scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 07 febbraio 2013
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
07/02/2013 Corriere della Sera - Bergamo
Gli altri ospedali: «Ora diteci che ruolo avrà il Papa Giovanni»
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07/02/2013 Corriere della Sera - Milano
Psicologi a termine contro l'Asl Class action per l'assunzione
7
07/02/2013 Corriere della Sera - Milano
San Raffaele, medici contro i commissari
8
07/02/2013 Corriere della Sera - Roma
Due casi di «buona sanità» Istituto podologico e Sant'Andrea
9
07/02/2013 Il Sole 24 Ore
La ricerca sulle forme progressive fa un salto di qualità"
10
07/02/2013 Il Sole 24 Ore
Cos'è la sclerosi multipla
11
07/02/2013 La Repubblica - Roma
Bersani-Zingaretti: così cambieremo la sanità
12
07/02/2013 La Repubblica - Bari
Due nuovi ospedali, la giunta accelera gare entro sei mesi, fine lavori nel 2016
13
07/02/2013 La Stampa - Nazionale
In Piemonte torna la paura della "suina"
14
07/02/2013 Il Giornale - Nazionale
«Impariamo la lezione, gli incentivi sono inutili»
15
07/02/2013 QN - Il Resto del Carlino - Bologna
«L'anticancro? Con un milione diventerà un medicinale»
16
07/02/2013 Avvenire - Nazionale
Mix di farmaci aumenta la sopravvivenza nei pazienti affetti da cancro al pancreas I
ricercatori: contiamo sul nuovo preparato
17
07/02/2013 Avvenire - Nazionale
Stati vegetativi, una Giornata per rompere il silenzio
18
07/02/2013 Avvenire - Nazionale
Il bravo medico? Anzitutto una persona di valore
19
07/02/2013 Avvenire - Nazionale
Legge 40, i bersagli sono vita e famiglia
21
07/02/2013 Il Gazzettino - Nazionale
In corsia i super-infermieri
22
07/02/2013 Il Salvagente
Sparisce il BISFENOLO A ,ma al suo posto arriva il BpS (e fa ancora più paura)
23
07/02/2013 Il Salvagente
Nuove pillole, l'Ema indaga sulla sicurezza
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07/02/2013 Panorama
Abbiamo una banca e ce la teniamo
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
19 articoli
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Corriere della Sera - Bergamo
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Gli altri ospedali: «Ora diteci che ruolo avrà il Papa Giovanni»
Riorganizzazione della rete, tutto fermo fino alle elezioni Le regionali Dopo le urne in vista una nuova mappa
della sanità lombarda, con un nuovo ruolo delle Asl Nodo investimenti Il Papa Giovanni ha costi di
funzionamento più alti dei Riuniti: pagheranno le altre strutture?
Simone Bianco
Cresce l'intensità dell'attività nel nuovo ospedale di Bergamo, anche se serviranno altri cinque mesi almeno
per finire le opere oggi incomplete. L'attenzione, dagli aspetti logistici e infrastrutturali, comincia a spostarsi
verso quelli strettamente sanitari. Come cambierà la rete ospedaliera provinciale con le nuove possibilità
tecnologiche offerte dal Papa Giovanni XXIII? Una domanda cui si affiancano le incertezze sui bilanci degli
ospedali per i prossimi anni, alla luce dei tagli imposti da Stato e Regione.
Le risposte a questi interrogativi non arriveranno per almeno un altro mese, quando il quadro politico
nazionale e soprattutto lombardo sarà chiarito dalle elezioni. «In parte tocca però alla stessa Azienda
ospedaliera di Bergamo chiarire la propria mission - dice Amedeo Amadeo, direttore generale del Bolognini di
Seriate -. Ora che l'ospedale di Bergamo comincia a funzionare, dovranno dirci quale sarà il loro ruolo e quali
competenze dovranno avere le altre strutture. Il Papa Giovanni deve essere l'ospedale della città oppure il
riferimento, almeno per l'alta specialità, per tutta la provincia? Chiaramente, già oggi si lavora in rete, ma oggi
si può ragionare su un ripensamento più ampio su come mettere in comune e migliorare i servizi: per riuscirci
però bisogna con chiarezza definire le rispettive competenze».
I due mesi, da quando l'ospedale cittadino ha avviato la fase di trasloco, sono stati una parentesi particolare,
non un test per il futuro: «Noi abbiamo avuto qualche paziente in più a Seriate, proveniente dalla zona di
Borgo Palazzo, e ad Alzano Lombardo, da Redona, nulla di significativo», dice Amadeo. Un discorso simile
vale per l'Azienda ospedaliera di Treviglio: «Abbiamo collaborato, come previsto prima del trasloco,
sostenendo un modesto aumento di interventi di chirurgia elettiva (operazioni non urgenti, ndr) - dice il
direttore generale Cesare Ercole -. Certo, ora inizia una fase che potrebbe portare a una riorganizzazione
della rete, con meno Aziende ospedaliere e un ruolo centrale per l'Asl». E le elezioni regionali sono la linea di
demarcazione: sia il centrodestra di Roberto Maroni che il centrosinistra di Umberto Ambrosoli annunciano
cambiamenti che potrebbero portare a una diminuzione del numero di Aziende ospedaliere. «In questo senso
- dice Ercole - credo che una sola Azienda ospedaliera per la provincia di Bergamo avrebbe dimensioni
eccessive e sarebbe difficilmente governabile, mentre scendere da tre a due potrebbe avere senso. Altra
cosa invece è la collaborazione, su base provinciale, per l'acquisto di beni e servizi che consenta a tutti gli
ospedali di risparmiare operando insieme».
Una spinta alla riorganizzazione della rete verrà proprio dalla necessità, imposta da Stato e Regione a tutti gli
ospedali, di limitare di una quota tra il 5 e il 10% i costi per beni e servizi. Mettersi insieme significa poter
spuntare prezzi più bassi dai fornitori, come già si cerca di fare oggi con consorzi che vanno anche oltre i
confini della provincia. E per il 2013 questi accorgimenti basteranno per far tornare i conti. «Sostanzialmente
per l'anno appena cominciato la Regione ci ha confermato i budget del 2012, già tagliati dalla spending
review», dice Ercole.
Confermati i livelli di bilancio per ricoveri e prestazioni ambulatoriali, la vera incognita sono gli investimenti. Il
nuovo ospedale richiederà già nel 2013 una somma aggiuntiva da parte della Regione per le manutenzioni
straordinarie e per il funzionamento di una struttura più avanzata ma anche più costosa rispetto ai Riuniti. Si
parla di 10-15 milioni di euro in più. «Quello che dobbiamo capire - dice Amadeo - è se questi soldi per il
Papa Giovanni sono un'una tantum per il 2013 o se sono un'esigenza che si ripeterà anche nei prossimi anni,
togliendo risorse alle altre strutture. Noi, ad esempio, abbiamo gli investimenti bloccati: di fatto ci sono solo le
risorse per sostituire la strumentazione che non si può aggiustare». Un fronte, quello degli investimenti, sul
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quale l'attenzione è molt0 alta anche a Treviglio: «Attendiamo - spiega Ercole - lo sblocco di 60 milioni di euro
per l'ammodernamento tecnologico».
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Hanno detto
Lavorare sulla condivisione per ottenere più efficienza
Foto: Cesare Ercole Dg ospedale di Treviglio Sarà l'ospedale della città o di tutto il territorio?
Foto: Amedeo Amadeo Dg ospedale di Seriate
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Causa pilota Prima azione collettiva nei confronti della pubblica amministrazione
Psicologi a termine contro l'Asl Class action per l'assunzione
Sette ricorsi: siamo dipendenti, non liberi professionisti
Simona Ravizza
È la prima class action di liberi professionisti della Sanità. Sette psicologi che da oltre dieci anni lavorano
all'Asl 1 e che adesso si ribellano: «Il lavoro che svolgiamo è da dipendenti - dicono -. Eppure lo stipendio è
più basso e non abbiamo garanzie per il futuro». Così i sette contratti atipici si sono mobilitati in massa per
trascinare l'azienda sanitaria di Legnano e Magenta in Tribunale, con la richiesta di un risarcimento pesante:
oltre 50 mila euro a testa. Soldi che - denunciano gli psicologi - avrebbero ricevuto in busta paga se fossero
stati regolarmente assunti. Se tutti i precari che lavorano in Sanità seguissero l'esempio, per i conti del
sistema sarebbe un bel guaio. Solo i liberi professionisti sono almeno mille.
