Liquidità nel mercato obbligazionario: impatto dei cambiamenti
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Liquidità nel mercato obbligazionario: impatto dei cambiamenti
Liquidità nel mercato obbligazionario: impatto dei cambiamenti regolamentari e politiche monetarie DICEMBRE 2015 Valentina Lanuara Introduzione Dopo la crisi finanziaria, con l’obiettivo di migliorare la stabilità del sistema e ridurre la probabilità di crisi future, è stato messo in atto uno sforzo regolamentare globale, sia interno che esterno al sistema bancario. Sebbene sia prematuro valutarne l’efficacia, riteniamo che alcuni di questi cambiamenti abbiano influito sulla struttura, la liquidità e la resilienza dei mercati, in particolare di quelli obbligazionari. La garanzia di avere un mercato obbligazionario funzionante è indispensabile, non soltanto per la stabilità del sistema, ma anche come canale di trasmissione della politica monetaria all’economia reale. Avvenimenti come il Treasury Bond Flash Rally (ottobre 2014) e il Bund Tantrum (aprile 2015) sono chiari esempi di come la liquidità possa evaporare anche nei segmenti più liquidi del mercato. Ad una prima analisi, tale dinamica pare in contradizione con l’espansione dei bilanci delle banche centrali e la conseguente crescita della liquidità monetaria e finanziaria; invece, come vedremo, tale relazione non è immediata. Misure di liquidità: prezzi verso volumi Il differenziale tra il prezzo di acquisto e vendita (B-A spread) è frequentemente usato, in maniera inversamente proporzionale, come indicatore di liquidità. Il B-A spread è il margine di profitto per il dealer che, negoziando strumenti del proprio portafoglio (inventory), assume il rischio di una variazione del prezzo di mercato dello strumento. Come si evince dalla Figura 1, sia nel mercato corporate europeo che in quello americano, i livelli di B-A spread sono più bassi rispetto a quelli pre-crisi. Anche altre misure di liquidità, che usano i prezzi come variabile esplicativa della liquidità, dimostrano un miglioramento delle condizioni della liquidità del mercato. Figura 1. A destra: Bid-Ask Spread per le obbligazioni corporate americane. Fonte: Federal Reserve Bank of New York. A sinistra: Bid-Ask Spread per le obbligazioni corporate non finanziarie europee. Le linee tratteggiate rappresentano la banda di oscillazione al 95% di confidenza. Fonte: FMI Guardando invece ad altre statistiche come volumi, turnover e dimensione del mercato, si arriva a conclusioni diverse. 1|Page dicembre ’15 Figura 2. A sinistra: Mercato Investment Grade americano A destra: Mercato High Yield Americano. Fonte: Barclays. Come si vede nei grafici della Figura 2, tratti da una ricerca di Barclays sul mercato americano corporate, le dimensioni del mercato (Amount) tra il 2005 e il 2014, sono cresciute del 250% nel settore Investment Grade (IG) e del 190% nel settore High Yield (HY). In entrambi i casi, però, l’aumento della dimensione del mercato non si è riflesso in un aumento comparabile dei volumi. Nella stessa ricerca Barclays ha osservato che su più di 5600 obbligazioni che compongono l’indice solo per 23 obbligazioni ci sono state più di 5 transazioni al mese per un nominale superiore a 5 milioni. Si è anche riscontrato che la dimensione dell’emissione obbligazionaria (size) riesce a spiegare, meglio di altre variabili, il comportamento degli scambi (Turnover). Quindi non solo gli scambi si sono ridotti ma è anche emersa una correlazione altamente positiva tra valore emesso e la frequenza degli scambi. La liquidità dunque si concentra su pochissimi titoli invece che essere allocata uniformemente tra le diverse emissioni. I drivers della liquidità del mercato La liquidità del mercato è definita come la capacità del mercato di negoziare un volume di strumenti finanziari ragionevolmente ampio in breve tempo, un basso costo e senza influenzarne significativamente i prezzi. Come rappresentato nella Figura 3, la liquidità e la sua resilienza hanno diversi drivers che si possono raggruppare in quattro principali categorie: (1) propensione al rischio e (2) l’accesso al credito che determinano l’inclinazione degli intermediari finanziari a fare mercato, (3) il costo per la ricerca della controparte che influenza la velocità di esecuzione ed infine (4) la tipologia dell’investitore che definisce un diverso accesso alle informazioni e ne stabilisce lo stile di gestione. 