Franco Caravetta su La Scuola e l`Uomo

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Franco Caravetta su La Scuola e l`Uomo
L’Editoriale
della nostra Presidente Nazionale (UN’UCIIM PRESENTE - LA SCUOLA E L’UOMO n. 1-2 gennaio-febbraio
2007) contiene in forma chiara i messaggi che speravo di ricevere a supporto del mio ruolo di presidente
regionale dell’UCIIM Calabria, a cui sono stato chiamato dal Congresso Regionale di Briatico (VV) del 24 e
25 febbraio 2007.
Rappresentare nella scuola, oggi, un’associazione professionale, soprattutto se cattolica, e proporre ad
altri l’adesione non è cosa semplice. Non è semplice perché l’organico della scuola diventa sempre più
un esercito di anziani e le associazioni, purtroppo, non sfuggono a tale realtà. Questo almeno in Calabria,
dove l’insegnamento rimane ancora una delle mete più ambite per chi ha conseguito una laurea con
enormi sacrifici personali e familiari. Chi leggerà questo mio scritto, se qualcuno lo leggerà, molto
probabilmente non è più giovanissimo e, molto probabilmente, si sentirà toccato da queste mie
considerazioni. A suo conforto, però, posso dire che io sono uno dei meno giovani, essendo un preside in
pensione per età (dovrei dire Dirigente Scolastico, ma ho fatto il concorso quando si sottolineava che il
preside era un primus inter pares e sono rimasto fedele a questa definizione) e parlo prima di tutto per
me stesso.
Dinanzi a questa realtà, che vede crescere l’età media dei docenti, anche e soprattutto dei supplenti, e in
considerazione del fatto che la scuola non attraversa un felice periodo della sua storia, mi sono detto: che
fare? Gettiamo la spugna o ci rimbocchiamo le maniche?
Gettare la spugna significherebbe contribuire a gettare alle ortiche un enorme patrimonio di idee, di
ricerca e di proposte elaborate dall’UCIIM, che da oltre 60 anni vengono poste a servizio della scuola
italiana. Gettare la spugna significherebbe contribuire a privare la scuola italiana di un modello di docente
che non è forse migliore degli altri, ma è diverso dagli altri, perché, oltre ad essere portatore “sano” di
cultura e di metodo, è portatore di speranza per tutti gli alunni e soprattutto per i meno fortunati.
Allora, forse, è il caso di rimboccarci le maniche.
Rimboccarsi le maniche per noi significa voler essere oggi testimoni credibili, nella scuola e nella vita, dei
valori su cui l’UCIIM si fonda.
La Scuola e l’Uomo n. 1-2/2007, a tal proposito, non solo racchiude nelle sue pagine le linee guida per chi
milita nell’UCIIM ed intende offrire il proprio contributo gratuitamente, ma è un testo di riferimento per
chi della scuola si occupa istituzionalmente a tempo pieno. E mi riferisco a tutti gli articoli, ma in modo
particolare ai documenti finali del XXII Congresso nazionale.
Rimboccarsi le maniche, a mio avviso, deve significare anche aiutare la scuola e quanti in essa operano,
ma soprattutto i docenti e gli studenti, a riappropriarsi della propria dignità.
L’UCIIM non è un sindacato e non deve istituzionalmente difendere il contratto di lavoro del personale
della scuola, ma non può rinunciare a difendere la dignità di quegli insegnanti, e sono la maggior parte,
che alla scuola e ai propri alunni dedicano la vita.
La scuola oggi viene data in pasto ai media, che non trovano meglio da fare che radunare intorno a un
tavolo o in uno studio i soliti tuttologi, moralisti per tutte le stagioni sui fatti che coinvolgono gli altri,
personaggi che, per essere sempre visibili sul teleschermo, sono sempre pronti a enfatizzare alcuni
episodi, di per sé certamente vergognosi, soprattutto perché si verificano all’interno della scuola, ma che
sono soltanto episodi che la scuola riesce con le proprie forze a contenere e a reprimere. E mentre i
media fanno di tutto per rendere assordante il fragore dell’albero che cade, purtroppo da nessuna parte si
alza una voce che mostri la foresta che silenziosamente ma incessantemente cresce.
Devo dare atto al Ministro della Pubblica Istruzione Fioroni della fierezza con cui, durante la trasmissione
Porta a Porta, pur condannando gli episodi evidenziati, ha sostenuto la dignità e il ruolo sociale della
scuola italiana. In quella sede il Ministro Fioroni, inoltre, garbatamente ma con fermezza, ha messo a
tacere qualche personaggio che invece di servire il pubblico con il servizio per cui è lautamente retribuito
e con la professionalità di cui pure è dotati, utilizza il servizio pubblico per apprezzamenti e giudizi
gratuiti sull’operato di quanti, talvolta per un pezzo di pane e certe volte neppure per quello ( mi
riferisco ai tanti docenti migranti), per acquisire qualche punto in graduatoria, fanno il giro d’Italia
passando da scuola a scuola, pagando in nero fitti esorbitanti a tanti speculatori del mattone.
