Mosè – Un esempio “Per fede Mosè, fattosi

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Mosè – Un esempio “Per fede Mosè, fattosi
Mosè – Un esempio
“Per fede Mosè, fattosi grande, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia di faraone,
preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio, che godere per breve tempo i piaceri
del peccato; stimando gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto, perché
aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa.” (Ebrei. 11: 24-26)
I caratteri dei santi più eminenti di Dio, come dipinti e descritti nella Bibbia, formano una
parte molto utile della Santa Scrittura. Le dottrine astratte, i princìpi e i precetti sono tutti
molto utili in una certa maniera, ma non c’è niente di più utile di un esempio o un
campione. Vogliamo sapere che cos’è la santità pratica? Sediamoci a studiare il quadro
di un uomo santissimo. Mi propongo, in questo tema, di mettere davanti ai miei lettori la
storia di un uomo che viveva per fede e ci ha lasciato un campione di come, la fede può
promuovere la santità del carattere. A tutti quelli che vogliono sapere cosa significhi
“vivere per fede”, propongo l’esempio di Mosé.
L’undicesimo capitolo dell’epistola agli ebrei, dal quale viene il mio testo, è un gran
capitolo: merita di essere scritto in lettere dorate. Posso ben credere che sia stato
incoraggiante e rafforzante al giudeo convertito. Suppongo che nessuno dei primi
cristiani abbia trovato tanta difficoltà nella professare il cristianesimo quanto un ebreo.
La via era stretta per tutti, ma ancora di più per gli ebrei. La croce pesava a tutti, ma
senz’altro per un ebreo pesava il doppio. Questo capitolo voleva essere per loro una
ventata di freschezza come un cordiale; sarà stato come il “vino a chi ha il cuore
amareggiato.” Le sue parole saranno state “gentili come un favo di miele; dolcezza
all’anima, salute alle ossa.” (Prov. 31: 6, 16:24)
I tre versetti che spiegherò credo siano i più interessanti del capitolo. Credo che pochi
versetti attirino la nostra attenzione quanto questi. Spiego il perché.
Mi sembra che l’opera della fede descritta nella storia di Mosè sia la più vicina a tutti noi.
Gli uomini di Dio che sono nominati nella prima parte del capitolo sono tutti,
indubbiamente, grandi esempi per noi. Ma noi non possiamo fare letteralmente quello che
hanno fatto loro anche se abbiamo un grande spirito di sacrificio e d'obbedienza quanto
loro. Non siamo chiamati ad offrire un sacrificio attuale come fece Abele né a costruire
un’arca attuale come fece Noè, nemmeno a lasciare letteralmente la propria patria per
vivere nelle tende e offrire il nostro “Isacco” come fece Abramo. Invece la fede di Mosè
ci tocca più da vicino; sicuramente la sua fede ha operato in esperienze più simili alle
nostre, esperienze che ogni credente coerente incontra sul suo cammino. Per questo
motivo credo che questi tre versetti meritano una considerazione più ampia.
Dirò solo cose semplici su questi versetti. Proverò solo a dimostrare la grandezza delle
cose fatte da Mosè e il principio che lo spinse a farle. E poi saremo più preparati per
l’istruzione pratica che i versetti indicano ad ognuno che la voglia ricevere.
A. Quello cui Mosè rinunciò e rifiutò.
Prima parlerò di quello cui Mosè rinunciò e rifiutò.
Mose abbandonò tre cose per la sua anima. Pensava che la sua anima non si potesse
salvare se le avesse trattenute per questo le rifiutò. E così facendo, posso affermare che
fece tre dei sacrifici più grandi possibili per il cuore dell’uomo. Vediamo.
1. Rinunciò al grado e alla grandezza.
“Rifiutò di essere chiamato il figlio della figlia del faraone.”
Conosciamo tutti la sua storia. La figlia del faraone gli aveva salvato la vita quand’era
piccino. Ed era andata ben oltre: lo aveva adottato e istruito come proprio figlio.
Secondo alcuni storici, era la figlia unica del faraone. Alcuni affermano che Mosè
sarebbe diventato faraone dell’Egitto se le cose fossero andate in modo usuale. Ci basta
sapere che per l’adozione ricevuta dalla figlia del faraone, Mosè poteva diventare un
grand’uomo se avesse voluto. Se fosse stato contento dello stato in cui si trovava alla
corte egiziana, sarebbe potuto diventare tra i primi (se non il primo) di tutto l’Egitto.
Fermiamoci per un attimo a riflettere a quanto fosse grande questa tentazione.
Era un uomo con passioni del tutto simili alle nostre. Poteva ottenere la più alta
grandezza che si possa trovare sulla terra. Il grado, il potere, il posto, l’onore, i titoli, le
dignità – erano tutti davanti a lui e tra le sue mani. Per queste cose molti uomini lottano
di continuo. Per queste cose c’è gara continua nel mondo tra le persone. Per essere
qualcuno, per essere rispettato, per apparire agli occhi della società, per avere un titolo
molti sacrificano il tempo, il pensiero, la salute e tutta la vita. Invece Mosè non le ha
volute nemmeno come regalo. Voltò le spalle a queste cose. Le rifiutò. Rinunciò ad esse!