Sulla porta dell'ambulatorio c'è una targa che indica il nome e cognome. L'e-mail è quella aziendale. Le visite
dei pazienti vengono prenotate e programmate senza interruzioni. Gli orari di lavoro sono concordati con i
superiori. Come per tutto il personale in organico. Ma il loro contratto è atipico. Di qui la protesta: «Ci siamo
decisi a fare ricorso con l'avvocato Alberto Guariso dopo anni in cui abbiamo svolto le stesse mansioni dei
colleghi di ruolo - spiegano i sette -. Non c'era altra scelta: i molteplici tentativi di trovare un accordo con i
vertici aziendali sono falliti, lo stesso il lavoro dei sindacati che hanno aperto un tavolo per la stabilizzazione
con la Regione Lombardia».
L'udienza è fissata per martedì prossimo. I ricorsi sono stati presentati al Tribunale del Lavoro. Ciascuno è
accompagnato da un lungo elenco di contratti rinnovati anche per diciotto volte di seguito. La richiesta è
duplice: assunzione e lo stesso compenso previsto per gli incarichi a tempo indeterminato con effetto
retroattivo (di qui la richiesta di oltre 50 mila euro a testa di rimborso). «La rilevante durata del rapporto di
lavoro, la assoluta identità nel corso degli anni delle attività svolte e delle modalità, l'esatta corrispondenza tra
il rapporto con la ricorrente e quello di un qualunque psicologo convenzionato non consentono solamente di
concludere per il diritto al pagamento delle differenze economiche, ma anche di rilevare che nei fatti tra la
ricorrente e l'Asl intercorre un rapporto di lavoro convenzionato», sottolinea Guariso.
La rabbia dei sette psicologi è aumentata negli ultimi giorni, perché sono stati esclusi dal concorso pubblico
per il rinnovo degli incarichi: nel bando è stata inserita una clausola che impedisce di partecipare alla gara a
chi ha contenziosi legali aperti con l'Asl. «Il problema del bando è specifico dell'Asl 1 e probabilmente
fotografa una situazione particolare. Comunque ogni candidato ha diritto a chiarimenti e se lo ritiene ad
attivare contenzioso - rispondono i vertici dell'assessorato alla Sanità -. Ma i contratti libero-professionisti non
hanno diritto ad avere riconosciuto un rapporto di lavoro stabile o a tempo indeterminato in quanto il rapporto
è disciplinato da specifico contratto con un numero di ore diverso secondo le necessità aziendali e comunque
a scadenza». Ma la battaglia è appena cominciata.
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Foto: mila gli euro chiesti a testa dai sette psicologi che hanno avviato una class action contro l'Asl 1 di
Milano come risarcimento per gli anni di contratto libero-professionale
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Foto: gli anni in cui gli psicologi sono stati in servizio all'Asl 1 con contratti libero-professionali pur lavorando,
secondo il ricorso, come personale dipendente a tutti gli effetti
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Corriere della Sera - Milano
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Ultimatum per i rimborsi delle visite private
San Raffaele, medici contro i commissari
I medici del San Raffaele chiedono ai commissari e ai liquidatori dell'ospedale di vedersi riconosciuti i
compensi per le prestazioni fornite a pazienti solventi negli anni scorsi. I soldi sono al momento bloccati
all'interno della procedura di concordato preventivo che porterà al rimborso dei creditori dell'epoca di don
Luigi Verzé e alla liquidazione delle attività non sanitarie (come le piantagioni in Brasile e l'hotel in Sardegna).
Ma i medici non vogliono aspettare oltre. Di qui la lettera consegnata nei giorni scorsi ai commissari e ai
liquidatori. Il titolo: «Prima manifestazione del disagio della classe medica dell'ospedale San Raffaele». Per
oggi è in programma un'assemblea generale dove saranno decise le mosse da fare in futuro. «È in atto una
forma di agitazione - si legge nella lettera - che continuerà fino a quando non avremo le necessarie garanzie
della tutela
dei nostri diritti».
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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Corriere della Sera - Roma
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Lettere al Corriere della Sera una città mille domande
Due casi di «buona sanità» Istituto podologico e Sant'Andrea
Paolo Conti
Caro Conti,
a Roma per fortuna n0n c'è solo malasanità. Le racconto un caso di eccellenza. Mia madre, 85 anni,
diabetica, ricoverata presso una Residenza per anziani, aveva due dita di un piede che stavano andando in
necrosi per la complicanza del «piede diabetico». Mi sono rivolta all'Istituto podologico italiano chiedendo
l'assistenza di un podologo che, prontamente intervenuto, ha deciso di trasferire mia madre presso l'Istituto
podologico dove ha ricevuto le prime medicazioni effettuate con rara disponibilità e professionalità. I
responsabili dell'Istituto stesso, tenuto conto della gravità del caso, hanno ritenuto di dover mandare mia
madre all'Ospedale Sant'Andrea. Al Pronto soccorso dell'ospedale hanno fatto miracoli e in tempi
estremamente brevi, dall'accuratissima visita medica alla consulenza angiologica fino all'intervento conclusivo
che ha salvato l'arto e mia madre stessa. Entrata alle 9, alle 14 era tutto felicemente concluso. Non desidero
segnalare e i nomi dei podologi e dei medici che così egregiamente hanno lavorato, ma solo evidenziare che
esistono ancora «isole felici» (l'istituto podologico e il Pronto soccorso del Sant'Andrea) che hanno saputo
integrarsi e coordinarsi sul territorio, tenendo davvero il paziente al centro del loro interesse professionale.
Rosaria Jacobelli
Cara lettrice,
sono sempre contento quando è possibile pubblicare lettere come la sua. La sanità pubblica è una grande
conquista civile, oggi continuamente minacciata. La catastrofe economica della Regione Lazio ha travolto
molte strutture ma per fortuna non ha minato le basi di un'etica professionale, quella dei medici, più solida e
diffusa di quanto si pensi.
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Foto: anche su http://roma.corriere.it
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Il Sole 24 Ore
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La ricerca sulle forme progressive fa un salto di qualità"
L'INTERVISTA - MARIO ALBERTO BATTAGLIA
"Èla prima volta che la ricerca sulle forme progressive della Sclerosi Multipla vede unire gli sforzi passando
dalle attività in ambito nazionale a un progetto internazionale condiviso". Lo afferma il professor Mario Alberto
Battaglia, dal 1998 presidente della FISM, l'ente di ricerca dell'Associazione Italiana Sclerosi Multipla. E per
accelerare questo processo si coordinano i migliori studiosi su linee di ricerca innovative e le Associazioni
nazionali promuovono una raccolta fondi internazionale dedicata. "Ma, soprattutto", sottolinea Battaglia, "la
priorità dei prossimi anni per le nostre associazioni è ottenere risultati di ricerca trasferibili alle persone con le
forme progressive di malattia, quelle forme che non sono ancora trattate con terapie specifiche". Infatti se per
la Sclerosi Multipla recidivante-remittente esistono nove trattamenti approvati, che riducono l'infiammazione e
gli attacchi e ne rallentano la progressione, per le forme progressive la sfida deve essere vinta. E dire che,
solo in Italia, le persone interessate da questa forma di malattia sono oltre 25.000. In proposito Battaglia
afferma: "Per loro dobbiamo ottenere cure efficaci e qualità di vita e con questo progetto entro il 2020
intendiamo dare risultati concreti". Questo è il motivo per cui la conferenza internazionale di Milano che vede
riuniti i migliori ricercatori per disegnare il percorso della "International Progressive Multiple Sclerosis
Collaborative" (Milano 6 - 8 febbraio) rappresenta un nuovo capitolo nella storia della ricerca. Le associazioni
nazionali non si limitano a lavorare insieme integrando le proprie competenze e risorse economiche ma si
pongono l'obiettivo ambizioso di sviluppare e promuovere un vero e proprio modello operativo per la gestione
del progetto di ricerca con l'obiettivo di renderla più efficace e veloce . Per ottenere questo risultato si sono
coinvolti tutti gli attori: non solo il mondo accademico, le industrie farmaceutiche, ma anche - per la prima
volta - le persone, proprio quelle per le quali non esiste ancora una terapia. Sono loro, attraverso le
associazioni che le rappresentano, che diventano protagoniste. Nelle loro mani la ricerca accoglie il diritto a
ottenere delle risposte" "L'appuntamento è stato promosso dall'AISM", spiega Battaglia, "di concerto con la
Federazione Internazionale Sclerosi Multipla (MSIF) e le Associazioni SM di Usa, Canada, Regno Unito e
Olanda. In pratica - precisa il presidente della FISM - vengono selezionate le aree di ricerca più promettenti e
finanzieremo grandi progetti sviluppando collaborazioni in tutto il mondo. In più - attraverso un bando
specifico - andremo a cercare idee innovative e ci attiveremo per finanziare progetti pilota, che se daranno
risultati preliminari promettenti saranno sviluppati". Il programma prevede di raccogliere fondi per oltre 120
milioni di euro da qui al 2020. "Le quattro associazioni nazionali che hanno dato avvio al progetto" segnala
Battaglia ", cui si unirà tutto il movimento SM sotto il coordinamento della nostra Federazione Internazionale,
daranno l'avvio ad una campagna di raccolta fondi attuata a livello mondiale. L'Italia, solo per il primo anno di
lavoro, grazie anche alle donazioni arrivate dal 5 per mille, ha già messo a disposizione un milione di euro:
nel 2013 il progetto richiederà 5 milioni che verranno raccolti grazie all'impegno di tutte le associazioni ". Gli
obiettivi sono certamente molto sfidanti, anche in considerazione del momento di grave crisi economica. "Non
per questo diminuiremo gli sforzi. Anzi, lavoreremo con ancora maggiore impegno per dare la possibilità, a
tutte le persone con sclerosi multipla, di vivere una vita normale." Un progetto condiviso per coordinare i
migliori gruppi di ricerca per vincere la sfida ed identificare terapie specifiche entro il 2020 Il programma
prevede di raccogliere fondi per oltre 120 milioni di euro da qui al 2020 ,
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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COMUNICAZIONE SOCIALE A CURA DI AISM
07/02/2013
Il Sole 24 Ore
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(diffusione:334076, tiratura:405061)
Cos'è la sclerosi multipla
Cronica, imprevedibile e invalidante, la sclerosi multipla è una grave malattia del sistema nervoso centrale.
