabbricati abitativi acquisiti dalle
imprese a titolo di investimento e non per essere utilizzati quali beni strumentali per l’attività.
È opportuno evidenziare che la suddetta classificazione fiscale degli immobili delle imprese assume rilevanza anche
con riferimento alle società di pura gestione immobiliare per le quali, come chiarito dall’Amministrazione finanziaria2, un
immobile a destinazione abitativa concesso in locazione a terzi costituisce immobile patrimonio e non immobile strumentale, nonostante l’oggetto sociale.
Le categorie fiscali degli immobili
Immobili
strumentali
per natura
Immobili appartenenti alle categorie catastali A/10, B, C, D ed E
per destinazione
Immobili che, a prescindere dalla classificazione catastale, vengono utilizzati esclusivamente dall’imprenditore quali beni strumentali per l’attività d’impresa
pro tempore
Fabbricati concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica
per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l’attività; la natura di immobile strumentale è riconosciuta per il periodo d’imposta in cui si verifica il trasferimento e per i
due successivi
Immobili merce
Immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa
Immobili patrimonio
Immobili che non rientrano nelle precedenti categorie in quanto acquisiti dalle imprese a
titolo di investimento
2. L’individuazione degli immobili relativi alle imprese
L’art. 65, TUIR, definisce i beni relativi all’impresa nelle seguenti ipotesi:
Z imprenditore individuale;
Z società di persone commerciali;
Z società di fatto.
2.1. Gli immobili dell’imprenditore individuale
Per gli imprenditori individuali, si considerano relativi all’impresa:
Z gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (cd. immobili “merce”), la cui cessione è considerata produttiva di ricavi ai sensi dell’art. 85, co. 1, lett. a), TUIR;
Z gli immobili strumentali (per natura e per destinazione) e gli immobili patrimonio, a condizione che siano indicati
nell’inventario tenuto a norma dell’art. 2217, c.c., ovvero, per i soggetti in contabilità semplificata, nel registro dei
beni ammortizzabili (o secondo le modalità di cui all’art. 13, D.P.R. 435/2001, e all’art. 2, co. 1, D.P.R. 695/1996).
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Cfr. Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 09/04/2004, n. 56.
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Gli immobili strumentali per destinazione acquistati antecedentemente al 1° gennaio 1992 e per i quali non sia stata
esercitata l’opzione per l’estromissione agevolata si considerano relativi all’impresa anche se non iscritti nell’inventario
o nel registro dei beni ammortizzabili.
2.1.1. Il passaggio degli immobili dalla sfera privata a quella d’impresa
Gli immobili provenienti dalla sfera personale dell’imprenditore possono essere utilizzati nell’esercizio dell’impresa individuale. L’art. 65, co. 3-bis, TUIR, definisce le modalità per il riconoscimento del relativo costo ai fini della determinazione del reddito d’impresa. In particolare, tale disposizione prevede che per i beni strumentali dell’imprenditore individuale
provenienti dal patrimonio personale è riconosciuto, ai fini fiscali, il costo determinato in base alle disposizioni di cui al
D.P.R. 689/1974. Tale costo deve essere iscritto tra le attività relative all’impresa nell’inventario tenuto a norma dell’art.
2217, c.c., ovvero, per i soggetti in contabilità semplificata, nel registro dei beni ammortizzabili. Con riferimento alla modalità di determinazione del costo degli immobili da iscrivere nell’inventario ovvero nel registro dei beni ammortizzabili,
devono essere seguite le regole contenute nell’art. 4, D.P.R. 689/1974.
Il costo degli immobili trasferiti nella sfera d’impresa
(art. 4, D.P.R. 689/1974)
I beni immobili e i beni iscritti in pubblici registri sono valutati singolarmente in base al costo, assumendo come tale il valore definitivamente accertato ai fini delle imposte di registro o di successione o, in mancanza, il prezzo indicato nell’atto di acquisto, maggiorati degli oneri accessori di diretta imputazione. Il valore o prezzo, se si riferisce indistintamente all’immobile o a beni mobili,
deve essere depurato della parte imputata a questi ai sensi dei successivi articoli
Per i beni costruiti in economia od in appalto, si assume il costo di produzione documentato o da stimare con riferimento alla data
di ultimazione della costruzione
I valori determinati ai sensi dei commi precedenti sono maggiorati, a titolo di spese incrementative, nella misura del 3% per ciascun anno o frazione d’anno superiore a sei mesi o nella maggior misura risultante dalla relativa documentazione
I beni in corso di costruzione sono valutati in base ai costi sostenuti fino al 31/12/1973
Per quanto riguarda, infine, le quote di ammortamento del costo degli immobili trasferiti dalla sfera personale a quella d’impresa, le stesse vengono calcolate a decorrere dall’esercizio in corso alla data dell’iscrizione (art. 65, co. 3-bis, ultimo periodo).