2|Page dicembre ’15 Figura 3. Connessione tra liquidità, i suoi drivers e le condizioni esterne. Fonte: FMI I drivers a loro volta dipendono dalle condizioni macroeconomiche, la politica monetaria, lo sviluppo tecnologico e la regolamentazione. Riteniamo che negli ultimi anni la politica monetaria e i cambiamenti regolamentari, così come confermato da un recente sondaggio riportato dal Fondo Monetario Internazionale (Figura 4), abbiano avuto rispetto agli altri un peso maggiore. Figura 4. Sondaggio di Haver Analitycs tra i market maker americani sui quali siano i tre fattori più esplicativi della liquidità. Fonte: FMI Cambiamenti regolamentari A seguito della crisi finanziaria una serie di cambiamenti regolamentari sono stati implementati per rafforzare la solidità delle banche e ridurre il livello di leverage del sistema bancario. Si è infatti passati dai requisiti di Basel II che prevedevano di accantonare il capitale proporzionalmente ai rischi assunti, permettendo di fatto alle banche di espandere i bilanci, a vincoli regolamentari più stringenti che hanno rimodellato il modello di business delle banche. Oltre al ben noto cambiamento dei requisiti patrimoniali, sia tramite un aumento del capitale che ad una sua ridefinizione, sono stati aggiunti diversi layers di controlli; vediamo i principali. 3|Page dicembre ’15 La Volcker Rule ha proibito alle banche il trading in conto proprio (escludendo i titoli governativi e municipali). L’effetto secondario è stata una limitazione della capacità per le banche di mantenere le posizioni di trading nel loro book che ha generato una forte riduzione delle inventories per le obbligazioni corporate. Come si dimostra nella Figura 5, le inventories americane sono crollate a 100 miliardi per un mercato corporate da circa sette mila miliardi di dollari. Figura 5. Inventories dei Dealer americani per il mercato obbligazionario corporate. Fonte: Federal Reserve Bank of New York Le restrizioni sullo short dei CDS in Europa e una generale riduzione della liquidità, in risposta anche ai maggior requisiti patrimoniali richiesti, ha reso più difficile la copertura dei book per i dealer. In questo modo sì è ristretto il framework all’interno del quale opera il market maker: diventa costoso in termine di capitale mantenere le obbligazioni corporate a bilancio e si riduce la capacità di copertura tramite CDS e trading proprietario. Estremizzando il ruolo del market maker tende sempre più a quello del broker e quindi di garantire la liquidità solo nel momento in cui è possibile trovare in tempi rapidi una controparte dell’operazione. In questo modo si spiegherebbe anche la riduzione generalizzata del bid-ask spread che dovrebbe tendere al costo di esecuzione della transazione. La proliferazione di Electronic Platform ha sopperito per ora solo parzialmente alla riduzione dell’attività di market making in quanto l’accesso non è garantito ugualmente a tutti i player con un conseguente impoverimento del processo di formazione del prezzo. L’utilizzo di algoritmi per l’esecuzione degli ordini ha poi aumentato la probabilità di avere ampie variazioni di prezzo così come avviene nel mercato azionario. Prima della crisi c’erano anche poche restrizioni sulla dimensione del bilancio della banca perché di fatto, grazie al collaterale, potevano rifinanziarsi nel mercato dei repo. Oggi invece diverse giurisdizioni prevedono il leverage ratio imponendo alle banche di avere una soglia minima di capitale sul totale dell’esposizione della banca (on e off balance sheet). Come si vede nella Figura 6 il volume nel mercato dei repo si è quasi dimezzato dopo lo scoppio della crisi e a seguito dell’introduzione in Basilea III dei ratio aggiuntivi. 4|Page dicembre ’15 Figura 6. La dimensione del mercato Repo in dollari. Fonte: Barclays Condizioni macroeconomiche e politica monetaria La politica monetaria “tradizionale” espansiva influenza positivamente la liquidità del mercato agendo tramite la diminuzione dei costi dell’attività di market making (la riduzione dell’incertezza e un abbattimento del costo di finanziamento producono un restringimento del B-A spread). Le politiche “non-tradizionali” invece hanno avuto in questi anni conseguenze contrastanti: a. Canale del credito: quando la banca centrale acquista titoli a lungo termine si genera un aumento delle riserve delle banche. Data la maggiore disponibilità di credito è più semplice per le banche finanziare l’attività di market making e quindi, in ultimo, generare liquidità per il mercato. Come abbiamo visto però i cambiamenti regolamentari su capitale e repo market hanno ridotto sia la possibilità di finanziare il proprio book sia hanno reso più oneroso in termini patrimoniali l’attività di market making. b. Canale del mercato obbligazionario: da una parte le obbligazioni oggetto del QE, come ad esempio le obbligazioni covered della periferia, sono diventate più liquide sia per i flussi in acquisto della banca centrale, sia perché la maggior liquidità ha attirato altri market maker; con il rischio poi che anche un solo cambiamento delle aspettative possa avere un impatto negativo sulla liquidità. Dall’altra, la presenza della banca centrale come acquirente stabile ha ridotto la disponibilità di strumenti a breve termine utilizzati sia come collaterale per i repo (si riduce