SETTIMANA n. 4/03

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SETTIMANA n. 4/03
SETTIMANA 11-2013 v8:Layout 1 12/03/2013 14.08 Pagina 5
Se la politica
vede le Stelle
C apire prima di valutare. Anche quando l’og-
getto da studiare si presenta con forme, modalità e metodi (oltre che personaggi) che sono
fuori degli schemi interpretativi correnti. Specie quando è la realtà ad imporsi con la forza
dei fatti e ti costringe ad indagare se non vuoi
sbagliare. È il caso del “Movimento 5 Stelle”
che ha invaso il Parlamento con una forza che
nessuno aveva previsto, che la nostra pigra capacità d’analisi aveva rimosso (era sostanza o
accidente?) ma che, evidentemente, esisteva
nel profondo della società, visto l’esito delle
urne.
Che cosa è dunque questo nuovo soggetto
politico? Per rispondere è obbligatorio rifarsi
ai suoi testi fondativi. Si apprende così che si
tratta di una “non-associazione” che «rappresenta una piattaforma ed un veicolo di confronto e di consultazione che trae origine e
trova il suo epicentro nel blog www.beppegrillo.it», che ne è la sede e l’indirizzo. Tanto si
legge nel “non-statuto” del movimento che rappresenta dunque un’entità virtuale, come è
proprio del mondo informatico, anche se poi
si materializza nel «contrassegno registrato a
nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti
d’uso dello stesso».
“Non-associazione”, “non-statuto”; ma proprio il blog spiega che si tratta di «una libera associazione di cittadini», che «non è un partito
politico né si intende che lo diventi in futuro».
Dunque, «non ideologie di sinistra o di destra,
ma idee». Infatti, «vuole realizzare un efficiente
ed efficace scambio di opinioni e confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità
dei cittadini il ruolo di governo e di indirizzo
normalmente attribuito a pochi».
La “totalità” che governa. Fin dal momento
genetico si comprende così che il rapporto fondamentale che si intende instaurare, senza mediazione alcuna, è quello che intercorre tra il
blog (e quel che vi si esprime) e la “totalità dei
cittadini”. Il fine dichiarato è quello di «raccogliere l’esperienza maturata nell’ambito del
blog, degli incontri (meetup) e di altre iniziative popolari» per «costituire, nell’ambito del
blog stesso, lo strumento di consultazione per
l’individuazione, selezione e scelta di quanti
potranno essere candidati a promuovere le
campagne di sensibilizzazione sociale, culturale e politica promosse da Beppe Grillo così
come le proposte e le idee condivise nell’ambito del blog www.beppegrillo.it, in occasione
delle elezioni per la Camera dei deputati, per
il Senato della Repubblica o per i Consigli regionali e comunali, organizzandosi e strutturandosi attraverso la rete Internet cui viene riconosciuto un ruolo centrale nella fase di adesione al MoVimento, consultazione, deliberazione, decisione ed elezione». Infine, si ribadisce l’esclusione di «organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli
utenti della rete il ruolo di governo e di indirizzo normalmente attribuito a pochi».
La dimensione monarchica. In sintesi: in
principio era la “rete”; e la “rete” è il medium e
il fine di un’impresa che si presenta come “democrazia totale”, anche se poi sfocia in una dimensione… monarchica. In effetti, tutto ruota
attorno al blog e quindi al suo detentore-animatore. Quotidianamente, e talora più volte al
giorno, vi appaiono le proposizioni con cui
l’uomo di riferimento unico – Grillo – si pronuncia sulle situazioni e sui problemi che ritiene importanti per l’azione del movimento;
e su quelli si apre il dibattito al quale può partecipare chiunque, fruendo del massimo di opportunità e anche di confusione che la rete offre. Tutto è pubblico, tutto è alla luce del sole.
La condivisione è massima. Basta scorrere gli
interventi di un giorno qualsiasi su un tema
qualsiasi per rendersi conto che veramente
non esiste limite: su ogni argomento trovi tutto
e il suo contrario, con alternanza tra argomenti
propositivi, sagge considerazioni e invettive
deflagranti. Trovi il consenso alle idee proposte
e trovi anche il dissenso. Tutto viene registrato.
Ma qui è l’inciampo. Il procedimento non è
neutrale. All’inizio, c’è la soggettività carismatica di Beppe Grillo che conferisce autorità agli
impulsi trasmessi. Alla fine, c’è la selezione
delle opinioni che è del tutto centralizzata,
come sempre accade nei processi informatici.
I quali, per la loro stessa logica, imperniata sul
“sistema binario” per cui ci si esprime o con un
SI o con un NO, limitano il perimetro del ragionamento e della scelta, specie in politica
dove il tertium va sempre tenuto presente.
