Rapporto annuale 2011 - amnesty :: Rapporto annuale

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PAKISTAN
DUEMILA
ASIA E PACIFICO
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ASIA E PACIFICO
PAKISTAN
REPUBBLICA ISLAMICA DEL PAKISTAN
Capo di stato: Asif Ali Zardari
Capo del governo: Yousuf Raza Gilani
Pena di morte: mantenitore
Popolazione: 184,8 milioni
Aspettativa di vita: 67,2 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 85/94‰
Alfabetizzazione adulti: 53,7%
Enormi inondazioni hanno provocato lo sfollamento di milioni di pakistani, lasciandoli
senza cibo, assistenza medica e riparo. Gruppi di insorti hanno compiuto uccisioni illegali
nelle regioni del nord-ovest e del Balucistan, tormentate dal conflitto. Hanno imposto
pene crudeli alla popolazione civile e lanciato attacchi suicidi nelle principali città, causando centinaia di morti e feriti tra i civili. Più di due milioni di persone sono state sfollate a causa del conflitto in corso nel nord-ovest del Pakistan. Hanno continuato a
verificarsi casi di tortura, decessi in custodia, “delitti d’onore” e violenza domestica,
malgrado i nuovi impegni assunti a livello internazionale per la tutela dei diritti. Membri
delle forze armate hanno continuato ad arrestare arbitrariamente civili, sottoponendone
alcuni a esecuzione extragiudiziale. Sono aumentati vertiginosamente i casi di sparizione
forzata, in particolare nel Balucistan, dove molte vittime sono state trovate morte. Vecchi
casi di sparizione forzata sono rimasti irrisolti. La violenza contro le minoranze religiose
si è intensificata e il governo che non ha saputo impedirla o punirne i responsabili. È
stata mantenuta una moratoria non ufficiale sulle esecuzioni, ma sono state condannate
a morte più di 300 persone.
CONTESTO
Le inondazioni, iniziate nel nord-ovest del Pakistan a luglio, hanno ucciso quasi 2000 persone, colpendone complessivamente più di 20 milioni. Questa improvvisa crisi umanitaria
è andata ad aggiungersi alla preesistente miseria di quanti erano già sfollati a causa del
conflitto. L’esercito pakistano ha spinto le forze talebane a uscire fuori dalla valle di Swat
e dal Waziristan del Sud nel 2009, e fuori delle agenzie [regioni, N.d.T.] di Bajaur e Orakzai
nel 2010. Nonostante i successi sul campo di battaglia, le autorità militari e civili non
hanno affrontato le cause che stanno alla base del conflitto. Non hanno fatto nulla per migliorare il grave sottosviluppo dell’area, non provvedendo a ricostruire le infrastrutture di
base, comprese le scuole, e trascurando di far ripartire le attività commerciali. I soccorsi
umanitari per gli sfollati sono rimasti inadeguati. Le organizzazioni umanitarie e gli osservatori indipendenti non hanno potuto di fatto operare nelle zone di conflitto.
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Gli attacchi dei droni statunitensi contro presunti membri di al-Qaeda e insorti talebani
nelle regioni di confine del Pakistan sono più che raddoppiati, con 118 attacchi nel corso
dell’anno, che hanno alimentato sentimenti antiamericani tra la popolazione.
Il 24 marzo, il Pakistan ha ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici e la
Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, seppur con ampie riserve. Non sono
stati compiuti passi per incorporare nella legislazione interna tali impegni internazionali.
Ad aprile, il diciottesimo emendamento costituzionale ha tolto al presidente il potere di
sciogliere il parlamento, introdotto il diritto dei cittadini alla libertà di informazione, rafforzato le autonomie provinciali e obbligato le province a fornire istruzione gratuita a
tutti i bambini.
A ottobre, Asma Jahangir, nota attivista per i diritti umani, è stata la prima donna a
essere eletta presidente dell’associazione degli avvocati della Corte suprema.
