Elementi qualificanti il contratto

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Elementi qualificanti il contratto
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SOMMARIO
Elementi qualificanti il contratto
1. Il contratto di agenzia: nozione. – 1.1. La prestazione dell’agente tra norme e
giurisprudenza, interna e comunitaria. – 1.1.1. Lealtà – buona fede – autonomia. –
2. Gli elementi costitutivi del contratto. – 2.1. Le funzioni della forma scritta ed i
suoi limiti: ammissibilità della prova testimoniale. – 2.2. La lettera d’incarico. – 2.3.
L’iscrizione all’Albo (cenni). – 2.4. Il fattore tempo. – 2.5. Elementi caratterizzanti
il contratto: quadro d’insieme. – 2.6. La stabilità. – 2.7. La zona. – 2.8. Il patto di
esclusiva. – 3. Gli elementi eventuali del contratto di agenzia. – 3.1. Il patto di prova. – 3.2. Il patto di non concorrenza (post-contrattuale). – 3.2.1. La legge comunitaria 2000: l’art. 23. – 3.2.2. I requisiti specifici: forma – oggetto – durata. – 3.2.3.
La congruità del corrispettivo. – 3.2.4. La violazione del patto: dalla clausola penale
alla inibitoria ex art. 700 c.p.c. – 3.3. La disciplina dello “star del credere”. – 3.3.1.
Star del credere e clausola penale. – 3.3.2. Lo star del credere nella contrattazione
collettiva. – 3.3.3. La disposizione pattizia: presupposti e limiti.
1. Il contratto di agenzia: nozione
Il contratto di agenzia è un contratto a prestazioni corrispettive e ad effetti
obbligatori.
È a prestazioni corrispettive poiché all’obbligo dell’agente di promuovere
gli affari corrisponde l’obbligo – per il preponente – della retribuzione mentre
è ad effetti obbligatori in quanto l’effetto perseguito dalle parti non consiste
nel trasferimento di un diritto bensì nella nascita di un rapporto obbligatorio.
La nozione del contratto di agenzia ci viene fornita dall’art. 1742 c.c. secondo la cui definizione:
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Capitolo Secondo
«Con il contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto
dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata».
A sua volta l’art. 1, legge 3 maggio 1985, n. 204 recante la: «Disciplina dell’attività di agente e rappresentante di commercio», stabilisce che:
«L’attività di agente di commercio si intende esercitata da chiunque venga stabilmente incaricato da una o più imprese di promuovere la conclusione di contratti in una o più zone determinate. L’attività di rappresentante di commercio s’intende esercitata da chiunque venga stabilmente incaricato da una o più imprese di concludere contratti in una o più zone determinate».
Ai sensi, poi, della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, n. 86/653/CEE
per «agente commerciale deve intendersi la persona che, in qualità di intermediario indipendente, è incaricata in maniera permanente di trattare per un’altra
persona, chiamata «preponente», la vendita o l’acquisto di merci, ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per conto del preponente».
Ne consegue che può essere qualificato come agente e rappresentante di
commercio colui che è incaricato stabilmente da una o più imprese di promuovere in una o più zone determinate, le vendite attraverso l’acquisizione di
ordini di acquisto e che con il contratto di agenzia una parte (detta “agente”)
assume, verso retribuzione, l’incarico stabile di promuovere, per conto dell’altra (detta “preponente”) la conclusione di contratti in una zona determinata.
L’agente è colui che riceve l’incarico mentre il preponente è colui che conferisce l’incarico.
Ciò premesso, occorre sottolineare che gli agenti ed i rappresentanti di
commercio rientrano nella categoria degli intermediari commerciali, cioè tra
coloro che hanno il compito di promuovere la distribuzione e la vendita dei
prodotti e dei servizi delle aziende, ricercando la clientela e concludendo contratti per conto della casa mandante nelle zone loro assegnate.
A differenza dell’agente, le cui prestazioni sono definite dall’art. 1742 c.c.,
il quale può definirsi come colui che ha l’incarico di promuovere gli affari, il
rappresentante di commercio (definito anche agente con rappresentanza) è colui che ha l’incarico di concludere i contratti per conto della casa madre ed è,
quindi, munito di poteri di rappresentanza.
