i fabbisogni di formazione permanente in puglia: dall`individuo al

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i fabbisogni di formazione permanente in puglia: dall`individuo al
POR PUGLIA 2000 – 2006 MISURA 3.8 AZ. C)
COD. PROGETTO: POR06038c0001
I FABBISOGNI DI FORMAZIONE PERMANENTE IN
PUGLIA: DALL’INDIVIDUO AL SISTEMA-TERRITORIO
Rapporto di Ricerca Finale
Giugno 2008
Il presente rapporto è frutto della collaborazione tra l’IPRES (soggetto
capofila), l’Associazione Studi Economici e T&D SpA. I gruppi di lavoro
sono così composti:
IPRES
Dott. Gianfranco Gadaleta
Coordinatore gruppo di lavoro
Dott.ssa Natalia Giampaolo
Dott. Giovanni Menga
Dott.ssa Nunzia Monsellato
Sig. Fausto Cirrillo
Ass. Studi Economici
Dott. Alessandro Desiderato
Coordinatore gruppo di lavoro
Dott. Serge D’Oria
Dott. Vincenzo Deruvo
Dott. Luciano Felice Marra
Dott. Francesco Maiorano
T&D
Dott. Maurizio De Fulgentiis
Dott. Giampiero Bianchini
Dott.ssa Maria Teresa Azzoni
Coordinatore gruppo di lavoro
Indice
Presentazione
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1
PARTE PRIMA: OBIETTIVI DELLA RICERCA, METODOLOGIA E STRUMENTI UTILIZZATI
1.
2.
Obiettivi
L’oggetto di indagine: definizioni
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PARTE SECONDA: IL QUADRO DI RIFERIMENTO
3.
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
4.
4.1
4.2
5.
5.1
5.2
5.3
5.4
5.5
5.6
La politica comunitaria e nazionale di formazione permanente
Il quadro di riferimento comunitario
Modelli europei: il community learning
Evoluzione delle politiche di educazione degli adulti in Italia: dall’educazione popolare
al sistema integrato di formazione permanente
La Conferenza Unificata del 2000 e il modello italiano di formazione permanente
Il modello di governance definito dalla Conferenza Unificata del 2000
Attuazione della Conferenza Unificata del 2000 nei sistemi regionali: limiti e
prospettive
L’avanzamento verso gli obiettivi della Strategia di Lisbona
Esperienze regionali: i casi delle regioni Campania ed Emilia - Romagna
La Regione Campania
La Regione Emilia - Romagna
Il sistema di formazione permanente della Regione Puglia
Il modello di governance
Produzione normative dedicata
La filiera EdA in Puglia
La partecipazione degli over 18 anni ad attività di formazione formale (corsi di
studio), non formale (corsi di formazione), informale (autoformazione) in Puglia
La formazione permanente nel POR Puglia 2000 – 2006
L’analisi della programmazione attuativa per la Misura 3.8 del POR Puglia
2006
2000 -
PARTE TERZA: LA DOMANDA DI FORMAZIONE PERMANENTE RILEVATA
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
Il metodo degli studi di caso: kit di intervista e strumento di rilevazione
Descrizione del campione
Profilo individuale degli intervistati
Formazione percepita e formazione richiesta
Aziende e formazione: grande è più bello
La formazione fatta e quella poco gradita
La domanda di formazione permanente
Per una formazione……su misura
PARTE QUARTA: L’OFFERTA DI OFRMAZIONE PERMANENTE RILEVATA E LE POSSIBILI
STRATEGIE
14.
15.
15.1
15.2
16.
16.1
17.
18.
19.
20.
I soggetti intervistati
Le organizzazioni intercettate
L’apprendistato professionalizzante e la formazione continua
Tipologie di attività formative
Le attività formative
I partecipanti alle attività
Gli scenari futuri
Le criticità emerse
Il modello di funzionamento del mercato della formazione permanente
Le politiche possibili
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Presentazione
Il rapporto che segue è parte integrante della ricerca sui fabbisogni di formazione
permanente nella Regione Puglia, finalizzata a fornire un supporto informativo ed
operativo alla programmazione 2007-2013 del FSE.
In particolare, il rapporto qui presentato si riferisce alla Fase I della ricerca ed ha
l’obiettivo di ricostruire il quadro delle politiche comunitarie e nazionali della
programmazione del lifelong learning, come base di partenza per la costruzione di
un sistema di formazione permanente da sviluppare e consolidare nella regione
Puglia.
La formazione permanente, intesa sia nel senso di una politica di formazione per
tutto l’arco della vita e, nello specifico, come misura di policy finalizzata al
rafforzamento delle competenze di base, trasversali e della cittadinanza attiva
rivolta a tutti i segmenti della popolazione con diversi fabbisogni formativi, assume
una forte centralità nella costruzione della società della conoscenza e nelle politiche
di coesione nell’ambito dell’Unione europea allargata a 27 paesi.
La necessità di strutturare in modo organico ed efficace le politiche relative alla
formazione permanente, prevedendo meccanismi di concertazione locale e un forte
livello di partecipazione da parte dei destinatari, presuppone un accurato lavoro di
ricerca finalizzato alla individuazione ed analisi dei fabbisogni formativi dei diversi
target che fanno riferimento alle possibili filiere formative afferenti alla formazione
permanente. Questo lavoro vuole rappresentare un contributo in tal senso.
Nel primo capitolo analizzeremo i principali impianti normativi e regolativi afferenti
alla formazione permanente, con l’obiettivo di enucleare i principi guida necessari
alla programmazione delle relative azioni, e di elaborare una definizione del
concetto di policy della formazione permanente in relazione alle altre policies del
sistema integrato istruzione-formazione lavoro. Dopo una presentazione dei modelli
di intervento sviluppati in altri paesi dell’Unione Europea, configurabili come
contributo alla messa a punto di buone prassi, l’indagine si sofferma sulla
ricognizione dei documenti strategici e di indirizzo a livello comunitario e nazionale,
evidenziando i collegamenti con il quadro complessivo della strategia di Lisbona e,
Pagina n. 1
in particolare, sulla rappresentazione dei modelli di intervento, analizzando il
contesto nazionale anche alla luce delle ultime disposizioni normative.
Nel secondo capitolo sono presentati due esempi regionali, uno del centro nord e
uno del sud, per rilevare gli elementi, strategie, strumenti e modelli che
contribuiscono
alla
costruzione
di
specifici
sistemi
regionali
di
formazione
permanente, e valutarne nelle fasi successive della ricerca la loro trasferibilità nel
contesto regionale pugliese.
