Il gioco del bambino in ospedale
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Il gioco del bambino in ospedale
pubblicazioni Il gioco del bambino in ospedale Marta Nucchi, Professore associato in scienze infermieristiche, cliniche e pediatriche Univ. degli Studi di Milano P rivato del gioco, il bambino è come prigioniero tagliato fuori da tutto ciò che rende la vita reale e ricca di significato. Il gioco non è semplicemente il mezzo per imparare ciò che serve nella vita quotidiana. L’impulso di creare e raggiungere obiettivi, di lavorare giocando, permette al bambino di crescere nel corpo e nello spirito. Il gioco …permette al bambino di rivivere e affrontare le paure e le ansie che possono sopraffarlo. (Organizzazione mondiale per la prima infanzia) Per ogni bambino giocare è una cosa seria. Il gioco infantile è un lavoro vero e proprio, è una continua indagine conoscitiva per studiare e per comprendere il mondo; attraverso l’esplorazione, la manipolazione, l’imitazione, in maniera individuale oppure in gruppo – a seconda l’età del bambino – con il gioco si dà corpo all’attività fondamentale per lo sviluppo intellettivo, affettivo, motorio e sociale del piccolo “giocatore”. Il gioco è mezzo di comunicazione, il bambino rappresenta con il gioco i diversi avvenimenti della vita reale e rivela il modo in cui percepisce gli eventi, anche se non è ancora in grado di verbalizzare le sue emozioni e le sue riflessioni. Il miglior modo per conoscere un bambino è osservarlo mentre gioca; se il bambino accoglie l’adulto dentro la sua realtà giocosa, allora con lui si possono condividere le gioie, le paure, le ansie, i problemi. Ciò che il bambino rappresenta durante la sua attività ludica non è la realtà oggettiva, ma è l’idea che il bambino si è fatta in merito a ciò che ha osservato e/o ascoltato. Il gioco in ospedale, sia esso effettuato dal bambino ospedalizzato oppure in situazione occasionale per una visita ambulatoriale, può avere uno scopo duplice: di prevenzione di sviluppi negativi dell’esperienza, un effetto di rimedio per ridurre l’ansia indotta dall’ambiente non familiare(1). Il gioco è necessario ad ogni bambino quanto lo è il cibo, il riposo e l’ambiente di vita sicuro. Avere a disposizione i giocattoli adatti all’età del bambino ed uno spazio per l’attività ludica può essere sufficiente per far passare il tempo, ma non per diminuire l’ansia ed i timori. La malattia può rendere apatici e generare nel bambino scarsa fiducia nelle sue capacità, il gioco può essere “promosso”, diventare autentica terapia occupazionale 1) Filippazzi G., Un ospedale a misura di bambino. 1997, Franco Angeli, Milano, pag.26 44 IO INFERMIERE - N.2 /2003 solo se il bimbo è affiancato da un adulto che lo ascolta, che si interessa dei suoi problemi e gli dimostra fiducia nella capacità di affrontare e superare la situazione oppure smitizza fantasie e/o conoscenze esasperate dal timore dell’ignoto. Le attività creative connesse all’ospedalizzazione del bambino possono comprendere diverse forme, dalla pittura a dita (delle mani e, se occorre per sottolineare la libertà, anche dei piedi), al disegno con pastelli, pennarelli, evidenziatori, gessetti, a lavori di collage eseguiti con carta, con stoffa e con materiali di recupero che solleticano la fantasia dei bambini. Alcune forme sono precise e descrittive, altre, invece, non sono figurative e possono utilizzare materiale sanitario sia per rispettarne l’impiego tradizionale come potrebbe essere l’uso dell’abbassalingua per guardare in gola alla bambola, oppure stravolgendone l’impiego a cui usualmente è adibito, in questo caso lo stesso abbassalingua può diventare un righello oppure la passerella di un ponte elevatoio. Qualunque sia l’attività creativa in cui il bamIO INFERMIERE - N.2 /2003 bino si vuole impegnare o per la quale ha bisogno un invito per narrarsi e spiegarsi, consente l’espressione di una percezione dell’esperienza in atto e la conseguente reazione psicologica ad essa. La carta, i pennelli, i gessi colorati o i pastelli, la colla sono materiali di costo contenuto e permettono numerose attività strutturate oppure lasciate alla libera iniziativa. Di solito i bambini