il castello di carta della matematica

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il castello di carta della matematica
IL CASTELLO DI CARTA DELLA MATEMATICA
Ovvero: Cosa guadagniamo quando perdiamo le nostre certezze?
INTRODUZIONE
Diversi sono stati i motivi che mi hanno spinto a scegliere le geometrie non euclidee come base per il mio
approfondimento, primo fra tutti l’effetto che su di me hanno avuto le lezioni del professor
Scaccabarozzi, che spesso ha parlato di questo argomento collegandolo ai temi più vari del suo
programma. Inoltre la mia voglia di conoscenza su di un argomento intrigante e sconosciuto mi ha spinto
a portare avanti il mio progetto. Approfondendo la ricerca, ho poi avuto modo di riflettere su tutto ciò che
la scoperta di queste nuove geometrie portò con sé: le salde basi di appoggio su cui l’uomo si era fino ad
allora adagiato cominciavano a traballare, qualcosa che era stato considerato per secoli come lo specchio
della perfezione veniva smontato e smentito, ma soprattutto, veniva messo in evidenza il carattere
puramente convenzionale della matematica.
L’umanità era stata messa in crisi, non esisteva più l’idea di una totalità perfetta che potesse essere
riflessa dalle leggi della società o dalle formule e dai numeri: tutto era (ed è) una convenzione, un
compromesso.
Ma dalla caduta di queste certezze, il genere umano ottenne molto di più di quanto avesse potuto sperare
restando tranquillamente addormentato nella bambagia della perfezione raggiunta e tenuta a portata di
mano…
1) EUCLIDE
Siamo in Grecia, intorno al 300 a.C.; la ricchezza e il potere conquistati da questo stato hanno permesso
ai suoi abitanti un tenore di vita piuttosto elevato. In particolare godono di grande rispetto gli studiosi e
gli artisti: infatti il clima di generale benessere ha favorito in modo esponenziale la crescita e lo sviluppo
delle arti e delle scienze.
Tra questi, un matematico di nome Euclide decide di raccogliere tutto il sapere della sua disciplina in
un’opera monumentale, che intitola “Elementi”.
La prima parte del libro è costituita da termini, postulati e nozioni comuni. I termini presentano gli enti
geometrici fondamentali, sulla base di descrizioni di oggetti reali comunque rappresentabili con riga e
compasso: è evidente quindi come, fin dal principio, Euclide utilizzi la realtà concreta per descrivere enti
astratti; del resto, tutto ciò che la matematica euclidea descrive, rappresenta (o forse rappresentava) in
modo completo la realtà che ci circonda.
I postulati sono gli assiomi che stabiliscono in quali relazioni costruttive stanno fra loro i diversi enti
geometrici; in particolare citerò per intero il V postulato, cioè il pomo della discordia che porterà, circa
milleottocento anni più tardi, alla scoperta delle geometrie non euclidee. Questo postulato recita così:
“Risulti postulato che, se una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e dalla stessa
parte minori di due retti (= tali che la loro somma sia minore di due retti), le due rette prolungate
illimitatamente verranno ad incontrarsi da quella parte in cui sono gli angoli minori di due retti (= la cui
somma è minore di due retti). Le nozioni comuni, infine, sono assiomi logici, cioè principi accettati come
veri anche al di fuori del contesto strettamente geometrico.
La geometria euclidea ha quindi tre caratteristiche fondamentali: si occupa di una realtà che è lo spazio
che ci circonda; i suoi assiomi sono evidenti e indiscutibili; i suoi oggetti sono idealizzazioni di oggetti
reali.
2) KANT
Per rendere ancora più evidente il clima di quasi sacralità che circondava, fino a due secoli fa, la
geometria euclidea, è sufficiente prendere in esame Immanuel Kant.
Filosofo illuminista, un “colosso” nell’ambito della sua disciplina, Kant nelle sue opere fondamentali,
cioè “Critica della ragion pura”, “Critica della ragion pratica” e “Critica del giudizio”, si pone come
obiettivo un attento esame critico del sapere filosofico e delle possibilità e dei limiti conoscitivi del
pensiero umano.
Nella “Critica della ragion pura” (1781), Kant classifica le regole formali del pensiero, distinguendo tra
giudizi a priori e giudizi empirici, che a loro volta si distinguono tra analitici e sintetici.
Giudizi
analitici
sintetici
a priori
analitici a priori
o
semplicemente analitici
sintetici a priori
empirici
non esistono
sintetici empirici
o
semplicemente sintetici
I giudizi a priori sono indipendenti dall'esperienza e derivano dal pensiero in se stesso; si distinguono
per la loro necessità e universalità.
I giudizi empirici o a posteriori derivano dall'esperienza, pertanto non sono universali ma contingenti,
particolari, dipendono da fatti specifici.
I giudizi analitici sono quelli contenuti implicitamente nel soggetto di cui si parla, pertanto non
ampliano la nostra conoscenza.
I giudizi sintetici sono quelli che aggiungono al soggetto di cui si parla qualcosa che non era già pensato
in esso, pertanto ampliano effettivamente la nostra conoscenza.
