scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 11 dicembre 2012
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
11/12/2012 Corriere della Sera - Nazionale
L'ospedale non paga i danni da malasanità
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11/12/2012 Corriere della Sera - Nazionale
Bimba guarita «rieducando» le sue cellule
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11/12/2012 Corriere della Sera - Roma
Il grillino Barillari «Gli ospedali? Sto studiando su internet»
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11/12/2012 Corriere della Sera - Roma
Oggi sit-in dei medici alla Regione Ma Bondi sblocca i fondi per l'Idi
10
11/12/2012 Corriere della Sera - Nazionale
Etica in corsia per ridurre le spese
12
11/12/2012 Il Sole 24 Ore
Corsa per evitare il fiscal cliff
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11/12/2012 Il Sole 24 Ore
Sace si rafforza in India, progetti per 2 miliardi
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11/12/2012 La Repubblica - Nazionale
IL LAMENTO DELLA FARMACEUTICA
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11/12/2012 La Repubblica - Nazionale
Nuovi test Diabete o tumore si scopriranno in un soffio
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11/12/2012 La Repubblica - Nazionale
Colon-retto, la diagnosi precoce dall'"impronta" lasciata nel fiato
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11/12/2012 La Repubblica - Nazionale
Sonno improvviso malattia sommersa
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11/12/2012 La Repubblica - Nazionale
Via occhiali e lenti a contatto ok al laser ma non per tutti
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11/12/2012 La Repubblica - Nazionale
Longevità Invecchiare tra poco cibo e movimento
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11/12/2012 La Repubblica - Nazionale
Ipertrofia e tumore della prostata strategie preventive
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11/12/2012 La Repubblica - Bari
Valutazione sanitaria, è guerra sei aziende si rivolgono al Tar
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11/12/2012 La Repubblica - Bari
La scoperta di 5 giovani ricercatrici "Cancro al colon? Lo dice il respiro"
24
11/12/2012 La Repubblica - Roma
"Casilino, a rischio un reparto di eccellenza"
25
11/12/2012 La Repubblica - Roma
Farmaci e aghi scaduti gli affari del falso dentista che curava 1300 pazienti
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11/12/2012 La Repubblica - Roma
I MALATI TRATTATI COME FOSSERO BOTTIGLIE DI LATTE
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11/12/2012 La Repubblica - Napoli
Caserta, assenteismo di massa in una Asl
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11/12/2012 La Repubblica - Napoli
Un robot per i tumori della prostata
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11/12/2012 La Repubblica - Napoli
Campania: a rischio 180 posti per pazienti sottoposti a dialisi
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11/12/2012 La Repubblica - Firenze
Giustizia lenta Finite le indagini inizia il calvario processi eterni e prescrizione
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11/12/2012 La Stampa - Nazionale
Cartella clinica "umana" I pazienti si raccontano
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11/12/2012 Il Messaggero - Roma
Bondi firma sbloccati cinque milioni di fondi per l'Idi
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11/12/2012 Il Messaggero - Roma
Sanità San Raffaele e gli altri tagli sicuri, crediti da riscuotere
35
11/12/2012 Il Messaggero - Roma
Epidemia colposa inchiesta archiviata
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11/12/2012 Il Giornale - Nazionale
Sempre più medici denunciati Ma è colpevole uno su cento
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11/12/2012 Avvenire - Nazionale
Gioco patologico, allarme separazioni
38
11/12/2012 Il Gazzettino - Nazionale
Studio danese: fare figli allunga la vita, mortalità più alta per chi non ha prole
40
11/12/2012 MF - Nazionale
Seduta controcorrente per Molmed
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11/12/2012 Pubblico Giornale
Dalla Maremma e Empoli Con i tagli lineari è caos
42
11/12/2012 Pubblico Giornale
«Così mi finanzio dal basso» La via italiana al Crowdfunding
44
10/12/2012 Corriere della Sera - Sette Green
L'agrofarmaco alla sfida delle nocciole
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10/12/2012 Effe - La Finanza Personale
Delisting: cosa fare quando e quotate cambiano indirizzo
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10/12/2012 Effe - La Finanza Personale
Si comprano, si tengono ma richiedono malizia
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10/12/2012 Effe - La Finanza Personale
Quando il rendimento è affare di famiglia
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
37 articoli
11/12/2012
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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(diffusione:619980, tiratura:779916)
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Giustizia I medici ora temono il pignoramento delle loro case
L'ospedale non paga i danni da malasanità
Due casi a Milano. Polizze, sempre più tagli Niguarda e San Carlo In un caso non era stata diagnosticata una
sindrome, nell'altro venne sottovalutato un sintomo
Luigi Ferrarella
MILANO - Scricchiola il sistema delle assicurazioni per le colpe mediche: la punta dell'iceberg di ciò che da
mesi paventavano i camici bianchi, specie quelli alle prese con ospedali che smettono di assicurarsi per gli
eccessivi costi delle polizze imposti dalle compagnie per il boom di denunce giudiziarie, comincia ad affiorare
in quello che sta avvenendo a Milano in Tribunale in due sentenze milionarie di malasanità. O, meglio, in ciò
che non sta avvenendo: perché in entrambi i casi - uno penale con la condanna del Niguarda ad anticipare a
una vedova un acconto di 1 milione di euro sul futuro e ancora maggiore risarcimento per la morte del marito
nel 2007, e uno civile con la condanna del San Carlo a versare 1 milione alla famiglia di un paziente rimasto
invalido al 90% dopo cure incaute nel 2005 - né l'ospedale né l'assicurazione stanno pagando i danni alle
famiglie. E i medici iniziano a tremare: per incassare il dovuto, infatti, le parti civili potrebbero benissimo
passare ad aggredire direttamente il patrimonio personale (cominciando a far pignorare la casa) dei medici
condannati in solido con i loro ospedali a risarcire i danni.
All'inizio di ottobre due neurologi e due infermieri del Niguarda sono stati condannati dalla V sezione del
Tribunale a risarcire con una provvisionale di 1 milione la moglie di un norvegese (assistita dall'avvocato Gian
Paolo Del Sasso) al quale avrebbero non diagnosticato una specifica sindrome e sottovalutato i rischi di crisi
respiratorie legate a quel tipo di malattia. A tutt'oggi l'ospedale non ha ancora messo mano a un quattrino,
apparentemente per una diatriba con la compagnia sull'interpretazione della tempistica e di alcune delle
clausole standard che regolavano i contratti. Regolavano: perché dalla scorsa primavera il Niguarda - come
numerosi altri ospedali della Lombardia - ha scelto di non assicurarsi più. Facendo il bilancio tra i premi pagati
alle assicurazioni (fino a 5 milioni l'anno per un ospedale sui mille posti letto) e i soldi che le compagnie
hanno liquidato per i danni dei vari omicidi o lesioni colposi, i vertici aziendali hanno ritenuto economicamente
più conveniente smettere di assicurarsi e accettare invece il rischio di dover far fronte direttamente con i
propri soldi agli eventuali indennizzi. Ma alla prima controprova, questa «botta» da 1 milione di euro,
l'ospedale fa fatica ad aprire il portafoglio, forse anche perché sullo sfondo c'è magari la paura di dover poi
rispondere anche del danno erariale.
Intanto, però, per una ragione o per l'altra si moltiplicano i casi in cui i familiari delle vittime, oltre e dopo la
loro tragedia, devono anche affrontare un'altra via crucis solo per avere quello che è loro diritto avere: nel
caso della condanna civile pronunciata dal giudice Roberto Pertile, ad esempio, la famiglia di un 47enne
diabetico, di cui al San Carlo non sarebbe stato ben compreso un primo malore seguito da frettolose
dimissioni, non sta vedendo un euro del milione e 180 mila euro a cui avrebbe diritto con l'avvocato Angela Di
Pisa perché l'ospedale sta chiedendo la sospensiva e sta appellando la sentenza su un sinistro che - come
documentano atti ufficiali - «non risultava essere coperto da alcuna delle polizze stipulate per la copertura
rischi».
[email protected]
Simona Ravizza
[email protected]
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I numeri 34.000
Le denunce presentate
in Italia contro medici
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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11/12/2012
Corriere della Sera - Ed. nazionale
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e strutture ospedaliere
nel 2010. Le segnalazioni sono state oltre 26 mila 329
I pazienti morti per malasanità (da aprile 2009 a settembre 2011). Tra
i decessi, 223 sono legati
a presunti errori medici 1 miliardo di euro
Il totale dei risarcimenti pagati, nel 2010, dalle assicurazioni ospedaliere dopo le condanne
per casi di malasanità
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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11/12/2012
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 31
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Leucemia
Bimba guarita «rieducando» le sue cellule
Il suo sistema immunitario è stato «rieducato» per far eliminare il cancro. Emily «Emma» Whitehead è la
prima bambina «trattata» in questo modo. Grazie alla terapia provata dai ricercatori del Children's Hospital di
Philadelphia al momento non ci sono più tracce del tumore. È presto per decretare il successo, ma sufficiente
per incoraggiare i ricercatori che hanno presentato il caso di Emma e altri ai quali stanno lavorando. La
terapia potrebbe sostituire il trapianto di midollo, spesso l'ultima risorsa per i pazienti. Il trattamento fino allo
scorso aprile era stato provato solo su pochi adulti. Consiste nel prelevare qualche milione di cellule T, che
fanno parte del sistema immunitario, e attraverso il virus Hiv disattivato «insegnare» loro a riconoscere le
cellule B, che fanno sempre parte delle difese dell'organismo, ma che nel tipo di leucemia della paziente
«impazziscono» diventando maligne. Una volta corretti, i linfociti T vengono reimmessi nel sangue, dove si
moltiplicano e, in teoria, eliminano il cancro.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Corriere della Sera - Roma
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Candidato alla Regione
Il grillino Barillari «Gli ospedali? Sto studiando su internet»
Il curriculum 38 anni, si è trasferito a Ostia da Milano un anno fa, ha militato in Rifondazione e nella Cgil
Ernesto Menicucci
Dal Leoncavallo a via Cristoforo Colombo, passando per il G8 di Genova. Davide Barillari, 38 anni, sposato,
due figli, un mutuo, tecnico informatico con un cud da 27 mila euro, il giorno dopo la sua investitura ufficiale
come candidato governatore del Lazio per il Movimento Cinque stelle, è sul treno, di ritorno a casa. Poco
prima lo avevamo contattato via computer: «Un'intervista? Come no, mi manda le domande via mail: siamo
sommersi dalle richieste...». Ma, alla fine, accetta anche il colloquio telefonico ma «solo per le domandi
personali, sulle altre devo sentire il Movimento». Barillari, come ha conosciuto Cinque Stelle? «L'approccio è
stato graduale, prima col blog di Beppe Grillo, poi nei gruppi locali». Da Milano è venuto a Roma un anno fa,
vive a Ostia, nel XIII Municipio, uno dei territori con maggiori votanti tra gli attivisti «grillini». Nel capoluogo
meneghino qualcuno se lo ricorda come un «leoncavallino»: «Ci sono stato qualche volta, come tanti altri.
Mai fatto attività con loro». Ex Rifondazione («tantissimi anni fa, poi mi sono allontanato»), ex Cgil («mi hanno
buttato fuori quando ho cominciato a contestare alcune scelte»), nel 2001 era a Genova, nei drammatici
giorni del G8 con la Rete Lilliput. Era presente anche alla Diaz? «No, per puro caso. Ma le manganellate
prese in strada me le ricordo ancora». Cosa pensa di quei giorni? «Quello che dice Amnesty: fu una guerra,
una pagina nera della democrazia».
Quello è il passato, presente e futuro sono rappresentati dalla campagna elettorale nel Lazio. Sul da farsi,
Barillari rimane sul vago. Cosa fare con la Sanità, il deficit, i ticket, gli ospedali? «Il programma lo stiamo
costruendo, col contributo dei cittadini. L'importante è che la salute torni ad essere un bene di tutti, pubblico,
e non un lusso privato per pochi». In concreto, su ticket, liste d'attesa, convenzioni coi privati? «Sono tutti
argomenti allo studio, c'è un confronto aperto in rete». Già, la rete. Stella Polare dei grillini che, vedendo le
parlamentarie e le selezioni locali, sta creando qualche grattacapo. Esiste un deficit di partecipazione? «Il
movimento è partecipazione, tutti gli attivisti possono esprimere idee e proposte». Primo atto da governatore?
«Via i privilegi, Regione trasparente». Tutto on line, quindi: «Bè, magari non tutto». E gli stipendi dei
consiglieri? «Intanto bisogna ridurre i rimborsi elettorali. Poi sarà la rete a decidere il tetto per lo stipendio».
Zingaretti può essere interprete del cambiamento? «No. I partiti e loro esponenti non sono più rappresentativi
della società».
@menic74
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Foto: Governatore Davide Barillari
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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11/12/2012
Corriere della Sera - Roma
Pag. 2
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Oggi sit-in dei medici alla Regione Ma Bondi sblocca i fondi per l'Idi
Resta la mobilitazione a Forlanini, Cto, Eastman e San Filippo Neri
Francesco Di Frischia
Mentre oggi sindacati confederali e autonomi, insieme a medici e infermieri delle cliniche private protestano
contro i tagli nella sanità sotto la sede della Regione Lazio, chiude un'altra clinica del Gruppo San Raffaele,
quella di Rocca di Papa. Da mercoledì però, dopo 4 mesi di proteste, arriveranno in banca i soldi per gli
stipendi dei lavoratori dell'Idi-San Carlo di Nancy.
Intanto prosegue la serrata di nove ospedali religiosi che sta costringendo centinaia di romani a pagare per
intero analisi, visite specialistiche e le altre prestazioni ambulatoriali, a causa della riduzione di oltre 96 milioni
di euro ai budget del 2012 decisa dal commissario straordinario Enrico Bondi. E restano mobilitati molti
ospedali pubblici capitolini, dal San Filippo Neri all'Eastman, dal Forlanini al Cto che sono a alto rischio di
chiusura. «Capisco i problemi economici della Regione - osserva Luca Cordaro, primario di paradontologia e
protessi dell'Eastman - e sacche di inefficienza ci sono ovunque, come è evidente che all'Eastman e in tutti gli
ospedali ci sono ampi margini di miglioramento, ma chiudere senza neanche provare a razionalizzare la
struttura mi sembra barbaro».
Dopo la chiusura annunciata delle cliniche San Raffaele di Cassino, Montecompatri, e Viterbo, ieri il Gruppo
che fa capo alla famiglia Angelucci ha annunciato la sospensione dell'attività anche nella casa di cura di
Rocca di Papa (255 posti letto e 206 lavoratori che andranno a casa). «Dalla Regione non arrivano notizie
certe sui pagamenti dei soli costi minimi di funzionamento delle strutture di San Raffaele nel Lazio - spiega
una nota del Gruppo - nonostante il credito di oltre 260 milioni di euro che vantiamo con la Regione per
mancati pagamenti di prestazioni già erogate». Salgono così a oltre 1.200 i posti letto soppressi nelle
strutture del San Raffaele e a 1.500 i disoccupati, senza considerare l'impatto sull'indotto.
Ieri al termine di un incontro in Campidoglio tra il sindaco Gianni Alemanno, i proprietari dell'Idi e il direttore
generale dell'istituto dermatologico, Mario Braga, è stato annunciato lo sblocco di una parte dei fondi
destinata a pagare gli stipendi dei 1.800 lavoratori del Gruppo religioso. «Da mercoledì - ha detto in sindaco saranno pagati i 5 milioni con lo sblocco delle fatture maturate dal 24 ottobre. La prima boccata d'ossigeno
che era stata promessa ai lavoratori dell'Idi». «A quel punto - ha spiegato Braga - potremmo pagare gli
stipendi della mensilità di novembre». Questa «rappresenta la prima importante vittoria dei lavoratori e della
loro mobilitazione» ha commentato Nicola Zingaretti (Pd), presidente dimissionario della Provincia di Roma e
candidato alle regionali del Lazio.
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Foto: Milioni Il taglio dei budget 2012 per cliniche e ambulatori convenzionati e ospedali religiosi del Lazio,
deciso da Enrico Bondi, commissario alla sanità, con due decreti a fine novembre
La vicenda Stipendi
I 1.600 dipendenti del gruppo Idi sono senza stipendio da agosto
Debiti
Si calcola che i debiti del Gruppo religioso si aggirino attorno agli 800 milioni di euro
Inchiesta
Sette dirigenti dell'ospedale
della Congregazione dei figli dell'Immacolata Concezione, proprietaria dell'ospedale, sono indagati per
associazione a delinquere finalizzata alla truffa e ai reati tributari. Fra loro l'ex consigliere delegato, padre
Franco Decaminada (in foto) e l'ex superiore della provincia padre Aleandro Paritanti
Protesta
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Sanità In arrivo 5 milioni, da domani i primi pagamenti per i lavoratori dell'Istituto
11/12/2012
Corriere della Sera - Roma
Pag. 2
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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I dipendenti hanno manifestato con sit in, dormendo per settimane sul tetto dell'ospedale e facendo lo
sciopero della fame. L'8 dicembre anche il Papa ha chiesto di trovare una soluzione
Foto: Protesta Uno degli striscioni appesi alle finestre dell'Idi dagli infermieri nei giorni scorsi
11/12/2012
Corriere della Sera - Ed. nazionale
Pag. 51
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Etica in corsia per ridurre le spese
Il servizio pubblico ha bisogno di regole trasparenza e meritocrazia
Dacia Maraini
M i è capitato di portare una persona di famiglia che aveva avuto un ictus al pronto soccorso dell'ospedale più
grande e più popolare di Roma, il Policlinico Umberto I. Subito ammessa col bollino rosso, la persona in
questione è stata sistemata su un lettino e lì ha atteso - e noi con lei - ben sei ore prima di essere ricevuta dai
medici. Non ero mai entrata nella sala d'attesa del pronto soccorso e devo dire che sono rimasta sconvolta.
Una confusione di barelle e lettini sparsi in mezzo alla sala senza nessun ordine, su cui giacevano giovani e
vecchi: chi aveva avuto un infarto, chi una gamba rotta, chi una occlusione intestinale, chi portava un occhio
bendato. I parenti andavano su e giù intralciando il passo ai medici ma nessuno poteva impedirglielo visto
che i malati erano abbandonati a se stessi e anche per un poco d'acqua dovevano rivolgersi ai loro cari. I
lamenti si mescolavano alle proteste. Ciascuno pretendeva di fare passare davanti agli altri il proprio malato
perché il suo caso era «più urgente» degli altri. Le infermiere volenterose erano in preda alla confusione.
Correvano frettolose da una porta all'altra senza badare alle lagnanze dei malati, ma soprattutto alle proteste
rabbiose dei parenti che premevano per fare visitare il proprio caro.
Ho saputo di altri che al San Camillo vengono visitati per terra, perché le barelle e i lettini sono tutti occupati,
come succede in certe zone disperate dell'Africa nera dove manca la luce e l'acqua. Questo lo raccontano in
un bel libro appena uscito, i volontari di Medici senza frontiera, che lavorano in zone di guerra, a corto di
disinfettanti, spesso a corto di medicine, col solo ausilio della buona volontà. Dovremmo davvero ricominciare
col volontariato - la parte migliore e più preziosa del nostro Paese di cui non si parla mai - sia in politica che
nelle professioni di servizio. Possibile che, come racconta Ignazio Marino, nel Lazio ci sono 1600 unità
operative, capeggiate ciascuna da un primario che prende un alto stipendio? «Quanti di questi primari sono
davvero necessari?» si chiede saggiamente Marino e perché, aggiungiamo noi, non sono mai stati fatti questi
conti in tanti anni di pessima amministrazione che hanno ridotto Roma a una città del terzo mondo? E che
dire dell'annosa questione dei parti cesarei? Uno scandalo solo italiano, dove un parto su due viene affidato
al bisturi del chirurgo - e mai di sabato o di domenica - come è stato osservato, secondo i comodi dei medici
e degli ospedali, che per ogni operazione prendono un lauto compenso. La stessa cosa avviene per i
trapianti. Che a parte quelli da cadavere, su cui ci sarebbe molto da dire per una legge che è stata boicottata
e negata, vengono scoraggiati perfino quelli fra viventi, praticati in tutto il mondo, per portare avanti la lucrosa
pratica delle dialisi ospedaliere.