Conduce gradualmente all'invalidità e rende complicate, e a volte impossibili, le più semplici azioni
quotidiane, come camminare, leggere, parlare, impugnare una penna e prendere in mano un oggetto.
Colpisce i giovani tra i 20 e i 30 anni e le donne, in numeromaggiore rispetto agli uomini. La malattia si
presenta in cinque forme: 85% dei casi ha la forma recidivante-remittente: caratterizzata da cadute alternate
da periodi di remissione che possono durare anche molto tempo. Nel 30-50% dei casi recidivante - remittente
si sviluppa la forma secondariamente progressiva. E' una evoluzione che in genere si verifica dopo oltre 1015 anni dall'esordio della malattia. 20% dei casi ha la forma SM benigna. Pochi episodi acuti con sintomi che
si risolvono senza lasciare disabilità. 10% dei casi ha la forma primariamente progressiva. Non si hanno
remissioni e ricadute, ma il progredire continuo dei sintomi verso una maggior disabilità. 5% dei casi ha la
forma progressiva con ricadute: ha un decorso progressivo fin dall'esordio della malattia e si manifestano
episodi acuti caratterizzati da sintomi gravi.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
COMUNICAZIONE SOCIALE A CURA DI AISM
07/02/2013
La Repubblica - Roma
Pag. 9
(diffusione:556325, tiratura:710716)
La ricetta del Pd per il Lazio: "Stop al precariato, nomine più trasparenti, rivedere il piano di rientro" Furto nel
comitato elettorale, scoperti dalle telecamere i responsabili: un uomo e una donna
MAURO FAVALE
DAI simboli alle azioni concrete: dal testo dell'articolo 32 della Costituzione, quello sul diritto alla tutela della
salute, che «dovrà essere scritto all'ingresso di tutte le nostre strutture ospedaliere» al piano di rientro del
deficit sanitario «da ricontrattare col prossimo governo, in modo tale che la Regione Lazio torni ad assumersi
pienamente la responsabilità e riorganizzare le funzioni e gli obiettivi della struttura commissariale».
Nell'aula magna dell'ospedale Forlanini, Nicola Zingaretti parla davanti a una platea di alcune centinaia di
medici, infermieri e cittadini. Al suo fianco c'è Pierluigi Bersani per un'iniziativa intitolata «Un nuovo patto per
la salute» e che, negli auspici degli organizzatori, vorrebbe essere l'anticipazione di ciò che accadrà tra meno
di un mese: un futuro governatore e un futuro premier che si confrontano sulla sanità di una Regione come il
Lazio che sta attraversando una crisi profonda, sottoposta a un rigido piano di rientro. Al di là di ciò che
accadrà dopo le elezioni, quella di ieri è stata l'occasione per presentare il pezzo di programma di Zingaretti
relativo alla sanità. L'obiettivo primarioè proprio quello di «rivedere la logica che ha guidato fino a oggi
l'impostazione dei piani di rientro». Il candidato del centrosinistra non chiede, come fa Francesco Storace o
Sandro Ruotolo, di cancellare il commissariamento: «Vogliamo azzerare il deficit sanitario del Lazio che oggi
viene pagato con una insostenibile pressione fiscale su cittadini e imprese». E, soprattutto, «chiudere questa
pagina oscura della sanità del Lazio e aprire un nuovo patto per la difesa della salute». Stop a precariato,
dunque, nuovi protocolli di intesa per la gestione dei Policlinici universitari e un piano per valorizzare il
patrimonio in disuso della sanità.
Di politiche per la salute, di «umanizzazione» di queste strutture parla anche Bersani, convinto che «vada
ricostruito un sistema vitale in questi luoghi» e che «se Zingaretti governerà, nel Lazio cambieremo registro».
Sulla stessa linea anche Enrico Gasbarra, presente insieme al senatore Ignazio Marino, all'incontro: «La
sanità del Lazio si avvia finalmente a voltare pagina», spiega il segretario regionale del Pd. L'ex presidente
della Provincia di Roma, intanto, punta sul rilancio della centrale unica degli acquisti, sulla meritocrazia in
tutte le nomine e sulla trasparenza attraverso il sistema "OpenSanità" che «renderà disponibili sul web tutti i
dati della sanità laziale non solo sulla governance ma sull'appropriatezza e l'esito del sistema di cure». Sul
fronte delle nomine, invece, verrà messa in campo una «commissione terza che verificherà le candidature
sulla base dei curricula migliori e selezionerà gli idonei».
Intanto, l'analisi delle telecamere interne al comitato Zingaretti ha permesso di scoprirei colpevoli del furto di
tre computer portatili: sono un uomo e una donna che sabato pomeriggio, mentre il comitato era ancora
aperto, si sono introdotti e hanno rubato i tre pc. I carabinieri stanno cercando di identificarli.
I punti PIANO DI RIENTRO Secondo Zingaretti, per la sanità del Lazio va rivisto il piano di rientro del deficit
mantenendo il commissariamento STOP PRECARIATO «Chi svolge funzioni di assistenza al malato non può
vivere nell'ansia del precariato», sostiene Zingaretti NOMINE Nelle nomine per la sanità, Zingaretti punta
sulla "massima trasparenza", con una commissione per valutare i cv CENTRALE UNICA Zingaretti punta a
rilanciare la centrale unica degli acquisti in campo sanitario per risparmiare nelle spese
Foto: CANDIDATO Il candidato del centrosinistra alla presidenza del Lazio, Nicola Zingaretti, con il leader del
Pd Pier Luigi Bersani
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Bersani-Zingaretti: così cambieremo la sanità
07/02/2013
La Repubblica - Bari
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(diffusione:556325, tiratura:710716)
Due nuovi ospedali, la giunta accelera gare entro sei mesi, fine lavori nel
2016
ANTONELLO CASSANO
GRANDI manovre in sanità. La giunta regionale ha deliberato l'avvio della progettazione preliminare per la
realizzazione dei nuovi ospedali San Cataldo di Taranto e Fasano-Monopoli. In questo modo la Regione
sblocca le procedure per due dei cinque nuovi ospedali che rientrano nella programmazione della nuova rete
ospedaliera anticipata dal presidente Nichi Vendola nel giugno scorso e meglio nota come la "Fase 3" del
piano di rientro. Una fase che lo stesso governatore definì «la risposta più evoluta e moderna al bisogno di
superare la concezione di una rete ospedaliera, traballante, precaria e obsoleta». Imponente la quantità di
risorse messe a disposizione per i primi due ospedali: 287 milioni e 500mila euro, la maggior parte (230
milioni) proveniente dal Fondo di sviluppoe coesione. Gli altri 57 milioni e 500 mila euro sono coperti dalla
Regione. Ora «con la collaborazione dei Comuni di Fasano, Monopoli, Taranto e delle Asl di Bari, Brindisi e
Taranto - come è scritto in una nota congiunta diffusa dagli assessorati regionali alla Sanità e alle Opere
pubbliche - si conta di bandire la gara d'appalto nel giro dei prossimi sei mesi».
