Utilizzi della carta - Rosso

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Utilizzi della carta - Rosso
8° Corso di Tecnologia per Tecnici Cartari
edizione 2000/2001
Colorimetria tristimolo e
misurazione strumentale
del colore della carta
di Rosso Gabriele
Scuola Interregionale di Tecnologia per Tecnici Cartari
Via Don G. Minzoni, 50 - 37138 Verona
Indice
1- Premessa
2- Colorimetria
2.1 - Introduzione: il colore della carta
2.2 - La luce
2.3 - Emissione e riflessione
2.4 - Influenza delle sorgenti luminose
2.5 - Il corpo nero
2.5.1 - Sorgenti planckiane e non planckiane - temperatura colore
2.6 - Illuminanti C.I.E.
2.6.1 - Illuminante A
2.6.2 - Illuminante B
2.6.3 - Illuminante C
2.6.4 - Illuminante D6500
2.6.5 - Illuminante E
2.7 - L’occhio umano
2.7.1 - I bastoncelli
2.7.2 - I coni
2.7.3 - Anomalie della visione
2.7.4 - La memoria di colore
3- Misurazione strumentale del colore
3.1 - Gli attributi del colore
3.2 - Specificazione del colore mediante numeri. Sistema C.I.E.
3.2.1 - Colorimetro sperimentale
3.2.2 - L’osservatore normale 2° C.I.E. 1931
3.2.3 - Esperienze di Wright e Guild
3.2.4 - Le funzioni di imitazione del colore secondo Wright e Guild
3.2.5 - Sistema C.I.E. 1931: funzioni di imitazione del colore x,y,z,
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta
e valori di tristimolo X,Y,Z
3.2.6 - Osservatore normale 10° C.I.E. 1964
3.2.7 - Valori di tristimolo mediante calcolo
3.2.8 - Coordinate di cromaticità
3.2.9 - Diagramma di cromaticità
3.2.9.1 - Lunghezzza d’onda dominante
3.2.9.2 - Saturazione o purezza di eccitazione
3.2.9.3 - Lunghezza d’onda complementare
3.2.9.4 - Definizione del colore mediante X,Y,Z
3.2.9.5 - Definizione del colore mediante x, y,Y
3.3 - Sistemi colorimetrici diversi dal C.I.E. 1931
3.3.1 - Limiti del sistema C.I.E. 1931
3.3.2 - Sistema colorimetrico CIELAB ( C.I.E. 1976 –L* a* b*)
3.4 - Lo spettrofotometro
4 - Conclusioni
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta
1. Premessa
Nella trattazione che andrò a sviluppare, parlerò di argomenti tutti
facenti capo ad alcune semplici domande sortemi nella mia (seppur breve)
vita lavorativa in cartiera. Seguendo le varie operazioni compiute per il controllo del colore della carta, mi sono trovato davanti a numeri e sigle dei
quali non conoscevo assolutamente il significato, ma col proseguire del
corso da me frequentato, sono venuto a conoscenza dell’argomento in
modo generale, sufficiente ad aumentare la curiosità verso tale argomento.
Cosa significano tali sigle e numeri? come si ottengono? e quali utilità
hanno nel nostro campo?
Nel cercare le risposte a queste domande, mi sono trovato ad addentrarmi in argomenti estremamente complessi quanto interessanti e da qui
è nata l’idea di approfondirli nella relazione di fine anno del corso di tecnologia per cartari.
La relazione tratterà, si spera in modo sufficentemente esauriente, di
colorimetria tristimolo per passare poi alla misurazione strumentale del
colore; in particolare tratterà il sistema CIE 1931 comprendente il diagramma di cromaticità sempre presente in cartiera, nonostante le varie evoluzioni dello spazio colore, per terminare con il sistema colorimetrico CIELAB (CIE 1976 – L*-a*-b*) e una breve descrizione dello spettrofotometro:
lo strumento usato per compiere tutte le operazioni che verranno descritte nel corso della relazione.
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2. Colorimetria
2.1 Introduzione
La percezione del colore è un fenomeno alquanto complesso, che coinvolge la fisica, la fisiologia e la psicologia.
La fisica studia il fenomeno colore come interazione tra la radiazione
che penetra nell’occhio e gli elementi fotosensibili colpiti, interazione che
provoca uno stimolo, la fisiologia studia il meccanismo di trasmissione
dello stimolo ad un particolare centro nervoso, mentre la psicologia si
occupa della necessaria elaborazione di questo stimolo per la formulazione
di un giudizio, che esprima mediante parole, la sensazione provata.
La valutazione del colore ormai investe molte attività industriali, dal
campo tessile, a quello delle vernici, dei materiali plastici, dell’arredamento, dei cosmetici, delle arti grafiche e della carta, sia essa colorata che bianca.
L’analisi di colore di una carta, ha lo scopo di esprimere in termini
quantitativi i parametri che ne definiscono il colore. Conviene subito dire
che il colore è una proprietà generale di tutte le carte e non soltanto delle
carte colorate in senso proprio. Dal punto di vista fisico, anche il bianco è
un colore, tanto più che le carte bianche non hanno quasi mai una tinta
neutra, ma possiedono una sfumatura (o fiamma) chiaramente riconoscibile, nella maggior parte dei casi azzurra ed in minor quantità avoriata.
2.2 La luce
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Per iniziare in modo adeguato questa prima parte della relazione, dove
tratteremo la colorimetria, è necessario parlare della luce, perché in assenza di luce non è possibile la visione e quindi non esiste nessuna percezione
di colore.
La natura della luce è tale per cui non è facile farsene un’idea precisa;
in alcuni esperimenti essa si comporta come un flusso di particelle che si
muovono alla velocità di 300.000 km/s (teoria corpuscolare); in altri si
comporta come un sistema ondulatorio, costituito da onde elettromagnetiche che partono da una sorgente e viaggiano alla stessa velocità sopracitata
(teoria ondulatoria).
Per cio che riguarda la misura del colore si trascura l’aspetto corpuscolare, è infatti sufficiente considerare la luce come un fenomeno andulatorio. Ogni fenomeno ondulatorio è caratterizzato dalle seguenti grandezze: la frequenza, il periodo, la lunghezza d’onda.
La frequenza: generalmente indicata con ν rappresenta il numero di
vibrazioni o di cicli compiuti in un secondo.
Il periodo: si indica con T, rappresenta il tempo impiegato per compiere una vibrazione completa.
La lunghezza d’onda: si indica con λ (lambda) rappresenta la distanza
tra due situazioni identiche successive.
Tali grandezze sono legate tra loro dalla relazione seguente:
c = λ x ν = lunghezza x frequenza, dove “ c “ è la velocità della luce
espressa in m/s da cui avremo che λ = νe .
La lunghezza d’onda va da grandezze inferiori al nanometro (nano-9
metro = nm = 10 metro = 0,000000001m) a grandezze superiori al chilometro (onde radio lunghe).
In fig. 2.2 è rappresentato lo spettro generale delle radiazioni elettromagnetiche.
Si definisce luce una radiazione elettromagnetica la cui lunghezza
d’onda varia tra 380nm e 770nm, che ha la capacità di suscitare al nostro
occhio l’effetto di brillanza. Da questa prima definizione, si intuisce quindi
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che la grandezza fondamentale dell’onda elettromagnetica è la lunghezza
λ. Diverse λ generano infatti diversi stimoli colorati. Si parla di stimoli, poiché come vedremo più avanti la sensazione luminosa avviene soltanto a
livello cerebrale.
Presentiamo qui a seguire l’insieme delle lunghezze d’onda nel campo
del visibile che vengono così presentate:
Come si nota dalla figura 2.3 lo spettro visibile si considera esteso da
380 a 770nm, ma in realtà la sensibilità media dell’occhio è molto limitata
(praticamente nulla) da 380 a 400nm e da 700 a 770nm, per cui in pratica
quando si parla di spettro visibile si intende la zona limitata tra 400 e
700nm.
Nel terminare questo primo paragrafo relativo alla luce, è importante
dare ancora alcune definizioni.
Si definisce luce monocromatica quella costituita da radiazioni aventi
tutte la stessa lunghezza d’onda λ, quindi la stessa frequenza ν. Nella seconda immagine troviamo la luce policromatica quella costituita da radiazioni
aventi lunghezze d’onda λ diverse e quindi frequenze ν diverse.
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La luce bianca è la luce policromatica per eccellenza, essendo composta da tutte le λ dello spettro. Con il prisma ottico, infatti, una luce bianca
può essere scomposta nelle sue componenti primarie, per esempio la luce
bianca del sole può essere dispersa in uno spettro costituito dai colori dell’iride. Infatti il prisma separa l’una dall’altra le radiazioni elettromagnetiche che compongono la frazione visibile dell’irradiazionie solare. (Come
detto in precedenza quelle aventi lunghezza d’onda compreso tra 380 e 770
nanometri), mentre le radiazioni monocromatiche aventi lunghezza d’onda minore di 380nm (raggi ultravioletti) e maggiore di 770nm (raggi infrarossi) non sono percepite dall’occhio.