In fine nel terzo capitolo si rappresenta un quadro esauriente delle dinamiche della
domanda e dell’offerta di formazione permanente in Puglia, procedendo anche
all’analisi della programmazione regionale nel POR FSE 2000-2006, Asse risorse
umane, misura 3.8 e del suo modello organizzativo e di programmazione. In questo
contesto si procede all’analisi dei bandi programmati nel periodo di riferimento,
all’analisi dei modelli di programmazione e del sistema di concertazione regionale,
con l’obiettivo di evidenziare i punti forti e i punti critici che avranno una diretta
influenza sul periodo di programmazione 2007/2013.
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PARTE PRIMA: OBIETTIVI DELLA RICERCA,
METODOLOGIA E STRUMENTI UTILIZZATI
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1. Obiettivi.
Il
progetto
di
ricerca
“I
fabbisogni
di
formazione
permanente
in
Puglia:
dall’individuo al sistema territorio” ha la finalità di operare una mappatura dei
fabbisogni professionali di formazione permanente degli individui e dei sistemi
territoriali, al fine di fornire un input alla Regione Puglia per quanto riguarda la
domanda di competenze dei target specifici - come previsti dalla misura 3.8 del
POR Puglia - e, in aggiunta, fornire strumenti e modelli di intervento finalizzati alla
programmazione delle attività sulla base di procedure di concertazione che creino
valore aggiunto alle attività messe a bando attraverso la costruzione di consenso
derivante dalla risposta ad esigenze chiaramente individuate.
La struttura metodologica progettata – partendo da una quadro di riferimento
normativo e rilevando, successivamente, sul campo l’offerta e la domanda della di
formazione permanente – è funzionale alla realizzazione di azioni di supporto
nell’ambito della nuova programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013 ed in
particolare risulta complementare ai percorsi di raggiungimento
degli obiettivi
“Convergenza” e “Competitività regionale e occupazione”, programmati dalla
Regione Puglia nell’ambito del nuovo regolamento di attuazione del Fondo Sociale
Europeo.
E’ necessario sottolineare - in fase di analisi preliminare - che alla base della
programmazione delle attività formative e quindi dell’evoluzione e sviluppo delle
risorse umane nell’educazione formale e non formale, l’analisi dei fabbisogni
formativi gioca un ruolo fondamentale.
L’attività di analisi della domanda e di offerta di formazione permanente – nella
nostra indagine -
ha quindi come obiettivo quello di individuare da un lato, i
potenziali fruitori di azioni di formazione permanente ed i relativi
fabbisogni e
dall’altro, nel caso di lavoratori che abbiano già partecipato ad attività di formazione
permanente, le ricadute delle competenze acquisite e il loro grado di spendibilità.
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2.
L'oggetto di indagine: definizioni.
Per il contenuto della tematica che trattiamo, la natura e le caratteristiche
dell'oggetto di indagine orientano sensibilmente la scelta degli strumenti ed il
processo di rilevazione nell'articolazione delle sue fasi.
Cercare di studiare i “fabbisogni di formazione permanente in Puglia”, ovvero gli
orientamenti dei lavoratori e le loro esperienze più significative in termini di
domanda di apprendimento professionale generale e particolare, in assenza di un
quadro di sperimentazioni ed azioni pregresse sulla base delle quali tracciare una
linea di processo, risulta sin da subito un'impresa ardua per la quale è necessario
lavorare contemporaneamente sul processo definitorio e su quello di rilevazione.
La scarsa esperienza in materia – sia sul piano della riconoscibilità dell’offerta che
su quello della definizione standard della domanda - impedisce infatti di trarre da
lavori precedenti di ricerca ed analisi una griglia di orientamento precisa sugli
ambiti di indagine e sul livello definitorio di questi ultimi. Non essendoci dunque un
quadro strutturale preciso, né tanto meno una popolazione di riferimento -matura
ed a conoscenza della materia- a partire dalla quale sia possibile operare una
selezione e/o un campionamento, il centro di selezione dell’oggetto di indagine,
avente gli obiettivi sopraindicati, è dunque rivolto a rivolto a comprendere:
- quali sono le esperienze più rilevanti vissute dai soggetti intervistati in ambito;
- quali le principali caratteristiche di tali esperienze sia in termini dinamici che
statici (percorsi, risorse, valori, criticità ostacoli ecc.);
- la griglia di fondo di un potenziale orientamento della domanda presente e futura
realizzata sulla base dell’età, sesso, funzione lavorativa,
formazione, percorsi
individuali, esperienze pregresse, dagli intervistati;
- il quadro delle percezioni delle necessità professionali in termini di apprendimento
specialistico o di genere;
- la domanda strutturale rispetto alla tipologia delle esperienze lavorative di
riferimento.
Per cogliere quanto più possibile gli elementi caratteristici del quadro di insieme, si
è deciso di dotarsi un apparato definitorio minimo che filtri ciò che emerge dalle
tracce di domanda e risulti funzionale a definire uno scenario degli orientamenti
culturali e degli atteggiamenti rispetto alla domanda di formazione permanente
Pagina n. 5
espressi da un gruppo significativo e rappresentativo di lavoratori pugliesi.
In tale direzione si è deciso di scegliere prioritariamente:
1. le unità di indagine (esperienze e persone);
2. le unità di rilevazione (esperienze);
3. le aree tematiche;
4. le caratteristiche essenziali dei casi selezionati;
5. gli elementi che compongono l'esperienza.
Sul piano più specificatamente metodologico ed in particolare per ciò che riguarda il
campione pre-scelto e lo strumento di rilevazione è necessario sottolineare che, le
unità di indagine compongono l'oggetto della ricerca e possono essere sia oggetti
complessi come le esperienze, che singoli individui.
Le unità di rilevazione sono sempre singole persone che lavorano.
Le aree tematiche rappresentano i campi di definizione progressiva della percezione
della tematica che emerge nel corso della realizzazione dell’intervista.
Il campione, precisato in fase di progettazione ex ante sotto il suo aspetto
quantitativo e degli strati di composizione generale,
procede per selezione di
esperienze e di intervista progressiva, sulla base sia delle aree tematiche
individuate che delle unità di rilevazione successive.
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PARTE SECONDA: IL QUADRO DI RIFERIMENTO
Pagina n. 7
3.
La politica comunitaria e nazionale di formazione permanente
3.1
Il quadro di riferimento comunitario
A partire dal libro bianco di Jacques Delors1 (Crescita, competitività occupazione,
presentato nel dicembre 1993) per arrivare al Memorandum per l’istruzione e la
formazione permanente2 della Commissione europea del 30 ottobre 2000, le
politiche del lifelong learning hanno assunto una centralità nella programmazione
comunitaria, che ha aperto nuovi spazi alla sperimentazione di modalità formative
finalizzate in primo luogo alla promozione della cittadinanza attiva nella società
della conoscenza e alla occupabilità nelle nuove prospettive dell’economia. Ciò ha
innescato una revisione delle politiche formative delle singole regioni, che hanno
individuato risorse e modalità specifiche per raggiungere l’obiettivo generale di
contribuire ad accrescere l’occupabilità della popolazione in età attiva e la
qualificazione delle risorse umane, favorendo i processi di ammodernamento e
innovazione
dei
sistemi
di
istruzione,
formazione
e
lavoro.