Più del 70 per cento delle prime risorse appena sbloccate sarà impiegato nella costruzione del grande
ospedale di Taranto in via Alberto Sordi nel quartiere Solito-Corvisea. Oltre 200 milioni di euro per un gigante
da 715 posti letto esteso su 90mila metri quadrati. Nel nuovo ospedale confluiranno le attività del Santissima
Annunziata e Moscati di Taranto e del San Marco di Grottaglie. Il San Cataldo sarà dotato, tra l'altro, di 48
posti di chirurgia generale, 72 di medicina generale, 26 posti di oncologia e avrà a disposizione tre
acceleratori lineari, una Tac simulatore, una sala predisposta per la Cyberknife, quattro Tac e due angiografi.
Più piccolo il progetto avviato per Fasano-Monopoli: 299 posti letto per quasi 36mila metri quadrati di
estensione, l'ospedale sarà costruito al confine tra i due Comuni (lungo la strada statale 16). Il nuovo
ospedale intermedio Bari-Brindisi funzionerà al servizio dei Comuni di Alberobello, Cisternino, Conversano,
Fasano, Monopoli e Polignano a Mare. Anche qui numerose le discipline e le grandi macchine presenti: ci
sono cardiologia e Utic, oculistica, neurologia, chirurgiae medicina generale, ortopedia, ostetricia e
ginecologia.
Fra le grandi macchine, un acceleratore lineare, una Tac simulatore, una Pet-Tac, un angiografo e due Tac.
Chiusura prevista dei lavori entro il 2016. Il progetto complessivo di riorganizzazione della rete ospedaliera è
dotato di un finanziamento complessivo di 536 milioni di euro per realizzare più di 2mila posti letto. Accanto al
San Cataldo e al FasanoMonopoli, sono previsti 375 posti ad Andria (sulla strada Andria-Corato), 281 posti
nel Nord Barese e altri 387 nel Salento sulla strada che collega Maglie a Melpignano. Quest'ultimo avrà come
area di riferimento i Comuni di Scorrano, Maglie, Galatina, Casarano, Poggiardo e Otranto.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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L'annuncio Sul piatto 287 milioni: a Taranto 715 posti letto, altri 299 tra Monopoli e Fasano
07/02/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 42
(diffusione:309253, tiratura:418328)
In Piemonte torna la paura della "suina"
MARCO ACCOSSATO GIUSEPPE LEGATO
Torna l'allarme «suina» in Piemonte. Un uomo di 41 anni di Moncalieri è ricoverato da ieri pomeriggio in
rianimazione alle Molinette, contagiato dalla forma più aggressiva del virus dell'influenza A/H1N1. Giuliano
Domenino, magazziniere in una concessionaria auto, si era presentato domenica scorsa al pronto soccorso
dell'ospedale Santa Croce con febbre altissima che da alcuni giorni non riusciva a far scendere malgrado
antipiretici e antibiotici presi contro una sospetta bronchite. «Inutili i farmaci prescritti dal medico di famiglia racconta la moglie -: la temperatura non è mai andata al di sotto dei 38 gradi e mezzo». Fumatore, ma senza
altri particolari fattori di rischio, l'uomo è peggiorato fino alle prime difficoltà respiratorie: nella notte fra
domenica e lunedì i medici del Santa Croce hanno deciso di addormentarlo e trasferirlo in rianimazione, da
dove ieri è stato portato alle Molinette: qui l'équipe del professor Marco Ranieri lo ha sottoposto alla
circolazione sanguigna extracorporea (l'Ecmo) per consentire all'organismo di risparmiare il massimo delle
energie vitali. La stessa tecnica aveva infatti già consentito in passato di salvare la vita ad altri pazienti in
condizioni altrettanto o più gravi delle sue. I medici non si sbilanciano, la prognosi resta riservata, anche se
un primo segnale che lascia sperare c'è: da quando l'uomo è sostenuto dalla macchina dell'Ecmo le sue
condizioni sembrano essersi stabilizzate. Nessun peggioramento è stato più notato nelle ultime ore, «il che è
un buon segno», sostengono i medici. Resta il mistero sull'origine del contagio: «Due settimane fa racconta
sempre la moglie, di fronte al reparto di Rianimazione delle Molinette - anche io e nostra figlia abbiamo avuto
qualche linea di febbre. Ma mai così alta come quella raggiunta da Giuliano, e senza altri sintomi». La
diagnosi è certa, fatta nei laboratori dell'ospedale per malattie infettive Amedeo di Savoia.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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Molinette
07/02/2013
Il Giornale - Ed. nazionale
Pag. 16
(diffusione:192677, tiratura:292798)
«Impariamo la lezione, gli incentivi sono inutili»
Lo scienziato: «Servono più investimenti per le strutture» Soldi "Mancano i fondi e i laboratori chiudono
Giuliana De Vivo
Silvio Garattini, fondatore e direttore dell'Istituto di ricerca «Mario Negri» ed ex membro del comitato di
Biologia e Medicina del Consiglio nazionale delle ricerche, ha un parere netto sull'utilità degli incentivi per il
rientro dei cervelli: «Servono solo nella misura in cui chi torna trova ambienti adatti a svolgere il proprio
lavoro, con le stesse caratteristiche che aveva trovato altrove». I ricercatori sono rientrati e ora rischiano di
dover andare via di nuovo: perché? «Negli altri Paesi i movimenti dei ricercatori sono spontanei: si va dove si
trovano le condizioni adatte. Da noi la situazione è sbilanciata: vanno tutti via ma non viene nessuno perché
non si è investito nella ricerca». Piani come il bando intitolato a Rita Levi Montalcini non rappresentano un
investimento? «No, anche questi incentivi sono una discriminazione: perché si deve favorire chi si è spostato
per poi tornare rispetto a chi invece è rimasto in Italia, anche con sacrificio, per tentare di fare qualcosa di
utile per il proprio Paese? Non è giusto, e non serve se il ricercatore, rientrato qui perché esentato dalle
tasse, poi non trova sbocchi lavorativi». Il punto, quindi, è essere «appetibili» per la ricerca. Perché in Italia
non lo siamo? «Mancano le istituzioni con l'organizzazione, la struttura e i fondi necessari. Ce ne sono
alcune, ma poche. E negli atenei c'è il problema del merito, che non è mai stato il criterio di scelta». Questo
caso sarà un deterrente per gli altri studiosi italiani che stanno valutando l'ipotesi del rientro? «Forse, ma
l'importante, più che la scadenza del contratto, è il fatto che se io ho un'idea devo trovare attrezzature,
esperienze e professionalità giuste dove svilupparla». In altri Paesi la ricerca è meglio pagata, le strutture
sono efficienti, i fondi si trovano. Dov'è la falla da noi? «La politica si è sempre interessata poco alla ricerca
scientifica, un po' perché questa ha tempi lunghi mentre i governi hanno vita breve, un po' perché da noi
domina una cultura letterario-giuridico-filosofica incapace di vedere nella scienza uno strumento propulsivo,
soprattutto in un momento come questo, per favorire l'innovazione. Invece sarebbe importante, visto che
abbiamo scarse materie prime e un costo del lavoro alto». Quanto ci costa questa perdita di talenti? «Un
prezzo altissimo. Non abbiamo più grandi industrie, nel mio settore siamo in decadenza, destinati a diventare
un mercato da aggredire e basta, in cui non siamo protagonisti: le grandi aziende farmaceutiche hanno
chiuso i loro laboratori italiani».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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L'intervista Silvio Garattini
07/02/2013
QN - Il Resto del Carlino - Bologna
Pag. 2
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Supervirus, la professoressa Campadelli-Fiume fa i conti. Lollini, oncologo: «Grazie all'Airc troveremo i soldi»
DANIELE PASSERI
Di DANIELE PASSERI A PAROLE, è così semplice ed esaltante riconoscerla già come una medicina. O
meglio, un 'medicinale', cioè 'ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà
curative', secondo la legge europea. Ma prima che la scoperta, rivoluzionaria, dell'équipe di Gabriella
Campadelli-Fiume e Pier Luigi Lollini diventi somministrabile ai malati di tumore al seno e all'ovaio, servirà
altro tempo; e altri soldi. NEI LABORATORI associati di Medicina specialistica, diagnostica e sperimentale e
di Farmacia e biotecnologie dell'Alma Mater è riuscito ciò che altrove nel mondo hanno mancato: prendere un
insulso virus dell'herpes, svuotarlo del suo contenuto originale e ordinargli di trovare le metastasi di un tumore
per distruggerlo con le armi stesse della natura. Nei topini geneticamente modificati per simulare un paziente
oncologico la cura è stata un successo. Si spalancano le porte di un futuro nemmeno troppo lontano, in cui i
ricercatori potranno incollare a un virus-killer buono l'identikit di una neoplasia qualsiasi. Una visione che fa
rima con guarigione. «PERÒ, per consegnare all'industria farmaceutica una versione stabile del nostro virus,
ci serve ancora un milione di euro, da qui a 5-7 anni». La professoressa Campadelli-Fiume sorride, non tanto
al pensiero di doversi armare di santa pazienza (e intraprendenza) per reperire i fondi, quanto piuttosto
«considerando che sono cifre ridicole, irrisorie, se messe in valore con quello che davvero stiamo facendo e
quel che costa». MA agli scienziati, per vocazione, non fa certo difetto l'ottimismo. «Parteciperemo ai munifici
bandi dell'Associazione italiana ricerca sul cancro, e troveremo quei soldi - fa eco l'oncologo Lollini-. Di certo
va riconosciuto che l'Università ci sta 'coccolando' molto, fornendoci ciò di cui abbiamo bisogno in termini
materiali e anche economici». Contano di incassare direttamente da via Zamboni «decine di migliaia di euro».