Detto cio, è importante ribadire che il colore non è insito nelle radiazioni visibili, che dal punto di vista fisico sono energia elettromagnetica;
esso è una sensazione che prova il nostro cervello e che è causata da uno
stimolo proveniente dall’occhio, quando questo percepisce la luce.
Tuttavia, per semplicità, parlerò spesso di luci colorate o di superfici colorate, pur sapendo che le espressioni usate sono imprecise.
2.3 Riflessione ed emissione
Gli oggetti si rendono visibili attraverso l’energia luminosa che irragiano (se sono sorgenti), che riflettono (se sono opachi), o che trasmettono
(se sono trasparenti) verso i nostri occhi.
La maggior parte dei corpi, quando è illuminata dalla luce assorbe
selettivamente una parte delle radiazioni che riceve e riflette (o trasmette)
le altre; la miscela delle radiazioni riflesse (o trasmesse) produce nell’occhio una sensazione colorata unica, che dipende dalla composizione di tale
luce. Pertanto un colore può essere descritto da una curva che prende il
nome di curva spettrofotometrica, il grafico che ne deriva (spettro di emissione o riflessione), indica quali lunghezze d’onda vengono emesse da una
sorgente o riflesse (o trasmesse) da un corpo e con quale intensità (o percentuale) avviene il fenomeno.
Detto ciò, si può intuire che la sensazione di colore è la risultante di
due interazioni: la prima delle quali si manifesta tra le radiazioni visibili che
illuminano l’oggetto e la superficie dell’oggetto stesso; mentre la seconda
si manifesta tra le radiazioni riflesse dall’oggetto colorato e l’osservatore
che percepisce la sensazione, la elabora a livello cerebrale e la esprime
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mediante un giudizio (processo psicofisico).
Per valutare o definire il colore di un oggetto, sono indispensabili:
- l’oggetto colorato;
- una sorgente di luce visibile che lo illumini (illuminante);
- un osservatore (uomo o strumento) che esamini l’oggetto illuminato.
Nelle figure a seguire, vengono rappresentate come esempio, alcune
curve di riflessione di alcuni colori (bianco, nero, grigio, giallo, blu e
rosso).
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Notare la costanza della % di luce riflessa su tutte le lunghezze d’onda.
Notare la bassissima % di luce riflessa su tutte le lunghezze d’onda, il
nero perfetto non dovrebbe riflettere nulla.
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Possono esserci moltissimi grigi, a seconda della % di luce riflessa sarà
un grigio più chiaro (% di luce riflessa alta) o un grigio più scuro (% di
luce riflessa bassa. Si noti come nella riflessione dei grigi la % di luce riflessa è uguale o quasi per tutte le λ dello spettro.
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Notare l’alta % di luce riflessa nella zona tra 550 e 700nm (zona gialloarancio).
In questo caso la maggior riflessione di luce la si ha nel campo dei
450nm, zona del blu.
In questo caso la maggior quantità di luce riflessa la si ha a 700nm e
più, zona del rosso.
Per quanto riguarda l’oggetto è sufficiente precisare che esso può essere di forma e dimensioni qualsiasi e che l’ambiente in cui si trova, la forma
e la struttura della sua superficie influenzano la valutazione del colore.
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2.4 Influenza delle sorgenti luminose
Per dimostrare l’influenza dell’illuminante sul colore di un oggetto, si
effettui la seguente esperienza: sia I l’illuminante, S la superficie colorata e
O l’osservatore (normale).
Se la superficie è bianca, ed è illuminata con luce bianca, all’osservatore O apparirà bianca, se è illuminata con luce verde, apparirà verde, se è
illuminata con luce rossa, apparirà rossa.
L’esperienza dimostra che la superficie, pur rimanendo sempre la stessa, assume colori diversi a seconda dell’illuminante.
Si ripeta l’esperienza con una superficie non più bianca, ma di colore
qualsiasi, per esempio verde.
Se la superficie è verde ed è illuminata con luce bianca, all’osservatore
O apparirà verde, se illuminata con luce rossa, apparirà quasi nera, se illuminata con luce blu, apparirà blu-verde, e così via.
Queste esperienze dimostrano che il colore di una superficie dipende
anche dalla composizione spettrale della luce che la illumina, per cui quando si desidera definire o misurare un colore, è indispensabile precisare il
tipo di illuminante.
Prima di illustrare le caratteristiche degli illuminanti normalmente
impiegati in colorimetria, è opportuno ricordare alcune nozioni relative al
corpo nero e definire il concetto di temperatura di colore.
2.5 Il corpo nero
Si definisce corpo nero, un corpo capace di assorbire completamente
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tutte le radiazioni che riceve.
In realtà, un corpo che abbia tale proprietà, non esiste: si può realizzare un’approssimazione del corpo nero praticando una piccola apertura in
una grande cavità e mantenendo le sue pareti a temperatura uniforme.
Una cavità avente le pareti annerite con nerofumo e nella quale sia praticato il Foro F (Fig. 2.13), si può considerare una buona approssimazione
del corpo nero.
Se si scalda uniformemente la cavità a temperatura crescente da 20 a
5000°C e oltre e si osserva il Foro F, si nota che a una certa temperatura
comincia a fuoriuscire dalle cavità una luce di colore rosso e che al crescere della temperatura, la radiazione emessa diventa sempre più bianca e
sempre più intensa.
E’ la legge di Planck che dimostra che per il corpo nero, quando si specifica la temperatura di emissione, si precisa in maniera univoca anche il
colore della radiazione emessa e viceversa.
2.5.1 Sorgenti planckiane e non planckiane – temperatura di colore
Le sorgenti o gli illuminanti, che emettono secondo la legge di Planck,
sono detti di tipo planckiano. Si definisce temperatura di colore di queste
sorgenti, quella temperatura alla quale bisogna mantenere il corpo nero
per ottenere un’emissione avente lo stesso colore.
Esistono anche sorgenti che emettono in maniera diversa dal corpo
nero e queste sono chiamate sorgenti non planckiane.
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Si consideri per esempio una sorgente avente la composizione spettrale indicata con M nella figura 2.14, nella quale è riportata anche la composizione spettrale CN del corpo nero alla temperatura T3.
Osservando la figura si vede che nel visibile, da 400 a 700nm, l’emissione delle due sorgenti ha composizione spettrale identica e pertanto un
osservatore normale che esamina le due sorgenti, le giudicherà dello stesso colore.
La temperatura T3, viene assunta come temperatura di colore della sorgente non planckiana M.
Si definisce quindi temperatura di colore di una sorgente o di un illuminante non planckiano, quella temperatura alla quale bisogna mantenere il corpo nero per ottenere un’emissione di colore praticamente uguale.
Si è parlato in precedenza di sorgente o illuminante, tra le due esiste
una leggera quanto sostanziale differenza:
- la sorgente rappresenta una luce reale fisicamente realizzata, che
può essere accesa o spenta e usata nelle esperienze di misura e di imitazione del colore;
- l’illuminante rappresenta una luce avente una composizione spettrale che può essere, oppure no, fisicamente realizzabile.
2.6 Illuminanti cie
Nel 1931, la CIE (Commission Internationale de l’Eclairage) ha definito la composizione spettrale degli illuminanti normalizzati noti come: illuColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
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minante A, illuminante B, illuminante C, illuminante D6500 ed illuminante E.
2.6.1 Illuminante A:
è rappresentata da una lampada a filamento di tungsteno, riempita di
gas, che funziona alla temperatura di colore di 2848°K circa e che nel visibile ha la composizione spettrale indicata nella figura 2.15.
L’illuminante A è di tipo planckiano e la luce è di colore bianco-rosso.
L’illuminante A è fisicamente realizzabile, quindi è una sorgente vera e
propria.
2.6.2 Illuminante B:
è rappresentata da una sorgente luminosa ottenuta filtrando opportunamente la radiazione di un illuminante A.
Il filtro è costituito da 1 cm di soluzione di:
- solfato di rame (CuSO4 x 5H2O) 2,452g
- mannite (C6H8 x (OH) ) 2,452g
- piridina (C5H5N) 30,0ml
- H2O distillata per portare al volume di 1000ml
e da 1cm della soluzione di:
- CoSO4 x (NH4) SO4 x 6H2O
21,71g
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- CuSO4 x 5H2O
16,11g
- H2SO4 (densità = 1,835)
10,0ml
- H2O distillata per portare al volume di
1000ml
La composizione spettrale dell’illuminante B è indicata nella fig. 2.17.
L’illuminante B è di tipo non-planckiano e la sua luce è di colore bianco, leggermente giallo. Anche l’illuminante B è fisicamente realizzabile e
pertanto è una sorgente vera e propria.
La temperatura di colore dell’illuminante B è di 4870°K circa, tale illuminante è rappresentato dalla luce di mezzogiorno.
