La clausola di durata minima garantita e il patto di stabilità
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La clausola di durata minima garantita e il patto di stabilità
La clausola di durata minima garantita e il patto di stabilità Gli accordi che disciplinano il diritto di recesso nei rapporti di lavoro tra intermediari finanziari e dipendenti Ivan Fasciani Nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra intermediari finanziari e dipendenti, che rivestono ruoli di quadri direttivi e/o dirigenti nel settore in questione, sono assai frequenti accordi con cui le parti si impegnano a non esercitare la facoltà di recesso per un certo periodo di tempo. Di seguito esaminiamo le caratteristiche di tali accordi. Q ualora l’accordo venga raggiunto contestualmente alla stipula del contratto di lavoro subordinato, viene in esso inserita una c.d. clausola di durata minima garantita. Qualora, invece, tale accordo venga raggiunto nel corso del rapporto di lavoro, esso viene di solito disciplinato in un c.d. patto di stabilità, mediante il quale entrambe le parti, o una di esse, si impegnano/si impegna, successiva- 86 mente alla sottoscrizione del contratto del contratto di lavoro subordinato tra loro già in essere, a non esercitare la propria facoltà di recesso dal medesimo rapporto per un certo periodo di tempo. Nella prassi si verifica spesso che gli intermediari finanziari decidano di corrispondere nel corso del rapporto di lavoro ai loro quadri direttivi e/o ai loro dirigenti somme ripartite in dodici mensilità a titolo di “assegno speciale” (importi che vengono accettati dai medesimi dipendenti, i quali nell’im- Si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e si è specializzato presso la Business School del MIP - Politecnico di Milano in “Management, Economia e Diritto dei Servizi a Rete”, svolgendo sin da subito la sua attività presso il Foro di Milano in studi legali, italiani ed internazionali, specializzati in diritto civile e commerciale, diritto del lavoro e contratti di agenzia, prima di fondare FTA avvocati. FTA avvocati è uno studio legale specializzato in contratti di agenzia (promotori finanziari, agenti assicurativi e agenti in attività finanziaria), diritto del lavoro (quadri e dirigenti) e contrattualistica d’impresa. DIFFICOLTÀ SPECIALISTICO TEMPO 10 MINUTI WWW.FTAVVOCATI.COM Settembre - Ottobre 2015 NORMATIVA In giurisprudenza si è discusso sulla validità della c.d. clausola di durata minima e del c.d. patto di stabilità a favore del datore di lavoro, prospettando che con tali accordi venissero disciplinati dalle parti dei diritti indisponibili del lavoratore mediato li vedono come una sorta di aumento della propria retribuzione), prevedendo espressamente che tali somme non incidano sul calcolo del Trattamento di Fine Rapporto dei quadri direttivi e/o dei dirigenti e soprattutto vengano percepiti da questi ultimi in stretto nesso di causalità e corrispettività con l’impegno di dare all’Azienda datrice di lavoro un preavviso di 12 mesi in caso di dimissioni volontarie. Infatti, nel caso in cui il dipendente si dimetta prima della scadenza del periodo di durata minima e senza rispettare il preavviso stabilito, viene previsto in taluni accordi che alla datrice di lavoro spetta il pagamento, da parte del dipendente medesimo, di una somma pari alla retribuzione per il periodo di preavviso non osservato, con facoltà dell’Azienda di operare le relative trattenute sulle eventuali ulteriori somme dovute al lavoratore, fatto salvo il risarcimento del maggior danno. È evidente che tale tipologia di patto di stabilità sia a favore della datrice di lavoro, in quanto il dipendente si impegna a non dimettersi per un determinato periodo di tempo ovvero ad esercitare tale Settembre - Ottobre 2015 sua facoltà previa concessione del termine di preavviso concordato. In giurisprudenza si è discusso sulla validità della c.d. clausola di durata minima e del c.d. patto di stabilità a favore del datore di lavoro, prospettando che con tali accordi venissero disciplinati dalle parti dei diritti indisponibili del lavoratore. In proposito la Corte di Cassazione si è espressa nel senso che il lavoratore può liberamente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come nell'ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso. Ne consegue, secondo la Suprema Corte, che non contrasterebbe con alcuna norma imperativa o principio dell'ordinamento giuridico la clausola con cui vengono previsti limiti all’esercizio di detta facoltà, ponendosi a carico del lavoratore un obbligo risarcitorio per l'ipotesi di dimissioni anticipate rispetto ad un periodo di durata minima. Ad ogni modo, oltre che a favore dell’Azienda datrice di lavoro, va in linea generale considerato che la clausola in esame possa essere stabilita anche a favore del dipendente o di entrambe le parti. Più precisamente, da un punto di vista strettamente giuridico, oltre