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PERIODICO SEMESTRALE DELLA COMUNITÀ DI LIVO
Anno III - N. 1/04 - N. progr. 5 - gennaio 2004
Aut. Trib. Trento N. 1118 del 06/03/2002 - Spedizione in A.P. 70% D.C.B. TN
Tassa pagata - Taxe Percue
Direttore
Carlo Alessandri
Direttore responsabile
Massimiliano Debiasi
Comitato
Miriam Agosti
Massimo Betta
Erica Corradini
Pierluigi Fauri
Sede Redazione
Municipio di Livo - Via Marconi, 87 - 38020 Livo (Tn)
[email protected]
In Copertina:
La chiesa di Varollo sotto la neve
Grafica e Stampa:
Tipolitografia ANDREIS s.n.c. - Zona Commerciale 4/A - 38027 Malé (Tn)
Tel. e Fax 0463.902098
Fotocomposizione: a cura della Redazione
MEZALON
COMITATO DI REDAZIONE
MEZALON
SOMMARIO
Poesia “Ode alla vita” ........................pag.
3
Una frutticoltura diversa .....................pag. 19
Dal Gruppo di Maggioranza ...............pag.
4
Il miglior giovane autista europeo......pag. 22
Il Castello di Livo ...............................pag.
5
Ringraziamenti ...................................pag. 22
Delibere e determine .........................pag.
6
Sant’Anna, che emozione! .................pag. 23
Tariffe servizi cimiteriali ......................pag.
7
Emigrazione negli anni ‘60.................pag. 24
A.S.U.C. Preghena..............................pag.
8
Ricordi ...............................................pag. 26
Filastrocca “El soresin” .......................pag.
9
Le campane di Preghena....................pag. 26
Che Pro Loco! ....................................pag. 10
Piccolo mondo antico.........................pag. 27
L’incendio sul “Gioel” ........................pag. 11
Incoronata a “regina” la fontana .........pag. 28
Il Quadrifoglio ....................................pag. 12
Il suono degli zoccoli .........................pag. 30
La riscoperta dei toponimi .................pag. 14
L’osteoporosi .....................................pag. 32
Riflessioni ...........................................pag. 16
Orari e indirizzi utili............................pag. 34
www.preghena.it ...............................pag. 18
Servizi di emergenza..........................pag. 35
3
Ode alla vita
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca,
chi non rischia e non cambia il colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle i
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge, chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in sè stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande su argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli si chiede qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Pablo Neruda
MEZALON
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
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Dal Gruppo di Maggioranza
RELAZIONE SULL’ATTIVITÀ 2003
La legge impone l’obbligo da parte della Giunta Comunale di presentare al Consiglio Comunale, entro la fine di novembre, i risultati ottenuti dall’amministrazione, rispetto alle previsioni di bilancio. Cogliamo l’occasione per presentare alla popolazione un sunto di quanto attuato nel corso del 2003,
estendendo l’analisi anche agli obiettivi politici e programmatici individuati ad inizio della legislatura.
La situazione finanziaria
Per finanziare la parte delle opere non coperta da intervento provinciale l’Amministrazione comunale
è riuscita a reperire risorse economiche proprie (Avanzo di Amministrazione, risparmio su lavori eseguiti) per complessivi € 230.000. anziché ricorrere all’assunzione di nuovi mutui che avrebbero appesantito la situazione finanziaria dei prossimi anni.
Il Castello di Livo
Una parte preponderante dell’attività amministrativa del 2003 ha riguardato la sistemazione di parte
dell’edificio e il finanziamento delle porzioni mancanti alla completa acquisizione della struttura. L’undici novembre, giorno di San Martino, gli uffici comunali sono stati traslocati nell’ala sud del Castello
di Livo a conclusione dei lavori di ristrutturazione iniziati nel novembre 2001, il cui costo complessivo è riassunto nella seguente tabella:
VOCE
COSTO COMPLESSIVO
FINANZIAMENTO PROVINCIALE
QUOTA A CARICO COMUNE
MEZALON
Acquisizione ....................................652.023................................498.692................................153.330
Ristrutturazione immobile ................1.044.888.............................827.363................................217.524
Arredi ..............................................110.000................................----------................................110.000
TOTALI.............................................1.806.411.............................1.326.056.............................480.855
Ci sembra opportuno ricordare come detto intervento ha assunto maggior valenza attraverso l’acquisizione delle porzioni dei fratelli Zanotelli Arturo ed Ermanno sia per quanto riguarda gli uffici con il
miglioramento della funzionalità, che gli anditi con un indubbio beneficio di immagine e di accesso al
palazzo. Nei primi mesi del 2003 si è perfezionato il contratto di acquisto della porzione di proprietà
delle signore Daprai Alda e Bondì Ernesta, mentre è di questi giorni la conferma del finanziamento
da parte della Provincia della residua porzione di proprietà dei sigg.ri Bondì Mario e Silvio. Il Piano degli interventi provinciali prevede il finanziamento della ristrutturazione della parte ovest del Castello
già per l’anno 2004. La completa acquisizione dell’immobile comporta per l’amministrazione comunale un grosso impegno programmatico nell’utilizzo degli ampi spazi disponibili e nella razionalizzazione del restante patrimonio immobiliare comunale. Rimandiamo alla relazione del progettista arch.
Gianluigi Zanotelli le informazioni tecniche sull’intervento.
Altre opere
Sono stati ultimati i lavori di arredo esterno delle scuole elementari con un costo di € 25.000 ed è in
fase di ultimazione il piazzale antistante il magazzino comunale (costo totale 44.000 €).
Sono stati appaltati i lavori per lo smaltimento delle acque di scolo I° lotto alla ditta Rauzi per un importo di € 917.000 ed i lavori di messa in sicurezza di alcune strade comunali (cimitero Varollo, collegamento magazzino comunale - Livo ecc.) alla ditta CESI per un importo di € 120.000.
È stata approvata una variante puntuale al Piano di fabbrica che permetterà una migliore viabilità per
raggiungere il magazzino S.C.A.F.
È terminato, con soddisfazione l’intervento del Parco Scanna.
Si è provveduto alla completa sostituzione dei contatori sull’acquedotto comunale per una più giusta
e puntuale lettura dei consumi (costo € 110.000).
Vogliamo accennare al problema delle scuole visto l’aumento della popolazione scolastica che ha reso insufficienti le attuali strutture e che per mancanza di spazio sul presente numero rimandiamo alla
prossima uscita.
Il Gruppo di Maggioranza
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IL CASTELLO DI LIVO
Con lo spostamento della sede municipale al castello, il Comune di Livo si appropria di uno spazio che
la storia individua quale elemento identificativo, non solo dal nome, di Livo e dei territori ad esso connessi. Accanto al collocamento degli uffici si è praticamente conclusa anche la fase (iniziata con l’amministrazione del Sindaco Carlo Penasa) che ha portato alla completa acquisizione del manufatto storico. Infatti l’Amministrazione comunale, decorsi i tempi necessari all’espletamento delle dovute pratiche, avrà a disposizione l’intero castello di Livo e si potrà procedere al restauro della parte antica.
Così come appare nel fronte Sud, il Castello denota la sua magnificenza civile e architettonica emersa
dopo la demolizione delle numerose superfetazioni e aggiunte, passate e recenti. In questo senso, come si potrà notare in facciata, è facile individuare le scansioni e lo sviluppo della costruzione nel tempo. Il recupero dell’originale ornamento d’angolo oltre ad evidenziare la torre sud-ovest, segna la facciata in corrispondenza dell’aggiunta sette-ottocentesca, mentre si è volutamente evidenziato con un
colore più chiaro la parte più recente all’interno della quale hanno trovato posto i collegamenti verticali quali scale ed ascensore. Anche
il recupero della piazza antistante, del sottopassaggio e del cortile interno sono il risultato
di questa operazione di “pulizia” e di rimozione di elementi estranei al corpo principale.
La comunità di Livo oggi ha l’opportunità di
fare propria questa struttura di altissima qualità e significato culturale, architettonico, storico
e contestualmente di usufruire di questi spazi per erogare servizi alla cittadinanza.
Arch. Gianluigi Zanotelli
MEZALON
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DELIBERE E DETERMINE
Portiamo a conoscenza della popolazione
alcune delibere e determine relative all’anno 2003
DETERMINAZIONI
N° 17/03
“Assunzione con contratto a tempo pieno e indeterminato della Signora Pancheri Roberta, quale 1^ classificata
in graduatoria nel Concorso pubblico per la copertura di un posto di assistente amministrativo”.
N° 24/03
Acquisto giochi da posizionare nel Parco Urbano di Livo e Varollo -
€
5.630,40
N° 45/03
Sistemazione rete di scolo delle acque meteoriche del Comune di Livo, frazioni di Livo e Preghena. 917.227,45
N° 54/03
Acquisto banchi monoposto e sedie per gli alunni della scuola elementare di Varollo -
€
€
4.509,00
DELIBERE GIUNTA COMUNALE
N° 02/03
Assunzione in comodato della sala polifunzionale sita presso la filiale di Varollo della Cassa Rurale di Tuenno e
approvazione del relativo schema di convenzione.
N° 15/03
Acquisto a trattativa diretta di particelle edificabili in Livo di proprietà delle signore Bondì Ernesta e Daprai Alda per il restauro del complesso edificiale denominato “Castello di Livo - € 374.685,13
N° 37/03
Realizzazione strada di collegamento Parco Urbano Scanna - nuova strada di penetrazione. Acquisto di parte della pp.ff. 979 e 980/2 in Livo a trattativa diretta dal Signor Filippi Andrea.
MEZALON
N° 38/03
Realizzazione strada di collegamento Parco Urbano Scanna - nuova strada di penetrazione. Acquisto di parte della p.f. 971/1 in Livo a trattativa diretta dalla Signora Aliprandini Dolores.
N° 39/03
Sistemazione e allargamento dell’accesso alla frazione di Scanna dalla Strada Provinciale 9. Acquisto di parte della p.ed. 131 in Livo a trattativa diretta dai Signori Zanotelli Guido e Zanotelli Arnaldo.
N° 40/03
Allargamento della strada comunale Isola in frazione Varollo. Acquisto di parte della p.f. 221/1 in Livo a trattativa diretta dalla Signora Ravina Bice.
N° 41/03
Sistemazione incrocio in frazione Preghena. Acquisto di parte della p.f. 993 in Preghena a trattativa diretta dal
Signor Datres Diego.
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AVVISO
Si rende noto che il Consiglio Comunale in seduta di data 18.12.2003, con delibera n. 30 ha istituito
le seguenti:
TARIFFE SERVIZI CIMITERIALI
1. Inumazione e tumulazione dei feretri
€
150,00
2. Raccolta di resti in cassette ossario o nelle tombe private nel corso di
esumazioni ordinarie effettuate per ricavare nuove sepolture
€
20,00
3. Raccolta di resti in cassette ossario o nelle tombe private nel corso di
esumazioni straordinarie, richieste dai familiari
€
100,00
4. Raccolta di resti in cassette ossario o nelle tombe private nel corso di
estumulazioni ordinarie, effettuate per ricavare nuove sepolture
€
50,00
5. Raccolta in cassette ossario o nelle tombe private nel corso di
estumulazioni straordinarie, richieste dai familiari
€
150,00
6. Rimozione cassette in cellette ossario o in tombe private,
richieste dai familiari
€
20,00
IL SEGRETARIO COMUNALE
Paolo Bonvicin
CHE NE PENSATE DEL “MEZALON”?
Inviate le vostre idee e proposte a:
REDAZIONE MEZALON
c/o Municipio di Livo - Via Marconi, 87 - 38020 Livo (TN)
e-mail: [email protected]
A.A.A. “GIORNALISTI” CERCASI !!
COMUNE DI LIVO Via Marconi, 87 - 38020 LIVO (TN)
e-mail: [email protected]
fax 0463.533093
Per ulteriori informazioni rivolgersi a MASSIMO c/o Biblioteca di Rumo - tel. 0463.530113
MEZALON
Avete idee, opinioni, storie, poesie, curiosità o altro da raccontare? Consegnate o inviate
il vostro materiale presso il Municipio di Livo. Saremo lieti di pubblicarlo!!