2.6.3 Illuminante C:
è rappresentato da una sorgente luminosa, ottenuta filtrando la radiazione A con un doppio filtro da 1cm di soluzione di:
- CuSO4 5H2O
3,412g
- mannite (C6H8 (OH)6)
3,412g
- piridina (C5H5N)
30ml
- H2O distillata per portare al volume di 1000ml
e da 1cm di soluzione di:
- CoSO4 (NH4)2 SO4 6H2O 30,580g
- CuSO4 5H2O
22,520g
- H2SO4 (densità = 1,835) 10ml
- H2O distillata per portare al volume di 1000ml
L’illuminante è di tipo non-planckiano e la sua composizione spettrale
è riportata nella figura che segue.
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La sua temperatura di colore è di 6770°K circa e la luce emessa è di
colore bianco-azzurro. Tale illuminante è rappresentativo di una luce
media proveniente dal cielo nuvoloso del nord.
Anche l’illuminante C è fisicamente realizzabile e pertanto è una sorgente vera e propria.
2.6.4 ILLUMINANTE D6500:
Nel 1965 determinata sperimentalmente la composizione spettrale
media della luce diurna e la sua variazione durante la giornata la CIE ha
ritenuto opportuno proporre una serie di illuminanti aventi temperatura
di colore compresa tra 4000 e 25000°K circa. Di questi illuminanti, i tre
caratterizzati dalla temperatura di calore di 5500, 6500, 7500°k, dovrebbero essere idonei anche per l’esame di superfici colorate fluorescenti, perché specialmente nell’ultravioletto da 300 a 400nm, hanno una composizione spettrale simile a quella della luce diurna naturale.
Il più importante dei nuovi illuminanti, migliore anche dell’illuminante C fino ad ora ritenuto rappresentativo della luce diurna, sembra quello
caratterizzato dalla temperatura di colore di 6500°K, normalmente indicato come illuminante D6500.
Nella figura 2.19 sono riportate le composizioni spettrali degli illuminanti D6500,C,A: la differenza principale tra l’illuminante D6500 e l’illuminante C, si nota nella zona ultravioletta da 200 a 400nm.
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2.6.5 Illuminante E (Equal Energy, cioè ad energia costante)
La composizione spettrale di questo illuminante è caratterizzata da
quantità uguali di energia per ogni lunghezza d’onda del visibile ed è illustrata nella figura 2.20
2.7 L’occhio
Fino ad ora abbiamo parlato della luce che illumina l’oggetto, ma ora,
come già accennato in precedenza, serve affrontare il discorso che riguarColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
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da l’osservatore (uomo o strumento) che esamina l’oggetto illuminato.
La visione del colore è un processo estremamente complesso, che avviene in parte nell’occhio e in parte nel cervello. Per capire quindi le teorie
della visione del colore, è necessario studiare la struttura del nostro organo
sensore.
L’occhio è l’organo mediante il quale si percepisce il colore
Dal punto di vista ottico, l’occhio si può considerare una camera oscura di forma sferoidale, munita anteriormente di un diaframma, chiamato
pupilla, attraverso il quale entra la luce.
La parete del bulbo oculare è costituita da tre strati distinti, che sono:
dall’esterno all’interno la sclera (o sclerotica), la coroide e la retina.
- La SCLERA: è la più robusta delle tre membrane, da all’occhio la sua
forma sferoidale. E’ una membrana elastica ricca di fibre connettivali, di
colore bianco opaco, che serve di involucro esterno al globo oculare.
La sclera ha anteriormente una zona perfettamente trasparente con
curvatura molto accentuata (raggio di circa 8mm), chiamata cornea e
posteriormente un foro attraverso il quale passano le fibre del nervo ottico.
- La COROIDE: membrana intermedia che aderisce perfettamente alla
sclera, è ricca di vasi sanguigni e di un pigmento nero-bruno. La funzione
della coroide è quella di assorbire la luce che vi giunge attraverso la retina,
impedendo ogni riflessione o diffusione, che nuocerebbero alla chiarezza
delle immagini. In corrispondenza della cornea, la coroide s’inflette all’interno e forma una specie di diaframma, detto iride, con un foro centrale
circolare, detto pupilla.
- La RETINA: è una membrana sottilissima, ricca di terminazioni nerColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
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vose, ultime diramazioni del nervo ottico. Alla retina è dovuta la funzione
visiva, della quale si parlerà dettagliatamente tra poco.
Nel punto centrale del fondo dell’occhio, posto sull’asse ottico, esiste
una regione di 2-3mm quadrati, di colore giallo, detta macula lutea o macchia gialla.
Nel centro di questa si trova una fossetta di piccole dimensioni, chiamata fovea centrale ed è in questa piccola zona, di circa 0,3mm di diametro, che si centra e si mette a fuoco l’immagine quando si osserva un oggetto.
La cavità interna dell’occhio è divisa in due parti nettamente separate
tra loro dal cristallino, il quale ha la forma di una lente biconvessa. Il cristallino, deformandosi opportunamente in seguito a stimoli inviati dal cervello ai muscoli connessi, focalizza l’immagine di un oggetto nella fovea
centrale.
L’iride, dilatandosi o restringendosi, regola la quantità di luce che
entra nell’occhio: se l’ambiente è troppo luminoso, gli stimoli conseguenti, provocheranno la contrazione della pupilla, se, viceversa, l’ambiente è
poco luminoso, gli stimoli provocheranno la dilatazione della pupilla. Delle
due parti in cui il cristallino divide la cavità dell’occhio, la parte anteriore
contiene l’umor acqueo, la cui funzione è anche quella di mantenere
costante la curvatura della cornea, mentre la parte posteriore, contiene
una sostanza gelatinosa trasparente, l’umor vitreo, la cui funzione è anche
quella di mantenere costante la distanza tra cristallino e retina.
Si esamini ora, in dettaglio la retina che è la parte fotosensibile dell’occhio: essa riveste circa due terzi della superficie interna dell’occhio e il
suo spessore medio è di circa 300 micron.
Al microscopio, risulta costituito da 10 strati dei quali quello che ci interessa maggiormente è quello che contiene le terminazioni del nervo ottico,
sensibili alle radiazioni luminose: i bastoncelli e i coni che hanno il compito di assicurare l’adattamento alle forti differenze d’intensità luminosa dell’ambiente.
Sono state formulate numerose teorie sul funzionamento dell’occhio
nella valutazione del colore, ma fino ad oggi, nessuna è completamente
soddisfacente.
Lo studio di come si vede e si valuta il colore, è oggetto di ricerche continue da parte di fisici, fisiologi e psicologi.
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2.7.1 Bastoncelli:
I bastoncelli così chiamati per la loro forma, sono collegati a gruppi, ad
una particolare struttura nervosa, che trasmette la somma degli stimoli alla
corteccia cerebrale.
A loro spetta la funzione di discriminare le variazioni d’intensità e di
adattarsi alla luce crepuscolare e a quella notturna. Si ritiene che il meccanismo di funzionamento sia il seguente: i bastoncelli contengono un pigmento fotosensibile chiamato rodopsina e quando il fotone luminoso colpisce il bastoncello interagendo con la rodopsina, questa si decompone (si
decolora), provocando uno stimolo nervoso.
Quando la quantità di luce è eccessiva, molta rodopsina si decompone
e conseguentemente si manifesta un fenomeno di cecità, che dura fino a
quando la circolazione sanguigna non ha eliminato i prodotti di decomposizione e ripristinato la concentrazione optimun di rodopsina.
La funzione della pupilla è quella di regolare la quantità di luce, in
maniera tale da evitare stimolazioni eccessive.
E’ interessante notare che il collegamento a gruppi dei bastoncelli permette all’occhio di vedere anche quando la luminosità è limitata: di notte
o quando la luce è molto debole.
I bastoncelli danno una percezione in termini di bianco e nero, una
percezione neutra, o come si definisce in linguaggio colorimetrico, “una
percezione acromatica”.
Il processo di interazione descritto prima, varia con la lunghezza d’onda nel modo che sarà illustrato in seguito.
2.7.2 Coni:
Alla visione dei dettagli e del colore , provvedono i coni, i quali danno
una risposta in funzione di differenze di blu o di giallo e di verde o di rosso
e della luminosità.
Il comportamento dei coni, non è ancora noto in tutti i particolari;
attualmente, si ritiene probabile che nei coni esistano almeno tre pigmenti e si presume che alcuni coni contengano un pigmento sensibile alle λ
corte (435nm: blu) altri contengano, in prevalenza, un pigmento sensibile
alle λ lunghe (671nm: rosso) e altre ancora contengono in prevalenza un
pigmento sensibile alle λ medie (546nm: verde); (la teoria Tristimolo si
basa appunto sulla presenza di questi tre tipi di coni).
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Le diverse lunghezze d’onda, interagendo con queste sostanze, provocano delle trasformazioni, le quali determinano il meccanismo della visione che inizia dalla formazione degli stimoli, si concretizza nella sensazione
di colore e si manifesta mediante l’espressione di un giudizio.
Su questo argomento i problemi da risolvere sono ancora numerosi: è
certo soltanto che ogni cono ha un suo circuito di trasmissione e che l’addensamento dei coni nella fovea, permette la visione nitida dei dettagli.