VIOLAZIONI DA PARTE DELLE FORZE DI SICUREZZA
Centinaia di civili sono stati uccisi in operazioni dell’esercito contro gli insorti nella regione del nord-ovest. Decine di presunti insorti sono stati uccisi dalle lashkar (milizie
tribali), sostenute dall’esercito ma prive di un appropriato addestramento o controllo.
L’8 marzo, una lashkar ha appiccato il fuoco a 130 abitazioni di sospetti membri dei talebani nell’agenzia
di Bajaur.
ESECUZIONI EXTRAGIUDIZIALI
Secondo quanto riferito, le forze di sicurezza hanno ucciso sospetti membri di gruppi armati nel nord-ovest e nel Balucistan, per lo più nell’impunità. La Commissione per i
diritti umani del Pakistan (Human Rights Commission of Pakistan – Hrcp), una Ngo, ha
documentato il ritrovamento di 282 corpi di sospetti insorti, tra la fine delle operazioni
militari nella valle di Swat, nel luglio 2009 e maggio 2010. La popolazione locale ha attribuito queste uccisioni alle forze di sicurezza. Anche molti attivisti impegnati in campagne contro le sparizioni forzate in Balucistan sono scomparsi o sono stati uccisi.
Il 14 luglio, l’avvocato della Corte suprema ed ex senatore Habib Jalil Baloch è stato ucciso a colpi d’arma
da fuoco nel distretto di Quetta. Il Gruppo di difesa armata baluci, che si suppone sia appoggiato dalle
forze di sicurezza pakistane, ha rivendicato la responsabilità dell’uccisione.
Verso la fine di ottobre, Mohammad Khan Zohaib e Abdul Majeed, entrambi di 14 anni, sono stati trovati
uccisi a colpi d’arma da fuoco dopo che, secondo quanto riferito, erano stati detenuti da personale del
corpo di frontiera, rispettivamente a ottobre e a luglio, nella città di Khuzdar, nel Balucistan.
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Faqir Mohammad Baloch, membro della Voce per le persone baluci scomparse, è stato rapito il 23 settembre. Il suo corpo, che mostrava una ferita d’arma da fuoco e segni di tortura, è stato ritrovato nel distretto
di Mastung il 21 ottobre.
Il cadavere mutilato dell’avvocato trentottenne Zaman Marri è stato ritrovato il 5 settembre a Mastung.
Era scomparso da Quetta il 19 agosto. Zaman Marri aveva rappresentato suo cugino Ali Ahmed Marri, il
quale era stato prelevato da uomini in borghese il 7 aprile. Il suo corpo è stato rinvenuto l’11 settembre,
nella stessa zona.
VIOLAZIONI DA PARTE DI GRUPPI ARMATI
Nel nord-ovest gruppi armati hanno inflitto pene crudeli e disumane, aggredito la popolazione e distrutto strutture civili, scuole comprese.
Il 19 febbraio, nella città di Dabori, nell’Orakzai, i talebani pakistani hanno amputato in pubblico le mani
di cinque uomini che avevano accusato di furto.
A maggio, i talebani hanno messo a morte in pubblico un uomo nella città di Miramshah, nel Waziristan
del Nord, dopo averlo accusato dell’omicidio di due fratelli. I talebani lo hanno “condannato” illegalmente
davanti un tribunale improvvisato.
Verso la fine di ottobre, i talebani hanno fustigato in pubblico 65 presunti trafficanti di droga nella città
di Mamozai, nell’agenzia di Orakzai.
Gruppi armati antigovernativi hanno ucciso o ferito migliaia di civili in attentati suicidi
e attacchi mirati.
Il 17 aprile, attentatori suicidi si sono fatti esplodere uccidendo 41 persone che facevano la fila per ricevere
aiuti umanitari nella città di Kohat, nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa.