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A.S.U.C. PREGHENA
MEZALON
Il Piano di Assestamento dei beni silvo-pastorali
Ogni anno, durante il mese di gennaio, vengono tenute nei vari comuni e nelle varie Amministrazioni ASUC della Valle di Non e della Provincia, quelle che vengono comunemente dette “Sessioni Forestali”, ossia le sedute pubbliche programmate dalle autorità forestali ed aventi come argomento problematiche attinenti l’area boscata.
Come dicevo, sono assemblee pubbliche, alle quali possono intervenire tutti i censiti che intendono
proporre o discutere su eventuali problemi, per una migliore gestione del bosco. È in quell’occasione
che le autorità forestali dell’Ispettorato di Cles e della Stazione di Rumo presentano alle Amministrazioni il bilancio riguardante il taglio di legname delle annate precedenti e, di conseguenza, dell’annata in corso. L’Amministrazione, di conseguenza, sa quanti mc. di legname può prelevare nell’annata
ed in quali località. Tutto questo, però, è logica conseguenza di quello strumento che viene chiamato
“Piano di assestamento dei beni silvo-pastorali”. Ma facciamo un salto indietro: un tempo, diversi decenni fa, era consentito un quantitativo di legname stabilito in base agli ettari ed alla località: ogni ettaro di bosco poteva dare un determinato numero di mc. Venne introdotto, poi, il Piano di assestamento, che è un’analisi tecnica di tutta l’area boscata dell’Amministrazione.
Tutto il bosco è suddiviso, prima in zone (A-B-C), conforme al terreno, all’altitudine, nonchè ad altri fattori caratterizzanti, quindi ogni zona è suddivisa
in “Sezioni”. Tutte le piante conifere,
sopra un determinata misura di diametro, vengono censite, così che si sa con
esattezza quanta massa legnosa vi è in
ogni sezione e, in base a determinati
parametri di crescita, nonchè dal raffronto con i piani precedenti, viene stabilito quanto legname può essere
asportato da ogni sezione, in modo
che questa mantenga il suo equilibrio.
Il Piano di Assestamento dell’A.S.U.C.
di Preghena è al suo quarto inventario,
a partire dal 1965; l’ultimo è stato redatto dal dott. Vincenzo Manini e stabilisce una suddivisione della proprietà
in 712.3800 ettari produttivi forestali,
in 328.6000 ettari produttivi non forestali e 130.7988 ettari improduttivi,
per un totale complessivo di ettari
1212.9456.
Inoltre, la proprietà è geograficamente
distinta in tre complessi:
-il primo si estende a Nord del paese,
spingendosi fino alla cima dell’Avert,
per poi comprendere, oltre alla proprietà interposta di Livo, alcune particelle in versante destro dell’ampio avvallamento della Val Mazzaia- Val dei
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Rivi. Ad Ovest verso la Val di Bresimo sono localizzate due particelle, staccate, in località Montanzana e Monte Pin (Masetti).
-Il secondo complesso è ubicato in Val di Bresimo, sul versante destra orografica del Torrente Barnes,
racchiuso fra le proprietà di Bresimo, Cis, Malga Bordolona e Rabbi.
-Il terzo è localizzato in sinistra orografica della Val di Bresimo, in località Malga Borca. È stato acquistato dall’Amministrazione nell’anno 1983 dalla proprietà “de Stanchina” e consta di 153 Ha.
La proprietà dell’A.S.U.C. di Preghena è suddivisa in tre classi economiche di produzione, una di protezione e in una superficie a pascolo. La classe economica “A” si estende per Ha 233, comprende N.
12 sezioni e si colloca nelle zone da Valmazzaia fino alla cima del monte Avert. È l’area degli abeti e
dei larici. La classe economica “B” comprende le sezioni dalla N. 13 alla N. 18 e la N. 35, si estende
per Ha 122 e si colloca sul monte Avert nell’area del Pino nero.
La classe economica “C” comprende le sezioni dal N.19 al 27, Malga Preghena, e dal N. 45 al 47, Malga Borca, per un’estensione di Ha 176. Produce abete rosso e larice.
La classe economica “H” comprende le sezioni dal N. 28 al 34 (sotto la malga di Preghena) e la N. 48
e 49 (attorno alla malga Borca). L’estensione è di Ha 179, crescono abeti rossi e larici, però è poco
produttiva. Dal N. 36 al 43 (malga Preghena) e la 50 e 51 (malga Borca) sono pascoli per una superficie di Ha 328. Per quanto riguarda la produzione di legname, il Piano di Assestamento prevede una
ripresa(ossia i mc di legname che si possono tagliare) di mc 1300 annui lordi, così distribuiti:
- classe economica “A” mc 600
- classe economica “B” mc 150
- classe economica “C” mc 550
Tale massa legnosa lorda, secondo degli standard stabiliti da precise tabelle, rende una quantità di legname vendibile annuo di mc 800. La ripresa di mc 1300 lordi annui avviene secondo le indicazioni
relative alle varie sezioni. L’Autorità forestale può concedere tagli anticipati; però, questi non possono superare, nella quantità, una ripresa annua e dovranno essere recuperati al massimo in un quinquiennio. L’Amministrazione è tenuta, poi, a versare al Fondo Forestale Provinciale il 10% del valore
delle vendite per uso commercio, per il finanziamento di opere di miglioramento boschivo (strade,
reimpianti, tagli colturali, ecc.). Il Piano di Assestamento dell’A.S.U.C. di Preghena è ormai prossimo
alla sua conclusione: infatti, scade nell’anno 2005, dopodichè si dovrà procedere ad una nuova revisione.
Il Presidente
Carlo Alessandri
Filastrocca: EL SORESIN
Silvia Alessandri in Betta (Argentina)
Ghera na volta en soresin
grant e gros e picinin,
picinin come che l’era
el balava volintera.
Ratin ton ton tela
Ratin ton ton tà
L’ha encontrà en soresin
el credeva fus so cosin,
l’ha encontrà na spazzadora
el credeva el fus na siora,
l’ha encontrà en caval scampà
el credeva fus so papà.
Ratin ton ton tela
Ratin ton ton tà
MEZALON
Con en toco de poina
el sa fat la so cosina,
con na scorza de nosela
el sa fat la so scudela.
Ratin ton ton tela
Ratin ton ton tà
Tute le volte che andava per legna
tra le foie el se perdeva.
Con en toc de ciocolata
el sa fat la so cravata,
ogni volta che la meteva
na lecada el ghe deva.
Ratin ton ton tela
Ratin ton ton tà
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MEZALON
CHE PRO LOCO !
A partire dalla primavera scorsa, la pro loco di Livo ha un nuovo direttivo: il presidente Aliprandini Rosaria e
il vicepresidente Zanotelli Pietro sono coadiuvati da una grande squadra di consiglieri attivi e partecipi: Pancheri Anna, Pancheri Roberta, Alessandro e Vera Zanotelli, Rodegher Carlo, Zanotelli Massimo, Bonani Paolo,
Agosti Daniele, Conter Diego, Zanotelli Simona, Rodegher Michele, Agosti Arrigo e la segretaria Pancheri Bruna. Nel corso dell’anno questo direttivo ha lavorato molto per portare avanti iniziative a favore della gente del
nostro comune, con un programma molto ricco di idee, che prevedeva iniziative sportive, di spettacolo, musicali, sagre di paese e molto altro. Siamo partiti in marzo con alcune commedie dialettali e, nei mesi successivi, abbiamo avuto molto lavoro per organizzare la festa di maggio ”Mezalon in festa”. È stata questa la prima grande prova, che abbiamo superato alla grande, seppur con qualche difficoltà: per la maggior parte di noi
infatti, era la prima volta con cucine e tendoni, ma, con l’esperienza della vecchia guardia e l’entusiasmo dei
nuovi arrivati, siamo riusciti a far funzionare tutto a dovere. Siamo partiti il venerdì sera con il complesso Catoblepa, che ha proposto musica rock; il sabato abbiamo fatto il pienone con il grande concerto del gruppo “La
combriccola del Blasco”, molto gradito ai presenti. La domenica appuntamento con le bellezze della zona, che
si sono cimentate nel concorso “Miss Maddalene”; vincitrice è stata Rizzi Sanella, Moscon Marika è stata eletta miss sorriso e Zanotelli Giulia miss eleganza. A questa festa è seguita subito un’altra iniziativa: il torneo di
beach volley, durante il quale ci siamo fatti parecchie risate vedendo i nostri amici provare a giocare sulla sabbia. Dominatrice assoluta del torneo è stata la squadra solandra “La rubia che para”; ma la sorpresa più grande è stata vedere in finale “La combriccola del fiasco”, squadra locale messa insieme quasi per scherzo e che
si è classificata seconda; infine, terza classificata, la squadra della Pro Loco di Livo. Continuiamo in luglio con
la “Festa della famiglia”, svoltasi in località “Port”, alla quale hanno partecipato tanti anziani del paese, con parenti e amici. In seguito abbiamo collaborato all’organizzazione della “Festa di Sant’Anna” a Preghena. Dopo
una settimana di preparativi siamo partiti il venerdì con musica per i giovani con il gruppo “Count down”; sabato sera avanti tutta con il gruppo tirolese “Alpenexpress”. La domenica è cominciata con il pranzo a base di
piatti tipici preparato dal C.A.I. S.A.T. di Livo; nel pomeriggio, dopo la processione accompagnata dalla banda, spettacolo folcloristico del gruppo “La Gradela” di Tassullo; in serata musica ed estrazione dei numeri del
vaso della fortuna; per concludere gran finale con i fuochi d’artificio, spettacolo entusiasmante organizzato per
la prima volta in paese. In Agosto ci siamo un po’ rilassati proponendo alcune serate di musica in piazza a Livo, tre serate di cinema e alcuni concerti di cori della nostra valle. Il programma continua con le tradizionali
castagnate di S. Martino a Livo e dell’Immacolata a Scanna e si conclude poi con l’immancabile S. Lucia.
Un anno molto impegnativo per
questa nuova Pro loco che ha saputo dimostrare grande impegno, dedicando tempo, energie
e risorse per il volontariato: per
noi la paga è la soddisfazione di
fare per la nostra gente. Colgo
l’occasione per ringraziare tutti
coloro che sono stati vicini alla
Pro Loco durante quest’annata: il
C.A.I. S.A.T. di Livo, i ragazzi dello “Spazio giovani” di Livo, i Vigili del fuoco di Livo e Preghena,
l’Amministrazione Comunale,
l’A.S.U.C. di Livo e Preghena e
tutti quelli che ci hanno aiutato.
Pietro Zanotelli
Festa di S. Anna a Preghena.
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L’INCENDIO SUL “GIOEL”
VVF Preghena
MEZALON
Giovedì 11 settembre 2003
Un giorno come tanti altri, un caldo e soleggiato pomeriggio di settembre.
Verso le 15.30 la tranquillità del nostro paese viene interrotta da un lungo
suono di sirena… Era successo qualcosa di grave.
Con il cuore in gola e con tanto stupore gli occhi di molti si sono diretti verso il Pin, verso il monte Avert e da lì, purtroppo, un’enorme nuvola di fumo
nero si alzava verso il cielo. Era successo davvero qualcosa di molto grave,
stava per bruciare una parte di monte e nessuno sapeva quale.
Immediatamente sono stati allertati i Vigili del Fuoco.
Con il materiale necessario e soprattutto con grande tensione e preoccupazione ci siamo portati in località Gioèl, sul monte Avert. Era scoppiato un
grosso incendio appena sopra la baita dei fratelli Datres, ma fortunatamente non aveva riportato danni alla struttura. Fin da subito si è
cercato di limitare i danni cercando di spegnere le fiamme senza dare via di fuga al fuoco.