Le curve della figura 2.22 illustrano le sensibilità spettrali relative dei
bastoncelli e dei coni. La curva dei coni è chiamata curva di luminosità
relativa.
I bastoncelli sono più sensibili dei coni alle λ piccole, mentre i coni
sono più sensibili dei bastoncelli alle λ lunghe.
Il massimo di sensibilità dei bastoncelli è a 500-510nm circa, quello dei
coni è a 555-556nm circa.
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2.7.3 Anomalie della visione
E’ necessario far presente che, come tutti ben sappiamo, esistono molte
anomalie della visione, che possono essere raggruppate in due grandi categorie:
1)quelle dovute al modo di riprodurre l’immagine geometrica;
2)quelle dovute al modo di riprodurre l’immagine colorata;
esistono inoltre molte limitazioni dell’occhio normale dovute a fenomeni naturali, per esempio dovute all’età del soggetto, (dopo i 25 anni,
dove si ha la massima sensibilità al colore, la capacità di selezionare i colori, comincia a diminuire lentamente, ma continuamente).
2.7.4 Memoria del colore
Oltre alle limitazioni già illustrate, che non permettono all’uomo di
valutare i colori in maniera oggettiva e riproducibile nel tempo, la limitazione più grave è la mancanza di memoria del colore, per cui l’uomo non
può riconoscere se un colore è uguale (quali - e quantitativamente) a quello esaminato in precedenza, anche a breve distanza di tempo, perché non
ha potuto memorizzare la sensazione provata.
La mancanza di questa capacità e i fattori psicofisiologici esaminati,
rendono impossibile la definizione di un linguaggio colorimetrico che
abbia valore oggettivo e che sia valido per ossevatori diversi a distanza di
tempo e di spazio.
E’ proprio questa impossibilità, che ha spinto i ricercatori a strutturare
una nuova scienza, la colorimetria che, come appendice dell’ottica e quindi della fisica, avesse di tale scienza il rigore e il formalismo matematico.
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
24
3. Misurazione strumentale del
colore
3.1 Gli attributi del colore
Prima di addentrarci nella misurazione numerica del “colore”, è importante dire in base a quali caratteristiche viene definita e quantificata una
sensazione di colore. Le tre caratteristiche sono: tinta (o tono), saturazione, brillanza (o luminosità).
- TINTA: è l’attributo per mezzo del quale la sorgente (o l’oggetto) è
definita rossa, gialla, verde, blu, magenta, ecc… E’ determinata dalla lunghezza d’onda dominante (λα) nella figura 3.1 la λα è di 630nm, quindi la
sua tinta è arancione.
- SATURAZIONE: è l’attributo che permette di valutare quanto lo stimolo colorato si avvicina alla percezione della λα pura (monocromatica)
rispetto ad un grigio della stessa luminosità. Si può quindi affermare che
variazioni di saturazione, fanno considerare un colore più o meno sbiadito
(ad es. il rosa ha saturazione inferiore al rosso) o più o meno ingrigito (grigio-verde, grigio-azzurro). La saturazione è quindi il rapporto tra il flusso
luminoso monocromatico dominante (λα) e il flusso luminoso totale emesso (o riflesso o trasmesso) dal campione in esame. La saturazione sarà
100% se il flusso è monocromatico; sarà 0% se è totalmente acromatico
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
25
(grigio). Nel nostro caso (fig. 3.1) la saturazione è medio bassa (arancio
spento). Le possibili variazioni sono rappresentate in fig. 3.2.
- BRILLANZA O LUMINOSITA’: è l’attributo secondo il quale una
sorgente appare più o meno luminosa; la chiarezza invece è propria di un
corpo, ossia di un oggetto di per se non luminoso; perciò dipende dalle
condizioni di illuminamento dell’ambiente, oltre che dalle sue capacità di
riflettere radiazioni, (vedi il paragrafo sulla riflessione a pagina 4). Possibili
variazioni sono rappresentate in figura 3.3
3.2 Specificazione del colore mediante
numeri. Sistema cie
Detto questo, prima di spiegare come vengono quantificate queste tre
caratteristiche appena descritte, è necessario descrivere le esperienze di
Wright e Guild, esperienze sulle quali sono basati tutti i sistemi di specificazione del colore mediante numeri. Il grosso vantaggio di questi sistemi, è
di poter effettuare una valutazione oggettiva, aiutandosi con sistemi quali
lo spettrofotometro e il più semplice colorimetro. Sono anche in grado,
definito uno standard, di valutare oggettivamente la differenza tra il campione in esame e lo standard stesso.
Il sistema proposto nel 1931 dalla CIE, definisce il colore mediante tre
numeri e si fonda sul concetto che la sensazione di colore provocata da un
colore qualsiasi in un osservatore normale (osservatore che verrà descritto
più avanti) si può riprodurre miscelando opportunamente tre luci coloraColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
26
te, aventi composizioni spettrali molto diverse l’una dall’altra e tali che nessuna delle tre, possa essere ottenuta per combinazione delle altre due : 1)
Esperienze effettuate in camera oscura ; 2) procedimento chiamato Sintesi
Additiva.
Sorgenti aventi queste caratteristiche sono chiamate primarie.
Se si possono produrre tutte le sensazioni cromatiche modulando tre
luci fondamentali, sarà sufficiente, partendo da una sorgente luminosa
bianca, (il fondo è bianco, perché il punto di partenza di questo sistema di
riproduzione del colore, è un supporto che riflette integralmente il fascio
di luce bianca illuminante), sottrarre ad essa intensità diverse di luci primarie per ottenere lo stesso effetto. Per assorbire più o meno queste tre luci
si usano tre colori, definiti “colori primari”. Essi sono gli unici colori materiali capaci di assorbire ognuno una sola delle tre luci primarie (blu, verde
e rossa):
- GIALLO: controlla (assorbe) la luce blu;
- MAGENTA: controlla (assorbe) la luce verde;
- CIANO: controlla (assorbe) la luce rossa.
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
27
La somma dei tre colori, dà il NERO, la somma di due colori dà:
Giallo + Magenta = ROSSO
Ciano + Magenta = BLU
Giallo + Ciano = VERDE
Il rosso, il blu e il verde vengono definiti colori secondari.
Questo differente comportamento tra sintesi additiva e sottrativa, è
molto importante poiché rappresenta la differenza che esiste tra la “nuanzatura” e il condeggio ottico, operazioni conoscutissime nell’ambito cartario.
La descrizione dei fondamenti logici del sistema CIE, non è facile: per
comprendere la sua strutturazione si ritiene utile la descrizione prima di un
colorimetro molto schematico e dopo dell’esperienze anticipate prima.
3.2.1 Colorimetro sperimentale.
Il COLORIMETRO: o comparazione visiva, è l’apparecchio che serve a
determinare la quantità di primari costituenti una luce in esame, per confronto tra questa e un’opportuna miscela di primari. Esso si può considerare, in prima approssimazione, come costituito da uno schermo bianco,
sul quale viene proiettata da una parte la luce da misurare e dall’altra la
miscela che fornisce l’imitazione.
Si raggiunge l’imitazione, quando il confronto tra la luce in esame e la
miscela dei primari, permette di definire eguali i due campi. Il colorimetro
illustrato schematicamente nella figura 3.6, ha solo valore didattico.
La luce ε posta in basso, è quella da misurare, mentre le tre in alto,
sono le luci primarie R, V, B. Il confronto in questo tipo di colorimetro, è
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
28
valutato ad occhio e poiché la percezione dei colori varia da persona a persona, solamente quando un elevato numero di osservatori sarà d’accordo,
si potrà procedere a definire la misurazione. Nei moderni colorimetri la
valutazione è fornita da strumenti fotoelettrici, che eliminano le incertezze
di misura.
La taratura dell’apparecchio, si effettua proiettando in semicampo una
sorgente bianca, ad uguale energia, o meglio, avvinantesi il più possibile
alla perfetta aeromaticità e nell’altro, i tre primari.
Ogni proiettore, è provvisto di un diaframma regolabile da 0 a 100, in
modo da permettere di variare la quantità di radiazione sullo schermo.
3.2.2 Osservatore normale
L’osservatore si pone ad una certa distanza dallo schermo bianco e l’osserva sotto un angolo particolare, definito dal diametro del foro praticato
nello schermo di riduzione indicato nella figura 3.6.
Le condizioni sperimentate per definire l’osservatore normale sono:
- distanza tra campione ed Osservatore: circa 46cm;
- direzione di osservazione: normale al campione;
- zona di osservazione: quella delimitata da un angolo solido (sotteso
all’occhio) inferiore o uguale a 4°.
Poiché in queste condizioni di osservazione, la zona della retina interessata alla visione, è quella delimitata da un angolo solido di 2° (nella
quale sono presenti soltanto i coni), l’osservatore così descritto, è definito
Osservatore normale 2° CIE 1931.