L'attenzione di Kant è rivolta ai giudizi sintetici a priori. Essi rappresenterebbero una forma di
conoscenza sicura e universale che arricchisce la nostra conoscenza su un dato oggetto e allo stesso
tempo non ha il carattere di imperfezione della conoscenza empirica.
Per Kant, le proposizioni della matematica sono giudizi a priori e non empirici, poichè la loro necessità
è di tipo logico e non dipende dall'esperienza.
In particolare, i postulati della geometria di Euclide sono giudizi sintetici a priori, e di conseguenza lo
sono anche tutti i teoremi della geometria.
In che modo, allora, le nostre conoscenze dello spazio sono applicabili al mondo esterno dei fenomeni
fisici? Perchè i postulati di Euclide ci appaiono veri e non riusciamo ad immaginarne altri?
Secondo Kant, i dati relativi allo spazio reale in cui viviamo ci giungono attraverso i sensi e vengono
organizzati dal nostro intelletto. Quando giungono alla nostra coscienza sono stati già rielaborati. La
nostra idea di spazio non si riferisce allo spazio reale esterno a noi, ma ad uno spazio di natura intellettiva
che filtra e organizza le nostre esperienze. L'intuizione a priori dello spazio è quindi a fondamento della
geometria, così come l'aritmetica si fonda sul tempo (il "contare" come reiterazione continua nel tempo
di una singola unità di base).
I principi di Euclide descrivono, quindi, non uno spazio esterno ma questa struttura mentale che ci
permette di cogliere e organizzare la percezione che abbiamo degli oggetti. Essi sono infallibili e
indiscutibili proprio perchè non si riferiscono all'esperienza, ma al modo in cui la nostra mente dà una
struttura all'esperienza.
3) LA NASCITA DELLE GEOMETRIE NON EUCLIDEE
Abbiamo visto chiaramente come per Kant le regole di Euclide non solo descrivono la realtà esterna al
soggetto, ma addirittura ne sarebbero a fondamento.
E' facile quindi immaginare in quale situazione di sgomento e di crisi vennero a trovarsi tutte i pensatori
successivi, quando nella prima metà del XIX secolo vennero pubblicati i primi trattati riguardanti
geometrie differenti da quella di Euclide.
Il punto caldo che diede il via alla "rivoluzione" fu, come accennato sopra, il V postulato degli
"Elementi", che nella sua forma semplificata recita: "Per un punto esterno ad una retta passa una sola
parallela alla retta data".
Già Euclide stesso, infatti, non era pienamente convinto dell'assoluta e inconfutabile verità di questo
postulato (che neanche lui riuscì a dimostrare), ma dovette inserirlo comunque nella sua opera per poter
dimostrare molti dei successivi teoremi; questo postulato, pur essendo coerente col senso comune, non
presenta tuttavia quel carattere di evidenza comune agli altri assiomi proposti dal matematico greco.
Nel 1733, Gerolamo Saccheri pubblicò: "Euclides ab omni naevo vindicatus" (Euclide emendato da
ogni difetto), un'opera nella quale il matematico italiano, ragionando per assurdo, tentò di dimostrare il V
postulato. Assumendolo come falso, Saccheri era alla ricerca di contraddizioni stridenti con altre parti
della geometria; formulò e dimostrò così una serie di teoremi diversi da quelli euclidei. In tale
inconsapevole anticipazione di risultati non euclidei consiste l'importanza dell'opera di Saccheri, il quale
tuttavia, annebbiato dal pregiudizio, considerò le sue conclusioni "ripugnanti" e ne dedusse di aver
commesso qualche errore.
All'inizio del XIX secolo, tre matematici, il tedesco Carl Friedrich Gauss, l'ungherese János Bolyai e il
russo Nikolaj Ivanovič Lobačevskij, l'uno indipendentemente dall'altro, capirono che il postulato era, in
realtà, indimostrabile.
Un aneddoto curioso lega i primi due studiosi. Il padre di Bolyai era infatti amico di Gauss, la più grande
autorità matematica del tempo, e a lui per primo Bolyai padre comunicò orgogliosamente le scoperte del
figlio. Gauss gli mostrò il suo lavoro e le conclusioni a cui era giunto, che erano le stesse di Bolyai figlio,
il quale non reagì nel migliore dei modi, perchè sospettò che il tedesco volesse impadronirsi della
scoperta e che il padre lo avesse tradito. Bolyai smise definitivamente di occuparsi dell'argomento e perse
via via il suo equilibrio mentale.
Il procedimento seguito dai tre matematici, con molta approssimazione espositiva, è il seguente.
Data una retta per il punto P che intersechi r in un punto Q, si può allontanare il punto di intersezione
verso l'infinito da una parte (verso destra) o dall'altra (verso sinistra). Ora, se ci liberiamo dal nostro
punto di vista legato alle consuetudini, cosa impedisce di pensare che tra la posizione della parallela
destra td e quella della parallela sinistra ts non vi siano altre rette che non intersecano r?