Occorre veramente una rifondazione etica che riguardi il servizio pubblico. Senza una riconquista dell'etica
pubblica ricadremo sempre negli stessi errori. Etica che non vuol dire dichiarazione astratta di buone
intenzioni, ma prassi severa: regole, trasparenza, meritocrazia, conti in ordine e attenzione alle spese.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il sale sulla coda
11/12/2012
Il Sole 24 Ore
Pag. 19
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Corsa per evitare il fiscal cliff
Obama: accordo subito al Congresso o l'economia ne risentirà ALTRI STIMOLI Domani la Fed annuncerà
nuovi acquisti di titoli del Tesoro da gennaio al posto del programma in scadenza a fine anno
Marco Valsania
NEW YORK
Il conto alla rovescia per scongiurare il Fiscal cliff negli Stati Uniti è scattato e Barack Obama è tornato
all'offensiva con l'obiettivo di strappare ai repubblicani un compromesso che, per sanare il deficit, faccia leva
su aumenti delle aliquote sul 2% più ricco della popolazione. Un compromesso che non sacrifichi, invece,
investimenti a sostegno dell'economia a cominciare da ricerca, istruzione e infrastrutture, considerate
necessarie alla riscossa dello strategico comparto manifatturiero.
Il presidente ha portato il suo messaggio nel cuore industriale dell'America, nel Michigan, dove ha parlato ai
dipendenti di un impianto di motori diesel della Daimler. «Dobbiamo smettere di costruire crisi con la politica ha detto - abbiamo una scadenza tra poche settimane, che avrà un impatto su tutti se il Congresso non
agisce rapidamente. Tutti vedranno automaticamente le imposte sul reddito salire. Una famiglia tipica vedrà
un aumento di 2.200 dollari l'anno. Questo non è un bene neppure per il business, perché ridurrà i consumi».
Obama ha invece difeso l'idea di concentrare gli incrementi sui redditi superiori ai 250mila dollari, il 2% di
popolazione e aziende.
Il presidente ha colto l'occasione per sottolineare la rinascita manifatturiera in corso nel Paese e legarla a
una partnership tra provato e pubblico. «Voglio riportare il manifatturiero negli Stati Uniti - ha detto - per
decenni questo impianto ha costruito motori, attraverso ogni rivoluzione technologica». E Obama ha citato il
prossimo passo: altri 120 milioni di dollari di investimenti previsti da Daimler che creeranno 125 nuovi posti di
lavoro. Ma all'investimento delle imprese, ha aggiunto, deve corrispondere un mirato ruolo pubblico. Serve,
ha affermato, un approccio equilibrato alla riduzione dei passivi federali che salvaguardi gli impegni per
l'istruzione come per le reti dei trasporti in nome della competitività futura.
La settimana appena iniziata potrebbe essere decisiva per un accordo sul Fiscal cliff da approvare entro fine
anno. Che eviti, cioè, un baratro fiscale a partire da gennaio, a causa di aumenti automatici delle imposte e
tagli di spesa per oltre 500 miliardi. «Possiamo risolvere il problema», ha assicurato ieri Obama. Al momento i
progressi sono lenti: i repubblicani insistono su tagli alla spesa, quali sanità e pensioni, e rifiutano incrementi
delle aliquote. Mentre i democratici non vogliono risparmi sui servizi sociali. Qualche apertura, tuttavia, è
affiorata. Obama ha visto domenica a porte chiusde il leader repubblicano al tavolo negoziale, lo speaker
della Camera John Boehner. Fra i democratici si è levata qualche voce favorevole a considerare riforme più
ambiziose della spesa pubblica. E soprattutto nei ranghi repubblicani l'aumento delle tasse appare un tabù
sempre meno condiviso: il senatore Bob Corker del Tennessee ha affermato che il suo partito dovrebbe
cedere per riportare in seguito l'attenzione sui risparmi di spesa, un'ipotesi già avanzata dal suo collega
dell'Oklahoma Tom Coburn.
Lo shock di aumenti delle imposte e tagli automatici, altrimenti, minaccia di spingere l'economia americana
ancora protagonista d'una debole ripresa in aperta recessione. Un esito che non potrebbe essere evitato da
manovre straordinarie della Federal Reserve, peraltro già previste in assenza di precipizi fiscali. Domani la
Fed dovrebbe annunciare nuovi acquisti di titoli del Tesoro a partire da gennaio per sostituire la cosiddetta
operazione Twist in scadenza a fine anno. Twist ha utilizzato proventi dalla cessione di titoli a breve nel
portafoglio della Banca centrale per acquistare titoli a lunga, tenendo bassi i tassi di interesse e offrendo
sostegno all'espansione.
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Economia da rilanciare
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Stati Uniti. Senza intesa il 1° gennaio scatteranno tagli automatici di spesa e aumenti di tasse
11/12/2012
Il Sole 24 Ore
Pag. 19
(diffusione:334076, tiratura:405061)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il precipizio
Se Democratici e Repubblicani non riusciranno a trovare un accordo sulla riduzione del deficit, il 1° gennaio
2013 entreranno in vigore i tagli automatici alla spesa e aumenti delle tasse
Il Budget Control Act del 2011 prevede infatti dalla mezzanotte del 31 dicembre la cancellazione degli sgravi
sui contributi sociali, la fine degli sgravi dell'era Bush e altri aumenti
Allo stesso tempo scatteranno i tagli alla spesa decisi con l'innalzamento del tetto del debito raggiunto nel
2011 che coinvolgeranno circa mille programmi governativi, con forti riduzioni delle risorse per Pentagono,
Medicare e Medicaid
L'effetto combinato di questi aumenti fiscali e tagli alla spesa potrebbe portare gli Stati Uniti in recessione
Foto: Economia reale. A Detroit Barack Obama ha visitato lo stabilimento della Daimler
11/12/2012
Il Sole 24 Ore
Pag. 53
(diffusione:334076, tiratura:405061)
Sace si rafforza in India, progetti per 2 miliardi
LINEE DI CREDITO Il mercato indiano rappresenta l'80% delle garanzie deliberate in Asia, a sostegno di
contratti per piccole imprese
Laura Cavestri
MILANO
L'Italia rafforza con una presenza anche "fisica" la copertura assicurativa sulle operazioni in India.
Inaugurato a Mumbai il nuovo ufficio della Sace, il gruppo assicurativo-finanziario attivo nell'export credit,
nell'assicurazione del credito, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e
nel factoring.
Sarà guidato dal manager indiano Amit Roy e farà da punto di riferimento per i mercati dell'Asia meridionale
(India, Bangladesh e Pakistan). Del resto, l'India, da sola, nel 2011 ha rappresentato l'80% delle garanzie
deliberate in Asia, dunque più della Cina.
«Oggi abbiamo una project pipeline di oltre 2 miliardi di euro in India - ha spiegato Raoul Ascari, chief
operating officer di Sace, a margine dell'evento cui hanno partecipato anche rappresentanti di Reliance
Industries, Tata e Mahindra - ma prevediamo un business tra i 500 milioni e 1 miliardo all'anno».
L'Italia, ha proseguito Ascari, «è percepita come fornitore affidabile nei settori dell'oil&gas, del petrolchimico,
della meccanica strumentale e delle nuove tecnologie industriali per acciaierie, raffinazione di idrocarburi e
impianti di fertilizzanti. Ma c'è anche un significativo mercato per la meccanica di scala medio-piccola nei
settori della farmaceutica, della lavorazione dei metalli e del legno».
«La nostra presenza all'estero - ha proseguito Ascari - si basa su una piccola rete di uffici snelli, in
collaborazione con società di consulenza e partnership nel mondo bancario per sviluppare linee di credito utili
a sostenere i progetti di crescita del Made in Italy in loco».
In questa direzione, Sace ha garantito un finanziamento da 400 milioni di dollari concesso da un pool di
banche internazionali a Reliance Industries, il gruppo indiano leader nei settori petrolchimico e dell'oil&gas,
per il potenziamento dei suoi impianti petrolchimici.
La garanzia andrà a sostegno dei contratti per la fornitura di beni e servizi assegnati a diverse società
italiane, in particolare Pmi.
«Vanno in questa direzione - ha concluso Ascari - gli accordi che stiamo attualmente negoziando con
banche locali e internazionali attive nel mercato indiano».
Inoltre, Sace ha garantito il finanziamento di 50 milioni di euro per forniture effettuate da Paul Wurth Italia
dell'ampliamento dello stabilimento siderurgico di Jamshedpur della società indiana Tata Steel, quinto
produttore del mondo d'acciaio.
Infine Sace, insieme a Bnl/Bnp Paribas, ha creato un plafond di 100 milioni di euro di finanziamenti garantiti,
destinati a sostenere progetti di export, internazionalizzazione e formazione.
Le imprese interessate a entrare in contatto con l'ufficio Sace di Mumbai possono inviare una mail
all'indirizzo internet: [email protected]
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Mumbai. Un ufficio per l'Asia meridionale
11/12/2012
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 31
(diffusione:556325, tiratura:710716)
IL LAMENTO DELLA FARMACEUTICA
GUGLIELMO PEPE
Le vacche grasse delle aziende farmaceutiche sono rinsecchite da tempo. E come per altri comparti
industriali nazionali, anche la produzione di medicine è colpita dalla crisi: calano le vendite (di circa il 6 per
cento), scende la spesa per la farmaceutica pubblica, diminuiscono gli occupati (dal 2006 diecimila addetti in
meno). Ma, come lamenta Farmindustria, c'è qualcosa di più specifico che riguarda l'Italia. Da noi l'accesso
all'innovazione è troppo lento (12-15 mesi in più rispetto alle autorizzazioni internazionali), e servono almeno
12 mesi per l'inserimento dei nuovi prodotti nei Prontuari regionali. Di fatto la ricerca è crollata del 23 per
cento. Le industrie si sentono penalizzate e temono per il futuro. Perciò chiedono al governo quello che verrà
- un quadro normativo certo, garantito da un Patto triennale che permetta di pianificare la loro attività. In
sostanza viene lanciato un grido d'allarme che andrebbe almeno ascoltato. Perché questo settore, anche se
non immune da scandali, crea valore per la salute, porta lavoro. Però la "resistenza" di Farmindustria contro i
medicinali generici ha ben poco di europeo: il confronto con gli altri non vale solo quando fa comodo.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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RSALUTE NOI & VOI
11/12/2012
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 32
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Nuovi test Diabete o tumore si scopriranno in un soffio
Il respiro è come un'impronta digitale e può dare informazioni come quelle del sangue
ELVIRA NASELLI
Basterà aprire la bocca per un prelievo di saliva o soffiare attraverso uno spettrometro di massa per poter
individuare patologie del fegato, disfunzioni renali, infezioni gastrointestinali, diabete, asma, alcuni tipi di
tumore (vedi accanto la ricerca italiana appena pubblicata sul British Journal of Surgery) e persino - secondo
uno studio francese - la propensione a sviluppare obesità. Secondo Raed A. Dweik, del Cleveland Clinic's
Lerner Research Institute, se esiste un test in grado di individuare qualcosa attraverso il sangue, la stessa
cosa si può indagare potenzialmente con il respiro, purché ci sia un componente volatile.
In futuro - dunque - i test diagnostici o predittivi potrebbero essere quasi tutti non invasivi.
Sempre meno Tac, radiografie e biopsie, con minor impatto sulla persone e costi più bassi. I biomarcatori
devono avere caratteristiche precise: devono essere sensibili rispetto all'obiettivo, specifici, riproducibili. Ma
anche clinicamente utili, con un bilancio positivo tra costo ed efficacia o - addirittura - a buon prezzo per
essere utilizzati su larga scala e in Paesi con minor tecnologia medica.
Il test del respiro è già prassi medica per individuare l'infezione da Helicobacter Pylori. Ma le possibilità sono
molte di più. Il respiro è quasi come un'impronta digitale e, oltre a contenere ossigeno, anidride carbonica e
azoto, comprende composti volatili e non, microscopiche particelle di proteine, peptidi, anticorpi e Dna. Tutti
elementi che, misurati con apparecchiature, anche un miliardo di volte più sensibili dell'alcol test della polizia,
sarebbero in grado di rivelare un'infinità di particolari. Secondo uno studio di ricercatori israeliani e del
Colorado, appena pubblicato su Journal of Thoracic Oncology, l'analisi del respiro differenzierebbe, con una
accuratezza dell'88 per cento, noduli polmonari maligni e sarebbe in grado di stabilire anche tipo di tumore e
stadio della malattia.
Una quantità elevata di idrogeno nel respiro potrebbe indicare una sindrome dell'intestino irritabile, e
composti alcalini e metilalcalini sarebbero predittivi per il rigetto nel caso di trapianto di cuore.
Per quanto riguarda la saliva, già oggi si eseguono test per individuare l'utilizzo di sostanze stupefacenti o
alcuni virus, come l'Hiv, ma, secondo studi presentati al congresso dell'American Association for Dental
Research (Aadr), le classi dei potenziali biomarcatori salivari sono tante e le applicazioni possibili ancora di
più: un'analisi dei metaboliti può aiutare ad individuare patologie endocrinologiche, stress, fibrosi cistica o
peridontite, uno studio del Dna può rivelare infezioni batteriche o tumore testacollo mentre la presenza di
immunoglobuline può orientare verso un'infezione virale, epatite B o C o Hiv.
Non sempre, però, l'individuazione di marcatori si traduce in applicazione clinica. Dei ventiseimila
biomarcatori approvati dalla Fda americana, ventimila per i tumori e seimila per patologie cardiache, solo una
piccola parte sono in uso. Anche perché la cosiddetta validazione, che misura l'efficacia di un test diagnostico
o di un percorso terapeutico rispetto a quello tradizionale, impone studi su campioni ampi di popolazione. «Il
campo è promettente - premette Pietro Calissano, collaboratore del Cnr e vicepresidente dell'European Brain
Research Institute(Ebri) - oggi conosciamo molte molecole, potenziali portatrici di malattia, che si possono
identificare per la diagnosi e un'eventuale cura. Per passare però all'applicazione clinica occorrono anni. Il
mio gruppo di lavoro ha identificato una molecola alterata nei malati di Alzheimer: l'abbiamo brevettata e
dobbiamo verificare quanto è espressa nei pazienti attraverso un esame del liquor spinale: in futuro potrà
essere identificata anche del sangue o nella saliva. Il gruppo di Cattaneo all'Ebri ha sintetizzato una nuova
forma di NGF che potrebbe essere impiegata per la cura dell'Alzheimer. Tutti questi studi richiedono qualche
anno di lavoro e molti investimenti, ma non c'è dubbio che la strada sia quella giusta».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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RSALUTE Anche dalla saliva la possibilità di individuare malattie con marcatori specifici. "Ma occorrono anni
di studio e investimenti", spiega Pietro Calissano del Cnr, che ha individuato una molecola legata ad
Alzheimer e patologie neurodegenerative
11/12/2012
La Repubblica - Ed. nazionale
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Colon-retto, la diagnosi precoce dall'"impronta" lasciata nel fiato
DONATO FRANCESCO ALTOMARE
Il cancro del colon-retto è un tumore ad alta incidenza nel nostro territorio, ed è ancora la seconda/terza
causa di morte per tumore in Europa. Infatti, i programmi di diagnosi precoce adottati non soddisfano a pieno
i criteri di affidabilità, non invasività e basso costo. Sebbene la ricerca del sangue occulto nelle feci abbia
subito una importante evoluzione negli ultimi anni, la sua affidabilità è ancora troppo bassa, variando dal 30 al
60% sulla base del test utilizzato. Per questo motivo la ricerca di nuove metodiche di screening, continua ad
impegnare numerosi laboratori di ricerca in tutto il mondo.
Dall'università e dal Policlinico di Bari viene lanciata una nuova sfida, che se dovesse ricevere gli adeguati
riscontri potrebbe rivoluzionare la diagnosi precoce del cancro del colonretto. L'attenzione si è concentrata
sulla messa a punto di un nuovo test basato sull'analisi del respiro in pazienti con cancro del colon-retto. È
noto infatti che per alcuni tumori, in primis quello del polmone, si possono individuare nell'espirato molecole
prodotte dal tumore in grado di distinguere i malati dai sani. Il metodo origina dalla metabolomica, branca
della biologia che studia il metaboloma, ossia l'insieme dei prodotti finali del metabolismo cellulare (20003000 molecole) che rappresentano una sorta di "impronta metabolica" del soggetto, in grado di svelare
patologie latenti. Una caratteristica importante di questa nuova scienza è l'utilizzo di campioni biologici di
scarto, l'espirato, le urine, le feci, etc, attraverso i quali vengono eliminati dall'organismo i prodotti finali dei
processi metabolici cellulari.
Siamo riusciti a dimostrare, nei pazienti con tumore del colon-retto, una configurazione caratteristica di
composti isolati dall'espirato e definiti VOCs, composti organici volatili, in grado di discriminarli dai soggetti
sani. L'analisi dell'espirato è stata effettuata con gas-cromatografia e spettrometria di massa (GC-MS), dal
dipartimento di Chimica dell'università degli studi di Bari. La tecnica si è dimostrata affidabile all'80% nel
discriminare i malati (37) dai sani (41). L'articolo scientifico è pubblicato sul British Journal of Surgery. Il
campionamento del respiro dura pochi minuti e il risultato arriva entro 2 ore. Se i risultati dovessero essere
confermati anche per quanto riguarda la diagnosi di polipi del colon-retto, precursori del cancro, questo
metodo di screening porterebbe anche alla possibilità di una vera prevenzione di questo tumore,
consentendo l'asportazione endoscopica dei polipi con importanti vantaggi per la popolazione e per la spesa
sanitaria.
* Policlinico universitario, Bari PER SAPERNE DI PIÙ www.aadronline.org www.bjs.co.uk
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RSALUTE Questo cancro, come già rilevato per quello al polmone, libera composti chimici caratteristici
nell'aria espirata
11/12/2012
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 34
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Sonno improvviso malattia sommersa
GIUSEPPE DEL BELLO
Un colpo di sonno. Improvviso, invincibile e imprevisto che può arrivare in qualsiasi momento. Anche al
volante, su un'autostrada, o mentre si lavora. Altrettanto inaspettato può essere l'"afflosciamento"
(tecnicamente "cataplessia"), cioè un cedimento muscolare di tutto il corpo, scatenato da una semplice risata.
E in più, con l'angosciante esperienza per chi soffre di queste manifestazioni, di risvegliarsi, lucidissimo,
senza potersi muovere, impossibilitato a parlare. È la narcolessia, malattia rara che in Italia, secondo recenti
stime, conta 25 mila pazienti, di cui soltanto un migliaio di casi sarebbe diagnosticato. «Ancora oggi viene
spesso confusa con altre patologie, neurologiche come l'epilessia, o anche psichiatriche», spiega Salvatore
Striano, docente di Neurologia alla Federico II di Napoli, «in realtà, uno studio elettrofisiologico che associa
un elettroencefalogramma con la registrazione dei movimenti oculari e dell'attività muscolare permette di
documentare un grave disturbo dell'organizzazione del sonno, in particolare con l'emergere precoce e
inappropriato del sonno Rem ( rapid eye movements ), la fase correlata con l'attività onirica». Compare
spesso nei ragazzi o nei giovani, con un decorso cronico che può compromettere pesantemente la qualità di
vita. «Dati recenti riconoscono la causa nella scomparsa di una popolazione di cellule nervose localizzate in
una struttura cerebrale profonda, l'ipotalamo», rivela Giuseppe Plazzi che al Policlinico di Bologna dirige il
centro per la narcolessia (primo in Italia e secondo nel mondo, riferisce lo Swedish research council ),
«Questi neuroni producono l'"orexina", un peptide responsabile del mantenimento dello stato di veglia e del
tono muscolare. Nuovi spiragli per la ricerca si sono aperti dopo l'incremento nei paesi scandinavi di casi
pediatrici dopo la vaccinazione per la "suina" del 2009: oggi si ipotizza che la narcolessia si sviluppi in
soggetti geneticamente predisposti su base verosimilmente autoimmune. E probabilmente, nel prossimo
futuro, potremo contare anche su protocolli risolutivi». Intanto, il centro bolognese, punto di riferimento
nazionale, sta attraversando un momento di difficoltà per la sede, racconta Icilio Ceretelli presidente
dell'"Associazione italiana narcolettici e ipersonni": «Ma sono in aumento i pazienti che afferiscono al centro.