3.2.3 Esperienze di Wright e Guild
- PRIMO CASO: esame di una sorgente di colore blu verde torbido. Si
pone la lampada in esame nella posizione indicata nella fig. 4.6, già presentata prima e si proietta una certa quantità di radiazione nel semicampo
inferiore (ad esempio 50). Si inizia a proiettare nel semicampo superiore
dello schermo bianco la luce blu, variando il diaframma da 0 a 100, fino ad
ottenere la stessa sensazione di luminosità tra i due semicampi. Si procede
ora ad aprire il diaframma del verde, fino a che non avremo la stessa sensazione di tinta. Avendo aggiunto della radiazione luminosa verde, alla già
esistente blu, avremo ottenuto uno stimolo più chiaro del campione in
esame. Per riottenere la stessa sensazione di luminosità, posso aprire il diaColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
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framma della sorgente campione, oppure chiudere proporzionalmente i
diaframmi di blu e verde, poiché per le leggi di Grassman, il risultato cromatico non cambia. Procedo ora ad aprire il diaframma della rossa, fino ad
ottenere la stessa saturazione del campione e riporto la luminosità allo stesso livello, come fatto precedentemente. Ora gli stimoli cromatici, provenienti dai due semicampi, sono uguali e se le aperture dei diaframmi di B,
V, R, fossero rispettivamente 65, 30, 5, varrebbe la seguente formula:
50 blu verdastro torbido = 65 blu + 30 verde + 5 rosso.
- SECONDO CASO: esame di una sorgente di colore azzurro intenso. Si
procede come nel caso precedente, fino ad avere ottenuto le corrette
aperture di blu e verde, che simulino la tinta e la luminosità dell’azzurro
intenso campione. A questo punto, si procede ad aprire il diaframma del
rosso e si nota che non appena aumentiamo la quantità di questo primario, si differenziano maggiormente le saturazioni dei due semicampi, in
quanto il campione in esame, ha una saturazione superiore a quella del
colore presente nel semicampo superiore, dove ho proiettato la Blu e la
Verde. Si sposterà allora la sorgente di primario Rosso nel semicampo del
campione e aprendo il diaframma del primo, si desaturerà il secondo, fino
ad ottenere l’equilibrio tra le due metà dello schermo bianco.
Supponendo che, le aperture B, V, R, siano rispettivamente 70, 60,5, diremo che:
50 azzurro intenso = 70 Blu + 60 Verde - 5 Rosso
dove il segno “ – “ indica una desaturazione del campione.
- TERZO CASO: esame dei colori dello spettro. Scomponendo la luce bianca (policromatica) mediante un prisma ottico e proiettando attraverso
una fessura sottile solo una determinata parte della sua composizione
spettrale, è possibile proiettare nel semicampo del campione in esame,
singole lunghezze d’onda dello spettro del visibile. Si procede, come nei
casi uno e due trovando, per ogni lunghezza d’onda, i tre valori di luce
primaria, otterremo alla fine una tabella che riporta tutti i valori, simile a
quella di figura 3.7
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
30
3.2.4 Le funzioni di imitazione del colore secondo Wright e Guild
Riportando ora λ per λ, i valori trovati su un sistema di assi cartesiani
aventi in escissa le λ e in ordinate le aperture dei diaframmi (o le energie),
si otterrà la rappresentazione della figura 3.8 (rappresentazione delle funzioni di imitazione del colore).
L’esperienza descritta, dimostra come sia possibile definire i colori
dello spettro, mediante terne di numeri che, proprio per questo motivo,
vengono assunti come coordinate del colore.
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
31
I tre numeri sono chiamati valori tristimolo e rappresentano le quantità di energia radiante dei tre primari, necessarie per riprodurre in un osservatore normale, la sensazione provocata da un determinato colore.
Ogni primario, quando viene percepito dall’occhio, provoca uno stimolo e poiché l’imitazione è ottenuta mediante tre sorgenti primarie, la
sensazione di colore percepita dall’osservatore, è dovuta ai tre stimoli corrispondenti. Da questo fatto, è derivato il nome di “colorimetria tristimolo”
e il dispositivo illustrato, può essere considerato un colorimetro tristimolo.
Nel compiere le esperienze prima descritte, Wright ha utilizzato come
sorgente primaria tre luci monocromatiche spettrali (reali):
= 460nm, che è un blu
= 530nm, che è un verde
= 650nm, che è un rosso
Guild, invece, ha utilizzato luci policromatiche di colore R, V, B, ottenute filtrando opportunamente sorgenti costituite da lampade a filamento
(Tc= 2500k)
Le curve rappresentanti le funzioni di imitazione del colore si indicano
_
con:
r
rappresenta la quantità di primario rosso R, necessaria per riprodurre
il colore di una quantità unitaria della radiazione spettrale avente la lun_
ghezza d’onda λ;
ν
rappresenta la quantità di primario verde V, necessaria per riprodurre
il colore di una quantità unitaria della
_ radiazione spettrale λ ;
b
rappresenta la quantità di primario blu B, necessaria per riprodurre il
colore di una quantità unitaria della radiazione spettrale λ.
Le funzioni r, v, b, sono state determinate sperimentalmente da un
numero elevato di osservatori aventi la visione dei colori normale (osservatori normali).
Naturalmente le funzioni di imitazione del colore r, v, b, di Wright,
hanno valori numerici (positivi o negativi) diversi da quelli di Guild, perché sono diverse le sorgenti primarie impiegate. Pertanto, una superficie
colorata, è definita da determinati valori tristimolo, se è stata specificata
con la terna di primari di Wright e da valori tristimolo diversi, se è stata speColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
32
cificata con la terna di primari di Guild.
Le funzioni di imitazione del colore, sono necessarie per calcolare i
valori di un qualsiasi colore (luce o superficie).
3.2.5 Sistema CIE 1931: funzioni di imitazione del colore x, y, z e valori di tristimolo x, y, z
Dati un colore e una terna di sorgenti primarie di caratteristiche particolari, è sempre possibile trovare una loro combinazione algebrica, capace
di riprodurre, in un osservatore normale, la sensazione provocata dal colore dato.
Nel caso dei colori dello spettro, la presenza dei valori negativi (secondo caso descritto), dimostra che in natura non esistono sorgenti primarie
capaci di riprodurre, per semplice miscela additiva, tutti i colori dello spettro.
A questa esigenza, soddisfa perfettamente il sistema CIE.
Si è visto che i colori dello spettro, sono i più saturi esistenti in natura
e che per riprodurre tali colori, occorrerebbero sorgenti primarie aventi
saturazione superiore a quella degli stessi colori dello spettro.
Naturalmente, sorgenti di questo tipo non possono esistere in natura, ma
sono state ottenute artificialmente.
Grassmann dimostrò, che quando sono note le funzioni di imitazione
del colore, relative ad una terna di sorgenti primarie, è sempre possibile
calcolare le funzioni di imitazione del colore relative a sorgenti primarie
diverse.
In altre parole, una volta determinate sperimentalmente le funzioni r,
v, b (relative alle sorgenti primarie (R ), (V ), (B ), è possibile calcolare
mediante r, v, b, le funzioni di imitazione del colore x, y, z relative a nuove
sorgenti primarie (X ), (Y ), (Z ), capaci di riprodurre per miscela additiva,
tutti i colori dello spettro.
- Il primario (X), caratterizza una sorgente immaginaria di colore
magenta (rosso – porpora), (λ dominante = 498c nm dove il significato di
“c” verrà approfondito successivamente), avente saturazione superiore
(225%) a quella del colore più saturo esistente in natura avente lo stesso
tono.
- Il primario (Y ), caratterizza una sorgente immaginaria di colore giallo- verde (λα = 521nm) avente saturazione superiore (133%) a quella della
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
33
radiazione corrispondente dello spettro.
- Il primario (Z ), caratterizza una sorgente immaginaria di colore
blu (λα = 477nm) avente saturazione superiore (144%) a quella della
radiazione corrispondente dello spettro.
I primari sono stati selezionati in modo tale per cui il valore tristimolo
Y oltre a specificare la componente verde del colore, rappresenta anche la
luminosità del colore stesso.
Nel sistema X, Y, Z proposto dalla CIE nel 1931, le funzioni di imitazione del colore x, y, z, che rappresentano i valori tristimolo di quantità unitarie di energia dei colori dello spettro, sono riportate nella figura 3.9
I valori numerici relativi a queste funzioni, da 380nm a 770nm per
intervalli di 5nm, sono riportati nella tabella 3,10.
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
34
Esaminando la figura 3.9, si possono fare le seguenti osservazioni:
1. La funzione x, è caratterizzata da due bande, di cui quella più intensa ha il massimo nella zona del blu. Il colore di una sorgente avente una
composizione spettrale di questo tipo è rosso – porpora. La x, rappresenta
la curva di sensibilità dell’Osservatore normale al rosso – porpora (magenta).
2. La funzione y, è caratterizzata da una banda con il massimo nella
zona del verde. Il colore di una sorgente avente una composizione spettrale di questo tipo, è verde. La y, rappresenta la curva di sensibilità
dell’Osservatore normale al verde.