Nonostante,
nell’accezione più generale, il concetto di formazione permanente si configuri
potenzialmente come spazio che riunisce in sé diversi ambiti della formazione, che
vanno
dalla
formazione
iniziale
alla
formazione
continua,
dall’analisi
della
programmazione del Fondo Sociale europeo del periodo 2000-2006 emerge una
visione condivisa, che la fa coincidere con l’educazione per l’intero corso della vita e
con l’apprendimento che si acquisisce nei contesti formativi non formali e informali
oltre che con quelli formali.
Una prima riflessione organica sulla formazione permanente, strettamente collegata
alla formazione degli adulti, è stata compiuta dalla Conferenza di Amburgo del
1997.
Nella dichiarazione finale3 sono evidenziate alcune finalità ed obiettivi che
rappresentano un primo indirizzo per tutte le politiche sviluppate successivamente.
1
Crescita, competitività, occupazione - Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI
secolo”, COM(93) 700/F, dicembre 1993.
2
Commissione delle Comunità Europee, memorandum europeo sull’istruzione e la
formazione permanente del 30 ottobre 2000, SEC (2000) 1832 DOC 0015120003.
3
Dichiarazione finale della V Conferenza Internazionale sull’educazione degli adulti. UNESCO,
14-18 luglio 1997, in www.istruzione.it/argomenti/ifts/amburg97.shtml.
Pagina n. 8
In questo documento vengono ribaditi una serie di principi che possiamo così
sintetizzare:
•
La valorizzazione dell’interazione tra sistema formativo e sistema sociale per
sviluppare processi di partecipazione: l’educazione degli adulti è il risultato di
una consapevole appartenenza alla comunità e, al tempo stesso, la condizione
per un’attiva partecipazione sociale; la formazione si connota come uno
strumento indispensabile per realizzare uno sviluppo che non turbi l’equilibrio
ambientale,
per
promuovere
il
valore
della
democrazia,
della
giustizia,
dell’uguaglianza fra persone diverse, per favorire il progresso scientifico, sociale
ed economico, per costruire un mondo dove la cultura della pace e del dialogo
sostituiscono la violenza.
•
Il concetto di sviluppo socio-economico deve poter procedere di pari passo con
la partecipazione sociale attiva dei cittadini nel pieno dei loro diritti in una
“società in formazione” che punti sulla riorganizzazione dell’apprendimento per
integrare tutte le forme di educazione, superando la distinzione tra “cultura
generale” e “cultura tecnica”.
•
Il
superamento
della
sequenzialità
della
formazione
a
favore
di
un
apprendimento continuo che accompagna le varie fasi della vita nella logica
dell’adattamento individuale alle continue mutazioni di una società globalizzata.
•
L’obiettivo fondamentale della formazione permanente è quello di sviluppare
nelle persone autonomia di pensiero e di comportamento sostenendo un
processo di autoconsapevolezza che orienti l’individuo in un mondo in continua
trasformazione.
•
Sostenere la centralità dell’adattamento delle competenze in linea con le
esigenze del mercato del lavoro.
•
La promozione della partecipazione al lavoro e alla vita sociale di tutte le
persone con difficoltà sociali, fisiche e psichiche con particolare attenzione alle
dinamiche
dell’integrazione
quale
collante
della
società
multietnica
multiculturale.
Pagina n. 9
e
•
La centralità delle pari opportunità nel favorire l’accesso ai percorsi formativi
della componente femminile, sviluppando un’ottica di genere per il superamento
delle discriminazioni.
Oltre ai principi precedentemente illustrati la Conferenza di Amburgo ha anche
contribuito alla individuazione delle caratteristiche del sistema di lifelong learning,
declinando alcuni obiettivi strategici e di orientamento per le politiche nazionali di
formazione permanente.
In primo luogo la realizzazione, nella messa a punto dei sistemi di educazione
permanente, di nuovi metodi e approcci all’educazione che favoriscano l’effettiva
collaborazione tra il sistema di governo locale e la collettività. Sotto il profilo dei
contenuti vengono pertanto a delinearsi la priorità di promuovere e rinforzare le
competenze di base con particolare attenzione alle nuove tecnologie, di sviluppare
l’educazione ambientale, la cultura della salute e le competenze sociali necessarie a
migliorare le relazioni tra individui, e l’attuazione di politiche di invecchiamento
attivo capaci di valorizzare le esperienze delle generazioni precedenti.
Nel solco di questa strategia, nel marzo del 2000 il Consiglio europeo di Lisbona
segna una tappa decisiva nella messa a punto degli orientamenti comunitari in
materia di istruzione e formazione.
Nel vertice di Lisbona l’obiettivo di fondare un’economia basata sulla conoscenza
viene coniugato allo sforzo politico e di innalzare la qualità, i saperi e le competenze
dei cittadini europei. Tra i diversi obiettivi della Strategia di Lisbona, quello più
coerente con il concetto di formazione permanente si individua nel garantire ai
cittadini un livello di partecipazione ad attività formative che in nessun Paese deve
scendere al di sotto del 10% della popolazione adulta. In tal senso si afferma che
“l’impegno dei Paesi membri diventa quello di riorientare i sistemi formativi nella
strategia del lifelong learning, per cui l’apprendimento degli adulti diviene un
processo permanente di saperi, di competenze e di autoconsapevolezza sociale”4.
4 Isfol, Formazione permanente: chi partecipa e chi ne è escluso, Primo rapporto nazionale
sulla domanda, Roma, settembre 2003.
Pagina n. 10
Il concetto di lifelong learning viene ulteriormente esplicitato dal Memorandum
sull’istruzione e la formazione permanente dell’ottobre del 20005 che costituisce la
risposta della Commissione alle richieste emerse dai Consigli Europei di Lisbona e di
Feira e delinea il quadro di riferimento del sistema di formazione permanente
europeo.
Nel Memorandum si afferma che il buon esito della transizione ad un’economia e
una società basata sulla conoscenza deve essere accompagnata da un orientamento
verso l’istruzione e la formazione permanente, e che la stessa nozione di istruzione
e formazione permanente non rappresenta più semplicemente un aspetto della
formazione generale e professionale, ma deve diventare il principio informatore
dell’offerta e della domanda in tutti i contesti di apprendimento.
Il memorandum individua 6 messaggi chiave e altrettanti obiettivi così strutturati.
Messaggio chiave n. 1 Nuove competenze di base per tutti
Obiettivo: garantire un accesso universale e permanente alle azioni di istruzione e
formazione per consentire l’acquisizione o l’aggiornamento delle competenze
necessarie alla partecipazione attiva ai progressi della società della conoscenza.