2.2. Gli immobili relativi alle società
Ai sensi dell’art. 65, co. 2, TUIR, per presunzione assoluta si considerano relativi all’impresa tutti i beni appartenenti
alle società in nome collettivo e alle società in accomandita semplice, salvo quanto previsto per le società di fatto. Tale
presunzione risulta applicabile anche con riferimento alle società di capitali, stante il disposto dell’art. 81, co. 1, TUIR, il
quale prevede che il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali3, da qualsiasi fonte provenga, è sempre
considerato reddito d’impresa. Pertanto, sulla base delle suddette disposizioni, per le società di persone e di capitali si
considerano relativi all’impresa tutti gli immobili che rientrano nella sfera giuridico-patrimoniale delle società stesse.
Con particolare riferimento alle società di fatto, si considerano relativi all’impresa:
Z gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;
Z gli immobili strumentali per l’esercizio dell’impresa, compresi quelli iscritti in pubblici registri a nome dei soci utilizzati esclusivamente come strumenti per l’esercizio dell’impresa.
Gli immobili che rientrano nella sfera d’impresa
Imprenditore
individuale
Immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (immobili merce)
Immobili strumentali (per natura e per destinazione) e immobili patrimonio, a condizione che siano indicati
nell’inventario tenuto a norma dell’art. 2217, c.c., ovvero, per i soggetti in contabilità semplificata, nel registro dei beni ammortizzabili
Immobili strumentali per destinazione acquistati antecedentemente al 1° gennaio 1992 e per i quali non sia
stata esercitata l’opzione per l’estromissione agevolata, anche se non iscritti nell’inventario o nel registro
dei beni ammortizzabili
Società di capitali
s.n.c. e s.a.s.
Immobili che rientrano nella sfera giuridico-patrimoniale delle società
Società di fatto
Immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (immobili merce)
Immobili strumentali per l’esercizio dell’impresa, compresi quelli iscritti in pubblici registri a nome dei soci
utilizzati esclusivamente come strumenti per l’esercizio dell’impresa
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Il riferimento è alle società e agli enti commerciali di cui all’art. 73, co. 1, lett. a) e b), TUIR.
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3. L’impatto degli immobili strumentali nel reddito d’impresa
Sebbene gli immobili posseduti a vario titolo dalle imprese sono in ogni caso produttivi di reddito d’impresa, la loro
classificazione incide sulle modalità con le quali i componenti positivi e negativi, dagli stessi derivanti, concorrono alla
formazione del reddito imponibile. Con riferimento agli immobili strumentali, siano essi per natura e per destinazione, il
reddito imponibile scaturisce dalla differenza tra i ricavi e i proventi (diretti e indiretti) afferenti gli immobili stessi ed i relativi costi, la cui deducibilità dipende dalle regole proprie di ogni altro bene strumentale. Da un punto di vista civilistico,
gli immobili strumentali sono iscritti tra le immobilizzazioni materiali dello stato patrimoniale attivo e vengono sistematicamente ammortizzati in base alla loro residua possibilità di utilizzazione. Sotto il profilo fiscale, risultano imponibili le
plusvalenze derivanti dalla loro cessione e gli eventuali proventi per la concessione in locazione, mentre sono deducibili,
nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal legislatore fiscale, le quote di ammortamento (o le quote capitale dei
canoni di leasing) e gli altri oneri quali, ad esempio, gli interessi passivi e le spese di manutenzione4.
3.1. Il costo fiscale degli immobili strumentali
La gestione fiscale degli immobili strumentali è incentrata, essenzialmente, sul processo di ammortamento a cui viene sottoposto il costo fiscalmente riconosciuto degli stessi. L’art. 110, TUIR, stabilisce le modalità di determinazione del costo dei
beni nell’ambito dell’imponibile d’impresa. In particolare, la lett. a) e il primo periodo della lett. b), co. 1, art. 110, dispongono che
il costo fiscalmente rilevante dei beni strumentali è quello sostenuto per l’acquisizione assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte; si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, quei costi, cioè, connessi con
il bene da un rapporto di consequenzialità, di causa-effetto5, ad esclusione degli interessi passivi e delle spese generali.
In merito a quest’ultimo aspetto, tuttavia, la stessa lett. b), al secondo e terzo periodo, prevede che:
Z per i beni materiali e immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi
passivi iscritti in bilancio ad aumento del costo stesso per effetto di disposizioni di legge;
Z nel costo di fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche i costi diversi da quelli direttamente
imputabili al prodotto.
In merito al trattamento fiscale degli interessi passivi nel settore immobiliare, si rinvia allo specifico approfondimento
contenuto nel capitolo 4 del presente E-Book.