MA A SPICCARE, qui, è soprattutto il capitale umano. Alle spalle della scrivania nello studio della
biotecnologa una lavagna piena zeppa di grafici e dottrina, idee e strategie operative. La porta è
costantemente aperta al team, per confrontarsi prima e dopo il microscopio. Le linee guida e l'erudizione degli
'anziani' impastate all'impeto dei giovani. Sono dottorandi, ricercatori, assegnisti esterni. Nella squadra
biotech, la Campadelli-Fiume sovrintende le dottoresse Laura Menotti e Valentina Gatta. Gli oncologi sono
guidati dal professor Pier Luigi Lollini, con i colleghi Patrizia Nanni, Carla De Giovanni, Giordano Nicoletti e
Lorena Landuzzi; assieme ai giovani dottori Arianna Palladini, Massimiliano Dall'Ora e Valentina Grosso. La
loro è una scoperta che va chiamata per nome e cognome.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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«L'anticancro? Con un milione diventerà un medicinale»
07/02/2013
Avvenire - Ed. nazionale
Pag. 10
(diffusione:105812, tiratura:151233)
( V. Sal. )
MILANO . Il tumore del pancreas è uno dei 5 cosiddetti "Big Killer": la maggior parte dei pazienti che ha
questo tipo di cancro non sopravvive ai primi mesi dalla diagnosi e, dopo 5 anni, la mortalità si attesta al 95%.
Per questo sono importanti i risultati della sperimentazione "Mpact" che, combinando due farmaci oncologici,
ha scoperto un aumento del 59% nella sopravvivenza a un anno e un tasso di sopravvivenza raddoppiato in
due anni. Lo studio, promosso da Celgene e presentato ieri a Milano, va a coprire un ambito fondamentale
dell'oncologia: in Italia infatti il carcinoma del pancreas rappresenta il 3% dei tumori totali ma, con il 7%
all'anno di decessi, si attesta come la quarta causa di morte dopo i 50 anni nell'ambito delle patologie
tumorali. «Questo studio è importante - spiega Michele Reni, coordinatore dell'Area attività scientifica
dell'Unità operativa di oncologia medica dell'Irccs San Raffaele di Milano - perché, dopo aver assistito negli
ultimi 15 anni a una lunga serie di sperimentazioni negative, abbiamo un nuovo farmaco su cui contare»,
sottolinea, parlando di «tossicità accettabile» e di capacità di «aggredire, in particolare, il tessuto tumorale,
piuttosto che i tessuti sani».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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Mix di farmaci aumenta la sopravvivenza nei pazienti affetti da cancro al
pancreas I ricercatori: contiamo sul nuovo preparato
07/02/2013
Avvenire - Ed. nazionale - vita
Pag. 1
(diffusione:105812, tiratura:151233)
Il neurologo dell'Istituto Sant'Anna di Crotone, Giuliano Dolce porta avanti la ricerca nonostante i tagli. E
avverte: «Riportiamo il dibattito sul piano medico A cominciare da evidenze come dolore e nutrizione»
Emanuela Vinai
i celebra sabato la terza Giornata nazionale degli stati vegetativi con un congresso nazionale, che si terrà
domani a Roma, cui partecipano il ministro della Salute Renato Balduzzi, esperti, studiosi e rappresentanti
delle famiglie. Saranno anche presentati i primi risultati del «Tavolo di lavoro per l'assistenza alle persone in
stato vegetativo e di minima coscienza». A tre anni dalla morte di Eluana Englaro, e dopo la bruciante
delusione per il fallito iter della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, il dibattito bioetico durante la
campagna elettorale si coniuga anche con l'aspetto economico. In tempo di spending review i tagli alla sanità
si riverberano fatalmente anche sulle strutture di eccellenza che garantiscono assistenza altamente
qualificata ai disabili gravissimi, cioè a tutte quelle persone che a causa di una malattia gravemente
degenerativa o di un trauma, si trovino in uno stato di coscienza non responsiva. Se al progredire della
ricerca e alla crescente sensibilizzazione dell'opinione pubblica non si accompagna un adeguato sostegno
economico sono poi i cittadini, soprattutto quelli che si trovano nella condizione più fragile, a subirne le
conseguenze. Vale la pena parlarne con un'autorità come il neurologo Giuliano Dolce, direttore scientifico
dell'Istituto Sant'Anna di Crotone. Professore, come incidono i tagli di spesa? L'Istituto Sant'Anna è in
difficoltà a causa di una riduzione del budget che non colpisce la disponibilità di posti letto ma chiede di
continuare a fornire la stessa assistenza a costi inferiori. Paradossalmente, se si parlasse di taglio dei posti
letto si permetterebbe comunque di garantire ai pazienti rimasti un'assistenza di qualità. Limitarsi a tagliare i
fondi indiscriminatamente e pretendere che una struttura provveda al mantenimento del medesimo servizio
non è pensabile. Riconosco che con noi hanno avuto un certo riguardo, ma la riabilitazione non è un'attività
qualunque, piuttosto una struttura altamente complessa che ha elevati costi di personale specializzato. In
questo scenario come può progredire la ricerca? La ricerca si è salvata perché abbiamo potuto contare su
uno stanziamento di fondi ministeriali che ne hanno salvaguardato l'attività e ci hanno permesso di realizzare
progetti importanti. L'Istituto Sant'Anna di Crotone, con proprie strutture e laboratori, ha infatti sviluppato un
progetto di ricerca denominato Ran (ricerca avanzata in neuroriabilitazione) con cui abbiamo pubblicato circa
40 lavori in sei anni su riviste scientifiche molto quotate. Abbiamo inoltre sviluppato «Aramis», un robot con
doppio esoscheletro che dovrebbe portare sollievo a pazienti colpiti da ictus. Per i pazienti con gravi disturbi
di coscienza abbiamo costruito un laboratorio di regolazione sensoriale guidata che, attraverso l'analisi della
variabilità del ritmo cardiaco, ci consente di stimolarli in momenti precisi per ottenere da loro una forma di
risposta. Ma tutto questo non nasce da solo, è il risultato di molti fattori e di una filosofia d'impegno ben
precisa. A volte è anche la burocrazia che frena. Siamo in attesa del riconoscimento a Irccs, che ci
porterebbe a reclutare personale sempre più qualificato e specializzato, portando allo sviluppo di un'autentica
eccellenza. Stiamo aspettando ancora che la Regione Calabria risponda alla lettera del Ministero in merito.