L’agente di commercio, a sua volta, è definito “monomandatario” se opera per
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un solo preponente oppure “plurimandatario” se agisce per diverse imprese .
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Ovviamente l’agente plurimandatario non può operare per imprese in concorrenza tra loro.
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In assenza di indicazioni contrattuali esplicite, l’incarico di agenzia viene
considerato come plurimandatario.
A volte si parla anche di “agente con deposito” o “rappresentante con deposito”. Con tale formula, invero, si intendono due rapporti intercorrenti fra
le stesse parti, concettualmente e normativamente ben distinti. Se per il rapporto di agenzia, con o senza rappresentanza, bisogna far capo agli artt. 1742
ss. c.c., per il rapporto di deposito occorre servirsi dell’apposita disciplina, che
è collocata negli artt. da 1766 a 1797 c.c. Nello specifico, l’agente con deposito è l’agente che tiene in deposito per conto della ditta mandante i prodotti
che verranno consegnati da lui direttamente al cliente. Valgono le norme in
materia di deposito per gli obblighi relativi alla custodia dei beni.
1.1. La prestazione dell’agente tra norme e giurisprudenza, interna e comunitaria
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la prestazione dell’agente, che ai
sensi dell’art. 1742 c.c. consiste nell’assunzione dell’incarico «di promuovere,
per contro dell’altra (parte), verso retribuzione, la conclusione di contratti», è
costituita da atti di contenuto vario e non predeterminato che tendono tutti
alla promozione della conclusione per conto del preponente di contratti in
una zona prestabilita, quali il compito di propaganda, la predisposizione dei
contratti, la ricezione e la trasmissione delle proposte al preponente per l’ac2
cettazione .
«L’attività tipica richiesta all’agente, consistendo nella promozione della conclusione dei contratti per conto del preponente, non può consistere però in una mera attività di propaganda,
ma deve concretizzare il convincimento del potenziale cliente ad effettuare delle ordinazioni
dei prodotti del preponente. In altre parole, “l’attività di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, che costituisce l’obbligazione tipica dell’agente, non può consistere in una mera attività di propaganda, da cui possa solo indirettamente derivare un incremento delle vendite, ma deve consistere nell’attività di convincimento del potenziale cliente
ad effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente, atteso che è proprio con riguardo a
questo risultato che viene attribuito all’agente il compenso, consistente nella provvigione sui
contratti conclusi per suo tramite e andati a buon fine” (Cass. 22 giugno 1990, n. 6291; nello
stesso senso Cass. 22 giugno 1999, n. 6355)»
Cass., sez. lav., 11 marzo-8 luglio 2008, n. 18686.
Pertanto è da escludere, in armonia con la giurisprudenza più consolidata,
che l’attività di promozione propria del contratto di agenzia possa riscontrarsi
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Cass. 1° aprile 2004, n. 6482.
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Capitolo Secondo
nell’attività del soggetto che, pur agendo per conto dell’imprenditore interessato alla conclusione dell’affare, si limiti solo ad illustrare i pregi e le caratteristiche del prodotto, senza procedere alla «conclusione del contratto», che è l’obiettivo al cui perseguimento l’art. 1742 c.c. finalizza l’attività dell’agente.
La Corte di Cassazione, infatti, con la sentenza n. 6482/2004, pur approfondendo particolarmente il concetto di “promozione”, individuandone le caratteristiche e i contenuti conformi alla norma di legge ha, nel contempo, ben
puntualizzato che l’esistenza del contratto di agenzia è legata al riscontro della
circostanza che il soggetto che svolge l’attività promozionale abbia anche partecipato attivamente alla conclusione del contratto, a nulla rilevando che le
condizioni di stipula di quest’ultimo siano legate a schemi e contenuti negoziali predeterminati dal preponente (nella specie si trattava di agenti di società di
autonoleggio).