accesso al credito) sia per la gestione della liquidità comportando un maggior costo per la ricerca dei titoli. La FED ha in parte ovviato a questo problema con il programma di Overnight Reverse Repurchase (ON RRP) che prevede quindi la vendita di strumenti a breve termine con la garanzia di riacquisto ad un prezzo maggiore il giorno successivo. In questo modo è possibile allocare la liquidità in eccesso anche ad altri operatori al di fuori del mercato bancario. c. Canale della propensione al rischio: con l’aumento della propensione al rischio gli intermediari finanziari sono più propensi a mantenere le inventories e facilitare le transazioni anche in mercati normalmente meno liquidi come EM e HY. I fattori ciclici benevoli quindi nascondono l’effettivo rischio di liquidità. d. Canale della ricerca di rendimento: in presenza di una prolungata riduzione dei tassi, gli investitori sono spinti nella ricerca di redditività in settori di mercato meno liquidi e più rischiosi. Anche ETF e fondi, con liquidità giornaliera, diventano validi sostituti degli strumenti a breve termine. Come si vede nella Figura 7, i fondi investimento/ETF detengono il 20% dell’intero mercato corporate americano 5|Page dicembre ’15 Figura 7. Percentuale posseduta dai fondi d’investimento del mercato corporate americano Fonte: Federal Reserve Bank of New York In questo modo però il rischio di liquidazione (fire-sale) si è gradualmente spostato dal settore bancario agli investitori finali causando una riduzione della resilienza del mercato. La dimensione, la trasparenza e la reperibilità delle informazioni hanno fatto sì che numerose analisi sulla liquidità si focalizzassero principalmente sul mercato corporate americano. Riteniamo che per il mercato europeo simili trend siano riscontrabili. Data l’importanza in Europa di sviluppare un canale del credito alternativo a quello bancario, diventa ancor più rilevante che negli Stati Uniti l’obiettivo di avere un mercato obbligazionario corporate efficiente e liquido. Come si vede nella Figura 8 il mercato obbligazionario corporate europeo, esclusi i finanziari, anche se è cresciuto del 100% è solo un settimo di tutto il mercato americano (USD 7 trn). 3,500 3,000 2,500 2,000 1,500 1,000 500 0 1989-12 1993-12 1997-12 2001-12 2005-12 2009-12 2013-12 Total Corporate Bond (ex financials) Financials Figura 5. La dimensione del mercato obbligazionario corporate europeo. Fonte: Londinium, ECB Conclusioni L’interazione della politica monetaria con i cambiamenti regolamentari e il comportamento degli investitori ha creato un quadro meno chiaro sulla liquidità del mercato che oggi osserviamo. Da un’analisi del Fondo Monetario Internazionale, sul mercato obbligazionario corporate americano, si evince che la propensione al rischio degli investitori e i bassi tassi spiegano l’80% del comportamento della liquidità negli ultimi 5 anni. Le aspettative di un cambiamento di politica monetaria dovrebbero quindi rendere il rischio di liquidità un fattore molto importante nelle decisioni di asset allocation e nella selezione dei veicoli di investimento. É ragionevole attendersi che l’aumento di strumenti a benchmark abbia reso il mercato meno resiliente poiché ha aumentato la correlazione tra il rischio di liquidità e il rischio di mercato. Una predilezione per le strategie attive potrebbe garantire quindi, al 6|Page dicembre ’15 mercato, una maggiore liquidità nei momenti di cambiamento dei trend e, agli investitori con un orizzonte temporale di medio lungo, un rendimento atteso superiore. Bibliografia Federal Reserve Bank of New York, 5 ottobre 2015, “Has U.S. Corporate Bond Market Liquidity Deteriorated?” FMI, 29 Settembre 2015, “Market Liquidity – Resilient or Fleeting?” Federal Reserve Bank of New York, 5 ottobre 2015, “The Liquidity Mirage?” Barclays, 26 ottobre 2015, “Mutual funds and credit liquidity – an equity perspective” Barclays, 24 febbraio 2015, “The decline in financial market liquidity” Financial Times, 18 novembre 2015, “Stress tests needed for European bond funds” Bloomberg View, 3 giugno 2015, “People are worried about bond market liquidity” ICMA, novembre 2014, “The current state and future evolution of the European investment grade corporate bond security market: perspective from the market” BlackRock, luglio 2014, “Addressing the Liquidity Challenge” BIS, settembre 2015, “Highlights of global financing flows” The information published in this report does not constitute, and is not intended to constitute a request, offer, recommendation, solicitation or invitation by or on behalf of any person to buy or sell any security or to adopt any investment strategy, and shall not form the basis of, nor may it accompany nor form part of, any right or contract to buy or sell any security or to adopt any investment strategy. 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