a distinguersi le clausole di stabilità c.d. relative (tese a “sospendere” la facoltà di recesso delle parti o di una di esse per un certo periodo prestabilito) dalle clausole di stabilità in senso stretto (finalizzate, invece, alla conservazione del rapporto di lavoro fino ad una durata prefissata, raggiunta la quale il rapporto si risolve in via automatica), si è soliti differenziare gli accordi in esame in base ai relativi effetti e cioè se a favore delle datrici di lavoro (in tal caso sono definite anche clausole di fidelizzazione), ovvero a favore dei dipendenti o di entrambe le parti contrattuali. Nella prassi viene spesso prevista una c.d. clausola di durata minima garantita o di permanenza minima a favore del dipendente, nel caso di un dirigente di alto livello che lasci un incarico di prestigio e intenda quindi tutelarsi, in qualche modo, nel momento dell’assunzione da parte di un altro datore di lavoro. Quest’ultimo si impegna infatti a non licenziarlo entro il tempo concordato, salvo il caso di gravi inadempimenti. In caso contrario, spetterebbe al dirigente in questione un risarcimento che viene usualmente proporzionato alle retribuzioni non ricevute per il periodo che va dalla data del licenziamento alla data di scadenza del periodo di stabilità garantita. Per contro, nel caso in cui sia il dirigente a dimettersi prima di tale periodo minimo, al datore di lavoro spetterebbe il risarcimento del danno, predeterminato in genere dalle parti con l’indicazione di una penale dovuta dal dirigente inadempiente. Come detto, la clausola e il patto in esame possono in teoria essere posti anche a favore di entrambe le parti. In tal caso, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento e il lavoratore non può dimettersi per il periodo stabilito, che in genere è pari a tre anni. Decorso tale periodo, ciascuna delle parti contrattuali ha la facoltà recedere unilateralmente dal rapporto di lavoro subordinato tra loro in essere. Oltre che nei rapporti di lavoro subordinato, tali tipologie di accordi vengono CLAUSOLA DI DURATA MINIMA GARANTITA E’ l’accordo, raggiunto al momento della stipula del contratto, che disciplina la durata minima di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra intermediari finanziari e dipendenti, che rivestono ruoli di quadri direttivi e/o dirigenti. In questo settore sono molto frequenti accordi in cui le parti si impegnano a non esercitare la facoltà di recesso per un certo periodo di tempo. 87 Oltre che a favore dell’Azienda datrice di lavoro, va in linea generale considerato che la clausola in esame possa essere stabilita anche a favore del dipendente o di entrambe le parti altresì utilizzati nei contratti di agenzia. Con essi le parti stabiliscono che, per un determinato periodo di tempo, si possa recedere solo per risoluzione consensuale, giusta causa ex art. 2119 c.c., impossibilità sopravvenuta della prestazione ex artt. 1463 e 1464 c.c.. da comportare il venir meno immediato del vincolo fiduciario, posto che, diversamente, le finalità di garanzia perseguite con la clausola in questione verrebbero vanificate. Sulla base delle predette considerazioni, due sarebbero dunque i casi nei quali alla possibilità di recedere prima della scadenza del termine pattuito non dovrebbero in teoria seguire condanne di tipo risarcitorio: l’impossibilità sopravvenuta (anche parziale) della prestazione lavorativa e la giusta causa ossia un comportamento di una delle parti contrattuali talmente grave da rendere impossibile la prosecuzione seppure provvisoria (licenziamento o dimissioni per giusta causa) del rapporto lavorativo. Oltre che nei rapporti di lavoro subordinato, tali tipologie di accordi vengono altresì utilizzati nei contratti di agenzia. Con essi le parti stabiliscono che, per un determinato periodo di tempo, si possa recedere solo per risoluzione consensuale, giusta causa, impossibilità sopravvenuta della prestazione Nell’ipotesi di un rapporto di lavoro subordinato, a tali motivazioni sarebbe da aggiungersi, secondo alcuna parte della giurisprudenza, il c.d. giustificato motivo soggettivo. Tuttavia sul punto va segnalato che, secondo altra parte della recente giurisprudenza, il limite della rinuncia per il dipendente ad esercitare la facoltà del recesso durante il periodo di stabilità garantita dovrebbe essere identificato nella sussistenza della giusta causa, ossia di un inadempimento imputabile al medesimo dipendente talmente grave PATTO DI STABILITÀ Si parla di patto di stabilità quando l’accordo di durata minima del contratto viene raggiunto nel corso del rapporto di lavoro. Tramite il patto di stabilità entrambe le parti, o una di esse, si impegnano/si impegna, successivamente alla sottoscrizione del contratto di lavoro subordinato tra loro già in essere, a non esercitare la propria facoltà di recesso dal medesimo rapporto per un certo periodo di tempo. 88 Settembre - Ottobre 2015