Del resto, hanno sostenuto i Giudici della Cassazione, che:
«“È proprio la circostanza che l’agente abbia attivamente partecipato alla conclusione del contratto che giustifica il suo diritto alla provvigione solo per gli affari che hanno avuto regolare
esecuzione”, o “anche per gli affari che non hanno avuto esecuzione per causa imputabile al
preponente”, secondo quanto previsto dalle disposizioni presenti rispettivamente nel testo originario dell’art. 1748 e dell’art. 1749 c.c., applicabili ratione temporis (riprese tuttavia anche
nella nuova formulazione dell’art. 1748 introdotta dal d.lgs. 15 febbraio 1999, n. 65, la quale
testualmente prevede che “per tutti gli affari conclusi durante il contratto l’agente ha diritto alla
provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”, comma 1).
Fatte queste precisazioni, appare evidente che non può sorgere dubbio che nella fattispecie
interessata dalla sentenza oggi impugnata – per il caso che i prodotti della preponente fossero offerti a strutture ospedaliere o ad aziende sanitarie pubbliche, entrambe tenute a svolgere
attività contrattuale ad evidenza pubblica (circostanza, questa, pacifica agli atti) – non potessero maturare a favore del ricorrente le provvigioni pattuite per quella clientela nei cui confronti invece l’agente era in grado di procedere alla conclusione diretta del contratto»
Cass., sez. lav., 11 marzo-8 luglio 2008, n. 18686.
La stessa direttiva comunitaria precisa ulteriormente che non può rivestire
il ruolo di agente commerciale colui che, in qualità di organo, ha il potere di
impegnare una società o associazione, il socio legalmente abilitato ad impegnare gli altri soci nonché l’amministratore giudiziario, il liquidatore o il curatore di fallimento.
1.1.1. Lealtà – buona fede – autonomia
In particolare, l’agente commerciale, nell’esercizio della propria attività,
deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede, adoperandosi adeguatamente per trattare ed, eventualmente, concludere gli affari
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di cui è incaricato, comunicando al preponente tutte le informazioni necessarie di cui dispone e attenendosi alle istruzioni ragionevoli impartite dal prepo3
nente medesimo .
L’autonomia della collaborazione deve, infatti, essere intesa nel senso che
l’agente ha ampia facoltà di iniziativa nell’esecuzione dell’incarico, nella scelta
della clientela e nell’organizzazione della propria attività, nell’osservanza, però, degli obblighi di cui all’art. 1746.
«Nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con
lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato
nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli
affari. È nullo ogni patto contrario.
Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al commissionario, ad eccezione di quelli di
cui all’articolo 1736, in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia. È vietato il
patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’inadempimento
del terzo. È però consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di una apposita garanzia da parte dell’agente, purché ciò avvenga con riferimento a singoli
affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati; l’obbligo di garanzia assunto
dall’agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell’affare l’agente me4
desimo avrebbe diritto a percepire; sia previsto per l’agente un apposito corrispettivo» .
In origine, prima del recepimento dei principi stabiliti in materia dal diritto
comunitario, il contratto di agenzia confluiva nel novero dei c.d. “contratti di
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cooperazione nell’altrui attività giuridica ” unitamente al contratto di mandato, di commissione, di spedizione e di mediazione.
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In seguito la manualistica ha registrato due orientamenti: da una parte co3
Come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 2 aprile 1986, n.
2267; Cass. 18 dicembre 1986, n. 7614; Cass. 3 aprile 1990, n. 2680) l’obbligo dell’agente di uniformarsi alle istruzioni impartite dal preponente non incide sulla natura autonoma dell’attività
svolta dall’agente.
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L’art. 1746 c.c. nella attuale stesura è la risultante delle modificazioni apportate dall’art. 2,
d.lgs. 15 febbraio 1999, n. 65 (modificativo del comma 1), dell’art. 28, legge 21 dicembre 1999, n.
526 (modificativo del comma 2). Il comma 3, invece, è stato aggiunto dal predetto art. 28, legge 21
dicembre 1999, n. 526. Nella precedente formulazione l’art. 1746 così disponeva: «L’agente deve
adempiere l’incarico affidatogli in conformità alle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile
per valutare la convenienza dei singoli affari. Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al
commissionario, in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia».
5
A. TORRENTE-P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, X ed., Giuffrè, Milano, 1978,
p. 563 e ss.
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P. PERLINGIERI, Manuale di diritto civile, II ed. ampiamente riveduta e aggiornata, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2000, p. 504 e ss.
