La rimozione degli strumenti fratturati

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La rimozione degli strumenti fratturati
L’INFORMATORE
ENDODONTICO
Estratto dal Vol. 5 n° 2, 2002
La rimozione degli strumenti
fratturati:
tecnica e strumentario
DOTT. FABIO G.M. GORNI
IL
TRIDENTE
EDIZIONI ODONTOIATRICHE
La rimozione degli
strumenti fratturati:
tecnica e strumentario
Dott. Fabio G.M. Gorni
Figura 1
Tecnica dell’allargamento
coronale precoce del canale:
premolare superiore.
Figura 2
Tecnica dell’allargamento
coronale precoce del canale:
premolare inferiore.
1
La frattura intraoperatoria di uno strumento endodontico rappresenta da sempre un momento drammatico per qualsiasi dentista. Ciò è dovuto alla consapevolezza che difficilmente dopo questo
evento si riuscirà a completare correttamente la terapia, con conseguenze ben
comprensibili sia sotto il profilo clinico
che sotto quello gestionale del paziente.
La frequenza con la quale questo problema si presenta è in aumento, di conseguenza il ritrattamento sta diventando
una delle cause principali di intervento
per la maggior parte degli specialisti.
Ovviamente la situazione migliore sarebbe quella di non trovarsi mai nella
condizione di dover rimuovere uno strumento fratturato, eliminando le cause
che portano alla frattura che, a parte
qualche eccezione, sono sempre riconducibili a gravi errori operatori.
La frattura occorre infatti per una eccessiva forza impressa al file quando questo
è incastrato contro delle resistenze che
aumentano notevolmente quando il
canale è curvo e/o calcificato.
L’obiettivo deve essere quindi quello di
eliminarle progressivamente, utilizzan-
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do tecniche che ci consentano di diminuire la pressione esercitata sugli strumenti che, mossi così passivamente, ci
consentiranno di seguire adeguatamente
l’originale anatomia endodontica (Figg.
1-2).
Il largo utilizzo che si fa oggigiorno di
strumenti rotanti ed in particolare modo
del nichel titanio ha ingigantito la possibilità di errori iatrogeni, obbligando
specialisti e non a sviluppare tecniche ed
equipaggiamenti che consentano la rimozione di questi frammenti in una
grande percentuale di casi.
Prima dell’avvento del microscopio operativo e di altro strumentario specifico,
questo era senz’altro un evento abbastanza raro; le speranze di portare a termine correttamente il trattamento erano
legate infatti alla possibilità di by-passare lo strumento creando una sagomatura
lateralmente al blocco.
Ciò dipendeva molto dall’anatomia canalare e radicolare oltre che dalle dimensioni del frammento. Una sezione canalare rotondeggiante obliterata per la sua
quasi totalità non è certo una situazione
semplice da superare; nei casi comunque
nei quali questo riusciva, a volte lo strumento rotto veniva anche accidentalmente rimosso, ma in modo decisamente casuale; questa è la grande differenza
con quello che possiamo fare oggi, dove
intervenendo in modo razionale e utilizzando correttamente i mezzi a nostra
disposizione, possiamo con una certa
predicibilità rimuovere con successo lo
strumento.
L’equipaggiamento indispensabile per
rimuovere uno strumento fratturato è
composto da il microscopio operativo,
l’unità ad ultrasuoni corredata da una
ampia scelta di punte e strumenti appositamente ideati per rimuovere frammenti rotti all’interno dei canali.
Secondo la mia esperienza ci sono 4
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aspetti fondamentali da considerare
nella classificazione degli strumenti fratturati e sono:
1. Sezione anatomica del canale
a) rotondeggiante
b) ovoidale.
2. Dimensione, lunghezza e curvatura
della radice
3. Posizione dello strumento fratturato
a) 1/3 coronale
b) 1/3 medio
c) 1/3 apicale
4. Dimensioni e lunghezza dello strumento
a) corto
b) medio
c) lungo
Le possibili combinazioni saranno numerose e l’abilità dell’operatore starà
innanzitutto nel decidere quale strategia
di intervento adottare in funzione delle
variabili suddette, tenendo conto che in
alcune situazioni la scelta migliore potrebbe essere quella di decidere per il
non intervento ortogrado, evitando inutili perdite di tessuto dentale e di tempo
in casi nei quali le percentuali reali di
successo sono a giudizio dell’operatore
troppo basse; in queste situazioni è sempre da considerare opportuna l’eventuale
opzione chirurgica.