2. E ancora di più, rinunciò al piacere.
Il piacere d'ogni genere, senz’altro, era a sua disposizione, se avesse voluto goderne – il
piacere sensuale, il piacere intellettuale, il piacere sociale – qualsiasi cosa volesse.
L’Egitto era una nazione d'artisti, una residenza per uomini colti, una meta per tutti quelli
con delle abilità oppure di scienza di qualsiasi materia. Tutto ciò che poteva soddisfare
“la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita” si
poteva avere, chiedere e possedere facilmente come suo. (1 Giovanni. 2: 16)
Pensiamo di nuovo a quanto fosse grande questa tentazione.
Il piacere, lo ricordiamo, è una cosa per cui vivono milioni di persone. Hanno magari
delle opinioni diverse sul significato del vero piacere, ma sono tutti d’accordo che
bisogna cercarlo prima di tutto. Il piacere e il divertimento durante le ferie è la grande
meta che il bambino aspetta. Il piacere e la soddisfazione di diventare indipendente è lo
scopo su cui il giovane uomo d'affari mette la sua attenzione. Il piacere e la facilità ad
andare in pensione con un mucchio di soldi è la meta del mercante. Il piacere e il
conforto del corpo sono le speranze del povero. Il piacere e l’eccitazione fresca nella
politica, nei viaggi, nei divertimenti, in compagnia, nei libri sono lo scopo che cerca il
ricco. Il piacere è l’ombra che tutti cercano – alti e bassi, ricchi e poveri, vecchi e
giovani - tutti in qualche modo lo cerca no e ci si chiede in segreto perché non si riesce a
raggiungerlo; ognuno è convinto che si trovi da qualche parte. Quest’era la tazza che si
trovava alle labbra di Mosè. Avrebbe potuto bere quanto gli pareva del piacere terrestre,
ma non lo ha voluto. Gli voltò le spalle. Lo rifiutò. Rinunciò ad esso!
3. E ancora più di questo, rinunciò alle ricchezze.
“I tesori dell’Egitto” è un’espressione che sembra parlare dell’abbondanza di cui Mosè si
poteva impossessare e godere se fosse stato contento di rimanere “il figlio” della figlia
del faraone. Possiamo pensare che quei tesori sarebbero stati una grande fortuna. Ne
rimane ancora abbastanza in Egitto da darci una vaga idea dei soldi a disposizione del suo
re. Le piramidi, gli obelischi, i templi e le statue sono ancora in piedi per testimoniare
delle ricchezze d’Egitto. Le rovine a Carnac, Luxor, Denderah e in molti altri posti sono
ancora gli edifici più potenti del mondo. Testimoniano fino ad oggi che l’uomo che
rinunciò alla ricchezza egiziana, rinunciò ad una cosa che anche le nostre menti
avrebbero difficoltà a calcolare.
Pensiamo ancora una volta a quanto fosse grande questa tentazione.
Consideriamo per un momento il potere del denaro e l’influenza immensa che “l’amore
del denaro” esercita sulla mente degli uomini. Guardiamoci intorno e osserviamo quanto
l’uomo lo desideri e quanti dolori e difficoltà è disposto ad incontrare pur di ottenerlo. Se
gli si parla di un’isola lontana migliaia di chilometri dove si trova una cosa di cui si
potrebbe approfittare subito una flotta partirà per andare a prendere q uella cosa. Se gli
dimostri un modo per guadagnare una percentuale in più del suo denaro, sarai considerato
tra gli uomini più saggi e sarà disposto a venerarti. Il possesso del denaro sembra
nascondere i difetti, coprire i falli, vestire l’uomo delle virtù. La gente ti può perdonare
molto se sei ricco. Ma ecco qui un uomo che poteva diventare ricco e non lo ha voluto.
Non ha voluto i tesori egiziani. Gli ha voltato le spalle. Li rifiutò. Ha rinunciato a loro.
Ecco le cose che Mosè rifiutò: il grado, il piacere e le ricchezze, tutti e tre insieme.
E bisogna aggiungere che lo fece in modo deliberato, scegliendo liberamente. Non
rifiutò queste cose in un attimo di follia di giovinezza. Aveva quarant’anni. Sapeva quel
che faceva. Era un uomo molto colto, “istruito in tutta la sapienza degli Egiziani.” (Atti
7:22) Era capace di considerare i due lati della moneta.
E bisogna aggiungere che non li rifiutò perché le circostanze lo obbligavano. Non era
come l’uomo che sta morendo che afferma che non desidera più niente in questo mondo,
perché sta per lasciare il mondo e non se lo può tenere. Non era come il povero che crea
una virtù dalla necessità e dichiara che non vuole ricchezze, perché non le può avere.