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Capitolo Secondo
loro che lo annoverano tra i contratti relativi ad esecuzione di opere e servizi,
quali l’appalto, il contratto d’opera, il mandato, il trasporto, il brokeraggio, il
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contratto di ricerca, il franchising, ecc., e coloro che lo inseriscono tra i contratti di intermediazione, unitamente al mandato ed alla mediazione.
Ne consegue che, sulla base dell’inquadramento giuridico che al contratto
in questione viene dato, ove si ravvisino lacune nella disciplina del rapporto
ad esso sottostante, si dovrà ricorrere ai principi proprio dei contratti affini
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che confluiscono nella medesima categoria .
Ad ogni modo, al di là dei contrapposti richiamati orientamenti dottrinali,
la giurisprudenza ha sempre fatto riferimento ai principi propri dei contratti
di mandato e di commissione.
La Corte di Cassazione ha, poi, in più occasioni, affermato che in applicazione degli artt. 409, n. 3 e 413 c.p.c., 1559 ss., 1742 ss. in relazione all’art. 1362
c.c., nell’interpretazione del contratto occorre procedere all’accertamento delle «vere intenzioni delle parti», esplicitando la ratio decidendi sulla base degli
elementi meno rilevanti della fattispecie di cui agli artt. 1742 ss. c.c. (promozione di qualunque tipo di affari, determinazione della zona, attività di intermediazione tra la preponente e il pubblico, organizzazione autonoma dell’atti9
vità e assunzione del rischio da parte dell’agente in modo continuato, ecc.) .
«Ora, la sentenza impugnata ha tratto sia dal nomen iuris assegnato dalle parti (le quali non
hanno mai fatto cenno al contratto di agenzia, menzionando piuttosto una “concessione” di
vendita), sia soprattutto dalla complessiva strutturazione dei rapporti tra le parti e dal fulcro
essenziale di essi, costituito dalla previsione di un’attività dell’asserito agente concretantesi
non nel promuovere stabilmente affari in una determinata zona per conto del preponente – salvo
ad essere eventualmente incaricata della loro esecuzione – bensì nell’acquistare dall’asserita
preponente merci per poi rivenderle a terzi lucrando la differenza tra i rispettivi prezzi, la logica, motivata e giuridicamente corretta conclusione dell’esistenza non di un contratto di agenzia, bensì di un contratto di scambio (a sua volta definito di somministrazione dal Giudice di
primo grado). Tale motivata conclusione è stata altresì ricavata dal rilievo della struttura organizzativa e del carattere imprenditoriale della società concessionari»
Cass., sez. III, 21 luglio 1994, n. 6819.
La Suprema Corte ha anche affermato esplicitamente (nella sentenza sopra
richiamata) che il contratto di agenzia è un contratto di cooperazione che si
differenzia da quelli di scambio.
7
M. BESSONE (a cura di), Istituzioni di diritto privato, VII ed., Giappichelli, Torino, 2000,
p. 933 e ss.
8
Secondo la giurisprudenza (Cass. n. 1446/1967) si deve riferire ai principi propri del mandato o della commissione
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Cass., sez. III, 21 luglio 1994, n. 6819, in www.cassazione.net.
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Nel caso esaminato in cui le parti non avevano mai fatto cenno al contratto
di agenzia, menzionando piuttosto una “concessione” di vendita, ed in cui il fulcro essenziale dei rapporti tra le stesse era costituito dalla previsione di un’attività dell’asserita agente concretantesi non nel promuovere stabilmente affari
in una determinata zona per conto del preponente bensì nell’acquistare dall’asserita preponente merci per poi rivenderle a terzi lucrando la differenza tra
i rispettivi prezzi, i Giudici della Cassazione erano pervenuti alla conclusione
dell’esistenza non di un contratto di agenzia, bensì di un contratto di scambio
(definito di somministrazione) la cui struttura contrattuale è incompatibile con
quella tipica del contratto di agenzia, anche se in essa possono rilevare aspetti
di «collaborazione che non sono estranei ad altri contratti (come la commissione) e possono comunque essere inseriti nell’ambito di un contratto di scambio
come la somministrazione, la concessione di vendita, per non dire del franchising – che, nella maggiore complessità del suo oggetto, partecipa, però, degli elementi tipici della cooperazione tra diversi soggetti di impresa (cfr. in tema di differenze tra i due distinti tipi contrattuali, Cass. n. 4540/1986; Cass. n. 2742/1989;
Cass. n. 11504/1991, ecc.)».