Senza questo atto, tutta la pratica è arenata. Sabato si celebra la terza Giornata degli stati vegetativi, cosa è
cambiato in questi anni? Ancora non si è chiarito, una volta e per sempre, che la questione non deve essere
sfruttata per motivi politici. Riportiamo il dibattito sul piano medico. C'è chi ha parlato di libertà di scelta, ma mi
meraviglia che i cosiddetti progressisti non tengano conto del progresso. Includere l'idratazione tra le terapie
escludibili è un fatto gravissimo. È noto nella letteratura scientifica che il paziente in stato vegetativo prova
dolore ed è un dolore che è possibile misurare. Ebbene, togliere l'acqua provoca una morte tra dolori
lancinanti, nessun paziente cosciente resisterebbe allo strazio e chiederebbe subito da bere. Questa è
un'evidenza scientifica impossibile da negare.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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Stati vegetativi, una Giornata per rompere il silenzio
07/02/2013
Avvenire - Ed. nazionale - vita
Pag. 2
(diffusione:105812, tiratura:151233)
In vista della Giornata mondiale del malato di lunedì, la parola a chi insegna ai giovani professionisti a
occuparsi della dimensione umana e psicologica dei pazienti
Graziella Melina
ccesso di tecnologia, fretta, incapacità di ascoltare: e così il rischio di diagnosi sbagliate è dietro l'angolo. Per
avere un grande medico, invece, serve «una grande persona», che sia in grado di relazionarsi con il paziente
senza mai dimenticare prima di tutto l'approccio empatico. In vista della XXI Giornata mondiale del malato di
lunedì, la raccomandazione a porre la persona al centro di qualsiasi percorso terapeutico, arriva proprio dagli
uomini di scienza, convinti che nella formazione dei medici sia fondamentale la conoscenza delle dinamiche
emotive, psicologiche ed etiche nella relazione col paziente. E che anche l'aspetto spirituale sia parte
integrante del percorso di cura. A Roma, al Campus Biomedico, lo fanno già: da quasi 17 anni viene infatti
portato avanti un corso di metodologia clinica, biennale, per gli studenti di medicina che così imparano il
corretto approccio col paziente. «Impostiamo questo percorso formativo con l'idea di trasmettere
metodologia, creatività, interpretazione e capacità di relazione», dimensioni che hanno «una radice comune
che nasce dal valore complessivo della persona che agisce», spiega Victor Tambone , direttore dell'Istituto di
filosofia dell'agire scientifico e tecnologico del Campus BioMedico. Uno studente in medicina può rendersi
conto, così, che «la qualità della sua pratica clinica - precisa Tambone - non dipenderà soltanto dalle capacità
tecniche che acquisterà o dalla capacità di produrre procedure cliniche in modo preciso, ma dalla sua lealtà,
dalla capacità di riflessione, e da tutte quelle dimensioni qualitative che potrà avere e utilizzare nella pratica
clinica». I pazienti, spiega, «soffrono anche quando non hanno la febbre. Il medico va in tilt anche quando è
molto tecnicamente preparato. Alcune diagnosi non si riescono a mettere a fuoco perché non c'è sufficiente
empatia di relazione col paziente. Molte volte le cause della cattiva prassi sono extra professionali. Un uomo
triste sarà un triste medico, uno superficiale lo sarà anche nella professione medica. Ognuno ha le sue
debolezze, le sue ferite, ma quello che non si può pensare è che con una precisione di procedura si coprano
mancanze di virtù personali». on secondario nel rapporto medicopaziente è poi un corretto approccio
psicologico che, spiega Paolo Pellegrino , docente di psicologia sociale del Campus Bio-Medico, «adegua
maggiormente al trattamento terapeutico, nella misura in cui per esempio il paziente si sente ascoltato,
compreso nelle sue necessità». Il medico deve quindi sviluppare la dimensione empatica, deve cioè saper
«tenere conto che i pazienti che abbiamo davanti sono persone, dunque non solo hanno un problema
organico ma hanno anche un loro vissuto psicologico. La persona, il malato, quanto più si sente ascoltato
tanto più è disposto a raccontare di sé. La dimensione dell'ascolto significa saper cogliere anche i particolari
più significativi che tra l'altro potrebbero anche migliorare il processo diagnostico. A volte nella fretta, nel non
ascolto, si può perdere un dato importante di tipo familiare o sociale nel quale la persona si muove». a
formazione, dunque, è sempre più necessaria, come sostengono del resto anche al Camillianum, l'Istituto
internazionale di teologia pastorale sanitaria, dove si effettuano corsi spirituali e teologici per operatori
sanitari. «L'educazione prettamente tecnologica e anche i sistemi di cura attraverso i protocolli - sottolinea il
preside Massimo Petrini - hanno fatto sì che non si tenga più conto della persona, della sua parte spirituale e
psicologica. Anche il consenso informato molte volte è un foglio di carta sottoposto al paziente all'ultimo
momento, solo perché indispensabile per l'intervento». La filosofia nuova della medicina, continua Petrini, «è
in un certo senso quella dell'hospice. Però occorrerebbe estendere questo percorso di assistenza integrata
totale, in un ambiente per quanto possibile familiare, anche a pazienti con patologie non gravi», lavorando in
un'équipe che includa anche «il cappellano come membro a pieno titolo». E infatti proprio l'aspetto spirituale
ha un ruolo fondamentale non solo nella cura del paziente ma anche nell'assistenza e nella formazione degli
stessi medici. Come sa bene don Angelo Auletta , assistente spirituale dell'Università Cattolica di Roma, che
alla formazione degli operatori sanitari dedica ogni anno il programma pastorale, sempre fitto di incontri e
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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Il bravo medico? Anzitutto una persona di valore
07/02/2013
Avvenire - Ed. nazionale - vita
Pag. 2
(diffusione:105812, tiratura:151233)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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momenti di preghiera. «Per accompagnare una persona malata e i suoi familiari nel percorso di cura, la
preparazione non può mancare - spiega il sacerdote -. Occorre mettersi al servizio del malato, stargli
accanto, ma sempre con responsabilità e un senso alto dei valori della persona».
07/02/2013
Avvenire - Ed. nazionale - vita
Pag. 2
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Legge 40, i bersagli sono vita e famiglia
Chi chiede di rifare la norma sulla procreazione artificiale in realtà vuole scardinare la coppia naturale e
scartare gli embrioni «malriusciti»
hiunque andrà a governare dopo le elezioni troverà alcune questioni aperte sulla legge 40, che regola la
procreazione assistita. Il prossimo ministro della Salute dovrà emanare le linee guida che, per la verità, erano
già state elaborate dal sottosegretario Eugenia Roccella e sottoposte all'esame del Consiglio Superiore di
Sanità (Css), quando l'improvvisa caduta del governo Berlusconi ne ha fermato l'iter. Nonostante
l'approvazione da parte del Css, il ministro Balduzzi non le ha mai firmate, lasciando che sia il prossimo
governo a occuparsene. Il testo già pronto, oltre a dare strumenti per monitorare e arginare l'eccessivo
ricorso al congelamento degli embrioni, pone un criterio ben preciso IC sugli eventuali esami a cui questi
possono essere sottoposti: sono lecite le indagini che hanno come finalità la tutela della salute e dello
sviluppo di ciascun embrione. Di conseguenza sono escluse quelle come la diagnosi preimpianto che, con
l'analisi del dna, va a selezionare gli embrioni malati per scartarli, e trasferire in utero solo i sani. l prossimo
ministro dovrà quindi innanzitutto misurarsi con questo provvedimento e decidere se mantenere
l'orientamento contenuto nel testo già predisposto o se cambiare direzione, e introdurre per la prima volta nel
nostro ordinamento disposizioni di stampo eugenetico. Stiamo poi aspettando la risposta della Grande
Chambre della Corte europea per i diritti umani al ricorso del governo italiano nei confronti di un suo
pronunciamento in prima istanza, sempre contro la legge 40, che mira a eliminare proprio il divieto della
diagnosi preimpianto, e vorrebbe ammettere alle tecniche in vitro non solo le coppie sterili e/o infertili - come
stabilisce la legge - ma anche quelle portatrici di malattie genetiche. Se poi la Corte Costituzionale dovesse
ridiscutere anche il divieto alla fecondazione eterologa - a scanso di equivoci, è bene ricordare che la Corte
dei diritti umani lo considera legittimo nei singoli Stati europei - e la ammettesse il nostro Parlamento si
troverebbe di fronte a un vuoto legislativo che dovrebbe colmare legiferando. La regolamentazione della
fecondazione assistita non è estranea ai grandi rivolgimenti sulla famiglia che stanno investendo l'Europa: il
riconoscimento delle unioni omosessuali implica necessariamente la possibilità di considerare due uomini o
due donne come genitori legittimi, al pari di una coppia naturale uomo/donna, e quindi ammettere il «diritto al
figlio» che, per due omosessuali, significa avere accesso alla fecondazione eterologa - quella che compra e
vende gameti - e all'utero in affitto. Consentire o meno l'eterologa e l'anonimato di chi vende i propri gameti le due questioni sono strettamente collegate - significa avere in mente un modello di famiglia differente da
quella naturale (così come previsto dalla nostra Costituzione), in cui il dato biologico non ha un peso
rilevante, ma conta la volontà di due persone affettivamente legate che, per fingere di avere un figlio proprio,
sono disposte a cancellare uno dei due suoi genitori biologici, riducendolo a un fornitore di gameti. llo stesso
tempo, permettendo che la fecondazione assistita serva per selezionare embrioni sani e scartare quelli
portatori di malattie genetiche, si ammette che esistono vite di serie A e di serie B. E considerando i
velocissimi sviluppi della medicina predittiva, in grado di individuare un numero sempre maggiore di anomalie
genetiche, una volta ammessa la possibilità di scegliere chi far nascere, chi e come deciderà quali patologie
sono abbastanza gravi e quali sopportabili? Nella nuova arena della tecnoscienza, di chi sarà il pollice verso?