Messaggio chiave 2: maggiori investimenti nelle risorse umane
Obiettivo: assicurare una crescita visibile dell’investimento nelle risorse umane per
rendere prioritaria la più importante risorsa dell’Europa – la sua gente.
Messaggio chiave N. 3. Innovazione nelle tecniche di insegnamento e di
apprendimento
Obiettivo: sviluppare contesti e metodi efficaci di insegnamento e apprendimento
per un’offerta ininterrotta di istruzione e di formazione lungo l’intero arco della vita
e in tutti i suoi aspetti.
Messaggio chiave 4: valutazione dei risultati dell’apprendimento
Obiettivo: migliorare considerevolmente il modo in cui sono valutati e giudicati la
partecipazione e i risultati delle azioni formative nel quadro dell’apprendimento
formale ed informale.
Messaggio chiave n. 5: Ripensare l’orientamento
Obiettivo: garantire a tutti un facile accesso ad informazioni e ad un orientamento
di qualità sulle opportunità di istruzione e formazione in tutta l’Europa e durante
tutta la vita.
Messaggio chiave N. 6: un apprendimento sempre più vicino a casa
5
Commissione delle Comunità Europee, Memorandum europeo sull’istruzione e la formazione
permanente del 30 ottobre 2000, SEC (2000) 1832 DOC 0015120003.
Pagina n. 11
Obiettivo: offrire opportunità di formazione permanente il più possibile vicine agli
utenti della formazione, nell’ambito della loro comunità con il sostegno, qualora
opportuno, di infrastrutture basate sulle ICT (information and communication
technologies).
Si delineano pertanto le priorità che devono ispirare le politiche nazionali, ovvero la
realizzazione di una società della conoscenza in cui l’economia si basa sulla
creazione e lo scambio di beni e servizi immateriali. In questo contesto
l’aggiornamento dell’informazione, delle conoscenze e delle competenze riveste un
ruolo cruciale. Lo sforzo dei paesi membri si deve indirizzare alla realizzazione di
un’istruzione di base di qualità per tutti attraverso una formazione costante o ad
intervalli regolari (lifelong learning) combinandola anche con una formazione che
abbraccia tutti gli aspetti della vita sottolineandone l’estensione orizzontale che ha
luogo in tutti gli ambiti e in qualsiasi fase della vita (lifewide learning).
In tal senso si evidenzia la complementarietà dell’apprendimento formale, non
formale e informale.
Da quanto sopra illustrato si può dedurre che:
•
la formazione permanente viene concepita come elemento fondamentale nella
costruzione di una cittadinanza attiva e nello sviluppo delle relazioni sociali;
•
la
formazione
permanente
è
uno
strumento
importante
per
garantire
l’occupabilità concentrandosi però sul rafforzamento delle competenze di base
ed
accompagnando
l’individuo
verso
uno
sviluppo
professionale
più
individualizzato anche al di fuori della formazione aziendale in senso stretto.
Pertanto nell’indirizzo comunitario si presentano due piani di lettura della
formazione permanente:
•
in senso generale, il concetto di formazione permanente coincide con quello di
“apprendimento
permanente”
e
con
il
principio
di
lifelong
learning:
la
formazione permanente è qui intesa come sistema di politiche che permette
l’accesso alla formazione connesso allo sviluppo della persona, allo sviluppo
professionale, allo sviluppo sociale, lungo l’arco della vita (dando luogo a
diverse policy target oriented quali la formazione superiore, la formazione
continua, ecc.);
•
in senso specifico, la formazione permanente può declinarsi in interventi
specifici
che,
pur
ricadendo
nell’ambito
della
Strategia
Europea
per
l’Occupazione (SEO), risponde a diverse priorità generali quali l’adattabilità, le
Pagina n. 12
pari opportunità e l’occupabilità anche attraverso l’acquisizione di competenze
per la cittadinanza attiva.
Dato questo quadro generale
“l’istruzione e la formazione permanente (lifelong
learning) sono tuttora diversamente definite, a fini diversi, secondo il singolo
contesto nazionale. Gli ultimi studi disponibili rivelano che le definizioni restano per
lo più sul piano informale e pragmatico, e si riferiscono più alle azioni intraprese che
a un concetto chiaro o a una nozione giuridica6.
Da quanto esposto si può affermare che l’apprendimento o formazione permanente
così come esplicitato nei documenti comunitari7 presenta una connotazione ampia
che contempla, più che una policy, un principio guida o un indirizzo politico
finalizzato ad orientare le scelte del decisore pubblico nell’adeguare le politiche
formative al principio del lifelong learning. Tuttavia nei singoli contesti europei e in
particolare in quello italiano, il dibattito e la conseguente programmazione delle
politiche formative ha successivamente tentato di implementare questo principio
attraverso specifici indirizzi del sistema di offerta di formazione che, come vedremo,
connotano la formazione permanente come una misura con caratteristiche peculiari
e caratterizzanti.
3.2
Modelli europei: il community learning
Nel contesto europeo, i modelli di programmazione della formazione permanente
trovano una loro realizzazione e modellizzazione in base alle politiche educative e
alle organizzazioni sociali che, soprattutto al di fuori dei percorsi formali, si
collegano ai processi di partecipazione alle attività sociali nell’esercizio della
cittadinanza attiva. Un modello che in questa sede ci interessa esplorare è quello
del community learning. Sviluppato soprattutto nei paesi anglosassoni e scandinavi
e successivamente diffuso anche nei paesi in via di sviluppo, pone l’accento sulla
organizzazione di attività educative progettate a partire dai fabbisogni delle
comunità e degli individui che in essa vivono, con obiettivi di sviluppo sociale, pari
6
Commissione delle Comunità Europee, Memorandum sull’istruzione e la formazione
permanente, Bruxelles, 2000, p. 10.
7
Strategia di Lisbona, Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente della
Commissione (2000), Comunicazione della Commissione “Realizzare uno spazio europeo
dell’apprendimento permanente” (2001) e Risoluzione del Consiglio sull’apprendimento
permanente (2002).
Pagina n. 13
opportunità e inclusione sociale. In questo modello, che assume connotazioni
specifiche
nei
diversi
luoghi
e
contesti
in
cui
si
sviluppa,
si
interpreta
l’apprendimento soprattutto per la sua dimensione sociale, mettendo al centro della
programmazione formativa l’individuo nel suo agire sociale. Mentre i processi
educativi sono di solito collegati alla dimensione del capitale umano, il cui
potenziamento ha un effetto diretto sull’occupabilità e sul valore economico che la
formazione assume nelle società a capitalismo avanzato, il community learning
insiste sul valore sociale dell’apprendimento e si collega alla dimensione delle
relazioni sociali tra individui in un determinato contesto geografico.