Non era come il vecchio che si vanta afferma ndo che ha lasciato da parte i piaceri di
questo mondo, perché è stanco e non li può più godere. No! Mosè rifiutò quello che
avrebbe potuto ottenere e godere. Il grado, il piacere e le ricchezze non hanno lasciato
lui, ma lui li ha lasciati.
E poi giudica se ho ragione ad affermare che il suo è stato uno dei sacrifici più grandi mai
fatti dall’uomo. Degli altri hanno rifiutato molto ma mai nessuno, credo, quanto Mosè.
Molti altri sono stati bravi nel sacrificio, ma lui lo è stato più di tutti.
B. Quello che Mosè scelse.
Ora vado avanti alla seconda cosa che vorrei considerare. Parlerò di quello che Mosè
scelse.
Penso che le sue scelte siano meravigliose quanto i rifiuti. Scelse tre cose per la sua
anima. Seguì la via della salvezza, e così facendo scelse tre delle ultime cose che l’uomo
sia disposto a scegliere.
1. Scelse la sofferenza e l’afflizione.
Lasciò indietro l’agio e il conforto della corte del faraone e apertamente si schierò dalla
parte dei figli d’Israele. Era un popolo schiavo e perseguitato, era sospettato e odiato e
chiunque gli diventasse amico avrebbe sicuramente bevuto dalla tazza amara da cui
beveva quotidianamente.
Non sembrava certo possibile per il popolo ottenere liberazione dalla schiavitù d’Egitto
senza una lotta lunga e incerta. Una casa sicura e una nazione stabile sembravano una
cosa da non poter ottenere mai, malgrado lo desiderassero in tanti.
Se c’è stato mai un uomo a scegliere il dolore, le tribolazioni, la povertà, il bisogno, la
tristezza, l’ansia, magari anche la morte, deliberatamente, Mosè è quell’uomo.
Pensiamo a quanto fosse meravigliosa la sua scelta.
La carne e il sangue naturalmente si allontanano dal dolore, è naturale per ognuno di noi.
Ci ritiriamo per istinto dalla sofferenza, e la evitiamo se possibile. Se due strade ci
stanno davanti, ed entrambe sembrano giuste, di solito prendiamo quella che è meno
inconveniente alla carne e al sangue. Passiamo i nostri giorni in paura e ansia quando
pensiamo che l’afflizione si avvicini, e usiamo qualsiasi mezzo per scappare. E quando
avviene, ci agitiamo e mormoriamo sotto il suo peso, e se possiamo sopportarla con
pazienza pensiamo che sia una cosa grande.
Ma guarda qui. Ecco un uomo con le nostre stesse passioni, scegliere l’afflizione. Mosè
vide la coppa della sofferenza che gli stava davanti se andava via dalla corte del faraone e
la scelse, la preferì, la prese.
2. Scelse d'essere compagno di un popolo odiato.
Lasciò la società dei grandi e saggi, nella quale era cresciuto, e si unì ai figli d’Israele.
Lui, che fin dall’infanzia era stato in mezzo alla grandezza, alle ricchezze e al lusso, scese
dal suo stato alto e si aggiunse ai poveri – schiavi, servi, oppressi, afflitti, tormentati –
lavoratori alla fornace per mattoni.
Quant’era meravigliosa la sua scelta!
Di solito pensiamo che basti portare i nostri propri pesi. Ci dispiace per gli altri che sono
poveri e odiati. Magari cerchiamo di aiutarli, diamo dei soldi per innalzarli, parliamo al
loro posto a quelli da cui dipendono, ma di solito ci fermiamo qui.
Ma ecco un uomo che fa molto di più. Non solo gli dispiace per gli israeliti odiati, ma si
abbassa fino a loro, si aggiunge alla loro società e vive con loro. Chiediti se un grande
uomo in Grosvenor o Belgrave Square lascerebbe la casa e la fortuna e il posto in società
e andrebbe a vivere con niente in una viuzza a Bethnal Green per fare del bene. Questo
ci da una piccola idea della scelta che fece Mosè. Vide un popolo odiato e scelse la loro
compagnia invece quella dei nobili del paese. Divenne uno di loro, il loro compagno di
tribolazione, il loro alleato, il loro socio, il loro amico.
3. Scelse il rimprovero e il disprezzo.
Chi può concepire la torrente di derisione e umiliazione che Mosè avrebbe dovuto
sopportare, tornando dalla corte del faraone ad Israele. Gli uomini gli avrebbero detto
che era pazzo, scemo, debole, stupido. Avrebbe perso la sua influenza, avrebbe perso il
favore e la buona opinione di tutti coloro con chi aveva vissuto. Ma nessuna di queste
cose lo smosse. Lasciò la corte e si unì agli schiavi.
Riflettiamo di nuovo a quanto sia costata questa scelta.