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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LA FRONTIERA
07/02/2013
Il Gazzettino - Ed. nazionale
Pag. 14
(diffusione:86966, tiratura:114104)
Daniela Boresi
Infermieri "modello Usa", super specializzati e con maggiori compiti. Nasce dal Veneto, frutto di oltre un anno
di lavoro di un tavolo tecnico coordinato dal Veneto (nella figura del direttore generale della sanità Domenico
Mantoan), la rivoluzione dell'altra metà della corsia. Novità approvata ieri a Roma e che oggi verrà sottoposta
all'attenzione della Conferenza Stato-Regioni. Ed è una rivoluzione sostanziale: di fatto tutto quello che non è
atto medico, potrà essere fatto dagli infermieri che verranno opportunamente preparati e che (una volta
partito il meccanismo) potranno anche godere di incentivi economici. Si tratta di fatto di un passo in più verso
l'Europa. É pur vero che già negli ultimi anni la figura degli infermieri - circa 33 mila in Veneto, attorno ai
10mila in Friuli V. Giulia su una cifra vicina ai 400mila in Italia - è sostanzialmente cambiata, anche se molto
si è concentrati quasi esclusivamente nella parte formativa. A differenza di un non lontanissimo passato, oggi
sono laureati e hanno sempre più competenze, rappresentano un punto cardine del sistema sanitario
ospedaliero e sempre di più anche di quello territoriale. Ma sono ancora lontani dal ruolo che ormai da tempo
hanno i colleghi d'Oltreoceano ad esempio, o se vogliamo guardare più vicino, gli omologhi di alcuni Paesi
europei. Che fosse arrivato il momento di cambiare il sistema erano le stesse organizzazioni di categoria a
dirlo. L'accordo "made in Veneto" rivoluziona la professione, ma parte da un concetto diverso: il primo passo
del percorso intrapreso dal tavolo tecnico è stato quello di chiedere all'Istituto Superiore di Sanità di stabilire
"cosa sia atto medico" (di fatto l'effettuare la diagnosi e indicare la successiva terapia). E tutto quello che non
è "atto medico", e che quindi può non essere esclusivo dei "camici bianchi", verrà affidato agli infermieri.
Toccherà poi alle singole Regioni implementare le competenze di queste figure sanitarie e, sulla base di una
specifica intesa con le rappresentanze sindacali e professionali e in collaborazione con l'Università, definire i
criteri per riconoscere le specifiche esperienze e i percorsi formativi che dovranno essere attivati in ambito
regionale. Ma ancora non è finita. Successivamente saranno i ministeri dell'Università e della Salute, sempre
in accordo con le Regioni, emanare le linee per la formazione dell'infermiere specialista. Le aree di
"specialità" su cui verranno formati gli infermieri saranno: i servizi territoriali o distrettuali; l'area intensiva e
dell'emergenza-urgenza e quelle medica, chirurgica, la neonatologia e la pediatria e il grande settore della
salute mentale e delle dipendenze. Ma cosa potrà fare l'infermiere "con il Master"? Ad esempio ecografie,
esami strumentali e indagini il cui referto dovrà essere consegnato al medico al quale (esclusivamente)
spetterà l'obbligo della diagnosi e la definizione del successivo percorso terapeutico. Un'alleanza tra figure
sanitarie che dovrebbe portare ad una miglior organizzazione dei reparti, oltre che a una valorizzazione dei
ruoli. Oggi il documento andrà ai presidenti delle Regioni e sarà oggetto della Conferenza Stato-Regioni.
Sempre in sede di Commissione romana ieri sono "passate" le linee guida per i nuovi concorsi per i primari. Il
Ministero dovrà tenere l'Albo degli apicali da cui scegliere le commissioni, a ogni Regione spetterà poi
stabilire quanto pesano curriculum e colloquio. L'orientamento del Veneto è quello di far pesare la carriera
per il 70 per cento e per il 30 il colloquio con la commissione. © riproduzione riservata
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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In corsia i super-infermieri
07/02/2013
Il Salvagente - N.6 - 7 febbraio 2013
Pag. 30
(diffusione:49000, tiratura:70000)
Sparisce il BISFENOLO A ,ma al suo posto arriva il BpS (e fa ancora più
paura)
Il sostituto del BpA utilizzato da poco è accusato da una ricerca texana di alterare il metabolis mo ormonale
Lorenzo Misuraca
Tutte le volte che, in un negozio o al supermercato, ci si imbatte in un prodotto etichettato come "senza" o
meglio "free" da qualche sostanza, ci si sente più tranquilli. Vuol dire che stiamo acquistando qual cosa privo
di un ingrediente o una materia ritenuti nocivi. Analogamente, sono tanti i prodotti in pla sti c a , come
bicchieri, piatti, posate, che riportano l'etichetta B p A free , che significa "non contiene Bisfenolo A", sostanza
nociva. Questo, però, secondo una recente ricerca statunitense potrebbe non bastare più . Solo lo scorso
ottobre la Francia ha bandito, a partire dal 2015, tutti gli imballaggi contenenti BpA per cibi e bevande (dal
2013 quelli destinati ai bambini fino a 3 anni). Il Bisfenolo A, infatti, è fortemente sospettato di avere effetti
nocivi sullo svil u ppo ses s u ale dei feti e sulla fertilità maschile. A seguito della decisione del governo
francese, diversi Stati membri della Ue hanno preso decisioni simili. Ma non l'Italia. In ogni caso molti
produttori sono corsi ai ripari cercando una sostanza alternativa al BpA. Gran parte dell'industria l'ha trovata
nel B isfenolo S , una variante della sostanza vietata. Purtroppo, però, questo non basta a far stare tranquilli i
consumatori. A dichiararlo sono i ricercatori dell' U niver sit à di G alveston , nel Texas, che hanno
recentemente pubblicato uno studio sulla rivista specializzata E nviron m ental Health Perspe c tives .
Secondo questa ricerca, che ha esposto a basse concentrazioni di BpS colture cellulari di ipofisi di topo, il
composto è in grado di distruggere il m eta b olis m o ormonale. Anche a dosi inferiori a quelle considerate
pericolose per il bandito BpA, e in quantità paragonabili a quelle presenti negli imballaggi di plastica in
commercio. Secondo i ricercatori, infatti, per l'alterazione delle vie metaboliche legate alla risposta degli
estrogeni, il meccanismo di proliferazione cellulare perde il controllo, parte delle cellule stesse muoiono e si
produce un'anomalia nel rilascio della prolattina . Ovvero, dell'ormone da cui dipendono nelle donne la
produzione di latte e negli uomini la regolazione del livello di testosterone, legato al desiderio sessuale. Gli
stessi autori dello studio avvertono che servono ulteriori ricerche per accertare che la dannosità riscontrata in
laboratorio sui topi sia effettiva per gli esseri umani, anche perché un recente studio ha rilevato tra cc e di
BpS in c a m pioni d i u rina umana prelevati negli Usa, in Cina, Giappone e in altri cinque paesi asiatici. Se
gli studi dell'Università del Texas fossero confermati, ci troveremmo davanti al paradosso di prodotti
etichettati "BpA free", che in realtà contengono una sostanza tossica molto simile a quella scartata. A
differenza del BpA, inoltre, il BpS non è indicato nelle etichette. Dunque è difficile evitarlo. C'è da chiedersi
come reagiranno le istituzioni italiane alla notizia, se prenderanno provvedimenti o meno. Di certo non fa ben
sperare la pigrizia normativa registrata nei confronti del Bisfenolo A. A parte alcuni limiti alla presenza nei
prodotti, nel nostro paese il BpA è vietato solo nei b i b eron . Peraltro dopo la decisione dell'Unione europea
del novembre 2010. Dice A lessan d ro M osta cc io , responsabile del Settore alimentare per il M ovi m ento
c ons um ato ri : "Trovo incredibile che a due anni dal decreto del governo che vietava i biberon con il BpA, e
dopo questa notizia sul Bisfenolo S, sul sito del ministero della Salute non ci sia nemmeno un accenno alla
questione. Mi sembra chiaro che dopo tutti questi studi, per precauzione, gli i mb allaggi ali m entari
contenenti entrambi i tipi di bisfenolo debbano essere vietati. Poi ci pensino le industrie a commissionare altri
studi per dimostrare il contrario. Solleveremo la questione bisfenolo presso la C ons u lta dei consumatori e
dei produttori in materia di sicurezza alimentare, recentemente istituita dal ministero della Salute".