Mi auguro che a breve, con l'aiuto di una Fondazione e l'ok della Asl, sia nuovamente disponibile una
struttura unica, efficiente, per diagnosi e trattamento precoci».
LA SCHEDA IL FUTURO Per gli scienziati, i neuroni che producono il peptide orexina potrebbero in futuro
essere sostituiti con cellule staminali LA RICERCA Sarebbe abbastanza vicina la realizzazione in laboratorio
di una molecola in grado di potenziare l'orexina rimanente I SINTOMI Eccessiva sonnolenza diurna (Esd);
cataplessia: perdita del tono muscolare; allucinazioni (sogni a occhi aperti); paralisi del sonno LA DIAGNOSI
Prevede la polisonnografia del sonno notturno e il Multiple sleep latency, per rilevare la gravità della
sonnolenza diurna PER SAPERNE DI PIÙ www.narcolessia.it www.neuro.unibo.it
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RSALUTE Narcolessia In Italia ne sarebbero affette 25 mila persone ma solo mille le diagnosticate. A
Bologna un centro di riferimento nazionale, considerato secondo al mondo, naviga tra le difficoltà
L'associazione dei pazienti chiede il rilancio della struttura. Esami e cure precoci
11/12/2012
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 35
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Via occhiali e lenti a contatto ok al laser ma non per tutti
ANNAMARIA MESSA
Laser sempre più innovativi, pazienti sempre più pronti a rivolgersi al bisturi di luce per buttare nel cestino
occhiali e lenti a contatto. Nell'immaginario collettivo quasi una bacchetta magica, a tutte le età e per
chiunque abbia problemi di miopia (15 milioni di italiani), astigmatismo (33%), ipermetropia (40 su 100),
anche presbiopia (28 milioni).
Non sempre e non in ogni caso è però una soluzione possibile. Prima di decidere l'intervento bisogna
sottoporsi ai test previsti e a un'attenta visita pre operatoria da parte del chirurgo oftalmologo.
Così è stato ribadito a Barcellona in un incontro scientifico sui progressi della chirurgia refrattiva: «L'occhio
deve aver terminato il suo sviluppo, il difetto deve essere stabile da almeno un anno, lo spessore corneale
sufficiente. Non devono essere presenti patologie come il cheratocono. Con le attuali tecnologiee una serie di
esami preoperatori possiamo definire tutte le peculiarità individuali della visione, quindi un trattamento
personalizzato in base alle necessità dello specifico occhio. Il recupero visivo è più veloce rispetto alle
tecniche tradizionali», puntualizza Scipione Rossi, primario microchirurgia oculare ospedale San Carlo di
Nancy, Roma, vicepresidente Aiccer, Associazione Italiana Chirurgia Cataratta e Refrattiva. «No al laser se
l'ipermetropia supera le tre diottrie. Per la miopia è determinante lo spessore corneale del paziente che è in
rapporto al livello del difetto: oltre le 6-7 diottrie è bene valutare di volta in volta. Se c'è glaucoma o cataratta
s'interviene prima su queste patologie. Solo dopo si può pensare alla chirurgia refrattiva. Anche il diabete è
una controindicazione: può provocare alterazioni refrattive e determinare patologie importanti dell'occhio, a
volte anche la cecità», chiarisce Alessandro Galan, primario Ospedale Sant'Antonio di Padova, presidente
Sot, Società oftalmologia triveneta.
Si possono correggere miopia e astigmatismo in un unico intervento? «Il laser può rimodellare il profilo della
cornea: nella miopia attraverso un appiattimento della parte centrale della cornea, nell'astigmatismo la cornea
va resa più sferica. Va però valutato caso per caso se è possibile», spiega Rossi.
Anche nei giovani. «L'occhio deve avere una conformazione adatta a subire l'intervento senza rischi.
Solo attenti esami diagnostici su struttura, forma, condizioni di salute della cornea e di tutti i tessuti oculari
possono fornirci queste risposte», precisa Galan.
Per i presbiti invece "il laser nonè un'opportunità",è stato ribadito a Barcellona. C'è chi afferma il contrario,
pur con qualche cautela.A Milano al congresso Soi, Società Oftalmologica, si è parlato della procedura con la
tecnica Lasik che utilizza il riconoscimento dell'iride e il sistema Eyetracking multidimensionale. Per Roberto
Bellucci, direttore dell'Ospedale civile Maggiore di Verona, segretario European Society of Catar a c t & R e f
r a c t i v e Surgeons, «per 20 anni si sono cercate soluzioni per curare la presbiopia con il laser, finora con
successo limitato. Oggi abbiamo una soluzione che in futuro potrà essere applicata anche in maniera più
allargata».
PER SAPERNE DI PIÙ www.aiccer.it www.soiweb.com
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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RSALUTE Occhi All'incontro di Barcellona sulla chirurgia refrattiva riaffermata l'esigenza di esami preoperatori. Varie le controindicazioni Anche nei giovani si valuta caso per caso
11/12/2012
La Repubblica - Ed. nazionale
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Longevità Invecchiare tra poco cibo e movimento
MARIA PAOLA SALMI
Arrivare ai novanta e superarli? Il punto è come si fa ad invecchiare mantenendosi sani. «L'invecchiamento attacca Felipe Sierra del National Institute on Aging - è il maggior fattore di rischio delle principali malattie
croniche, ma si vorrebbe vivere fino a 120 anni e passa. Solo uno scarno 1% si rende conto che la morte non
si può battere». In una società come quella europea dove, secondo l'Oms, due terzi dei pensionati soffre di
almeno due patologie croniche e più del 25% del Pil finisce in strumenti di copertura sociale, la European
Innovation Partnership on Active Ageing punta a strategie che favoriscano l'invecchiamento sano e
ridisegnino il ruolo della primary care.
Il fronte anziani avanza. L'Italia è il paese più vecchio d'Europa con un over 65 ogni cinque persone e un
over 75 ogni dieci; entro il 2060 ci saranno solo due persone in età lavorativa per ogni anziano, contro il
quattro a uno di oggi. «L'Italia ha allungato la speranza di vita media più di ogni altro paese, ma il welfare
pubblico è stato sostituito dal welfare famigliare», sostiene Walter Ricciardi, direttore dell'osservatorio
nazionale sulla Salute nelle regioni italiane dell'università Cattolica di Roma che ha redatto, con il contributo
di Abbott, il Libro bianco 2012 dedicato alla terza età. La sfidaè ripensare la sanità pubblica in funzione degli
anziani, non come problema economico ma come risorsa. Più invecchiamo meglio ci sentiamo, rileva lo
studio Sage, pubblicato su Journal of Psychiatry,a patto di avere un approccio fiducioso, di saper affrontare e
superare le difficoltà e non cadere nella depressione.
«Il segreto dell'invecchiamento di successo, tanto indagato sotto il profilo degli acciacchi ma poco su come si
integrano condizione fisica, aspetti cognitivi e psicologici, sta nella capacità del singolo di autovalutarsi
positivamente, resilienza e depressione sono determinanti - spiega lo psichiatra Colin Depp dell'università di
San Diego - il fatto di percepire il passare degli anni in maniera positiva si associa a maggiore istruzione,
migliore funzione cognitiva, migliore percezione della salute fisica e mentale e grande capacità di recupero».
Costarica, Loma Linda, Sardegna, Okinawa, Ikaria, sono le "blue zones", dove si vive di più e bene: la
famiglia è prioritaria, non si fuma, si cammina tanto e la dieta si basa su frutta, verdura e cereali. «Ma per
sopportare un'aspettativa di vita centenaria servono sicurezza economica, abitazioni tecnologiche, protezione
per i non autosufficienti e conoscere i trucchi per contrastare i problemi che possono arrivare con l'età»,
sottolinea Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva.
Tanto per cominciare, occorre rimettere in piedi un piano per la non autosufficienza. «Da noi è ricoverato il
2% di ultra 65enni in strutture residenziali e circa il 3,5% riceve assistenza domiciliare - osserva Michele
Mangano, presidente nazionale Auser - negli altri paesi il sistema di rete assiste oltre il 7% degli anziani».
Quanto ai "segreti" della longevità, non basta una buona forma fisica senza la salute mentale. «Il movimento
giornaliero fatto di camminate e di faccende da sbrigare dentro e fuori casa, pasti moderati e variati preparati
con cibi sani, non fumare, prendere farmaci solo se necessario- suggerisce Giuseppe Paolisso, presidente
della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) - una certa tranquillità economica, la capacità di
mantenere i vecchi legami affettivo-amicali e farne di nuovi, sono regole semplici che allontanano le cronicità
e legano alla vita in maniera attiva». POSTI LETTO LE RESIDENZE In Italia vi sono 3,5 milioni di anziani non
autosufficienti I posti letto residenziali sono 240 mila, ne servirebbero il doppio. Carenze più gravi al Centro e
al Sud (Fonte Auser)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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RSALUTE L'Italia è il paese più "vecchio" d'Europa con un over 65 ogni 5 persone. La sfida è ripensare la
sanità pubblica. Oggi l'assistenza degli anziani è soprattutto a carico della famiglia Una vita attiva e una
serenità economica aiutano a star meglio
11/12/2012
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 37
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Ipertrofia e tumore della prostata strategie preventive
Terapie precoci e nuovi esami per evitare biopsie inutili
TALESSANDRA MARGRETH
Tre domande per intercettare una eventuale ipertrofia prostatica benigna (Ipb). È il "Quick Prostate Test", che
indaga sui sintomi e disagi di un disturbo urologico che colpisce quasi il 14% degli over 50enni. Il Qpt,
presentato da Vincenzo Mirone, segretario della Siu, Società italiana di urologia, sta per essere distribuito a
un ampio numero di medici di medicina generale, e da febbraio 2013, corsi di formazione per medici di
famiglia.
L'Ipb si manifesta con l'ingrossamento della prostata, con conseguente compressione dell'uretra e ostruzione
del flusso urinario. Aumenta lo stimolo e la frequenza nell'urinare, fastidi che costringono ad alzarsi più volte
la notte per andare in bagno (nicturia).
Vari i farmaci da utilizzare, in primis l'associazione di dutasteride (inibitore delle 5-alfa-reduttasi), e di
tamsulasina (alfa- bloccante).
Sul fronte del tumore della prostata (36 mila casi nel 2012), mentre domani sarà presentato dalla Società
urologia oncologica (Siuro) e Cipomo (Collegio primari oncologi ospedalieri) il progetto di quattro "Prostate
Cancer Unit" (centri multidisciplinari) sul territorio nazionale, un nuovo marker si affaccia per discriminare
meglio il tumore prostatico in pazienti con Psa elevato (limitando così il numero di biopsie non necessarie). Si
tratta del proPSA, sempre da prelievo di sangue, disponibile nei centri pubblici (ultimo il Regina Elena di
Roma).
PER SAPERNE DI PIÙ www.italialongeva.it www.osservasalute.it
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RSALUTE Urologia/2 Dal test dal medico di base, a nuovi marker e centri
11/12/2012
La Repubblica - Bari
Pag. 2
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Valutazione sanitaria, è guerra sei aziende si rivolgono al Tar
Oggi il piano della raffineria con sit-in degli ambientalisti davanti alla Prefettura La disciplina prevede controlli
di Asl e Arpa sulle emissioni inquinanti
LA LEGGE con la quale la Regione Puglia ha istituito per alcune aree industriali la necessità di valutare un
possibile rischio di danno sanitario approderà nelle aule del Tribunale amministrativo. Sei aziende, tra le quali
l'Enie l'Edipower, hanno presentato ricorso al Tar di Lecce, contestando il regolamento che dà applicazione
alla norma, varata dalla Regione. La legge è chiara: Asl ed Arpa dovranno verificare se le emissioni inquinanti
delle industrie possano causare un vero e proprio danno sanitario, se compromettanoo meno la salute dei
cittadini. Una legge che di fatto impone prescrizioni in tema di prevenzione dell'inquinamento. Ieri alla
Regione sono stati notificati sei ricorsi. Non c'è invece l'Ilva. Due le tesi sostenute dalle imprese. C'è chi
contesta la competenza della Regione Puglia a legiferare su questo argomento e chi, invece, punta l'indice
contro il regolamento attuativo che di fatto individua le aziende che devono sottoporsia questo tipo di controlli.
In pratica si tirano fuori, sostenendo la compatibilità ambientale della propria produzione. Ora toccherà ai
giudici del Tar di Lecce esprimersi su questi ricorsi.
Oggi, intanto, in occasione della presentazione del piano di emergenza esterno relativo alla raffineria Eni di
Taranto, gli ambientalisti terranno un sit-in davanti alla prefettura del capoluogo jonico. "Noi saremo lì è detto
in una nota del movimento 'Taranto respira' - a testimoniare che i cittadini di Taranto sono svegli e determinati
a pretendere la tutela della loro salute e della legalità da parte di tutti i responsabili della cosa pubblica. La
presenza sarà come sempre pacifica ma determinata". Gli ecologisti fanno presente di voler dare continuità
all'iniziativa del 5 dicembre, quando ci fu una manifestazione analoga "sul tema della difesa della
Costituzione, della legalità a Taranto e a sostegno della magistratura. Quel giorno una delegazione ha
rappresentato al prefetto i timori per i rischi derivanti dalla vicinanza della raffineria Eni alla città e in merito
agli strumenti di pianificazione per i rischi da incidente rilevante". 'Taranto respira' ricorda, infine, che durante
il tornado del 28 novembre scorso "la popolazione non ha ricevuto informazioni sul da farsi e questo ha
generato un disorientamento generale in assenza di istruzioni e di un piano di comunicazione con il pubblico".
Ore decisive al palazzo di giustizia: a breve potrebbe essere sollevato il conflitto di attribuzioni dopo il
decreto con il quale il Governo ha vanificato il sequestro degli impianti inquinanti dell'area a caldo dell'Ilva.
Secondo il pool inquirente, l'intervento governativo è un'autentica invasione di campo, di qui la scelta di
intavolare il conflitto di attribuzioni.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Il caso Eni ed Edipower tra i colossi energetici che si ribellano alla nuova legge regionale
11/12/2012
La Repubblica - Bari
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
La scoperta di 5 giovani ricercatrici "Cancro al colon? Lo dice il respiro"
Il commento L'innovazione rappresenta la carta vincente che dobbiamo continuare a giocare per guadagnare
futuro e combattere l'incultura
«INVESTIRE in prevenzione, ricerca ed innovazione è decisivo. L'idea che con un respiro si possa
guadagnare una diagnosi evitando interventi diagnostici, significa in prospettiva immaginare un abbattimento
della quota di sofferenza fisica e dei costi». Lo ha detto il presidente della giunta regionale Nichi Vendola,
presentando ieri la scoperta scientifica sulla diagnostica del cancro del colon fatta da ricercatori dell'università
di Bari. Una ricerca finanziata dalla giunta Vendola con un milione 500mila euro e i cui risultati sono stati
pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali a cominciare dal British journal of surgery.
I ricercatori - è stato spiegato - hanno applicato al respiro l'approccio utilizzato per monitorare la qualità
dell'aria, lo stesso usato dal gruppo di scienziati per individuare le emissioni dell'Ilva di Taranto.
E' stato così possibile, solo gonfiando un palloncino, diagnosticare il cancro al colon retto, una diagnosi che
oggi si ottiene con la colonscopia e con la ricerca del sangue occulto nelle feci. La nuova metodica, più
semplice e sostenibile, è affidabile: su 100 malati ne individua 80, mentre su 100 pazienti positivi al test del
sangue occulto che eseguono una colonscopia, solo 50-60 hanno una patologia intestinale e solo 7 di essi
hanno un tumore. Una scoperta importante considerando che sono 51.600 i nuovi casi di cancro al colon
retto attesi in Italia nel 2012 (fonte Istat) e che questa patologia rappresenta la seconda causa di morte per
cancro tra i maschi e la terza tra le donne. Ieri con Vendola c'erano il vicepresidente della giunta Loredana
Capone, l'assessore alla Sanità Ettore Attolini, il direttore scientifico della rete di laboratori "Voc and odor",
Gianluigi De Gennaro, il prof. Donato Francesco Altomare, del Dipartimento di emergenza e trapianti
d'organo dell'ateneo barese. Secondo la Capone, «avere investito tanto in ricerca e innovazione è una linea
di politica industriale che ci sta mostrando gli effetti della sua lungimiranza». Per Attolini, «un esame così
semplice eppure così preciso favorisce non solo l'esattezza della diagnosi, ma invoglia i pazienti a sottoporsi
al test anche per la semplice prevenzione, per la quale la colonscopia spesso è un deterrente». La ricerca
made in Puglia ha riscosso l'interesse della comunità scientifica mondiale e l'entusiasmo dei media
internazionali, tanto che Cnn e Bbc hanno interpellato i massimi esperti in materia per commentarla.
Lo studio è andato avanti grazie all'impegno di cinque giovanissime ricercatrici, fra i 25 e i 37 anni: Maria Di
Lena, Francesca Porcelli, Elisabetta Travaglio, Livia Trizio, Maria Tutino. Vendola, senza peli sulla lingua, ha
fatto un commento per metà amaro e per metà orgoglioso: «Il mondo della ricerca in Italia sta crepando. Ma
in questa regione proprio la ricerca rappresenta la carta vincente che dobbiamo continuare a giocare per
guadagnare futuro e allo stesso tempo combattere lungo questo fronte l'incultura istituzionale».
Foto: TASK FORCE Il prof. Donato Francesco Altomare
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Il lavoro scientifico made in Puglia fa il giro del mondo. Con un finanziamento pubblico Il caso
11/12/2012
La Repubblica - Roma
Pag. 3
(diffusione:556325, tiratura:710716)
"Casilino, a rischio un reparto di eccellenza"
Per i tagli potrebbe chiudere l'unità di chirurgia vascolare del policlinico
(l. d'a.)
TAGLI, ridimensionamenti e razionalizzazione dei costi. Eppure, nonostante la "cura" Bondi, c'è chi continua
a investire nella sanità. Lungo via Casilina, a poche centinaia di metri dal grande raccordo anulare, si staglia
la figura di un ospedale in costruzione. Una struttura che permetterà al policlinico Casilino di raddoppiare i
propri spazi. La messa di benedizione è prevista per la vigilia di Natale. Ma, nel trasferimento delle unità da
un palazzo all'altro, una rischia di sparire. È il reparto di chirurgia vascolare, diretto dal primario Giovanni
Caselli: sarebbe finito nel mirino del commissario ad acta. Si tratta di una delle eccellenze italiane nella sua
specialità. A dimostrarlo sono i dati pubblicati nel febbraio scorso da Laziosanità e confermati dall'ufficio
informatico dell'Asl Roma B.
La degenza media è la più bassa in città (5,2 giorni) e il livello di complessità degli interventi eseguiti nel
reparto supera di gran lunga lo standard imposto dalla Regione: 1.69 contro 1. Nel terzo trimestre del 2012,
poi, il reparto ha effettuato il 45 per cento delle prestazioni specialistiche nel territorio di riferimento. Tutto con
solo sei letti a disposizione. Capitolo personale: i medici sono stipendiati dall'Asl Roma B e, in caso di
chiusura del reparto, saranno messi in mobilità. Perderà il posto chi, invece, è sotto contratto con Eurosanità
(la società che tra i suoi asset ha la prestigiosa casa di cura Villa Stuart). Rischiano, quindi, cinque chirurghi
precari e il resto del personale paramedico.
«Ma quello che preoccupa più di tutto è la salute dei cittadini», osserva il primario Giovanni Caselli. Con la
chiusura del reparto di chirurgia vascolare del Casilino, a cui si potrebbe aggiungere quella dell'unità del
Pertini, i residenti dei municipi V, VI, VII, VIII e X potrebbero perdere una delle realtà virtuose del territorio.