3.1.1. Le spese di manutenzione
Tra le spese che possono essere iscritte ad incremento del costo di un immobile meritano un approfondimento quelle
relative agli interventi di manutenzione. Il Principio contabile OIC 16 prevede che possono essere capitalizzate le spese di
manutenzione straordinaria, quelle, cioè, costituite da quei costi che comportano un aumento significativo e tangibile di
produttività o di vita utile del cespite. Qualora rispondano ai suddetti requisiti, pertanto, possono essere capitalizzati quei
costi rivolti all’ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di un’immobilizzazione, incluse,
quindi, le modifiche e le ristrutturazioni effettuate in modo da aumentare la rispondenza agli scopi per cui essa era stata
acquisita. Nel caso in cui tali costi non producano alcuno dei suddetti effetti, sono da considerare di manutenzione ordinaria e vanno, quindi, imputati a conto economico.
Il TUIR non prevede particolari criteri di distinzione tra manutenzioni ordinarie e straordinarie. Il trattamento fiscale di tali
spese è strettamente connesso al comportamento contabile adottato dal contribuente. È prevista, infatti, una disciplina differente in relazione al fatto che le spese siano imputate a conto economico ovvero “portate” ad incremento del costo delle
immobilizzazioni materiali cui si riferiscono. Queste ultime non sono soggette alla disciplina contenuta nell’art. 102, co. 6, TUIR
(a cui bisogna fare riferimento in caso di costi di manutenzione imputati a conto economico) e la loro deduzione dal reddito è
connessa, per effetto della capitalizzazione, alla deduzione delle quote di ammortamento dei beni cui le spese si riferiscono.
3.2. Quando l’immobile strumentale esce dalla sfera d’impresa
In base al disposto dell’art. 86, co. 1, TUIR, le plusvalenze degli immobili relativi all’impresa, diversi da quelli indicati
nell’art. 85, co. 1 (immobili merce), concorrono a formare il reddito:
Z se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
Z se sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento del bene;
Z se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
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Con particolare riferimento alla deducibilità delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing, nonché alle disposizioni sullo scorporo del
costo delle aree, si rinvia agli approfondimenti contenuti nei capitoli 3 e 7 del presente E-Book.
5
M. Leo, “Le imposte sui redditi nel Testo Unico”, Giuffrè Editore, 2007, p. 2049. Tra gli oneri accessori si comprendono le spese di registrazione, quelle notarili, di assicurazione, di mediazione, ecc....
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Nelle suddette ipotesi, pertanto, gli immobili strumentali danno luogo ad una plusvalenza tassabile, la quale viene determinata nei modi seguenti:
Z nelle ipotesi di realizzo mediante cessione a titolo oneroso o mediante risarcimento, come differenza tra il corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato;
Z nell’ipotesi di assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all’impresa, come differenza tra il valore normale dell’immobile alla data della cessione e il costo non ammortizzato.
Le suddette plusvalenze concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate. Tuttavia, qualora siano realizzate con riferimento ad immobili posseduti per un periodo non inferiore a tre anni,
concorrono alla formazione del reddito, a scelta del contribuente, per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state
realizzate ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto6.
Nell’ipotesi di conseguimento di una minusvalenza, l’art. 101, co. 1, TUIR, dispone che quest’ultima viene determinata
con gli stessi criteri stabiliti per la determinazione delle plusvalenze. Tuttavia, la stessa minusvalenza sarà deducibile dal
reddito esclusivamente se realizzata mediante cessione a titolo oneroso ovvero mediante il risarcimento, anche in forma
assicurativa, per la perdita o il danneggiamento del bene. Sarà, pertanto, indeducibile la minusvalenza realizzata a seguito di assegnazione dell’immobile ai soci o qualora lo stesso sia destinato a finalità estranee all’esercizio dell’impresa7.
Le plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali
Quando le plusvalenze
sono imponibili
se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso
se sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento del bene
se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa
Quando le minusvalenze
sono deducibili
se realizzate mediante cessione a titolo oneroso
se realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento
del bene
Con particolare riferimento alla quantificazione della plusvalenza, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate 11/2007 ha
chiarito che la cessione dell’area comprensiva di fabbricato genera un’unica plusvalenza (ovvero minusvalenza) pari alla
differenza tra il corrispettivo pagato e il costo fiscalmente riconosciuto dell’area (non ammortizzabile) comprensiva di
fabbricato. Le norme in esame, infatti, prevedono la necessità di effettuare lo scorporo tra il valore del terreno e quello del
fabbricato solo ai fini della determinazione della quota (riferibile al fabbricato) che può essere ammortizzata e non anche
ai fini della relativa plusvalenza (ovvero minusvalenza) di cessione.
3.2.1. Il trattamento fiscale di plusvalenze e minusvalenze nell’operazione di lease back
Il regime fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze derivanti dalle cessioni di immobili nell’ambito di operazioni
di vendita con retrolocazione (sale and lease back) è stato affrontato dall’Agenzia delle Entrate nella Diretta MAP dello
scorso 3 giugno 2010 ed illustrato nella successiva circolare 23/06/2010, n. 38 (§ 1.5).