3. La funzione z, è caratterizzata da una banda con il massimo nella
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
35
zona del blu. Il colore di una sorgente avente una composizione spettrale
di questo tipo, è blu. La z, rappresenta la curva di sensibilità
dell’Osservatore normale al blu.
Può essere utile illustrare il significato dei numeri riportati nella tabella 3.10.
Dire che x, y, z, rappresentano le quantità dei tre primari CIE necessari per imitare quantità unitarie di energia aventi le λ indicate, equivale a
dire che per riprodurre in un osservatore normale la sensazione di colore
provocata dalla quantità unitaria di energia avente λ = 400 nm, occorrono
le seguenti quantità di primari CIE:
x = 0,0143
y = 0,0004
z = 0,0679
I valori numerici dimostrano che, per questa imitazione è prevalente il
contributo del primario blu (Z), è sensibile quello del primario magenta (X
), ed è praticamente nullo il contributo del primario verde (Y ).
Analogamente, può essere compiuta una valutazione simile per tutte le
radiazioni λ dello spettro visibile.
3.2.6 Osservatore normale 10° 1964
Nel 1964 la CIE, ha proposto un nuovo Osservatore: l’osservatore normale 10°. Le funzioni sperimentali adottate per definire le caratteristiche
di questo osservatore sono praticamente uguali a quelle indicate per l’osservatore normale 2°, ad eccezione della zona di osservazione che in questo caso è delimitata da un angolo solido (sotteso dall’occhio), notevolmente superiore a 4° e ha la zona centrale oscurata.
In queste condizioni di osservazione, la zona della retina interessata
alla visione, è quella delimitata da un angolo solido di 10°, nella quale oltre
ai coni, sono presenti anche i bastoncelli. Per questo fatto, la risposta dell’occhio è leggermente diversa da quella che si verifica nel caso precedente.
Pertanto la CIE ha proposto l’uso di funzioni di imitazione del colore,
leggermente diverse dalle precedenti, funzioni che si indicano con x , y ,
z e che caratterizzano l’Osservatore normale 10° CIE 1964. (I valori numerici relativi alle funzioni di imitazione del colore x , y , z da 380nm a
770nm a intervalli di 5nm, sono riportati nella tabella n. 3.11.
10
10
10
10
10
10
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
36
Normalmente, salvo indicazione esplicita, i valori tristimolo riportati in
letteratura, sono riferiti all’Osservatore 2° CIE 1931.
3.2.7 Valori di tristimolo mediante calcolo
Se si vogliono quantificare i valori tristimolo X, Y, Z, (sistema CIE
1931), di una superficie colorata S, quando la superficie in esame è illuminata da una sorgente E della quale sia nota la composizione spettrale (spettro di emissione), si dovrà o determinarli mediante misura diretta, oppure
mediante calcolo.
Mediante misura diretta, occorrerà usufruire di un colorimetro tristiColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
37
molo nel quale le tre sorgenti (R ) (V) (B ) siano sostituite da una sorgente di luce bianca dotata di tre filtri particolari, che dovranno avere uno spettro di trasparenze uguale a quello delle funzioni x, y, z del sistema CIE 1931.
I valori tristimolo misurati, rappresentano rispettivamente le quantità
di primari (X ), (Y ) e (Z ) necessari per imitare il colore della superficie S,
ricordando che Y rappresenta sia la componente verde, sia la luminosità.
Mediante calcolo (che è ciò che fanno gli spettrofotometri di ultima
generazione), i valori tristimolo X, Y, Z, si ottengono moltiplicando per
ogni λ l’energia riflessa della superficie per i rispettivi valori di x, y, z e sommando tutti i prodotti.
Nei trattati di colorimetria, le operazioni sopra descritte, sono indicate
così:
X = Κ ⋅ Σλ Rλ ⋅ Ελ ⋅ xλ ⋅ ∆λ
Y = Κ ⋅ Σλ Rλ ⋅ Ελ ⋅ yλ ⋅ ∆λ
Z = Κ ⋅ Σλ Rλ ⋅ Ελ ⋅ zλ ⋅ ∆λ
Dove K (fattore di naturalizzazione), è una costante che dipende dall’ampiezza di ∆λ e permette il calcolo dei valori tristimolo in una scala che
ha Y = 100 quando la superficie è perfettamente riflettente.
I valori relativi ai prodotti
Eλ ⋅ xλ ; Ελ ⋅ yλ ; Ελ ⋅ zλ
per i diversi illuminanti, per gli osservatori normali, per tutte le λ e per
∆λ = 10nm, ∆λ = 5nm e ∆λ = 1nm, sono stati calcolati (e pubblicati) così
da soddisfare alla condizione di normalizzazione sopra indicata.
A questo punto sorge un problema: quale ampiezza deve vere ∆λ
affinchè la sommatoria dei prodotti prima descritti, estesa a tutto lo spettro
visibile, dia i valori tristimolo veri?
Questa condizione si verifica quando l’ampiezza di ∆λ è sufficientemente piccola e tale per cui con ∆λ inferiori non varia il risultato delle sommatorie.
Nella maggior parte dei casi è sufficiente un’ampiezza di:
∆λ = 10 nm
Nelle tabelle 3.12 e 3.13, sono rappresentati i valori:
Eλ ⋅ xλ, Eλ ⋅ yλ, Eλ ⋅ zλ per ∆λ = 10nm, calcolati in modo tale che Y abbia
valore 100, quando la superficie è perfettamente riflettente, dei valori illuminanti CIE con osservatore 2° (tabella 3.12) e 10° (tabella 3.13).
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
38
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
39
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
40
3.2.8 Coordinate di cromaticità
Una volta ottenuti i valori di tristimolo X, Y, Z, sorge il problema di
come utilizzarli, in quanto, un confronto, ad esempio, tra due campioni
con valori:
CAMPIONE
X
Y
Z
A
14,75
43,18
13,32
B
29,50
86,36
26,64
Permette una sola considerazione, cioè che, il campione B è più luminoso
del colore A. Infatti la Y di B, è superiore alla Y di A e Y, oltre ad esprimere
la componente verde (primaria), rappresenta anche la luminosità del colore.
Per capire quali sono il tono e la saturazione di A e B e valutare le eventuali differenze, si sono dimostrate molto efficaci le coordinate di cromaticità che si indicano con x, y, z, da non confondere con le funzioni di imitazione del colore.
E’ necessario precisare che, quando si parla di cromaticità, si considerano soltanto due attributi del colore: il tono e la saturazione.
Le coordinate di cromaticità, si ricavano dai valori tristimolo, mediante le seguenti relazioni
(3.15)
X
x =
X+Y+Z
Y
y =
X+Y+Z
Z
z=
X+Y+Z
Ogni coordinata di cromaticità, rappresenta la quantità di “uno” stimolo, riferito al totale degli stimoli.
Si noterà che, soltanto due “coordinate di cromaticità” sono indipenColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
41
denti, perché la terza risulta determinata dalla relazione:
x+y+z=1
Infatti sostituendo a x, y, z i valori delle formule 3.15, si ottiene:
X
Y
Z
X+Y+Z
+
+
=
= 1
X+Y+Z
X+Y+Z
X+Y+Z
X+Y+Z
Poiché per specificare la cromaticità di un colore e cioè il suo tono e la
sua saturazione, sono sufficienti le due coordinate x e y, è possibile fare
ricorso a una rappresentazione piana di facile realizzazione e di semplice
interpretazione.
3.2.9 Diagramma di cromaticità
Applicando le trasformazioni (3.15), a tutti i colori dello spettro, λ per
λ, si ottengono le rispettive coordinate di cromaticità, che, riportate su un
sistema di assi cartesiani, aventi in ascissa la x e in ordinata la y, danno luogo
alla curva della figura 3.16, che rappresenta il “luogo” di tutti i colori dello
spettro.
Congiungendo con un tratto rettilineo l’estremo violetto (400nm), con
l’estremo rosso (700nm), si ottiene il luogo dei colori non spettrali, chiaColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
42
mati porpora o magenta.
Nella figura 3.17, è visibile il triangolo dei colori porpora e magenta.
Il diagramma di cromaticità, è di estrema utilità, perché permette la
determinazione dei due attributi fondamentali del colore: la lunghezza
d’onda dominante (λα), che è da considerarsi come il tono o tinta del colore e la purezza di eccitazione che è da considerarsi come la saturazione.
3.2.9.1 Lunghezza d’onda dominante.
Di un colore, noti o misurati i valori X, Y, Z, si calcolano le coordinate
x, y secondo la fig. 3.15, che permettono di determinare il punto del diagramma di cromaticità (per es. il punto A della fig. 3.17).
Se C è il punto relativo all’illuminante C, congiungendo C con A e prolungando il segmento fino all’intersezione con il “luogo” dei colori dello
spettro S, si trova quella lunghezza d’onda, che viene assunta come lunghezza d’onda dominante del colore A e si indica con λα.