Il 20 maggio, nel Waziristan del Nord i talebani hanno legato con una cinghia del materiale esplosivo addosso a due uomini sospettati di aver passato informazioni agli Usa e li hanno fatti esplodere in pubblico.
Il 14 agosto, 17 punjab sono stati uccisi nel distretto di Quetta. L’Esercito di liberazione del Balucistan ha
dichiarato che l’attacco era una punizione per le sparizioni e gli omicidi nel Balucistan.
Il 2 ottobre, Mohammad Farooq Khan, medico, studioso di religione ed educatore, e un suo collega sono
stati uccisi a colpi d’arma da fuoco nella città di Mardan. I talebani hanno rivendicato la responsabilità
dell’uccisione. Mohammad Farooq Khan aveva pubblicamente dichiarato che gli attentati suicidi erano
contrari all’Islam.
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ARRESTI E DETENZIONI ARBITRARIE
Secondo l’Hrcp, tra 1000 e 2600 persone, compresi bambini, che avevano legami con
presunti insorti, continuavano a essere trattenute in custodia militare a seguito di operazioni militari e di perquisizione a Swat, nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa.
Una jirga (consiglio tribale degli anziani) locale ha chiesto ai familiari di membri dei talebani di Swat di
consegnarli entro il 20 maggio pena l’espulsione. A seguito della richiesta, 130 parenti di sospetti membri
dei talebani sono stati presi in “custodia preventiva”, in un campo sorvegliato dall’esercito nella zona di
Palai, a Swat.
TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI
La polizia ha torturato e altrimenti maltrattato detenuti sotto la sua custodia. Non ha
preso misure sufficienti per proteggere le persone dalla violenza della folla e in alcuni
casi è parsa in collusione con la stessa.
Il 1° marzo, due uomini accusati di rapina armata sono stati filmati mentre venivano tenuti fermi e frustati
dalla polizia, in un commissariato della città di Chiniot, nella provincia del Punjab. A seguito della diffusione del filmato alla televisione nazionale, sono stati arrestati cinque poliziotti. Il processo a loro carico
era in corso.
Il 15 agosto, due fratelli accusati di rapina a mano armata, il diciassettenne Hafiz Mohammad Mughees
Sajjad e Mohammad Muneeb Sajjad, di 15 anni, sono stati picchiati a morte dalla folla nella città di
Sialkot, nel Punjab. L’episodio è stato ripreso con un filmato. Un’inchiesta giudiziaria ha rilevato che i ragazzi erano estranei alle accuse e che gli agenti di polizia presenti alla scena del linciaggio non erano intervenuti per fermare l’aggressione.
SPARIZIONI FORZATE
A marzo, un collegio di tre membri costituito dalla Corte suprema ha iniziato a riesaminare i casi di sparizione forzata. Il suo mandato comprendeva la raccolta delle testimonianze delle persone rilasciate e l’indagine sul ruolo delle agenzie di intelligence. La
commissione giudiziaria ha raggiunto le sue conclusioni il 31 dicembre e ha trasmesso
i risultati e le sue raccomandazioni all’attenzione del governo federale. A fine anno il
rapporto della commissione rimaneva secretato.
Di centinaia di persone si sono perse le tracce, a quanto pare dopo che erano state trattenute dai servizi di intelligence o dall’esercito. La maggior parte dei casi sono avvenuti
nel Balucistan. Presso le alte corti provinciali pendevano centinaia di istanze di habeas
corpus ma i servizi di intelligence si sono rifiutati di adeguarsi alle direttive delle corti.
Le famiglie degli scomparsi sono state minacciate per aver parlato apertamente di quanto
era accaduto ai loro congiunti.