Il processo che riconduce all’unità di comando centrale i segnali di una periferia multiforme è analogo a quello descritto nella tecnica dei “sondaggi deliberativi”, cui si richiamano gli scenari della “democrazia partecipativa”: prima si somministra una sollecitazione
al “pubblico”, che si esprime liberamente; poi
si fornisce allo stesso pubblico una batteria di
informazioni supplementari; come nel sillogismo classico, la conclusione sarà determinata
da tale “termine medio”, la cui gestione, nel
caso nostro, è tutta nelle mani di chi controlla
i flussi. Qualcuno ha parlato di “plebiscitarismo informatico”.
Una sorta di… idraulico liquido. Che l’impianto abbia funzionato è fuori discussione. Da
discutere – anche se tardivamente – è invece
l’effetto prodotto non tanto sui numeri del
voto, che restano imponenti, ma sulla qualità
dello sviluppo politico che ne può derivare.
Grillo è riuscito a trasmettere agli elettori una
serie di messaggi estremamente semplificati
che si sono concentrati su questioni aperte e
drammatiche del vissuto delle persone e dei
giovani, oltre che sull’indignazione per le devianze e i ritardi della politica “tradizionale”.
Le folle che gremivano le piazze cercavano uno
sbocco che il sistema politico negava. C’era una
lista d’attesa troppo lunga: il “movimento” consentiva – come si è notato – di aggirare la fila
inventandone un’altra più svelta ed efficace.
A tanti è parso che si potesse portare a con-
Dal blog al Parlamento: qualche
nota sull’origine, la natura (e le
contraddizioni) del movimento
di Beppe Grillo ai primi passi
della nuova esperienza. I nove
milioni di voti conquistati dal
M5S lo convinceranno del
“dovere di governare”?
clusione la vecchia storia dei canali intasati
della politica e dell’impeto risolutore – una
sorta di “idraulico liquido” – che finalmente li
sblocca. L’attacco frontale ai partiti senza distinzione, il “siete circondati” con l’invito alla
resa, ha trovato nelle urne un riscontro forse
superiore alle attese, ma non fino al punto da
mettere in dubbio l’ambizione della conquista
del “cento per cento” del Parlamento come
momento di affermazione di un nuovo habitat
politico in cui celebrare, per conseguimento
del fine, la gioiosa dissoluzione del movimento.
I primi passi dell’esperienza parlamentare
sono una prova severa sia per i neoeletti che
per il “centro dirigente”, nelle figure del comico genovese (ormai sopraffatto dal ruolo
politico) e della “mente” cibernetica del meccanismo, quel Casaleggio di cui si parla con la
riverenza dovuta al mistero. I candidati si
erano allenati al di fuori di una cultura delle
istituzioni, se non come entità da bonificare e
da controllare, con propensione a ridurne il
ruolo in quanto espressioni di un filtraggio indebito dell’autonomia popolare. I gestori degli impulsi centrali e del “marchio” immaginavano di poter dislocare la compatta falange
degli eletti sulle sponde di un’opposizione che
fosse comunque lontana da un qualsiasi “dovere di governare”.
A confronto con l’imprevisto. Viceversa, il
clamoroso responso delle urne e poi l’invitosfida del Pd, per quanto problematico, hanno
portato anche loro a confronto con l’imprevisto. Ne fa fede il fatidico blog. Sul quale c’è chi
insiste sul programma massimo: «Terrei la Camera dei deputati e abolirei il Senato della Repubblica, terrei il governo centrale e i comuni
e abolirei le province e (dopo gli scandali e gli
sperperi di Sicilia, Lazio, Lombardia, Puglia
ecc.) anche le regioni. Poi una miriade di enti
previdenziali, di associazioni (a delinquere),
fondazioni, compagnie, istituti e chi più ne ha
più ne mette. Insomma, un'opera di pulizia che
solo noi cittadini possiamo fare». Ma c’è pure
chi si interroga: «Per essere rivoluzionario, il
M5S non dovrebbe rispettare il suo non-statuto e fare un referendum online per decidere la
sua linea politica in Parlamento? I parlamentari 5 Stelle sono soltanto dei portavoce e Grillo
è solo un garante: non possono prendere decisioni senza consultare la rete».
Le cose sono a questo punto mentre scriviamo; e ogni pronostico è revocabile. Ma la
dialettica tra non-partito e non-gruppoparlamentare che si va profilando è fisiologica
e cerca comunque un esito. L’atteggiamento
iniziale della “centrale di comando” è tutto difensivo: limitare le esternazioni, proteggere i
neoparlamentari dagli assalti dei giornalisti. O
non sarà meglio rendersi conto che in democrazia (rappresentativa o diretta) prendere
nove milioni di voti non è conquistare il potere
ma entrare nel circuito della responsabilità?
Domenico Rosati
settimana 17 marzo 2013 | n° 11
attualità
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