In detta occasione, la Corte di Cassazione ebbe anche a precisare che la
predeterminazione della zona, non caratterizza in modo esclusivo il contratto
di agenzia, essendo al contrario tipico anche di contratti nei quali l’essenziale
funzione di scambio non sia disgiunta da aspetti di cooperazione (ad es., la
concessione di vendita) e che gli inadempimenti accertati a carico della concessionaria attenevano ad obblighi che, pur inerenti ad aspetti di collaborazione tra le parti, ben potevano accedere ad un contratto scambio (si tratti si
somministrazione, di concessione, di vendita od altro), nell’ambito dei quali
l’elemento della collaborazione può assumere, per volontà delle parti, giuridica rilevanza, pur nell’ambito di un rapporto essenzialmente improntato a finalità di scambio.
2. Gli elementi costitutivi del contratto
A seguito delle innovazioni apportate all’art. 1742 c.c. dal d.lgs. 10 settembre 1991, n. 303, così come sostituito dal d.lgs. 15 febbraio 1999, n. 65, il contratto di agenzia deve essere provato per iscritto e ciascuna parte ha il diritto,
dalla stessa norma qualificato come “irrinunciabile”, di ottenere dall’altra un
documento, dalla stessa sottoscritto, riproduttivo del contenuto del contratto
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e delle clausole aggiuntive .
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Il d.lgs. n. 303/1991, ha aggiunto all’art. 1742 c.c. un secondo comma con il quale è stato
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Capitolo Secondo
Ne consegue che la struttura contrattuale del contratto di agenzia è ad substantiam libera, ovvero svincolata da forme prestabilite ai fini della sua validità
ma, nel contempo è vincolata alla forma scritta ai fini della prova della sua esistenza ossia ad probationem tantum.
Occorre rilevare che l’attuale formulazione dell’art. 1742, comma 2, c.c., riproduce letteralmente l’art. 13, comma 1, direttiva n. 653/1986 che così dispone:
«Ogni parte ha il diritto di chiedere ed ottenere dall’altra parte un documento firmato, riproducente il contenuto del contratto di agenzia, comprese le clausole addizionali. Tale diritto è irrinunciabile».
Le modificazioni apportate, quindi, si riferiscono sostanzialmente all’espresso richiamo alla necessaria prova per iscritto del contratto, alla trascrizione in un documento del contratto stesso e delle clausole aggiuntive ed alla
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irrinunciabilità del diritto di avere copia di tale documentazione .
2.1. Le funzioni della forma scritta ed i suoi limiti: ammissibilità della prova testimoniale
Ne discende la forma scritta deve assolvere a due funzioni essenziali: la
prima è quella di rendere trasparenti i reciproci rapporti ed obblighi dei contraenti tanto che ciascuno di essi ha il diritto ad ottenere dall’altra parte il documento riproduttivo dell’accordo stilato e delle clausole aggiuntive, debitamente sottoscritto, e tale diritto è “irrinunciabile” per disposto normativo; la
seconda, invece, inerisce all’onere della prova che, in caso di controversia giudiziale, incombe su colui che chiede il riconoscimento di un proprio diritto.
disposto che «ciascuna parte ha il diritto di ottenere dall’altra una copia del contratto dalla stessa
sottoscritto». Tale comma è stato poi completamente sostituito dall’art. 1, d.lgs. n. 65/1999 con
il seguente: «Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere
dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle
clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile».