In particolare, l’Agenzia ha chiarito il trattamento fiscale applicabile, nell’ambito del reddito d’impresa, ad una minusvalenza emersa in occasione della cessione di un immobile ad una società di leasing effettuata nel contesto di una
operazione di lease back. Nel quesito posto si chiede se la suddetta minusvalenza imputata a conto economico in ragione della corretta applicazione dei principi contabili nazionali, sia interamente deducibile nell’esercizio oppure se debba
essere correlata alla durata del contratto di locazione finanziaria.
Diretta Map del 03/06/2010
Il quesito posto all’Agenzia delle Entrate
Nell’ipotesi in cui una società di capitali ceda ad una società di leasing un immobile strumentale (il cui costo storico residuo risulta
pari a € 10.000.000) ad un prezzo pari a € 9.000.000 (corrispondente al valore di mercato dello stesso) realizzando una “minusvalenza a valore di mercato” di € 1.000.000, si chiede di sapere se la suddetta minusvalenza imputata a conto economico, in ragione
della corretta applicazione dei principi contabili nazionali, ai fini fiscali sia interamente deducibile nell’esercizio, oppure se debba
essere correlata alla durata del contratto di locazione finanziaria
La risposta dell’Agenzia delle Entrate si fonda su un precedente chiarimento contenuto nella circolare del 30/11/2000,
n. 218/E, secondo il quale nel contratto di sale and lease back sussistono, ai fini fiscali, due distinte operazioni: la cessione
6
Tale scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi.
7
Modifica introdotta dall’art. 36, co. 18, D.L. 04/07/2006, n. 223.
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del cespite e la locazione finanziaria del bene stesso. Pertanto, secondo le Entrate, ne deriva che, in relazione alla cessione del bene strumentale oggetto del contratto di sale and lease back, trova applicazione la disciplina fiscale ad essa
ordinariamente riferibile. Di conseguenza, ai fini delle imposte sui redditi, la cessione del bene alla società finanziaria,
avendo ad oggetto un bene strumentale, può generare (in capo al cedente) una plusvalenza, imponibile ai sensi dell’art.
86, TUIR, ovvero una minusvalenza, deducibile ai sensi dell’art. 101, TUIR.
Il principio secondo cui il contratto di sale and lease back comporti il trasferimento giuridico del diritto della proprietà del bene, ossia si concretizzi in un’operazione a tutti gli effetti realizzativa, è stato ribadito nelle recenti Circolari
del 13/03/2009, n. 8/E, e del 19/03/2009, n. 11/E, con riferimento alla disciplina della rivalutazione dei beni immobili relativi
all’impresa.
L’Agenzia entra anche nel merito degli aspetti civilistici dell’operazione. Nella citata Circolare 38/E/2010 si legge, infatti, che alla luce delle modifiche apportate dall’art. 16, D.Lgs. 28/12/2004, n. 310 – che ha introdotto il comma 4, art. 2425-bis,
c.c. – le plusvalenze da lease back sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione.
In altri termini, in sede civilistica il contratto di sale and lease back è stato qualificato come un contratto complesso
di durata, da cui derivano corrispettivi periodici. Posto che la modifica dell’articolo 2425-bis,c.c., non è stata accompagnata da una corrispondente modifica in ambito fiscale, devono ritenersi confermati i principi espressi nella Circolare
218/E/2000, e nei successivi documenti di prassi sopra citati, in virtù dei quali il regime tributario applicabile alla plusvalenza derivante da un’operazione di sale and lease back deve necessariamente essere quello previsto dall’art. 86 e
dall’art. 109, co. 2, lett. a), TUIR. Pertanto, la plusvalenza concorre integralmente alla formazione del reddito imponibile
nell’esercizio in cui è realizzata ovvero, qualora ricorrano i presupposti previsti dalla legge, in quote costanti nell’esercizio
stesso e nei successivi ma non oltre il quarto (cfr. risoluzione del 25/08/2009, n. 237/E). Coerentemente, nell’ipotesi in cui
dall’operazione di lease back emerga una minusvalenza a valore di mercato, nei limiti di quanto imputato a conto economico nell’esercizio di competenza, si ritiene che la stessa sia deducibile nell’esercizio medesimo ai sensi del combinato
disposto degli artt. 101 e 109, co. 2, lett. a), TUIR.
In aggiunta alle considerazioni formulate dall’Amministrazione finanziaria, un interessante contributo è stato fornito,
al riguardo, da Assonime con la circolare 05/08/2010, n. 27. Secondo Assonime, l’Agenzia ha adottato un’impostazione rigorosa confermando che la plusvalenza da lease back deve essere necessariamente imputata al periodo di imposta del
realizzo, salva la possibilità di avvalersi della regola di ripartizione della plusvalenza in cinque periodi di imposta fissata
dall’art. 86, TUIR.