Ci sono poche cose più forti della derisione e dello scherno. Possono fare più della
inimicizia aperta e della persecuzione. Molti uomini che sono stati pronti a mettersi
davanti alla bocca del cannone, manifestare per una speranza persa o marciare per un
ideale, hanno trovato impossibile subire la derisione di pochi compagni e si sono ritirati
per evitarla. Essere presi in giro, diventare uno scherzo, essere oggetto di scherno, essere
considerati deboli e scemi, essere considerato uno sciocco. Non c’è niente di molto grave
in tutto questo ma molti, purtroppo, non possono prendere la decisione di subire tanto.
Ma qui c’è un uomo che prese la decisione e non si ritirò dalla prova. Mosè previde il
rimprovero e il disprezzo davanti a se e li scelse e li accettò come la sua eredità.
Ecco le cose scelte da Mosè: l’afflizione, essere compagno di un popolo odiato, il
disprezzo e l’umiliazione.
Insieme a tutto questo c’è da aggiungere che Mosè non era una persona debole, ignorante,
analfabeta che non sapeva quello che faceva. E’ scritto che era “potente in parole e
opere,” ma scelse così. (Atti 7:22)
Ricordati anche delle circostanze della sua scelta. Non era obbligato a fare quella scelta.
Nessuno lo costrinse ad imboccare quella strada. Le cercò, non lo cercarono. Tutto
quello che fece, lo fece di sua propria volontà, volentieri.
E poi giudica se è vero che le sue scelte sono meravigliose quanto i suoi rifiuti.
Dall’inizio del mondo, suppongo, nessuno abbia mai fatto una scelta come quella di
Mosè.
C. Il principio che mosse Mosè.
Ora passo ad una terza cosa: ti voglio parlare del principio che mosse Mosè a fare quello
che fece.
Come si può giustificare la sua condotta? Quale ragione si può dare? Rifiutare quel che
di solito è chiamato buono e scegliere quel che di solito è ritenuto cattivo non è la via
della carne e del sangue. Non è la maniera dell’uomo; ci vuole una spiegazione. Quale
sarà la spiegazione?
Troviamo la risposta nel brano. Si trova in una piccola parola, e quella parola è “fede.”
Mosè aveva fede. La fede era la causa prima della sua meravigliosa condotta. La fede lo
fece agire come agì, scegliere quello che scelse e rifiutare quello che rifiutò. Fece tutto
perché aveva fede.
Dio gli mise davanti agli occhi della mente la Sua volontà e il Suo scopo. Dio gli rivelò
che un Salvatore sarebbe nato dai figli d’Israele e che delle grandi promesse, ancora da
compiere, appartenevano ai figli d’Abramo. Dio gli rivelò che il tempo era giunto per
adempiere parte delle promesse, Mosè pose la sua fede in questo e credette. Ogni passo
della sua meravigliosa carriera, ogni azione nel viaggio della vita dopo la sua partenza
dalla corte del faraone, la sua scelta che sembrava del maligno, il suo rifiuto di quello che
sembrava buono – tutto trae origine a questa fonte. Dio gli aveva parlato e pose fede
nella Parola di Dio.
Credeva che Dio avrebbe tenuto le Sue promesse – che quello che aveva affermato nel
Suo patto avrebbe mantenuto.
Credeva che a Dio niente fosse impossibile. La ragione e il senso potrebbero ritenere che
la liberazione d’Israele fosse fuori del possibile: gli ostacoli erano troppi, le difficoltà
troppo grandi. Ma la fede disse a Mosè che Dio era autosufficiente. Dio aveva iniziato il
lavoro e lo avrebbe compiuto.
Credeva che Dio fosse onnisciente. La ragione e il senso gli avrebbero potuto suggerire
che la sua strada era assurda, che rifiutando di essere considerato figlio della figlia del
faraone rinunciava alla sua posizione influente quindi utile, distruggendo qualsiasi
opportunità di aiutare il suo popolo. Ma le fede assicurava Mosè che se Dio diceva, “Vai
per questa strada”, quella era la cosa migliore.
Credeva che Dio fosse misericordioso. La ragione e il senso potrebbero suggerire che un
modo più gradevole per la liberazione era possibile, che era possibile raggiungere un
compromesso e quindi evitare molti guai. Ma la fede disse a Mosè che Dio era amore e
che non avrebbe dato al suo popolo una goccia amara in più di quel che era assolutamente
necessario.
La fede fu un telescopio per Mosè. Gli fece vedere la buona terra lontana – il riposo, la
pace e la vittoria, quando la ragione accecata poteva vedere soltanto la prova e l’aridità,
la tempesta e il temporale, la fatica e il dolore.
La fede era un interprete per Mosè. Gli fece trovare un significato confortevole negli
ordini oscuri di Dio, quando il senso ignorante non vedeva che il mistero e la
sciocchezza.