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Non si sono avute più notizie di due membri del Fronte nazionale baluci, Mahboob Ali Wadela e Mir Bohair
Bangulzai. Il primo è stato prelevato dalla polizia di Maripur da un autobus nel quartiere di Yousuf Goth,
nella città di Karachi, il 2 aprile; il secondo è stato prelevato da agenti in uniforme dalla sua auto a Quetta,
il 1° aprile. Sia la polizia di Maripur che quella di Quetta si sono rifiutate di raccogliere una denuncia presentata dai familiari dei due uomini.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Giornalisti sono stati vittime di vessazioni, maltrattamenti e uccisioni da parte di agenti
statali e membri di gruppi armati antigovernativi. Agenti statali non hanno provveduto a
proteggere i giornalisti dagli attacchi dei gruppi armati; secondo il sindacato federale
dei giornalisti del Pakistan e il Comitato per la protezione dei giornalisti, nel corso dell’anno sono stati uccisi 19 operatori dei mezzi d’informazione, cifra che fa del Pakistan
il paese più pericoloso per i lavoratori del settore. Le autorità hanno oscurato alcuni siti
di notiziari online.
Umar Cheema, giornalista di The News, ha riferito di essere stato rapito e trattenuto per sei ore il 4 settembre. È stato portato bendato alla periferia della capitale, Islamabad, denudato, appeso a testa in giù
e percosso da persone che gli hanno intimato di non criticare il governo. Il primo ministro Gilani ha ordinato
un’inchiesta giudiziaria e l’Alta corte di Lahore ha preso in esame il caso di propria iniziativa ma a fine
anno nessuno era stato chiamato a risponderne.
Misri Khan Orakzai, di 50 anni, del Daily Ausaf, nella città di Hangu, della provincia di Khyber Pakhtunkhwa,
è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco da uomini armati non identificati il 13 settembre, dopo aver ricevuto
diverse minacce di morte da parte di insorti.
L’8 novembre, l’autorità pakistana per le telecomunicazioni ha bloccato l’accesso al notiziario online Baloch
Hal, secondo quanto riferito, perchè aveva pubblicato materiale “antipakistano”. Il sito trattava argomenti
riguardanti violazioni dei diritti umani, comprese le sparizioni forzate.
Il 18 novembre, i corpi di Abdul Hameed Hayatan, un giornalista di 24 anni del Daily Karachi e di Tawar, e
di Hamid Ismail sono stati trovati nella città di Turbat, nel Balucistan. Dei due uomini si erano perse le
tracce dopo che erano stati arrestati a un posto di blocco delle forze di sicurezza, nei pressi della città di
Gwadar, il 25 ottobre. I loro cadaveri mostravano segni di tortura. Vicino ai corpi è stato trovato un messaggio che diceva: “Regalo per l’Eid ai baluci”.
DISCRIMINAZIONE E MINORANZE RELIGIOSE
Lo stato non ha provveduto a prevenire e perseguire la discriminazione, le vessazioni e
la violenza nei confronti delle minoranze religiose e, sempre più spesso, dei musulmani
sunniti moderati. Ahmadi, sciiti e cristiani sono stati aggrediti e uccisi nel contesto di
violenze apparentemente di natura settaria. Secondo quanto riferito, gruppi settari legati
ai talebani hanno aggredito sciiti, ahmadi e sufi nell’impunità. Le leggi sulla blasfemia
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hanno continuato a essere impropriamente impiegate contro ahmadi e cristiani, così
come contro musulmani sciiti e sunniti.
Il 28 maggio, 93 membri della comunità ahmadiyya sono stati uccisi e 150 feriti in attentati alle due moschee ahmadi di Lahore, dopo che il governo provinciale aveva ignorato le richieste per migliorare la sicurezza a seguito delle minacce da parte di gruppi armati. Il 31 maggio, uomini armati hanno fatto irruzione
nell’ospedale dove le vittime stavano ricevendo cure mediche e hanno ucciso altre sei persone, compreso
personale dell’ospedale.
Il 1° luglio, 42 persone sono state uccise e altre 175 ferite in un attentato suicida al santuario sufi di Data
Darbar, nella città di Lahore.