In questo caso è:
λα = 530nm
E’ opportuno osservare, che tutti i punti del segmento CS hanno in
comune la stessa dominante di 530nm.
Se il punto A, si trova nella zona dei colori magenta, che non esistono
nello spettro, per esempio in P, si assume come lunghezza d’onda dominante, quella che si trova all’intersezione del prolungamento di PC con il
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
43
luogo dei colori spettrali (in questo caso sempre S) e si indica così:
λα = 530c nm
3.2.9.2 Purezza di eccitazione (o saturazione).
Si consideri nella figura 3.17, il segmento che congiunge C con S.
Il punto S, caratterizza il verde dello spettro, avente λ = 530nm, che è
il più saturo dei verdi esistenti, aventi lo stesso tono (o tinta).
Il punto C, caratterizza il punto relativo al colore dell’illuminante C,
che è bianco, leggermente azzurro.
Sul segmento SC, man mano che ci si allontana da S in direzione di C,
si passa dal verde spettrale, avente λ = 530nm (il più saturo), a punti aventi sempre la stessa λα, ma saturazione decrescente, fino ad arrivare al punto
C, che caratterizza un bianco che ha saturazione uguale a zero.
Si definisce purezza di eccitazione del colore e si indica con P, in percento, l’espressione:
AC
P = ——————— 100
SC
Tale rapporto assume valore nullo in C e uguale a 100 in S.
3.2.9.3 Lunghezza d’onda complementare.
Siano dati i punti A, B, D e M, indicati nella figura 3.18.
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
44
Si congiunga il punto A con C e si prolunghi il segmento fino alle intersezioni con il luogo dei colori spettrali, indicati con i punti A1 e A2.
A, rappresenta un colore che ha la lunghezza d’onda dominante λα =
486nm indicata dal punto A1; la λ = 590nm, indicata dal punto A2, si definisce lunghezza d’onda complementare di λ = 486nm e viceversa, la λ =
486nm, si definisce lunghezza d’onda complementare della λ = 590nm.
Una proprietà dei colori complementari, è la seguente: la loro miscela,
riproduce la sensazione di colore dell’illuminante.
3.2.9.4 Definizione mediante X, Y, Z.
Siano date due superfici colorate, A e B, aventi i valori tristimolo riportati nella tabella 3.19.
——————————————————————————————
X
Y
Z
——————————————————————————————
A
61,40
45,00
57,30
B
39,85
29,25
37,25
——————————————————————————————
L’esame di questi valori, permette una sola valutazione immediata, la
seguente: la luminosità di A, è sensibilmente superiore a quella di B (Y =
29,25% mentre Y = 45,00 %).
Per sapere di che tono si tratta, bisogna ricorrere a una rappresentazione tridimensionale, che non è di facile realizzazione.
3.2.9.5 Definizione mediante x, y, Y.
Noti i valori tristimolo X, Y, Z, si calcolano le coordinate di cromaticità
di A e B.
Nel caso della superficie A, si ha:
X + Y + Z = 163,70
Per cui
61,40
x = ———————- = 0,375
163,70
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
45
e
45,00
y = ———————- = 0,275
163,70
Nel caso della superficie B, si ha:
X + Y + Z = 106,55
Per cui
39,85
x = ———————- = 0,375
106,35
e
29,25
y = ———————- = 0,275
106,35
Confrontando le coordinate di cromaticità di A e B si nota che esse
sono uguali: questo significa che, nel diagramma di cromaticità A e B saranno rappresentati dallo stesso punto e pertanto i due colori, hanno uguale
cromaticità, hanno cioè uguale λα e uguale purezza.
La differenza di colore tra A e B, è rappresentata nella figura 3.20: nel
piano (X e Y), è indicato il diagramma di cromaticità con il punto C, dal
quale si innalza l’asse della luminosità Y.
La luminosità è misurata su una scala che ha luminosità nulla per il
nero e uguale a 100% per il bianco.
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
46
3.3 Sistemi colorimetrici diversi dal CIE 1931
3.3.1 Limiti del sistema CIE 1931
Il sistema C.I.E. 1931, sia nella figura (x, y, Y), sia in quella (λd, Pe, Y), può
essere usato con buon risultato per stabilire specifiche di colore e relative
tolleranze. Queste tolleranze, se vogliono corrispondere alla differenza di
colore, quali sono osservate dall’occhio umano, devono essere diverse nelle
varie parti del diagramma di cromaticità, perché da questo punto di vista lo
spazio cromatico C.I.E. 1931, non è uniforme; a seconda del punto dello
spazio in cui si trovino, due colori i cui punti rappresentativi sono separati dalla stessa distanza, possono presentare differenze di colore molto variabili. A prova di quanto detto, siano dati alcuni campioni di colore verde A,
B, C, D, E, F, aventi saturazione variabile in modo tale per cui la sensazione
di differenze di colore tra A e B sia uguale a quella tra C e D, tra E e F.
Siano date altre serie di campioni di colore viola, blu, giallo e rosso, che
soddisfino alla stessa condizione.
Di tutti questi campioni si misurino i valori tristimolo e si calcolino le
coordinate di cromaticità corrispondenti, riportandole nel piano (x, y) e
congiungendo i punti delle singole coppie.
Si ottiene una rappresentazione del tipo riportato nella figura 3.21.
In essa sono riportati anche i segmenti relativi a coppie di colori dello
spettro, che provocano in un osservatore normale, sensazioni di differenze
di colori uguali.
Dalla figura risulta evidente che, il diagramma di cromaticità CIE non
è uniforme: la zona del verde (parte superiore) è notevolmente espansa,
mentre le zone del blu, del rosso e del magenta, sono molto compresse.
Siccome è una esigenza molto sentita dal punto di vista teorico e pratico, che le differenze numeriche corrispondano alle differenze di colore,
sono stati studiati molti altri sistemi, che permettessero di superare la difficoltà; tra questi mi limiterò a descrivere uno dei più importanti e direi il più
usato nelle cartiere: sistema colorimetrico CIELAB (CIE 1976 – L* a* b*).
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
47
3.2.2 Sistema colorimetrico CIELAB (CIE 1976 – L* a* b*)
Non sono mancati gli sforzi per realizzare spazi cromatici sempre più
uniformi e pertanto sono state proposte nuove formule, fra le quali quelle
che hanno avuto maggiore successo, anche per la loro semplicità, sono
quelle del sistema CIELAB al quale corrispondono le coordinate L* a* b*
L* = 116 √Y/Yn
- 16
a* = 500 (√X/Xn - √Y/Yn)
b* = 200 (√Y/Yn -
√Z/Zn)
Dove X, Y, Z sono le funzioni colorimetriche della superficie (funzione
tristimolo); Xn, Yn, Zn sono le funzioni colorimetriche del diffusore perfetto
per l’illuminante e per l’ampiezza del campo di osservazione prescelti,
(valori riportati nelle tabelle 3.12 e 3.13 già descritte in precedenza).
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
48
Se invece sono note soltanto le coordinate tricromatiche x, y, Y, si calcolano la X e la Z con le formule seguenti:
x
X = Y ——y
z
Z = Y ——- =
y
Y
1- x - y
—————
y
Nella figura a seguire (fig. 3.23), si vede il diagramma dello spazio cromatico CIELAB
La coordinata L* è la chiarezza, che è funzione unicamente di Y e assume il valore 100 per il diffusore perfetto, quando Y diventa uguale a Y .
Tuttavia il nero perfetto (Y = 0 ), assume il valore - 16, il che costituisce
un’anomalia del sistema.
Nel diagramma la chiarezza L* è rappresentata da un asse verticale, con
il nero in basso, il bianco in alto e tra i due estremi, tutte le gradazioni dei
grigi.
Le coordinate a* e b*, sono perpendicolari l’una all’altra e all’asse L*.
Esse sono le coordinate di cromaticità e ogni punto del piano (a*, b*)
(vedi fig. 3.23), rappresenta la cromaticità di un colore, mentre la chiarezza L*, come già detto, è data dall’asse L*. Gli assi a* e b* si incrociano nel
punto neutro, dove (a*, b*) ha il valore (0,0). I limiti di a e b sono compresi fra + 80 e – 80 all’incirca. Se si gira in senso antiorario, si parte dal
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
49
rosso (asse a* positivo) si va al giallo (asse b* positivo), al verde (asse a*
negativo) per arrivare al blu (asse b* negativo) passando attraverso tutte le
tinte intermedie.
La saturazione è data dalla distanza fra il punto rappresentativo del
colore di coordinate (a*, b*) e il punto neutro (incrocio degli assi a* e b*).
Essa è indicata con C e numericamente è espressa da:
(3.24)
C* = √a* + b*
Nelle stesse unità di a e b.
Le varie tinte sono definite dall’angolo di tinta, cioè dall’angolo che la
congiungente il punto (a*, b*) con l’origine degli assi fa rispetto all’asse di
riferimento, che è l’asse a* positivo, tale angolo (h) è espresso in gradi.