Con i mezzi di soccorso siamo arrivati molto vicini alla zona in fiamme. C’era però un problema: i fulmini caduti a mezzogiorno durante un
forte temporale avevano appiccato il fuoco in
tre punti diversi. Le pendici del monte in quel
tratto sono molto ripide e scoscese e per questo non era facile raggiungere il tratto di bosco
più a nord con il materiale necessario. Il fuoco
nel frattempo avanzava aiutato anche da un
leggero vento che si era alzato nel pomeriggio.
Così si è pensato di allertare l’elicottero dei Vigili del Fuoco di Trento che di lì a poco si è portato sul posto. Nel frattempo alcuni corpi del distretto di
Cles avevano predisposto a Baselga di Bresimo un apposito vascone per l’acqua, dove l’elicottero poteva rifornirsi. In quota nel frattempo alcuni nostri vigili hanno provveduto, in due punti abbastanza pianeggianti, a tagliare alcune piante per permettere all’elicottero di depositare due “moduli” (vasca che
contiene circa 250 litri di acqua con installato un motore a scoppio che permette di alimentare una manichetta). Ai piedi di uno dei focolai intanto è riuscita ad arrivare la mini autobotte del corpo di Bresimo,
rifornita da una lunga serpentina di manichette (820 m) che partiva in località “Croza” seguendo il sentiero dell’”Alp”. Così facendo l’incendio era controllato dall’alto e dal centro dai due moduli, mentre dal
basso, come detto, dalla mini autobotte. C’era parecchio da fare e piano piano calava la sera. Grazie alla
tempestività e alla prontezza dei circa 90 vigili intervenuti, in breve tempo il fuoco è stato controllato,
ma c’era un altro grosso problema: sotto il manto erboso le ceneri e le braci continuavano a “lavorare”.
Di tanto in tanto infatti in parecchi punti si poteva notare il fumo grigio che saliva seguito subito dalle
fiamme. Il pericolo più grande infatti era quello che durante la notte si alzasse il vento e che l’incendio
tornasse a partire. Si è deciso così di sorvegliare e controllare la zona per tutta la notte e questo si è potuto fare grazie all’aiuto e alla disponibilità di alcuni vigili dei corpi del distretto coadiuvati dai vigili della zona. Il freddo durante la notte si è fatto sentire ma grazie all’apporto di tanti pompieri si sono potuti
fare dei turni. Alle prime luci dell’alba poi un’altra squadra ha provveduto a dare il cambio. Il lavoro in
mattinata era stato ultimato e così si è provveduto alla raccolta del materiale utilizzato durante la notte e
nel giorno precedente.
Sono state 24 ore molto intense e di duro lavoro per molti vigili e per molte persone che sono accorse
sul luogo dell’incendio per dare una mano. La nostra amata montagna era salva, un po’ annerita forse,
ma questa primavera tornerà verde e splendente come sempre.
Vogliamo ringraziare tutti quanti sono intervenuti e in particolare Diego e Vito Datres che hanno messo
a disposizione la loro baita per tutto il tempo dell’incendio.
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IL QUADRIFOGLIO
Centro Socio Educativo
Alcuni utenti del Centro Socio-Educativo “Il Quadrifoglio” di Mechel, servizio della cooperativa Gruppo Sensibilizzazione Handicap, scrivono tutte le settimane sul giornalino interno alcuni articoli riguardanti fatti, avvenimenti e attività della loro vita, del centro e della cooperativa. Sono articoli scritti con
semplicità, ma anche con molta fatica e trasmettono a tutti l'impegno e l’entusiasmo con i quali sono
stati composti.
Ringrazio la redazione del “Mezalon” per la disponibilità a pubblicare ancora una volta alcuni di questi articoli e colgo l’occasione per augurare Buon 2004 a tutti.
Responsabile del Centro Socio-Educativo
“Il Quadrifoglio” - Dorina Inama
I soggiorni invernali
Arriverà gennaio 2004 e noi partiremo per i soggiorni invernali a Predazzo.
Partiremo sabato 17 gennaio e ci fermeremo una settimana a BeIlamonte, vicino a Predazzo, andremo a sciare tutte le mattine alternando scii da fondo e discesa accompagnati dai maestri e dagli educatori. Mentre il pomeriggio andremo in piscina con i maestri di nuoto e gli educatori. Faremo pure
qualche passeggiata a Cavalese a vedere i negozi e le statue di ghiaccio e al parco di Paneveggio a
vedere i cervi. La sera in albergo mettiamo la musica e balliamo, la mia canzone preferita è quella del
Capitan Uncino, se non balliamo guardiamo un film. In stanza io vorrei essere con la mia educatrice di
riferimento Desirè e con Chiara. Quest’anno spero di divertirmi tanto!!!
Vi auguro tanti auguri di Felice Anno Nuovo!
MEZALON
Sara Niederiaufner'
Lago di Tesero, gennaio 2002.
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Le nostre decorazioni di Natale
Abbiamo preparato per Natale un presepio per la chiesa di Mechel con il gesso e gli stampini in silicone. Abbiamo costruito i personaggi principali del presepio: San Giuseppe, la Madonna, Gesù bambino, le pecore e i pastori. Dopo aver versato il gesso negli stampini e averlo lasciato asciugare sul termosifone, li abbiamo tolti e rifiniti con la carta vetrata. Abbiamo poi deciso di colorarli con la vernice
dorata. Per addobbare l’albero abbiamo fatto con il gesso tanti angioletti con la stessa tecnica. Infine
abbiamo realizzato un regalino da portare a casa per i genitori con allegato un bigliettino di auguri,
fatto con il cartoncino. Abbiamo disegnato la figura natalizia sul cartoncino e poi l’abbiamo ricoperta
con le palline di carta crespa colorata. Ora i nostri lavori sono terminati e devo dire che sono molto
belli!!! Se volete venire a vedere il nostro presepio lo potete vedere presso la chiesa di Mechel dove
lo abbiamo allestito prima delle vacanze di Natale!!!
Marilena Alessandri
Anche quest’anno scrivo
sul giornalino e non solo…
Anche quest’anno scrivo sul giornalino e non solo...
Come l'anno scorso scrivere sul giornalino del centro
“Il Quadrifoglio” è l'attività che preferisco fare. Io mi
occupo della pagina dello sport, mentre Marilena si
occupa della rubrica “le ultime dal centro”, Sara invece racconta una storia a puntate, la rubrica di Rinaldo si intitola “a ritmo di musica” e Cristina si occupa delle copertine e ha la rubrica “pensieri e parole”. In quest'attività ci seguono Desirè e Mimma, rispetto all'anno scorso il nostro giornalino
uscirà ogni due mesi, se volete averne una copia
ce la potete richiedere presso il nostro centro
magari venendoci a trovare a Mechel presso la
ex scuola elementare. Oltre a quest'attività mi
occupo anche di teatro, quest'anno abbiamo
pensato di costruire un teatrino dei burattini,
per il momento abbiamo solo scelto i personaggi e li stiamo costruendo con la carta pesta. In quest’attività con me ci sono Sara,
Marilena, Emanuele, Valentina, Chiara, Rinaldo. Ci seguono Desirè, Stefania, chissà forse
sul prossimo numero vi sapremo dire anche se faremo un nostro spettacolo… Intanto vi faccio gli auguri di Buon Anno!!
Franco Pancheri
Il concerto
Rinaldo Erlicher
MEZALON
Sabato 20 dicembre i ragazzi del centro “Il Quadrifoglio” hanno tenuto un concerto a Cles nella sala
Borghesi Bertolla. Con l’aiuto del maestro Marco Porcelli - che li segue ogni settimana al centro - Rinaldo, Giorgio, Sara, Marilena, Valentina e Chiara hanno eseguito canzoni di musica leggera e popolare. Il concerto è il giusto premio per il loro impegno.
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LA RISCOPERTA DEI TOPONIMI
DEL COMUNE DI LIVO
Che cosa sono i toponimi?
MEZALON
Toponimo significa nome proprio di luogo. La toponomastica è il ramo della linguistica che si occupa
dei nomi dei luoghi e delle località, ricostruendone l’origine e il significato.
Toponimi sono ad esempio: Barbonzana, Sasséna, Rondolin, Zura, etc.
Negli ultimi anni i dialetti e le tradizioni popolari stanno sempre più venendo meno; purtroppo le nuove generazioni vanno gradualmente perdendo il bagaglio di cultura e costumi che racchiude in sé la
storia d’ogni comunità. Il mondo dei media, la facilità e rapidità con cui sono possibili gli spostamenti e le sempre crescenti esigenze di viaggiare, hanno favorito il contatto con realtà diverse, la conseguenza di tutto ciò è la progressiva perdita della peculiare pronuncia dialettale, della quale vere depositarie sono soprattutto le persone anziane.
Nell’ambito di un progetto di recupero dei nomi locali avviato e portato avanti dal Servizio Beni Librari e Archivistici della Provincia autonoma di Trento, sono stata incaricata di svolgere una ricerca relativa alla toponomastica del nostro paese. Il programma è quello di redigere un Dizionario Toponomastico Trentino allo scopo di conservare il patrimonio storico culturale delle comunità trentine; si tratta di un lavoro lento e complesso che per alcuni Comuni è già stato portato a termine, per altri è ancora in corso il lavoro d’indagine.
Il lavoro, che mi ha occupata per parecchi tempo, mi ha entusiasmata parecchio perché mi ha permesso di andare alla scoperta di piccoli segreti che appartengono alla nostra tradizione; dietro ogni
nome si nascondono leggende e significati particolari, tramandati di generazione in generazione, che
ci raccontano in pillole la nostra storia… Chi avrebbe mai detto ad esempio che l’Oseléra è così denominata perché, grazie alla sua posizione elevata rispetto al territorio circostante, costituiva località
adatta per la cattura d’uccelli migratori? La Possa e ‘l Téo da le Banchiéte? Sono località di montagna
che assumono questi nomi perché un tempo,
Ponte romano in Località Schiani.
quando i nostri nonni andavano in montagna a “fare il fieno” o a portare gli
animali al pascolo, in questi posti abitualmente si
fermavano a riposare. Ancora, in montagna c’è la
Vècla, località dove secondo una leggenda che si
narrava ai bambini c’era
un’anziana signora, che
aspettava proprio loro
perché le portassero del
cibo.
Molte altre sono le curiosità che emergono dai nomi
locali, anche se in questa
sede posso solo fornirvi
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qualche spunto.
Questa ricerca mi ha permesso di conoscere un po’ di più le radici del nostro paese di cui si trovano
tracce evidenti sul territorio; dall’esame dei toponimi si riescono infatti ad individuare i caratteri principali dell’ambiente, sia di natura morfologica e biologica, che linguistica, storica e culturale.
I toponimi, soprattutto un tempo (in parte anche oggi), venivano usati quotidianamente, calati nelle
più comuni espressioni dialettali costituivano patrimonio collettivo ed erano tramandati oralmente; trascritti solamente nei libri fondiari e catastali in occasione delle trascrizioni di proprietà.
Proprio qui, infatti, è cominciata la mia ricerca, dallo spoglio del Libro fondiario e della Mappa catastale storica (1800) sono emersi un gran numero di toponimi maggiormente concentrati, peraltro, nei
pressi degli abitati, dove la costante presenza umana fin dall’antichità è intervenuta sul territorio adattaddovisi e modellandolo.
Ho svolto, quindi, un approfondita indagine in prima battuta rifacendomi alle fonti ufficiali, in seguito
mi sono rivolta a persone del nostro paese che per passione o per attività di lavoro mi hanno fornito
indicazioni indispensabili per la minuziosa ricerca che mi è stata affidata.
I toponimi raccolti e dalle fonti ufficiali e dalle fonti popolari, sono poi stati schedati, inseriti in un archivio informatico e collocati sulla cartina locale (CTG). D’ogni nome vengono date varie informazioni: la forma dialettale (forma semplificata), la pronuncia (forma popolare), la forma riportata sulla cartografia (forma ufficiale), la collocazione sul territorio e la descrizione geografica.
Si è trattato di un lavoro difficile e puntiglioso soprattutto sotto il profilo linguistico, vista anche la particolarità del nostro dialetto che si caratterizza per la c.d. aspirazione nelle parole come Chiaslir, Rovina dal Tòch o Ghiac’da la Lita.