P
td
P
ts
r
r
Q
Q
Fu soprattutto Lobačevskij in seguito a sviluppare ulteriormente queste nuove teorie. Tra l'altro, nella sua
geometria si dimostra che la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di un angolo piatto: essa
è uguale a - k, in cui k, detto difetto, è un numero non negativo che dipende dalle dimensioni dei lati del
triangolo. E, quanto più un triangolo è "grande", tanto maggiore è la sua differenza da un "normale"
triangolo euclideo, in cui la somma degli angoli interni è uguale ad un angolo piatto.
Nell'ottica di Lobačevskij, perciò, la sua geometria non contraddice la geometria euclidea, ma ne
costituisce una generalizzazione. Infatti, rispetto alle grandezze piuttosto piccole che in genere
misuriamo, il difetto k è talmente piccolo da diventare trascurabile e diventa quindi corretta (per la classe
di problemi che "abitualmente" trattiamo) l'ipotesi euclidea. Questo è un argomento che riprenderò più
avanti, quando illustrerò le applicazioni delle geometrie non euclidee.
Si era quindi ormai giunti alla consapevolezza che non esiste una geometria "vera", ma che ogni
geometria è "vera" se non contraddittoria, nei procedimenti e nei risultati, con l'ipotesi assunta.
Nel 1854 fu la volta di Bernhard Riemann, che discusse all'università di Gottingen la sua tesi per la
libera docenza "Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria", in cui, insieme ad una
generalizzazione molto spinta dei contenuti della geometria, dà lo spunto per un modello molto semplice
di geometria nel quale non vale il postulato delle parallele, in un senso più forte di quello per cui non vale
nel sistema di Lobačevskij.
Come abbiamo visto, infatti, il postulato delle parallele afferma sia l'esistenza sia l'unicità della parallela
ad una retta per un punto esterno. Nel sistema di Lobačevskij cade l'unicità: per un punto esterno ad una
retta data esistono più rette parallele. Riemann considera invece un sistema in cui cade anche il postulato
di esistenza: ogni retta condotta da un punto esterno la interseca in un punto.
Felix Klein classificò le geometrie in tre classi fondamentali:
Geometria euclidea: è la geometria delle superfici a curvatura nulla (Euclide);
Geometria ellittica (o sferica): è la geometria delle superfici a curvatura positiva (Riemann);
Geometria iperbolica: è la geometria delle superfici a curvatura negativa (Lobačevskij).
Infatti Riemann ambienta la sua geometria sulla superficie della sfera, considerando "rette" i cerchi
massimi, cioè i meridiani in un mappamondo: i paralleli diventano infatti puntiformi ai poli e quindi non
possono essere considerati "rette"; i cerchi massimi si incontrano sempre ai poli, quindi è evidente
l'impossibilità di avere rette parallele.
La geometria di Lobačevskij è stata invece ambientata da Klein all'interno di una circonferenza, in cui le
infinite parallele sono le corde, e da Beltrami su un iperboloide di rotazione detto pseudosfera, a
curvatura costantemente negativa.
4) RUSSELL
Ad agitare ulteriormente le già inquiete menti dei sapienti del tempo provvide Bertrand Russell, inglese,
logico e matematico, filosofo del linguaggio e maestro di Wittgenstein.
All'inizio del XX secolo, Russell propose una curiosa antinomia (vale a dire una proposizione
contraddittoria in sè, tale che se è vera allora è falsa e se è falsa allora è vera) destinata a dare inizio
ufficialmente alla crisi dei fondamenti della matematica; infatti questa antinomia scosse l'edificio
matematico proprio alle fondamenta, cioè nel cuore della teoria degli insiemi, mentre le geometrie non
euclidee si erano in fondo limitate a creare crepe in superficie.
Andiamo quindi ad illustrare l'antinomia di Russel.
Poichè gli insiemi si definiscono in piena libertà, essi si possono pensare suddivisi in due categorie:

insiemi che tra gli elementi hanno loro stessi: ad esempio, "l'insieme di tutti i concetti astratti" è a
sua volta un concetto astratto ed ha perciò se stesso tra i suoi elementi;

insiemi che non hanno loro stessi come elementi: ad esempio, l'insieme dei numeri naturali non è
un numero naturale e perciò, tra i suoi elementi, non c'è se stesso.
Indichiamo allora con K l'insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi: K = {x; xx}.
Ora ci si pone il problema: K appartiene o no a se stesso?
Se K appartiene a se stesso, allora, per definizione, K ha la proprietà di non avere se stesso tra i suoi
elementi; K perciò non appartiene a se stesso: K K.
Se invece K non appartiene a se stesso, allora, per definizione, ha la proprietà di avere se stesso tra i suoi
elementi; K perciò appartiene a se stesso: K  K.