Sul piano civilistico, Assonime sottolinea come per le imprese non IAS adopter la rappresentazione contabile desumibile dal codice civile non è del tutto univoca. Infatti, in base all’impostazione codicistica il bene oggetto di un’operazione
di lease back si considera senz’altro ceduto e, a differenza di quanto accade per i soggetti IAS/IFRS, non è consentito
mantenerlo iscritto nel bilancio del cedente-conduttore ma deve essere preso in carico dal cessionario-locatore.
Ciononostante, l’art. 2425-bis, c.c., impone di ripartire la plusvalenza pro rata temporis e ciò attesta che il legislatore
identifica l’atto di realizzo come preordinato al compimento di una operazione più ampia e caratterizzato, quindi, da una
causa negoziale diversa da quella tipica. Per questo motivo, da più parti in dottrina si è pervenuti a soluzioni opposte rispetto a quelle dell’Agenzia sostenendo che anche per le imprese non IAS, la plusvalenza costituirebbe una componente
non riferibile alla semplice cessione del bene, ma, piuttosto, ad un negozio complesso ed atipico contraddistinto anche
dalla causa finanziaria.
Assonime conclude affermando che in quest’ottica, il periodo di imposta in cui collocare la plusvalenza dovrebbe essere individuato non già in base alle regole dell’art. 109, TUIR, relative alle cessioni di beni, bensì in conformità al disposto
dell’art. 109, co. 2, lett. b), TUIR, in tema di prestazioni di durata.
Un tema, infine, di non facile inquadramento è quello delle minusvalenze conseguenti alle operazioni di lease back,
per le quali le disposizioni del codice civile ed i principi contabili nazionali non forniscono particolari indicazioni.
In questi casi, per i soggetti non IAS si presentano, in definitiva, le stesse incertezze riguardanti le imprese IAS adopter dovute all’indeterminatezza dei profili contabili. Secondo Assonime, sarebbe forse logico adottare anche per i soggetti
non IAS le stesse regole che lo IAS 17 prescrive per le operazioni di leasing operativo. Per i principi contabili nazionali,
infatti, i beni oggetto delle operazioni di lease back si considerano ceduti alla stessa stregua di quanto, in base agli IAS/
IFRS, avviene nel caso in cui la retrolocazione abbia le caratteristiche del leasing operativo. Ponendosi in quest’ottica,
perciò, si potrebbe ammettere la possibilità di evidenziare sia minusvalenze dovute al minor fair value del bene, sia minusvalenze eventualmente imputabili all’operazione di lease back, da ripartire lungo la durata dell’operazione, che potrebbero in linea di principio concorrere alla formazione dell’imponibile. In particolare, potrebbero assumere rilevanza sia le
minusvalenze imputabili al minor fair value del bene (perché realizzate in conformità all’art. 101, TUIR), sia le minusvalenze
funzionali all’operazione di finanziamento, nel qual caso emergerebbe, al pari di quanto ritenuto da certa dottrina per le
plusvalenze, una diversa qualificazione di questa componente che dovrebbe essere considerata come onere afferente
all’operazione di finanziamento da ripartire lungo l’arco temporale della sua durata.
Un caso che potrebbe dar luogo a queste componenti è quello in cui un’impresa non IAS, nell’ambito di un’operazione
di lease back, ceda un bene (riacquisendone la disponibilità e l’opzione di riacquisto) per ottenere un prestito di importo
inferiore al suo valore effettivo, al fine di poter beneficiare di migliori condizioni contrattuali. Ma, ripetiamo, la fattispecie
rimane di non facile inquadramento, prima ancora che in sede fiscale, nella sua impostazione civilistica e contabile.
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4. Gli immobili merce
Come già rilevato, per “immobili merce” si intendono gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività
dell’impresa. In altri termini, si tratta degli immobili che vengono venduti dalle imprese che svolgono l’attività di compravendita immobiliare ovvero di costruzione/ristrutturazione e successiva vendita.
A differenza di quanto avviene per gli immobili strumentali iscritti tra le immobilizzazioni, gli immobili merce non subiscono alcun procedimento sistematico di ammortamento, in quanto concorrono alla formazione del reddito secondo il
meccanismo dei costi, dei ricavi e delle rimanenze. Più nel dettaglio, gli immobili merce concorrono alla formazione del
reddito d’impresa tramite:
Z i costi di acquisizione o di costruzione;
Z la variazione delle rimanenze;
Z i ricavi derivanti dalla cessione;
Z i ricavi derivanti dalla locazione temporanea.
In particolare, la cessione degli immobili merce genera ricavo fiscalmente rilevante ai sensi dell’art. 85, co. 1, lett. a),
TUIR. Gli immobili che alla fine dell’esercizio non sono stati ultimati ovvero ceduti concorrono alla formazione del reddito
come variazione delle rimanenze finali8.
Si illustra, di seguito, la fattispecie della locazione temporanea degli stessi immobili merce.