«Serviamo una popolazione di 900 mila abitanti - continua il chirurgo- senza contare stranieri irregolari e
pendolari. Un numero che equivale alla somma degli abitanti di Firenze e Bologna, dove ci sono quattro
reparti della mia specialità». Il quadrante est della capitale potrebbe quindi rimanere, da un momento all'altro,
senza un'unità salvavita. Gli esempi non mancano: alle 6.15 di sabato scorso un accoltellato è stato salvato
dall'équipe di Giovanni Caselli.
«Se dovessero sparire i reparti di Pertini e Casilino - spiega il primario - casi del genere dovranno essere
trasferiti. In mancanza di una rete informatica tra gli ospedali romani, poi, il paziente potrebbe essere
costretto a ripetere le analisi nel nuovo ospedale». Perdendo tempo prezioso e accumulando un ritardo
fatale.
Foto: Il pronto soccorso del Casilino
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Il caso
11/12/2012
La Repubblica - Roma
Pag. 8
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Sigilli allo studio. Il medico abusivo era già stato denunciato Per la Finanza gli strumenti venivano utilizzati
senza essere sterilizzati
FLAMINIA SAVELLI
AUTORIZZAZIONI illecite, anestetici e medicinali scaduti: smascherato un finto dentista ad Acilia, truffati oltre
1300 pazienti. L'operazione è stata condotta dalla guardia di Finanza di Ostia che ieri mattina ha messo sotto
sequestro l'immobile del finto professionista, le cartelle dei pazienti e i medicinali, tra cui numerosi aghi e fiale
di anestetici scaduti dal 2008.
Il finto dottore invece, un uomo di 50 anni, e' stato gia' denunciato alla procura della Repubblica. Le indagini
sono scattate un mese fa quando uno dei clienti dello studio dopo aver pagato quanto dovuto in seguito a un
intervento medico non ha ricevuto la fattura e ha quindi inviato una segnalazione alle fiamme gialle di Ostia
che hanno messo sotto controllo lo studio in una delle vie principali di Acilia. Era un vero e proprio
ambulatorio dentistico con tanto di telecamere installate sulla scala, attrezzature e collaboratori. E secondo
quanto accertato, da almeno quattro anni il finto medico esercitava la professione abusivamente ed era
diventato, soprattutto grazie al passaparola tra i pazienti ignari della truffa, molto conosciuto in zona. «Il finto
dentista - spiega il maggiore Costantino Russo - esercitava la professione senza alcun titolo e per le
autorizzazioni sanitarie dello studio aveva utilizzato il nome di un dirigente sanitario che non si era accorto di
nulla». Dalle indagini inoltre è emerso che la stessa persona era già stata denunciata e condannata nel 2008
per esercizio abusivo della professione. «Nonostante ciò, nel corso degli ultimi 4 anni aveva riaperto l'attivitàe
pubblicato numerosi articoli in diverse riviste nel settore della medicina. Il dato che ci preoccupa davvero aggiunge il maggiore Russo - sono i medicinali che abbiamo sequestrato perché erano tutti scaduti, tra questi
anche aghi e fiale di anestetici utilizzate per le operazioni e quindi ora stiamo verificando che nessuno tra i
pazienti abbia subito ulteriori danni». E ancora, spiegano i finanzieri: «Il fenomeno dei finti medici è sempre
più frequente, questa e' già la terza segnalazione nel giro di pochi mesi e l'unici consiglio che possiamo dare
è quello di consultare sempre l'albo dei professionisti on line e verificare». I controlli comunque proseguono,
le fiamme gialle stanno ora cercando di capire a quanto ammonta il giro d'affari che al momento non è ancora
possibile calcolare: oltre alle cartelle mediche sequestrate dei clienti registrati regolarmente infatti ci
sarebbero altre persone truffate e ancora ignare di tutto e proprio in queste ore i finanzieri stanno cercando di
risalire alla lunga lista. E infine, è stata comunque aperta un'indagine per verificare l'intera attività fiscale dello
studio medico mentre l'uomo è stato denunciato alla procura per esercizio abusivo della professione e falso
ideologico.
Le tappe LA DENUNCIA L'uomo, di 50 anni, è stato denunciato alla procura per esercizio abusivo della
professione e falso ideologico LE INDAGINI Le indagini sono scattate quando un cliente non ha ricevuto la
fattura e ha inviato una segnalazione alle fiamme gialle LA SCOPERTA È emerso che il finto dentista
esercitava abusivamente la professione da almeno 4 anni ed era diventato molto conosciuto in zona
Foto: LO STUDIO Qui sopra, lo studio dove il falso dentista riceveva i pazienti. A sinistra, alcuni dei
medicinali scaduti
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Farmaci e aghi scaduti gli affari del falso dentista che curava 1300 pazienti
11/12/2012
La Repubblica - Roma
Pag. 13
(diffusione:556325, tiratura:710716)
I MALATI TRATTATI COME FOSSERO BOTTIGLIE DI LATTE
MARCO RUFFOLO
SPENDING review. Un bel suono e anche un bel significato: vuol dire riesame delle spese pubbliche per
stabilire quali sono necessarie e quali rappresentano invece solo sprechi e duplicazioni. È un lavoro immane,
soprattutto nella sanità,e in particolare in quella romana. Richiede una dettagliata conoscenza di cose e
persone. Troppo difficile per una Regione che ha come primo obiettivo rientrare dal deficit. Ecco allora che si
va sulle scelte più facili. Innanzi tutto il taglio dei posti letto. Unico parametro per tutti: 3,7 posti letto ogni mille
abitanti.
Per chi è sopra scatta il taglio, che significa chiusura di reparti o di interi ospedali. Poco importa se si tratta di
eccellenze nazionali, se offrono un approdo a pazienti provenienti da tutto il centro-sud. Secondo: i precari
non possono essere stabilizzati.
Poco importa se solo grazie a loro oggi continuano a reggere interi pronto-soccorsi e reparti.
Insomma, sempre e comunque tagli, il più delle volte lineari. Ora si capisce perché sia stato chiamato come
commissario della nostra sanità uno come Enrico Bondi. Eppure lo Stato sociale non è la Parmalat e i malati
non sono bottiglie di latte.
Il risultato, tuttavia, è che ospedali con reparti di eccellenza come San Filippo Neri, Oftalmico, Forlanini, Cto
e Eastman rischiano la chiusura o la trasformazione in poliambulatori o in presidi territoriali. Il tutto
condizionato dalla fretta anti-deficit e slegato da qualsiasi piano razionale. Viene in mente l'immagine
dell'ospedale San Giacomo, abbandonato, con le finestre rotte e i gabbiani che entrano e escono. Anche
quell'ospedale, dopo il tentativo di farne un residence di lusso, sarebbe dovuto diventare un presidio
territoriale. Due mesi prima della chiusura era stato ristrutturato con 12 milioni. Nostri milioni. Ecco, per
risparmiare, non sarebbe il caso di intervenire sulla malagestione sanitaria, sugli sprechi veri e sulle vere
duplicazioni piuttosto che chiudere i servizi ai pazienti?
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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ROMA economia
11/12/2012
La Repubblica - Napoli
Pag. 7
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Caserta, assenteismo di massa in una Asl
I badge marcatempo timbrati da colleghi compiacenti L'attestato di presenza vidimato ben novecento volte in
maniera illegale
ASSENTEISMO di massa. Non uno o due dipendenti fantasma sul luogo di lavoro. Al dipartimento di
prevenzione della ex Asl Caserta 2 di Santa Maria Capua Vetere la cattiva abitudine della truffa era collettiva.
In tanti a prendere lo stipendio senza lavorare.
Tutto grazie al badge marcatempo, consegnato a colleghi compiacenti per marcarlo e intanto pensare alle
faccende proprie.
Strumento della truffa, il badge, che però si è trasformato nella prova dell'inganno. Basti pensare che, come
hanno scoperto i carabinieri, in due mesi è stato vidimato ben novecento volte in maniera illegale. Tutto
ripreso dalle telecamere - una interna e l'altra esterna alla sede della Asl Caserta 2 - così da poter distinguere
chi arrivava tardi da chi non si presentava affatto sul posto di lavoro.
Bilancio dell'indagine: ventotto misure cautelare per altrettanti dipendenti, con l'obbligo di presentazione alla
polizia giudiziaria. Un compito, quello, che non potranno delegare ad altri colleghi. Ma in totale erano già stati
denunciati cinquantasette dipendenti: tra loro i complici disposti a marcare i badge degli altri, fino a quattro
colleghi a testa. Truffa aggravata ai danni dello Stato e falso ideologico in atto pubblico per induzione. Queste
le accuse con cui la Procura di Santa Maria Capua Vetere di Corrado Lembo ha chiesto e ottenuto dal gip
l'emissione dei provvedimenti cautelari. Le indagini dei carabinieri del colonnello Giancarlo Scafuri partono
però da lontano. Si erano mosse sul fronte della corruzione. Si era infatti scoperto che alcuni ispettori del
lavoro in servizio al Dipartimento di prevenzione della Asl, abusando della qualità di ufficiali di polizia
giudiziaria, avvicinavano i titolari di cantieri e prospettavano loro gravi sanzioni pecuniarie, addirittura il
sequestro del cantiere e il blocco dell'attività se non si fossero rivolti a studi di consulenza da loro indicati per
il rilascio a prezzi salati della documentazione necessaria all'impresa in questione. Ad esempio la valutazione
del rischio sui luoghi di lavoro. Durante quell'indagine, però, ci si era imbattuti in casi di assenteismo che, con
le indagini, si sono moltiplicati fino a individuare il coinvolgimento di cinquantasette dipendentie le centinaia di
vidimazioni truffa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Un badge marcatempo
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Il blitz Dovranno presentarsi all'autorità giudiziaria 28 dipendenti del dipartimento prevenzione di Santa Maria
Capua Vetere
11/12/2012
La Repubblica - Napoli
Pag. 8
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Tecnologia anche al Pascale nelle équipe di Delrio e Perdonà
GIUSEPPE DEL BELLO
IL "Da Vinci robot", dopo il Monaldi, entra al Pascale. Il primo ospedale oncologico del sud può finalmente
contare su una sofisticata tecnologia che fonde roboticae informatica. Non è la prima volta che l'attenzione si
concentra sul tema, ma stavolta desta interesse la possibilità di intervenire, con una strumentazione
comandata a distanza, anche in campo oncologico. Le équipe guidate dal primario chirurgo Paolo Delrioe
dall'urologo Sisto Perdonà hanno già effettuato alcuni interventi per rimuovere un tumore (ovviamente i casi
vanno selezionati, a seconda delle condizioni del paziente e della tipologia della lesione) del retto o della
prostata.
La tecnologia si distingue, soprattutto, per la capacità di visione ingrandita del campo operatorio,
un'operazione che moltiplica l'immagine reale da 10 a 15 volte. Il robot, ovviamente, è quello che
conosciamo: quattro bracci meccanici che montano gli strumenti di superficie come i divaricatori e il
ministrumentario fatto di pinze, forbici e aspiratori, oltre alla consueta consolle. Di qui, dalla postazione a
distanza, e grazie a un sistema ottico a tre dimensioni, l'operatore controlla e comanda le manovre affidate
alle braccia meccaniche. La robotica, in sostanza, affianca la laparoscopia già utilizzata nel 30% dei pazienti
colpiti da neoplasia di retto e prostata. I vantaggi? Per il paziente meno dolore, un ridotto sanguinamento e un
diminuito rischio di infezione. Inoltre, in urologia il robot offre maggiori garanzie - ai soggetti operati di tumore
alla prostata - di salvaguardare le funzioni sessuali. «Si tratta del nerve-sparing, una procedura - spiega
Perdonà - che consente di asportare prostata e linfonodi risparmiando i fasci nervosi che circondano l'organo.
Per un giovane, infatti, una sessualità menomata può provocare un forte contraccolpo psicologico. Il
successo della procedura è correlata all'età del paziente, ma il taglio è così preciso che tutela i nervi anche a
un millimetro dal tumore.
«Per gli interventi al retto - sottolinea invece Delrio - si tratta di una nuova potenziale arma, con possibilità
future di applicazione in un numero crescente di pazienti. Una possibilità in più anche per gli ammalati del sud
che saranno trattati con tecnologie avanzate. Inoltre, la maggiore precisione dei movimenti e la possibilità di
operare in spazi poco accessibili nella chirurgia tradizionale permetterà anche una maggiore radicalità
oncologica». © RIPRODUZIONE RISERVATA PER SAPERNE DI PIÙ www.fondazionepascale.it
associazionearcade.it
Foto: L'Istituto Pascale. A destra, un chirurgo-robot
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Un robot per i tumori della prostata
11/12/2012
La Repubblica - Napoli
Pag. 9
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Campania: a rischio 180 posti per pazienti sottoposti a dialisi
(g. d. b.)
OLTRE il 70% delle dialisi in Campania è gestito dai privati. E adessoi pazienti, oltrea pagare lo scotto di una
regione con solo il 30% affidato al settore pubblico, devono fare i conti col taglio di ben 180 posti disponibili
nelle strutture accreditate. Con lo spettro di un'altra schiera di licenziati. A rischio sarebbero 100 tra medici e
infermieri, mentre i centri perderebbero investimenti per oltre 8 milioni. La drammatica denuncia arriva da
Giuliana Fusco, presidente dell'Associazione regionale ambulatori di emodialisi (Arcade) dopo un rapido
calcolo dei pazienti in trattamento.
«È una scelta sbagliata e non porterà a risparmi - dice - anche perché la Regione paga per le prestazioni
erogate e non per il singolo posto. Più disponibilità non significa più prestazioni. La dialisi è un trattamento
particolare, nessuno vorrebbe farla se non fosse indispensabile. Si manderanno in fumo milioni di soldi
investiti dai privati, ci saranno il probabile licenziamento di lavoratori e un ulteriore disagio per i pazienti». La
querelle inizia a settembre, quando la Regione fissa il fabbisogno di posti-rene sulla base di dati poi rivelatisi
sbagliati, osserva la Fusco, eppure, nonostante la revisione, il criterio è rimasto lo stesso. «Danno e beffa lamenta la Fusco - Sei anni fa infatti, i centri di dialisi che volevano rientrare nei requisiti per l'accreditamento
hanno dovuto sopportare costi notevoli per l'adeguamento delle strutture. Uno su tutti: l'assunzione di
personale per rispettare il rapporto medici e infermieri con il numero dei posti-rene». © RIPRODUZIONE
RISERVATA I PAZIENTI Sono 4600 i dializzati curati nei centri privati, l'80% del totale LE CURE 700 mila
prestazioni all'anno per 125 milioni; 110 imprese e 2500 dipendenti
Foto: Un ambulatorio per la dialisi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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L'allarme La denuncia di Giuliana Fusco, presidente dell'Arcade: associazione malattie renali
11/12/2012
La Repubblica - Firenze
Pag. 3
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Giustizia lenta Finite le indagini inizia il calvario processi eterni e
prescrizione
(f.s.)
«Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e
imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata».
E' l'articolo 111 della Costituzione, modificato a larghissima maggioranza il 9 novembre 1999. Da allora,
però, niente è stato fatto dal Parlamento per assicurare la ragionevole durata del processo. Al contrario. Il
totem della prova che deve formarsi in dibattimento appesantisce le udienze in modo insensato. Gli
investigatori sono costretti a ripetere tutto, anche le virgole, delle loro annotazioni, che accusa e difesa
conoscono benissimo. I consulenti devono illustrare le loro perizie. Per i processi più complessi è un disastro.
«Dopo aver assistito al mio processo mediatico e alla mia demonizzazione senza la minima possibilità di
difesa, aspetto con serenità e anche con impazienza il processo vero, quello che si svolge nelle aule di
tribunale, certo che in quella sede il teorema degli inquirenti sarà travolto e la verità verrà finalmente a galla»,
ha dichiarato ieri l'onorevole Denis Verdini (Pdl). Ma con le regole oggi in vigore il suo processo non finirà
mai. A meno che il Parlamento, del quale l'onorevole Verdini è autorevole esponente, non si decida a
modificare le procedure, per assicurare «la durata ragionevole del processo».
Quadra
A giudizio nel luglio 2011 in aula da poco più di un mese TUTTI i progettisti sono uguali ma alcuni sono
più uguali degli altri.
Cioè hanno corsie preferenziali negli uffici comunali. E' il cuore dell'accusa del processo Quadra: 22 imputati,
fra cui il geometra Alberto Formigli, ex capogruppo del Pd in consiglio comunale, e l'ex presidente dell'Ordine
degli architetti Riccardo Bartoloni. Le accuse, a vario titolo: corruzione, falso, abuso d'ufficio, truffa, abusi
edilizi. E' un processo prezioso per capire i retroscena dell'urbanistica fiorentina.
Ma il rinvioa giudizioè del 18 luglio 2011, l'inizio del processo, dopo vari rinvii, è del 7 novembre, e per ora è
stato ascoltato solo uno degli investigatori, che deve ricostruire parola per parola, intercettazione su
intercettazione, collegamenti su collegamenti, tutto ciò che è contenuto nelle sue annotazioni.
Menarini
All'udienza preliminare parti offese tutte le Asl italiane L'UDIENZA preliminare per il processo Menarini
comincerà il 30 gennaio. Il presidente onorario della casa farmaceutica Alberto Aleotti è accusato di una truffa
colossale, non inferiore a 860 milioni, al Servizio sanitario nazionale, ingannato per decenni attraverso la
sovrafatturazione dei principi attivi dei farmaci. I suoi figli e collaboratori sono accusati di riciclaggio. La
Procura ha indicato come parti offese i ministeri dell'Economia e della Salute, tutte le Regionie tutte le Asl
italiane. Sarà un processo smisurato. L'inchiesta è stata talmente complessa che non si sa quante decine di
udienze saranno necessarie perché investigatori e consulenti ripetano in aula ciò che hanno riversato in
migliaia di pagine scritte.
Strage Viareggio
Dopo tre anni e 32 morti inchiesta ancora aperta IL 29 giugno 2009 un treno merci che trasportava gpl è
deragliato a Viareggio, a causa della rottura di un asse.
Una delle cisterne si è rotta, il gpl è uscito, si è incendiato, è esploso, ha devastato un quartiere e ucciso 32
persone. L'inchiesta della procura di Lucca è stata straordinariamente complessa. L'asse che si è spezzato
sorreggeva una cisterna di proprietà di una multinazionale ed era stato revisionato (male) in un'officina
tedesca. Sulle cause della rottura della cisterna gli esperti si sono divisi. Le pagine depositate sono quasi
centomila. Gli indagati 38, fra cui l'amministratore delegato del Gruppo Ferrovie Mauro Moretti. A breve la
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Gli investigatori devono ripetere ogni virgola delle loro annotazioni, così i consulenti con le perizie La
Costituzione vuole che il dibattimento abbia "ragionevole durata". Ma è una chimera IL DOSSIER. I tempi si
allungano, la macchina va in panne
11/12/2012
La Repubblica - Firenze
Pag. 3
(diffusione:556325, tiratura:710716)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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richiesta di rinvio a giudizio. Si prospetta un processo sterminato. Le vittime dovranno soffrirea lungo prima di
sentire il profumo di giustizia.
Castello
Il giudice si deve operare l'esito resta nella nebbia SULLA carta il processo per l'urbanizzazione dell'area
di Castello non sarebbe fra i più ingestibili. Gli imputati sono sette, fra cui l'imprenditore Salvatore Ligresti, già
patron di Fondiaria Sai, e gli ex assessori Gianni Biagi e Graziano Cioni (Pd). Le accuse (corruzione,
concussione, turbativa d'asta) sono circoscritte. E il tribunale si era formalmente impegnatoa chiudere il
processo in pochi mesi. Invece le udienze si sono aperte il 5 luglio 2011 e la sentenza è ancora nelle nebbie.
In realtà doveva essere pronunciata il 29 giugno scorso, ma il tribunale - dopo 7 ore e 25 minuti di camera di
consiglio - decise che era «assolutamente necessario» assumere nuovi mezzi di prova. Poi uno dei giudici è
stato operato. Qualche udienza in novembre, poi rinvio a gennaio.