L'evidente contraddizione minava alle radici la teoria degli insiemi a partire dalla quale, dalla fine
dell'Ottocento, era stato costruito tutto l'edificio matematico. Nei primi decenni del Novecento molte
altre antinomie contribuirono a mettere in crisi l'apparato logico-concettuale che si era dato la
matematica e, soprattutto, il programma di fondare la matematica su basi logiche al riparo da qualunque
contraddizione. Lo stesso Russell elaborò una complessa teoria (detta teoria dei tipi) nella quale la
formazione di insiemi veniva vincolata al fatto che un insieme potesse essere elemento di un altro
insieme soltanto se quest'ultimo fosse stato di un "tipo" più generale. Russell aveva infatti individuato un
elemento comune di tutte le antinomie: l'autoreferenzialità, il fatto cioè che in un linguaggio, in una
teoria, fosse possibile affermare qualche cosa attorno al linguaggio o alla teoria stessa.
5) APPLICAZIONI PRATICHE DELLE GEOMETRIE NON EUCLIDEE
Fino a questo punto, la matematica è stata paragonata ad un immenso edificio, il quale, prima corroso e
riempito di crepe in superficie (dalle geometrie non euclidee), poi minato nelle fondamenta
(dall'antinomia di Russell), finisce inevitabilmente per crollare su se stesso.
Le macerie tuttavia possono essere recuperate ed utilizzate per creare nuove opere, nuove costruzioni,
nuovi edifici.
Le neonate geometrie non euclidee hanno infatti trovato applicazione nei campi più svariati: dalla
crittografia alla robotica, dall'astronomia alla navigazione, fino all'algebra avanzata.
Ai teoremi delle geometrie non euclidee i matematici ricorrono per risolvere problemi molto astratti, che
però possono avere anche applicazioni concrete. La geometria ellittica, per esempio, è usata anche per
cifrare messaggi segreti. La struttura matematica di molti nodi, invece, è governata dalla geometria
iperbolica. Un fatto che potrebbe rivelarsi importante in chimica e biologia, per esempio nello studio di
molecole complesse come il DNA.
Un'applicazione più astratta è stata la dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat, una congettura
apparentemente ovvia, ma che per quattro secoli nessuno era riuscito a dimostrare. Ecco come si svolse la
vicenda.
Il lavoro
di Fermat ebbe origine dallo studio dell'Aritmetica, l'opera del matematico greco Diofanto, in particolare
dal capitolo sui numeri pitagorici, cioè su quelle terne di numeri reali a, b, c che soddisfano l'equazione
a2 + b2 = c2 (ad esempio 3, 4, 5).
Fermat osservò che, riformulando il teorema di Pitagora in modo più generale, per qualunque valore
dell'esponente n, cioè an + bn = cn, si perveniva a un'equazione che non ammetteva alcuna soluzione
intera, per valori di n maggiori di 2. Ad esempio, non esiste alcuna terna di numeri a, b, e c che soddisfi
l'equazione a3 + b3 = c3. A margine della sua copia dell'Aritmetica egli annotò: "Ho scoperto una prova
veramente rimarchevole di ciò, ma questo margine è troppo piccolo per contenerla".
Molti
matematici hanno tentato di dimostrare il teorema di Fermat o di trovare un controesempio che lo
confutasse. Nel 1908 fu addirittura fissato un compenso di 100.000 marchi dall'Università di Göttingen,
in Germania, per chiunque avesse presentato una dimostrazione (ma non una confutazione) entro il 13
settembre del 2007. Con l'aiuto del computer, il teorema è stato dimostrato per esponenti fino a circa
125.000, ma ancora non è stata trovata una dimostrazione valida per tutti i valori di n. Nel giugno 1993,
Andrew Wiles, un matematico dell'Università di Princeton, affermò di aver trovato la soluzione, ma nel
dicembre successivo fu scoperto un errore nella dimostrazione del teorema, che Wiles riuscì in seguito a
correggere. Nel 1998 la dimostrazione del teorema di Fermat di Wiles è stata ufficialmente accettata
dall’International Mathematical Union (la società che riunisce tutti i matematici a livello mondiale) che
ha riconosciuto i suoi meriti conferendogli una targa d’argento.
Le geometrie non euclidee hanno anche applicazioni ingegneristiche, per muovere i bracci dei robot
industriali, per esempio. Un braccio rigido, infatti, è vincolato a muoversi su una circonferenza, o su una
sfera, secondo le leggi della geometria ellittica. Il problema diventa più complesso se il braccio è
composto da più parti collegate fra loro, che devono anche evitare di scontrarsi e intrecciarsi. In questi
casi, il movimento si può rappresentare su una "superficie" astratta che è la generalizzazione di una sfera
in uno spazio con più dimensioni e, per farlo, è spesso necessario ricorrere a discipline più generali. Come
la geometria differenziale, che include come casi particolari la geometria euclidea e quelle non euclidee,
perchè vale non solo su piani, sfere o iperboloidi, ma su una classe vastissima di superfici (un'altra
geometria non euclidea sempre più generalizzata, quindi).
Per questo motivo, la
stessa disciplina è anche adatta a descrivere il movimento di robot su superfici arbitrarie. Un robot come
il Sojourner (che nel 1997 esplorò Marte), per esempio, deve muoversi su un suolo ondulato e irregolare
nella maniera più opportuna: seguendo la via che corrisponde al minor consumo e al minor rischio. In
pratica, questo compito equivale a seguire il percorso più "breve" (la generalizzazione della linea retta) in
un opportuno spazio non euclideo, anche se non corrispondente allo spazio reale.