4.1. Gli immobili merce concessi in locazione
Le imprese di compravendita immobiliare o di costruzione/ristrutturazione e successiva vendita devono monitorare gli
immobili che, in attesa di essere venduti, vengono concessi in locazione. Ci si chiede, infatti, se sia corretto continuare
a classificare tali immobili tra le rimanenze ovvero se gli stessi debbano essere collocati nell’attivo immobilizzato con la
conseguente applicazione, per quelli abitativi, delle disposizioni contenute nell’art. 90, TUIR. A tal riguardo, l’Amministrazione finanziaria ha fornito i seguenti interessanti chiarimenti.
La locazione temporanea degli immobili merce
Risoluzione del Ministero delle Finanze 12/07/1982, prot. 9/1730
Le società che svolgono attività mista di gestione immobiliare e di costruzione e compravendita presentano un oggetto complesso
che non permette una distinzione netta fra beni immobili costituenti merci e beni immobili posseduti non in funzione dello scambio
bensì per la loro redditività; necessita, quindi, un’analisi di volta in volta sulle singole fattispecie al fine della individuazione della
categoria di appartenenza del bene considerato
Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 15/12/2004, n. 152
La durata pluriennale e continuativa dei contratti di locazione stipulati sull’immobile e la contestuale assenza di un qualsiasi atto di
vendita avente per oggetto anche una parte di esso non consentono di considerare la locazione come attività sussidiaria, rientrante
nell’esercizio caratteristico di un’attività immobiliare di compravendita, ma la riconducono, di fatto, all’alveo di attività tipica di una
società immobiliare di gestione, a prescindere da ogni qualificazione formale dell’attività d’impresa
Da ciò si desume che l’elemento rilevante per stabilire se gli immobili merce interessati da un contratto di locazione
possano mantenere la loro qualifica consiste nella durata della locazione. In altri termini, la locazione degli immobili merce non ne modifica la destinazione commerciale a condizione che la locazione stessa sia solamente temporanea9.
In dottrina è stato, tuttavia, rilevato come non sia agevole definire il concetto di “locazione temporanea”. Al riguardo, sono
state avanzate delle ipotesi: potrebbe essere considerato l’anno solare quale limite temporale oltre il quale la locazione si trasforma da attività accidentale ed occasionale ad attività tipica; altra soluzione potrebbe essere quella che considera il triennio
quale orizzonte di riferimento, posto che l’art. 8, D.Lgs. 504/1992, fissa in 3 anni il limite massimo per poter godere della riduzione
dell’aliquota ICI eventualmente prevista dal comune a favore degli immobili invenduti da parte delle immobiliari (implicitamente
ammettendo che il triennio sia un arco temporale consono per procedere alla cessione degli immobili acquistati o costruiti)10.
In conclusione, si ritiene che la sussistenza della effettiva temporaneità della locazione, essendo legata quest’ultima
alla tipologia dell’immobile nonché alla capacità dell’impresa di vendere l’immobile stesso sul mercato, debba essere comunque valutata caso per caso.
8
Per un approfondimento sul trattamento fiscale degli immobili merce, si rinvia al capitolo 9 del presente E-Book.
9
Al riguardo, si ritiene che possano mantenere la qualifica di immobili merce quelli che vengono collocati sul mercato per la vendita e che
vengono locati nel periodo in cui restano invenduti. Altra ipotesi potrebbe essere quella di locazione per il periodo in cui l’impresa decide di
sospenderne la vendita per attendere condizioni di mercato più favorevoli.
10
Cfr., P. Meneghetti - F. Garrini, “Immobiliari di gestione: detenzione di immobili abitativi, Guida alla Contabilità & Bilancio n. 6 del 2006, Il Sole
24 Ore, p. 40 e ss..
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5. Il trattamento fiscale degli immobili patrimonio
Vengono definiti immobili patrimonio gli immobili non riconducibili alle categorie degli immobili strumentali e di quelli
alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa. Si tratta, dunque, di terreni e fabbricati abitativi acquistati dalle imprese a titolo di investimento e non per essere utilizzati quali beni strumentali per l’attività.
Ai sensi dell’art. 90, co. 1, TUIR, gli immobili patrimonio non concorrono alla formazione del reddito sulla base dei costi
e dei ricavi ad essi afferenti ma nell’ammontare determinato secondo le regole proprie dei redditi fondiari11. Per quanto
riguarda, invece, il trattamento fiscale delle plusvalenze e delle minusvalenze derivanti dalla loro cessione, valgono le
regole già illustrate con riferimento alle cessioni degli immobili strumentali, alle quali si rinvia.