Ho potuto notare, tra l’altro, come molti nomi locali siano legati a soprannomi di famiglia, sia nelle zone prossime al paese che in montagna, ad esempio Pònt di Peroni, Bait di Dotori, Piazzeta dal Pisto e
molti altri che saranno pubblicati sul Dizionario Toponomastico Trentino del Comune di Livo, il quale
certamente sarà uno strumento importante per la valorizzazione storica e culturale anche del Mezzalone.
A proposito di storia…
Nel corso della ricerca mi sono recata in località Schiani per fare delle fotografie, e in quella zona ho
fatto delle scoperte interessanti: sotto il ponte (Pònt di Schiani) ci sono i resti di un ponte romano che
purtroppo è stato in parte abbattuto negli anni 1990. Vedendolo, ho fatto un salto nel passato e ho
cominciato a vagare con la mente cercando di immaginare come fosse il nostro paese al tempo dei
romani…
Su quel ponte passava un sentiero che conduceva, verso la costa di Cagnò, all’eremo di S. Gallo, un
romitaggio fondato da discepoli dei monaci irlandesi, seguito di S. Gallo, giunti nel Mezzalone per l’evangelizzazione della zona. Il punto di pellegrinaggio fu abbattuto verso la fine del 1700 per ordine
dei visitatori pastorali (F.A. Lancetti, “Storia - Vita - Arte”).
Valentina Moscon
MEZALON
Al termine di questo lavoro, pur nella sua complessità e difficoltà, sono soddisfatta perché ho potuto
conoscere direttamente non solo il nostro territorio ma anche la disponibilità delle persone che mi
hanno aiutata, concedendomi talvolta interi pomeriggi. Vorrei citarle personalmente ringraziandole di
cuore.
Grazie ad Agosti Ettore, Alessandri Carlo, Conter Ettore, Conter Paolo, Datres Carlo, Moscon Bruno,
Stanchina Giuseppina, che sono stati i miei informatori e tutti coloro che hanno contribuito. Ringrazio
anche Agosti Bruno che gentilmente mi ha messo a disposizione numerose fotografie.
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MEZALON
RIFLESSIONI
È stata una gioia grande per me vedere che il
Comune di Livo ha fatto partire la sua prima
esperienza di giornale dal titolo “Mezalon”.
Penso sia un segno significativo. Rammento che
l’avevamo tentato (può darsi che delle persone
si ricordino ancora) agli inizi degli inizi anni ’70,
proprio a Livo, con l’edizione di un piccolo giornale: era una rivistina, tre o quattro paginette
dattiloscritte, che servivano da dibattito. Mi
vengono in mente anche quante polemiche
avevano suscitato quelle poche pagine! Poi però quel piccolo luogo di dibattito è sparito.
Ritengo davvero importante, prima di tutto, che
ci sia una rivista in questo momento particolarmente grave in cui la stessa democrazia è minacciata sia a livello internazionale sia a livello
nazionale. Penso che mai come in questo momento è necessario che i cittadini ritornino a riflettere, a dibattere, a pensare. In questo senso
mi auguro che il giornalino diventi davvero un
luogo di dibattito pubblico. Ormai non ci si parla più, non si dialoga più sui problemi fondamentali ed un luogo letterario come “Mezalon”,
promosso dal Comune e quindi per tutti i cittadini di Livo, Varollo, Scanna e Preghena, diventa un’occasione dove la gente liberamente può
esprimere la propria opinione. La mia impressione è che non si rifletta più molto e che non si
riesca più ormai a rispondere creativamente a
quello che sta avvenendo. Siamo semplicemente travolti dalle situazioni e ci accorgiamo solo
dopo dei disastri che producono.
Seconda cosa penso che questo giornalino sia
un momento culturale. Il titolo stesso “Mezalon” riferisce in dialetto quello che era chiamata
la nostra zona, questo piccolo altopiano alle
pendici delle Maddalene in cui termina la Val di
Non. Considero ciò un richiamo alle radici. E in
questo senso sarebbe bello ospitare degli arti-
coli che ritornino sulla nostra vita passata, su come i nostri antenati hanno vissuto le relazioni
umane e come la società ha risposto ai vari problemi nei diversi momenti storici. Il giornalino
dovrebbe aiutare a radicare la cultura nelle nuove generazioni, una cultura montanara che ha
degli aspetti molto belli e pure dei limiti come
ogni cultura umana.
Penso, inoltre, che il giornalino, dopo le recenti
difficoltà a dialogare, a parlare ed a incontrarci
fra cittadini di opposte fazioni, dovrebbe diventare un momento in cui le varie opinioni s'incontrano e si parlano, dove si costruisce la comunità. Una delle cose che ho sempre detto e
che mi lascia molto sorpreso della nostra zona è
proprio il crollo del senso della comunità. Non
faccio romanticismi, non ho nostalgie di passati
gloriosi. Ricordo soltanto che da ragazzino io mi
sono sentito davvero inserito in una comunità,
con tutte le sue beghe e con tutti i suoi problemi. Ho vissuto i momenti della guerra e del dopoguerra, momenti duri, di scontro, di scelte,
però c’era una società civile dove sentivi anche
il calore umano. Ecco, io vorrei davvero che
questo giornale aiutasse a creare comunità, una
parola grossa se si vuole, ma fondamentale.
Soltanto così riusciremo a ritrovare anche la
gioia del vivere. Questo giornale potrebbe servire così lentamente a ricucire i vari fili e preparare quella comunità montana di cui noi siamo
sempre andati fieri, ritrovarla anche in quelle
forme cooperativistiche, quei legami sociali che
rimangono per me basilari.
Oltre a ciò, sarebbe importante che questo giornale dia spazio ai giovani, per aiutarli ad uscire
dallo smarrimento in cui vivono attualmente,
bombardati da questo tipo di società, dalla televisione, dalla pubblicità, protesi verso un tipo di
vita che in fondo è la negazione delle nostre ra-
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dici montanare. Mi auguro che i giovani possano trovare attraverso questa rivista proprio la
piattaforma dove dibattere i loro problemi e capire come innestare una vita d'oggi sulle radici
culturali di coloro che ci hanno preceduto. In
questo senso forse sarebbe bello raccontare le
vite personali, ritornare su alcune esperienze di
vite di tante persone che ci hanno preceduto e
che sono state dei grandi esempi. Io ne avrei in
mente tanti che mi hanno dato moltissimo.
Penso, inoltre, che “Mezalon” dovrebbe tenere
aperto gli orizzonti. Non c’è nessuna società
umana oggi che può chiudersi nel proprio piccolo. Con la globalizzazione ormai viviamo in un
unico mondo. In questo senso la presenza ed il
lavoro dei vari gruppi anche missionari ecc. è
utile per aprire gli occhi ed il cuore alle nuove
dimensioni del mondo. Mi auguro davvero che
questo giornalino aiuti in mille maniere questa
apertura, la cultura della mondialità, la capacità
all’interculturalità, cioè la capacità di accogliere
altre culture, altre esperienze religiose, altre
maniere di vedere la vita come ricchezza.
Penso che la nascita di questa rivista promossa
dal Comune di Livo (e ringrazio il sindaco, i consiglieri comunali e il comitato di Redazione per
l’iniziativa), se proseguita diventerà certamente
un piccolo strumento culturale e direi politico
per permettere un passo in avanti alla nostra
gente, per affrontare le sfide che ci attendono (e
ci attendono tutti!) in questo ventunesimo secolo dove veramente l’uomo dovrà decidere se
vuole vivere o morire. È una sfida enorme! Che
questa rivista ci aiuti a radicarci, a prepararci ad
aprire il cuore ed a rispondere a queste enormi
sfide che ci attanagliano. Buon lavoro a tutti.
Padre Alessandro Zanotelli
Padre Alex tra alcune mamme a Korogocho (Kenya).
MEZALON
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MEZALON
www.preghena.it
Da alcuni mesi è attivo nel grandioso
mondo di internet il sito web di Preghena.
L’idea di creare un sito del nostro paese è nata per diversi motivi.
Innanzitutto volevamo far conoscere a
quanti non vivono in paese, soprattutto a coloro che vivono all’estero, ciò
che accade nella loro terra natale. Volevamo in un certo senso affievolire la
nostalgia di chi vive lontano dagli affetti e dai ricordi. Allo stesso tempo la
bellezza del paesaggio che ci circonda
e l’amore per il nostro paese ci hanno
dato lo stimolo per fare qualcosa di diverso, di innovativo, di particolare.
Per noi è stata come una sfida, un piccolo tentativo per far amare e apprezzare il nostro paese e il Mezzalone anche da chi non riesce a cogliere il meglio di quanto ci circonda.
Il nostro obiettivo principale è quello di far conoscere alle persone la storia, i fatti e gli eventi che hanno caratterizzato e che caratterizzano tuttora Preghena. Non è sicuramente un lavoro facile, anzi, sappiamo di dover affrontare un argomento molto vasto e complesso. Vorremmo che non cadessero nel
dimenticatoio cose che fanno parte sì del passato, ma che appartengono alla nostra storia e alla nostra
vita quotidiana. Con tanta umiltà e con l’aiuto di chi ci vuole sostenere affrontiamo “un’avventura” interessante e molto stimolante.
Il sito è in continua evoluzione. Infatti un po’ alla volta lo aggiorniamo con nuove rubriche e nuovi articoli, con curiosità e fatti anche recenti, come la Sagra di S.Anna e l’incendio sull’Avert, in località
“Gioèl”. Non mancano di certo le fotografie, molto gradite in particolare da chi risiede fuori paese e
all’estero.
Appunto gli emigranti. Abbiamo ricevuto molte e-mail da persone nate a Preghena e che poi per diversi motivi si sono trasferite in terre lontane con apprezzamenti e ringraziamenti per aver dato loro
la possibilità di “essere a Preghena” anche se fisicamente non ci sono. Rivedere in una fotografia i luoghi dove sono nati e dove hanno vissuto la loro giovinezza dà loro molta gioia e anche un pizzico di
nostalgia. Questi riconoscimenti e il numero sempre in crescita dei visitatori del sito - abbiamo superato quota 2000 - ci danno il coraggio e la voglia di continuare, aumentano in noi la convinzione di
aver intrapreso una strada non troppo tortuosa e difficile. Ci sono state persone ad esempio che ci hanno richiesto il calendario dei Vigili del Fuoco dagli Stati Uniti e vi confessiamo che per noi è stato emozionante e molto bello. Nel nostro piccolo contribuiamo a far felici persone che amano il nostro paese e la nostra valle.
Non è comunque sempre tutto facile. Il continuo aggiornamento delle pagine e la ricerca di nuovo
materiale richiedono spesso molto tempo e un impegnativo lavoro. Ma la passione e l’attaccamento
alla nostra terra ci aiutano a superare le difficoltà.
Approfittiamo dello spazio dedicatoci in questo giornalino per invitare quanti lo desiderano a mandarci consigli, suggerimenti, proposte e perché no, anche critiche, che siano costruttive e che ci aiutino a migliorare.
I Webmaster
Osvaldo Tarter e Massimo Betta
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UNA FRUTTICOLTURA DIVERSA
Appunti da un viaggio in Stiria
MEZALON
Recentemente sono stato in Stiria, la cosiddetta “Provincia verde”, uno dei nove Bundesländer dell’Austria costituito da 1.638.000 ettari, grazie ad un viaggio organizzato dall’ Istituto agrario di San
Michele. Ho avuto modo di vedere Graz la “Città giardino”, il capoluogo, magnifica città di 250.000
abitanti, la seconda dell’Austria dopo Vienna. La guida ci ha spiegato che il suo nome deriva da Gradec che, in lingua slovena, significa fortezza. E come tale essa venne fondata attorno all’anno 1000,
baluardo di resistenza contro i Turchi che non riuscirono mai a sorpassare le mura. La parte più attraente di Graz è alla riva sinistra della Mur, ai piedi della collina dello Schlossberg, dove vi sono i resti dell’ antica fortezza distrutta da Napoleone. Questo risparmiò, però, la famosa Torre dell’Orologio
in cui si conserva la Liesl, un’enorme campana cinquecentesca di oltre 4 tonnellate e da dove si domina tutta la città e le alture circostanti. La Torre è divenuta, dopo le guerre napoleoniche, il simbolo
della città e meta di molti turisti che si accalcano alla stazione della funicolare o alla stazione dell’ascensore costruito nella roccia accanto ai 6 km di cunicoli scavati dai prigionieri di guerra nel ‘43 come rifugio antibombardamento per gli abitanti della città. Poco lontano la
Herrengasse, la più animata ed elegante strada.