Si stabilisce così una prima demarcazione tra gli esiti diretti delle attività formative,
che invece di insistere sui risultati legati al reddito e al miglioramento delle
condizioni di lavoro si focalizzano sul tema della qualità sociale della vita degli
individui. Questo approccio alla formazione fa sì che il community learning persegua
l’obiettivo di coinvolgere le persone che non partecipano di solito ai processi
educativi formali, per creare le condizioni per lo sviluppo della comunità
strettamente collegate alla dimensione dello sviluppo locale in cui essa diventa un
laboratorio di apprendimento.
Nei singoli contesti sociali il lifelong learning diventa principio organizzativo e bene
sociale per favorire un processo di coinvolgimento diretto di tutti gli attori,
istituzionali e non, per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo e di inclusione
sociale.
Tutti i soggetti sociali coinvolti nel processo diventano così protagonisti dei piani di
sviluppo locali sviluppando un approccio bottom up che garantisce un alto livello di
partecipazione dei destinatari ai processi di pianificazione e implementazione delle
politiche pubbliche. La costruzione dei sistemi di community learning, seppur con le
dovute differenze, si caratterizza per la presenza di tre concetti fondamentali:
-
la comunità, intesa come comunità geograficamente caratterizzata
e come
sistema di relazioni tra individui con interessi comuni;
-
il network, come sistemi di relazione tra associazioni di volontariato, aggregati
sociali, gruppi di interesse e attori istituzionali che insieme costruiscono ed
individuano le priorità di intervento;
-
il learning, inteso come processo di apprendimento che fonde educazione
formale, non formale ed informale.
Pagina n. 14
I processi di apprendimento nei diversi contesti sociali e nei diversi settori
disciplinari contribuiscono così da un lato a potenziare le risorse specifiche delle
persone, soprattutto dei soggetti a rischio di esclusione sociale tramite il
rafforzamento
delle
competenze
di
base
e,
dall’altro,
a
contribuire
alla
partecipazione diretta della comunità ai processi di sviluppo locale.
Rispetto alle politiche europee della formazione per tutto l’arco della vita, il
community learning rappresenta un contributo essenziale ed originale che gioca un
ruolo centrale per combattere l’esclusione sociale. L’apprendimento comunitario,
interpretato come agente di cambiamento, contribuisce allo sviluppo individuale,
sociale ed economico e più che come settore specifico dell’educazione si configura
come modalità di azione nei contesti locali.
La
capacità
degli
individui
di
tutte
le
età
di
partecipare
attivamente
all’apprendimento è cruciale per la qualità della vita nel suo complesso. Attraverso
l’apprendimento gli individui possono trovare le soluzioni ai problemi sociali ed
economici delle loro comunità contribuendo direttamente
alla messa a punto di
piani e programmi di azione.
Il
modello
del
community
learning
insiste
fortemente
sulla
relazione
dell’apprendimento individuale nei contesti locali per la realizzazione delle strategie
di sviluppo, con la finalità di creare una reale cittadinanza attiva per utilizzare le
risorse di tutti i rappresentanti della comunità. Il sistema di relazioni e le
caratteristiche del modello possono essere schematizzate nel grafico seguente.
Pagina n. 15
Figura 1 : il modello del community learning
Obiettivi:
• Miglioramento e consolidamento delle competenze di base e delle competenze
sociali finalizzate ad una più efficace partecipazione degli individui alla vita
comunitaria
• Aumentare la motivazione e l’autostima dei soggetti più deboli
• Migliorare l’efficacia e il raggio di azione delle organizzazioni all’interno delle
comunità
Apprendimento
per i giovani
Apprendimento
degli adulti
Community
learning e
strategie di
sviluppo
Capacity
building
3.3
Evoluzione delle politiche di educazione degli adulti in Italia: dall’educazione
popolare al sistema integrato di formazione permanente
Il primo esempio di formazione permanente in Italia è rappresentato da una politica
suppletiva di lotta all’analfabetismo attraverso l’educazione popolare avviata nel
secondo dopoguerra. Tali attività sono affidate a circoli didattici (istruzione di Stato)
e ad altri soggetti del privato sociale (Enti e associazioni, parrocchie, comitati di
quartiere) in accordo con i Provveditorati agli Studi. Il conseguimento di un titolo di
studio equipollente alla licenza di scuola media viene offerto attraverso i “corsi di
richiamo e aggiornamento culturale di istruzione secondaria” istituiti presso scuole
Pagina n. 16
elementari o medie. Negli anni ‘50 e ‘60 si assiste ad un forte sviluppo di interventi
di educazione degli adulti realizzati in seno al movimento operaio e al volontariato,
che progressivamente ampliano la precedente delimitazione dell’educazione degli
adulti legata a bisogni formativi aggiuntivi all’alfabetizzazione. Nella cosiddetta lotta
al fenomeno dell’analfabetismo di ritorno si riconosce la necessità di interventi tesi
al rafforzamento delle competenze di base e la funzione della formazione
professionale in senso distintivo rispetto alla mera educazione degli adulti.
Nel 1970 la legge n. 300 (Statuto dei Lavoratori) introduce il diritto ai congedi
formativi finalizzati agli esami, che tre anni più tardi portò, attraverso un accordo
tra le Parti Sociali, all’istituto delle “150 ore” per coloro che intendevano conseguire
la licenza della scuola media. Si tratta di un istituto contrattuale che nasce e si
realizza in ambito extra scolastico, e che assume le forme di un contratto sociale in
cui lo Stato si impegna alla mera assunzione dei costi economici (per i servizi
richiesti alla scuola statale dove si realizzavano i corsi).
Nel 1977 si realizza, con il D.P.R. n. 616, l’attribuzione delle competenze in materia
di educazione permanente alle Regioni, dando luogo ad un modello in cui
l’educazione formale degli adulti è gestita dal Ministero della Pubblica Istruzione e
l’educazione non formale dalle Regioni. È di questo periodo l’avvio dei corsi per il
conseguimento della licenza elementare della durata di 350 ore annue. Nell’arco di
20 anni questi corsi hanno avuto il merito di produrre un ampliamento della
domanda di formazione, con la conseguenza di un ampliamento dell’offerta di
interventi, che vanno dall’animazione culturale destinata a gruppi emarginati fino ai
corsi per l’alfabetizzazione degli immigrati.
Nei primi anni ‘80, con la legge 270/82, si realizza una rilevante stabilizzazione del
personale impiegato nel canale EDA, e si avviano le prime sperimentazioni
all’interno degli istituti scolastici di corsi rivolti ad anziani, giovani drop out, adulti
disoccupati ed in mobilità ed immigrati, attraverso progetti che integrano
formazione di base e formazione professionale. La novità di queste sperimentazioni
può essere individuata nel coinvolgimento di attori legati al territorio (Enti Locali,
agenzie formative, biblioteche, associazioni).