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In precedenza l’orientamento maggioritario di dottrina e giurisprudenza ritenevano che il
contratto di agenzia non richiedesse alcuna forma scritta, né ad substantiam né ad probationem,
e solo un orientamento minoritario, basato su una norma dell’Accordo Economico Collettivo
del 20 giugno 1956, affermava la necessità della forma scritta ad probationem. In proposito vanno menzionate: Cass. 9 settembre 1988, in Mass. giur. it., 1988, c. 705; Cass. 12 gennaio 1998, in
Mass. giur. it., 1998, c. 21; Cass. 21 novembre 1990, n. 11220, in Mass. giur. it., 1990, c. 123;
Cass., sez. lav., 6 maggio 1996, n. 4167, in Mass. giur. it., 1997, c. 319; in Orient. giur. lav., 1997,
p. 133; in Corr. giur., 1997, p. 446, con nota di commento di G. GENNARI; in Rass. dir. civ.,
1997, p. 907, con nota di R. FAVALE.
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In tal caso l’avvenuta stipula del contratto ed il suo contenuto potranno essere provati attraverso la mera esibizione del documento scritto, con esclusione della prova testimoniale (al di fuori dell’ipotesi della perdita incolpevole
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del documento di cui al n. 3 dell’art. 2724 c.c.) e l’utilizzazione di presun13
zioni semplici .
«Art. 2724 c.c. – Eccezioni al divieto della prova testimoniale: La prova per testimoni è
ammessa in ogni caso: 1) quando vi è un principio di prova per iscritto: questo è costituito da
qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo
rappresentante, che faccia apparire verosimile il fatto allegato; 2) quando il contraente è stato
nell’impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta; 3) quando il contraente ha
senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova».
Bisogna anche considerare che la prova testimoniale è un tipico esempio di
prova costituenda, vale a dire di prova a formazione endoprocessuale, che, a
differenza del documento, classica prova costituita, richiede per la sua formazione un procedimento complesso che si sviluppa attraverso le fasi della deduzione, dell’ammissione e dell’espletamento.
Il legislatore non guarda con favore la prova testimoniale per due motivi.
Il primo è il minore grado di affidabilità di tale mezzo di prova, in quanto a
differenza del documento che è uno strumento obiettivo di prova, la testimonianza consiste nel “ricordo” del fatto da provare da parte di un soggetto, ricordo che, per natura, può essere coscientemente o incoscientemente impreciso,
fuorviato, influenzato, tanto che, in alcune situazioni, per la particolare rilevanza
dei rapporti giuridici sottostanti, il legislatore ha previsto la forma scritta ad substantiam ovvero ad probationem.
Il secondo motivo è che, trattandosi di una prova costituenda, vale a dire di
una prova che si forma nel processo attraverso una attività di deduzione, articolazione ed assunzione, richiede un tempo processuale più lungo. Ciò, a differenza della prova costituita, del documento, la cui produzione in giudizio non
è assoggettata ad una valutazione di ammissibilità e di rilevanza, sicché anche
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Cass. 6 maggio 1996, n. 4167, in Orient. giur. lav., 1997, p. 133.
Quando il legislatore richiede per un contratto o per un atto equiparato al contratto una
forma ad probationem le conseguenze della violazione della disposizione non comportano l’invalidazione del negozio sottostante, che pertanto deve essere considerato come esistente, ma
pone, in capo alla parte che vi abbia interesse, limiti nel dare dimostrazione dei propri assunti
nell’ambito di un giudizio ove si controverta dei diritti insorgenti da detto rapporto (A. TRABUCCHI, Istituzioni di Diritto Civile, XXII ed., Cedam, Padova, 2004, p. 166 e R. SACCO-G. DE
NOVA, Obbligazioni e contratti, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, tomo II,
Utet, Torino, 1989, p. 216 ss.).
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Capitolo Secondo
il più irrilevante dei documenti può essere liberamente prodotto tanto che, si
sostiene, il giudizio di ammissibilità nel processo di cognizione di I grado, è
necessario soltanto laddove il documento sia stato prodotto nel termine per la
prova contraria, dovendo valutarsi in tal caso se esso abbia effettivamente natu14
ra di prova contraria .
Ovviamente ci si potrà avvalere di altre fonti di prova, quali la confessione
ed il giuramento ovvero di documenti scritti di formazione posteriore all’asserito accordo contrattuale dai quali risulti la esistenza di un rapporto collaborativo riconducibile allo schema del contratto di agenzia.