6) EINSTEIN
Nonostante tutto ciò che il capitolo precedente ha illustrato, la cara vecchia geometria di Euclide non è
ancora da buttare via, tanto che la usano ingegneri, fisici, architetti.
Se però, come ho accennato nel capitolo tre, allarghiamo la visuale e consideriamo distanze di migliaia di
chilometri sulla Terra, allora la sfericità del pianeta comincia a farsi notare, e la geometria ellittica
diventa importante. I piloti degli aerei, per esempio, sanno benissimo che la rotta più breve fra due
località si trova sempre su un arco di cerchio massimo: è anche per questo che, per volare fra due
aeroporti alla stessa latitudine, gli aerei non seguono la linea immaginaria dei paralleli. Passare per il Polo
Nord, insomma, è spesso una scorciatoia.
Anche lo spazio dell'universo non è sempre euclideo.
Lo capì Albert Einstein, il più grande fisico del XX secolo, eletto "personaggio del secondo millennio".
Nel 1916, pubblicò la sua Teoria della Relatività Generale e ipotizzò che la gravità fosse un effetto
geometrico dello spazio (la geometria giusta per descrivere questo fatto è quella ellittica). Si può pensare,
cioè, che lo spazio che ci circonda presenti protuberanze e ondulazioni in corrispondenza di galassie,
stelle e pianeti.
Una buona analogia è quella di una palla da biliardo su un foglio di gomma: intorno alla biglia il foglio
risulta incurvato. Allo spazio succede qualcosa di simile: le protuberanze influenzano il moto delle
particelle e della luce. Di solito si pensa che la luce si propaghi in linea retta, ma se lo spazio è curvo, in
esso non esiste nulla di simile a una linea retta. In questo caso, la luce seguirà una geodetica, cioè il
percorso più breve possibile, ma non necessariamente "dritto".
Proprio quello che osservò Sir Arthur Eddington, durante un'eclissi nel 1919: le stelle vicine al Sole
erano leggermente spostate rispetto a quanto previsto dai calcoli tradizionali, anche perchè i loro raggi
non si muovevano in linea retta. L'esperimento di Eddington decretò il successo della relatività generale e
rese Einstein una celebrità.
Oggi la teoria di Einstein viene utilizzata anche per lo studio dei buchi neri, la cui fisica si pensa si possa
spiegare attraverso la curvatura dello spazio e l'effetto della gravità sui raggi di luce.
7) ESCHER
Le geometrie non euclidee non potevano non influenzare anche il mondo dell'arte: la nuova concezione
dello spazio e gli stravolgimenti che tutto ciò comportava, affascinarono subito artisti d'avanguardia
come l'olandese Maurits Escher.
Questo artista, oltre ad illustrare paradossi percettivi come scale e cascate che, pur scendendo in
continuazione, si trovano sempre allo stesso livello nel piano, ha composto molti quadri usando
tassellazioni geometriche. Mi limiterò a prendere in esame quelli eseguiti basandosi sulle geometrie non
euclidee.
Escher venne a conoscere la geometria iperbolica nel 1958, tramite il geometra Coxeter, e produsse
quattro famose opere, tutte denominate "Limite del cerchio (I-IV)". In particolare, in "Limite del cerchio
IV", che è un ulteriore adattamento della tassellazione euclidea "Angeli e diavoli", tutti gli angeli e tutti i
diavoli hanno le stesse dimensioni iperboliche, nonostante l'apparente diminuzione euclidea, dovuta al
fatto che le distanze si misurano diversamente nei due casi.
8) CONCLUSIONE
Siamo quindi passati attraverso la storia di quello che, ancora una volta, chiamerò "l'edificio della
matematica": partendo da Euclide, che più di duemila anni fa iniziò la sua costruzione, l'abbiamo visto
ospitare anche le più grandi menti filosofiche, come Kant; abbiamo assistito al suo vacillare sotto i colpi
delle geometrie non euclidee; infine abbiamo avuto sotto gli occhi la sua demolizione ad opera di Russell.
O meglio, più che alla sua demolizione, ci siamo trovati davanti alla perdita del suo guscio di
inviolabilità, sacralità e intoccabilità.
Sì, perchè in fondo la matematica esiste ancora e ci serve in moltissimi aspetti della nostra vita; quello che
è cambiato è il modo di concepirla, non più come qualcosa di divino assoluto, ma di divino relativo.
Il divino consiste infatti nella sua precisione, nell'incredibile incastro e concatenamento di formule e
figure; tuttavia è relativa, poichè cambia la sua struttura, adattandosi alle varie situazioni e alle diverse
basi che le poniamo.
Forse, in fondo, è pur sempre assoluta, se si adatta, con qualche piccolo cambiamento, a ogni situazione.