Nel 1997 l’Ordinanza Ministeriale n. 455 istituisce i nuovi Centri Territoriali
Permanenti, che esprimono una rilevante varietà di interventi sperimentali
riconosciuti a livello ministeriale, anche se caratterizzati da forti sproporzioni fra le
Regioni. Le due più importanti innovazioni di questo periodo riguardano l’apertura
di corsi di istruzione nelle carceri italiane e la programmazione di corsi di
Pagina n. 17
alfabetizzazione destinati agli immigrati. In questo periodo, fra gli anni ‘80 e ‘90, si
assiste ad un progressivo mutamento nella composizione sociale degli adulti che
frequentano i corsi EdA (Educazione degli adulti), e l’erosione della partecipazione
dei lavoratori che venivano canalizzati nell’offerta di formazione continua.
Il sistema EdA, in questo periodo, mette a punto un modello di formazione
orientato alla multiculturalità, dando luogo ad una riflessione che coinvolge
l’associazionismo culturale impegnato nel sostegno all’immigrazione e il mondo
accademico.
L’interculturalità
viene
assunta
come
principio
ordinatore
per
l’inserimento di adulti e minori nella società italiana. Ma è il ’97 l’anno della svolta,
in cui, attraverso l’Ordinanza ministeriale n. 400 vengono diffusi nuovi principi,
ovvero: il riconoscimento dei crediti formativi, l’integrazione tra istruzione e
formazione professionale, e soprattutto il superamento dell’alfabetizzazione come
obiettivo esclusivo della formazione permanente.
Si prefigura, di conseguenza, una visione strategica della formazione permanente
finalizzata allo sviluppo
cittadinanza
attiva,
una nuova domanda che introduce l’assioma della
riferita
alla
funzione
dell’educazione
degli
adulti.
Con
l’Ordinanza ministeriale n. 455 del 1997 si recepisce la strategia delineata dalla
Conferenza di Amburgo, e si determina l’inserimento dell’EdA nello scenario
generale dell’istruzione e della formazione durante tutta la vita, in una prospettiva
di crescita e di autopromozione individuale, per il miglioramento della qualità della
vita. L’Ordinanza istituisce i Centri Territoriali Permanenti per l’educazione degli
adulti, per dare un luogo organizzativo e di offerta per tutte quelle iniziative che
fino a quel momento avevano assunto un profilo sperimentale di integrazione.
Da questo momento in poi le attività ed i servizi per gli adulti si svolgono in più sedi
anche non scolastiche, e sono coordinate dal centro territoriale che ha come
riferimento amministrativo e didattico una istituzione scolastica della fascia
dell’obbligo e come coordinatore responsabile il suo Capo d’istituto. I CTP sono
organismi di analisi dei fabbisogni, di concertazione, di progettazione e attuazione
delle iniziative di istruzione e formazione in età adulta finalizzati a:
•
alfabetizzazione culturale e funzionale;
•
rimotivazione e riorientamento;
•
acquisizione e consolidamento di conoscenze e competenze specifiche;
•
pre-professionalizzazione e/o riqualificazione professionale.
Pagina n. 18
3.4
La Conferenza Unificata
del 2000 e il modello italiano di formazione
permanente
L’Italia ha tradotto il quadro di riferimento concettuale e strategico delineato a
livello europeo nell’Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunità
montane per riorganizzare e potenziare l’educazione permanente per gli adulti8, a
partire dalla Conferenza internazionale di Strasburgo del luglio 1997 che ha
adottato l’idea di una “società in formazione” e che riconosce all’adulto il diritto al
conseguimento delle conoscenze di base e delle abilità necessarie alla società in
trasformazione,
fondamentale
puntando
che,
sull’educazione
attraverso
l’ampliamento
permanente
delle
come
opportunità
strumento
professionali,
permetta ai cittadini una seconda chance non solo formativa ma anche nel lavoro.
Si è delineata una concezione della politica di formazione permanente che integra
l’educazione iniziale e quella continua con crediti e certificazioni, superando la
divisione tra “cultura generale” e abilità professionali.
La caratteristica peculiare della formazione permanente, nella traduzione italiana, è
quella di rivolgersi principalmente alla popolazione adulta con un approccio
rafforzativo e di “ponte” fra sistema formativo iniziale e sistema continuo in modo
da
configurare
un’offerta
formativa
capace
di
sopperire
agli
spazi
non
completamente coperti dai canali target oriented.
Si arriva quindi ad una prima definizione concettuale della formazione permanente
elaborata dalla programmazione nazionale. Infatti la traduzione del principio
generale di apprendimento permanente o lifelong learning si compie, nel caso
italiano, attraverso:
•
un’offerta formativa target oriented, ovvero rivolta a tipologie di destinatari
definite a partire da fabbisogni omogenei (formazione per occupati, per
diplomati e laureati, per soggetti in condizioni di svantaggio, per dipendenti
pubblici, ecc.);
•
una specifica misura destinata ad un target più ampio, ovvero quella
denominata formazione permanente (e coincidente con la misura C4 dei POR
Ob. 3 e con la misura 3.8 dei POR Ob. 1 della programmazione 2000-2006), che
8
Conferenza Unificata del 2 marzo 2000.
Pagina n. 19
permette sia la copertura di destinatari differenziati per condizioni di accesso
(requisiti di base e condizioni sociali), che la fruizione dell’offerta formativa per
target specifici collegati anche alla formazione continua.
Pertanto l’unico elemento che uniforma il target differenziato della formazione
permanente è l’età adulta dei destinatari, riferita ad una popolazione in età
lavorativa (25-64 anni) che:
•
non disponga di un adeguato bacino di competenze di base, trasversali e
tecnico-professionali (non recuperabili nei canali formativi tradizionali) per una
partecipazione attiva al mercato del lavoro e alla cittadinanza;
•
risponda all’esigenza e all’opportunità di ulteriori periodi formativi per il
miglioramento della propria condizione sociale od occupazionale.
Questa caratteristica “meta target” della formazione permanente è riscontrabile nel
documento della Conferenza unificata del marzo 2000, il cui accordo prevede la
messa a regime di un sistema di educazione in età adulta sulla base di un approccio
integrato al quale concorrono i diversi sistemi ed avrà, quindi, caratteristiche di
modularità, interdisciplinarietà e flessibilità al fine di costruire percorsi formativi
personalizzati prevedendo una certificazione integrata ed il riconoscimento di crediti
utilizzabili nei percorsi di studio e nel mondo del lavoro.
La Conferenza Unificata del marzo 2000 dà una definizione puntuale della
formazione permanente che configurerà la base per la successiva programmazione
2000-2006 di una policy ben definita, ovvero, “l’educazione degli adulti è costituita
dall’insieme
delle
opportunità
educative
formali
(istruzione
e
formazione
professionale certificata) e non formali (cultura, educazione sanitaria, sociale,
formazione della vita associativa, educazione fisico-motoria) rivolte ai cittadini in
età adulta aventi per obiettivo la formazione di competenze personali di base nei
diversi campi, l’estensione delle conoscenze, l’acquisizione di specifiche competenze
connesse al lavoro e alla vita sociale trasferibili e certificabili”.