Nel caso invece decidessimo di intervenire ortogradamente, il problema cambierà a seconda che ci troviamo di fronte
a canali ampi, dritti e con frammenti
rotti coronalmente, oppure a strumenti
saldamenti incastrati in canali calcificati
e difficili da raggiungere (1/3 medio e
1/3 apicale della radice).
Potremmo così dover affrontare situazioni relativamente facili o difficili, ma in
ambedue i casi lo strumentario selezionato sarà identico: microscopio, sorgente
di ultrasuoni ed una adeguata scelta di
punte.
Tecnica
L’obiettivo è quello di creare un accesso
sopra allo strumento fratturato permettendo al microscopio di darci una visione ottimale del canale e del frammento
stesso. La rimozione della dentina avviene con grande cautela utilizzando punte
da ultrasuoni di varie dimensioni. A seconda della quantità di tessuto da rimuovere, potremo usufruire di una azione di taglio più o meno aggressiva modificando la frequenza e la potenza della
sorgente ultrasonica o cambiando le
punte utilizzate.
Oggi vengono costruite punte di diversi
materiali come l’acciaio, il titanio oppure rivestite da nitruro di zirconio (Figg.
3a,b).
Secondo la mia esperienza, l’utilizzo di
questi inserti è differenziato; non trovo
infatti utile avere sempre a disposizione
la punta che rimuove la maggiore quan-
Figura 3a
Punte ProUltra: serie rivestita
in nitruro di zirconio
(Dentsply-Maillefer).
Figura 3b
Punte ProUltra: serie in titanio
(Dentsply-Maillefer).
3a
3b
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PROFILO DELL’AUTORE. Il Dr. Fabio Gorni si è laureato in Odontoiatria e Protesi Dentaria
all’Università di Milano nel 1984.
I campi clinici che copre prevalentemente sono: l’endodonzia, la microscopia endodontica, la
chirurgia e la microchirurgia. E’ Professore a contratto di Endodonzia presso l’Università
degli Studi di Milano San Paolo.
E’ socio attivo delle seguenti Società Scientifiche: Società Italiana di Endodonzia e European
Society of Endodontology. E’ Associate Member dell’American Association of Endodontists.
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Figura 4
Rx preoperatoria di molare inferiore in cui si può notare un frammento di cono d’argento nel 1/3
medio della radice distale.
Figura 5
Rx intraoperatoria dove il cono
d’argento è stato parzialmente
distrutto.
Figura 6
Il sistema canalare è libero da
qualsiasi tipo di ostacoli.
Figura 7
Rx postoperatoria nella quale si
può notare come il trattamento
canalare sia stato portato a termine mantenendo invariata l’anatomia originale del dente.
Figura 8
File K n. 25 (Satelec).
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tità di dentina possibile nel minore tempo possibile; quando eseguo infatti un
lavoro di precisione attorno allo strumento fratturato preferisco meno potenza ma maggiore controllo, difficile da
ottenere con punte molto aggressive, a
meno che non si decida di distruggere
completamente il pezzo rotto anziché
estrarlo, cosa che avviene, per esempio,
quando ci troviamo di fronte a strumenti particolarmente morbidi come i coni
di argento (Figg. 4-7). In tutte le altre
situazioni sarebbe infatti estremamente
spiacevole fratturare una ulteriore porzione di strumento rendendo l’impresa
di rimuoverlo ancora più difficile.
A questo proposito preferisco associare
diversi inserti, scegliendo l’acciaio o il
titanio quando il lavoro si fa più delicato;
queste punte, essendo meno rigide,
hanno il vantaggio di poter essere modificate nella loro forma. Ciò ci permette di
avere a disposizione diverse angolazioni
che facilitano enormemente l’accesso.
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Possono essere molto utili a tale scopo
File K premontati per ultrasuoni (Fig. 8),
ideati per compiti diversi ma idonei per
eseguire anche altri lavori grazie alla loro
grande elasticità che permette di ottenere
un’azione molto delicata ma efficace, non
paragonabile ad alcuna altra punta in
commercio.