Può darsi che non esista nulla di certo in questo mondo, e che di conseguenza debba essere l'uomo a
crearsi le sue certezze, i suoi punti stabili su cui appoggiarsi saldamente; del resto, rimane emblematica
una frase del "solito" Russell che recita così:
"La matematica è quella scienza che non sa di cosa parla e non sa se quello che dice è vero".
BIOGRAFIE
Euclide (Alessandria d'Egitto, attivo nel 300 ca. a.C.), matematico greco. Formatosi
probabilmente ad Atene presso l'Accademia platonica, Euclide insegnò geometria ad
Alessandria d'Egitto, dove fondò una scuola di matematica. Il suo capolavoro, gli Elementi (in
greco Stoicheia), è un trattato di matematica composto di tredici libri concernenti la geometria
piana, le proporzioni, le proprietà dei numeri, le grandezze incommensurabili e la geometria dei
solidi. Frutto dell'applicazione sistematica del metodo deduttivo, gli Elementi di Euclide sono
stati utilizzati per duemila anni come manuale didattico: persino oggi una versione rivista dei
suoi primi libri costituisce la base della didattica della geometria piana nelle scuole superiori.
A Euclide sono stati attribuiti anche i Dati, raccolta di teoremi in 95 proposizioni; i Fenomeni,
una descrizione geometrica delle sfere celesti; l'Ottica, un trattato di ottica geometrica e Delle
divisioni, una trattazione matematica della musica: la maggior parte degli storici ritiene tuttavia
che alcune opere – eccezion fatta per gli Elementi – gli siano state attribuite erroneamente.
Kant, Immanuel (Königsberg, oggi Kaliningrad 1724-1804), filosofo tedesco. Nato da genitori
seguaci del pietismo, studiò presso il Collegium Fridericianum e frequentò poi l'Università di
Königsberg, dove seguì i corsi di fisica, logica e matematica. Dopo la morte del padre fu costretto ad
abbandonare la carriera accademica e si guadagnò da vivere come precettore privato. Nel 1755
conseguì la libera docenza e ottenne l'incarico di professore straordinario di matematica e filosofia
all'Università di Königsberg; nei successivi quindici anni, partendo dalle posizioni di Christian Wolff e
di Gottfried Leibniz, Kant tenne dapprima lezioni di fisica e matematica, ampliando gradatamente il
campo dei suoi interessi fino a coprire quasi tutti i rami della filosofia.
In questa prima fase della sua vita,
scrisse numerosi trattati su vari argomenti scientifici, in particolare su questioni di geofisica. La sua più
importante opera scientifica fu la Storia universale della natura e teoria del cielo (1755), nella quale
avanzò l'ipotesi della formazione dell'universo da una nebulosa in moto rotatorio, congettura che in
seguito venne sviluppata indipendentemente da Pierre-Simon de Laplace.
Sebbene le lezioni accademiche e le opere scritte durante questo periodo
consolidassero la sua reputazione di filosofo, egli non ottenne una cattedra all'università fino al 1770,
anno in cui scrisse la dissertazione De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis e fu
nominato professore ordinario di logica e metafisica. Durante i ventisette anni successivi proseguì
l'attività di insegnamento accademico e attirò a Königsberg numerosi studenti. Le sue opinioni in
campo religioso, che si fondavano sul razionalismo piuttosto che sulla rivelazione, lo condussero al
conflitto con il governo prussiano e nel 1794 il re Federico Guglielmo II gli proibì di tenere lezioni
pubbliche o di scrivere intorno ad argomenti religiosi. Kant obbedì formalmente a quest'ordine per tre
anni, fino alla morte del sovrano; dopodiché si considerò libero da qualsiasi obbligo. Morì il 12
febbraio del 1804.
Gauss, Carl Friedrich (Brunswick 1777 - Gottinga 1855), matematico tedesco; studiò all'Università
di Gottinga dal 1795 al 1798 e nel lavoro di tesi dimostrò che ogni equazione algebrica ha almeno una
radice, risultato noto come teorema fondamentale dell'algebra.
La sua opera sulla teoria dei
numeri, Disquisitiones Arithmeticae, è un classico nel campo della matematica. Dedicatosi
successivamente all'astronomia, calcolò la posizione dell'asteroide Cerere, scoperto nel 1801, ed
elaborò un nuovo metodo per la definizione delle orbite dei corpi celesti. Dal 1807 fu professore di
matematica e direttore dell'osservatorio di Gottinga. Benché Gauss abbia indubbiamente fornito un
prezioso contributo all'astronomia, sia sul piano teorico sia sul piano pratico, i suoi studi principali
riguardarono la matematica e la fisica matematica. Nell'ambito della teoria dei numeri, concepì
l'importante teorema dei numeri primi; sviluppò per primo una geometria non euclidea ma non rese
pubblico questo risultato. Nella teoria della probabilità, elaborò il metodo dei minimi quadrati e le leggi
fondamentali delle funzioni di distribuzione di una variabile casuale. La maggior parte dei fenomeni
stocastici può tuttora essere interpretato graficamente mediante una distribuzione di probabilità che
porta il suo nome. Gauss effettuò rilevazioni geodetiche e applicò la matematica alla geodesia. Insieme
al fisico tedesco Wilhelm Eduard Weber compì inoltre approfonditi studi su magnetismo ed elettricità,
contribuendo alla formulazione matematica di queste materie. Si interessò anche di ottica, in
particolare della teoria dei sistemi ottici centrati.