La fede assicurò Mosè che tutto il potere e la grandezza appartenevano alle cose terrene,
mondane, cose povere, vane e vuote, deboli, destinate a passare rapidamente e presto e
che non era la vera grandezza come quella di servire Dio. Era meglio essere l’ultimo in
cielo che il primo all’inferno.
La fede convinse Mosè che i piaceri del mondo erano piaceri di peccato. Erano mescolati
con il peccato, portavano al peccato, rovinavano l’anima e non piacevano a Dio. Meglio
soffrire e ubbidire a Dio che stare bene nel peccato.
La fede affermava a Mosè che questi piaceri duravano solo per un periodo. Non
potevano durare; avevano vite corte e l’avrebbero stancato presto; avrebbe dovuto
lasciarli dopo pochi anni.
La fede lo assicurava che c’era un tesoro in cielo per il credente più ricco dei tesori
d’Egitto, tesoro durevole, dove la ruggine non può corrompere, nemmeno i ladri entrare e
rubare. La corona riservata in cielo sarebbe stata incorrotta; la gloria sarebbe stata eterna,
e la fede gli ordinò di guardare un cielo che con occhi attratti dall’oro egiziano non
avrebbe potuto vedere..
La fede disse a Mosè che l’afflizione e la sofferenza non erano vere malignità. Erano,
invece, la scuola di Dio, in cui istruisce i figli della grazia per la Sua gloria; i medicinali
che servono a purificare le nostre volontà corrotte, la fornace che deve bruciare la nostra
scoria; il coltello che deve tagliare i legami che ci legano al mondo.
La fede assicurò Mosè che gli israeliti odiati erano il popolo scelto di Dio. Credeva che a
loro appartenessero l’adozione e il patto, le promesse e la gloria: che dal loro seme
sarebbe nato un giorno, chi avrebbe ferito il capo del serpente; che la benedizione
particolare di Dio era su di loro, perciò era meglio essere un portiere tra il popolo di Dio
che regnare ai palazzi della malignità.
La fede disse a Mosè che tutto il disprezzo e lo sdegno nei suoi confronti erano il
rimprovero per aver scelto Cristo, che era onorevole essere derisi e odiati per Cristo, che
chiunque perseguitasse il popolo di Cristo perseguitava Cristo stesso, e che sarebbe
arrivato il giorno quando i Suoi nemici si sarebbero inginocchiati davanti a Lui per
leccare la polvere. Tutto questo e di più, di cui non posso parlare in modo particolare,
Mosè vide per fede. Queste erano le cose in cui credeva, e credendo, fece quello che
fece. Era convinto di esse e le abbracciò, le prese per certezze, le guardò come verità
sostanziose, le contò certe come se le avesse viste, agì come se fossero realtà – e questo
lo rese l’uomo che era. Aveva fede. Credeva.
Non ti meravigliare del fatto che rifiutò la grandezza, le ricchezze e il piacere. Guardava
molto in avanti. Vedeva con l’occhio della fede i regni crollare, le ricchezze volare via, il
piacere portare alla morte e al giudizio, e solo Cristo e il Suo piccolo gregge durare per
sempre.
Non ti chiedere perché abbia scelto l’afflizione, un popolo odiato e il rimprovero.
Vedeva le cose profonde. Vedeva con l’occhio della fede l’afflizione che dura solo un
attimo, il rimprovero portato via e terminato nell’onore eterno, e il popolo odiato di Dio
regnare come re con Cristo in gloria.
Non aveva forse ragione? Non ci parla anche dalla morte, oggigiorno? Il nome della
figlia del faraone è scomparso, o almeno si nomina molto raramente. La città dove
regnava il faraone è sconosciuta. I tesori dell’Egitto sono scomparsi. Il nome di Mosè,
invece, si riconosce ovunque sia letta la Bibbia, e testimonia ancora che chiunque vive
per fede, è veramente la persona che conta e lascia una vera traccia perciò è veramente
beato.
D. Lezioni pratiche
In conclusione tenterò di mettere in ordine alcune lezioni pratiche che mi sembrano
conseguenze legittime della storia di Mosè.
Molti si chiederanno: “Che relazione ha tutto questo con noi?” “Noi non viviamo in
Egitto, non abbiamo visto dei miracoli, non siamo israeliti, siamo stanchi del soggetto.”
Se questo è il pensiero del tuo cuore, con l’aiuto di Dio voglio mostrarti che tutti possono
imparare e ricevere istruzione da questa storia. Chi vuole vivere la vita cristiana e essere
un vero uomo santo, faccia attenzione alla storia di Mosè e ne cerchi il significato.
1. Se vuoi essere salvato, devi fare la scelta che fece Mosè – bisogna scegliere Dio
anziché il mondo.
Sta attento a quel che affermo. Non trascurare questo. Non sto affermando che il politico
debba lasciare il parlamento, nemmeno che il ricco debba rifiutare la sua proprietà.