Ccf
La storia della banca della Piana finita con l'insolvenza FRA i processi monstre che saranno celebrati
nelle aule del tribunale di Firenze, un posto di rilievo lo occupano quelli che ruotano attorno all'onorevole
Denis Verdini, coordinatore azzurro. L'inchiesta sulla gestione del Credito Cooperativo Fiorentino, la banca da
lui guidata per venti anni, si è chiusa con contestazioni a 55 persone, fra cui il costruttore Riccardo Fusi e il
senatore Marcello Dell'Utri. E dopo la recente dichiarazione di insolvenza della banca, le accuse di
appropriazione indebita potrebbero convertirsi in bancarotta. Il procedimento per i contributi al Giornale della
Toscana e ad altre due sue testate locali conta 25 indagati. Le indagini dovrebbero chiudersi entro poche
settimane, ma è impossibile prevedere quando mai potranno iniziare i processi.
11/12/2012
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 24
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Cartella clinica "umana" I pazienti si raccontano
LA NASCITA DELL'INIZIATIVA L'idea è di Rosalba Panzieri, alla scrittrice è venuta quando ha dovuto essere
operata Medicina più vicina a chi soffre: esperimento al San Filippo Neri
PAOLO RUSSO ROMA
Ospedale San Filippo Neri, Roma. Anche qui incombe la scure del commissario della indebitatissima sanità
laziale, Enrico Bondi. Nelle corsie si respira un'aria pesante, che certo non aiuta a rinsaldare il rapporto tra
pazienti, medici e infermieri. Eppure proprio da qui il 1° dicembre è partita una piccola, grande rivoluzione:
inserire i racconti e le storie personali dei pazienti tra i freddi dati clinici e diagnostici della cartella clinica.
«Che in questa versione umanizzata - assicura il professor Massimo Santini, direttore del Dipartimento
cardiovascolare dove è partito l'esperimento - consentirà al medico di capire in pochissimo tempo anche le
caratteristiche personali, sociali e psicologiche del paziente, con ricadute positive sull'assistenza offerta».
Un'esperienza unica in campo sanitario ma che presto si replicherà in molti altri ospedali d'Italia. Perché
l'iniziativa ha suscitato interesse già a Milano, Bologna, Torino, Pisa e anche a Sud. La Cartella clinica
«umana» nasce da un'idea della scrittrice Rosalba Panzieri che al San Filippo Neri è partita portando
letteratura e teatro in corsia. «Ho iniziato scrivendo monologhi nei quali si raccontava il vissuto della
malattia», racconta Rosalba. Poi, improvvisa, la scoperta di doversi operare urgentemente per un grave
scompenso cardiaco. Dopo la guarigione l'idea di portare quell'esperienza teatrale di medicina narrativa fuori
dal palcoscenico, direttamente in corsia. «Perché avevo imparato sulla mia pelle quanto fosse importante
combattere la depressione passando per la conoscenza e l'accettazione della malattia». Da qui il «modello
narrativo alfa», un modulo che non ha nulla di burocratico perché qui la persona ricoverata scrive liberamente
come percepisce il suo futuro, cosa lo preoccupa, i suo sogni. «Una narrazione che ovviamente si affianca in
cartella ai dati clinici e che aiuta il medico a interpretare la patologia che deve affrontare», assicura il direttore
generale dell'ospedale, Lorenzo Sommella. «Perché non si può curare ciò che non si conosce e non si può
conoscere nessuno a cui non sia concesso di raccontarsi», gli fa eco Rosalba Panzieri. Sembra una cosa
scontata ma per Ivan Cavicchi, professore di sociologia sanitaria all'Università Tor Vergata di Roma, ha il
sapore di una rivoluzione «perché la scienza oggi vede solo l'evidenza delle prove scientifiche mentre ridare
valore di verità anche all'opinione del malato significa corresponsabilizzarlo nelle scelte cliniche e ridurre il
contenzioso con i medici». Una umanizzazione della medicina che fa dunque bene ai conti «ma soprattutto
all'efficacia della scienza», ribadisce Cavicchi. «Certo, la crisi con la perdita delle certezze fa tutti un po' più
egoisti ma alla fine aiuta a riscoprire anche il valore del rapporto umano», commenta con ottimismo Rosalba.
Fatto è che nella sanità strangolata dai tagli iniziative come quella del San Filippo Neri si stanno moltiplicando
in tutta Italia. Al Campus Bio-Medico di Roma medici e pazienti con epatite C hanno completato la loro
narrazione della malattia con uno spettacolo teatrale e proprio ieri due parlamentari, Nino Lo Presti e Melania
Rizzoli, hanno sfatato un tabù parlando pubblicamente della loro vittoriosa battaglia contro il tumore. Un
bisogno di raccontare la malattia che la nostra sanità sta forse imparando ad ascoltare.
L'ospedale a rischio chiusura per i tagli n Il San Filippo Neri è uno degli ospedali romani che rischia di
chiudere a causa dei tagli imposti dal commissario alla sanità Enrico Bondi. Il 7 dicembre scorso i lavoratori
avevano organizzato un'assemblea aperta alla cittadinanza con una raccolta firme per evitare la chiusura
della struttura. «Ne abbiamo raccolte 15.000 in tre giorni» annunciava un infermiere. Davanti all'ingresso
dell'ospedale, uno striscione recitava: «Siamo l'unica assicurazione sulla vita che vi potete permettere».
Foto: L'assemblea davanti al San Filippo Neri per scongiurare la chiusura dell'ospedale
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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il caso
11/12/2012
Il Messaggero - Roma
Pag. 36
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Bondi firma sbloccati cinque milioni di fondi per l'Idi
La prossima settimana saranno pagati gli stipendi di novembre
Intanto gli stipendi di novembre, man mano arriveranno altre risorse. Sbloccati finalmente 5 milioni di fondi
per i 1.800 lavoratori dell'Idi-San Carlo: ieri il commissario alla sanità ha annunciato l'avvio della liquidazione
delle fatture relative al corrente maturato dal 24 ottobre, il Tribunale fallimentare ha dato l'ok, «Al personale
non medico verrà pagato l'intero stipendio, a quello medico il 50%» precisa Domenico Gramazio, vice
presidente della Commissione sanità al Senato. Un segnale positivo per una delle tante strutture sanitarie
cattoliche in difficoltà, che hanno suscitato la preoccupazione del Papa. I TEMPI Il direttore generale dell'Idi,
Mario Braga, dopo un vertice in Campidoglio parla di tempi tecnici ma anche di riconfigurazione della
struttura. «I finanziamenti verranno resi disponibili mercoledì prossimo dalla Regione, a quel punto avremo la
possibilità di pagare gli stipendi, la prossima settimana saranno sui conti correnti del personale. In questa
fase possiamo disporre della mensilità di novembre ma man mano che si libereranno successive risorse,
continueremo a pagare con le rimesse regionali che arriveranno di volta in volta». ` Per Alemanno, che ieri ha
visitato il Gemelli («Roma non può farne a meno») e che venerdì farà il punto sulla sanità laziale con Bondi, si
tratta di «una prima boccata d'ossigeno per i lavoratori, ci siamo impegnati a sollecitare gli istituti bancari a cui
la proprietà chiederà un prestito ponte per pagare gli stipendi arretrati. Per quanto riguarda le somme
pregresse è difficile sbloccarle». Quanto alla tutela dei posti di lavoro la proprietà si è impegnata a presentare
entro Natale un piano industriale per aprire subito dopo un confronto coi sindacati. TRENTA GIORNI Anche
perché i 37 milioni di euro destinati all'Idi e attualmente pignorati «dovrebbero essere sbloccati in presenza di
un piano industriale», spiega Gramazio. «Il giudice fallimentare deve pronunciarsi per legge entro la prima
settimana di febbraio». Ci sarà quindi un mese di tempo per analizzare la bontà del piano presentato. Intanto
continua nel XVIII Municipio la raccolta di generi alimentari per le famiglie «provate da tanti mesi di mancati
stipendi - ricorda il minisindaco Daniele Giannini - C'è un primo passo primo passo verso un ritorno alla
normalità. È importante far sapere alla cittadinanza che questi centri, eccellenze della sanità italiana, sono in
piena attività». Questa mattina alle 10 davanti alla Regione ennesima protesta: in piazza lavoratori, sindacati,
imprese, associazioni, in tutto 42 sigle, per chiedere un confronto a Bondi. Raffaella Troili pure a
Montecompatri e a Villa Buon Respiro di Viterbo
1.800
I lavoratori senza stipendio da mesi, 6 in sciopero della fame 780 sono i milioni di euro di disavanzo della
Sanità del Lazio nel 2012 -7% il taglio ai budget per la sanità privata deciso dal commissario Bondi nel 2012
3,7 sono i posti letto per mille abitanti che il Lazio dovrà avere per la spending review
Foto: A Cassino è già arrivata nei giorni scorsi la lettera del gruppo San Raffaele che annuncia la chiusura,
così
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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LA SVOLTA
11/12/2012
Il Messaggero - Roma
Pag. 37
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Sanità San Raffaele e gli altri tagli sicuri, crediti da riscuotere
Blitz in via della Pisana traffico bloccato da medici e infermieri IL GRUPPO CONTA TREDICI STRUTTURE
NELLA REGIONE «SIAMO PRONTI A FARE LA RIVOLUZIONE»
«Bondi dacci i fondi prima che la barca affondi». Lo striscione blocca via della Pisana, lo sorreggono medici,
infermieri, impiegati e familiari dei pazienti. In trecento circa fermano il traffico, urlano slogan, restano fermi in
strada per più di sette ore. Protestano per evitare la chiusura di quattro strutture del gruppo San Raffaele. Le
sedi di Cassino, Montecompatri, Viterbo e Rocca di Papa rischiano di essere smantellate perché da oltre un
anno la Regione Lazio non paga più e la proprietà non è in grado di sostenere i costi. «Siamo esasperati,
ridotti alla fame. Da due mesi e mezzo non prendiamo lo stipendio», Antonella Selli, responsabile dell'Ufficio
ricoveri dell'Ircss San Raffaele Pisana, è tra i dipendenti in prima linea nella lotta in difesa dei posti letto e di
lavoro. «Continuiamo a lavorare anche se non ci pagano per non interrompere il servizio, ma non possiamo
fare chissà per quanto volontariato». Il presidio comincia ieri mattina alle 8 circa, davanti alla sede dell'Istituto
di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) specializzato nella riabilitazione, termina alle 15,30.
Circolazione in tilt, tre linee bus deviate (802, 808 e 881), la tensione che cresce. I vigili urbani chiudono via
della Pisana, nel tratto vicino alla struttura ospedaliera, e deviano le auto. Qualche dipendente sale sul tetto,
come hanno fatto in questi giorni altri dipendenti della sanità romana al collasso. «Ma siamo riusciti a
convincerli a scendere dopo aver ricevuto la telefonata dell'amministratore delegato dell'azienda», aggiunge
Antonella Selli. «Avrà un incontro con Bondi che avrebbe manifestato l'impegno a concludere in modo
positivo la trattativa. Se non ci danno i fondi, succede la rivoluzione. Noi non abbiamo intenzione di mollare».
Alla Pisana lavorano in cinquecento circa, i posti letto sono 298. LE CHIUSURE Il gruppo San Raffaele, che
conta tredici strutture nel Lazio, deve avere dalla Regione un totale di 260 milioni di euro per prestazioni già
erogate. «La Polverini aveva già chiuso le sedi di Velletri, Nomentana e Trionfale», spiegano al comitato in
difesa del San Raffaele. A Cassino è già arrivata nei giorni scorsi la lettera del gruppo in cui si annuncia la
chiusura, così pure a Montecompatri e a Villa Buon Respiro di Viterbo. La stessa comunicazione è giunta ieri
alla struttura di Rocca di Papa. «In assenza di alcuna notizia o determinazione certa da parte della Regione
Lazio riguardo la richiesta di pagamento, in questa fase di emergenza - si legge in una nota del gruppo - la
Società è costretta a comunicare la cessazione delle attività del San Raffaele Rocca di Papa». Con questo
provvedimento diventano 1.200 i posti letto tagliati e 1.500 i posti di lavoro persi. A Rocca di Papa si contano
206 dipendenti e 255 posti letto. «Il gruppo San Raffaele conclude la nota - è profondamente scosso dalle
decisioni che, suo malgrado, ha dovuto assumere ma, in mancanza di pagamenti immediati da parte della
Regione Lazio non è più in grado di far fronte agli impegni economici necessari a garantire la continuità
assistenziale nelle sue Strutture». Maria Lombardi
Foto: La protesta al San Raffaele
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LA PROTESTA
11/12/2012
Il Messaggero - Roma
Pag. 45
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Epidemia colposa inchiesta archiviata
Erano stati accusati di epidemia colposa e omissione d'atti d'ufficio per non aver dato l'allarme sulla malattia
di una paziente dell'Umberto I, una donna bengalese di 22 anni affetta di tubercolosi. Ma ieri, il procuratore
aggiunto Leonardo Frisani e i pm Alberto Pioletti e Claudia Alberti hanno deciso di archiviare l'indagine.
Nessuna delle dieci persone tra pazienti e personale sanitario dell'ospedale trovati positivi alla tbc ha
contratto il morbo. E dunque è stato impossibile per gli esperti dei Nas confrontare il bacillo con quello della
paziente che per prima si è presentata in ospedale con la malattia conclamata, una volta l'8 febbraio, poi il 7
marzo, il 10 quando partorisce e infine, per la malattia, il 9 maggio, quando viene trasferita a infettivologia: un
confronto indispensabile per stabilire il nesso causale. Sa. Men.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Policlinico
11/12/2012
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 22
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Sempre più medici denunciati Ma è colpevole uno su cento
Dati choc dall'Università del Sacro Cuore: scagionato il 99% L'effetto? Lievita la spesa per farmaci, terapie e
difesa legale
Enza Cusmai
L'idillio medico- paziente esiste solo in Tv. Nella realtà le denunce che piovono sulla settore sanitario sono
lievitate del 300% in soli otto anni. E i pazienti sono diventati nemici dei camici bianchi che vengono
denunciati spesso con leggerezza. Lo confermano i dati della Procura di Roma elaborati dall'Istituto di
medicina legale dell'Università cattolica Sacro Cuore: solo una denuncia su 100 è fondata e si trasforma in
condanna. In pratica, il 99% dei medici viene scagionato dopo aver subito un processo che può durare dai
cinque agli otto anni. Una degenerazione che provoca uno sperpero di denaro pubblico nel settore giudiziario
e in quello sanitario. Già, perché i medici non ne possono più di ricevere avvisi di garanzia per ogni magagna.
E contrattaccano con la medicina difensiva, un'arma a doppio taglio: se da un lato li cautela, dall'altra aggrava
i costi della sanità pubblica per circa un miliardo di euro l'anno. Un'indagine della Commissione parlamentare
d'inchiesta sugli errori sanitari rileva infatti che quasi il 70% dei medici propone un ricovero non necessario
mentre sei su dieci suggeriscono più esami del dovuto. «La classe medica si sente perseguitata e la
conseguenza è l'aumento del 10% della spesa nazionale» incalza Maurizio Maggiorotti, presidente di Amami,
acronimo di Associazione Medici Accusati di Malpractice. «I costi lievitano in tutti i settori - aggiunge il medico
- La spesa farmacologica cresce del 15%, gli accertamenti di circa 20% e si traducono in 200 milioni l'anno, le
visite specialistiche aggiuntive si stimano intorno ai 150 milioni l'anno. Alla fine il miliardo di euro lo superiamo
senza problemi». E tutto perché in Italia, unica nazione nella Ue e nel mondo è previsto lo strumento penale
per colpa del medico. Fuori dai confini un professionista viene condannato solo per dolo o per aver agito sotto
l'effetto di sostanze stupefacenti o dell'alcol. Ma il nostro codice è rimasto un po' indietro. E si assiste a una
sorta di perversione giudiziale che lascia una vittima anche dopo un'assoluzione. E nell'ambiente ospedaliero,
chi ha ricevuto un semplice avviso di garanzia è colpito dalla «sindrome dell'appestato»: vive una crisi
psicologica che gli crea isolamento professionale e limita le sue capacità professionali. Molti finiscono dal
collega psicanalista. I medici sono disorientati, sfiduciati e hanno voglia di rivalsa. E anche il presidente di
Amamai, Maggiarotti ammette che di fronte a 30 mila sinistri all'anno, questa reazione è inevitabile. «Un
medico racconta - è stato condannato per omicidio colposo perché di fronte a una cefalea non ha prescritto
una risonanza per allontanare il sospetto di aneurisma di arteria cerebrale. I giudici hanno detto che l'evento,
anche se è improbabile, andava previsto anche a costo di prescrivere esami lunghi e costosissimi».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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SALUTE E GIUSTIZIA
11/12/2012
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 11
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Gioco patologico, allarme separazioni
La denuncia di "Insieme contro l'azzardo": 1 su 10 è causata da un coniuge "compulsivo" Attilio Simeone:
questi giocatori sono veri e propri malati; per loro occorrono degli "amministratori di sostegno"
VITO SALINARO
DA MILANO «L a nostra impresa familiare ci ha sempre consentito di vivere agiatamente. Ma a un certo
punto mi sono ritrovata in una tale ristrettezza economica da non poter fare neanche la spesa. Mio marito non
mi parlava, mi sfuggiva. A un certo punto l'ho costretto a rivelarmi la causa delle nostre difficoltà. Mi ha
confessato che stava dilapidando tutto nel gioco d'azzardo. Attività commerciale, casa, conto bancario, ha
sacrificato persino le catenine d'oro dei nostri figli. L'ho sbattuto fuori di casa e gli ho tolto le chiavi. Ora voglio
la separazione». La testimonianza di Claudia, 39 anni, colpisce profondamente persino un avvocato dalla
consumata esperienza come Attilio Simeone che, nelle vesti di coordinatore nazionale del Cartello "Insieme
contro l'azzardo" - che aderisce alla Consulta nazionale antiusura -, ne ha viste e sentite di «tutti i colori».
«Claudia - dice - è entrata nel mio studio dopo aver trascorso 6 anni di inferno in cui ha assistito a una vera e
propria trasformazione da parte dell'uomo che ha sposato e che le ha sempre nascosto la sua malattia.
Quell'uomo fa parte di un esercito di quasi un milione di italiani affetto da gioco d'azzardo patologico e che
sembra interessare molto poco al nostro governo». Ma sulla scrivania dello studio di Simeone, a Bari, non ci
sono solo le testimonianze come quella di Claudia. C'è un dossier che fa tremare i polsi. Perché indica che il
10% delle separazioni nel nostro Paese è causato proprio dal gioco d'azzardo di cui soffre uno dei due
coniugi e di cui si è discusso ieri nel convegno su gioco d'azzardo e usura, organizzato dall'associazione
Anteas di Toritto (Bari), con la partecipazione della Fondazione antiusura San Nicola e Santi Medici, di
"Insieme contro l'azzardo" e del Comune barese. «Di questo 10% - spiega Simeone -, l'80% è costituito da
ricorsi di separazione introdotti soprattutto da donne che, sfinite dai reiterati comportamenti compulsivi dei
mariti, decidono di buttare la spugna rivolgendosi al tribunale anche per porre un argine alla devastazione
sociale ed economica che un giocatore patologico ha la capacità di determinare in ambito familiare e
lavorativo». Ma quell'80% non è da assumere in termini assoluti perché sempre più donne giocano ("gratta e
vinci" e slot machine su tutto); © un dato che, evidenzia Simeone, darà presto i suoi effetti in termini di
separazione coniugale. Ma il legale sottolinea anche che, «trattandosi di una patologia strettamente
connessa, se non proprio indotta, da difficoltà economiche dovute, nella migliore delle ipotesi, alla perdita del
posto di lavoro magari già precario, la percentuale dell'80% è più che "giustificata" dal fatto che in molte parti
d'Italia, in special modo al Sud, è ancora l'uomo l'unico percettore di reddito che, trovandosi in difficoltà
lavorative, è tendenzialmente portato a tentare la dea bendata più della donna». Un aspetto su tutti, nella
triste sequenza di litigi e di declini familiari, è, a giudizio di Simeone, «socialmente rilevante»: quasi tutte le
coppie arrivano alla separazione senza aver fatto prima un serio tentativo di risoluzione del problema.