«La prova testimoniale non può trovare ingresso atteso che, a seguito della disciplina introdotta
dal d.lgs. n. 303/1991, si richiede ad probationem actus, per il contratto di agenzia, e quindi per
anche per le modifiche al suo contenuto successivamente intervenute, la forma scritta, mentre
nessun ostacolo si frappone alla possibilità di assumere la prova per interrogatorio formale, volta
a provocare una confessione idonea a supplire alla carenza di forma scritta ad probationem»
Trib. Fermo 9 gennaio 2001.
Ad ogni modo la forma scritta è richiesta solo ad probationem essendo la
prescrizione della forma ad substantiam riservata esclusivamente al legislatore.
Ne consegue che, in mancanza della richiesta forma scritta, è comunque valida l’esecuzione volontaria del contratto, la conferma del medesimo e la sua
ricognizione volontaria.
La sottoscrizione dell’atto può anche non coincidere con la decorrenza del
medesimo stante che l’atto scritto può comunque prevedere il differimento
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della decorrenza contrattuale .
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Per approfondimenti, vedi Consiglio Superiore della Magistratura, Nona Commissione –
Tirocinio e formazione professionale – Atti della settimana di studi relativa al tirocinio ordinario riservato agli uditori giudiziari nominati con D.M. 19 novembre 2002 – Roma 16-20 luglio
2003 – D. PINTO, I poteri istruttori del giudice e delle parti. In particolare: problemi in tema di
ammissibilità della prova per testimoni, in relazione ai limiti previsti dal codice civile; consulenza
tecnica d’ufficio; tecniche di redazione dei provvedimenti istruttori, in www.appinter.csm.it.
15
Di solito nel contratto viene inserito un articolo rubricato: «Decorrenza e durata» nell’ambito del quale si stabilisce che «L’incarico di cui al presente contratto decorre dal …………. e
si intende costituito a tempo …………. (indeterminato e/o determinato)». Se il contratto è a
tempo determinato, occorrerà precisare i termini iniziali e finali. In alternativa potrà essere inserita la seguente disposizione: «Il presente mandato ha validità di 1 (uno) anno, con decorrenza dal
…………. . Alla scadenza, in assenza di disdetta da comunicarsi con preavviso di almeno 2 (due)
mesi con raccomandata a.r., sarà rinnovato a tempo indeterminato, La disdetta dovrà essere inviata
con lettera raccomandata a.r. L’agente, a seguito dello scioglimento, per qualsiasi causa, del presente contratto, si impegna, ai sensi dell’articolo 1751-bis del codice civile, a non condurre alcuna attività in concorrenza con la Società per un periodo di 2 (due) anni».
Se, diversamente, il contratto è a tempo indeterminato, le parti potranno inserire la seguen-
Elementi qualificanti il contratto
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2.2. La lettera d’incarico
A volte, tra l’altro, anziché attraverso un contratto, il rapporto tra agente o
rappresentante di commercio ed il preponente viene formalizzato attraverso la
c.d. “lettera d’incarico” che sostanzialmente conferisce un vero e proprio
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mandato .
Ne consegue che, in assenza di una forma predeterminata normativamente,
nella prassi commerciale l’agenzia viene conferita o mediante la stipulazione di
un mandato oppure attraverso una lettera di incarico.
Trattandosi comunque di un contratto, il mandato dovrà essere sottoscritto
da entrambe le parti (mandante ed agente/rappresentante) mentre in caso di
lettera d’incarico, questa dovrà essere sottoscritta solo dal mandante e ad essa
dovrà far seguito la conseguente lettera di accettazione dell’agente/rappresentante. In tal caso, posto che a norma del combinato disposto degli artt. 1321
(«Nozione») e 1326 («Conclusione del contratto») c.c.:
«Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (art. 1321)»
e
«il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondi gli usi. Il
proponente può ritenere efficace l’accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso
all’altra parte. Qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se è data in forma diversa. Un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta (art. 1326)»,
te clausola contrattuale: «Ciascuna delle parti potrà recedere dal rapporto con un preavviso di almeno 3 mesi da comunicarsi a mezzo di lettera raccomandata A/R. La parte recedente potrà sostituire in tutto o in parte tale preavviso con la corresponsione, per ciascun mese di mancato preavviso, di un importo pari alla provvigione mensile calcolata sulla media degli ultimi 12 mesi o di quelli effettivi se il rapporto è durato meno di 12 mesi» oppure potranno stabilire che: «Il presente
incarico decorre dal …………. . e si intende costituito a tempo indeterminato. Il rapporto potrà
essere sciolto in qualsiasi momento, a mezzo di lettera raccomandata, nei termini di preavviso stabiliti dall’Accordo economico collettivo di settore».