Nessuno pensi che io intenda questo. Dico, invece, che se un uomo vuole essere salvato,
a qualsiasi classe appartenga, si prepari alla lotta. Deve prendere la decisione di scegliere
molto che sembra maligno, e rifiutare e rigettare molto che sembra buono.
Tutto questo sembrerà strano ad alcuni che leggono queste pagine. Lo so bene che avrai
una certa forma di religione e che non ne trovi niente di male. C’è una specie di
cristianesimo mondano oggigiorno, che in molti hanno e pensano che basti – un
cristianesimo povero, che non offende nessuno, e non richiede nessun sacrificio, che
costa niente e vale niente. Non parlo di questa religione.
Ma se sei serio veramente per quanto riguarda la tua anima, se la tua religione vale più di
un bel cappotto della domenica, se hai deciso di vivere secondo la Bibbia, se vuoi essere
un cristiano del Nuovo Testamento, allora, ripeto, che sentirai ben presto il bisogno di
portare una croce. Devi sopportare delle cose difficili, devi soffrire per il bene della tua
anima, come fece Mosè, altrimenti non c'è salvezza.
Il mondo del novecento è il mondo di sempre. I cuori degli uomini sono sempre uguali.
Le offese della croce non si sono fermate. Il vero popolo di Dio è ancora un piccolo
gregge odiato. La vera religione evangelica si porta dietro il rimprovero e il disprezzo.
Un vero servo di Dio considerato da molti un entusiasta debole e uno sciocco.
Ma questo è il punto. Vuoi salvare la tua anima? Dunque, ricorda che devi scegliere chi
servire. Non puoi servire Dio e mammona (ricchezza). Non puoi essere dalle due parti
contemporaneamente. Non puoi essere un amico di Cristo e un amico del mondo
contemporaneamente. Devi uscire dai figli di que sto mondo e separarti; devi sopportare
tanto disprezzo, difficoltà e opposizione o sarai perso per sempre. Devi essere pronto a
pensare e a fare delle cose che il mondo pensa siano sciocche e a tenere le opinioni di
pochi. Ti costerà qualcosa. La corrente è forte e la devi fermare. La via è stretta e
ripida. Ma, fidati, non c’è una religione che salva senza i sacrifici e la negazione di se
stessi.
Fai dei sacrifici? Ti costa qualcosa la tua religione? Lo chiedo alla tua coscienza con
tanto affetto e tanta tenerezza. Come Mosè, preferisci Dio al mondo oppure no? Ti
prego di non rifugiarti sotto quella parola pericolosa “noi” – “noi dovremmo ”, e “noi
speriamo ”, e “noi intendiamo ”, e altre espressioni simili. Ti chiedo chiaramente: “cosa
fai tu?” Sei pronto a lasciare qualsiasi cosa ti separi da Dio o ti appoggi all’Egitto del
mondo e dici dentro di te, “Devo averlo, devo averlo, no, non me ne posso liberare?” C’è
una croce nel tuo cristianesimo? Ci sono degli angoli acuti nella tua religione, qualcosa
che inciampi con i pensieri mondani intorno a te? O è tutto liscio e si trova bene con i
costumi e la moda? Mai nessuno si beffa della tua fede? Nessuno ti pensa uno sciocco
per la tua anima? Hai lasciato la “figlia del faraone” e ti sei legato al popolo di Dio?
Hai scommesso tutto su Cristo? Cerca e vedi.
Sono delle domande difficili e delle questioni dure. Non posso farne a meno. Credo che
si fondano sulla verità della Scrittura. Mi ricordo che è scritto, “Or molta gente andava
con (Gesù); ed egli, rivolto verso la folla disse: “Se uno viene a me e non odia suo padre,
sua madre e la moglie, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere
mio discepolo. E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio
discepolo.” (Luca 14:25-27) Molti, temo, vorrebbero la gloria ma non la grazia.
Vorrebbero avere il salario ma non il lavoro, la raccolta ma non il lavoro, mietere il
campo non seminato, la ricompensa ma non la battaglia. Ma non è possibile. Come
disse Bunyan, “L’amaro deve precedere il dolce.” Se non c’è la croce, non ci sarà la
corona.
2. Niente ti renderà capace di scegliere Dio, invece del mondo, se non la fede.
Nient’altro lo farà. La sapienza non lo farà, il sentimento non lo farà, un’usanza regolare
di forme visibili non lo farà, buoni compagni non lo faranno. Tutti questi potrebbero fare
qualcosa, ma il frutto che producono non ha il potere di continuare; non durerà. Una
religione fondata su queste cose durerà finché non c’è la tribolazione o la persecuzione
per la Parola, ma appena arrivano, si seccherà. E’ un orologio senza la molla principale o
i pesi; la sua faccia sarà bella, potrai girarne le manopole, ma non camminerà. Una
religione che starà in piedi deve avere un fondamento vivente e può essere solo la fede.