Questa definizione della formazione permanente trova una concreta traduzione ed
attuazione nei Programmi operativi nazionali 2000-2006 (PON azioni di sistema Ob.
3, azione C.1.9 e PON Atas Ob. 1, Sottoazione II.1.B.4). Anche questi, infatti,
citando espressamente la Conferenza Stato-Regioni del 2000, si sono proposti la
Pagina n. 20
finalità di promuovere la messa a regime di un sistema di educazione degli adulti9
che consentisse la personalizzazione dei percorsi formativi individuali e fosse
pertanto
caratterizzato
da
modularità,
interdisciplinarietà
e
flessibilità10.
Nell’accordo si delinea l’impianto del modello di programmazione e gestione del
nuovo sistema come parte del sistema formativo integrato, dando seguito a quanto
auspicato dal Patto per lo sviluppo e l’occupazione che prevedeva l’impegno del
governo a predisporre un progetto specifico e risorse mirate per la sperimentazione
e la messa a regime di un sistema di educazione degli adulti sul quale avviare un
confronto e la sperimentazione, d’intesa con le parti sociali e con le rappresentanza
delle regioni e degli Enti locali11.
L’approccio sviluppato mira ad integrare il sistema della formazione e dell’istruzione
soprattutto per quanto riguarda il diritto di cittadinanza e i diversi ambiti di
intervento:
formazione,
orientamento,
rimotivazione.
Nell’accordo
si
auspica
un’organizzazione a rete dei vari soggetti coinvolti creando un’offerta formativa che
seguisse una logica di sistema.
Gli obiettivi fondamentali sono quelli
di rendere effettivi il diritto di cittadinanza
attiva, il diritto della qualità dell’occupazione e il diritto all’istruzione e alla
formazione per tutto l’arco della vita. Si fa un esplicito riferimento al recupero dei
drop out, all’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, alla lotta alla
disoccupazione e all’accoglienza degli immigrati. La formazione permanente assume
un valore strategico quale fattore di emancipazione personale e sviluppo locale
anche in senso sociale del territorio. Le finalità da perseguire vengono identificate
come segue:
•
il rientro nel sistema formale di istruzione e formazione;
•
l’estensione delle competenze;
•
l’acquisizione di specifiche competenze connesse al lavoro e alla vita sociale.
Nell’Accordo vengono anche definiti i luoghi dell’educazione degli adulti:
9
La riprogrammazione di metà periodo ha poi ulteriormente specificato tale obiettivo: il
livello medio di partecipazione a forme di apprendimento lungo tutto l’arco della vita doveva
esser pari ad almeno il 12,5% della popolazione adulta in età lavorativa della fascia d’età
compresa tra i 25 e i 64 anni, in coerenza con la SEO, e ciò attraverso la promozione e lo
sviluppo di sistemi integrati di offerta di formazione permanente che accrescessero le
opportunità di accesso alla formazione per tutte le fasce di cittadini, indipendentemente dalla
loro condizione professionale.
10
MEF – DPS, Complemento di programmazione - Pon Ob. 3 "Azioni di sistema",
Programmazione 2000-2006, settembre 2000; Complemento di programmazione - Pon Ob. 1
"Assistenza tecnica e azioni di sistema", Programmazione 2000-2006, febbraio 2002.
11
Accordo della Conferenza unificata Stato Regioni e autonomie locali, marzo 2000.
Pagina n. 21
• i centri territoriali permanenti;
• il sistema dell’istruzione;
• il sistema della formazione professionale;
• il complesso delle opportunità di educazione non formale (reti civiche,
infrastrutture culturali, associazioni e terzo settore).
Per quanto riguarda gli attori del sistema si individuano:
• il sistema scolastico;
• il sistema regionale della formazione professionale;
• il sistema dei servizi per l’impiego;
• le reti civiche delle iniziative per l’educazione degli adulti;
• le infrastrutture culturali;
• le imprese;
• le associazioni culturali, del volontariato sociale;
• le università.
Le
attività
che
questi
centri
possono
programmare,
in
quanto
luoghi
di
concertazione ed iniziativa, sono:
• accoglienza, ascolto, orientamento;
• alfabetizzazione primaria e di ritorno;
• apprendimento della lingua e dei linguaggi;
• sviluppo e consolidamento di competenze di base e di saperi specifici;
• recupero e sviluppo di competenze strumentali culturali e relazionali;
• acquisizione e sviluppo di una formazione o riqualificazione professionale;
• rientro nei percorsi di istruzione e formazione in particolare dei soggetti a rischio
di esclusione sociale (la scuola secondaria superiore con corsi serali viene
evidenziata come un altro baricentro del sistema).
Si
può
concludere
che
la
strategia
identificata
dalla
Conferenza
Unificata
contestualizza i principi fondamentali del memorandum europeo che interpreta la
politica di educazione degli adulti come politica sociale per attivare azioni positive a
favore delle categorie a rischio di esclusione sociale e si focalizza sulla necessità di
costruire una relazione positiva tra istruzione, formazione professionale e mondo
del lavoro, nella consapevolezza delle gravi lacune di competenze di alcune fasce
della popolazione che rischiano l’emarginazione.
Pagina n. 22
3.5
Il modello di governance definito dalla Conferenza Unificata del 2000
La Conferenza Unificata del 2000 assume il compito di ricondurre a sistema il
variegato campo di esperienze espresse dall’educazione permanente in Italia nel
corso degli anni ‘90, dando luogo a processi di integrazione tra istituzioni, ambiti di
intervento e risorse.
Il nuovo sistema integrato di EdA disegnato dalla Conferenza Unificata si muove
nella prospettiva del lifelong learning, individuando la necessità di una forte sinergia
tra i diversi attori già impegnati nel settore, ovvero:
•
il sistema scolastico;
•
il sistema regionale della formazione professionale;
•
il sistema dei SPI;
•
le reti civiche;
•
le infrastrutture culturali (biblioteche, musei, teatri);
•
le imprese;
•
le associazioni;
•
le università.
Sotto il profilo della governance istituzionale, a livello nazionale viene costituito un
Comitato12 con funzione di individuazione di priorità strategiche e di definizione di
indirizzi generali, di allocazione di risorse destinate a tale politica, nonché degli
standard minimi del monitoraggio e della valutazione e dei dispositivi di
certificazione e di riconoscimento dei crediti.
Al livello regionale, ai sensi dell’art. 138 del Decreto Legislativo n. 112 vengono
attribuite funzioni di
pianificazione e programmazione dell’offerta formativa
integrata rivolta agli adulti, e si determina l’istituzione di un Comitato Regionale con
funzioni di concertazione relativa alla programmazione, alla promozione, al
monitoraggio e alla valutazione del sistema di educazione degli adulti. In
particolare, le funzioni demandate alle Regioni riguardano la promozione di un
efficace raccordo dei piani di educazione degli adulti con le politiche di sviluppo e
occupazionali.