Se a* è positivo e b* è positivo, h = 0°- 90°
Se a* è negativo e b* è positivo, h = 90°- 180°
Se a* è negativo e b* è negativo, h = 180°- 270°
Se a* è positivo e b* è negativo, h = 270°- 360°
C* e h sono le coordinate polari del punto (a*, b*).
Nello spazio CIELAB, (come anche in altri spazi), i colori puri non si
trovano agli estremi degli assi a*, b*, ma sono spostati e hanno un angolo
di tinta pari a 27°, 95°. 163°, 261°, rispettivamente per il rosso, il giallo, il
verde e il blu.
La differenza di colore CIELAB fra due colori 1 e 2, è rappresentata
dalla distanza geometrica che separa i punti (L*1, a*1, b*1) e (L*2, a*2 , b*2)
nello spazio CIELAB. Pertanto essa è data da:
(3.25)
∆E* = √(∆L*) + (∆a*) + (∆b*)
dove:
∆L* =
∆L*
- ∆L*
∆a* =
∆a*1 - ∆a*2
∆b* =
∆b*1 - ∆b*2
Le costanti delle formule (3.22), sono state scelte in modo che le usuali tolleranze per le differenze di colore, percepite visivamente, fra i vari
colori e i loro riferimenti, fossero di 1 – 2 unità di ∆E*.
La differenza di colore può anche essere rappresentata in coordinate
cilindriche. La differenza di chiarezza è data, come per le coordinate carColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
50
tesiane, da:
(3.26)
∆L* = ∆L*1 - ∆L*2
La differenza di saturazione, è la differenza fra le due saturazioni; cioè
fra le distanze che separano i punti (a*1, b*1) e (a*2, b*2) dall’origine degli
assi a* e b*.
(3.27)
∆C = C*1 - C*2
Nel sistema L* a* b*, la differenza fra gli angoli di tinta di due colori,
non è rappresentativa, perché all’aumentare della distanza dal punto neutro, aumenta la differenza fra le tinte dei due colori, anche se la differenza
fra gli angoli di tinta, rimane immutata. Se tuttavia si rappresenta con ^H*
la differenza di tinta esistente fra due colori, si può scrivere:
(3.28)
2
2
2
2
(∆E*) = (∆L*) + (∆C*) + (∆H*)
∆E*, ∆L* e ∆C*, sono stati calcolati rispettivamente con le (3.25),
(3.26) e (3.27). Pertanto dalla (3.28) si può ricavare ∆H*:
(3.29)
2
2
2
∆H* =
√(∆E*) - (∆L*) - (∆C*)
Si noti che ∆H*, non è un angolo, bensì una espressione numerica. Si
assegna a ∆H* il valore positivo se, nel piano a*, b* il punto che rappresenta il colore 1 è più spostato in avanti in senso antiorario, rispetto al
punto di colore 2 e viceversa.
Faccio ancora osservare che:
- se ∆a* è positivo, il colore 1è più rosso del colore 2; se è negativo, 1
è più verde di 2.
- Se ∆b* è positivo, 1 è più giallo di 2; se è negativo, 1 è più blu di 2.
- Se ∆L* è positivo, 1 è più chiaro di 2; se è negativo, 1 è più scuro di 2.
- Se ∆C* è positivo, 1 è più saturo (o puro) di 2; se è negativo, 1 è
meno saturo (o puro) di 2.
Le formule che ci hanno permesso di calcolare L*, a*, b*, sono valide
solo se la Y non è eccessivamente bassa. Nel caso di superfici molto scure,
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
51
si devono usare formule differenti, siccome questo caso ha un’importanza
molto limitata per la carta, non verrà minimamente trattato.
Se un colore è indicato con le coordinate L* a* b*, è possibile calcolare le corrispondenti coordinate X, Y, Z, allo scopo di utilizzare il diagramma di cromaticità C.I.E. 1931, con le formule seguenti:
Y = 100
L* + 16
——————
116
X = X
a*
——— +
500
Z =
Y
b*
——— - ———
10
200
Z
Y
———
100
Nota: in cartiera si lavora per confronto tra un campione con specifiche di colore ben definite concordate con i clienti, e campioni di carta
appena prodotta, come controllo delle specifiche richieste, quindi è possibile riscontrare sui rapporti di tinta dei ∆a* e ∆b* inversi rispetto a ciò che
è stato detto, in quanto il punto rappresentante il colore del campione
standard (a*1, b*1) viene usato come punto “acromatico” (a*2, b*2 ) di un
diagramma L* a* b*, quindi i ∆ (delta), vengono riferiti a questo nuovo
punto che non equivale assolutamente al punto acromatico descritto
prima; ossia i ∆ vengono calcolati ad es.:
∆a* = ∆a* (campione da controllare) - ∆a* (campione confrontare)
quindi: ∆a* positivo = il campione 2 è più rosso dello standard
∆a* negativo = il campione 2 è più verde dello standard
∆b* positivo = il campione 2 è più giallo dello standard
∆b* negativo = il campione 2 è più blu dello standard
Colorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
52
3.3.3 Lo spettrofotometro
Con gli argomenti sino a qui descritti, non si è fatto altro che cercare
di capire e di spiegare cosa siano e da dove arrivino tutti quei simboli e
numeri scritti su un rapporto di tinta. Fortunatamente la tecnologia, ha fornito degli strumenti che in pochi secondi calcolano cio che a noi riuscirebbe in molto più tempo.
Uno di questi strumenti è lo spettrofotometro ELREPHO 2000.
Lo spettrofotometro ELREPHO 2000 della Casa Datacolor, serve per
misure di colore, di grado di bianco, di indice reflettometrico luminoso Y
e di opacità, usando come sorgenti di luce gli illuminanti D65 e C.
L’apparecchio, è uno spettrofotometro a doppio raggio, nel quale l’illuminazione è realizzata con una sfera di integrazione che riceve la luce da
due lampade allo XENO, del tipo ad impulsi (flash).
La sfera, porta in basso un’apertura di prova, contro la quale si colloca
il campione in esame. La luce che questo riflette in direzione perpendicolare al proprio piano, è raccolta nella parte alta della sfera ed inviata ad un
monocromatore, che la disperde nelle lunghezze d’onda componenti; la
parte dello spettro compresa fra 400 e 700 nm, viene suddivisa in 16 bande
dell’ampiezza di 20 nm, che sono ricevute da altrettanti fotodiodi. I segnali provenienti dai fotodiodi, sono trasformati da analogici in digitali e sono
poi elaborati convenientemente da un calcolatore, i cui risultati sono presentati su un visualizzatore.
Contemporaneamente, mentre il flash emesso dalle due lampade allo
xeno illumina il campione, la luce emessa da una superficie riflettente collocata nella stessa sfera di integrazione, è inviata ad un altro monocromatore e subisce lo stesso trattamento della luce proveniente dal campione,
che può così essere confrontata immediatamente con quella proveniente
dalla superficie di riferimento.
I programmi che l’apparecchio può contenere, sono molti, fra questi,
quelli che interessano particolarmente i cartari, sono:
a) coordinate colorimetriche CIELAB, con riferimento all’illuminante
D65/10. Sul visualizzatore compaiono prima i valori di L*, a*,b* ed
in un secondo tempo i valori di L*, C*, H*.
b) Differenza di colore CIELAB, con riferimento all’illuminante
D65/10. Il programma richiede, che dapprima, si misuri il campione di riferimento, poi il campione di prova. Sul visualizzatore, comColorimetria tristimolo e misurazione strumentale del colore della carta -
53
paiono prima i valori di ∆L*, ∆a*, ∆b*, quindi quelli di ∆C*, ∆H*
e ∆E*.
c) Funzioni colorimetriche e coordinate tricromatiche, con riferimento all’illuminante D65/10. Il visualizzatore, presenta prima i valori di
X, Y, Z, dopo quelli di x, y, Y.
d) Coordinate colorimetriche L, a, b di Hunter e coordinate tricromatiche con riferimento all’illuminante C/2.
e) Fattori di riflettanza e coordinate tricromatiche con riferimento
all’illuminante C/2.
f) Coordinate di Helmholz. Compaiono i valori della lunghezza d’onda
dominante e della purezza di eccitazione.
g) Grado di bianco.
h) Opacità.
i) Coeficienti di assorbimento e diffusione.
Faccio infine osservare, che il campo di misura dei fattori di riflettanza,
si estende dallo 0,00% al 000,00%, infatti le superfici fluorescenti, per via
della presenza di sbiancanti ottici, possono presentare nella zona blu dello
spettro una riflessione più elevata di quella del diffusore perfetto e quindi
i fattori di riflettanza per questa zona sono maggiori del 100%, talvolta
anche di parecchio.
4. CONCLUSIONI
Nel trattare l’argomento, spero di aver toccato i punti chiave che interessano l’ambito cartario.
L’obbiettivo postomi ad inizio relazione di dare risposta ad alcune
domante sortemi nel proseguo del corso cartari è stato raggiunto in modo
soddisfacente (almeno a mio parere), oltre a ciò, spero con il mio lavoro di
essere stato utile anche a terzi.
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