La tecnica può essere riassunta esaurientemente osservando la sequenza di immagini di questo caso clinico dove,
come si può notare, attraverso una progressiva rimozione di tessuto dentale
creiamo per prima cosa un cono visivo
sopra la parte più coronale del frammento (Figg. 9-11); a questo punto, con un
controllo assoluto della punta creeremo
spazio lateralmente allo strumento
(Fig12); questo ci consentirà di dislocarlo e mobilizzarlo successivamente, facendolo vibrare dolcemente con l’azione
degli ultrasuoni questo esce dal canale
(Figg. 13-15). Più lo strumento è posto
apicalmente, maggiori saranno le difficoltà di applicare questo tipo di approccio, anche se con un po’ di esperienza
riusciremo a rimuovere strumenti posti
anche nel 1/3 apicale, a volte posti addirittura oltre le curvature.
La curvatura del canale non è infatti a
mio parere un limite assoluto perché,
grazie all’uso di File K precurvabili,
Dal 1994 al 1998 è stato membro della commissione accettazione soci della S.I.E.. Dal
1998 al 2001 è stato Segretario Culturale della Società Italiana di Endodonzia.
Attualmente è il Presidente Eletto della S.I.E. Oratore in Italia e all’estero in numerosi corsi e
congressi, ha pubblicato su riviste del settore articoli di interesse endodontico e video scientifici.
In collaborazione con il Dott. C.J. Ruddle ha pubblicato infatti una videoserie intitolata
“The Endodontic Game”. Recentemente è in distribuzione il nuovo video dal titolo “L’uso del
Nichel-Titanio in endodonzia”. Svolge la sua pratica professionale privata in Milano.
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Figura 9
Molare inferiore con grossa porzione
di strumento in nichel titanio
fratturato nel 1/3 medio della radice.
Figura 10
Canale mesio buccale bloccato dal
frammento (foto 12x).
Figura 11
A maggiore ingrandimento (foto 16x).
Figura 12
Dopo l’azione delle punte ad ultrasuoni esiste spazio tra la parete del canale
e lo strumento (foto 20x).
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Figura 13
Il frammento rimosso dalla vibrazione
delle punte ultrasoniche giace sul
pavimento pulpare.
Figura 14
Canale libero da interferenze (20x).
Figura 15
La radiografia conferma che il canale
è libero da ogni tipo di ostacolo.
Figura 16
Rx preoperatoria dove si evidenzia la
frattura di uno strumento canalare
attorno alla curvatura del canale.
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potremo lavorare anche attorno alle curvature del canale mantenendo un discreto controllo della punta. Inoltre, solitamente quando il frammento si rompe
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nella curva almeno una piccolissima porzione di questo è sempre visibile, consentendoci così di applicare la tecnica
come sopra descritto (Figg. 16-18).
Figura 17
Dopo la rimozione del frammento si
verifica la pervietà del canale durante
la radiografia intra-operatoria per la
misura della lunghezza di lavoro.
Figura 18
La Rx finale evidenza l’anatomia
particolarmente complessa delle
radici di questo elemento dentale.
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tecnica e strumentario
Tutto quello che abbiamo visto vale comunque per tutte quelle situazioni nelle
quali la lunghezza del frammento non
supera i 3-4 mm oltre i quali la tecnica
di rimozione si modifica.
Apparentemente può sembrare più facile
estrarre uno strumento lungo rispetto ad
uno più corto, ma in realtà non è così per
una serie di motivi; esiste infatti una sola
situazione nella quale una lunghezza maggiore dello strumento può effettivamente
facilitarne l’estrazione ed è quando questo
è posto molto coronalmente o addirittura
sporge nella camera pulpare: questa sua
posizione, ovviamente, ne faciliterà la rimozione (es. frese di Gates Glidden).
In tutti gli altri casi, avere un frammento lungo aumenta le difficoltà dell’intervento fino ad obbligarci in alcuni casi a
modificare la tecnica.
Il problema, se ci pensiamo, è abbastanza logico: maggiore è la lunghezza dello
strumento e maggiore sarà la superficie
a contatto delle pareti canalari, maggiori
saranno di conseguenza le resistenze che
incontreremo nel rimuoverlo.