5.1. La determinazione del reddito degli immobili patrimonio
Gli immobili patrimonio situati in Italia, di proprietà delle imprese, concorrono alla formazione del reddito imponibile
nell’ammontare determinato secondo le disposizioni del capo II del titolo I del TUIR e cioè secondo le regole proprie dei
redditi fondiari. Pertanto, in via generale, il reddito imponibile derivante dai suddetti immobili è pari al maggiore tra la
rendita catastale rivalutata del 5% e il canone di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15%, delle spese documentate di manutenzione ordinaria. Al riguardo, si rileva che per effetto delle modifiche apportate dall’art. 7, co. 1, lett. a), D.L.
203/2005, per gli immobili patrimonio locati dalle imprese si è passati da una deduzione forfetaria del 15% ad una deduzione analitica vincolata ad un plafond del 15% del canone di locazione.
Con riferimento alle suddette spese di manutenzione ordinaria, si tratta di quelle documentate, sostenute ed effettivamente rimaste a carico per la realizzazione degli interventi di cui alla lett. a), co. 1, art. 3, D.P.R. 380/2001, e cioè degli
interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle
necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.
Nella tabella che segue, viene riportata una esemplificazione degli interventi edilizi che rientrano tra quelli di manutenzione ordinaria, tratta dalla Circolare del Ministero delle Finanze 24/02/1998, n. 57 (§ 3.4).
Interventi edilizi di manutenzione ordinaria (C.M. 57/1998)
Sostituzione integrale o parziale di pavimenti e relative opere di finitura e conservazione
Riparazione di impianti per servizi accessori (impianto idraulico, impianto per lo smaltimento delle acque bianche e nere)
Rivestimenti e tinteggiature di prospetti esterni senza modifiche dei preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori
Rifacimento intonaci interni e tinteggiatura
Rifacimento pavimentazioni esterne e manti di copertura senza modifiche ai materiali
Sostituzione tegole e altre parti accessorie deteriorate per smaltimento delle acque, rinnovo delle impermeabilizzazioni
Riparazioni balconi e terrazze e relative pavimentazioni
Riparazione recinzioni
Sostituzione di elementi di impianti tecnologici
Sostituzione infissi esterni e serramenti o persiane con serrande, senza modifica della tipologia di infisso
Non possono essere portate in riduzione del canone di locazione, invece, le spese sostenute per interventi edilizi non
riconducibili alla lett. a), co. 1, art. 3, D.P.R. 380/2001, quali ad esempio gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia (Circolare dell’Agenzia delle Entrate 13/03/2006, n. 10).
5.1.1. L’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi
La principale conseguenza della determinazione del reddito degli immobili patrimonio secondo le regole dei redditi
fondiari consiste nell’impossibilità di dedurre dal reddito d’impresa la gran parte dei costi relativi agli stessi immobili.
L’art. 90, co. 2, TUIR, prevede, infatti, che le spese e gli altri componenti negativi relativi ai suddetti immobili non sono
ammessi in deduzione. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 13/02/2006, n. 6 (§ 7.5), ha chiarito che tale
disposizione ha carattere speciale e derogatorio rispetto al principio generale di inerenza dei componenti negativi di
reddito; tale norma contiene, infatti, un divieto assoluto di deducibilità di tutti i componenti negativi relativi agli immobili,
compresi anche gli interessi passivi ad essi relativi, sia di funzionamento, sia di finanziamento.
Va detto, tuttavia, che per le imprese di gestione immobiliare non risulta agevole distinguere i costi relativi agli immobili,
che devono essere considerati indeducibili, da quelli che non hanno un nesso diretto con i beni patrimoniali dell’impresa e
che, pertanto, seguono i principi generali di deducibilità.
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Gli immobili patrimonio situati all’estero concorrono alla formazione del reddito sulla base della disposizione contenuta nell’art. 70, co. 2,
TUIR.
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A tal fine, si può fare riferimento alle conclusioni cui è giunta l’Associazione Dottori Commercialisti (di seguito ADC) di Milano con la norma di comportamento n. 156, nella quale si legge che per le spese diverse da quelle di riparazione e manutenzione occorre verificare analiticamente per ogni tipologia di spesa la sussistenza del nesso richiesto dall’art. 90, co. 2, TUIR.
In particolare, secondo l’ADC di Milano le spese societarie sono integralmente deducibili, in quanto non sussiste alcuna correlazione fra tale categoria di spese ed i beni immobili, poiché esse sono riferite alla struttura aziendale e non ad una particolare attività dell’impresa o alla tipologia dei beni patrimoniali dalla stessa gestiti. In particolare, nella norma di comportamento viene precisato che tali spese annoverano, ad esempio: le spese per la tenuta della contabilità; le spese per il deposito del
bilancio e per gli altri adempimenti societari; le spese per la consulenza societaria e fiscale e per l’espletamento delle relative
formalità; gli emolumenti per l’organo di controllo, ove esistente; le indennità di carica per l’organo amministrativo, con esclusione dello specifico compenso per la gestione degli immobili eventualmente delegata a taluno degli amministratori.