Il 1° settembre, almeno 54 fedeli sciiti sono stati uccisi e circa altri 280 sono rimasti feriti quando attentatori suicidi si sono fatti esplodere durante una processione a Lahore.
Il 3 settembre, in un attacco suicida almeno 65 persone sono morte e altre 150 ferite in un raduno sciita
a Quetta; i talebani hanno rivendicato la responsabilità dell’attentato.
È continuato l’uso improprio delle leggi sulla blasfemia. Secondo la commissione nazionale per la giustizia e la pace, sono stati accusati di blasfemia almeno 67 ahmadi, 17
cristiani, otto musulmani e sei indù; diversi casi sono stati archiviati per dubbi capi di
imputazione o per indagini improprie da parte delle autorità.
L’8 novembre, Aasia Bibi, di 45 anni, una cristiana madre di cinque figli, è stata accusata di blasfemia e
condannata a morte al termine di un processo iniquo. A seguito di un alterco con alcune donne locali che
avevano considerato “impura” una brocca d’acqua portata da lei, Aasia Bibi era stata salvata dalla polizia
dalla violenza della folla che ne era scaturita; ma il 19 giugno 2009 era stata arrestata. Il suo caso era
ancora pendente in grado di appello.
Lo stato non ha provveduto a proteggere diverse persone accusate di blasfemia dagli attacchi che ne seguivano.
Il 19 luglio, due fratelli cristiani, il trentaduenne Rashid, un pastore, e Sajid Emanuel, di 27 anni, sono
stati uccisi a colpi d’arma da fuoco davanti a un tribunale nella città di Faisalabad, dopo essere stati accusati di blasfemia. La polizia non ha protetto adeguatamente i due fratelli malgrado alcune attendibili
minacce di morte.
L’11 novembre, Imran Latif, di 22 anni, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco a Lahore, dopo essere stato
rilasciato su cauzione il 3 novembre. Il tribunale non aveva rilevato prove sufficienti a suffragare un’accusa
di blasfemia intentata nei suoi confronti cinque anni prima.
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VIOLENZA CONTRO DONNE E RAGAZZE
Episodi di violenza di genere, tra cui stupri, matrimoni forzati, “delitti d’onore”, attacchi
con acido e altre forme di violenza domestica, sono stati commessi nell’impunità, in
quanto la polizia si è dimostrata riluttante a registrare e indagare le denunce. Secondo
il servizio di assistenza telefonica per le donne Madadgaar, a fine novembre erano state
1195 le donne uccise. Di queste, 98 erano state anche stuprate prima di morire. I dati
di Madadgaar parlano complessivamente di 321 donne stuprate e 194 vittime di stupro
di gruppo.
Il 22 dicembre, la corte federale di Shariat ha stabilito la revoca di diverse disposizioni
della legge per la protezione delle donne del 2006. Il verdetto intendeva ripristinare le
disposizioni dell’ordinanza Hudood del 1979, che erano estremamente discriminatorie
nei confronti delle donne.
Il 29 aprile, tre sorelle, Fatima, di 20 anni, Sakeena, di 14, e Saima, di 8, sono state sfigurate con l’acido,
gettato loro addosso nella città di Kalat, nel Balucistan, pare per aver violato il divieto di uscire di casa
senza un tutore di sesso maschile.
PENA DI MORTE
È stata mantenuta una moratoria non ufficiale sulle esecuzioni, iniziata verso la fine del
2008. Tuttavia, sono state condannate a morte 356 persone, tra cui un minorenne, la
maggior parte per omicidio. Secondo l’Hrcp nel braccio della morte rimanevano circa
8000 prigionieri.
MISSIONI E RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegati di Amnesty International hanno visitato il Pakistan a giugno. Consulenti di Amnesty International hanno mantenuto una presenza costante nel paese.
“As if hell fell on me”: The human rights crisis in northwest Pakistan (ASA 33/004/2010)
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