«Nessuno si è mai recato da un esperto o da un sacerdote - ammette l'avvocato barese - per capire
innanzitutto che il gioco d'azzardo patologico è una malattia, una dipendenza dalla quale da soli non si arriva
lontano. E della quale è complice lo Stato che, incentivando il ricorso all'azzardo quasi fosse una risoluzione
a tutti i problemi esistenziali ed economici, non fa altro che impedirne una vera consapevolezza sociale».
Insomma, è questo il cambiamento di rotta che il Cartello "Insieme contro l'azzardo" chiede sia posto in
essere: il giocatore incallito è un malato. Dunque, i giudici «dovranno cominciare a considerare l'aspetto
patologico del gioco, che offusca provvisoriamente la capacità dei soggetti affetti. Se si vuole fare un
"servizio" alla giustizia, in molti casi più che di separazione, l'istituto civilistico più adatto è quello
dell'"amministrazione di sostegno" che offre ai giocatori un valido supporto nella capacità decisionale», e che
può investire il coniuge del giocatore. Perché, come rileva Simeone, quasi mai viene messo in dubbio l'affetto
verso il coniuge. E «quando è la famiglia a farsi carico del problema patologico - dichiara - muta radicalmente
la visione delle cose, tutto appare rapportato alla risoluzione della patologia e a riscrivere le regole dello stare
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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NUOVE DROGHE
11/12/2012
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 11
(diffusione:105812, tiratura:151233)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
insieme». Repentinamente «cambiano le priorità di ogni membro del nucleo», si diventa più attenti «ai bisogni
essenziali e meno consumisti. Registriamo un maggior equilibrio familiare, una maggiore capacità di
rapportarsi agli altri, aumenta sia l'autostima sia la complicità di coppia». RIPRODUZIONE RISERVATA
19%
LA PERCENTUALE ITALIANA DEI GRATTA E VINCI VENDUTI NEL MONDO
23%
LA QUOTA ITALIANA DEL MERCATO MONDIALE DI GIOCO ONLINE
11/12/2012
Il Gazzettino - Ed. nazionale
Pag. 18
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Studio danese: fare figli allunga la vita, mortalità più alta per chi non ha
prole
MILANO - Avere figli allunga la vita. Non è lo slogan di un movimento pro-life, ma è quello che si può dedurre
da uno studio scientifico danese pubblicato sul "Journal of Epidemiology and Community Health". La ricerca è
stata condotta su oltre 21 mila coppie che stavano cercando di avere un bimbo attraverso la fecondazione
assistita. Si trattava quindi di uomini e donne già intenzionati ad avere un figlio. In ogni caso, quello che è
emerso è che chi non aveva prole moriva prima di chi diventava genitore. È risultato che il fatto di non avere
bimbi moltiplica le probabilità di morte prematura dovuta a tumori, malattie cardiovascolari o incidenti: del
doppio per gli uomini e addirittura di 4 volte per le donne. Gli autori tengono però a precisare che il legame
causa-effetto non è provato, e che la ricerca dimostra solo un'associazione tra il non procreare e un maggior
rischio di morte anticipata. Lo studio, rimbalzato sulla stampa internazionale, non è stato immune da critiche.
Alcuni esperti insistono infatti sulla particolare condizione psicologica delle coppie che vogliono fortemente un
bambino, non riescono a concepirlo per vie naturali e si rivolgono alla "provetta".
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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LA RICERCA
11/12/2012
MF - Ed. nazionale
Pag. 11
(diffusione:104189, tiratura:173386)
Seduta controcorrente per Molmed
Manuel Costa
Non è stato un lunedì nero per olmed, la società biotech nata come spin off del San Raffaele e partecipata da
Fininvest con il 23,94%. L'annuncio della presentazione dei dati di lungo termine sulla terapia cellulare
sperimentale Tk, durante il convegno annuale della American Society of Hematology in corso ad Atlanta, ha
portato gli acquisti su Molmed, che ha chiuso in rialzo dell'1,95% a quota 0,4 euro, in netta controtendenza
rispetto al resto di Piazza Affari. Tk è una delle due linee di prodotto che Molmed sta portando avanti, insieme
al biofarmaco Ngr mirato ai vasi tumorali, dedicato in particolare ai pazienti che necessitano un trapianto di
midollo e che non trovano un donatore pienamente compatibile. Molmed ha specificato che i risultati ottenuti
«confermano la fattibilità, l'efficacia e la sicurezza» dell'approccio della società «su una larga popolazione di
pazienti». Molmed ha in programma di presentare domanda di autorizzazione condizionale in Europa a metà
2013. (riproduzione riservata)
Foto: MOLMED
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IL CASO
11/12/2012
Pubblico Giornale
Pag. 9
Dalla Maremma e Empoli Con i tagli lineari è caos
Nella Asl di Livorno ci sono 200 posti letti in meno, a Pitigliano il 50%
CHIARA CALCAGNO
ccc La spending review colpisce anche la virtuosa Toscana e fra tagli, promesse e silenzio, per i piccoli
ospedali è una lenta agonia. La grande ristrutturazione della macchina sanitaria potrebbe portare alla
soppressione di duemila posti letto, all ' a c co r poramento in tre o quattro poli per i laboratori di analisi e all '
istituzione di tre centrali di area vasta per il 118. In tutta la regione si respira incertezza. Per la salute ci sono
meno risorse. Se ne accorgono i medici, se ne accorgono i pazienti. Molti degli interventi chirurgici
programmati a Pistoia, Firenze, Viareggio e Livorno sono stati " ri m a n d a ti " ad anno nuovo per abbassare
i costi e permettere la chiusura in pareggio dei conti. Le liste di attesa intanto si allungano e figure
professionali non vengono sostituite. È finito pochi giorni fa in Regione il caso di una donna di Grosseto,
affetta da patologia cronica, a cui la Asl 9 ha annullato l ' annuale visita di controllo alla tiroide senza che, da
agosto ad oggi, nessuno si sia più fatto vivo per fornirle un altro appuntamento. La signora, che ha necessità
di farsi vedere almeno una volta al l ' anno, aveva fissato il check up addirittura a settembre del 2011 per l '
anno successivo. Poi ad agosto scorso la telefonata d al l ' ospedale Misericordia, che annunciava l '
annullamento del controllo per carenza di un medico di reparto. Da allora il telefono è rimasto muto e le
alternative non sono molte: «Non posso far passare tutto questo tempo tra una visita e l ' al t r a - racconta la
signora - per cui alla fine sarò costretta a rivolgermi ad una struttura privata». Rimanendo in provincia forti
preoccupazioni per il presidio Colline - Albegna a seguito dell'ordine di servizio della Asl che, in maniera
unilaterale, avrebbe tagliato il 50% dei posti letto in medicina dell ' o s p e d al e Petruccioli di Pitigliano. Una
decisione improvvisa arrivata proprio nel momento in cui la Maremma faceva la conta dei gravi danni
provocati dall ' al l u vi o ne; mentre i sindaci della zona aiutavano a togliere il fango dalle case e
raccoglievano le disperate richieste di aiuto da parte della popolazione, ecco la notizia che i posti letto al l '
ospedale sarebbero passati da 28 a 14. «Un fatto grave» che ha spinto i primi cittadini di Pitigliano e Sorano
Pierluigi Camilli e Pierandrea Vanni a richiedere le dimissioni del direttore sanitario Alessandra Barattelli. «Ci
vuole un ' ora e mezzo ad arrivare a Grosseto - ha affermato il sindaco Camilli - e con la salute non si
scherza. Le nostre richieste sono semplici: vogliamo un pronto soccorso H 24 in grado di salvare vite umane,
una medicina che dia i servizi di base e un poliambulatorio piccolo ma efficiente. Il nostro ospedale deve
avere una missione modesta adeguata al territorio ma se si continuano a fare tagli non ragionati, tanto vale
chiudere e affittare la struttura». Un mese fa alcuni operatori della Cri di Pitigliano hanno fatto nascere un
bambino in ambulanza poichè il tragitto era troppo lungo ed il piccolo aveva fretta di venire al mondo. L '
ospedale Petruccioli è sempre stato un punto di riferimento fondamentale per le Colline dell ' Albegna,
territorio difficilmente percorribile e con problemi di viabilità; il primo in Europa ad utilizzare la medicina
ufficiale in maniera integrata con quella complementare. Poi, negli anni è stato via via smembrato e privato
del punto nascita e della chirurgia. C ' è la sala operatoria, c ' è il chirurgo ma manca l ' anestesista e non
possono essere effettuate operazioni. Adesso è attesa la nuova forbice del 2013 ed il timore diffuso è che i
piccoli ospedali debbano subire un più economico accentramento nei grandi plessi. «Riorganizzazione e non
tagli», ha precisato l ' assessore regionale alla sanità, Luigi Marroni poiché la riforma del sistema sanitario
toscano ha l ' obiettivo di «non far pagare altri costi ai toscani oltre ai ticket che sono stati imposti dal governo
nel 2011 » . La Regione ha intenzione di ridefinire la rete ospedaliera, potenziando il territorio e l ' as sistenza
domiciliare ma con una percentuale di risorse in meno che sarà fra l ' 8 e il 10%. Fra le Asl più colpite in
Toscana c ' è sicuramente quella di Livorno dove i sindacati hanno indicato circa 200 posti letto in meno
mentre nell ' Empolese si lamenta la chiusura del distretto sociosanitario di Spicchio e Sovigliana con la
soppressione dei servizi di prelievo, vaccinazione, ostetricia e ginecologia. Nell ' ambito sanitario toscano
lavorano adesso 52mila 600 persone ed il valore della produzione del consolidato regionale d el l ' anno
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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TOSCANA
11/12/2012
Pubblico Giornale
Pag. 9
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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passato ammonta a 7 miliardi e 780 milioni di euro. «Tagli e riduzioni sono come un virus che aggredisce il
sitema dall ' interno» dichiara Monica Stelloni della segreteria regionale della Cgil. «Si è innescata una
reazione a catena con ricadute sui lavoratori e sui pazienti: basti pensare che nel 2011 si è verificato un netto
calo delle prestazioni e ciò inciderà sullo stato di salute della popolazione. I tagli lineari non sono né equi né
sostenibili; una volta tolto il grasso, quello che si va a recidere è carne viva».
11/12/2012
Pubblico Giornale
Pag. 11
«Così mi finanzio dal basso» La via italiana al Crowdfunding
Il metodo fa gola a molti politici, da Grillo a Matteo Renzi
BARBARA NEVOSI
ccc Letteralmente significa " fi nanziamento di massa " , in pratica è un processo collaborativo dove un
gruppo di persone utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di altre persone e/o
organizzazioni. Il " c ro w d fu n di n g " è una sorta di versione virtuale della tradizionale colletta di piazza, un
processo di finanziamento dal basso per sostenere progetti presentati in una vetrina on line. I campi di
utilizzo? I più disparati: aiuto in caso di tragedie umanitarie, sostegno ai beni culturali, beneficenza,
giornalismo partecipativo, ricerca scientifica, start up di progetti imprenditoriali, creativi o culturali come film,
documentari e spettacoli teatrali, ma anche matrimoni, feste di compleanno, campagne elettorali. Le
piattaforme attive nel mondo si aggirano tra le 450 e le 500, la raccolta totale stimata per lo scorso anno è di
1.470 milioni di dollari (circa 1.135 milioni di euro), anche se per il 2012 ci si aspetta almeno il doppio. Negli
Stati Uniti il metodo, col quale Obama ha raccolto la maggior parte dei 700 milioni di dollari della sua prima
campagna elettorale nel 2008, sta spopolando. Soprattutto dopo l ' aprile di ques t ' anno quando il
Presidente ha firmato il " Jobs Act " , decreto che legalizza il crowdfunding. Tutte le piattaforme sono più o
meno simili hanno un forum di inserimento del progetto con titolo, autore, spiegazione, foto e video. Il
progetto viene filtrato e valutato dai gestori della piattaforma in base a criteri specifici (interesse, reale
fattibilità, presenza del suo autore sui social media). Le tipologie di piattaforme di crowdfunding (la prima e la
più popolare negli Usa è Kickstarter) sono due: " reward based " , basate su ricompense (ovvero chi finanzia
il progetto col proprio denaro riceve in cambio un gadget, un premio), o " equity based " (in Italia non sono
ancora legali) basate su azioni finanziarie, dove chi investe i propri soldi diventa parziale produttore. Chi
desidera finanziare un progetto decide la cifra che vuole versare, poi attraverso Pay Pal (sistema certificato di
pagamenti on line previa registrazione dei dati personali) i soldi versati vengono congelati. Se il progetto
raggiunge l ' obiettivo, Pay Pal eroga i soldi trattenendo una percentuale per sé e una per la piattaforma
(quest ' ultima oscilla tra il 5% e il 15% in base al tipo di servizio). In Italia il fenomeno è agli albori, le
piattaforme si contano sulle dita di una mano. Non è un mistero che Renzi abbia studiato il metodo e che il
Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo per le regionali in Sicilia abbia raccolto fondi attraverso Kapipal (ideata da
Alberto Falossi, è un po ' come il gemello nostrano di Kickstarter). È la stessa piattaforma usata da Andrea
Marinelli, reporter free lance entusiasta ma squattrinato, per finanziare il suo viaggio negli Usa per seguire le
primarie. Dall ' Iowa alla Louisiana, Marinelli ha attraversato 15 stati sostenuto dalle donazioni di amici,
followers e lettori del suo blog (il Trading Post). La più anziana, si fa per dire, piattaforma italiana è del 2005 e
si chiama Produzioni Dal Basso. Su idea di Angelo Rindone, creativo milanese, e di altri quattro amici, è nata
la piattaforma di autoproduzione, autonoma, orizzontale, generalista, trasparente (sono gli unici a pubblicare
cifre in euro, dati su iscritti, progetti realizzati e da realizzare) e soprattutto gratuita. Nata non a fine di lucro
(«nel 2005 - dice il fondatore - era impensabile un business di questo genere»), ma per sperimentare la via
italiana al crowdfunding. Esperimento riuscito a giudicare dai numeri: quasi 24mila iscritti, 217 progetti
realizzati e 284 in fase di sviluppo per un giro di denaro di oltre 635mila euro. «Un po ' per la crisi, un po ' per
altri fattori noi abbiamo avuto un ' impennata di progetti e di iscritti: 15mila solo negli ultimi 10 mesi - spiega
Rindone. - L ' unicità di Produzioni Dal Basso è che, a differenza delle altre piattaforme, è completamente
autogestita, non c ' è nessun filtro o selezione dei progetti pubblicati: chiunque può presentare il proprio
progetto. Inoltre - continua - non si paga nessuna intermediazione perché non c ' è un sistema di pagamento
integrato (tipo Pay Pal), ma le quote sono promesse di pagamento e solo al raggiungimento dell ' obiettivo l '
ideato re del progetto decide come riscuoterle; via bonifico bancario, per vaglia, per ricarica di carta Poste
Pay o in contanti».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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GUARDANDO AGLI USA
11/12/2012
Pubblico Giornale
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Foto: Un ' immagine della manifestazione «Occupy Chicago».
Foto: La vignetta è presa dal sito www.artribune.com
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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10/12/2012
Corriere della Sera - Sette Green - N.48 - 30 novembre 2012
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L'agrofarmaco alla sfida delle nocciole
Un tempo "simbolo del male", oggi l'industria chimica garantisce la qualità dei farmaci usati per coltivare.
Puntando su hi-tech e formazione. In un settore che ha alcuni problemi da risolvere
Stefano Righi
State cercando un bene-rifugio in cui investire i vostri risparmi sempre più falcidiati dalla crisi? Comprate
nocciole: in Italia potrebbero non venire più prodotte. Se poi avete un atteggiamento più sofisticato e vi
piacciono i prodotti derivati, allora fate scorta di Nutella: senza nocciole non sarà più la stessa. Il paradosso è
evidente, un gioco o poco più, ma il rischio è concreto, vero, reale. Entro due anni entrerà in vigore anche in
Italia la normativa europea sui prodotti agricoli, disciplinata dalla Direttiva 128/2009. Una norma che
toglierebbe dalla circolazione tutta una serie di prodotti fondamentali per la coltivazione delle nocciole, dai
fungicidi agli erbicidi. «È una questione di ettaraggio», spiega Andrea Barella, amministratore delegato di
Sumitomo chemical Italia, e da un anno e mezzo presidente di Agrofarma, la Confindustria dei produttori di
agrofarmaci, «ovvero di ampiezza in ettari delle coltivazioni. In Italia la nocciola non viene coltivata in aree
tanto vaste da giustificare prodotti ad hoc da parte dell'industria, così l'entrata in vigore del decreto, fra un
paio d'anni, metterà a rischio una parte di quella filiera industriale. E purtroppo non è l'unico caso: l'Italia ha
una serie di microproduzioni agricole tipiche e caratteristiche che potrebbero diventare a rischio se non
protette adeguatamente». I fantasmi dell'atrazina. Barella, nell'immaginario collettivo, fa la parte del cattivo,
ma in fondo a fin di bene. L'industria chimica che rappresenta si è macchiata in passato di colpe talvolta
gravi, gravissime in alcuni casi. Ma oggi l'obiettivo è alto: «Siamo davanti a un'equazione difficile da risolvere:
la popolazione mondiale aumenta, si evolve la domanda alimentare, mentre diminuisce la terra destinata alle
coltivazioni agricole. Come fare? La teoria economica lo spiega bene, bisogna aumentare la produttività,
ottenere di più dall'utilizzo dei medesimi fattori produttivi, che nel nostro settore sono soprattutto le piantagioni
e la terra. È qui che entrano in campo le imprese produttrici di agro-farmaci, per riuscire a produrre di più e
meglio». L'evoluzione del comparto è stata decisa. Il fantasma dell'atrazina che decenni fa finì
nellecoltivazionidelrisoèormailontano.In vent'anni, dal 1990 al 2010, il volume dei prodotti chimici introdotti in
agricoltura sono scesi, in Italia, del 32 per cento, passando da 141 mila tonnellate a 95 mila tonnellate e di
queste circa la metà sono riconducibili a rame e a zolfi, riducendo così l'impatto ambientale grazie a prodotti
maggiormente mirati. Gli effetti sono stati riconosciuti a livello europeo: il 99,6 per cento della produzione
agricola italiana presenta residui di prodotti chimici nella media consentita dall'Europa comunitaria a tutela
della salute dei consumatori. Solo lo 0,4 per cento supera quel limite, mentre la media della Ue vede il 2,5 per
cento della produzione con valori fuori norma. «Per l'agricoltura di casa nostra è un grande successo»,
sottolinea Barella «che conferma l'impegno di Agrofarma ad aprirci maggiormente alle esigenze di tutela della
salute dei consumatori. Recentemente, abbiamo firmato un Manifesto contro i pregiudizi in agricoltura, per la
tutela della salute dei consumatori, che è stato sottoscritto anche dalla Fondazione Veronesi e dalla Società
italiana di medicina generale. I consumatori devono sapere che la legislazione italiana sull'argomento è
estremamente rigida e che i prodotti italiani, pur nella loro vastissima varietà, arrivano in tavola sani e non
rappresentano un pericolo. Anche la frutta, basta lavarla sotto un getto d'acqua per poterla mangiare
tranquillamente con la buccia. Il problema, caso mai, si presenta con i prodotti che arrivano dall'estero. Qui
una uniformazione delle procedure di tutela del consumatore è oltremodo urgente. A livello europeo questa è
quasi stata raggiunta, ma non è così con i prodotti che arrivano da altri continenti. Dei progressi ci sono stati,
ma il livello di tutela presente in Italia altrove non è stato raggiunto». Se l'investimento paga. Le 34 imprese
associate ad Agrofarma realizzano un fatturato di circa 807 milioni di euro, un dato all'ingrosso che
rappresenta il totale delle vendite dell'industria. La maggior parte di queste aziende sono branch di
multinazionali, dalla Basf, la prima industria chimica al mondo, alla Bayer, dall'americana Dow a Du Pont, da
Monsanto a Sumitomo e Syngenta. Le italiane, dopo il disfacimento dell'impero Montedison negli anni
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Nuova agricoltura L'evoluzione della produzione di fungicidi ed erbicidi
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Corriere della Sera - Sette Green - N.48 - 30 novembre 2012
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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Novanta, hanno in Isagro la punta più avanzata: l'azienda fondata e presieduta da Giorgio Basile è quotata
alla Borsa di Milano e con 145 milioni di fatturato è uno dei modelli da seguire. In un momento di diffusa
difficoltà, il settore tiene. L'occupazione in agricoltura addirittura aumenta, ma non sarà qui la soluzione alla
crisi dell'industria. Le aziende agricole italiane sono troppe e piccole: questo crea difficoltà nel confronto
internazionale. «Però la varietà dei prodotti italiani non si riscontra altrove, qui ci sono oltre cinquanta diversi
segmenti di produzione, una ricchezza di offerta unica», sottolinea Barella. «Ma se questo è un vantaggio da
tutelare dal punto di vista della biodiversità a livello di produzione di massa è un limite. In Italia l'ampiezza
media di una impresa agricola si aggira sugli otto ettari, con punte al Sud di 3,5 ettari. In altre parti d'Europa,
dalla Gran Bretagna, alla Germania, alla Francia ci sono aziende da 500 ettari, con 2-3 colture al massimo,
mentre in Italia le aziende agricole sono circa 2,5 milioni...». Il problema non è solo industriale, anche di
formazione: prodotti chimici molto evoluti devono essere trattati con estrema attenzione, il dosaggio non deve
essere lasciato alla libera interpretazione. «Il settore è molto cambiato, in meglio. Il contadino di vent'anni fa
non si trova quasi più. C'è stato un mutamento profondo, indotto dal diffondersi delle tecnologie digitali.