Per quanto riguarda, invece, le spese del personale, la norma di comportamento giunge alle seguenti conclusioni:
Z le spese per il personale addetto ai servizi di custodia o di portineria, alla manutenzione degli edifici o dedicato all’amministrazione e gestione degli stabili, in quanto legate alla corrente redditività dell’immobile, sono indeducibili;
Z le spese per il personale addetto alla contabilità, non essendo quest’ultima specificamente relativa ai beni immobili, sono integralmente deducibili.
Per quanto riguarda il trattamento fiscale degli interessi passivi relativi agli immobili patrimonio, si rinvia allo specifico
approfondimento contenuto nel capitolo 4 del presente E-Book.
5.1.2. Gli immobili patrimonio in Unico 2010
Come già rilevato, gli immobili patrimonio non concorrono alla formazione del reddito d’impresa sulla base dei costi e
dei ricavi ad essi afferenti ma nell’ammontare determinato secondo le regole proprie dei redditi fondiari. In sede di dichiarazione dei redditi vanno, pertanto, “sterilizzati” i costi e i proventi contabilizzati e deve essere assoggettato a tassazione
il maggiore tra la rendita catastale rivalutata del 5% e il canone di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15%, delle
spese documentate di manutenzione ordinaria12.
Nella tabella che segue, vengono indicati i righi del Modello Unico 2010 che devono essere compilati dalle società
di capitali, dalle società di persone e dagli imprenditori individuali al fine di dichiarare il reddito derivante dagli immobili
patrimonio relativo al 2009.
Gli immobili patrimonio nel Modello Unico 2010
Tipologia di contribuente
I righi di Unico
Le indicazioni richieste
Società di capitali - 2010 - SC
RF12
(variazione in aumento)
Spese ed altri componenti negativi relativi agli immobili patrimonio
RF39
(variazione in diminuzione)
Proventi relativi agli immobili patrimonio
RF11
(variazione in aumento)
Reddito determinato secondo le regole dei redditi fondiari
RF11
(variazione in aumento)
Spese ed altri componenti negativi relativi agli immobili patrimonio
RF35
(variazione in diminuzione)
Proventi relativi agli immobili patrimonio
RF10
(variazione in aumento)
Reddito determinato secondo le regole dei redditi fondiari
Società di persone in contabilità
semplificata Unico 2010 - SP
RG9, colonna 3
Reddito determinato secondo le regole dei redditi fondiari
Imprenditore individuale in contabilità ordinaria Unico 2010 - PF
(fascicolo 3)
RF8
(variazione in aumento)
Spese ed altri componenti negativi relativi agli immobili patrimonio
RF30
(variazione in diminuzione)
Proventi relativi agli immobili patrimonio
RF7
(variazione in aumento)
Reddito determinato secondo le regole dei redditi fondiari
RG9, colonna 3
Reddito determinato secondo le regole dei redditi fondiari
Società di persone in contabilità
ordinaria Unico 2010 - SP
Imprenditore individuale in contabilità semplificata Unico 2010 - PF
(fascicolo 3)
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Come già rilevato, devono essere tenute in considerazione anche le altre disposizioni che regolano la determinazione dei redditi fondiari
quale, ad esempio, quella che prevede la maggiorazione per le unità immobiliari a disposizione.
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5.1.3. Le implicazioni ai fini IRAP
A decorrere dal periodo d’imposta 2008, i soggetti IRES, le imprese individuali e le società di persone in contabilità
ordinaria che esercitano la relativa opzione13 determinano l’imponibile IRAP sulla base dei dati di bilancio, fatte salve le
sole regole di indeducibilità previste dal D.Lgs. 446/1997 (Decreto IRAP).
Da ciò deriva un evidente beneficio per le imprese di gestione immobiliare, che locano immobili patrimonio, e che
potranno calcolare l’IRAP dovuta in base ai dati del conto economico, senza tenere conto delle variazioni in aumento
rilevanti ai fini IRPEF/IRES. Pertanto, per tali imprese la base imponibile IRAP risulterà pari alla differenza tra i canoni di
locazione ed i costi di competenza (aggregato A meno aggregato B del conto economico) con esclusione di quelli che
risultano indeducibili sulla base delle regole specifiche del tributo (quali ad esempio i costi del personale, le svalutazioni,
ecc…).
Per quanto riguarda, invece, il trattamento ai fini IRAP delle plusvalenze derivanti dalla cessione degli immobili patrimonio, le istruzioni al modello IRAP 2010 confermano che concorrono in ogni caso alla formazione del valore della produzione le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dalla cessione di immobili che non costituiscono beni strumentali per
l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa; il valore da assumere
ai fini della determinazione delle plusvalenze e delle minusvalenze è rappresentato dal valore fiscale del bene.
13
10
L’art. 1, co. 50, lett. b), Finanziaria 2008, prevede, infatti, che le società di persone e le imprese individuali in contabilità ordinaria possono optare per la determinazione della base imponibile IRAP sulla base dei dati di bilancio.
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