I due composti Bisfenolo A È un com p osto organico molto utilizzato nel mondo p er la sintesi di p lastiche e
additivi p lastici. S in dagli anni 3 0 è sos p ettato di essere dannoso p er la salute umana. N ell'ultimo
decennio molti governi hanno commissionato studi sulla sicurezza che hanno dato esiti allarmanti. I l BpA è
sos p ettato di essere connesso a nume rose malattie dello svilu pp o sessuale maschile nel feto, e nel calo di
fertilit à nell'uomo adulto. D al 2011 nell' U nione euro p ea è vietata la p roduzione e la commercializzazione
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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LA SOSTANZA SOSPETTA È COMUNE NELLE PLASTICHE E NEGLI IMBALLAGGI
07/02/2013
Il Salvagente - N.6 - 7 febbraio 2013
Pag. 30
(diffusione:49000, tiratura:70000)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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di biberon contenenti BpA . N el l'ottobre 2012 la F rancia ha vietato la commercializzazio ne di q ualsiasi
imballaggio alimentare contenente BpA . I n I talia sono in vigore solo delle soglie limite di utilizzo. Bisfenolo S
È il com p osto organico utilizzato dall'industria a p artire dalla messa al bando in molti S tati del BpA , di cui è
una va riante. A nche il BpS viene usato come agente p lastificante p er p rodotti q uali p iatti e bottiglie di p
lastica. A lcuni recenti studi, tra cui q uello dell' U niversit à di G alveston, nel T e x as, sono arrivati alla
conclusione che il B isfenolo S p otrebbe essere dannoso p erch é in grado di distruggere il meta bolismo
ormonale. I n p articolare altererebbe la p roduzione di p rolattina, ormone indis p ensabile p er la p roduzione
di latte mater no e p er la regolazione del testosterone nell'uomo. DALLA PADELLA ALLA BRACE?
07/02/2013
Il Salvagente - N.6 - 7 febbraio 2013
Pag. 33
(diffusione:49000, tiratura:70000)
Nuove pillole, l'Ema indaga sulla sicurezza
Monica Timba
Le pillole anticoncezionali di terza e quarta generazione sono sorvegliate speciali. L'Agenzia europea dei
medicinali (Ema) ha avviato una revisione su questi farmaci per far luce sulla loro eventuale pericolosità.
L'allerta è partita dalla Francia dove si sono verificati alcuni casi di trombosi e ictus che potrebbero essere
associati all'uso di questi contraccettivi. Così il ministero della Salute francese ha raccomandato alle donne di
usare cautela per queste pillole che andrebbero prescritte solo dopo un'accurata visita della donna e dopo
che è stata esclusa la presenza di fattori di rischio di trombosi. Il Comitato di valutazione dei rischi per la
farmacovigilanza (Prac) dell'Ema valuterà se le informazioni attualmente disponibili sui prodotti forniscano la
migliore conoscenza possibile per consentire a pazienti e medici di assumere decisioni sanitarie appropriate.
Intanto, però, l'Ema ha rassicurato le donne, invitandole a non sospendere l'assunzione del contraccettivo e,
in casi di dubbio o paure, di rivolgersi al proprio ginecologo. Il 99,95% delle donne che le utilizza, spiegano gli
esperti europei, non presenta effetti collaterali rilevanti nell'arco del primo anno. E la protezione dalle
gravidanze indesiderate è totale. In ogni caso in Francia è già stato deciso che da marzo non verranno più
rimborsate le pillole di terza e quarta generazione, invitando i medici a prescrivere quelle, un po' più
antiquate, di seconda.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/02/2013
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L' ALLARME PARTITO DALLA FRANCIA
07/02/2013
Panorama - N.8 - 13 febbraio 2013
Pag. 76
(diffusione:446553, tiratura:561533)
Lucia Aleotti (Menarini) con il fratello ha investito 170 milioni nell'istituto. E non se ne è pentita. «Avanti anche
con nuovi soci» dice. «Ma oltre al credito, in Toscana serve anche un aeroporto».
Martino Cavalli
Meno di un anno fa assieme al fratello Alberto Giovanni ha preso la decisione di investire 170 milioni di euro
per acquistare il 4 per cento del Monte dei Paschi di Siena, a circa 0,37 euro per azione. Così i rappresentanti
della nuova generazione della famiglia Aleotti (farmaceutici Menarini) sono diventati il secondo azionista
dell'istituto senese, subito dopo la fondazione, e Alberto Giovanni è entrato nel consiglio di amministrazione.
Oggi però quell'azione vale 0,22 euro, il che significa che circa 70 milioni si sono vaporizzati. Ma Lucia Aleotti
non si perde d'animo, anche perché a dire il vero l'estate scorsa, nel cuore della tempesta dello spread che
stava travolgendo l'Italia, il titolo aveva fatto anche di peggio, scendendo fino a quota 0,16 euro. Per fortuna
che il gruppo Menarini, multinazionale da oltre 3 miliardi di fatturato, produce anche farmaci per malattie
cardiovascolari, perché evidentemente tenere il titolo Mps in portafoglio non è affare per cuori deboli. Signora
Aleotti, non si può dire che puntando su Siena abbiate fatto un buon affare, almeno per adesso... I valori di
carico si valutano se si decide di vendere. Sono valori teorici che adesso non ci preoccupano. Noi siamo
entrati nell'Mps in un'ottica di lungo termine ed è nel lungo termine che valuteremo l'investimento. Se la
fondazione scende dall'attuale 37,5 per cento, magari in modo consistente, rischiate di non essere più il
primo socio privato, visto che nel frattempo dovrebbe saltare anche il tetto del 4 per cento per ogni singolo
azionista. Levare il tetto mi sembra ragionevole. E l'eventuale dismissione di una quota della fondazione? A
parte il fatto che è difficile dire adesso che cosa farà la fondazione, per noi la cosa importante è come si
lavora. E basta. E come si deve lavorare? In modo trasparente e con una gestione focalizzata sul fare banca,
riportando al centro le famiglie e le imprese. È quello che si sta facendo? Abbiamo investito nel Monte dei
Paschi praticamente in contemporanea con l'arrivo del nuovo presidente Alessandro Profumo, mentre
Fabrizio Viola, all'epoca direttore generale, è poi diventato amministratore delegato. Condividiamo
pienamente il loro operato. Quando siete entrati nel capitale, la fondazione ha sottolineato con soddisfazione
che siete toscani (sorvolando sul fatto che i fiorentini a Siena sono cordialmente detestati). Ma sarà difficile
trovare in Toscana altri soci pronti a mettere sul piatto cifre a otto zeri. Insomma, nuovi azionisti potrebbero
allontanare irrimediabilmente la banca dal territorio. Per quanto riguarda l'area senese, non c'è dubbio che
alcune attività potrebbero risentirne. Ma non bisogna neanche esagerare, non tutto gira intorno al Monte e
comunque non mi pare che possiamo porre un problema di provenienza geografica di eventuali nuovi
azionisti. Quello che conta è la volontà della banca. Però la Fondiaria, un'istituzione per Firenze, è appena
stata cancellata dal panorama assicurativo dalla bolognese Unipol. L'ex impero del rame della famiglia
Orlando è diventato Intek e ha spostato la sede legale a Milano. La Richard Ginori è fallita il mese scorso.
Vuole sostenere che nessuno teme che l'Mps perda il suo occhio di riguardo per l'economia toscana? Gli
effetti della crisi si sentono e qualche azienda purtroppo non ce la fa, ma non più che in altre parti del Paese.
Per quanto riguarda il nostro settore, la Lilly ( affiliata alla multinazionale americana Eli Lilly, ndr) a Sesto
fiorentino ha un centro mondiale per le insuline biotech, mentre la Novartis ( il gruppo svizzero è la seconda
multinazionale farmaceutica del mondo, ndr) a Siena ha una struttura di livello mondiale per i vaccini. Si parla
molto di moda, lusso, vino, ma in questo settore la Toscana è la terza regione d'Italia con 7 mila addetti dei
quali 1.200 nel gruppo Menarini, che a livello internazionale ne conta 16 mila. I problemi sono altri... Quali? È
importante riuscire a tenere il radicamento delle imprese che ci sono ed è altrettanto importante attrarne di
nuove. Ma tutto diventa più difficile a fronte del vero handicap strategico grave che pesa sulla regione,
isolandola sempre più. A che cosa si riferisce? Agli aeroporti. Il piano che è appena stato presentato dal
governo non ha inserito neanche uno scalo toscano nella prima categoria. Il campanilismo tra Pisa e Firenze
alla fine ha avuto l'effetto di nuocere a tutti. Non è per niente facile gestire una struttura multinazionale se, per
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Abbiamo una banca e ce la teniamo
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Panorama - N.8 - 13 febbraio 2013
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andare non dico in Cina ma anche solo in un paese europeo, devo prendere due voli, con il risultato che non
riesco a rientrare in giornata. Tempo e denaro che se ne vanno; e, questo sì, il rischio concreto di finire ai
margini dei mercati.
Foto: Lucia Aleotti è alla guida del gruppo farmaceutico Menarini assieme al fratello: sono i secondi azionisti
del Monte dei Paschi. A destra, il presidente dell'Mps, Alessandro Profumo.