Nei frammenti corti, infatti, è sufficiente liberare i 2-3 mm più coronali perché
questi inizino a muoversi e di conseguenza dopo poco ad uscire dal canale,
mentre nelle altre situazioni questo non
cambia nulla riguardo la mobilità del
frammento.
Quindi la situazione più complessa in
assoluto è quella di avere uno strumento
lungo, rotto nel 1/3 medio e 1/3 apicale
della radice, difficile da raggiungere e
con una lunga porzione di esso fortemente adesa alle pareti dentinali.
Quasi sempre questi grossi frammenti
sono incastrati attorno a delle curvature
e solo una piccola parte di essi è posta
nella porzione più dritta del canale
(Figg. 19-23).
Figura 19
Molare inferiore 3.6 con lungo
frammento rotto attorno alla
curvatura della radice mesiale.
Figura 20
Preparazione del terzo coronale del
canale: grazie a questo cuneo di
penetrazione visivo e operativo
possiamo raggiungere in modo più
diretto l’area immediatamente al
di sopra del frammento.
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Figura 21
Foto al microscopio operativo
(12x) in cui si vede la porzione
più coronale dello strumento.
Figura 22
Rx intra-operatoria che conferma
l’avvenuta rimozione dello srumento.
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L’Informatore
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Questa situazione è molto frequente e
complica notevolmente la tecnica di
estrazione perché quando andremo a
rimuovere dentina attorno allo strumento nella suo porzione più coronale nell’intento di crearci il corretto spazio vitale di lavoro, questo, essendo elastico e
incastrato apicalmente, tenderà ad esercitare la sua forza elastica verso l’esterno
della curva appoggiandosi ulteriormente
alla parete del canale. Quindi lo spazio
ottenuto verrà immediatamente perduto.
Fino a che non riusciremo a rendere totalmente passiva la parte coronale dello
strumento, ottenendo un accesso più
diretto, non potremo avere lo spazio necessario per la successiva fase operativa.
Ci sono situazioni nelle quali (canali
ovoidali), una volta ottenuto questo spazio, riusciremo ad introdurre sottili lime
ad ultrasuoni tra parete del canale e strumento, liberandolo progressivamente.
Altre volte questo è invece impossibile
sia per problemi anatomici che per le
eccessive resistenze incontrate. Proseguendo quindi nel tentativo di liberare
lo strumento, potremmo facilitarlo ad
espletare tutta la sua memoria elastica
complicandoci ulteriormente l’estrazione; questo è ciò che avviene frequentemente con lunghi pezzi di nichel titanio
che, come sappiamo, è in possesso di una
spiccata memoria di forma.
Di consequenza, in queste situazioni,
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Figura 23
Il caso completato dopo l’otturazione
del sistema canalare.
una volta ottenuto lo spazio libero necessario, potremo usare specifici kit di
estrazione che faciliteranno la soluzione
del caso. Nel tempo sono stati infatti
ideati parecchi estrattori per rimuovere
frammenti fratturati, ma con scarso successo perché la perdita di tessuto duro a
carico del dente, causata dalle loro dimensioni, era improponibile e la loro
efficacia discutibile; kit invece come
quello di Cancellieri (Fig. 24a) o come il
nuovo strumento ideato da Cliff Ruddle
I.R.S. (Instrument Removal System)
(Fig. 24b) sono una opzione interessante
per l’operatore con alcuni vantaggi e
senza nessun rischio effettivo.
Il kit di Cancellieri è composto da un
manico più una serie di puntali cavi di
diverse dimensioni che possono, una
volta inseriti nel canale, inglobare la porzione libera dello strumento.
Della comune colla (cianacrilato) fornirà
Figura 24a
Kit di Cancellieri.
24a
24b
Figura 24b
Lo strumento I.R.S. nelle due
versioni di dimensioni diverse.
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La rimozione degli strumenti fratturati:
tecnica e strumentario
Figura 25
a. Molare superiore in cui è stata
fratturata una lunga porzione di
strumento nella radice mesiale.
Sequenza fotografica dell’uso dello
strumento di Cancellieri:
b. parte coronale del
frammento libero nel canale;
c. il Cancellieri ingloba lo strumento;
d. il canale vuoto dopo la rimozione.
Figura 26
La Rx intra-operatoria mostra i
canali liberi da qualsiasi ostacolo.