Bisogna credere profondamente con il cuore che le promesse di Dio sono certe e
affidabili, credere veramente che ciò che Dio dice nella Bibbia è tutto vero e che ogni
dottrina contraria è falsa, qualsiasi cosa si dica. Bisogna profondamente credere che tutte
le parole di Dio sono da ricevere, quanto difficili e spiacenti alla carne e al sangue, e che
la Sua via è giusta e tutte le altre sono sbagliate. Questo ci deve essere o non uscirai mai
dal mondo per prendere la croce, seguire Cristo ed essere salvato.
Devi imparare a credere che le promesse sono migliori dei possessi. Le cose invisib ili
migliori di quelle visibili e le cose in cielo che non riesci a vedere migliori delle cose
terrene davanti ai tuoi occhi, la lode del Dio invisibile meglio della lode dell’uomo
visibile. Allora, e solo allora, farai una scelta come quella di Mosè e preferirai Dio al
mondo.
Ora chiedo ad ogni lettore di questo tema, possiedi questo tipo di fede? Se la possiedi,
troverai possibile rifiutare quello che sembra buono e scegliere quello che sembra
dannoso. Non penserai per niente alle perdite di oggi se guardi alla speranza di domani.
Seguirai Cristo anche al buio e gli starai accanto fino alla fine. Se non hai quel tipo di
fede, ti avviso che non riuscirai mai a combattere il buon combattimento e correre per
ottenere la ricompensa. Sarai presto offeso e ritornerai al mondo.
Soprattutto ci deve essere una vera fede che rimane costante nel Signor Gesù Cristo. La
vita che vivi nella carne la devi vivere per fede nel Figlio di Dio. Devi costantemente
appoggiarti su Gesù, guardare Gesù, prendere da Gesù la forza come manna della tua
anima. Devi arrivare a poter dire, “Per me il vivere è Cristo.” “Io posso ogni cosa in
colui che mi fortifica.” (F il. 1:21, 4: 13)
Questa era la fede per la quale i santi del passato ottennero un buon voto. La fede era
l’arma con cui vinsero il mondo. Essa li rese quel che erano. Era questa la fede che
incoraggiò Noè ad andare avanti nella costruzione dell’arca, mentre il mondo lo guardava
e se ne beffava; la stessa fede portò Abramo a dare la scelta del terreno a Lot e dimorare
ancora nelle tende; e Ruth a rimanere con Naomi e rifiutare la sua nazione e i suoi dei; e
Daniele a perseverare nella preghiera pur sapendo che la fossa dei leoni era preparata; e i
tre suoi amici a rifiutare di lodare gli idoli quando la fornace ardente stava davanti ai loro
occhi; e Mosè a lasciare l’Egitto senza temere la rabbia del faraone. Tutti si
comportarono così perché credevano. Vedevano le difficoltà e i pericoli di quelle scelte
ma vedevano Gesù per fede e la sua guida e andarono avanti. L’apostolo Pietro fa bene a
parlare della fede come “fede preziosa.” (1 Pietro 1:1)
3. La vera ragione per cui tanti sono mondani ed empi è che non hanno la fede.
Dobbiamo renderci conto che migliaia di cristiani professanti nemmeno per un minuto
farebbero le scelte di Mosè. E’ inutile dire cose belle e non rendersi conto di questa
realtà. Bisogna essere ciechi per non vedere migliaia intorno a se preferire il mondo a Dio
ogni giorno, mettendo le cose del tempo davanti alle cose dell’eternità, e le cose del
corpo davanti alle cose dell’anima. Magari non lo vogliamo ammettere e lo ignoriamo.
Ma è così.
E perché fanno così? Sicuramente daranno dei motivi e delle scuse. Alcuni parleranno
delle trappole del mondo, alcuni della mancanza di tempo, alcuni delle difficoltà
particolari della loro posizione, alcuni delle preoccupazioni e ansie della vita, alcuni della
potenza della tentazione, alcuni della potenza delle passioni, alcuni degli effetti delle
cattive compagnie. Invece c’è una ragione molto semplice: non credono.
In altre parole: non hanno fede.
Non credono che quello che Dio dice è vero. In segreto pensano: “Senz’altro non sarà
compiuto”. Pensano: “C i sarà sicuramente qualche altro modo per raggiungere il cielo
invece di quello di cui parlano i ministri; non ci sarà tanto pericolo di essere persi”. In
poche parole, non confidano completamente nelle parole scritte e dette da Dio. Non
credono del tutto nell’inferno e allora non ne hanno paura più di tanto; neppure al cielo e
allora non lo cercano; nemmeno alla colpa del peccato e non lo rifiutano; non del tutto
alla santità di Dio e allora non Lo temono; nemmeno al bisogno di Cristo e allora non
fidano in Lui e non Lo amano. Non confidano in Dio e non provano niente per Lui.
Come il ragazzo “Passione” nel libro Il pellegrinaggio cristiano, devono avere i loro
beni ora. Non confidano in Dio e non possono aspettare.