Dirigenti, docenti, personale ATA, alunni e genitori, quando sbagliano è giusto che paghino per i loro
errori e per le loro colpe. L’accanimento contro le istituzioni è però ben altra cosa.
Rimboccarsi le maniche significa affermare a tutti i livelli che la scuola ha bisogno di riscoprire il
principio dell’appartenenza, ma non ci può essere appartenenza se c’è precarietà. La dignità del docente
è legata certamente alla sua preparazione specifica, alla qualità della sua cultura, alla sua umanità, ma è
legata anche alla durata della sua permanenza sul posto di lavoro. L’UCIIM deve dare il suo contributo
perché la precarietà sia essa stessa precaria e non diventi invece pessima compagna di viaggio e di vita del
docente o di qualunque lavoratore.
Rimboccarsi le maniche significa avere a cuore la dignità dell’alunno. L’alunno della scuola italiana non è
il pierino di turno, gettato in pasto ai telespettatori di tutte le età e di tutto il mondo, che si serve del
telefonino per acquisire, manipolare ed esportare immagini, a volte porno e a volte violente, di persone
diversamente abili, per mettere in crisi il ruolo della scuola, quello dei docenti, quello dei genitori e
quello della gran parte degli studenti che frequentano la scuola con amore, desiderosi di apprendere e
rispettosi dei ruoli e delle istituzioni.
L’alunno della scuola italiana è anche quel pierino, ma quel pierino è frutto spesso di una famiglia che
non c’è, di una società che non è in grado di supplire all’assenza della famiglia, di una scuola che talvolta
preferisce non vedere piuttosto che intervenire. Quel pierino è spesso frutto del martellamento continuo
con cui i media propongono il sesso ad ogni costo, la donna nuda ad ogni costo, la donna con una parvenza
di vestito come valletta, velina e spesso oggetto, accanto all’uomo vestito di tutto punto, con vestito,
cravatta e gilet, sotto le potenti luci dei riflettori, entrambi promoter, occulti ma non tanto, dello stilista
di turno ben evidenziato nei titoli di coda. Quel pierino è spesso frutto della vergognosa offerta di denaro
facile distribuito nei vari quiz a tutte le ore e su tutte le reti. Spesso, o quasi sempre, quel pierino è
vittima di un mondo che offre tutto a tasso zero senza anticipo con pagamento fra sei mesi, un mondo che
invita a coniugare incessantemente il verbo avere ma che sembra abbia dimenticato completamente il
verbo essere.
Spesso quel pierino è vittima di certi slogan, presi a prestito dalla letteratura ma adattati all’industria,
come life is now, e allora pierino vuole essere a modo suo protagonista, vuole vivere adesso il suo
momento di gloria. Magari mandando in circolo le foto porno carpite o scattate previo consenso alla
compagna di classe o alla professoressa sprovveduta, come si fa con una novità, come recita il verso di
una canzone di successo.
Rimboccarsi le maniche per noi dell’UCIIM deve significare adottare quel pierino, mettendo in moto,
ciascuno per il proprio ruolo ma in maniera sinergica, tutte le strutture interne ed esterne alla scuola, che
pure esistono ma che qualche volta ci sfuggono, perché
Pierino si accorga di essere importante e possa scoprire che intorno a lui si muove un mondo diverso da
quello proclamato da certe trasmissioni televisive; un mondo fatto di solidarietà, di amore, di sacrifici; un
mondo in cui ognuno non recita ma fa la propria parte per renderlo migliore;un mondo dove vivere adesso
ma affondando le radici nel passato per costruire il futuro; un mondo dove, se lo vogliamo insieme, c’è
posto per la speranza;un mondo dove proprio lui, Pierino, è importante perché creatura umana creata a
Sua immagine; un mondo dove tutti, e Pierino con gli altri, riconoscono l’importanza delle regole e dei
limiti con cui si costruisce faticosamente la propria libertà nel rispetto della libertà dell’altro; un mondo
dove Pierino deve sentirsi e deve operare in sintonia con quanti lo amano, perché il suo amore, unito
all’amore degli altri, possa generare amore. Ma perché Pierino si renda conto che il mondo che lo circonda
è un mondo così fatto è necessaria la nostra testimonianza. Anche per questo l’UCIIM è una presenza
indispensabile.
Franco Caravetta