Bolyai, János (Kolozsvàr, oggi Cluj 1802 - Marosvàsàrhely 1860), matematico ungherese; fu
fondatore della geometria non-euclidea indipendentemente da Nikolaj Lobačevskij e da Carl Friedrich
Gauss. Figlio del matematico Farkas Bolyai, studiò ingegneria a Vienna. Scoprendo che il postulato di
Euclide sulle parallele era indimostrabile e inconfutabile allo stesso tempo, volle aggiungere a un
saggio pubblicato nel 1832 da suo padre un'appendice che esponeva i lineamenti fondamentali di ciò
che divenne successivamente noto come geometria non-euclidea. Gauss rivide e commentò il lavoro,
notando tuttavia che egli stesso aveva già scritto un saggio simile, rimasto inedito, cosa che spinse
Bolyai ad abbandonare le ricerche in quel campo.
Lobačevskij, Nikolaj Ivanovič (Nižni Novgorod 1793 - Kazan 1856), matematico russo, uno dei
primi a sottoporre ad analisi critica i postulati fondamentali della geometria euclidea. Studiò
all'Università di Kazan dove successivamente insegnò dal 1812 al 1846, anno in cui fu allontanato dal
governo zarista. In modo indipendente dall'ungherese János Bolyai e dal tedesco Carl Gauss, formulò
un sistema di geometria non euclidea. I suoi scritti comprendono Sui fondamenti della geometria
(1829), Geometria immaginaria (1835) e Nuovi fondamenti della geometria, con una teoria completa
delle parallele (1835).
Riemann, Georg Friedrich Bernhard (Breselenz, Hannover 1826 - Selasca, Lago Maggiore 1866),
matematico tedesco, sviluppò un sistema di geometria che contribuì allo sviluppo della moderna fisica
teorica. Figlio di un pastore luterano, si dedicò dapprima alla teologia, e solo in un secondo tempo
frequentò le lezioni di matematica alle università di Gottinga e di Berlino. Nel 1851 ottenne la laurea
con una dissertazione dal titolo Fondamenti per una teoria generale delle funzioni di variabile
complessa, che fornì un contributo importantissimo allo sviluppo della teoria delle funzioni. Nel 1857
fu nominato professore straordinario all'università di Gottinga, dove due anni dopo succedette a P.G.
Lejenne Dirichlet nella cattedra di matematica superiore.
L'attività scientifica di Riemann fu
fondamentale in molti campi della matematica; egli si dedicò alla teoria dei numeri, fornì una
definizione rigorosa del concetto di integrale, e stabilì delle relazioni tra la teoria delle funzioni e quella
delle superfici che posero le basi per la moderna topologia. Introdusse il concetto di metrica in uno
spazio curvo, giungendo a definire una geometria non euclidea di tipo ellittico, che oggi porta il suo
nome. L'importanza della geometria di Riemann consiste nel fatto che essa rende possibile
l'applicazione geometrica di alcune importanti astrazioni di analisi tensoriale. Fornì ad Albert Einstein
la base per elaborare il concetto di spazio-tempo della relatività, necessaria per studiare l'elettricità e il
magnetismo nell'ambito della relatività generale.
Russell, Bertrand (Trelleck, Galles 1872 - Pernhyndeudraeth, Galles 1970), filosofo britannico.
Compiuti gli studi presso il Trinity College di Cambridge, raggiunse la fama accademica con l'opera
Principi della matematica (1903), in cui aderì sia all’approccio realista di George Edward Moore, sia al
rigoroso programma "logicista" di Gottlob Frege, che formalizzava i principi della matematica e li
ricostruiva a partire dalla logica. Lavorò successivamente per otto anni con Alfred North Whitehead
alla monumentale opera Principia mathematica (3 voll., 1910-1913), nella quale cercò di ridurre tutta
la matematica alla logica; i Principia, utilizzando il sistema notazionale di Giuseppe Peano,
presentavano la "teoria dei tipi", secondo la quale gli elementi di un universo di discorso sono riuniti in
classi disgiunte (tipi) che appartengono, a loro volta, a classi di ordine superiore.
Einstein, Albert (Ulma 1879 - Princeton, New Jersey 1955), fisico tedesco naturalizzato statunitense.
Trascorse gli anni giovanili a Monaco, città nella quale la famiglia, di origine ebraica, possedeva una
piccola azienda che produceva macchinari elettrici, e già da ragazzo mostrò una notevole
predisposizione per la matematica. Quando ripetuti dissesti finanziari costrinsero la famiglia a lasciare
la Germania e a trasferirsi in Italia, a Milano, decise di interrompere gli studi. Trasferitosi in Svizzera,
concluse le scuole superiori ad Arrau e si iscrisse al Politecnico di Zurigo, dove si laureò nel 1900.