Qui si può ammirare il Palazzo della Dieta. Un po’
più a Nord si trova il duomo in stile gotico, affiancato dalla cappella Mausoleum, che racchiude la
tomba
dell’imperatore
Ferdinando II d’Asburgo,
il quale voleva essere seppellito nella propria città
natale.
Ma in Stiria ho avuto modo anche di apprezzare le
coltivazioni di melo. In
Frutteto in Stiria.
Austria si contano circa
3.000 aziende frutticole,
che producono 300.000
tonnellate di mele; le coltivazioni si estendono su un’area di 6.000 ettari, concentrati per il 90 % appunto in Stiria. Tanto per renderci conto di cosa stiamo parlando, la provincia di Trento ha una superficie territoriale di circa 622.000 ettari di cui 12.440 coltivati a melo. Su questa superficie si ottengono più o meno 450.000 tonnellate di mele, il 20 % della produzione nazionale e il 6,5 % di quella dell’Europa a 15.
Arrivando nella zona di Graz si nota subito che la realtà stiriana è molto diversa dalla nostra. Non esiste la monocoltura: i meleti si alternano alle coltivazioni di mais, di foraggere, di boschi. Trattori enormi con aratri altrettanto grandi si alternano a trattori minuscoli. La seconda cosa che ti rimane impressa
è l’andamento collinare con prati altrettanto ondulati, semi pianeggianti che si perdono oltre un dosso. Anche quando vedi un meleto difficilmente riesci a scorgerne i confini. La superficie media di un
singolo prato è di 3-4 ettari! Difficile fare un paragone con la nostra situazione. Siamo andati a visita-
MEZALON
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re la scuola di Gleisdorf e l’ azienda sperimentale collegata a 30 km da Graz verso l’Ungheria. Qui il
direttore Karl Lind ci ha spiegato i vari settori di ricerca e le varietà coltivate (Elstar, Jonagold, Golden
Delicious, Gala, Braeburn, Gloster). Ogni varietà è seguita sia con metodo biologico che con lotta integrata. I trattamenti su questo unico appezzamento di 2 ettari vengono effettuati con dei tubi e degli ugelli posti in maniera fissa sopra il filare. La dose da irrorare viene preparata in un locale e poi
pompata direttamente in questi ugelli che formano una nebbiolina. Il problema dei topi è stato risolto in parte con un’apposita macchina che traccia un piccolo solco nel terreno vicino alle piante ed interra il veleno. Tutto l’appezzamento, come del resto il 100 % dei prati coltivati a melo in Stiria, è attrezzato di reti antigrandine con pali in legno trattato. Si adotta un curioso sistema antibrina: con gli
stessi ugelli che servono per irrorare, nei momenti a rischio si bagnano le reti antigrandine che ghiacciandosi completamente formano una serra. Alla domanda “ Come si combatte la malattia degli scopazzi?” è stato risposto in modo curioso: “Cosa sono gli scopazzi?”. Questa malattia non è conosciuta in Stiria.
Lo stesso pomeriggio abbiamo visitato l’azienda Schaffler vicino a Weiz. Il proprietario ci ha illustrato
la sua azienda costituita da 20 ettari in un unico appezzamento adiacente alla casa ricoperto interamente da reti antigrandine. In estate viene effettuato un diradamento manuale con 15 operai, mentre
per la raccolta si utilizza il “trenino” con 25 raccoglitori. Di routine viene praticato il doppio stacco. Il
portainnesto utilizzato è esclusivamente M9 e non viene lasciato crescere più di 2,5 metri. In sostanza non si utilizza la scala perché questo rallenta molto la produttività oraria. Le piante sono collocate
a 0,7 m tra di loro e 2,5-3 m tra le file. Il signor Schaffler ci ha confessato come la tendenza ora sia
quella di tornare su misure più larghe di interfila a causa di problemi di luce. Nei giorni successivi abbiamo visitato altre aziende e la stazione di ricerca di Haidegg a Graz. Qui il dottor Steinbauer ci ha
fatto visitare l’istituto che si occupa sia di frutticoltura che di viticoltura. Abbiamo assaggiato vari tipi
di vino: Novello, Sauvignon, bariccati e una qualità di rosso. Ci ha poi portato a visitare un appezzamento vicino dove si sperimentano gli impianti antigrandine. Ci ha spiegato come i loro risultati dal
punto di vista economico non portino a favorire la rete bianca che dura la metà di quella nera e quindi la migliore qualità delle mele non riesce a coprire i maggiori costi della rete bianca. Per alcune varietà, anzi, la rete nera aiuta nei mesi estivi la pianta a sopportare il calore. Siamo poi stati attirati dal
passaggio di una trattrice con ruote posteriori gemellate. Qua si usano esclusivamente con questo tipo di ruote in quanto preservano maggiormente il manto erboso.
Nell’azienda Leitner a Schattauberg vicino a Gleisdorf si coltivano circa 20 ettari di melo più 5 ettari di
sambuco. In Stiria è tradizione coltivare il sambuco in filari e trattarli 5 volte all’anno contro gli insetti,
potandoli energicamente in autunno. Le bacche di sambuco vengono portate anche in Italia come colorante naturale. Inoltre le si utilizzano per fare sciroppi o succhi. Il proprietario ci ha fatto assaggiare
i suoi prodotti, in particolare un grazioso succo di mela e sambuco. L’azienda Thaller a Maierhofbergen coltiva 40 ettari di viti e lavora in proprio le uve, vendendo i vini e le grappe in tutta l’Austria e
la Germania. Viene fornito anche un servizio di agriturismo e quindi noi ne abbiamo approfittato per
fermarci a cena. L’accoglienza è stata ottima e i vini pure.
Nell’azienda Schloffer vicino ad Anger abbiamo potuto osservare la produzione di grappa di ciliegie,
di albicocche, di mele. La famiglia è molto dedita alla vendita in proprio e molto attiva nel preparare
succhi e dolci. Ci è stato spiegato che la tendenza in Stiria è quella di vendere in proprio al dettaglio
tutto il possibile. Il rimanente viene consegnato alla locale cooperativa che svolge solo la funzione di
stoccaggio, mentre la lavorazione è affidata ad un privato. Le mele prodotte possono fregiarsi di un
marchio austriaco simile alla D.O.P.. Karl Schloffer è il presidente della Steirische Apfelstrasse, la strada della mela che si snoda nelle campagne attorno a Puch. In questa zona i meleti coprono tutta la
campagna disponibile e il paesaggio da semipianeggiante diventa collinare. È la zona maggiormente
vocata alla produzione di mele. Sono le ultime alture prima dell’immensa pianura ungherese e quindi la vista arriva fino al lago Balathon. Karl, che coltiva i suoi otto ettari di campagna a tempo parziale, ci ha fatto notare che loro non hanno problemi ambientali con le reti antigrandine (per il 100 % nere). Il turista non si lamenta, anzi lo considera un tratto distintivo della Stiria frutticola e viene volentieri nelle aziende agricole che offrono ospitalità.
In questi giorni passati in Stiria mi sono reso conto di come sia diversa l’agricoltura nonesa limitata soprattutto dallo spezzettamento della campagna. Per gli agricoltori striana il costo di produzione non è
un problema come potrebbe essere da noi. La dimensione fisica degli appezzamenti è in grado di in-
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Osvaldo Alessandri
MEZALON
fluenzare l’efficienza di un’azienda. Superfici più
estese consentono economie di scala nell’esecuzione dei lavori di routine un impiego dei mezzi
meccanici più razionale riducendo al minimo i costi di trasferimento. Pensiamo quanto costa spostare i raccoglitori da un appezzamento all’altro o
quanto tempo ci fa perdere il dover spostarci col
trattore da un posto all’altro. Basta dire che il costo di produzione di un kg di mele può variare da
0,14 a 0,34 euro! Questo anche per il semplice fatto che ovviamente costa meno attrezzare di pali e
reti antigrandine un unico appezzamento piuttosto
che 10 o 20 piccoli appezzamenti. Lo spezzettamento è il frutto di un passato che aveva poco riguardo per questa problematica. Ma si fa prima ed
è più semplice dividere che unificare due particelle.
Diversa è l’agricoltura nonesa nel modo di porsi al
mercato. In Stiria si privilegia la trasformazione e la
vendita in proprio; in Val di Non la cooperazione.
E forse questo è un punto in nostro favore. Sicuramente si riesce a gestire meglio e a minor costo la
lavorazione in comune delle mele. E in Stiria la cooperazione è ad un livello meno intenso del nostro: le mele vengono conferite al magazzino della cooperativa, ma la lavorazione e la vendita è fatta da un privato e quindi meno valore aggiunto
Rocca di Graz.
per il contadino. La lavorazione e la vendita in proprio stimola, altresì, una mentalità più attenta ai dettagli, più aperta, forse più maliziosa. Crea, però,
lavoro e problemi in più che dovrebbero essere confrontati con le eventuali maggiori entrate per una
valutazione economica di fondo. Certo è che il contadino stiriano si dà molto da fare nella ricerca di
nuovi trasformati da proporre al consumatore, di nuove integrazioni del proprio reddito. E forse questo è l’insegnamento da portarsi a casa da questo viaggio. Si cerca di aumentare il valore aggiunto nel
proprio territorio, nel proprio paese. Noi lo stiamo cercando di fare anche attraverso l’avvio del Patto
Territoriale che nasce per il Mezzalone con una contraddizione. Il patto si propone lo sviluppo di un’area; ma come si può parlare di sviluppo di un’area quando questa è stata privata di un’impresa che
offriva lavoro in loco ad una sessantina di donne e uomini? Certo, la riunificazione delle sale di lavorazione delle mele permette un’economia di scala, ma tutto questo va a scapito del territorio locale.
Se il lavoro è vicino non si deve pendolare e si rimane legati al territorio perché la sera si ritorna a casa e magari si può lavorare nella propria azienda agricola. Il contadino mantiene la strada, crea la base per il turismo perché tiene l’ambiente ben curato. Per di più per il Mezzalone era l’unica azienda
che, grazie al numero elevato di persone che vi lavoravano, creava vita e socializzazione. In provincia
di Bolzano si fa in modo che il lavoro non sia a più di 25 km di distanza da dove si abita. L’idea è quella di investire anche fuori dai capoluoghi perché altrimenti nel tempo la gente non si ferma in un ambiente senza lavoro e privo di servizi. Ritornando alla sala di lavorazione, con queste leggi lo spostamento doveva essere fatto, ma la Provincia doveva ragionare in modo diverso, accollandosi il costo
di lavorazione in più di una sala piccola rispetto ad una sala grande, dando in questo caso maggior peso al servizio che una cooperativa offriva alla sua gente, piuttosto che privilegiare solo il lato economico. Non tutto può sottostare ad una logica di profitto, altrimenti molte cose andrebbero perse in
montagna, probabilmente la montagna stessa. Molte tradizioni andrebbero perse e questo i nostri colleghi stiriani lo sanno, forse meglio di noi.
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MICHELE, IL MIGLIOR
GIOVANE AUTISTA EUROPEO
Lo scorso settembre a Södertäoljei (Stoccolma) si
sono svolte le finali del concorso “Yong European
Truck Driver”. Michele Sandri figlio di Valeria Aliprandini e Renato Sandri di Scanna, si è aggiudicato il titolo di miglior giovane autista europeo. Il
concorso è stato organizzato da Scania con il patrocinio della Commissione trasporti dell’unione
europea per sensibilizzare i giovani autotrasportatori al rispetto delle norme del codice stradale.