25a
25b
25c
25d
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il mezzo per agganciare il frammento ed
estrarlo.
Con questo sistema possiamo esercitare
una forza notevole assialmente allo strumento vincendo le resistenze delle pareti
dentinali (Figg. 25-26). Gli eccessi di
cianacrilato così tanto temuti rimarranno adesi al gambo metallico del Cancellieri lasciando completamente libero
il canale.
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Lo strumento I.R.S. ideato da Ruddle
funzione con lo stesso principio, ma si
differenzia dal Cancellieri per il metodo
con cui blocca il frammento fratturato;
esiste infatti una finestra sul lato del
cilindro che consente alla porzione più
estrema del mandrino, avvitato all’interno di esso, di spingere lo strumento lateralmente verso l’apertura nella
quale verrà saldamente bloccato dalla
forza con la quale avviteremo il sistema
(Figg. 27-28).
Questa interessante opzione terapeutica
va ad affiancarsi alle precedenti, fornendoci una completezza di equipaggiamento sempre maggiore, anche se in
ogni caso il microscopio operativo e
l’unità ad ultrasuoni risultano elementi
fondamentali.
Tra il 1º gennaio 1996 e il 31 dicembre
2001 utilizzando la tecnica sopra descritta (microscopio-ultrasuoni/micro-
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Figure 27-28
Sequenza che mostra il puntale
dello strumento I.R.S. che ingloba
e aggancia il frammento.
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scopio-ultrasuoni-kit estr.) ho rimosso
un numero considerevole di strumenti.
Per esattezza, sono venuti alla mia osservazione 109 casi nei quali era presente
uno strumento endodontico fratturato;
in 14 di questi si è eseguito il ritrattamento chirurgico per una serie di motivazioni che andavano dalla particolare
posizione del frammento ad una incompatibile anatomia endodontica o per
scelta personale del paziente, mentre nei
restanti 96 casi si è eseguito il ritrattamento ortogrado, cercando di liberare il
canale dall’ostacolo che lo occludeva.
In 95 casi su 96 lo strumento fratturato
è stato eliminato, consentendoci di ottenere una percentuale di successo del
98,9% (Tabella 1).
La riflessione che dobbiamo fare di fron-
te ad una così elevata percentuale di successi è che:
1. è il frutto di una attenta valutazione
del caso in sede pre-operatoria che permette di scegliere se eseguire la chirurgia versus il ritrattamento ortogrado
quando a giudizio dell’operatore non
esistono le condizioni di sufficiente predicibilità dell’intervento;
2. è in funzione dell’uso di una tecnica
corretta supportata da un adeguato numero di strumenti, in assenza dei quali
qualsiasi tipo di risultato sarà difficile
oltre che assolutamente casuale;
3. dipende da un adeguato training dell’operatore oltre che dalla sua esperienza
clinica.
Abbiamo visto quindi che possiamo risolvere casi relativamente facili ed altri
TA B E L L A I
P ERCENTUALE DI SUCCESSI NELLA RIMOZIONE
DI STRUMENTI FRATTURATI IN UN PERIODO DAL 1996 AL
Totale strumenti fratturati
Ritrattamenti Chirurgici
Ritrattamenti Ortogradi
2002
2001
n°
Successi
Insuccessi
109
14
95
98,9% (94)
1,1% (1)
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La rimozione degli strumenti fratturati:
tecnica e strumentario
Figura 29
Strumento fratturato oltre la
curvatura in elemento dentale con
anatomia particolarmente complessa.
Figura 30
Rx intra-operatoria durante la
misura di lavoro eseguita grazie
alla rimozione dello strumento.
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31
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Figura 31
Rx intra-operatoria
per la prova del cono.
Figura 32
La radiografia post-operatoria
dimostra come sia possibile
rimuovere frammenti posti oltre la
porzione curva del canale pur
mantenendo integra l’anatomia
originale del dente.
molto difficili. E’ importante comunque
sottolineare come l’arte endodontica
consisterà non solo nel rimuovere l’ostacolo in questione, ma farlo nel rispetto
dell’integrità anatomica del dente predi-
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sponendo il sistema canalare a ricevere
un corretto trattamento endodontico,
presupposto necessario per il successo
nel tempo (Figg. 29-32).