non hanno come scopo predominante la creazione di un qualche risultato finale: per loro è importante l’attività stessa. Proprio per questo l’adulto non deve esprimere critiche durante l’esecuzione del lavoro e neppure sul risultato finale, perché il bimbo ha bisogno di sentirsi libero di palesarsi e di agire secondo i suoi gusti ed i suoi interessi, senza ricercare l’approvazione dell’adulto. Riprodurre con il gioco le situazioni ospedaliere, vissute in maniera traumatica ed assumere un ruolo attivo nella “ricostruzione dell’evento” permette al bambino di: 45 identificarsi con l’aggressore,(2) esprimere il senso di padronanza della situazione, punire il medico e/o l’infermiere che gli ha causato dolore, trovare una giustificazione di fantasia all’agire dell’adulto. Riconoscere gli effetti terapeutici del gioco distruttivo vuol dire mettere a disposizione del bambino qualche cosa che può essere danneggiato, anzi che può essere in qualche modo distrutto, senza temere alcun rimprovero. Guastare un pupazzo con le sembianze di un dottore, può liberare dalle frustrazione il bambino, ma, nel contempo, farlo sentire in colpa poiché lo stesso pupazzo viene danneggiato in modo irreversibile; se invece il pupazzo è deformabile e smontabile, ma, poi ricomponibile, se può essere imbrattato con pennarelli, ma successivamente lavato, allora la collera del bambino può essere libera e liberatoria, senza alcun senso di colpa. Non potendo picchiare il medico, viene malmenato, insultato e sporcato il pupazzo che lo rappresenta. In maniera analoga, per i risultati ottenibili, può venire incoraggiata la distruzione, in tanti 2) Freud A., L’io e i meccanismi di difesa. 1967, Giunti Barbera, Firenze 3) Nucchi M., Il disegno del bambino malato. Ti voglio dire che… La comunicazione del bambino ospedalizzato. 1997. Telecomunicazioni per il sociale, Roma 4) Dal greco katharsis, cioè purificazione. La catarsi a cui mi riferisco è da intendersi nel suo significato psicanalitico di liberarsi da effetti e/o conflitti, anche patogeni, attraverso la rievocazione dei traumi cui sono riconducibili. 46 piccoli pezzi, del foglio di disegno che ha “ospitato” dapprima il ritratto del medico, dell’infermiere, del carrello della terapia, del vassoio per le medicazioni e quant’altro è stato fonte di sofferenza per il bambino stesso. Anzi, distruggere un disegno potrebbe avere un duplice effetto ludoterapico. Inizialmente il bambino ricostruisce sulla carta il disegno che rappresenta una particolare situazione realmente avveratasi o immaginata dal disegnatore(3) che, senza consapevolezza piena, comunica un suo mondo interiore attraverso il tratto grafico e l’uso dei colori. Con il disegno il bambino rappresenta le particolari emozioni di un’esperienza dolorosa, talvolta traumatica, sempre difficile perché diversa dalla realtà familiare e sociale a cui è abituato. La necessità di essere in ospedale è, sempre, un limite all’autonomia e, per i bimbi più introversi che evitano di parlarne apertamente, il disegno consente di comunicare in modo indiretto le delusioni, le speranze non soddisfatte, le collere nei confronti di chi ha violato lo spazio individuale del bambino stesso. Successivamente con l’eventuale autorizzazione alla distruzione del disegno avviene l’ulteriore catarsi(4) ed il bambino si sente lecitamente padrone delle circostanze e dei rapporti che lo legano all’ambiente condizionando e limitando i suoi desideri e le sue possibilità. Non tutti i bambini superano e metabolizzano i disagi attraverso il gioco distruttivo, alcuni superano lo stress legato al loro essere in ospedale con modi più tranquilli, basti pensare all’effetto rassicurante, che induce un rinforzo all’autostima, del prendersi cura di chi è più indifeso del bimbo stesso. A questo proposito il “gioco” con gli animali, dimostrato da più ricerche scientifiche, viene definito come terapia. Trovare in ospedale animali vivi – e non semplici pupazzi che rappresentano gli animali – spesso, è una piacevole sorpresa per i bambini di ogni età: partecipare al loro benessere è una terapia occupazionale di rilievo e dalla quale scaturiscono significativi benefici. IO INFERMIERE - N.2 /2003