Prima di accedere alle finali, Michele ha partecipato alle selezioni regionali e poi successivamente a
quelle nazionali vincendole entrambi. Le prove
italiane prevedevano il superamento di test scritti
riguardanti il codice della strada, e prove di abilità. Nella giornata della finale i 20 concorrenti provenienti dalle selezioni effettuate nei vari paesi europei, si sono confrontati in prove di manovrabilità, test di consumo su percorsi extraurbani e dimostrazioni pratiche di sicurezza stradale. Il vincitore è stato Michele che ha così sfatato il pregiudizio che gli autisti italiani siano i peggiori d’Europa. Il concorso in totale ha visto la partecipazione
di oltre 6000 autisti. Michele ha saputo esprimere
una grande professionalità nel suo lavoro e questo
non può che fare onore alla comunità di Livo.
Congratulazioni!
Erica Corradini
MEZALON
RINGRAZIAMENTI…
Voglio ringraziare per il giornalino Mezalon, molto bello.
Quando leggo questo giornalino penso sempre ai miei cugini e anche a mia nonna, Ada Alessandri Marchetti. Ho visitato Preghena due volte ed è sempre così bella! Ecco perché
mi piace vedere tante fotografie sul Mezalon, vecchie e nuove. Quanti ricordi!!!
Vivo nell’Ohio, in Florida, ma il più bel posto è Preghena. Vi
mando anche una foto per il giornalino. Tante grazie, sempre.
Gina Paglialunga
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SANT’ANNA, CHE EMOZIONE!
MEZALON
Dopo 5 anni la comunità di Preghena ha festeggiato in modo solenne la sua patrona, S.Anna. Nel 1998
c’era stata una grande festa e così anche quest’anno si è pensato di rendere onore alla nostra Santa
Protettrice.
Già nel mese di marzo per il paese cominciavano a circolare le prime voci… “Bisogna pensar per Sant
Ana”, “Che fente sto bot per Sant Ana?, “Fente doi o trei dì de festa?”. Le domande che sorgevano
erano tante!
Nel mese di maggio ci furono le prime riunioni e assemblee per raccogliere opinioni e idee su cosa si
poteva fare e su come organizzare la festa. Hanno partecipato molte persone a questi incontri, dai
bambini alle mamme, dai ragazzi agli adulti. Ci fu “un minestrone di idee”, ma quello che più contava era vedere che c’era la volontà della gente di fare, di organizzare, di impegnarsi e di dedicare parecchio tempo alla preparazione
della festa. Così si è deciso di fare
3 giorni di sagra, di fare la lotteria, di chiamare una banda, di fare
l’arco in piazza, di mettere le tradizionali bandierine, di… C’era
tanta carne al fuoco e in più nacque l’idea di concludere la tre
giorni di festa con i fuochi d’artificio. Eravamo tutti entusiasti e
contenti, ma riguardando il programma in tanti hanno pensato
“Qui c’è molto da fare!!!”. E’ vero,
c’era in previsione parecchio lavoro, ma nessuno si è abbattuto o
scoraggiato, anzi, è nata subito l’idea di dividere il lavoro in gruppi
di persone per una migliore riuscita del tutto. Che emozione,
tutti desiderosi di cominciare!
Bello vedere il coinvolgimento e
l’interesse della gente, tutti uniti per raggiungere un unico scopo e un unico obiettivo, la riuscita della festa! Tutti insieme per portare gioia e festosità al nostro paese!
Pronti e via… Da subito si è pensato a dove poter mettere il tendone, alla lotteria e alla raccolta dei
premi, alla preparazione delle bandierine, all’arco e al muschio, alla richiesta dei vari permessi, alla
banda, senza dimenticare ovviamente la parte più importante della sagra, la processione per il paese
con la statua di Sant’Anna.
Fin da subito si è cercato di curare tutti i particolari, cercando di non tralasciare niente e di non lasciare nulla al caso. Così nei primi giorni di luglio, dopo tanto lavoro, anche per il paese si sono cominciati a vedere i primi segnali di qualcosa che stava per nascere: la pulizia delle strade, la struttura di
legno dell’arco in piazza, la cucina per il tendone “in cima alla vila”…
Il 27 luglio si avvicinava sempre più! Eravamo tutti impazienti e desiderosi di poter dar frutto al tanto
lavoro fatto e alle tante sere dedicate a questa festa, con un occhio sempre rivolto al cielo sperando
che il tempo proprio in quei giorni non facesse “il matto”. Sì, davvero tante sere e tanti pomeriggi! Fino a tardi infatti si sentiva il battito dei martelli in piazza, fino a tardi si vedevano le luci accese dell’ex
bar dove si preparava la lotteria, fino a tardi si stava “in cima alla vila” a preparare il tendone, tanti pomeriggi sono stati dedicati dai bambini e dai ragazzi per la preparazione delle bandierine e tanta, dav-
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vero tanta, la partecipazione della gente nel donare materiale
e dolci per la lotteria. Tutti in qualche modo hanno voluto fare qualcosa, chi più chi meno tutti hanno contribuito alla riuscita di questa grande festa. Verrebbe da dire “insieme si
può!”, eh sì, anche in quest’occasione, per fortuna di festa e
di gioia, la popolazione di Preghena ha dimostrato unione e
tanta tanta buona volontà.
La festa come detto è riuscita benissimo. Il momento culmine
di questa tre giorni è stata la bella e sentita processione della
domenica. Aspettata e vissuta con dedizione e con la dovuta
religiosità, la cerimonia si è svolta nei migliori dei modi, accompagnata dal suono della banda e delle nostre campane.
Grande è stata la partecipazione di persone e grande è stata
la cura di ogni particolare, come ad esempio l’esposizione in
piazza della statua durante i tre giorni di festa. Questo grande evento ha anche avuto il “botto finale” con i fuochi d’artificio! Bellissimi, molto apprezzati e, se vogliamo, tempestivi,
riuscendo ad anticipare un forte acquazzone.
Si è lavorato molto e si è dedicato tanto tempo alla sagra, ma
sono convinto che ne è valsa proprio la pena! E questo grazie alla buona volontà, alla collaborazione
e alla partecipazione di tutti, senza dimenticare chi ha lavorato in silenzio.
Massimo Betta
EMIGRAZIONE NEGLI ANNI ‘60
MEZALON
IN SVIZZERA
Nel dicembre del 1961, dopo
aver finito il servizio militare,
spinto da un grande bisogno di
aiutare la mia famiglia, già provata fortemente dalla scomparsa tre
anni prima della mia povera
mamma, incominciai a cercare lavoro, che, a quei tempi, era difficile trovare. Parlai qua e là con
amici, fra i quali Candido Betta
(che era reduce da un lavoro stagionale in Svizzera assieme a suo
fratello Carlo), Alessandri Ernesto, Genetti Aldo, Facini Olivo
Ritrovo per il consueto pranzo dopo la S. Messa dedicata agli emigranti.
Romano, Datres Dario e Sparapani Giuseppe già emigrato in Francia. Quest’ultimo mi disse: “Vieni con noi l’anno prossimo!”. Ma non era una decisione facile per me,
dopo 18 mesi di naja fare valigie e andarmene un’altra volta per di più all’estero. Ma le scappatoie
erano talmente poche che in poco tempo dovetti decidere per il sì, per poter guadagnare qualche li-
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Sparapani Graziano
Foto di gruppo dei primi emigranti negli anni
’60 in partenza per la Svizzera.
MEZALON
ra. Andare in Svizzera non era così facile coDon Pietro Bisoffi in visita agli emigranti in Svizzera.
me oggi perché prima bisognava avere un
contratto di lavoro già firmato dalla ditta che
si prendeva la responsabilità di dare lavoro e
alloggio. Cominciai così a preparare necessarie.
E così il 1 maggio 1962 entrammo in Svizzera dopo aver passato una visita ai polmoni e
le analisi del sangue alla frontiera di Briga. Arrivammo esattamente a Renens, una decina
di km dopo Losanna, sulla strada per Ginevra,
dove la ditta Jean Spinedi aveva delle baracche per gli operai dove ci siamo stabiliti. Incontrammo un gruppo di lavoratori nonesi di
Sporminore, con i quali abbiamo subito stretto grande amicizia di camerata e di lavoro.
Tanti operai erano del Sud: pugliesi, calabresi, sardi,…
Cominciò così una convivenza di lavoro ma
anche di cucina perché dovevamo arrangiarci a fare il mangiare per quel giorno e per il mezzogiorno successivo: in cantiere veniva riscaldato in
piccoli contenitori ermetici, a bagnomaria per il pranzo. Senza dimenticare che si parlava il francese e
noi avevamo la grande difficoltà che si può immaginare per fare le nostre provviste.
Il nostro tempo libero, pur giovani che eravamo, era molto poco, perché dopo aver fatto 8, anche 9
ore di lavoro più i viaggi (perché la ditta aveva lavori in un raggio anche di 30-40 km) il tempo che
rimaneva era limitato. Venivamo trasportati su dei camion con delle panchine di legno e una tettoia di
latta. Non era da trascurare la pulizia personale… dovevamo lavare, stendere e qualche volta rammendare nel limite del possibile. Tutto questo però veniva superato anche perché il guadagno era buono, aiutato anche dal cambio franco-lira. Da allora cominciò un “via vai” dai miei due fratelli Giuliano
e Alfonso a Zorzi Alessandro e dai fratelli Zorzi Giulio, Giuseppe e Tommaso, che già veniva da un’esperienza contadina svizzera. Poi ancora Genetti Fabio, Alessandri Giuseppe con il figlio Luciano, Maninfior Carlo e con noi c’era anche Natale Agosti di Varollo, Zorzi Andrea e Datres Basilio. Tutti quelli
che ho elencato lavoravano per la stessa ditta, mentre altri nostri paesani lavoravano in altri cantoni.
Questo “vai e vieni” continuò fino agli anni 1973-1974, quando anche da noi si cominciò a trovare lavoro, almeno per i giovani. Dopo tutti questi anni di lavoro venivamo chiamati “gli svizzeri”: “Partono gli svizzeri”, “Arrivano gli svizzeri”… Era da capire in un paese così piccolo, quando a partire o ad
arrivare era così tanta gente in paese ce ne se accorgeva, soprattutto se forza giovane lavorativa. Non
bisogna dimenticare che chi partiva
lasciava la propria famiglia, otto-nove
mesi senza vedere i propri cari, la
moglie, i figli… Era davvero molto triste!
A tanti forse oggi sembra quasi impossibile capire tanta miseria, però
tanti di noi ne sono testimoni e nessuno deve dimenticare.
Concludendo voglio ricordare con
tanta stima e affetto quelli che ho nominati e che non ci sono più.
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RICORDI…
Moltissimi anni fa, quando ero una ragazzina, trascorrevo il mese di Luglio a Preghena, ospite di una
cugina di mio padre, Germana. Gestiva l’unico negozio di alimentari e l’osteria con il marito Antonio,
un uomo buono, con grandi baffi: parlava poco, ma era simpaticissimo.
Aveva cinque figlie: le gemelle Ancilla e Rinalda, Maria, Paolina e la mia prediletta Giovanna, allora
piccolissima. Con loro ho passato le vacanze più belle della mia vita, piene di gioia e di serenità.
La casa di Germana, allora, arrivava fino alla strada; si entrava nel piccolo negozio salendo qualche gradino. Ricordo ancora il lungo banco e, appoggiato alla parete, uno scaffale con tanti scomparti e cassettini. C’erano i vasi di vetro con i “bombi”, piccole mezzelune gialle o arancione o pastigliette colorate. Vicino alla vecchia bilancia, due grandi barattoli di latta con la marmellata “ca gialda e ca rossa”
(allora c’erano solo quelle). C’erano poi il barattolo con gli sgombri sott’olio, vasi di vetro e cassetti
con pasta, spezie e varie cose. Dall’ingresso principale della casa si entrava nella “spleuza”, indi in una
grande sala con tavolini e sedie, dove alla sera gli uomini si riunivano per fare una partitina e bere un
bicchiere di vino. C’era poi, verso la valle, un lungo “pontesel” di legno e, in fondo, quelli che allora
erano i “servizi”. Lungo questo poggiolo, circa a metà, si accedeva al fienile, il “barc”, attraverso una
piccola apertura. Quanti salti in quel fieno profumato! Era bellissimo!