Lavorò quindi come supplente fino al 1902, anno in cui trovò un impiego presso l'Ufficio Brevetti di
Berna.
Dopo il 1919 Einstein divenne famoso a livello
internazionale; ricevette riconoscimenti e premi, tra i quali il premio Nobel per la fisica, che gli fu
assegnato nel 1921. Lo scienziato approfittò della fama acquisita per ribadire le sue opinioni pacifiste
in campo politico e sociale.
Durante la prima guerra mondiale fu tra i pochi accademici
tedeschi a criticare pubblicamente il coinvolgimento della Germania nella guerra. Tale presa di
posizione lo rese vittima di gravi attacchi da parte di gruppi di destra; persino le sue teorie scientifiche
vennero messe in ridicolo, in particolare la teoria della relatività.
Con l'avvento al potere di Hitler, Einstein fu costretto a emigrare
negli Stati Uniti, dove gli venne offerta una cattedra presso l'Institute for Advanced Study di Princeton,
nel New Jersey. Di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista egli rinunciò alle posizioni
pacifiste e nel 1939 scrisse assieme a molti altri fisici una famosa lettera indirizzata al presidente
Roosevelt, nella quale veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica. La lettera
segnò l'inizio dei piani per la costruzione dell'arma nucleare.
Al termine della seconda guerra mondiale, Einstein si impegnò attivamente nella
causa per il disarmo internazionale e più volte ribadì la necessità che gli intellettuali di ogni paese
dovessero essere disposti a tutti i sacrifici necessari per preservare la libertà politica e per impiegare le
conoscenze scientifiche a scopi pacifici.
Eddington, Arthur Stanley (Kendal 1882 - Cambridge 1944), astronomo e fisico britannico, noto per
gli studi nei campi della relatività e dell'astronomia. Frequentò l'Owens College (attuale università di
Manchester) e il Trinity College di Cambridge, dove nel 1906 divenne direttore dell'osservatorio e nel
1913 ottenne la cattedra di astronomia. Eddington contribuì allo sviluppo della teoria della relatività;
tuttavia le sue principali ricerche riguardarono l'evoluzione e la costituzione delle stelle.
Espose le sue teorie astronomiche nei libri
The Internal Constitution of the Stars (La costituzione interna delle stelle), e Stars and Atoms (Stelle e
atomi), entrambi pubblicati nel 1926. Divenne successivamente celebre come divulgatore scientifico e
la sua opera The Nature of the Physical World (La natura del mondo fisico, 1928) fu uno dei libri di
scienza astratta più letti in assoluto. I suoi ultimi lavori trattarono questioni di filosofia e di
epistemologia.
Escher, Maurits Cornelis (Leeuwarden 1898 - Laren 1972), pittore e incisore olandese. Abbandonati
gli studi alla Scuola di architettura e arti decorative di Haarlem, si dedicò alla grafica. Nel 1922 lasciò
l'Olanda e a partire da quella data viaggiò a lungo, soprattutto nel Mediterraneo. Per un certo periodo
visse a Roma, dove sposò nel 1924 Jetta Umiken, anch'essa artista; lasciata l’Italia perché insofferente
del regime fascista, si stabilì prima in Svizzera, quindi in Belgio; nel 1941 rientrò definitivamente in
Olanda.
Escher si occupò soprattutto di xilografia e
litografia. Il fascino delle sue opere, che spesso raffigurano paesaggi enigmatici e bizzarre costruzioni
architettoniche, risiede soprattutto nella capacità dell'artista di giocare con la realtà. Escher concepì le
sue composizioni con precisione matematica, spesso per ottenere paradossi prospettici. Era interessato
soprattutto all'unione dei contrari, come esterno-interno, giorno-notte, o ai giochi di alternanza tra
figure e sfondo, come nelle serie infinite di metamorfosi di rettili o pesci.
Nelle sue tavole più famose, Escher costruisce strutture nelle quali un unico
spazio contiene in sé molteplici altri spazi collegati gli uni agli altri in successione continua. Questa
serie di mondi possibili attrae l'attenzione dello spettatore, catturato nel dinamismo percettivo che lo
induce alla continua scoperta dei diversi livelli di lettura.
BIBLIOGRAFIA


Enciclopedia Microsoft Encarta 2000
Internet: www.studenti.it
www.google.it  “geometrie non euclidee”
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare tutti i professori che mi hanno accompagnato durante questi cinque anni di scuola,
alcuni dei quali sono stati dei veri e propri maestri di vita: a loro sono particolarmente riconoscente.
Un grazie
simbolico anche a tutti i computer che si sono prestati per la realizzazione del mio elaborato, visto che
il mio computer di casa è perennemente fuori uso!
Ringrazio i miei compagni
e tutti gli amici che, direttamente e indirettamente, mi hanno dato supporto morale e talvolta fisico
durante i miei anni scolastici.
Infine, grazie ai miei genitori e alla mia
ragazza, Federica, che mi hanno sopportato mentre li usavo come cavie per testare il mio livello di
preparazione sulle geometrie non euclidee!