Allora, noi come ci comportiamo? Crediamo nella Bibbia? Facciamoci la domanda di
prima: “C he tipo di fede hai tu?”. Contento l’uomo che può mettere la mano sul petto e
dire, “Sono un vero credente.”
Parliamo degli infedeli a volte come se fossero persone rare al mondo. Ma c’è una gran
quantità d’infedeltà pratica intorno a noi che alla fine è pericolosa quanto le idee Voltaire
e Paine. Sono in tanti che domenica dopo domenica recitano il credo e sono sicuri di
dichiarare di credere in tutto quello che afferma il credo apostolico e niceno. Eppure
queste stesse persone vivono tutta la settimana come se Cristo non fosse mai morto, come
se non ci fosse il giudizio, e nemmeno la risurrezione dei morti, e nessuna vita eterna.
Sono in tanti che dicono, “sappiamo tutto,” quando si parla loro delle cose eterne e del
valore delle loro anime. Eppure le loro vite dimostrano chiaramente che non sanno
niente come dovrebbero, e la parte più triste del loro stato è che pensano di saperlo.
E’ una verità terribile e merita tanta considerazione che la sapienza non messa in azione,
davanti a Dio, non è solo inutile e senza profitto ma anche dannosa. Aggiungerà alla
nostra condanna e aumenterà la nostra colpa il giorno del giudizio. Una fede che non
influenza la pratica dell’uomo non è vero cristianesimo. Ci sono due sole classi nella
chiesa di Cristo – quella che crede e quella che non crede. La differenza tra il vero
cristiano e colui che lo confessa soltanto all’esterno si trova in un solo pensiero, il vero
cristiano è come Mosè, “ha v era fede;” colui che lo confessa soltanto all’esterno non la
possiede. Il vero cristiano crede e allora vive come crede, colui che lo confessa soltanto
all’esterno non crede ed è quello che è. Dov’è la nostra fede? Non siamo infedeli ma
credenti.
4. Il vero segreto per fare cose grandi per Dio è avere una fede grande.
Credo che siamo tutti disposti a sbagliare su questo punto. Pensiamo troppo e parliamo
troppo della grazia e dei doni e degli scopi ottenuti e non ci ricordiamo abbastanza che la
fede e la radice e la madre di tutti. Camminando con Dio, un uomo andrà finché crede e
non oltre. La sua vita sarà sempre proporzionata alla sua fede. La sua pace, la sua
pazienza, il suo coraggio, il suo zelo, le sue opere – saranno secondo la sua fede. Leggi
le vite dei cristiani eminenti, di uomini come Wesley o Whitefield o Venn o Martyn o
Bickersteth o Simeon o M’Cheyne e dirai, “Che grandi doni e grandi benedizioni
avevano quegli uomini!” Rispondo che devi onorare la loro fede. Pensaci su, la fede era
la molla principale nel carattere di ognuno di loro.
Sento qualcuno dire, “Pregavano tanto; la preghiera li rese quel che erano.”
Ti chiedo: perché pregavano tanto ? Semplicemente perché avevano tanta fede. Cos’è la
preghiera se non la fede che parla a Dio?
Un altro magari dirà, “Erano così diligenti e laboriosi; ecco perché hanno avuto
successo.” Rispondo, perché erano così diligenti? Semplicemente perché avevano fede.
Cos’è la diligenza cristiana se non la fede all’opera.
Qualcuno dirà, “Avevano tanto coraggio, ecco perché erano così utili.”
Chiedo, perché avevano tanto coraggio? Semplicemente perché avevano tanta fede.
Cos’è il coraggio cristiano se non la fede che opera?
E un altro griderà, “Era la loro santità e la loro spiritualità a renderli forti.” Per l’ultima
volta rispondo, perché erano santi? Perché erano animati da una forte fede. Cos’è la
santità se non la fede visibile e incarnata.
Allora, c’è un lettore di questo tema che desidera crescere nella grazia e nella conoscenza
del nostro Signor Gesù Cristo? Vuoi portare molto frutto? Vuoi essere santo e utile?
Vuoi brillare e splendere come una luce al tuo tempo? Vuoi affermare chiaramente come
Mosè che hai scelto Dio davanti al mondo? Sono certo che ogni credente risponderà, “Sì,
sì, sì, sono le cose che desideriamo.”
Allora segui il consiglio che ti do oggi: va a gridare al Signore Gesù Cristo, come fecero i
discepoli, “Signore, aumenta la nostra fede.” La fede è la radice del carattere di un vero
cristiano. Se la tua radice è a posto, il tuo frutto abbonderà. La tua prosperità spirituale
sarà secondo la tua fede. Colui che crede sarà salvato, ma non solo, non avrà sete,
vincerà, sarà stabile, camminerà sulle acque di questo mondo e farà cose grandi.
Lettore, se credi nelle cose scritte in questo tema, e desider i essere un uomo santo,
comincia a camminare nella tua fede. Prendi l’esempio di Mosè. Segui i suoi passi. Va
e fa così.