Ricordo come se ancora la vedessi la vecchia cucina, con la grande stufa sulla quale alla sera bolliva la
minestra d’orzo, odorosa e squisita; il tagliere rotondo annerito, su cui mettevano le fette di una torta di patate quale non ho mai più assaggiato, morbidissima, con una crosticina marrone croccante. Era
cotta nello strutto, in una tortiera di rame. Ricordo anche il lavandino di pietra scura sotto la finestra e
lo scaffale con i bei secchi di rame lucidissimi; si portava l’acqua sempre freschissima, dalla vicina fontana. Nell’angolo della cucina c’era il grande tavolo con la panca appoggiata al muro e tante sedie.
Che bontà la polenta col “tonco” fatto con patate, lucaniche a pezzi e salsa di pomodoro, accompagnata da insalatiere colme di cicorietta appena raccolta nell’orto! Ad innaffiare il tutto, delizioso ma
vietato ai bambini, l’“acarol”. Alla sera, dopo cena, ci si riuniva vicino al portone, sulla panchina di legno, per cantare le canzoni di montagna, sempre così belle. Le gemelline erano bravissime.
Ci raggiungevano i giovani del paese, tutti bei ragazzi buoni ed educati: il Luigi dei Mori, alto, bruno
e con gli occhi azzurri; i suoi fratelli Pacifico e Perolin, simpaticissimi e sempre allegri; Marino, alto e
biondo; Adriano, serio e di poche parole, e tanti altri. Tutti cantavano molto bene e facevano parte del
coro della chiesa. Quelle sere bellissime, limpide, profumate, con il cielo pieno di stelle, sono un ricordo indimenticabile. Non c’erano discoteche, allora, nè televisione, si andava a letto presto, ma la
vita era più semplice e serena. Oggi abbiamo molto di più, ma forse abbiamo anche perso qualcosa.
Silvana Maninfior
MEZALON
LE CAMPANE DI PREGHENA
Mi congratulo per il restauro del campanile della nostra amata
chiesa, era necessario per proteggere le campane che ogni giorno annunciano l’alba e invitano al riposo al calar della notte. Con
il loro din don rompono la monotonia di quanto sta intorno ed
elevano lo spirito. Da tempo sembra più grave il loro suono, …
sentiranno il peso degli anni? E i cambiamenti di un mondo modernizzato? Avranno nostalgia dei robusti muscoli che le facevano
rintoccare a festa, annunciando il Natale rivestito di un candido
manto? Che meraviglia!!! … È Pasqua, col tiepido sole, in cui tutto rivive, emanando profumo di fiori e di resina.
Quanti ricordi… quanta nostalgia… din don dan
Alessandri Silvia in Betta (Argentina)
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Piccolo mondo antico
LA COMARE
continua nella pagina seguente…
MEZALON
Oggi si chiama la levatrice, ma i nostri Avi la conoscevano col nome di “comare” . In altre valli si chiamava la “mammana” e nelle favole dei bambini è per tutti la “cicogna”.
Era un personaggio importante ed in paese era la terza carica sociale, dopo il sindaco ed il prete. Aveva una sua piccola cultura, sapeva leggere e scrivere e fare di conto, cosa rara a quei
tempi. Aveva anche molti contatti sociali, era conosciuta e stimata da molti e per questo veniva interpellata anche in campi che esulavano dalla sua funzione di levatrice. Personaggio robusto, avvezzo alle situazioni difficili, arrivava presso la famiglia che l'aveva convocata a piedi o
su cavallo se l'andavano a prendere in un paese vicino. Munita di borsetta medica, portava con
se la piccola attrezzatura delle levatrici: una bacinella per sterilizzare i ferri del mestiere, qualche forbice, i guanti di gomma, due tre cateteri, lo stetoscopio di legno per ascoltare il cuore,
qualche garza e un disinfettante. Sbrigativa ed efficace, prendeva le redini di casa, spediva gli
uomini e guardoni all'osteria e metteva in fila di servizio le donne maggiorenni. Le donne dovevano essere le sue infermiere, sempre pronte ad ogni evenienza con panni freschi di bucato
e tanta acqua calda bollita. Non doveva mancare la ”boza della sgnapa”, un prodotto sempre
presente nelle case contadine e che serviva come disinfettante, come solvente, ma anche da
corroborante per la puerpera in travaglio. Tutto avveniva nella stanza migliore della casa: “la
stua”. Allora era la stanza più grande, quella più accogliente e soprattutto il regno della donna,
dentro alla quale aveva amato il
suo uomo, concepito il figlio, sognata la sua numerosa famiglia e
festeggiato tutti gli eventi della vita. Quella stanza, a lei tanto cara,
era rassicurante soprattutto per il
momento che andava ad affrontare: quello del parto. Questo accadde fino agli anni settanta,
quando le nuove leggi in materia
sanitaria divennero più severe e le
partorienti invitate ad andare all'ospedale. Le donne di campagna
ne soffrirono molto ed il pensiero
di mostrare le proprie intimità ad
una equipe medica ospedaliera,
fatta anche di uomini, le atterriva.
Erano tempi casti, tempi puritani,
nei quali costituiva peccato anche mostrare solo una caviglia! In molti casi, oggi incredibile davvero, nemmeno il legittimo marito aveva mai visto la moglie nuda... Voce di popolo vorrebbe
che le mammane sconsigliassero l'ospedale, anche perché temevano di perdere il posto. A
quei tempi venivano pagate dalla famiglia, come del resto il medico, il prete, il veterinario ed
il maestro elementare. Annunziata Sparapani di Preghena, figlia del “Bepi del Moro”, mi disse
che l'ultima comare di Preghena fu “la Nata”, figlia d'arte di Nata Betta (Fortunata), ma che in
realtà si chiamava Margherita Betta. Non seppe dirmi l'anno in cui andò in pensione per cedere l'arte ad una certa Maria che veniva a Preghena da Livo. Questa esercitava la su professione
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di “comare” in tutto il “Mezzalon” e fu un giorno triste per madri e mammana, quando essa andò in pensione. Finiva così una lunghissima epoca storica durante la quale i bambini nascevano
in famiglia. Dovendola pagare ad ogni parto, qualche "noneso" sbrigativo e precipitoso, non esitava ad intervenire direttamente senza chiamare nessuno. Talvolta era la natura stessa che gli
dava l'occasione e parlo di quei parti prematuri, nei luoghi più strani, come tuttora avviene in
treno, sugli aerei ed in taxi. Talvolta la levatrice non era nemmeno disponibile perché impegnata in altra famiglia, o perché la neve aveva bloccato le strade ed allora scattava in ogni caso il "fai da te" tipico dei contadini... In casa mia, quando abitavamo lontani dal paese, alla Centrale elettrica dei Molini, la levatrice venne tardi per ben due volte e fu solo grazie alla fortuna
ed alla facilità di parto di mamma Angela che non successe nulla di grave. Papà se la sbrigò da
solo... Erano gli anni trenta. La “comare” di quei tempi eroici usava portare in borsetta un paio
di candele benedette, candele sacre che venivano accese nei tempi d'attesa e sulle quali si pregava per ore ed ore invocando la protezione di tutti i Santi del Paradiso. Era un modo come un
altro per esorcizzare l'ansia, il dolore e la paura di un momento così delicato.
Fabio Calovini
INCORONATA A “REGINA”
MEZALON
LA VECCHIA FONTANA
La fontana della piazza di Preghena, prima della posizione attuale, si trovava in basso vicino alla strada principale del paese ed era composta di due vasche: la prima detta "brenz", stretta e lunga, formata da lastre di granito lavorato a mano e identica a quella di adesso; la seconda era più grande.
Al centro del " brenz", sul lato esterno per sostenere il tubo d'arrivo dell'acqua, c'era un'alta struttura
portante di cemento e granito, modellata a forma di "capitello" come se volesse accogliere con eleganza e signorilità l'acqua stessa e dare un aspetto imperiale alla fontana. Dalla strada c'erano alcuni
gradini per raggiungere il piano contornato della seconda vasca, tutto attorno un ampio spazio per la
circolazione di carri trainati da mucche o cavalli; ai lati esterni della piazza, c’erano cataste di "bore"
(tronchi) sui quali sedevano uomini di varie età in piacevole compagnia a conversare e raccontarsi storie del tempo passato. Sgorgava e sgorga tuttora acqua buonissima, fresca d'estate, sempre limpida e
pura, accompagnata dal suo continuo, piacevole e allegro gorgogliare, avvertito maggiormente nelle
ore notturne, unico rumore che rompe il silenzio assoluto della notte e nella piazza stessa.
Sono indimenticabili le dissetanti bevute d'acqua della fontana fatte nei periodi caldi unendo le due
mani a forma di scodella, ripetendo vari sorsi e poi pensando o esclamando: “Che bona stà aca! Iòvi
na se”. Quando il paese era ancora molto popolato, tanti ragazzi si ritrovavano attorno alla fontana a
giocare. Era un divertimento unico, fatto di grida, schiamazzi, urla. Nel periodo estivo ci si rincorreva,
si giocava a nascondino, ci si tirava acqua; nel periodo invernale invece si costruivano pupazzi di neve, si lanciavano acqua e palle di neve, dispettosamente contro qualche occasionale passante, nella
speranza di farlo arrabbiare e di essere rincorsi sentendolo dire: “Adess te ciàpi e te le don, vilàn, noi
te l'ha ensegnàda l'educaziòn!”
Nelle case non c'era ancora la lavatrice, nessuno la possedeva: la mancanza di mezzi finanziari in tutte le famiglie ha ritardato il suo acquisto, nelle abitazioni mancavano i lavatoi, le attuali vasche da bagno non esistevano e il bucato era fatto alla fontana. Questo in fin dei conti era anche un pretesto per
trovarsi in compagnia e scambiare piacevolmente quattro chiacchiere. Una volta la settimana la fontana era svuotata e pulita a turno da ogni famiglia che normalmente ne beneficiava per lavare. Gli ultimi ad abbandonare l'uso della fontana furono Firmino ed Elena Datres dei "Brusadi", tanto affezionati a lei. Pur possedendo anche loro l'elettrodomestico di nuova generazione (accolto con poco entu-
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siasmo), preferivano il vecchio sistema.
Nelle stalle e nelle "cort" non c'erano gli abbeveratoi, i "brenz" e le spine dell'acqua. Le mucche, i cavalli e qualche capra dovevano essere abbeverate alla fontana, concedendo loro di bere solo dal
"brenz", cioè dalla prima vasca, la seconda era riservata alle donne per lavare.
Tutti possedevano alcune mucche e il numero totale delle stesse in paese era elevato. Mattino e sera
si assisteva in modo divertente al "rito" movimentato del bestiame per l'abbeverata, udendo i loro versi e quelli dei mandriani. Alla fontana centrale del paese conducevano il loro bestiame “i Doreti”, “i
Saveri”, “i Moreti”, “i Caioti”, “i Pimbi”, “i Brusadi”, “i Zorzi”, “i Malgesi”, “i Mori”, “i Lassi”, “i Pepi”,
“i Zepi”, “i Pisti”, “i Tonci”, “i Mecli”, “i Gnesini”, “i Tanti”, “i Lodi”', “i Nani”, “i Bogioi”. Gli altri andavano alle fontane periferiche. Se qualche animale dopo l'abbeverata aveva sporcato le strade con le
“boace” (sterco), il proprietario dello stesso si recava poi con “secla” (secchio) e paletta a pulire: così
il paese era, nonostante tutto, sempre pulito. Era da ammirare il gran senso di civiltà che avevano i
Preghenesi! La fontana ha sempre costituito, e lo è tuttora, un serbatoio d'acqua sempre pronto in caso d'incendio e dal quale pompare acqua per le esercitazioni dei nostri valorosi e accorti pompieri, che
è doveroso ringraziare per la preziosa opera prestata.
