IL GIUBILO DI GESÙ` (MT 11,25-27=LC 10,21-22)

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IL GIUBILO DI GESÙ` (MT 11,25-27=LC 10,21-22)
IL GIUBILO DI GESÙ' (MT 11,25-27=LC 10,21-22)
Lc
10,21-22
Mt
11,25-27
Io ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
Io ti rendo lode, Padre,
Signore del cielo e della terra,
perché hai nascosto queste
cose ai dotti
e ai sapienti
perché hai nascosto queste
cose ai dotti
e ai sapienti
e le hai rivelate ai piccoli.
e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, Padre, perché così a te è
piaciuto.
Sì, Padre, perché così a te è
piaciuto.
Ogni cosa mi è stata
affidata dal Padre mio e
nessuno sa chi è il Figlio se
non il Padre,
Ogni cosa mi è stata affidata
dal Padre mio e nessuno
conosce il Figlio se
non il Padre,
né chi è il Padre
se non il Figlio
né il Padre alcuno lo conosce
se non il Figlio
e colui al quale, il Figlio lo
voglia rivelare.
e colui al quale il Figlio lo
voglia rivelare.
Il Maestro è colto in un momento di esaltazione interiore. Sta parlando a voce
alta, attorniato probabilmente dai suoi discepoli, ma il suo primo interlocutore è
il Padre. A lui si rivolge direttamente lodando la sua misteriosa azione che si
nasconde ai sapienti e si rivela ai piccoli. Si autorivela quindi come il Figlio legato
al Padre da perfetta reciprocità di conoscenza e amore, con il potere di introdurre i
suoi discepoli in tale rapporto. Infine, nella redazione matteana, invita tutti coloro
che sono stanchi e oppressi ad accostarsi a lui e a imparare da lui, assumendo il
suo giogo definito "dolce e leggero" (vv. 28-30).
E' tipico della preghiera ebraica di benedizione (berakah} lodare per qualcosa
di puntuale e ben concreto. Qui Gesù non loda Dio perché ha creato il cielo e la terra,
ma perché "nasconde e rivela" secondo parametri totalmente liberi e gratuiti. Benedice
il Padre per aver nascosto ai sapienti e rivelato ai piccoli "queste cose" ( t a u t a ,
11,25), ma non precisa quali. Cosa il Padre ha nascosto e cosa ha rivelato? Il
contesto può aiutarci a comprendere ciò che nel nostro testo resta imprecisato.
2
L'espressione "queste cose" indica in Matteo il mistero dello salvezza
rifiutato dalle città del lago di Galilea (Corazin, Betsaida, Cafarnao: 11,20-24);
in Luca invece si riferisce al successo dei 72 discepoli (10,17-20).
In Matteo il tema del nascondimento e della rivelazione trova
prolungamento nel contesto successivo dedicato all'insegnamento in parabole.
Attraverso di esse Gesù proferisce "cose nascoste dalla fondazione del mondo"
II verbo rivelare, apokalypto, non compare nell'immediato contesto. Mt riserva
infatti questo verbo per la confessione di Pietro ("non la carne e il sangue te
l'hanno rivelato ( a p e k a l y p s e n ) , ma il Padre mio che è nei cieli": Mt
16,17). Tuttavia, anche se manca il verbo a p o k a l y p t o , in Mt 13,10-17 si
osserva un'antitesi assai vicina al nostro testo: "a voi - dichiara Gesù ai
discepoli - è dato di .conoscere il mistero del Regno dei cieli, agli altri
invece non è dato" (Mt 13,11).
E' interessante osservare che Matteo colloca proprio a questo punto — e
precisamente in 13,16-17— la beatitudine ai discepoli, che Luca pone invece
subito dopo il nostro brano (vedi Lc 10,23-24).
Cosa possiamo concludere da questo sguardo al contesto matteano?
Risulta che il nostro brano è al centro di situazioni contrapposte:
- da un lato le città impenitenti e più ampiamente "questa generazione"
che non riconosce nelle opere di Gesù il segno della sua messianicità (Mt 11,224);
- dall'altro i discepoli a cui è dato di comprendere i misteri del Regno
di Dio e le cose nascoste dalla fondazione del mondo (Mt 13,1-17).
A prima vista l'ostinazione delle città del Lago sembra vanificare gran parte del
ministero di Gesù. Ma l'insuccesso non irretisce il Maestro. Egli vive la sua
missione in dialogo profondo con il Padre ed è in questa luce che interpreta gli
eventi. Dio si è compiaciuto di tenere nascosto il suo mistero "ai sapienti e
agli intelligenti", di cui sono segno le città
che più
hanno visto
i
miracoli di Gesù; lo ha rivelato invece ai "piccoli", rappresentati dai
discepoli.
Il contesto lucano presenta un elemento di
ritorno dei 72 discepoli.
novità:
l'invio
e il
Diversamente da Matteo, Luca pone uno stacco tra i "guai" proferiti
contro le città impenitenti (Lc 10,13-15) e il giubilo di Gesù (10,21-22). Lo
stacco è dato dal ritorno dei discepoli. Così Luca evidenzia il legame tra il
giubilo di Gesù e l'opera evangelizzatrice dei discepoli; tale collegamento è
rafforzato nella benedizione che il Maestro proferisce subito dopo, "voltato verso
i discepoli" (Lc 10,23-24).
3
P a r o l a di autorivelazione (Mt 11,27 = Lc 10,22).
Si noti l'affinità con Mt 28,18 e con Gv 5,19-27.
Il
mistero di Dio si realizza nel Figlio: a lui è stato dato
ogni potere, come alla Sapienza dell'Antico Testamento e al Figlio
dell'uomo (Dan 7,13-14; 1 Enoc 38ss).
Lui solo conosce il Padre ed è da lui conosciuto, come la Sapienza (Giob
28,23. 27; Sap 8,3-4; 9,9). A chi vuole egli rivela la conoscenza del Padre e di
se stesso, cioè si autorivela come la Sapienza.
Gesù è il Figlio che con piena autorità porta la rivelazione del mistero di
Dio.