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Per approfondimenti, vedi D. BALDUCCI, Agenti e rappresentanti di commercio, XI ed.,
FAG Edizioni, Milano, 2008, p. 48, il quale sostiene che «nella redazione della lettera chi deve
tutelarsi maggiormente è il preponente. Una lettera d’incarico mal redatta per un rapporto di agenzia commerciale potrebbe costituire in giudizio prova per dimostrare un rapporto di lavoro subordinato o per dimostrare l’esercizio abusivo dell’attività di agente da parte di soggetto non iscritto al
ruolo. Una lettera di incarico, anche se correttamente redatta, non è comunque sufficiente a evitare
conseguenze impreviste. Se l’attività non corrisponde a quella di agente di commercio e il rapporto
è di tipo diverso, la sostanza prevale sulla forma».
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Capitolo Secondo
si evidenzia come nella seconda delle circostanze sopra riportate il contratto
viene concluso attraverso un vero e proprio scambio di corrispondenza fra le
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parti interessate .
Allo stato attuale, secondo anche quanto disposto dagli Accordi economici
collettivi, il documento contrattuale deve contenere quali elementi essenziali:
l’indicazione delle parti contraenti, la data di inizio del rapporto di agenzia o
rappresentanza, l’individuazione della zona assegnata, i prodotti da trattare, la
misura delle provvigioni e dei compensi in genere, la durata, se si tratta di
contratto a tempo determinato, l’esplicito riferimento, per quanto non contemplato nel contratto stesso, agli Accordi Economici Collettivi e al codice civile nonché (obbligatoriamente) l’indicazione della matricola di iscrizione al
Ruolo Agenti della CCIAA.
2.3. L’iscrizione all’Albo (cenni)
Facendo esplicito rimando alla partizione della presente trattazione in cui
sarà approfondito l’onere di iscrizione all’Albo, giova in questa sede ricordare
che la legge 3 maggio 1985, n. 204 ha ridisciplinato la professione di agente e
di rappresentante di commercio prevedendo l’istituzione di un ruolo cui sono
tenuti ad iscriversi coloro che intendono esercitare stabilmente detta professione e prescrivendo (art. 9) il divieto di esercitare l’attività in questione a coloro che non siano iscritti al predetto ruolo con conseguente nullità, secondo
la dottrina e un orientamento giurisprudenziale, per contrarietà a norme im18
perative, dei relativi contratti in virtù dell’art. 1418 c.c. .
Come è noto, il codice civile definisce all’art. 1742 il contratto di agenzia
come quello con cui «una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere,
per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona
determinata», senza imporre, né in questa né in altre disposizioni, alcuna forma di abilitazione risultante dalla formale iscrizione in albi o registri per lo
svolgimento della relativa attività.
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Di fatto, si riscontra che nella pratica è più diffuso il contratto di mandato per ragioni di ordine pratico. Infatti la conclusione di un contratto di mandato impone sempre la presenza contestuale di entrambe le parti, mentre la lettera di incarico deve sempre e in ogni caso essere recepita ed accettata dall’altra parte. Ne consegue che essa offre per l’agente minori possibilità di
negoziazione delle condizioni contrattuali in quanto la trattativa il più delle volte avviene per
corrispondenza e si riduce all’adesione a lettere di incarico preparate su formulari standard e
che prevedono l’adesione unilaterale delle condizioni contrattuali.
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Art. 1418 – Cause di nullità del contratto: «Il contratto è nullo quando è contrario a norme
imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza
di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325, l’illiceità della causa, l’illiceità dei motivi nel caso
indicato dall’articolo 1345 e la mancanza nell’oggetto dei requisiti stabiliti dall’articolo 1346. Il
contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge».