FaiLaCosaGiusta News

Transcript

FaiLaCosaGiusta News
FaiLaCosaGiusta News
numero 3 - ottobre 2005
Foglio di informazione elettronico di Vittorio Agnoletto - Europarlamentare del gruppo
GUE/NGL
Su Internet: www.vittorioagnoletto.it E-Mail: [email protected]
Ringraziandovi degli apprezzamenti e delle critiche costruttive alla due precedenti edizioni,
inviamo copia del terzo numero di FaiLaCosaGiusta News. L’augurio è sempre lo stesso: che
sia un modo discreto ed efficace di tenervi aggiornati sui fatti e misfatti di Vittorio Agnoletto in
quel di Strasburgo e Bruxelles.
Sommario
INTRO - “Diritti umani: la clausola europea” di Vittorio Agnoletto
ATTIVITÀ PARLAMENTARI I – Interventi in aula e prese di posizione:
1) 1)
5 luglio 2005: Dibattito e voto sulla brevettabilità del software
2) 2)
6 luglio 2005: Dibattito sulla situazione in Iraq – elaborazione di un quadro di
impegno
3) 3)
6 settembre 2005: Dibattito e voto sul regolamento europeo per i farmaci ad uso
pediatrico
4) 4)
28 settembre 2005: Dibattito e voto sull’apertura dei negoziati con la Turchia
5) 5)
4 ottobre 2005: Lettera aperta a Frattini sul codice di condotta delle ONP
(Organizzazioni No Profit)
ATTIVITÀ PARLAMENTARI II – Interrogazioni a Commissione e Consiglio:
1) 1)
10 settembre 2004: Situazione di rischio gravissimo per lavoratori e popolazione
al porto petroli di Genova
2) 2)
12 aprile 2005: Attuazione dell'Accordo di associazione UE-Israele e nuovo
Protocollo sulle norme di origine
3) 3)
18 maggio 2005: Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e "caso Ocalan" (Turchia)
4) 4)
18 maggio 2005: ONG "Movimondo" e indagine della Commissione Europea
5) 5)
2 giugno 2005: Relazioni UE-Nicaragua e crisi del "Nemagon" - settore
bananiero
6) 6)
17 giugno 2005: Diritto alla salute e sangue infetto in Italia ed in Europa
7) 7)
15 luglio 2005: Diritto alla "privacy" e abusi nei confronti degli "utenti internet"
di "Investici"
8) 8)
18 luglio 2005: Arresto del cittadino turco Mehmet Tarhan e diritto all'obiezione
di coscienza in Turchia
9) 9)
6 settembre 2005: Colombia, diritti dell'uomo nei confronti dei popoli indigeni
10)10) 29 settembre 2005: Commissione Europea e controllo delle "Organizzazioni Non
Profit" (ONP)
Altre interrogazioni presentate: 21 giugno 2005, Sui continui massacri in Iraq; 12 luglio
2005, Ustica; 13 luglio 2005, Operazioni segrete della CIA a Milano e violazione della
sovranità italiana; 13 luglio 2005, Colombia, massacro di San José de Apartado e
impunità; 29 settembre 2005, Cina, sull’uso di internet; 30 settembre 2005, Centro
Trasfusionale del Policlinico di Milano e donazione di sangue da parte di cittadini
omosessuali.
ATTIVITÀ PARLAMENTARI III – Documenti, mozioni e risoluzioni approvate:
1) 1) Raccomandazione, bocciata dal PE, sull’adozione della direttiva sulla
brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici:
http://www.europarl.eu.int/omk/sipade3?PUBREF=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-20050275+0+DOC+XML+V0//IT&LEVEL=3&NAV=S&L=IT
2) 2) Risoluzione del Parlamento europeo su "L'Unione europea e l'Iraq" – Quadro per
l'impegno:
http://www.europarl.eu.int/omk/sipade3?PUBREF=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-20050288+0+DOC+XML+V0//IT&LEVEL=3&NAV=X&L=IT
3) 3) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del
Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai medicinali per uso pediatrico:
http://www.europarl.eu.int/omk/sipade3?PUBREF=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-20050331+0+DOC+XML+V0//IT&LEVEL=3&NAV=X&L=IT
4) 4) Risoluzione del Parlamento europeo sull'apertura dei negoziati con la Turchia:
http://www.europarl.eu.int/omk/sipade3?PUBREF=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-20050350+0+DOC+XML+V0//IT&LEVEL=3&NAV=X&L=IT
5) 5) Bozza per raccomandazioni agli Stati membri in merito a un codice di condotta
per le organizzazioni non profit affinche' promuovano la trasparenza e seguano
migliori condotte nella contabilita':
http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=59211
APPROFONDIMENTI E RIFLESSIONI:
1) 1) Da l’Unità: botta e risposta con Fassino e Vecchi sulla globalizzazione liberista
2) 2) Lettera aperta alla Milano della solidarietà: “Una scuola per i bimbi di via
Quaranta”
3) 3)
Un punto di vista esterno: “Val di Susa: il Gruppo Abele aderisce alla mobilitazione No
Tav” di Luigi Ciotti
Nel momento in cui inviamo questa newsletter Vittorio è rientrato da poco da una missione
sui diritti umani in Colombia. Nel prossimo numero vi racconteremo di questa breve ma
intensa esperienza.
INIZIATIVE E APPUNTAMENTI:
1) 1)
1 dicembre 2005: Giornata mondiale di lotta all’AIDS:
http://www.lila.it, http://www.osservatorioaids.org, http://www.worldaidsday.org/,
http://www.unaids.org
2) 2)
3 dicembre 2005: Manifestazione nazionale Tavolo migranti contro la Bossi-Fini:
http://www.retimigranti.org
3) 3)
5-7 dicembre 2005: Conferenza governativa sulle droghe a Palermo;
5-7 dicembre 2005: tre giorni di mobilitazione contro la svolta repressiva del governo
sulle droghe, che culminerà il 7 dicembre a Roma, con “I diritti negati” –
Contromanifestazione sulle droghe promossa dalle organizzazioni aderenti ai cartelli ''Non
incarcerate il nostro crescere'', “Confini zero” e “Diritti di strada”:
http://www.fuoriluogo.it/, http://www.confinizero.it, http://dirittidistrada.net
4) 4)
8-11 dicembre 2005: Visita di una delegazione ufficiale del Parlamento europeo in
Cina per verificare le condizioni di lavoro nell’industria tessile
5) 5)
13-18 dicembre 2005: VI Conferenza ministeriale WTO a Hong Kong:
http://www.wto.org/english/thewto_e/minist_e/min05_e/min05_e.htm,
http://www.wtomc6.gov.hk/, http://tradewatch.it/osservatorio/indices/index_281.html,
http://www.twnside.org.sg/
6) 6)
19-23 gennaio 2006: VI Forum Sociale Mondiale a Bamako, Mali;
http://www.fsmmali.org
7) 7)
24-29 gennaio 2006: VI Forum Sociale Mondiale a Caracas, Venezuela:
http://www.forosocialamericas.org, http://www.forosocialmundial.org.ve
8) 8)
24-29 gennaio 2006: VI Forum Sociale Mondiale a Karachi, Pakistan:
http://www.wsf2006karachi.org (in costruzione)
ALTRE INFORMAZIONI:
1) 1) Gli incarichi di Vittorio al Parlamento Europeo
2) 2) La squadra dei collaboratori
3) 3) Elenco degli ultimi articoli pubblicati
“Diritti umani: la clausola europea” di Vittorio Agnoletto
Come molti di voi sapranno, nello scorso mese di maggio il Parlamento europeo mi ha
ufficialmente nominato relatore sulla risoluzione riguardante la «Clausola dei diritti dell’uomo
e della democrazia negli accordi dell’Unione europea». Dieci anni dopo la comunicazione
della Commissione che l’ha formalmente istituita, è giunto il momento di valutarne
l’attuazione e di esaminare nuove possibilità per un suo miglioramento, dalla fase negoziale
di un accordo fino alla fase di monitoraggio ed attuazione, prendendo in considerazione
l’adozione di misure sia negative sia positive.
Un lavoro che ho fin da subito ritenuto di estremo interesse, nonché centrale, per le battaglie portate
avanti dal Movimento negli ultimi cinque anni. Un’occasione importante per sperimentare un lavoro
istituzionale il più possibile collettivo, di concerto con tutte quelle associazioni e movimenti che in Italia
e in Europa si battono per l’affermazione dei diritti umani come principio guida delle relazioni fra gli
Stati, i popoli, le nazioni.
Con questa convinzione, di pari passo all’iter parlamentare di costruzione della risoluzione, abbiamo
organizzato due importanti momenti di confronto con la società civile italiana ed europea
(rispettivamente a Roma il 21 settembre e a Bruxelles il 17 ottobre) ai quali hanno, tra gli altri,
partecipato: Amnesty International, ARCI, ARCI Gay, CISL, CTM Altromercato, FIOM, Gruppo Abele,
Istituto Mario Negri, Magistratura Democratica, Manitese, Osservatorio italiano sulla salute globale,
Rete Lilliput, Save the Children, Sbilanciamoci, Social Watch, Terranuova, Terre des Hommes, Valori.
Questo editoriale mira ad illustrare le principali innovazioni che proporrò al Parlamento europeo, anche
a nome di questi autorevoli interlocutori, e ad offrire, a chi fosse interessato, degli approfondimenti in
materia.
Il voto a Strasburgo, in sessione planaria, è previsto per febbraio 2006. Allora si aprirà un nuovo
capitolo – spero più equo e democratico di quanto avvenuto sino ad ora – del lungo cammino verso il
rispetto dei diritti umani, in Europa e nel mondo.
GLI ELEMENTI INNOVATIVI DELLA RELAZIONE
Un nuovo modello di clausola.
La cui redazione sarà a carico della Commissione Europea ma il cui testo dovrà conformarsi ai
seguenti 3 principi fondamentali, condivisi all’interno del Parlamento.
Rispetto alla formulazione giuridica dei diritti, pur confermando l’impegno a promuovere i diritti
fondamentali così come previsto dalla Dichiarazione del 1948 e dai Patti su diritti civili e politici e sui
diritti economici, sociali e culturali del 1966, nonché le principali convenzioni ONU e OIL
(Organizzazione internazionale del lavoro) per quanto riguarda la parità di genere, la lotta alla
discriminazione in base all’orientamento sessuale, i diritti fondamentali al lavoro e i diritti del fanciullo,
le parti dovranno rifarsi innanzitutto agli obblighi ed impegni da loro già ratificati. Se la clausola
contenesse un riferimento ad un testo che non trova spazio nel quadro del sistema giuridico del Paese
firmatario, il semplice fatto di firmare l’accordo non avrebbe infatti effetti concreti al fine di garantire che
la tutela dei diritti umani rispetti le condizioni definite nel testo di riferimento.
Seguendo uno degli elementi più innovativi dell’accordo di Cotonou, che dal 2000 sostitusce quello di
Lomè nel regolare i rapporti con gli Stati ACP (Africa, Carabi e Pacifico), la clausola dovrà poi
contenere una procedura di consultazione tra le parti, che specifichi i meccanismi politici e giuridici
in caso di richiesta di sospensione della cooperazione bilaterale per violazioni sistematiche della
democrazia, dei diritti umani o dello stato di diritto.
La clausola dovrà infine essere fondata sulla reciprocità, ovvero avere un "valore bidirezionale" e configurarsi come la base legale grazie alla quale le parti discutano e agiscano
positivamente e congiuntamente, sia all'interno del territorio dell'Unione o del Paese terzo, sia nelle
loro politiche esterne. Il rischio eurocentrismo è sempre in agguato. I precedenti parlano chiaro:
l’applicazione della clausola ha fino ad ora coinvolto solo Paesi ACP. Mai uno Stato UE (né tanto
meno altri Paesi “occidentali”) è stato accusato di aver violato un diritto, di non aver rispettato
uno di quei principi di democrazia che l’Unione europea chiede ai Paesi terzi. Abbiamo visto ciò
che è accaduto e ancora accade a Ceuta e Melilla, tra Marocco e Spagna. Le testimonianze dal
Centro di permanenza temporanea di Lampedusa ci mandano continue conferme dell’illegalità
imperante al suo interno. Gli sgomberi alle baracche dei ROM in mezz’Italia impongono una riflessione
sulla condizione delle minoranze e dei popoli nomadi. Sono solo tre esempi di sfide che l’Europa dovrà
affrontare rivolgendo lo sguardo alle sue stesse istituzioni, ai suoi stessi cittadini, al suo modo di
rispettare i diritti delle persone.
Un maggior ruolo del Parlamento Europeo.
Il conferimento di un mandato negoziale per la conclusione di nuovi accordi con i paesi terzi
è, attualmente, di responsabilità esclusiva del Consiglio europeo. La natura di tale mandato
non è tuttavia del tutto chiara né trasparente ed una procedura più aperta consentirebbe di
conseguire risultati notevoli. Rendendo la procedura più trasparente ed associando il
Parlamento europeo, i parlamenti nazionali e la società civile al processo di definizione della clausola
sui diritti dell’uomo si favorirebbero inoltre il dialogo e l’attuazione, una volta entrato in vigore l’accordo.
Per questi motivi nella mia risoluzione chiedo il pieno coinvolgimento del Parlamento Europeo, tramite
le sue commissioni parlamentari competenti, nell’elaborazione del mandato negoziale degli accordi
UE-Paesi terzi, così come nel processo decisionale concernente l’avvio di una consultazione, la
sospensione di una accordo o la sospensione di eventuali misure negative già imposte ad un Paese
(“sospensione della sospensione”).
Un maggior ruolo della società civile.
Pur condividendo il principio, questo aspetto della discussione è stato sicuramente fra i più dibattuti
durante i due seminari di Roma e Bruxelles.
C’era lo scontato problema di definire il termine società civile ma anche quello di fare o non fare
differenza tra enti accreditati e non ai vari livelli nazionali e sovranazionali, così come delle
competenze e delle responsabilità da attribuire loro.
La soluzione di compromesso prevede un ruolo diffuso delle diverse componenti della società
civile nella fase di studio “epidemiologico” pre-negoziazione e in quella di monitoraggio
sull’implementazione dell’accordo e un ruolo particolare per le ONG internazionali che abbiano
almeno uno "status consultivo" presso il Consiglio d'Europa, il Consiglio Economico e Sociale delle
Nazioni Unite o la Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra nel chiedere ufficialmente
la valutazione della sospensione di un accordo bilaterale o l'implementazione di altre "misure
appropriate". In ogni caso si è ritenuto corretto non far partecipare nessun membro della società civile
alla fase decisionale collegata a tale valutazione.
Un efficace meccanismo di controllo.
Il coinvolgimento di due attori quali il Parlamento Europeo e la società civile costituisce un mattoncino
fondamentale nella predisposizione di un efficace meccanismo di controllo dell'osservanza, da parte
dei partner, dei diritti umani e dei principi democratici.
Le novità proposte in questo campo riguardano:
a) l’avvio da parte di Consiglio e Commissione di procedure di dialogo strutturato nell'ambito della
valutazione periodica dell'osservanza dei loro obblighi in materia di diritti umani e la
conseguente inclusione sistematica delle questioni attinenti ai diritti umani negli ordini del giorno
del Consiglio di Associazione (ndr. organismo di nomina governativa che rappresenta le parti
dell’accordo e sovrintende all’applicazione dell’accordo stesso);
b) l’iscrizione automatica all’ordine del giorno del Consiglio di Associazione delle richieste di
sospensione di un accordo bilaterale o l’implementazione di altre misure appropriate che vengano
formulate da uno dei governi competenti, il Parlamento europeo, i parlamenti nazionali competenti
o un numero che andrà precisato di ONG internazionali;
c) l’istituzione all’interno dei Consigli di Associazioni di “sottocommissioni sui diritti
umani” incaricate di verificare il rispetto della "clausola democratica" nonché di proporre azioni
specifiche positive di miglioramento di democrazia e diritti umani. Tali sottocommissioni
dovrebbero riunirsi in modo periodico (e comunque ogni qualvolta si riunisce il "Consiglio di
Associazione") e comprendere i rappresentanti dei parlamenti e delle organizzazioni della società
civile;
d) la raccomandazione affinchè la costituenda “Agenzia dell'Unione europea per i diritti
fondamentali” abbia un ruolo da svolgere nei processi di verifica, e più in particolare nello
stabilire e monitorare la coerenza tra le dichiarazioni di politica generale dell'Unione sui diritti
fondamentali e il rispetto della nuova clausola democratica negli accordi con i paesi terzi,
indicando eventuali misure per migliorare tale coerenza.
L’inclusione degli accordi settoriali, a tutti i paesi terzi (anche quelli industrializzati) e della
responsabilità delle multinazionali.
Considerando che molti accordi con paesi sviluppati e accordi settoriali (ad esempio in materia di
prodotti tessili, agricoltura e pesca) non contengono ancora tale clausola e considerando che
l'applicazione di questa clausola è stata finora eccessivamente dipesa da considerazioni di ordine
geopolitico o geoeconomico che ne hanno compromesso la credibilità, riducendola spesso ad
affermazioni di principio senza effetti pratici, si è ritenuto opportuno estendere la clausola a tutti gli
accordi, sia con i paesi industrializzati sia con i paesi in via di sviluppo, nonché a tutti i vari accordi di
partnership commerciale. Molto spesso tali accordi prevedono cospicue dotazioni finanziarie e, in
nome della coerenza politica, è quindi doveroso che anch’essi contengano un richiamo al rispetto dei
diritti dell’uomo e dei principi democratici.
Viste poi le norme delle Nazioni Unite del 2003 sulla “Responsabilità delle compagnie transnazionali e
di altre imprese riguardo ai diritti umani”, che mettono in relazione tali standard con specifiche
responsabilità delle imprese in materia di diritti umani, abbiamo infine ritenuto doveroso inserire un
riferimento concreto a quest’ultime anche per valorizzarne la portata sul lavoro quotidiano di tante
associazioni e ONG europee e non.
Per approfondimenti, leggete i due paragrafi successivi…
STRUTTURA E CONTENUTO DELLA CLAUSOLA
L’inserimento della cosiddetta "clausola sui diritti dell’uomo" in tutti gli accordi quadro stipulati
dall’Unione europea con i paesi terzi, dagli accordi commerciali e di cooperazione agli accordi di
associazione quali gli accordi europei, gli accordi mediterranei fino all’accordo di Cotonou, risale ai
primi anni ’90.
Nel corso degli anni la clausola ha subito un’evoluzione e pertanto non è identica in tutti gli
accordi. Nella versione definita per la prima volta in una comunicazione della Commissione
del 1995 essa si articola in due parti. La prima parte contiene la clausola cosiddetta
dell’"elemento essenziale" inserita nelle prime disposizioni dell’accordo, la quale recita:
Il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali così come definito [nella
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo]/[nell’atto finale di Helsinki e nella Carta di Parigi
per una nuova Europa] ispira le politiche interne ed internazionali della Comunità e [del paese o
del gruppo di paesi interessati] e costituisce un elemento essenziale del presente accordo.
La seconda parte è contenuta nelle disposizioni finali dell’accordo ed istituisce la possibilità
di adottare "misure appropriate" in caso di violazione di un elemento essenziale. La
cosiddetta clausola di "non esecuzione" è così formulata:
Se una parte ritiene che l’altra non abbia adempiuto ad un obbligo ai sensi del presente
accordo, può adottare misure appropriate. Prima di fare ciò dovrà, tranne che in casi di
particolare urgenza (leggi di violazione della clausola dell’elemento essenziale di cui sopra),
fornire al Consiglio di associazione tutte le informazioni utili necessarie per un esame
approfondito della situazione in vista di conseguire una soluzione accettabile per le parti.
ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLA CLAUSOLA
La clausola fu inserita per la prima volta nella Convenzione di Lomé IV nel 1990, che riuniva gli allora
15 membri dell'Unione Europea con 68 paesi dell'area Africa, Caraibi e Pacifico (definiti paesi ACP)
con lo scopo di sostenere questi ultimi nelle politiche di aggiustamento strutturale, favorendo
l'integrazione regionale politica e economica. L’accordo con i paesi ACP costituì un precedente, subito
replicato negli accordi di cooperazione con l’Argentina.
Il 25 marzo del 1991 la Commissione adottò una comunicazione “in materia di diritti
dell’uomo, democrazia e cooperazione allo sviluppo”, cui seguirono ben presto due
risoluzioni del Consiglio. Nella prima il Consiglio accoglieva con favore la comunicazione
della Commissione e nella seconda esso istituiva un mandato specifico per l’inserimento
della clausola in tutti gli accordi con i paesi terzi.
Seguendo queste indicazioni, negli accordi del 1992 con gli Stati baltici e l’Albania, la
Commissione ottenne l’inserimento della cosiddetta "clausola baltica", che consentiva la
sospensione immediata in caso di violazione dei diritti umani, ben presto sostituita dalla
cosiddetta "clausola bulgara", che, rispetto ad una sospensione immediata dell’accordo,
favoriva il proseguimento del dialogo politico ed istituiva un meccanismo di conciliazione.
Dal 23 maggio 1995, data della succitata comunicazione della Commissione europea, la clausola
divenne realtà. O meglio, il suo inserimento diventò sistematico.
In particolare, è stata invocata quale base per l’avvio di consultazioni, per la sospensione
degli aiuti o l’adozione di altre misure in 12 casi che hanno coinvolto 10 paesi ACP: Niger,
Guinea-Bissau, Repubblica centrafricana, Togo, Haiti, Comore, Costa d’Avorio, Figi, Liberia e
Zimbabwe.
La clausola sui diritti dell’uomo ha inoltre impedito la conclusione di accordi bilaterali con l’Australia e
la Nuova Zelanda, con le quali sono state concluse, invece, dichiarazioni congiunte meno vincolanti,
rispettivamente nel 1997 e nel 1999.
Attività parlamentari I - 1
5 LUGLIO 2005
Voto del Parlamento Europeo sulla direttiva sulla brevettabilità del software
“Libertà del software = libertà di contaminazione”
Intervento in plenaria di Vittorio:
“Signor Presidente, onorevoli colleghi, al di là delle dichiarazioni ufficiali, nell’articolo 2 è
stata inserita una modifica per consentire che la tutela brevettuale comprenda anche il
software contenuto in uno strumento tecnico.
Questo rappresenta la porta d’accesso alla brevettabilità del software. E’ come se un giorno
fosse possibile brevettare scale, note e accordi. E’ come se venisse brevettata la scala
pentatonica, per cui improvvisamente buona parte della musica blues violerebbe tale brevetto
e tutti gli autori dovrebbero pagare royalties a chi lo avesse registrato.
Sono già stati richiesti brevetti per idee che non sono nuove, quali il clic del mouse per
svolgere un’azione oppure l’operatore di diseguaglianza nel codice sorgente, e per altre idee
banali che oggi vengono utilizzate praticamente in tutti i software in circolazione.
Inoltre, se l’interoperabilità dovesse essere bloccata da brevetti su programmi e il
consumatore fosse spinto ad acquistare e ad utilizzare sempre e solo prodotti della stessa
azienda, vi sarebbero pesanti conseguenze, soprattutto di carattere economico. Nessuna
azienda deve poter costruire un monopolio tramite software brevettati. Una piccola ditta si
troverebbe a sostenere spese enormi da una parte per non commettere alcuna violazione di
brevetto e, dall’altra, per difendere in tribunale le proprie realizzazioni. La concorrenza non
sarebbe quindi più solo una questione di mercato ma diventerebbe anche una questione
legale.
Pensiamo a tutti gli istituti di ricerca universitari e ospedalieri che oggi, grazie all’assenza di
questa direttiva, conducono ricerche risparmiando sul software perché usano programmi
ideati dagli istituti stessi, quindi gratuiti, o software alternativi con prezzi molto inferiori a
Microsoft. Senza i brevetti sul software, l’Europa potrebbe mantenere bassi i costi, stimolare
l’innovazione, migliorare la sicurezza e creare posti di lavoro.
Al già citato titolo dell’Harvard Business Review “I brevetti sono bombe intelligenti” io
aggiungerei “contro la possibilità di far interagire in futuro culture e mondi fra loro diversi”.
Articoli e comunicati stampa di riferimento: “Affare brevetti. Commissione contro deputati”, Carta
Etc, 1 luglio 2005; “Ue, Agnoletto: La brevettabilità del software significa perdita di concorrenza e di
innovazione tecnologica”, comunicato stampa del 4 luglio 2005; “Direttiva Software al Parlamento
Europeo: la resa dei conti”, L’Unità, 6 luglio 2005 su www.vittorioagnoletto.it sezione “Articoli”.
Attività parlamentari I - 2
6 LUGLIO 2005
Sulla situazione in Iraq e il nuovo quadro di impegno
“Guerra, terrorismo e società civile”
Intervento in plenaria a nome del gruppo GUE:
“Signor Presidente, onorevoli colleghi, collega Dimitrakopoulos, le vie dell’inferno sono
lastricate di buone intenzioni. Intendo dire che se non si fanno i conti con il passato, questo
prima o poi si ripresenterà, con un conto estremamente salato e drammatico.
Se oggi non si condanna la guerra, non si può comprendere quello che accade in questo
momento in Iraq. La guerra e il terrorismo continuano ad alimentarsi a vicenda. Prima della
guerra in Iraq non c’era il terrorismo.
Bisogna avere il coraggio di dire che gli eserciti occupanti sono un elemento che produce
insicurezza, non sicurezza. Bisogna avere il coraggio di dire che gli Stati Uniti e i loro alleati
sono andati in Iraq per il petrolio di cui volevano impadronirsi, non certo per propagandare la
democrazia, posto che ciò sia perseguibile.
Ieri abbiamo incontrato i rappresentanti della società civile, delle organizzazioni dei diritti
umani, dei sindacati e delle donne. Ci hanno spiegato che questa società è attiva e vuole
essere protagonista del suo futuro.
L’Europa deve guardare anche a questo e non solo al rapporto con un governo scelto dopo
elezioni che si sono svolte sotto un’occupazione militare straniera”.
Comunicati stampa di riferimento: “Iraq, Agnoletto: i soldi per la guerra non mancano mai”,
comunicato stampa del 21 luglio 2005 su www.vittorioagnoletto.it sezione “Articoli”.
Attività parlamentari I - 3
6 SETTEMBRE 2005
Sul regolamento dei medicinali ad uso pediatrico
“Bene i programmi di ricerca ad hoc,
malissimo l’ingordigia delle multinazionali”
Intervento in plenaria di Vittorio a nome del gruppo GUE:
“Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'approvazione di questo regolamento rappresenta un
importante passo in avanti: a tutt'oggi la maggioranza dei minori europei assume farmaci la
cui efficacia e sicurezza non è documentata sui bambini e negli adolescenti, esposti quindi a
maggiori rischi rispetto agli adulti.
Tuttavia, l'attuazione del regolamento dipenderà dalle attività e dalle responsabilità del
comitato scientifico che, pur lavorando all'interno dell'EMEA, dovrà garantire la propria
autonomia dall'industria farmaceutica nell'interesse della popolazione pediatrica.
Le attività propositive di controllo di tale comitato dovranno essere pubbliche, così da
consentire a tutti i cittadini di essere informati su quanto si sta facendo per migliorare la loro
salute.
Sarà discriminante l'attivazione del registro delle sperimentazioni cliniche e farmacologiche
che coinvolgono i bambini e la creazione di un formulario pediatrico europeo, da aggiornare
periodicamente.
Inoltre, per l'istituzione del programma MICE, previsto dal regolamento, sarà necessario
esplicitare le forme di finanziamento in interazione con i programmi quadro della Comunità.
Il prolungamento di sei mesi del brevetto è invece un ennesimo regalo alle multinazionali
farmaceutiche, in totale disprezzo della salute dei bambini ed in contrasto con gli obiettivi stessi di
questo regolamento. L'industria farmaceutica è il settore industriale che negli ultimi anni ha distribuito i
dividendi più alti ai propri azionisti, non ha certo bisogno di ulteriori profitti!
Articoli e comunicati stampa di riferimento: “UE/Farmaci pediatrici: Non si fermano nemmeno
davanti ai bambini»”, comunicato stampa del 7 settembre 2005; “Accesso ai farmaci, le promesse
mancate”, Liberazione, 11 settembre 2005 su www.vittorioagnoletto.it sezione “Articoli”.
Attività parlamentari I - 4
28 SETTEMBRE 2005
Apertura dei negoziati con la Turchia – Protocollo aggiuntivo all’accordo d’associazione
tra la Comunità economica europea e la Turchia a seguito dell’allargamento
“Turchia in Europa:
al centro delle trattative i diritti umani”
Intervento di Vittorio in plenaria:
“Signor Presidente, onorevole colleghi, il 3 ottobre inizia il negoziato con la Turchia. Questo Paese non
può prendersi gioco dell'Unione europea: i diritti umani devono essere al centro di ogni trattativa.
Contrariamente a tale principio, la riforma della Costituzione turca è rimasta un semplice auspicio e
nella legge elettorale permane lo sbarramento del 10 per cento che impedisce ai curdi di avere una
propria rappresentanza parlamentare.
Una nuova legge limita la possibilità per gli avvocati di compiere il loro dovere professionale, i giornalisti
possono essere arrestati se i loro articoli vengono ritenuti un attacco all'integrità territoriale, i sindacati
degli insegnanti sono stati condannati perché avevano difeso il diritto di ciascuno di esprimersi a scuola
anche nella propria lingua. Mehmet Tarhan, un giovane turco gay, è stato condannato a diversi anni di
carcere per essersi dichiarato obiettore di coscienza.
Ma la situazione è più grave nella regione del Kurdistan. Solo qualche settimana fa il Presidente
Erdogan aveva alimentato la speranza per l'avvio di un percorso di pace: nulla di tutto questo è
avvenuto. Nonostante la sospensione di ogni azione militare dichiarata dal Congra-Gel si continuano a
registrare violente azioni militari, torture e rapimenti ai danni della popolazione curda.
L'Unione europea deve chiedere alla Turchia di riconoscere politicamente l'esistenza di una
questione curda e di avviare delle trattative pubbliche con questo popolo. La strada per
l'Unione europea passa per Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco. I diritti umani, il rispetto
delle regole democratiche non sono trattabili e il governo turco non appare intenzionato a
rispettare l'invito della Corte europea per i diritti umani a celebrare un nuovo processo ad
Ocalan. L'Unione europea non può ignorare tale situazione, a meno di non voler svalutare la
credibilità delle stesse istituzioni.
L'idea che la Turchia possa entrare nell'Unione europea senza riconoscere Cipro è del tutto
inaccettabile: la “palla” ora è nel campo turco. È possibile mettere in discussione per anni gli accordi
economici e doganali, mai i diritti umani”.
Articoli e comunicati stampa di riferimento: “Turchia in Europa: priorità ai diritti umani”,
comunicato stampa del 4 ottobre 2005; “Perchè la questione turca riguarda la sinistra”, Il
manifesto, 4 ottobre 2005; “Agnoletto sul ferimento e l'arresto di decine di manifestanti curdi
in Turchia”, comunicato stampa del 5 settembre 2005 su www.vittorioagnoletto.it sezione
“Articoli”.
Attività parlamentari I – 5
4 OTTOBRE 2005
Lettera aperta di deputati europei sulla bozza di un
"Codice di condotta per le organizzazioni non profit" elaborato dalla Commissione
Europea
Signor Commissario,
il 22 luglio scorso, la Commissione Europea (Direzione Generale Giustizia, Libertà e
Sicurezza) ha redatto una "Bozza di Raccomandazione in merito ad un codice di condotta per
le Organizzazioni Non Profit (ONP)".
In tale documento si afferma addirittura che "esistono prove che le ONP siano state
utilizzate per finanziare il terrorismo e per commettere altri crimini”. Nonostante sia
riconosciuto il ruolo delle stesse come “fondamentale nello svolgimento di attività e servizi
umanitari ai cittadini in aree di vitale importanza”, nella bozza vengono elencate una serie di
proposte di controllo che ne stravolgerebbe le attività, fino a snaturarne il significato.
Cercare di organizzare un sistema di controllo come quello auspicato dalla
Commissione significa equiparare le ONP ad istituti che sono, per definizione, di diversa
natura. È sicuramente auspicabile ottenere trasparenza e certezza dell’operato, ma proporre
di designare un organismo di supervisione che risponda ai governi pregiudica ogni forma di
autonomia e libertà d' azione delle ONP. Vi é un evidente rischio che le uniche ONP
autorizzate ad agire siano quelle filo-governative.
Non è accettabile che, "per poter usufruire di trattamenti fiscali preferenziali", le ONP
debbano sottostare ad un regime di controllo e di gestione come quello auspicato. L'intera
proposta è ispirata dalla creazione di un sistema di controllo politico delle attività delle ONP,
e più in generale delle organizzazione non governative, semplicemente inaccettabile.
L'intera credibilità politica del documento viene meno nel momento in cui non si
indicano le prove per le quali le ONP vengono classificate come “vulnerabili al crimine”´.
Accusare genericamente le ONP di essere un possibile strumento per organizzazioni
terroristiche genera un atteggiamento di grande sfiducia in tutti quei cittadini che attraverso
le ONP partecipano ad azioni di solidarietà internazionale.
Condividiamo le osservazioni contenute nel documento "Response from the Civil
Society Contact Group", Le chiediamo perciò di ritirare la "bozza per raccomandazioni agli
stati membri in merito ad un codice di condotta per le organizzazioni non profit affinché
promuovano la trasparenza e seguano migliori condotte nella contabilità", e di promuovere
un dialogo strutturato con le "organizzazioni no profit" europee su tutt'altre basi.
La salutiamo cordialmente,
Agnoletto Vittorio, MEP GUE/NGL
(Seguono le firme di tutti gli europarlamentari italiani dell’Unione)
Articolo di riferimento: “Lettera aperta a Frattini: 23 eurodeputati per il ritiro del codice di
condotta per le Organizzazioni no profit”, Redattore Sociale del 4 ottobre 2005 su
www.vittorioagnoletto.it sezione “articoli”
Attività parlamentari II – 1
Interrogazione alla Commissione sulla situazione di rischio gravissimo
per lavoratori e popolazione al porto petroli di Genova
Presentata in data 10 settembre 2004.
Prima risposta ottenuta in data 3 novembre 2004. Risposta integrativa del 25 luglio 2005
Testo interrogazione Agnoletto.
Premesso che:
-
il 15 settembre 2004 un fulmine ha colpito e incendiato un serbatoio nel porto
petroli di Multedo mettendo a rischio abitanti e lavoratori in questo quartiere di Genova e
che analogo incidente era avvenuto il 12 luglio 1981 quando l'esplosione della petroliera
Hakuyoh Maru causò 5 morti e decine di feriti;
-
l'area di Multedo è soggetta a gravissimo rischio d'incidente e d'inquinamento per
l’alta densità d'impianti pericolosi: 4 pontili con 8 accosti per prodotti petroliferi, altri 3
accosti per prodotti speciali con stazioni di pompaggio, impianti e servizi portuali e ben 2
attracchi offshore registrano un movimento annuo di 26-27 milioni di tonnellate di greggio
e raffinato con un transito di 240.000 tonnellate di prodotti petrolchimici;
-
da Genova si dirama il più importante sistema di oleodotti italiano, che rifornisce
lungo 4 direttrici diverse le raffinerie in Val Padana della SNAM, ERG, COMITA,
IPLOM/OLGESA oltre ai depositi di Aigle in Svizzera e Ingolstad in Germania e che nei
depositi SNAM di Fondega su un'area 296.000 mq sono stoccati fino a 573.000 mc di cui
greggio per 423.500, gasolio per 89.900, virgin nafta per 55.200 e varie per 4.400;
-
uno studio della Polytecna Harris già nel 1994 aveva sottolineato che in caso di
incidente il raggio di pericolosita’ per le persone è di circa 400 metri e avrebbe coinvolto
abitazioni, la ferrovia Genova-Savona, diverse attività commerciali e l'azienda
petrolchimica Superba, autorizzata a stoccare su 47 depositi fino a 31.360 mc di prodotti
altamente infiammabili movimenta all'anno oltre 189.000 tonnellate di prodotto;
-
i piani d'evacuazione previsti dalla legge Seveso sono insufficienti e del tutto
sconosciuti alla popolazione;
-
il Comune di Genova non ha mai sviluppato né un'indagine epidemiologica sulla
zona né attuato il piano urbanistico che prevede l'allontanamento degli impianti a rischio,
né ha limitato almeno la movimentazione;
-
sta invece approvando progetti per ampliare l’attività del porto petroli costruendo
un nuovo oleodotto verso la Germania ed ha autorizzato la costruzione nella stessa area
di nuove abitazioni, di insediamenti industriali acuendo l'esposizione di lavoratori e
popolazione residente al rischio di nuovi incidenti e di inquinamento
Potrebbe la Commissione far sapere se non intenda richiamare le autorità italiane al rispetto
delle norme europee che prevedono l'eliminazione del rischio in aree come quella di Genova
Multedo nonché il diritto all'informazione della popolazione?
Risposta data dalla signora Wallström a nome della Commissione, 3 novembre 2004.
La direttiva Seveso II intende prevenire incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze
pericolose. L’articolo 4 stabilisce che la direttiva non si applica ai porti e alle condotte,
pertanto le attività quali il carico e lo scarico di sostanze pericolose non sono disciplinate
dalla direttiva Seveso II. Tuttavia, ogni Stato membro può decidere volontariamente di
applicare a queste attività alcune delle misure previste dalla direttiva in oggetto.
Gli impianti fissi, tra cui per esempio le raffinerie, rientrano nel campo di applicazione della
direttiva se la quantità di sostanze pericolose presente nello stabilimento supera le soglie
indicate nell’allegato I della direttiva. Per gli impianti più grandi che rientrano nel campo di
applicazione della direttiva le autorità competenti devono in particolare predisporre piani di
emergenza per limitare le conseguenze di possibili incidenti. Inoltre devono assicurare che le
informazioni sulle misure di sicurezza da adottare e le norme di comportamento da osservare
in caso di incidente siano fornite d’ufficio alle persone che potrebbero essere colpite dalle
conseguenze di un incidente.
Per gli stabilimenti contemplati dalla direttiva Seveso II gli Stati membri devono inoltre
provvedere affinché nelle politiche in materia di utilizzazione dei suoli si tenga conto
dell’obiettivo di prevenire gli incidenti rilevanti e limitarne le conseguenze.
Sulla base di queste considerazioni, la Commissione contatterà le autorità italiane per
ottenere maggiori informazioni sui siti Seveso che potrebbero trovarsi nell’area del terminal
petrolifero di Multedo, valutando con particolare attenzione l’esistenza di piani di emergenza,
le misure per l’informazione della popolazione e i dispositivi in funzione nell’area interessata
per garantire la realizzazione degli obiettivi in materia di controllo dell’urbanizzazione definiti
dall’articolo 12 della direttiva Seveso II.
Risposta integrativa data dal signor Dimas a nome della Commissione, 25 luglio 2005.
La direzione generale Ambiente ha provveduto a contattare le autorità italiane (Ministero
dell’ambiente) in base all’articolo 15 della direttiva Seveso II “Informazioni che gli Stati
membri devono comunicare alla Commissione”. Il 10 maggio 2005 l’Italia ha notificato due
incidenti rilevanti verificatisi nel 2004 negli impianti Seveso (a Porto Torres in gennaio e a
Genova Cornigliano in luglio). Fino ad ora non è stato notificato alcun incidente nel porto
petroli di Genova Multedo. La Commissione non ha ricevuto da parte delle autorità italiane
alcuna informazione ufficiale riguardo l’incendio di un serbatoio avvenuto il 15 settembre
2004, come riporta l’interrogazione parlamentare. Va osservato che la notifica di incidenti da
parte delle varie autorità competenti italiane per l’anno 2004 non è ancora ultimata e che la
Commissione può ricevere ulteriori dati in materia.
In seguito alla richiesta di informare la Commissione entro il 30 novembre 2004
sull’attuazione della direttiva Seveso II, con particolare riferimento ai piani di emergenza
esistenti, il Ministero italiano dell’ambiente ha notificato, in data 3 dicembre 2004, un
importante progresso (diverse condizioni relative ai piani di emergenza interni
completamente soddisfatte, il 75% dei piani di emergenza esterni pronti per ottobre 2004).
Stando alle suddette informazioni, in attesa di altre notifiche di incidenti, e considerato che il
campo di applicazione della direttiva non riguarda le attività portuali e che non sono stati
individuati recepimenti inaccurati o incompleti, la Commissione ritiene che non sia
opportuno adottare ulteriori disposizioni.
Attività parlamentari II – 2
Interrogazione alla Commissione sull’attuazione dell’accordo di
associazione
UE-Israele e nuovo protocollo sulle norme di origine
Presentata in data 12 aprile 2005.
Risposta ottenuta in data 24 giugno 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
Dal 1° febbraio 2005, quando Israele ha iniziato a elencare su ogni certificato d'origine i nomi
e i codici postali dei luoghi in cui la produzione ha avuto luogo nel rispetto dei requisiti delle
norme d'origine, le autorità doganali degli Stati membri devono ora ispezionare
sostanzialmente manualmente tutti i certificati d'origine emessi da Israele e determinare caso
per caso se uno qualsiasi dei luoghi di produzione elencati è situato in territori occupati?
Sarà necessario per le autorità doganali degli Stati membri sopportare questo onere
amministrativo eccezionale e i relativi costi finché Israele continuerà ad applicare l'Accordo
di associazione UE-Israele ai territori occupati?
Considerando che la modifica del protocollo sulle norme d'origine è irreversibile e che
consentirà ad Israele di attuare il cumulo diagonale dell'origine con la Comunità Europea e
ogni altro paese euromediterraneo con cui decida di concludere accordi di libero scambio
che comprendano lo stesso nuovo Protocollo euromediterraneo sulle norme di origine,
intende l'UE richiedere alle autorità doganali di tutti i paesi terzi che partecipano al cumulo
diagonale con Israele di controllare a mano sostanzialmente tutti i certificati d'origine emessi
da Israele per garantire che quelli contenenti nomi o codici postali di insediamenti conosciuti
vengano invalidati e che i beni prodotti dalle merci coperte da tali certificati d'origine
annullabili non siano irregolarmente esportati nella Comunità in base ai rispettivi accordi di
detti paesi terzi con l'UE?
Qualora l'accordo tecnico dovesse essere abbandonato o attuato scorrettamente da Israele,
può l'UE richiedere a detti paesi terzi di por fine al cumulo di alcuni o di tutti i prodotti coperti
dai certificati d'origine di Israele lavorati o trasformati nei loro territori?
Risposta data dal signor Krovács a nome della Commissione.
Secondo la legislazione doganale comunitaria tutte le dichiarazioni in dogana devono essere
accompagnate dai documenti previsti dal regime doganale nell’ambito del quale le merci
sono dichiarate, compresi quelli sulle prove di origine preferenziale. Le autorità doganali
verificano l’esattezza di tali documenti attraverso tecniche di gestione dei rischi. L’accordo
tecnico con Israele sulle norme d’origine viene applicato dagli Stati membri dal 1° febbraio
2005, e sino ad ora nessuno degli Stati membri ha informato la Commissione riguardo ad
oneri amministrativi eccezionali sostenuti dalle proprie autorità doganali in relazione a tale
accordo.
L’UE non ha la competenza per interferire nell’organizzazione dei controlli doganali di paesi
terzi che partecipano al sistema di cumulo di origine paneuromediterraneo. In ogni caso,
qualora autorità doganali dell’UE nutrano fondati sospetti che dei beni prodotti da merci
coperte da certificati d’origine irregolari siano esportati nella Comunità beneficiando degli
accordi commerciali preferenziali tra l’UE ed altri paesi partner paneuromediterranei, dette
autorità attiveranno le relative procedure di cooperazione amministrativa.
La Commissione non ha ragioni di ritenere che l’accordo tecnico possa essere abbandonato
o attuato scorrettamente da Israele.
Attività parlamentari II – 3
Interrogazione alla Commissione e al Consiglio sulla
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e caso “Ocalan” (Turchia)
Presentata in data 18 maggio 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
Il 12 maggio 2005 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha emesso una sentenza sulle
condizioni dell'arresto e del trasferimento forzato dell'ex-leader del PKK, Abdullah OCALAN,
nonché sulle condizioni di svolgimento del processo e sui maltrattamenti subiti da Ocalan
stesso (richiesta 46221/99 presso la CEDU). La Corte ha sentenziato che Ocalan non ha
potuto usufruire in Turchia di un processo giusto ed equo, accertando una violazione di
diversi articoli della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e suggerendo alla Turchia di
rifare il processo. Ha anche accertato che ci sono state gravi violazioni dei diritti della difesa
di Ocalan, accertando anche in questo caso violazioni sostanziali della Convenzione
Europea.
Domande specifiche alla Commissione.
Quali sono le valutazioni complessive della Commissione sulla sentenza del 12 maggio 2005
della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo?
Soprattutto, non ritiene la Commissione che sia necessario, prima del 3 ottobre 2005, che
Ocalan possa beneficiare di un nuovo processo, e non ritiene la Commissione che lo
svolgimento di questo secondo processo sia una condizione necessaria affinché la Turchia
dimostri la sua adesione ai principi dello stato di diritto?
Come intende reagire la Commissione se tale processo non dovesse tenersi?
Domande specifiche al Consiglio.
Quali sono le valutazioni complessive del Consiglio sulla sentenza del 12 maggio 2005 della
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo?
Soprattutto, non ritiene il Consiglio che sia necessario, prima del 3 ottobre 2005, che Ocalan
possa beneficiare di un nuovo processo, e non ritiene il Consiglio che lo svolgimento di
questo secondo processo sia una condizione necessaria affinché la Turchia dimostri la sua
adesione ai principi dello stato di diritto?
Risposta della Commissione in data 7 giugno 2005.
La Commissione è al corrente del fatto che il 12 maggio la Corte Europea dei diritti dell’uomo
ha pronunciato la sua sentenza definitiva nel ricorso Ocalan contro Turchia, in cui la Grande
Camera è pervenuta è pervenuta alle medesime conclusioni in materia di violazione e non
violazione della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo figuranti nella
sentenza della Camera del 12 marzo 2003. La Corte ha confermato la sua precedente
decisione secondo cui il processo e la sentenza di Abdullah Ocalan violavano gli articoli 3, 5
e 6 della Convenzione.
In quanto membro del Consiglio d’Europa, la Turchia è tenuta a dare esecuzione a tutte le
sentenze della Corte europea per i diritti dell’uomo. Pertanto la Commissione si attende dalla
Turchia che applichi la sentenza della corte nel caso Ocalan e accoglie con favore il fatto che
le autorità turche abbiano subito dichiarato di voler rispettare i principi della legalità. La
Commissione intende verificare attentamente se le autorità turche applicano la sentenza in
questione riaprendo il caso.
Risposta del Consiglio in data 8 giugno 2005.
Il Consiglio è al corrente della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) citata
dall’onorevole parlamentare. Non spetta al Consiglio esprimersi sul merito della sentenza
stessa. Tuttavia, è evidente che esso si attende che la Turchia rispetti la sentenza della Corte
e si conformi ad essa. La revisione costituzionale del maggio 2004 ha stabilito il principio del
primato delle convenzioni internazionali ed europee nel settore dei diritti umani, e rafforza
pertanto la capacità del sistema giudiziario turco di attribuire efficacia diretta alla CEDU.
D’altronde, la necessità di un’attuazione integrale e rapida delle decisioni della Corte europea
dei diritti dell’uomo è stata ricordata ancora recentemente dall’Unione nella sua posizione per
il Consiglio d’associazione UE-Turchia del 26 aprile scorso.
Inoltre, ed in linea generale, ci si attende anche che la Turchia, quale paese candidato
all’adesione, continui il processo di riforma e lo attui efficacemente e in tutti i campi,
segnatamente per quanto riguarda le libertà fondamentali e il rispetto integrale dei diritti
umani. Il Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2004 ha chiaramente indicato che la UE
continuerà a verificare accuratamente che l’attuazione del processo di riforma sia completa
ed efficace.
Il Consiglio può assicurare all’onorevole parlamentare che seguirà attentamente lo sviluppo
della questione.
Attività parlamentari II – 4
Interrogazione alla Commissione sull’indagine dell’ufficio antifrode
(OLAF)
nei riguardi dell’ONG italiana Movimondo
Presentata in data 18 aprile 2005.
Risposta ottenuta in data 27 settembre 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
Da alcune settimane l'ONG italiana di cooperazione allo sviluppo "Movimondo" è sottoposta
ad un'indagine per apparente uso non corretto di fondi comunitari in progetti che risalgono
ad alcuni anni fa, precedenti alla gestione dell'associazione da parte degli attuali organismi
dirigenti della ONG. Tale indagine ha portato al blocco di tutti i fondi a "Movimondo".
Potrebbe la Commissione far sapere quali siano i primi elementi dell'indagine che l'hanno
convinta a promuovere il blocco dell'insieme dei finanziamenti a "Movimondo" benché i fatti
contestati si riferiscano apparentemente ad alcuni aspetti precisi della gestione di vecchi
progetti?
Non pensa la Commissione che, trattandosi di ONG i cui progetti sono realizzati direttamente
nei paesi più poveri, sia necessario accelerare al massimo i controlli e, se in un primo
momento le contestazioni risultassero infondate, riprendere l'erogazione dei fondi?
Potrebbe la Commissione illustrare in quali casi precisi, conformemente ai regolamenti
interni e delle Comunità Europee, la Commissione può procedere al blocco dei fondi ad una
ONG?
Risposta data dalla Sig.ra Ferrero-Waldner in nome della Commissione.
Conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/99, l’Ufficio europeo per la
lotta antifrode (OLAF) ha avviato un’indagine esterna su presunte irregolarità nelle procedure
d’appalto dei progetti umanitari e di cooperazione allo sviluppo finanziati dalla Commissione
e attuati dall’organizzazione non-governativa Movimondo.
Peraltro la Procura di Roma ha avviato un’indagine sugli stessi fatti.
Nel rispetto del principio della presunzione di innocenza e della riservatezza delle indagini, la
Commissione non può allo stato attuale esprimersi sul caso.
Entro i limiti fissati dal regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 che stabilisce il regolamento
finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee, la Commissione agisce
nell’intento di tutelare gli interessi finanziari della UE, nel rispetto dei diritti delle
organizzazioni interessate dalle indagini. A tal fine, l’Ufficio di cooperazione EuropAid e la
Direzione generale per gli aiuti umanitari hanno preso misure precauzionali.
Qualora emergano irregolarità e conformemente all’articolo 114, paragrafo 2, del regolamento
finanziario, non possono essere concesse sovvenzioni alle organizzazioni che abbiano
commesso gravi illeciti professionali o che siano state dichiarate colpevoli di grave
inadempienza per non aver ottemperato agli obblighi contrattuali.
Inoltre, l’articolo 103 delle modalità di attuazione del regolamento finanziario recita: “La
sospensione dell’esecuzione dell’appalto prevista all’articolo 103 del regolamento finanziario
ha lo scopo di verificare l’esistenza di errori ed irregolarità sostanziali o di frodi presunte.
Se detti errori, irregolarità o frodi sono imputabili al contraente, le istituzioni possono
rifiutare il pagamento o recuperare gli importi già versati, proporzionalmente alla gravità degli
errori, irregolarità o frodi”.
L’articolo 153 del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, recante
modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che
stabilisce il regolamento finanziario, recita: “La sospensione dell’esecuzione dell’appalto
prevista all’articolo 103 del regolamento finanziario ha lo scopo di verificare l’esistenza di
errori ed irregolarità sostanziali o di frodi presunte. Se non sono confermati, l’esecuzione
dell’appalto riprende al termine della verifica”. Tali disposizioni si applicano, mutatis
mutandis, anche agli accordi di sovvenzione.
La Commissione comprende perfettamente l’importanza di agire in tempi rapidi per non
ostacolare l’attuazione dei progetti da parte delle organizzazioni non governative e di altre
organizzazioni della società civile che svolgono un ruolo prezioso nel campo della
cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario.
Qualora, a seguito di procedure avviate a norma dell’articolo 103 del Regolamento
finanziario, la Commissione decida di sospendere l’esecuzione degli appalti, questi vengono
ripresi non appena possibile se gli “errori ed irregolarità sostanziali o frodi presunte” non
vengono confermati, come stabilito dalle modalità d’applicazione del regolamento finanziario.
Attività parlamentari II – 5
Interrogazione alla Commissione sulle relazioni UE-Nicaragua
e la crisi del “Nemagon” nel settore bananiero
Presentata in data 2 giugno 2005.
Risposta ottenuta in data 18 luglio 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
Da alcune settimane, in Nicaragua, si discute attorno alla crisi politico-sociale creata
dall'utilizzo del "Nemagon" negli Anni Novanta, ovvero un potente fertilizzante chimico che
ha causato malattie e malformazioni di circa 83.000 persone nel solo Nicaragua che
lavoravano nel settore bananiero. Nel 1998, dei lavoratori affetti da malattie causate dal
"Nemagon" videro riconosciuti da un tribunale nicaraguense i loro diritti, nonchè il principio
di un risarcimento di circa 490 milioni di dollari, soldi mai versati.
Anche il parlamento nicaraguense si è espresso sull'argomento, ma si è limitato a
riconoscere un generico "principio di responsabilità" per l'accaduto, senza promuovere
misure concrete di risarcimento o di messa al bando definitiva del "Nemagon". Da molte
settimane, i "bananeros" colpiti dal "Nemagon" manifestano davanti al parlamento di
Managua per vedere riconosciuti i loro diritti.
Potrebbe la Commissione far sapere se non intenda esercitare le dovute pressioni -e qualisul governo del Nicaragua affinché imponga un risarcimento dei danni causati ai
"bananeros" dal "Nemagon", quale riconoscimento della responsabilità oggettiva delle
multinazionali agro-alimentari nella produzione intensiva e nociva alla salute umana di
banane? Qualora la situazione di conflitto dovesse permanere, non intende la Commissione
proporre la sospensione della cooperazione nel settore agricolo tra UE e Nicaragua, almeno
fino a quando non verranno riconosciuti i diritti dei "bananeros"?
Risposta della signora Ferrero-Waldner a nome della Commissione.
Il Nemagón è stato utilizzato in Nicaragua fino al 1980 circa dalle società bananiere con
conseguenze gravi per i lavoratori, 22.000 dei quali sono affetti, secondo una stima, da
malattie.
La giustizia nicaraguense ha effettivamente riconosciuto la responsabilità di varie
multinazionali nonché il principio di un risarcimento in varie sentenze e, in particolare, nella
sentenza dell’11 dicembre 2002 che condanna le multinazionali ad un risarcimento pari a
490 milioni di US$. Ulteriori ricorsi e sentenze sono attualmente in corso negli Stati Uniti.
Il 5 agosto 1993 le autorità nicaraguensi hanno definitivamente sospeso l’uso del Nemagón e
da quanto risulta, il fertilizzante non è stato più utilizzato dal 1980.
In risposta all’Onorevole Parlamentare, la Commissione ritiene che non fa parte delle
responsabilità dei beneficiari della nostra cooperazione sostituirsi alle responsabilità di
società multinazionali.
Attività parlamentari II – 6
Interrogazione alla Commissione sul diritto alla salute
e sangue infetto in Italia e in Europa
Presentata in data 17 giugno 2005.
Risposta ottenuta in data 1 agosto 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
L'11 giugno 2005, in Italia, la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza che esclude
qualsiasi possibilità di risarcimento da parte del Ministero italiano della Salute di 49.000
pazienti italiani che, in seguito a trasfusioni di "sangue infetto", hanno contratto diversi tipi di
malattie, alcune anche mortali. Il problema dei politrasfusi infetti da sangue non
accuratamente verificato è stato ed è di drammatica attualità in Europa e chiede un intervento
della Commissione Europea.
Innanzitutto, qual è la valutazione generale della Commissione sulle responsabilità degli
organi pubblici rispetto alle responsabilità della gestione del "sangue infetto"?
Non intende la Commissione Europea proporre una direttiva valida sul territorio UE per
armonizzare i controlli sanitari sulla qualità del sangue che serve alle trasfusioni?
Non crede la Commissione che sia necessaria un'iniziativa legislativa europea che garantisca
il risarcimento dei cittadini la cui salute è stata messa in pericolo da trasfusioni con sangue
non opportunamente controllato?
Risposta del signor Markos Kyprianou a nome della Commissione.
La preoccupazione della Commissione di garantire la qualità e la sicurezza del sangue
nell’Unione europea ha comportato l’approvazione della direttiva 2002/98/CE e della direttiva
2004/33/CE, entrambe entrate in vigore l’8 febbraio 2005. Dette direttive conferiscono la
responsabilità agli Stati membri, alle loro autorità competenti, ai centri ematologici e alle
banche del sangue degli ospedali di garantire la conformità dei requisiti in esse stabiliti. Due
direttive supplementari della Commissione riguardanti i sistemi di qualità per i centri
ematologici nonché la tracciabilità e la notifica di incidenti e reazioni gravi si trovano ora nel
processo legislativo finale.
La decisione riguardante il risarcimento o l’assistenza finanziaria previsti per le persone la
cui salute sia stata messa in pericolo da trasfusioni di sangue, è attualmente all’esame di
ogni singolo Stato membro. Tuttavia la nuova legislazione comunitaria inerente alla qualità e
alla sicurezza del sangue potrebbe consentire a una persona di reclamare il fatto che uno
Stato membro non abbia recepito o applicato correttamente il testo e potrebbe contare su
elementi di tale omissione da parte dello Stato membro interessato come parte di una
richiesta di risarcimento presentata a un tribunale nazionale. Questa opzione non sarebbe
disponibile per casi avvenuti prima della data di applicazione della direttiva.
Attività parlamentari II – 7
Interrogazione alla Commissione sul diritto alla privacy
e abusi nei confronti degli utenti internet di “Investici”
Presentata in data 15 luglio 2005. Risposta in data 8 settembre 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
Agenti della polizia postale italiana, su ordine della Procura di Bologna, si sono presentati il
15 giugno 2004 presso la sede del "provider" "Aruba S.p.A." in Piazza Garibaldi 8 - 52010
Soci (Arezzo), dove è ospitato uno dei "server" dell'associazione "Investici", proprietaria dei
"domini internet" "Autistici.org" e "Inventati.org". Senza informare della cosa i responsabili
di "Investici", i tecnici di "Aruba S.p.A" hanno consentito che venissero spenti tutti i "server"
e hanno consentito agli agenti di polizia di recuperare informazioni e dati sensibili riguardanti
un numero importante di utenti.
I titolari di "Investici" sono stati all'oscuro di tutta questa faccenda fino al 26 maggio 2005,
quando hanno scoperto quasi casualmente l'abuso di cui sono stati vittime, che ha permesso
alle forze di polizia italiana di avere un accesso indiscriminato e non autorizzato a dati
sensibili e alle comunicazioni di tutti gli utenti (almeno cinquemila quelli con una "mailbox" e
oltre trentamila in "liste di discussione").
Non ritiene la Commissione che sia stata violata la legislazione europea sul trattamento dei
dati e sul rispetto della privacy?
Non ritiene la Commissione che il comportamento della polizia postale italiana si scontri con
il rispetto dei diritti fondamentali degli utenti di "Autistici.org" e "Inventati.org"?
Quali proposte legislative intende predisporre la Commissione per disciplinare tali
comportamenti ed evitare tali abusi?
Risposta data dalla signora Reding a nome della Commissione.
La direttiva sulla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche prevede,
per gli Stati membri, l’obbligo di garantire la riservatezza delle comunicazioni e dei dati che
transitano attraverso le reti pubbliche e i servizi pubblici di telecomunicazione. In particolare,
ai sensi dell’articolo 5 della suddetta direttiva, è vietato l’ascolto, la captazione, la
memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni, senza
consenso degli utenti interessati. Tuttavia, la direttiva consente ad uno Stato membro di
adottare disposizioni legislative volte a limitare i suddetti diritti ed obblighi qualora tale
restrizione costituisca una misura necessaria, opportuna e proporzionata per la salvaguardia
della sicurezza nazionale della difesa, della sicurezza pubblica e per la prevenzione, la
ricerca, l’accertamento e il perseguimento dei reati. Tali misure devono essere conformi ai
principi generali del diritto comunitario, compresi quelli di libertà, democrazia e rispetto dei
diritti dell’uomo e delle libertà.
La Commissione non può formulare osservazioni sui singoli casi che le vengono segnalati, in
particolare in quanto non ha avuto parte nei fatti e in quanto gli eventi riferiti potrebbero
essere oggetto di procedimenti giudiziari nello Stato membro interessato.
Nel caso specifico riferito dall’onorevole parlamentare, spetta anzitutto agli organi
competenti a livello nazionale – come l’autorità italiana per la protezione dei dati, il ‘Garante
per la protezione dei dati personali’– stabilire se le azioni intraprese siano state necessarie,
opportune e proporzionate.
Un cittadino o una persona giuridica che ritiene che siano stati violati i diritti conferitigli da
norme specifiche o dai principi generali del diritto comunitario, può inoltre presentare una
denuncia alla Commissione. Nell’esame di tale denuncia la Commissione valuterà se la
questione sia stata sollevata dinanzi ai competenti organi nazionali e, inoltre, dovrà prendere
in considerazione il fatto che la suddetta direttiva non si applica alle attività che esulano
dall’ambito dello stesso trattato CE, come ad esempio le attività attinenti la pubblica
sicurezza e le attività dello Stato nell’ambito del diritto penale. Pertanto, la Commissione si
limiterebbe ad esaminare, ove necessario, se le disposizioni legislative nazionali che
autorizzano limitazioni del diritto alla riservatezza siano o no conformi al diritto comunitario.
Attività parlamentari II – 8
Interrogazione alla Commissione sull’arresto del cittadino turco
Mehmet Tarhan e diritto all’obiezione di coscienza in Turchia
Presentata in data 18 luglio 2005. Risposta in data 12 settembre 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
Il cittadino turco Mehmet Tarhan è un attivista gay: il 27 ottobre 2001 si è dichiarato
"obiettore di coscienza" rifiutandosi di sottomettersi al servizio militare obbligatorio nelle
Forze Armate turche. Nell'Unione europea il diritto all'obiezione di coscienza al servizio
militare si prefigura nei fatti come uno dei diritti fondamentali della persona e fa parte del
patrimonio politico, culturale e di civiltà che l'UE propone ai paesi dell'allargamento, fra cui la
Turchia. Mehmet Tarhan rifiuta di prestare servizio militare anche perché potrebbe facilmente
essere mandato nella regione curda della Turchia e gli potrebbe essere ordinato di sparare a
civili, donne, bambini e uomini. Mehmet Tarhan è stato arrestato l'8 aprile 2005 ed è stato
trasferito alla prigione militare di Sivas dove ha iniziato uno sciopero politico della fame. È
accusato ai sensi dell'articolo 88 del Codice penale militare turco, ovvero di
"insubordinazione davanti al comando", e può essere condannato fino a cinque anni di
prigione. Il sig. Tarhan è stato oggetto di torture e sevizie in carcere, anche da parte delle
autorità legali che amministrano il carcere. Alcuni sostenitori del sig. Tarhan sono stati
anch'essi arrestati, intimiditi e poi rilasciati.
Non ritiene la Commissione che il diritto all'obiezione di coscienza faccia politicamente parte
integrante dei "criteri politici di Copenaghen" e che quindi il suo riconoscimento diventi un
obbligo per la Turchia?
Non ritiene la Commissione che il sig. Tarhan debba essere immediatamente scarcerato, alla
luce della sua situazione personale e delle sue legittime convinzioni politiche?
Tenendo conto della valenza politica del caso, quali sono i passi che la Commissione intende
compiere per assicurarsi delle condizioni di salute e di trattamento di Mehmet Tarhan?
Risposta data dal sig. Rehn in nome della Commissione.
La Commissione conosce le vicende del sig. Mehmet Tarhan, al quale è stato contestato il
reato di insubordinazione ai sensi dell’articolo 88 del Codice penale militare turco. Il caso
sembra presentare una serie di aspetti rilevanti dal punto di vista della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo e il sig. Tarhan o i suoi legali potrebbero valutare un eventuale ricorso
alla Corte europea dei diritti dell’uomo, se e quando saranno esauriti tutti i mezzi di ricorso
nazionali
La Turchia non riconosce il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio e
non prevede l'alternativa del servizio civile. Ciò non è conforme alla Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, la quale stabilisce: "Il diritto all'obiezione di coscienza è
riconosciuto secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio.”
La Commissione continuerà a sorvegliare attentamente l’adeguamento della Turchia ai criteri
politici di Copenaghen, tra cui i diritti umani, e presenterà la sua valutazione nella relazione
periodica 2005 sulla Turchia che verrà pubblicata nel novembre 2005.
Attività parlamentari II – 9
Interrogazione alla Commissione sulle relazioni UE-Colombia
e i diritti dell’uomo nei confronti dei popoli indigeni
Presentata e risposta in data 6 settembre 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
In Colombia, le violazioni dei diritti dell'uomo nei confronti dei popoli indigeni superano del
100% quelle compiute verso il resto della popolazione. L'esistenza di popoli come i
Kankuamo, i Wiwaw, i Kofan, i Chimila, i Korebaju, i Betoyes, i Nasa, i Tule, gli Embera-katios
è in pericolo.
Qual è la reazione della Commissione di fronte a questa situazione? Prevede di elaborare
progetti speciali, sviluppati direttamente tra la Commissione europea e le comunità indigene?
Risposta della Commissione in seduta plenaria.
La Commissione condivide le preoccupazioni del'interrogante. Gli indigeni rappresentano
solo il 2% della popolazione della Colombia ma soffrono in modo sproporzionato per
violazioni dei diritti umani e minacce da parte di fazioni armate fuorilegge. Rappresentano
anche un numero sproporzionatamente elevato di profughi.
Per tale motivo la Commissione destina già un'importante percentuale dei suoi finanziamenti
per la cooperazione in Colombia a progetti a favore della comunità indigena. Nel 2005 tali
finanziamenti sono stati valutati ad un importo complessivo di 24,6 milioni ovvero al 15% dei
fondi stanziati quest'anno per la Colombia. Dodici sono i progetti finanziati da quattro diverse
linee di bilancio: cooperazione decentralizzata, iniziativa europea per la democrazia e i diritti
umani (EIDHR), cofinanziamenti per organizzazioni non governative (ONG) e cooperazione
bilaterale con l'America Latina. Le azioni vengono realizzate attraverso ONG locali ed
europee, organizzazioni autoctone ed entità statali e vanno a beneficio diretto della
popolazione indigena, ad esempio i Nasa e i Guambianos della regione del Cauca, gli
Embera, gli Awa, gli Inga e i gruppi etnici della Amazonia colombiana.
La Commissione continuerà a sostenere i progetti a favore delle popolazioni indigene in
Colombia. Al momento di definire documenti strategici, come i documenti stategici per paese
e gli orientamenti per gli inviti a presentare proposte locali, si tiene pienamente conto della
prospettiva "indigeni". Quest'ultima costituisce anche parte della strategia comunitaria volta
a promuovere i diritti umani in quanto aspetto trasversale della cooperazione CE.
Attività parlamentari II – 10
Interrogazione alla Commissione Europea sulla bozza di
codice di condotta per le Organizzazioni no profit (ONP)
Presentata in data 29 settembre 2005. Risposta in data 25 ottobre 2005.
Testo interrogazione Agnoletto.
Il 22 luglio 2005, la Commissione Europea (Direzione Generale Giustizia, Libertà e Sicurezza)
ha redatto una "Bozza di Raccomandazione in merito ad un codice di condotta per le
Organizzazioni Non Profit (ONP)". In tale documento si afferma addirittura che "esistono
prove che le ONP siano state utilizzate per finanziare il terrorismo e per commettere altri
crimini”. Nonostante sia riconosciuto il ruolo delle stesse come “fondamentale nello
svolgimento di attività e servizi umanitari ai cittadini in aree di vitale importanza”, nella bozza
vengono elencate una serie di proposte di controllo che ne stravolgerebbero le attività, fino a
snaturarne il significato. Nel documento non vengono mai menzionate le ragioni per le quali
le ONP vengono classificate come “vulnerabili al crimine”´. È sicuramente auspicabile
ottenere trasparenza e certezza dell’operato, ma proporre di designare un organismo di
supervisione che risponda ai governi pregiudica ogni forma di autonomia e libertà d' azione
delle ONP.
Non ritiene la Commissione di dover ritirare la proposta, che di fatto sottoporrebbe le ONP ad
un controllo che ne nega la legittimità democratica, e di promuovere invece un dialogo
strutturato con le "organizzazioni no profit" su tutt'altre basi, elaborando regole non
unilaterali bensì condivise dalle ONP?
Risposta del signor Frattini a nome della Commissione.
L'onorevole parlamentare è sicuramente al corrente delle "Raccomandazioni speciali" sul
finanziamento del terrorismo dell'unità operativa per l'azione finanziaria (FATF). Il compito di
tale unità operativa è coordinare e condurre la campagna internazionale contro il riciclaggio
di fondi di provenienza criminale e il finanziamento del terrorismo. La raccomandazione
speciale VIII chiede che i paesi risolvano le debolezze del settore non profit nei confronti del
finanziamento del terrorismo.
Inoltre, le conclusioni del Consiglio europeo del 16-17 dicembre 2004 invitavano la
Commissione a presentare proposte al fine di prevenire entro fine 2005 l'utilizzazione
perversa delle organizzazioni non profit ai fini del finanziamento del terrorismo. Inoltre, la
dichiarazione del Consiglio sulla risposta dell'Unione alle bombe del 13 luglio 2005 a Londra
invita a preparare un "Codice di condotta per prevenire l'utilizzazione delle opere di carità da
parte dei terroristi".
In tale ambito, la Commissione sta preparando per quest'anno una comunicazione sul
finanziamento del terrorismo, che conterrà una raccomandazione agli Stati membri per
incoraggiarne l'adesione ai primi principi di un codice di condotta.
Il progetto di comunicazione della Commissione è stato notevolmente cambiato sulla base
dei commenti ricevuti al momento di una consultazione pubblica. Attraverso la
comunicazione, la Commissione si propone di incentivare una forma strutturata di dialogo
con il settore non profit. La comunicazione rappresenterà l'inizio di una nuova fase nel
dibattito con il settore non profit su tale questione. La commissione prevede di organizzare
nel 2006 una conferenza cui parteciperanno il settore non profit e organismi pubblici, allo
scopo di trovare una posizione comune sulla prevenzione e la lotta al cattivo uso delle
organizzazioni non profit per finanziare il terrorismo e per altri scopi criminali.
Infine, la Commissione vorrebbe sottolineare che lo scopo della raccomandazione e del
quadro per un codice di condotta non è assolutamente quello di minacciare le vitali attività
umanitarie e di altro tipo svolte dalle organizzazioni non profit dell'Unione europea. Lo scopo
della proposta che la Commissione prevede di presentare è incoraggiare le organizzazioni
non profit a prendere misure ragionevoli al fine di proteggersi dalla propria vulnerabilità nei
confronti del finanziamento del terrorismo e altre forme di abuso criminale.
Approfondimenti e riflessioni – 1
L’Unità, 13 settembre 2005
“Due o tre domande (a Fassino) sulla globalizzazione”
di Vittorio Agnoletto
In un lungo articolo pubblicato ieri su questo giornale Piero Fassino scriveva: “Il pianeta….è sollecitato
a dotarsi di una strategia che alla globalizzazione dia obiettivi di uguaglianza, di solidarietà e di
progresso… L’Africa è li a ricordarci che quella globalizzazione, che ogni giorno offre a miliardi di
persone ogni tipo di prodotto, non è in grado di assicurarne l’accesso e la disponibilità ad una
moltitudine di donne e di uomini condannati ad una vita di dolore e di miseria… L’Unione Europea può
- e deve - assolvere ad una funzione di avanguardia nel battersi per costruire un mondo più giusto…”.
Affermazioni condivisibili ma estremamente generiche. Il segretario dei DS concludeva con un
importante impegno collettivo: “Tocca all’Internazionale socialista aprire il cantiere di costruzione di
questa grande alleanza… con i movimenti progressisti di Asia, Africa e America Latina”. Ma un
episodio verificatosi sabato scorso ha fornito un’immagine ben diversa sull’azione dell’Internazionale
Socialista.
Durante il Global Progressive Forum di Milano, citato dallo stesso Fassino, tutto è filato liscio fino al
momento di collegarsi con la 6° Assemblea dell’ONU dei Popoli in corso di svolgimento a Perugia.
L’ospite d’onore a Milano era il socialista francese Pascal Lamy ma a Perugia la sua accoglienza in
videoconferenza non è stata proprio calorosa. I vertici DS e del Partito Socialista Europeo si sono
trovati in grande impaccio quando lo scambio di battute fra Lamy e i delegati del Sud del mondo si è
trasformato in una selva di fischi e quando l’intervento del presidente D’Alema, a difesa dello stesso
Lamy, non ha fatto che peggiorare la situazione.
Perché è successo? Cosa è sfuggito agli organizzatori del Global Progressive Forum? Forse bastava
leggere meglio l’appello dei movimenti riuniti a Perugia e in particolare il punto 9 secondo cui occorre:
“Promuovere il cambiamento radicale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), della Banca Mondiale
(BM) e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) in modo da assicurare il rispetto dei diritti
umani, del diritto internazionale, dei principi e degli obiettivi dell’ONU”. Secondo i movimenti
“altromondialisti” queste tre organizzazioni sono infatti le principali responsabili delle maggiori
ingiustizie della globalizzazione liberista e Pascal Lamy è il direttore di quella che oggi, con
l’avvicinarsi della VI conferenza ministeriale di Hong Kong in dicembre, rappresenta il pericolo
maggiore: l’OMC, meglio nota con la sigla inglese WTO.
Prima di ricoprire questo ruolo Lamy è stato il Commissario per il commercio estero dell’UE e in questa
veste ha sempre strenuamente difeso e rilanciato i privilegi delle multinazionali europee operanti in
settori economici determinanti per lo sviluppo del Sud del mondo: agricoltura, tessile, farmaci, acqua e
servizi essenziali. Tale comportamento, durante l’ultima conferenza mondiale dell’OMC a Cancun nel
2003, determinò uno scontro frontale con numerosi Paesi del sud del mondo raccolti nel G20 (guidati
da Brasile e India) proprio sulla questione agricola.
Non si commette peccato, pensando che proprio questo atteggiamento intransigente di Lamy gli valse
il via libera dell’amministrazione Bush alla direzione dell’OMC. E purtroppo non possiamo dimenticare
che allora Lamy agiva come membro autorevole della Commissione Prodi. Anche per questo sarebbe
opportuno non rimandare ulteriormente una pacata ma approfondita discussione su questi temi dentro
l’Unione.
Cosa ne pensano Fassino (e Prodi), delle seguenti richieste provenienti dal Sud del mondo e
sostenute dall’associazionismo italiano ed europeo che ha manifestato anche a Perugia:

tagliare i sussidi agricoli all’export dei prodotti europei, che strangolano le produzioni
locali creando disoccupazione, spopolamento delle aree rurali e conseguente ingrossamento
delle baraccopoli intorno ai grandi centri urbani;

concedere ai Paesi poveri e in via di sviluppo un trattamento differenziato
nell’applicazione delle tariffe doganali e delle altre misure protettive in grado di preparare le
loro economie ad una sfida ad armi pari sul mercato globale, contrastando quindi gli attuali
Accordi di Partnership Economica (EPA) attraverso i quali l’Europa cerca di imporre il più
selvaggio liberismo all’Africa;

garantire la produzione e l’esportazione di farmaci salvavita anteponendo il diritto alla
salute dei popoli al diritto al profitto delle multinazionali farmaceutiche tutelato dal regime dei
brevetti;

escludere l’acqua, la sanità, l’istruzione e gli altri servizi pubblici essenziali dalla lista dei
settori da liberalizzare e privatizzare come invece previsto dall’accordo sul commercio dei
servizi (GATS) ?
Nulla da eccepire sull’ opportunità di confrontarsi con chiunque, ma diverso è condividere le tesi di
Lamy, come dichiarato dal presidente dei DS. Altrettanto grave è che a sostenere gli EPA sia Peter
Mandelson attuale commissario europeo al commercio estero, laburista inglese e quindi anch’esso
componente dell’Internazionale Socialista.
E’ lecito allora domandarsi quale sia, tra le parole e i fatti, la vera posizione dell’Internazionale
socialista e quali sarebbero, in un eventuale futuro governo italiano, le posizioni del maggior partito
della coalizione.
E’ importante saperlo per noi, ma anche per gli amici africani, asiatici e latinoamericani che con noi
hanno condiviso le strade di Perugia.
L’Unità, 16 settembre 2005
“Risposta ad Agnoletto. Alleanze globali per salvare il Pianeta”
di Luciano Vecchi
(Responsabile Esteri Democratici di Sinistra)
La seconda edizione del Global Progressive Forum, che si è tenuta a Milano, ospitata dai Democratici
di Sinistra e dalla Festa nazionale dell''Unità, è un evento che ha segnato un salto di qualità
nell''iniziativa del socialismo europeo ed internazionale sui temi della globalizzazione. Si è trattato di
una grande opportunità di incontro e confronto internazionale tra partiti socialisti, rappresentanti di
istituzioni internazionali, sindacati, movimenti, intellettuali, Ong, con l''obiettivo di promuovere non solo
il dialogo tra soggetti diversi impegnati nella sfida della governance mondiale, ma anche, e soprattutto,
la condivisione di analisi e la ricerca di soluzioni ai principali problemi del pianeta. Sulla base di analisi
ed obiettivi condivisi, l''ambizione del Gpf è quella di costruire alleanze globali tra soggetti diversi che,
mantenendo le proprie specificità, possano operare nei propri ambiti di competenza per modificare
radicalmente gli attuali assetti economici e politici internazionali. L''obiettivo è cambiare l''agenda
politica internazionale e costruire le condizioni per cambiare le politiche attuali. Oltre duemila
partecipanti, in larghissima maggioranza giovani, hanno partecipato al Gpf discutendo con
numerosissime personalità italiane ed internazionali. Tra queste, i leader sindacali confederali (italiani,
europei e mondiali), leader di partito di diversi paesi europei e non, intellettuali (come Jeremy Rifkin),
membri del Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre di tutti i continenti,
rappresentanti delle organizzazioni internazionali (Onu, Wto, Ue...), esponenti delle principali
associazioni ed ong italiane che in questi anni hanno dato vita al movimento per la pace e di critica alla
globalizzazione. Nessuno tra questi è stato «ospite d''onore», ma tutti hanno partecipato ad un
confronto serio, franco, costruttivo.
La base politica e programmatica del Forum è rappresentata dalla innovativa elaborazione che
l''Internazionale Socialista e il Pse hanno sviluppato negli ultimi anni, in particolare con il Congresso
dell''Is che si svolse a San Paolo del Brasile nell''ottobre 2003, per costruire politiche di riferimento per
l''azione di partiti, governi ed istituzioni sopranazionali.
In ciò vi è senza dubbio anche il segno di un''analisi autocritica fatta dalla famiglia socialista europea
ed internazionale per non avere saputo cogliere pienamente nel passato le nuove sfide poste dalla
globalizzazione. Insomma, il tentativo è quello di passare dalla ricca e straordinaria storia dei
riformismi nazionali del ''900 ad una piena visione globale per il secolo che si apre.
In un suo intervento su l''Unità” di martedì scorso, Vittorio Agnoletto pone alcune questioni
all''Internazionale Socialista e al Global Progressive Forum con cui ritengo giusto interloquire.
Innanzitutto non vi è stata alcuna contrapposizione tra il Gpf e l''Assemblea dell''Onu dei popoli svoltasi
in contemporanea a Perugia. Le due assise condividevano pienamente parole d''ordine ed obiettivi
(lotta alla povertà, raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, riforma e rilancio dell''Onu), e per
questo abbiamo costruito una videoconferenza tra i due eventi, abbiamo condiviso molti relatori, e
un''ampia delegazione del Gpf ha partecipato insieme alla delegazione Ds alla Marcia per la pace
Perugia - Assisi di domenica 11.
Sul merito delle questioni poste: il Gpf, in quanto luogo di incontro e confronto, ospita posizioni
differenti (un po'' come il Forum Sociale Mondiale, dove non è data sintesi politica). I Ds, il Pse e l''Is,
invece, in quanto soggetti politici, hanno posizioni precise e chiare sui temi sollevati da Agnoletto. Ne
cito solo alcune, a titolo di esempio, tratte dalla «Dichiarazione di San Paolo», riferimento politico
dell''Is.
Per quanto riguarda i sussidi agricoli l''Is ha affermato che «Il commercio internazionale, come motore
della crescita e dell''occupazione, deve comportare l''accesso senza ostacoli ai mercati del mondo
sviluppato per le esportazioni provenienti dai paesi in via di sviluppo, in particolare per quelle agricole
o ad alta intensità di manodopera, tenendo anche conto che la maggior parte dei produttori agricoli
sono donne. A Cancun, dove l''egoismo e la volontà di proteggere i mercati dei paesi sviluppati, in
particolare per quanto riguarda l''agricoltura, hanno portato al collasso dei negoziati. L''Internazionale
Socialista si impegna a lavorare per l''apertura unilaterale dei mercati del mondo sviluppato alle
esportazioni provenienti dai paesi più poveri e per un cambiamento radicale nella politica di sussidi
agricoli in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone, mettendo fine a questa inaccettabile distorsione dei
mercati che continua ad essere uno dei principali ostacoli allo sviluppo del Sud».
Sui servizi pubblici «l''Is riconosce la necessità di sottolineare maggiormente il ruolo dei servizi pubblici
globali, specialmente rispetto all''igiene, la sanità, la cura dei bambini, l''istruzione, la promozione
dell''occupazione e la protezione dell''ambiente. Il principio del servizio pubblico non può essere
sacrificato alla sacralizzazione del mercato. Devono anche essere adattati i sistemi tributari per
sostenere migliori servizi pubblici e deve essere creata una nuova imposta globale per finanziare i beni
pubblici globali.. Nei Paesi in via di Sviluppo, le politiche di stabilizzazione dovrebbero permettere una
maggiore flessibilità fiscale per l''investimento e concedere margini più ampi per la spesa pubblica, in
particolare in istruzione, sanità e sviluppo sociale.
Nel contempo, deve accelerarsi l''alleggerimento del debito e deve estendersi l''assistenza allo
sviluppo, come fu deciso dall''Onu (0,7% del Pil), assieme ad una strategia concertata di diminuzione
della povertà».
Sul diritto all''accesso ai farmaci: «È necessario fornire una sanità adeguata ed efficiente per tutti, con
speciale attenzione alle donne e ai diritti riproduttivi delle donne, che devono essere protetti da ogni
tipo di intimidazione. L''accesso ai farmaci essenziali e al pronto soccorso deve essere una priorità per
combattere le malattie contagiose a livello mondiale».
Al di là dei punti sollevati da Agnoletto, molte altre questioni di merito sono state affrontate nel corso
dei due giorni del Gpf, molte delle quali in piena sintonia con le preoccupazioni espresse
dall''Assemblea dell''Onu dei Popoli e da alcuni dei promotori del Forum Sociale Mondiale (riforma
delle organizzazioni internazionali, standard sociali, diritti civili e sociali, ruolo dell''Ue nel mondo, aiuto
allo sviluppo e cancellazione del debito, lotta all''Aids, lotta alla povertà, sviluppo dell''Africa...). Su
ognuno di questi temi sono state avanzate analisi, proposte, e gettate le basi per costruire alleanze
globali in grado di cambiare concretamente gli scenari di ingiustizia, guerra e miseria che pervadono il
mondo globalizzato di oggi. È di questo che la politica e la società civile globale hanno bisogno di
fronte alle sfide della globalizzazione: di interrogarsi insieme sul «che fare», e di unirsi per farlo.
Un ultima osservazione: la partecipazione al Gpf del neo Direttore Generale del Wto, Pascal Lamy, è
stato un fatto di grande rilevanza. È forse la prima volta che è possibile interloquire direttamente con
chi è chiamato a dirigere una delle organizzazioni-chiave a livello internazionale. Il confronto è stato e
sarà vivace, ed è un bene che sia così. Credo che ogni opportunità di fare sentire le voci e le opinioni
di coloro che si battono per un mondo più giusto sia da salutare positivamente.
Approfondimenti e riflessioni – 2
Corriere della Sera, 23 ottobre 2005
“Appello alla Milano della solidarietà. Una scuola per i bimbi di via Quaranta”
Lettera aperta di Vittorio Agnoletto sulla scuola di via Quaranta, «non voglio vergognarmi di essere
milanese: troviamo le aule per questi bambini, organizziamo una grande festa di solidarietà» .
«Cari concittadini, vi scrivo per condividere con voi la vergogna che cresce dentro di me per la
situazione che si è venuta a creare nella scuola di via Quaranta. Le autorità si rimpallano le
responsabilità e propongono soluzioni che durano al massimo qualche ora. Sulla testa di questi
bambini si sta giocando uno scontro tutto interno alla politica italiana. Sono le vittime designate da chi
cerca di rilanciare le fortune della propria parte politica attraverso un clima di odio e di razzismo.
Nel frattempo questi giovani allievi non possono frequentare le lezioni, come fanno invece i loro
coetanei, rischiando così di compromettere l’anno scolastico e provocando gravi disagi alle loro
famiglie. Nei giorni scorsi, insieme ad altri, ho incontrato il direttore dell’istituto, Ali El Sharif, che ci ha
con garbo illustrato la situazione: le materie insegnate sono legittime e non hanno nulla a che fare con
il terrorismo, i genitori desiderano solo che ai bambini, a fianco delle ore di italiano regolarmente
previste, vengano anche impartite le materie del regolare programma scolastico egiziano. E lo
vogliono fare nella piena legalità, alla luce del sole (ma possibilmente non per strada). Ma Milano gli ha
sbattuto la porta in faccia.
A nulla è valsa la loro disponibilità a trovare comunque una soluzione per l’attuale anno scolastico in
attesa di ottenere il prossimo anno il riconoscimento di scuola parificata, così come ce ne sono già
tante a Milano.
È questa l’idea di accoglienza che vogliamo comunicare? È questo il massimo che possiamo offrire
alle prossime generazioni? O dimentichiamo forse che questi bambini hanno gli stessi diritti di tutti i
nostri figli, sia quando studiano in Italia sia quando frequentano una scuola parificata all’estero? Le
sfide che il multiculturalismo impone saranno ben altre: se queste sono le premesse, Milano sarà
destinata ad un futuro di conflitti ed egoismi.
Lancio un appello a tutti i presidi della città: è possibile sperare che qualche scuola dia la propria
disponibilità a fornire delle aule in cui questi bambini possano recuperare il tempo perso e ricominciare
i loro studi?
Lancio un appello a tutti noi, alla Milano del volontariato, delle forze democratiche, dei tanti artisti
disponibili a battaglie di civiltà: organizziamo un appuntamento pubblico, una festa di riconciliazione
per permettere a migliaia di milanesi di manifestare la propria solidarietà a questa comunità e il proprio
impegno per la costruzione di un mondo multiculturale».
Punto di vista esterno
Il manifesto,12 novembre 2005
“Perché no-Tav”
di don Luigi Ciotti
Il Gruppo Abele si affianca, in queste difficili giornate, alle richieste dei comitati No Tav della Val Susa e
degli amministratori: la politica deve ascoltare le tante voci che hanno motivato la mobilitazione in atto
da anni nella Valle. Alcuni mesi fa, su Narcomafie (il mensile edito dal Gruppo Abele) titolavamo «Certi
treni è meglio perderli...». Credo che oggi più che mai sia importante ribadire questa posizione. Per
dire questo ci siamo documentati, abbiamo letto le diverse posizioni, abbiamo ascoltato le tante «voci»
di esperti e non, e alcuni di noi hanno partecipato alle riunioni e alle manifestazioni promosse nella
valle.
La gente della Val Susa, i sindaci e i presidenti delle Comunità montane che sono scesi in campo da
anni per opporsi al progetto dell'alta velocità l'hanno sempre fatto in modo civile, argomentando
l'opposizione al progetto e proponendo altre soluzioni meno dispendiose e meno dannose per
l'ambiente e per la salute. Hanno documentato la dannosità dell'opera sul piano ambientale e i pericoli
per la salute degli abitanti. Hanno contestato la destinazione di ingenti risorse per un'opera nuova,
invasiva e non risolutiva dei problemi dei trasporti a scapito del rimodernamento e della funzionalità
della linea ferroviaria esistente. Per l'opera in questione si ipotizzano 15-20 miliardi di euro, senza
ritorno economico (pagano i cittadini). Denaro che potrebbe essere utilizzato per interventi molto più
importanti e capillari, come le energie rinnovabili, la sanità, la ricerca scientifica . E, soprattutto, per
ammodernare la linea ferroviaria a doppio binario, che valica le Alpi dal tunnel del Frejus e che già
attraversa la Val Susa. Le simulazioni dei tecnici dicono che la Tav potrebbe spostare solo l'1% del
traffico attuale su gomma. Inoltre le merci - il vero problema della Valle, a detta di tutti - non hanno
bisogno di viaggiare ad alta velocità: un'ora in meno da Parigi a Torino cosa cambia rispetto ad oggi
quando i container restano poi fermi per giorni nei magazzini di smistamento? Domande che restano
ancora senza risposte convincenti. Eppure, alla luce di queste considerazioni il rapporto tra costi
economici e ambientali e benefici ipotetici è fortemente sfavorevole alla Tav. E dovrebbe essere
nell'interesse di chi propone l'opera dimostrare il contrario, argomentando le ragioni che inducono a
scegliere la strada del nuovo traforo e confrontandole con le altre opzioni in campo. Fino ad oggi è
accaduto esattamente il contrario: il progetto è andato avanti, senza valutare seriamente le ragioni
portate da chi a questa opera si oppone.
Grandi opere: per chi? Investimento sul futuro: di chi? Il progetto dell'Alta Velocità in Val Susa, come
altri, meriterebbe perlomeno di essere sospeso per rivalutare tutto, con più attenzione di quanto non
sia stato fatto finora: dall'effettiva utilità dell'opera, ai suoi impatti sull'ambiente e sulla salute degli
abitanti della valle.
Nessuno ha intenzione di tagliare fuori l'Italia dal sistema della mobilità europea, a maggior ragione da
quella su ferro. E nessuno è così superficiale da voler perdere finanziamenti per assecondare
campanilismi privi di ragione. Bisogna allora parlarsi, discutere, valutare, ri-valutare. Per farlo
serenamente riconosciamoci, reciprocamente, serietà di intenti e stabiliamo percorsi trasparenti, di
analisi, di confronto e di decisione. Con una indispensabile premessa: l'immediata sospensione dei
lavori.
Le migliaia di persone che hanno manifestato pacificamente il loro dissenso, sventolando bandiere
bianche «no Tav», accanto a bandiere della pace, hanno diritto di essere rispettate e ascoltate. Hanno
bisogno, come tutti noi, di una politica che sappia promuovere davvero la partecipazione dei cittadini,
disponibile a riconoscere i propri errori e a correggerli per tempo. Mi auguro, per tutti, che questa
capacità di riflettere, di ragionare, di confrontarsi perché si possa prendere la decisione migliore,
prevalga sugli interessi di chi vorrebbe forzare i tempi, per imporre le proprie scelte.
Luigi Ciotti
(si veda anche comunicato stampa “Tav, l'Unione europea invia una delegazione in Val Susa”
http://www.vittorioagnoletto sezione “Articoli”)
ALTRE INFORMAZIONI
Gli incarichi di Vittorio al Parlamento Europeo:
Commissione per gli affari esteri, Membro
Commissione per il commercio internazionale, Membro sostituto
Sottocommissione per i diritti dell'uomo, Membro
Delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti, Membro sostituto
Assemblea parlamentare paritetica ACP (Africa, Carabi e Pacifico)-UE, Membro
Intergruppo Globalizzazione, Vice-presidente
Integruppo Federalista, Membro
Gruppo parlamentare di amicizia con il popolo kurdo, Coordinatore
Relatore su “La clausola dei diritti umani e della democrazia negli accordi
dell’Unione Europea”.
La squadra dei collaboratori:
A Milano,
Barbara Battaglia, addetta stampa Italia
Giosuè De Salvo, segretario politico
tel. 02 87395155, fax. 02 875045
A Bruxelles,
Fabiano Cesaroni, assistente parlamentare
Riccardo Falduto, stagiaire
Stefano Squarcina, coordinatore staff gruppo GUE/NGL
Forniscono inoltre un importante supporto a Vittorio:
a Milano, Giorgio Riolo e tutto lo staff di Puntorosso ;
a Bruxelles e Strasburgo, Gianfranco Battistini, Roberto Lo Priore, Chiara
Tamburini
Elenco degli ultimi articoli pubblicati, rintracciabili sul sito www.vittorioagnoletto.it/articoli:
“Lettera aperta sulla scuola di via Quaranta”, Corriere della Sera del 23 ottobre 2005
“Mai più autocensura”, Il Manifesto del 22 ottobre 2005
“Contro la direttiva Bolkestein”, lettera al Corriere della Sera del 15 ottobre 2005
“Il conflitto si sposta ad oriente: il vertice del Wto a Hong Kong”, Carta del 10 ottobre 2005
“Bisogna bandire l'amianto da tutta Europa”, Il Manifesto del 7 ottobre 2005
“Perchè la questione turca riguarda la sinistra”, Il Manifesto del 4 ottobre 2005
“Lettera aperta a Frattini: 23 eurodeputati per il ritiro del codice di condotta per le
Organizzazioni no
profit”, Redattore sociale del 4 ottobre 2005
“Globalizzazione, Agnoletto risponde a Fassino”, L’Unità del 13 settembre 2005
“Accesso ai farmaci, le promesse mancate”, Liberazione dell’ 11 settembre 2005
“Il vero nemico non sono i cinesi, ma il WTO”, Il Manifesto del 31 agosto 2005-11-03
“Una giornata a Strasburgo”, Carta Etc. – Mensile n. 2 dell’1 agosto 2005
“Così la polizia di De Gennaro organizzò la mattanza”, Liberazione del 20 luglio 2005
“La falsa carità dei paesi ricchi”, Avvenimenti dell’8 luglio 2005
“Direttiva software al Parlamento europeo: la resa dei conti”, L’Unità del 6 luglio 2005
“Trent’anni di grandi promesse”, Il Manifesto del 3 luglio 2005
“Un semestre decisivo per il mondo”, La Rinascita dell’ 1 luglio 2005
“Affare brevetti. Commissione contro deputati”, Carta Etc. - Mensile n. 1 dell’1 luglio 2005
FaiLaCosaGiusta News
numero 3 - ottobre 2005
Foglio di informazione elettronico di Vittorio Agnoletto - Europarlamentare del gruppo
GUE/NGL
Su Internet: www.vittorioagnoletto.it E-Mail: [email protected]
Se desiderate ricevere i prossimi numeri, scrivete all’indirizzo:
[email protected]
Se siete stati incidentalmente inclusi in questa mailing list e volete essere rimossi, scrivete
all’indirizzo: [email protected]