L'elettronica è di casa nelle aziende agricole italiane, almeno in quelle più evolute», conclude Barella, una
laurea in Agraria a Bologna nel 1979, «e c'è molta tensione verso questa fase denominata Nuova agricoltura
sostenibile che partirà, a livello europeo, dal 2014. In Italia siamo tra i primissimi ad aver recepito i concetti di
agricoltura integrata, con le rotazioni delle coltivazioni per giungere a una produzione di qualità. E nell'uso dei
prodotti chimici il settore sta investendo molto proprio in formazione. Nasceranno nuove figure professionali,
tecnici a livello regionale che professionalmente si porranno tra le aziende agricole e le imprese del settore
degli agrofarmaci per individuare le produzioni migliori al fine di arrivare a una agricoltura sostenibile nel
tempo e con sempre grande attenzione per la salute dei consumatori». E per le nocciole, che rischiano di finir
male. Scarti di prodotti chimici: l'Italia è più che in regola Nella tabella qui di fianco, le due linee colorate
mettono a confronto il quantitativo di residui di prodotti chimici presenti nella produzione agricola in Italia e in
quella dell'Unione Europea (l'arco di tempo preso in considerazione va dal 1993 al 2010)
Foto: Piccolo non sempre è bello In Italia, l'ampiezza media di un'impresa agricola è di 8 ettari (al Sud di 3,5
ettari). In Paesi come Francia, Germania e Inghilterra ci sono aziende di 500 ettari. Dentro Federchimica
Andrea Barella, è amministratore delegato di Sumitomo chemical Italia e, da un anno e mezzo, è anche
presidente di Agrofarma.
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Effe - La Finanza Personale - N.12 - dicembre 2012
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Delisting: cosa fare quando e quotate cambiano indirizzo
Negli ultimi anni il listino di Milano è stato colpito da un'emorragia di società quotate. Gli esperti spiegano
quali potrebbero essere le prossime candidate al delisting e come muoversi in caso di Opa
addio a Piazza Affari è ormai diventato una triste moda. Gli scambi ridotti al lumicino, l'incubo imminente della
Tobin Tax, il sogno di approdare in mercati con maggiore visibilità e liquidità (vedi Londra e Wall Street) negli
ultimi anni hanno spinto parecchie società a uscire dalla porta di Palazzo Mezzanotte. I numeri parlano
chiaro: dal 2008, l'anno dello scoppio della crisi finanziaria, sono state una cinquantina le aziende che hanno
detto addio alla Borsa di Milano. Solamente lo scorso anno i delisting sono stati 14 e nel 2012 hanno
abbandonato anche due nomi storici del capitalismo italiano come Edison e Benetton. L'emorragia è stata
solo parzialmente compensata dall'ingresso di una manciata di small cap, mentre tra i big spicca solo
l'ingresso di Ferragamo. Una tendenza che non sembra essere arrivata al capolinea: le Ipo sono più facili da
annunciare che da mettere a segno e la caduta delle quotazioni ha favorito la voglia di lasciare la Borsa,
specie in quelle società che attualmente quotano al di sotto dei valori di collocamento. Dal 1999 ad oggi su 80
società a controllo familiare che hanno scelto la strada della quotazione a Piazza Affari, quasi 60 presentano
prezzi di Borsa inferiori a quelli dell'Ipo. Numeri che certificano le difficoltà, nell'attuale fase di mercato, di
valorizzare le piccole e medie imprese quotate. Analisti al lavoro Che il delisting sia tornato di moda a Milano
lo dimostra anche la rosa di possibili addii fornita dagli analisti di Equità. In un report di inizio ottobre gli
esperti della Sim hanno tracciato il profilo di possibili nuovi candidati al delisting, compresi anche due pesi
massimi dell'azionario tricolore come Parmalat e Ansaldo STS. Il gruppo di Collecchio, ormai controllato
all'83% da Lactalis, ha più volte smentito l'intenzione di abbandonare il listino milanese. Smentite che non
hanno convinto gli analisti, secondo cui il clima di pressione esercitato da organi di controllo, azionisti di
minoranza e magistratura, potrebbe convincere i Besnier a decidere di delistare Parmalat comprando il 17%
del flottante. L'operazione, che secondo Equità avrebbe un valore vicino ai 600 milioni di euro, consentirebbe
ai francesi di gestire liberamente la società emiliana senza impattare negativamente sul rischio di credito del
gruppo transalpino. Per quanto riguarda Ansaldo STS è necessario ricordare che la controllante
Finmeccanica è impegnata in una profonda ristrutturazione per focalizzarsi sui business della difesa e della
sicurezza. Il colosso pubblico detiene circa il 40% della società genovese ed è da tempo alla ricerca di un
partner per l'intera divisione trasporti. "L'Opa diventa obbligatoria solo nel caso di cessione di una quota
superiore al 30%", ricorda la Sim milanese. Dopo i big di Piazza Affari, Equita prende in considerazione
anche società più piccole, ma non meno interessanti per un eventuale delisting. A cominciare da Safllo,
impegnata in un difficile percorso di rilancio dopo il mancato rinnovo della licenza con Armani. "Il fondo
olandese HAL ha preso il controllo pagando oltre 6 euro per azione e ha recentemente mostrato il proprio
interesse a salire nella società sottoscrivendo un aumento di capitale riservato da 44 milioni di euro per
finanziare l'acquisizione di Polaroid", si legge nel report della Sim milanese. Non tutti però concordano con
questa visione, visto che HAL controlla già la società con il 42,2% del capitale e ne può pertanto influenzare
la gestione a piacimento. Inoltre il titolo tratta sopra i 6 euro e questo non lascerebbe molto margine per un
upside significativo. Un'altra papabile per un'uscita da Piazza Affari è Sorin, specializzata nelle tecnologie
medicali. Il gruppo è controllato attraverso un patto di sindacato costituito da soli investitori finanziari e, nel
recente passato, non sono mancate le indiscrezioni sull'interesse da parte di fondi di private equity. Equità,
infine, candida anche Saras, controllata al 65% dalla famiglia Moratti, dopo che sono circolate ipotesi di
cessione a primari operatori internazionali. Un settore in fermento Il broker non le nomina ma anche le
società di calcio quotate a Piazza Affari sono da tempo considerate prossime all'abbandono di Palazzo
Mezzanotte. A settembre Paolo Fiorentino, vice direttore generale di Unicredit, banca azionista dell'A.S
Roma, ha dovuto ribaditole: Elaborazione F su dati Bloomberg re che il delisting del club giallorosso al
momento non è in agenda. Il manager di piazza Cordusio ha però ammesso che in queste situazioni non ha
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SE LE SOCIETÀ LASCIANO PIAZZA AFFARI
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molto senso avere una società di calcio quotata in Borsa, sposando le idee di mister Zeman. Certo è che
Unicredit, che possiede il 40% della holding Neep che a sua volta controlla il 78% della Roma, è impegnata
nel trovare nuovi investitori capaci di aggiungere valore. La smentita di Fiorentino seguiva le indiscrezioni di
stampa secondo cui la squadra della Capitale avrebbe potuto lasciare la Borsa, concentrandosi però sul
progetto di un nuovo stadio di proprietà da oltre 50 mila spettatori. Chi lo stadio di proprietà l'ha già
sperimentato con successo è la Juventus, ma ad inizio 2012 anche il club bianconero, attraverso la
controllante Exor, ha dovuto smentire le insistenti voci di un imminente delisting. Come comportarsi in caso di
delisting Tante storie diverse, tante società impegnate in variegati settori di business. Legate ad un'unica
possibilità: l'addio a Piazza Affari. Ma un investitore come si deve comportare quando deve trattare un titolo
in odore di delisting? La prima domanda è banale, ma rende bene l'idea: quante sono le possibilità di
guadagno? Innanzitutto è necessario tracciare uno schema tipo per queste operazioni: l'annuncio dell'Opa
nel fine settimana, il forte strappo rialzista del titolo alla riapertura del mercato il lunedì successivo e, a meno
di voci insistenti di un possibile rilancio da parte dell'acquirente, il successivo allineamento al prezzo al quale
è stata lanciata l'Opa. Dalle sale operative arriva un consiglio preciso: vendere sul mercato qualche giorno
prima del termine dell'Opa, quando il prezzo sarà ormai vicinissimo a quello offerto dal compratore, senza
arrivare all'ultimo giorno. Generalmente, infatti, affinché il titolo possa venire delistato dovrà essere raggiunta
una soglia fissata da chi promuove l'offerta pubblica (ad esempio si proseguirà con l'operazione di delisting
soltanto se si raggiunge il 90% dei titoli consegnati). Se questa soglia non venisse raggiunta, soprattutto
quando sono coinvolte società molto piccole, solitamente il titolo potrebbe crollare in pochi istanti. I rischi
sono quindi dietro l'angolo, anche se generalmente gli investitori sono attirati dalle Offerte pubbliche
d'acquisto lanciate con lo scopo di far uscire il titolo dal mercato azionario, visto che quasi sempre
l'acquirente paga un premio rispetto ai corsi borsistici, calcolati sulla base di una media dei prezzi delle
chiusure degli ultimi 6 mesi. I rischi maggiori si incontrano con le piccole società, che già sono caratterizzate
da scambi molto sottili e che sotto Opa mostrano grande vivacità per un paio di sedute per poi tornare alla
routine quotidiana. La scarsa liquidità e i bassissimi volumi riscontrati da queste aziende sulla Borsa hanno
acceso da tempo la speranza negli investitori in small cap di cercare beneficio da un eventuale delisting,
grazie all'arrivo di soldi freschi di imprenditori o fondi di private equity che potrebbero dare vita a strategie di
rilancio lontano da Piazza Affari. In questi casi potrebbe prendere forma anche il delisting volontario,
operazione più complicata in periodi di crisi economica ed elevata volatilità sui mercati. Infatti, per
promuovere un'Opa totale sul flottante è necessario che l'azionista di controllo possa contare su un'ingente
liquidità, anche attraverso l'ingresso di un partner finanziario, e su flussi di cassa sufficienti a rimborsare i
debiti. La maggior parte delle piccole società che imboccano questa strada generalmente quotano ad un
prezzo superiore rispetto a quello del loro sbarco in Borsa. Le altre, che rappresentano una grossa fetta delle
small cap, sono sempre più tentate dalla moda del momento. F
Gli ultimi addii eccellenti: Benetton, Edison e Bulgari Tra i tanti che hanno detto addio a Piazza Affari
negli ultimi tempi non sono mancati i nomi eccellenti. Aziende che hanno fatto la storia del capitalismo italiano
e che ora non figurano più nella corte sempre più povera di Palazzo Mezzanotte. A fine maggio ha salutato il
listino milanese Benetton dopo 26 anni trascorsi tra alti e bassi. L'Opa sulla società di Ponzano Veneto è
stata lanciata dalla controllante Edizione Holding. La famiglia Benetton rimane in Borsa con Autogrill, Atlantia,
Gemina e le tante partecipazioni come Telecom Italia e Mediobanca. Il titolo Benetton, al momento del
delisting, quotava ai minimi dal 1991 e ora il gruppo cercherà il rilancio fuori da Piazza Affari. A settembre ha
detto addio anche Edison, presente dal lontano 1979, dopo il perfezionamento dell'acquisizione da parte di
EdF. Foro Bonaparte sarà a capo del polo del gas del colosso francese dell'energia. Un ritorno in Borsa non
è da escludere, ma al momento è ancora troppo presto per parlarne. Lo scorso anno, infine, ha fatto scalpore
la conquista di Bulgari, e il suo successivo delisting, da parte di Lvmh. Il colosso della moda di Bernard
Arnault aveva però offerto una cifra da capogiro per la storica casa orafa di Via Condotti: 12,25 euro per
azione, il 60% in più del prezzo a cui trattava Bulgari nei giorni precedenti l'offerta. Un premio talmente alto
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che ha lasciato tutti a bocca aperta. Per non parlare di chi avesse comprato i titolo appena prima dell'Opa.
50 le aziende che hanno lasciato la Borsa di Milano dal 2008 14 il numero di delisting sul listino italiano nel
2011 80 le società a controllo familiare che hanno deciso di quotarsi in Borsa dal 1999 a oggi 60 il numero
approssimativo delle società a controllo familiare quotate il cui prezzo di Borsa è inferiore a quello dell'Ipo
Fuga dalla Periferia L'addio alla Borsa e la volontà di migrare verso piazze finanziarie dove è più facile
raccogliere capitali freschi tocca tutta la Periferia dell'Eurozona: Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. I
mercati dei Pigs, ancora impegnati in percorsi impegnativi di riduzione del debito pubblico, dal 2008 hanno
subito un crollo nei volumi di trading. Una diretta conseguenza di questa flessione negli scambi è la
mancanza di affidabilità delle loro economie agli occhi degli investitori internazionali. L'impatto della crisi sulla
liquidità delle aziende quotate è un dato di fatto, così come il richiamo di piazze più prestigiose come la City.
L'ultimo esempio è emblematico: Coca-Cola Hellenic Bottling, la maggiore compagnia greca per
capitalizzazione di Borsa, ha annunciato di recente il piano di spostare il suo mercato di riferimento da Atene
a Londra.
Il caso Fiat Industrial Voglia d'America per Fiat Industrial. Il gruppo dei veicoli industriali del Lingotto,
impegnato nella fusione con la controllante CNH, si prepara a trasferire il suo mercato di riferimento da
Milano a New York. Per il momento ¡ vertici della casa torinese non hanno ancora deciso se la newco che
nascerà dalla fusione in un secondo momento possa essere delistata da Piazza Affari per proseguire il suo
cammino solo a Wall Street, già sede di CNH. La decisione di Sergio Marchionne rispecchia da una parte ¡
fondamentali del gruppo, visto che nel solo terzo trimestre su 575 milioni di euro di utile della gestione
operativa la controllata Usa ha contribuito per ben 448 milioni; dall'altra la quotazione a Wall Street, a detta
del management, consentirà di valorizzare adeguatamente il gruppo e garantirà finanziamenti a costi più
favorevoli.
Dalle sale operative arriva un consiglio preciso: vendere sul mercato qualche giorno prima del termine
dell'Opa
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Effe - La Finanza Personale - N.12 - dicembre 2012
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Si comprano, si tengono ma richiedono malizia
Di fronte alla volatilità dei mercati la scelta di posizionarsi su azioni a elevato rendimento ha pregi e difetti. I
consigli per farlo bene
DI LORENZO RAFFO
Sembra semplice! Quella di acquistare azioni ad alto dividendo, conosciute in gergo come HiDi,
possibilmente di diversi mercati (e quindi anche con valute differenti), e poi di mantenerle fintanto che il
rendimento resta consistente, è una strategia cara agli americani, sempre attenti alle analisi storiche dei
processi finanziari. In effetti i dati - da questo punto di vista - danno loro ragione. Vari studi hanno dimostrato
che dal 1930 fino a oggi i dividendi hanno contato per il 45% della performance globale dei maggiori indici di
Wall Street e in particolare dello Standard & Poor's 500. Considerando l'interesse composto, cioè con il
conteggio nel calcolo dell'interesse finale anche di quelli parziali maturati nel periodo, si ottengono valori di
assoluto rilievo, che tecniche alternative non garantiscono, anche perché un trading più veloce comporta costi
e imposizioni fiscali, che il "buy and hold" concentra solo nelle fasi di acquisto e vendita. Se si fosse, per
esempio, investito nel 1970 50 dollari in azioni ad alto dividendo, oggi si percepirebbero 1.185 dollari, contro
soli 198 delle azioni dell'indice senza dividendo! Ci sia scusata l'ovvietà del calcolo, ma se l'investimento
fosse stato allora di 100.000 $ oggi si incasserebbero 2.369.000 $, cioè una ricchezza capace di cambiare
l'esistenza di chiunque. Certo il confronto andrebbe fatto con quanto si sarebbe portato a casa acquistando
case o terreni, ma nel caso dell'immobiliare la crisi "post subprime" avrebbe depresso il risultato del
collocamento di quel denaro, mentre - solo in presenza di una vendita antecedente - la plusvalenza sarebbe
stata eccellente. Attenzione però! I fautori dell'operatività con azioni ad alto dividendo ritengono del tutto
inappropriato un confronto con l'investimento immobiliare, perché su quest'ultimo gravano rischi e costi quasi
mai calcolati in maniera appropriata. The "Dogs of the Dow" È una modalità nota forse solo ai più attenti
cultori della finanza. La traduzione è semplice: consiste nei "Cani del Dow", cioè delle dieci migliori azioni del
Dow Jones con il migliore rapporto fra dividendi e quotazioni. Acquistandole alla fine di ogni anno, con una
quota per ciascuna del 10% del capitale disponibile, e vendendole al termine di quello successivo mantenendole in portafoglio ogni volta per 365 giorni - si sarebbe ottenuto dal 1973 a oggi un rendimento
annuo composto del 17,7%, contro una prestazione dell'intero indice dell'11,9%. In alcuni anni lo sprint è
stato più rilevante, superando anche il 20% e il trend si è confermato pure in annate molto negative per il
Dow, quando il "Dog" comunque ha registrato un segno più. Vale ancora? È questa la vera domanda da
porsi. I cambiamenti epocali della finanza stanno imponendo effetti traumatici anche alle strategie più
affermate e quella dell'acquisto di titoli ad alto dividendo incontra alcuni oppositori. Le loro ragioni non sono
però così forti da convincere del tutto. Spesso i critici continuano a guardare oltre Oceano, dove il dividend
yield è in effetti minore rispetto al passato: si attesta sul 2,28%, contro un 4,24% dell'Eurostoxx e un 4,48%
del Ftse Mib. L'Europa quindi dà risultati migliori e ancor più la nostra fragile Borsa milanese. Evitando il
rischio del cambio euro-dollaro, che spesso ha comportato, per l'investitore di casa nostra, un fattore
negativo. Inoltre gli scettici del "buy and hold" HiDi affermano che la politica degli alti dividendi nasconde
rilevanti magagne gestionali. Citano al proposito l'esempio del comparto telefonico. Il "payout", cioè il rapporto
fra profitti distribuiti e utili netti d'esercizio, dei big delle telecomunicazioni è rilevante, ma in quasi tutti i casi
deriva da politiche aziendali che potrebbero mettere a repentaglio la loro sopravvivenza, in un contesto
sempre più concorrenziale. Inoltre attenzione al divario che talvolta si instaura fra decisioni di strategia
finanziaria e quotazioni di Borsa. Un esempio riguarda France Telecom, il gigante d'oltralpe. Da anni
garantisce una consistente distribuzione di utili, ma il mercato non la premia, di fronte a una realtà operativa
complessa. Il cosiddetto "dividend yield" dipende dopo tutto dal prezzo di acquisto del titolo. Varia
continuamente e va sempre osservato in questa logica. Quando vendere Il vero problema sta proprio nel
determinare il momento corretto in cui uscire da un investimento. In presenza di una strategia di ricerca delle
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 11/12/2012
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AZIONI AD ALTO DIVIDENDO
10/12/2012
Effe - La Finanza Personale - N.12 - dicembre 2012
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alte cedole, in teoria, non bisognerebbe mai seguire gli andamenti di Borsa: se un titolo si è acquistato bene e
rende altrettanto bene, perché venderlo in presenza di un consistente rimbalzo? La stretta modalità operativa
impone di valutare sempre il "dividend yield" calcolato sul prezzo effettivo di acquisto. Solo quando scende
sotto un certo livello - considerato come una barriera (per esempio un 3% annuo netto) - si comincia a
ipotizzare la cessione del titolo e si passa a controllarne il prezzo. Può essere allora conveniente trasferirsi su
azioni sottovalutate, pur con dividendi zero o molto modesti. L'esempio più significativo riguarda i titoli dei
Paesi emergenti, soprattutto quelli quotati a Wall Street, per i quali i prezzi sono da tanto tempo sottostimati,
ma lo stacco di dividendi modesto e riferito solo a una minoranza di azioni a forte capitalizzazione.