Venuta meno la sua funzione, dopo averla esercitata in modo determinante per tutta la popolazione e
per varie generazioni e anche per esigenze di spazio, la fontana fu spostata in alto alla piazza, collocata a ridosso di una muraglia come un oggetto da ripostiglio e da gettare. Non mancarono i problemi con l'Ente "Belle Arti" per la sua rimozione, avvertito tempestivamente da coloro che non volevano un cambio di posto. La ristrutturazione della piazza le rese un contorno migliore e una nicchia a
forma d'arco formata da sassi dal colore naturale rosa, bianco e verde chiaro, sistemati con gran maestria da Diego Datres, che l'accoglie ora con riverenza.
Purtroppo è rimasta sola, abituata com’era ad essere circondata da tutta quella vitalità di un tempo remoto.
Bruno Sparapani
MEZALON
La fontana della piazza di Preghena.
30
MEZALON
IL SUONO DEGLI ZOCCOLI
Ci sono cose che scompaiono quasi senza che
tri posti. Così, quando la nonna faceva il suo
ce ne accorgiamo; ad un tratto poi ci rendiamo
sonnellino pomeridiano, io scendevo nella stal-
conto della loro mancanza... e magari sono tra-
la con qualche bella carota raccolta nell'orto e,
scorsi anni!
sciacquata alla fontana, mi inerpicavo sulla man-
Parlo dei suoni: sì, il ritmico martellare per affi-
giatoia e la dividevo equamente con il cavallo.
lare la grande falce fienaia, i lenti campani delle
Grosso com'era, bisognava vedere come stava
mucche che tornavano dalle malghe, il belato
attento a non urtarmi o calpestarmi! Gli volevo
della capra dal fondo della stalla... e gli zoccoli
proprio bene e credo anche lui a me; ma come
dei cavalli sul selciato.
si sarebbero spaventate mia mamma e mia non-
Già, i cavalli... Quand'ero piccola i trattori erano
na! Lo seppero solo molti anni dopo... sempli-
molto rari. I più fortunati, oltre alle vacche, ave-
cemente, non mi ero mai ricordata di raccontar-
vano un cavallo da tiro che, nel suo umile lavo-
lo.
ro, conservava, per la ricchezza dei crini e l'e-
L'altro era Pino, il cavallo di Oreste Calovini. Era
spressione del muso, dignità e bellezza. A vol-
rosso di pelo, con un folto ciuffo sulla fronte e
te, pur stanco per il trasporto, qualcuno di essi
bei crini fluenti. Il suo padrone, un uomo simpa-
spiccava il trotto per la via del paese, sollevan-
tico e socievole, che ricordo sempre sorridente,
do scintille dal porfido con i grossi ferri a ram-
mi permetteva di salirgli in groppa, vestita da
poni.
cow-boy. Quanti sogni su quel cavallo! A me
Io li conoscevo tutti e spesso avevo le tasche
pareva più bllo di Furia, Campione o Frida, visti
dei pantaloni piene di zuccherini, che il nonno
sull’allora unico canale televisivo. Se non altro
mi aveva insegnato ad offrire sul palmo aperto.
Pino era vero e gentile come il suo proprietario;
Ricordo ancora il solletico che mi facevano i mu-
quanto alla Val di Non, era - ed è - più bella del-
si dalle larghe narici e come mi specchiavo nei
le praterie del West.
grandi occhi scuri. Erano belli quegli animali,
Finora ho parlato dei cavalli. Più spesso però, i
quasi sempre di colore castano o rosso o bion-
carri erano trainati da una coppia di mucche.
do, con la fronte ornata di strisce o stelle bian-
Anche loro venivano ferrate, con le "clape", sa-
che che li facevano riconoscere subito.
gomate in modo diverso, per adattarsi ai loro
Ne voglio ricordare due. Del primo non ricordo
zoccoli doppi. L'azione di questi animali era na-
il nome. Era il cavallo di nostro cugino Mario
turalmente più lenta ma non era male, quando
Maninfior, di colore scuro e molto grande, tanto
anche lo stradone era sassoso e le ruote aveva-
che mi avevano detto di non dargli zucchero
no i cerchioni di ferro con conseguenti vibrazio-
per strada nel timore che potesse farmi male. Io
ni, sobbalzi e strepiti. Asfaltatura e ruote con le
però, con la logica ferrea dei bambini, ne avevo
gomme sarebbero venute dopo. Per gli antichi
dedotto che potevo offrirgli qualcos'altro e in al-
Greci il più bel complimento rivolto a una don-
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Oggigiorno, l'Ufficio d'Igiene troverebbe a ridi-
venca". Oggi, probabilmente, la destinataria si
re, ma le cose andavano benissimo ed era bello
offenderebbe; invece era giusto: mai osservati
che fosse così, come il burro galleggiante nelle
gli occhi di una mucca? Sono veramente belli,
vasche d'acqua ed i ritagli delle forme di for-
grandi, dolci, con lunghissime ciglia. Sono par-
maggio, che mi piacevano tanto.
ticolarmente graziose le nostre brune alpine,
Ora, collari per cavalli e gioghi per mucche, fer-
piccole, col mantello sfumato di nocciola e bian-
ri e "clape", redini e museruole, pendono dalle
co, la testa dalle corna lucide e ben curate. Ve-
pareti dei rustici o nelle sale dei musei etnogra-
nivano avanti dondolandosi un po', con le teste
fici, con le sbiadite foto color seppia che ne ram-
basse sotto il giogo, sventolando le code nel
mentano l'uso e la storia. Si è chiuso anche il vo-
vano tentativo di tener lontani certi terribili tafa-
cabolario che indicava il nome di ogni parte dei
ni. Erano miti e pazienti. Oltre al lavoro davano
carri e dei finimenti. I nostri giovani sanno co-
un latte veramente ottimo. Ricordo il profumo
s'erano " la macianicola, el geo, el broz, la con-
del caseificio quando alla sera ci andavo con il
giombla" (freno a manovella, giogo, treno ante-
“bandin” e nella lunga stanza aspettavo l'arrivo
riore del carro, cinghia)? E quei bravi animali?
dei contadini, con i secchi del latte coronato di
Sono certa che il buon Dio, che ama tanto tutte
schiuma. Il "ciasar" pesava il tutto con la stadera,
le Sue creature "se no non le avrebbe neanche
segnava sul libretto e versava il latte nei bidoni
create" (S.Bibbia), avrà riservato anche a loro,
di rame stagnato. E già si sapeva chi aveva le
dopo tante fatiche, un verde angolino nei Pa-
mucche migliori, che davano il latte più ricco e
scoli del Cielo.
cremoso.
Patrizia Maninfior
MEZALON
na era dirle che aveva "lo sguardo di una gio-
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L’OSTEOPOROSI
L’osteoporosi è una malattia dell’osso caratterizzata da un basso contenuto di calcio, con alterazioni della struttura ossea e quindi da una fragilità che predispone alle fratture. Le ossa più frequentemente interessate
sono: le vertebre, il femore e i polsi che si possono fratturare anche per traumi di lieve entità o, a volte, come nel caso di lesioni vertebrali, anche spontaneamente. L’osso è un tessuto vivo, in cui i cicli di distruzione si alternano
a cicli di formazione.
La massa ossea cresce per tutta l’infanzia e l’adolescenza sino ai 35 anni. A questa età le ossa sono al massimo della loro robustezza e del loro peso, dopo di
che la loro densità comincia a diminuire ad una velocità dello 0,5-1% all’anno.
Nelle donne in menopausa questa perdita subisce una brusca accelerazione: la
ridotta produzione di estrogeni durante e dopo la menopausa, infatti, è uno dei
principali fattori responsabili dell’indebolimento dell’osso e le donne risultano sei
volte più soggette a manifestare la malattia rispetto all’uomo. Nelle persone anziane la massa ossea dipende perciò da due fattori: il picco di massa raggiunta
nella maturità e l’entità della perdita progressiva che interviene con l’età.
Oltre alla carenza di estrogeni, molti altri fattori di rischio sono in grado di causare l’osteoporosi. Su
alcuni, come la predisposizione genetica, la magrezza costituzionale, l’avere trascorso lunghi periodi
senza mestruazioni non è possibile intervenire. Altri, invece, come l’alimentazione, l’inattività fisica, il
fumo o un elevato consumo di alcool, possono essere modificati. Per fare ciò è necessario adottare
dei provvedimenti che riguardano il proprio stile di vita. Tali provvedimenti, se adottati precocemente, consentono di raggiungere il massimo possibile di massa ossea in ciascun soggetto (farsi una buona scorta), ma si rivelano utili a qualsiasi età.
MEZALON
La prevenzione a tavola
L’importanza del calcio contenuto negli alimenti è ormai accertata.
Ogni donna dovrebbe introdurre almeno 1 gr. di calcio al giorno.
Dopo i 65 anni l’apporto alimentare deve essere almeno di 1,5 gr.
al giorno. Il latte e i latticini rappresentano le fonti di calcio per eccellenza. Una tazza di latte (250 ml.circa) fornisce 0,30 gr. di calcio (per risparmiare calorie e colesterolo va bene anche il latte
scremato, che contiene quantitativi di calcio analoghi a quello intero). Nei formaggi il contenuto di calcio è più elevato, ma il suo
assorbimento può essere ostacolato dalla presenza di altre sostanze contenute (fosfati). Tra le numerose varietà di formaggi, il
grana è quello più ricco di calcio (più di 1 gr. per etto), seguito dall’emmenthal.
I latticini non sono gli unici alimenti in grado di fornire il calcio: questo importante elemento infatti è presente nei vegetali, soprattutto broccoli, legumi, cavoli. Altri cibi ricchi di calcio sono i pesci in scatola (sgombro, salmone, sardine).
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Un aiuto per raggiungere il fabbisogno giornaliero può
venire dalle acque minerali (controllare l’etichetta che siano presenti almeno 150 mg/l).
Fra i tanti benefici di un’alimentazione ricca di frutta e verdura vi è anche quello di un maggiore apporto di vitamina C che
favorisce l’assorbimento del calcio.
La vitamina D è essenziale per l’assorbimento del calcio e per il mantenimento dell’integrità dell’osso. La quantità sintetizzata dall’organismo a livello della cute per esposizione ai raggi del sole è in genere sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero. L’alcool può rappresentare un fattore di rischio per
l’osteoporosi, se assunto in quantità superiore a 60 gr al giorno (4 bicchieri da tavola) può ridurre l’assorbimento del calcio e ne favorisce l’eliminazione attraverso le urine.
L’esercizio fisico
L’esercizio fisico stimola la formazione di nuovo osso ed è di fondamentale importanza per mantenere le caratteristiche di mineralizzazione e di resistenza dello scheletro. Gli esercizi più efficaci sono
quelli che comportano un certo grado di sollecitazione dell’osso
da parte del muscolo che si contrae come ad esempio sollevare
dei pesi, salire le scale, fare gli esercizi tipici dell’ aerobica o
marciare speditamente.
Inoltre… Smettere di fumare è vantaggioso per la salute anche sotto il profilo della protezione dell’osso. Le donne fumatrici hanno una menopausa più precoce rispetto alle non
fumatrici. Inoltre si ritiene che il tabacco abbia un effetto
nocivo diretto sull’osso.
Quando integrare la dieta
Farmacia di Livo
Dott. Ceschi Luca
MEZALON
Il quantitativo di calcio necessario dopo la menopausa e nelle persone anziane potrebbe non essere
facilmente raggiungibile con la sola alimentazione. In questo caso, soprattutto nelle persone a rischio
di osteoporosi o con osteoporosi manifesta, è necessario integrare la quota alimentare. La disponibilità di prodotti contenenti calcio è ampia, sia prescrivibili dal medico, sia come farmaci da banco, sia
come integratori alimentari.
L’integrazione con vitamina D potrebbe essere utile negli anziani che, stando molto in casa, non si giovano dei benefici dell’esposizione al sole: inoltre la capacità di convertire la vitamina D nella sua forma attiva si riduce con l’età.
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