L'alternativa, in certe fasi, al "buy and hold" le HiDi può essere quindi la strategia esattamente opposta del
ricercare le "undervalued stocks", per poi - con il successivo cambiamento delle condizioni di mercato rientrare sulle prime. Due nemici Acquistare le "high dividend" comporta alcuni problemi. Il primo è quello
delle doppie imposizioni fiscali che gravano per i titoli acquistati in mercati stranieri. Consiste nel prelievo "alla
fonte" - cioè nel Paese in cui si ha la quotazione - e poi in quello del 20% applicato in Italia. Nella maggior
parte dei casi si ha una decurtazione di quasi il 50%, cui si aggiungono - nel caso di alcune banche - le
commissioni di stacco. In teoria ci sono delle convenzioni contro le doppie imposizioni, che comportano però
nell'applicazione alcuni ostacoli, sui quali non ci soffermiamo. Si tratta di un percorso arduo, costruito
certamente "ad hoc" per far incassare ai vari erari entrate non dovute. Spesso infatti per avviare la procedura
occorrono documenti scarsamente reperibili, la collaborazione di qualche commercialista e soprattutto la
disponibilità della banca di appoggio, che regolarmente viene meno. Il secondo problema si riferisce alla
variabile dei tassi d'interesse. Oggi è un aspetto marginale, visto il basso costo del denaro, ma non sempre
sarà così. In presenza di un riallineamento su valori più alti è indubbio che la competitività dei titoli ad alto
dividendo scenderà non poco, salvo per quei comparti - per esempio bancario e "utilities" - che di solito
riescono ad adeguarsi velocemente a questa variabile. Meglio per sempre Ecco allora che diventa
fondamentale la scelta di azioni capaci di garantire nel tempo e di aumentare di anno in anno la propria
distribuzione di utili. Esempi in tal senso sono numerosi negli Usa. Johnson & Johnson (sigla JNJ), Abbott
Laboratories (sigla ABT), Sysco (sigla SYY) e Berkshire Hathaway (sigla BRK.A) hanno registrato crescite
sequenziali, seppur minime, dei dividendi da almeno 30 anni e, in alcuni casi, perfino da 50. In Europa la
situazione è meno favorevole; ecco perché i fautori della strategia consigliano di guardare prevalentemente,
nell'attuarla, all'oltre Oceano. La caccia allo yield sostenibile e incrementabile diventa così un tema di
investigazione su cui si scatenano gestori di fondi, consulenti finanziari e singoli investitori. Negli Usa
appartengono alla categoria i leader della grande distribuzione e dell'industria dei prodotti a largo consumo,
mentre nel nostro Continente a predominare sono petroliferi e farmaceutici. Si tratta quasi sempre di
"corporate" molto solide, con favorevoli rapporti debito/Ebitda. In altre parole casseforti da acquistare in
presenza di forti correzioni dei mercati, da riacquistare in caso di altre cadute e poi da mantenere fin quando i
fondamentali restano inattaccabili. Le aggressive Diverso è evidentemente il discorso per i titoli per esempio
del Nasdaq, molto sensibili a condizioni particolari dei mercati. Nella tabella è stata prevista anche la
classifica delle prime dieci del listino fra i tecnologici Usa, ma si tratta di una lista in continua evoluzione, utile
quindi per trading di breve, con la possibilità in più di incassare lo stacco di dividendo. In una via di mezzo si
colloca invece la realtà del Ftse Mib di casa nostra, dove le due facce della medaglia sono presenti in un solo
listino. Alcune azioni infatti appartengono alla categoria "buy and hold" (per esempio Terna, Snam Rete Gas,
Enel ed Eni), mentre altre subiscono la pressione di esigenze societarie particolari e possono riconoscere
"premi" elevati, ma non stabili negli anni. Situazione questa da evitare per l'investitore meno dinamico, a
causa della maggiore volatilità dei corsi. Una vera alternativa I bond rendono ormai poco, salvo che si
assumano rischi di un certo rilievo. II trading viene sempre più penalizzato da imposizioni fiscali e condizioni
operative sfavorevoli. La liquidità su conti depositi remunera solo sul breve termine. Quale strada resta
all'investitore medio, che voglia portare a casa un rendimento quanto meno superiore all'inflazione?
L'alternativa di scegliere un portafoglio con azioni a elevati dividendi - mediamente oltre il 4 o 5% - è
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
praticabile, consigliabile e profittevole. È pur sempre un investimento azionario, con i rischi che ne
conseguono, da dosare e pilotare abilmente. Ma lo è disponendo di un airbag molto utile nelle correzioni e
che comunque consente una concezione meno esasperata dell'investimento, da mantenere per almeno
alcuni anni. Occorre pertanto fare attenzione alla scelta dei titoli: solo se le relative società hanno una buona
situazione patrimoniale e una corretta gestione dei flussi di cassa si comprano. Il che è facile da dire, ma
difficile da capire se non si è esperti di analisi fondamentale. Allora come agire? Affidarsi alle serie storiche di
distribuzione dei dividendi: se sono regolari e possibilmente in crescita si è sul cavallo giusto; in caso
contrario meglio astenersi. Politiche troppo aggressive infatti non sono quasi mai un buon segnale. Chi
investe in quest'ambito deve ragionare con la stessa logica di chi opera da cassettista con le obbligazioni. I
risultati gli daranno inevitabilmente ragione. F
Benvenuti nella terra degli "HiDi": uno studio di Banque Syz L'indicazione è chiara: state attenti! Lo dice
uno studio di Banque Syz, che analizza il sempre maggiore interesse nei confronti delle azioni ad alto
dividendo, denominate "HiDi Land". Inizialmente si osserva come, in tempi in cui i tassi di interesse sono
vicini allo zero per l'effetto combinato delle banche centrali mondiali e del rallentamento economico, i
dividendi azionari, dopo essere stati per lungo tempo ignorati, stiano tornando alla ribalta. Non è più raro,
infatti, trovare titoli di qualità, che offrono rendimenti da dividendi di gran lunga superiori a quelli delle
obbligazioni. Ma attenzione agli abbagli: un "HiDi" può anche essere indica- tivo di aziende in declino o che
navigano in cattive acque. Lo studio prosegue ricordando come questo tipo di strategia comporti alcune
trappole, da evitare. La più comune si riferisce al taglio del dividendo, poiché la distribuzione non è mai
garantita. Come comportarsi? I consigli sono sostanzialmente tre: partire dall'universo più ampio possibile per sfuggire all'errore dell'eccessiva concentrazione su un ristretto numero di titoli
o di aree geografiche; focalizzarsi sulle aziende con un rendimento ragionevole, tra il 2 e il 6%, il che
consente di conciliare dividendo e crescita; escludere le azioni di aziende con fondamentali non sufficienti.
L'uso di un Altro quantitativo basato sui precedenti criteri permette di definire un universo la cui qualità è
nettamente superiore alla media e che comprende alcune centinaia di titoli. Si procede poi con un'analisi
qualitativa di alcuni fattori, quali prospettive di crescita futura, qualità del management e solidità delle
strategie adottate. Si possono in questo modo individuare delle perle di cui a volte non si conosce nemmeno
l'esistenza. Sarete così ben felici di essere entrati nella "HiDi Land".
Con il conto in valuta Se si desidera operare sul ricco patrimonio di azioni Usa ad alti dividendi, che abbiano
la caratteristica di una continuità nel tempo, il suggerimento, per una buona gestione dei loro flussi di stacco,
è di appoggiarsi su un conto valutario in dollari. Comporta un costo in più - generalmente modesto - ma
garantisce una protezione dalle continue variazioni del cambio, che è il maggiore fattore di rischio. Inoltre è
conveniente reinvestire sempre le cedole via via incassate.
La pensione perfetta A chi abbia necessità di costruirsi una pensione in proprio - alternativa o integrativa a
quella pubblica - la soluzione di un portafoglio di azioni a elevato "yield" è ideale, perché garantisce un
rendimento regolare nel tempo, che occorre rinvestire sulla stessa categoria di titoli. Ciò deve avvenire con
una continua verifica della profittabilità del patrimonio, da ripartire fra vari titoli. Con una percentuale per
ciascuno mai superiore al 10% del capitale disponibile.
PORTAFOGLIO USA AZIONE DIVIDENDO % Invesco Mortgage Capital 13,11 Compass Div. Holdings 10,19
CVR Partners 9,20 Exelon 7,18 Senior Housing Prop. Trust 7,02 AstraZeneca Adr (*) 6,43 Vodafone Group
Adr (*) 6,05 National Grid Adr (*) 5,76 Altria Group 5,63 National Retail Properties 5,15 Waste Management
4,52 Hewlett-Packard Company 4,11 Sysco Corporation 3,73 Pfizer 3,70 McDonald's Corporation 3,66 Dati
riferiti all'ultimo dividendo (*) Adr = azioni di gruppi stranieri quotate a Wall Street
LA TOP TEN EUROPEA 2013 Thales Francia SAP Germania Dassault Systemes Francia Cap Gemini
Francia Inditex Spagna WPP G. Bretagna Rolls-Royce G.Bretagna Henkel Germania Sanofi Francia Ericsson
Svezia
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Quando il rendimento è affare di famiglia
MARCO BARLASSINA
Un viaggio tra le opportunità a disposizione dei risparmiatori italiani per accedere alla sovraperformance
generata dalle imprese familiari europee e globali Chi l'avrebbe detto. Per superare la crisi i gestori di fondi
comuni puntano sulle aziende familiari. Sarà perché hanno una visione di più lungo termine, perché hanno
bilanci più solidi e minore indebitamento o per la loro maggiore flessibilità nel cogliere le opportunità. O forse,
più semplicemente, per i numeri: negli ultimi 5 anni, ossia da quando ha preso avvio la crisi dei mercati
flnanziari, i fondi che investono in imprese familiari hanno mostrato risultati migliori del mercato in generale.
Uno studio del Credit Suisse Family Business Index e di Ernst & Young ha dimostrato che nell'ultimo anno il
60% delle aziende familiari hanno registrato un incremento del fatturato di almeno il 5% rispetto all'anno
precedente, mentre il Credit Suisse Family Businees Index, che riunisce i titoli di 225 aziende familiari nel
mondo, ha avuto una redditività dell'8% superiore al mercato negli ultimi 5 anni. Risultati confermati anche da
un'analisi svolta da Banque Syz su un orizzonte temporale più lungo, che ha preso in esame dati raccolti fra il
27 aprile 2002 e il 27 aprile 2012: i titoli delle aziende familiari europee (dove la famiglia di riferimento
possiede una quota del capitale sociale pari almeno al 20%) registrano una netta sovraperformance a 3, 5 e
10 anni. A 10 anni, lo scarto positivo in termini di performance di borsa a favore delle aziende familiari è del
60 per cento. Nel corso degli anni inoltre, la sovraperformance delle aziende familiari ha portato a un
sensibile aumento del peso di questa tipologia di aziende nell'indice di borsa europeo. Dall'11% di 10 anni, fa
la loro percentuale è salita al 19% di oggi. Per imprese familiari vengono definite quelle imprese dove almeno
il 20% dell'azionariato è in mano a una famiglia. Secondo questa definizione le aziende familiari conterebbero
per il 50-80% del Pil in molte economie. Dell'universo delle imprese familiari quotate non fanno dunque parte
quelle che comunemente vengono definite piccole e medie imprese, o almeno non solo. Più dell'80% delle
società mondiali sono familiari e anche all'interno dei principali indici di Borsa mondiali la quota di queste
imprese è rilevante: il 15% circa sia per l'S&P500 che per lo Stoxx Europe 600. Sono quindi imprese
differenziate in termini di business, dimensione, attività e area geografica. Secondo uno studio condotto dalla
spagnola Banca March con l'Instituto de Empresa Business School il 27% delle società europee con una
capitalizzazione di mercato superiore ai 50 milioni di euro sono imprese familiari e l'Italia è il Paese dove la
diffusione di tale tipo di impresa è maggiore: pari al 52%. Il nostro Paese è seguito da Francia (49,6%),
Portogallo (45,8%) e Spagna (42,1%), mentre sul fronte opposto si posizionano Gran Bretagna,
Lussemburgo e Irlanda con una quota di circa il 10% delle società quotate. Come investirci I fondi
specializzati nelle imprese famigiari distribuiti in Italia sono strumenti relativamente nuovi, rappresentati da
uno sparuto drappello di fondi che coniugano la filosofia del business familiare con la trasparenza e la
liquidità delle società quotate. Dell'elenco di questi fondi distribuiti in Italia fanno parte, secondo dati forniti da
Morningstar: Axa Talents Global, Oyster European Opportunities, Carmignac Euro-Entrepreneurs. Un altro
esempio di fondo di questo tipo accessibile ai risparmiatori italiani è The Family Businesses Fund della
spagnola March Gestion (facente capo alla famiglia March) che investe in imprese famigliari quotate nelle
quali almeno il 25% dell'azionariato fa riferimento a una sola famiglia, almeno un membro della stessa è
direttamente coinvolto nella gestione ed esiste un interesse nella trasmissione della proprietà alla
generazione successiva. Il portafoglio del fondo è costituito da 52 società, all'interno delle quali il peso
maggiore è affidato alla tedesca Schindler, alla Berkshire Hathaway del finanziere Warren Buffett (sì, anche
la sua è un'azienda familiare) e alla farmaceutica Roche. In portafoglio sono presenti anche le italiane Trevi e
Fiat e colossi come Wal Mart e Bmw. Data la tipologia di aziende presenti in questo fondo, non sorprende
che a livello settoriale i titoli industriali e quelli legati ai beni di consumo abbiano quote superiore rispetto al
benchmark rappresentato dall'azionario globale, così come è da considerare assolutamente fisiologico un
parziale sottopeso nei settori finanziari, dell'information technology e dell'energia, dove è più alta la necessità
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di ingenti capitali per gli investimenti aziendali. F LASOVRAPERFORMANCEDELLEAZIENDEFAMILIARI 1 0
0 % 8 0 % 6 0 % 4 0 % 2 0 % 0 % - 2 0 % - 4 0 % 8 5 % T a1 4 8 % AZIENDE FAMILIARI 10 ANNI 5 ANNI 3
ANNI 6 0 % DIFFERENZA STOXX 6 0 0 fonte: Banque Syz
I PRO... • Orizzonte di lungo termine • Le società controllate dalle famiglie o dai fondatori pensano in
generazioni, non in trimestri • Motivazione • Senso di responsabilità, forte identificazione e coinvolgimento
finanziario diretto hanno una positiva correlazione con le performance • Leadership • Le decisioni sono
centralizzate, con il risultato di una migliore leadership e maggiore flessibilità • Bilanci più solidi • La gestione
contabile è prudenziale, con un capitale proprio consistente, importanti riserve latenti e un debito ridotto
...E I CONTRO • Differimento degli obiettivi prioritari • Enfasi su obiettivi pecuniari, come la stabilità e la
successione • Scarsa innovazione • I membri della famiglia tendono a mantenere le pratiche di business che
tradizionalmente si sono dimostrate di successo • Rischi legati alle persone chiave • L'azienda è dipendente
dal suo fondatore o dal Ceo • Minore probabilità di scalate ostili • Per via della loro particolare struttura, le
società familiari sono meno esposte ad acquisizioni ostili. In alcuni casi ciò può impedire sostanziosi
guadagni in Borsa
LE PERFORMANCE DELLE AZIENDE FAMILIARI NEL 2011 Crescita 15% o più Crescita dal 10% al 15%
Crescita dal 5 % al 10% Decrescita dal 5 % al 10% Decrescita dal 10% al 15% Decrescita 15% o più Mercati
Emergenti Mercati Sviluppati
Le imprese familiari italiane La più recente rilevazione svolta dall'Osservatorio Aub realizzato da AidAF,
Unicredit e Bocconi conferma la migliore capacità delle imprese familiari italiane nell'affrontare la crisi rispetto
alle società ad azionariato diffuso. Lo studio ha analizzato quasi 2.500 aziende familiari tra il 2009 e il 2010.
In questo periodo di tempo il fatturato di queste imprese è cresciuto del 7% annuo contro il +6,6% delle non
familiari. I risultati sono oltre la media anche in termini di redditività. Il ritorno sugli investimenti (Roi) è
cresciuto dell'1,2% a fronte di un -1,3% delle non famigliari e il ritorno sul capitale proprio (Roe) è aumentato
di un punto percentuale per le famigliari contro il -1,2% delle altre aziende. Ma quali sono le imprese familiari
quotate a Piazza Affari? Nell'elenco possono rientrare presenze storiche del listino italiano come la
Italcemente della famiglia Pesenti, ma anche realtà sbarcate solo più di recente in Borsa come la Salvatore
Ferragamo dell'omonima famiglia, passando per Falck Renewables, Buzzi
Unicem, Saras (Moratti), Erg (Garrone), Indesit (Merloni) e Brembo (Bombassei). Restano invece fuori dal
parterre di Piazza Affari altri esempi storici di aziende di successo da più generazioni. Si pensi a Ferrero,
Barilla, Beretta, Mapei o Ermenegildo Zegna. Ma la lista potrebbe continuare visto che l'Italia ha un mercato
dei capitali poco sviluppato e contemporaneamente è uno dei leader per numerosità delle imprese familiari:
sono oltre il 50% di tutte quelle con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro.
I SETTORI PREFERITI DAQUESTI.FONDI Non family Family business business fonte: Elaborazione F su
dati Bloomberg
I PRINCIPALI FONDI FAMILIARI RENDIMENTO RATING MORNINGSTAR DISTRIBUITO IN ITALIA NOME
ISIN DA INIZIO ANNO 1 ANNO 3 ANNI 5 ANNI RATING MORNINGSTAR DISTRIBUITO IN ITALIA Oddo
Génération Europe FR0000991960 21,05% 20,15% 3,05% -3,49% • • • • si Henderson European Special
Situations GB00B3W8C734 18,34% 22,85% - - - no Oyster European Opportunities LU0096450555 16,79%
18,34% 7,06% -3,18% • • • • si Carmignac Euro-Entrepreneurs FR0010149112 15,60% 19,89% 7,07% 1,67% • • • si Bellevue (Lux) BB Entrepreneur LU0415391860 15,04% 16,22% 11,82% no AXA WF Frm
Talents Global LU0189847683 3,18% -0,64% 3,43% -7,43% si March International The Family Business
LU0701410861 7,61% - - - - si fonte: Morningstar