12
Il Comitato è composto da Ministero della Pubblica Istruzione, dal MLPS, dal Ministero
dell’Università e della Ricerca, dal Dipartimento per gli Affari Sociali, dalla rappresentanza
delle Regioni, degli Enti Locali e delle Parti Sociali.
Pagina n. 23
A livello locale le Province concorrono alla programmazione territoriale (comprese le
azioni di monitoraggio), mentre ai Comuni ed alle Comunità montane vengono
demandati, tra l’altro, i compiti di istituzione dei Comitati locali. Questi configurano
la sede della programmazione concertata per la definizione dell’offerta formativa
sulla base dei criteri definiti in sede di programmazione regionale.
I Comitati locali sono presieduti da rappresentanti dei Comuni e delle Comunità
montane e sono composti da rappresentanti degli Uffici scolastici territoriali, della
Provincia,
dei
Comuni,
delle
Comunità
montane,
delle
Parti
Sociali
e
da
rappresentanze delle agenzie formative operanti nel campo dell’educazione non
formale. A livello attuativo viene identificata la presenza di operatori specializzati
per lo svolgimento delle attività formative, sulla base di un modello di offerta
caratterizzato dalla molteplicità di percorsi aperti e flessibili.
La gestione e lo sviluppo degli interventi avviene pertanto nell’azione sinergica della
scuola, della formazione professionale e dell’educazione non formale. Si stabilisce la
possibilità che i Centri Territoriali dell’EdA possano essere ubicati in qualunque tipo
e ordine di scuola, e che il modello organizzativo si riferisca, nel finalizzarsi ad
un’offerta formativa integrata, ad accordi di rete tra scuole ed altri soggetti
formativi pubblici e privati (D.P.R. 275/99). Inoltre, la Conferenza Unificata, sulla
base delle leggi 845/78, 236/93, 196/97, definisce uno specifico canale di
formazione professionale dedicato agli adulti e realizzato dal sistema regionale
attraverso le agenzie formative, e integra compiutamente nel nuovo sistema di
offerta il canale dell’educazione non formale realizzato dalle reti civiche, dalle
infrastrutture culturali pubbliche, dalle associazioni e dalle università della terza
età, prevedendo l’inserimento di questa offerta nella programmazione regionale e
locale delle attività, secondo modalità stabilite a livello regionale.
Pagina n. 24
3.6
Attuazione della Conferenza unificata del 2000 nei sistemi regionali: limiti e
prospettive
L’Accordo della Conferenza Unificata del marzo 2000 in materia di formazione
permanente ha vissuto un percorso attuativo piuttosto distante dalle attese iniziali.
La mancata costituzione del Comitato nazionale anche in conseguenza della Legge
Cost. 3/2001 di modifica del Titolo V della Costituzione, che ha introdotto il principio
di concorrenzialità istituzionale fra Stato e Regioni per l’attuazione delle politiche
formative e del lavoro, ha prodotto una rilevante frammentazione attuativa a livello
regionale, rendendo in qualche misura “acefalo” il modello disegnato dalla
Conferenza, che si costituiva a partire da un quadro nazionale comune su cui
innestare successivamente la contestualizzazione delle politiche di formazione
permanente su scala regionale.
L’azione di sistema prevista dal PON Ob. 3 e dal PON Atas Ob. 1 per il periodo
2000-2006 che affidava, nel solco della Conferenza Unificata, alla programmazione
nazionale il compito di una declinazione omogenea del modello di policy per la
formazione permanente, già a partire dal 2002 ha dovuto ripiegare su azioni di
profilo meno ampio, quali il supporto alle singole Regioni per la creazione di reti e
per le attività di animazione e di sensibilizzazione degli utenti e dei decisori politici.
In tal senso le attività di ricerca intraprese dall’Isfol13 sull’offerta, la domanda, i
modelli e gli strumenti dell’apprendimento permanente hanno configurato un
prodotto suppletivo di quel quadro di dispositivi e metodologie comuni che si
inscrivevano nel disegno unitario della Conferenza unificata, mancando tuttavia
della forza necessaria per proporre una struttura di requisiti minimi comuni a tutte
le Regioni.
Ciò non di meno, nella ricognizione delle attuazioni regionali si rintraccia in modo
più o meno significativo, almeno per alcune regioni quali il Piemonte, la Toscana,
l’Emilia-Romagna, la Provincia autonoma di Trento, il Lazio e la Campania,
l’adesione ai principi guida comunitari sulla formazione permanente e la traslazione
progressiva delle politiche di istruzione-formazione e lavoro verso il sistema
13
Nell’ambito della programmazione nazionale a titolarità del Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale l’Isfol rappresenta il soggetto preposto all’assistenza tecnica alle singole
Regioni per la costruzione del sistema di formazione permanente.
Pagina n. 25
integrato previsto dalla Conferenza Unificata per la formazione della popolazione
adulta.
Rimane in eredità alla nuova programmazione 2007-2013 il compito di dare un
nuovo impulso alla politica di formazione permanente superando le lacune culturali
ancora presenti in alcune regioni, tradizionalmente meno attive sul fronte
dell’educazione degli adulti, e pertanto meno preparate a dotarsi di un modello di
programmazione autonomo e in grado di attivare e integrare le risorse del proprio
territorio.
Si rende complessivamente evidente, se si osserva l’attuazione della misura per la
formazione permanente nella programmazione operativa regionale FSE 2000-2006
(mis. C3 nei POR FSE Ob.3 e mis. 3.8 nei POR FSE Ob.1 per il periodo 2000-2006),
una visione attuativa di segno residuale rispetto alle altre politiche formative, quali
la formazione in obbligo formativo, la formazione superiore e la formazione
continua, che risente, evidentemente, della mancanza di linee guida nazionali nel
senso auspicato dalla Conferenza Unificata del 2000.
Tuttavia, anche in coerenza con la riqualificazione della strategia dei fondi
strutturali per il periodo 2007-2013, è in atto un processo di benchmarking fra le
Regioni sulla base delle esperienze regionali od europee più avanzate, processo
che, in qualche misura, anticipa la ri-definizione di una cornice comune.
Attualmente pertanto i livelli fondamentali su cui si gioca la partita della formazione
permanente sono quello comunitario (da cui derivano le direttive e gli orientamenti,
frutto di una certa sensibilità in tema di formazione e cittadinanza attiva che in
Italia spesso manca) e quello locale, dei territori, dove gli operatori si ritrovano
spesso a dover risolvere problemi particolari, gestionali, che spesso sfuggono
all’osservazione nazionale.
Sotto il profilo normativo ad agosto 2007 è stato presentato al Consiglio dei Ministri
il disegno di legge Fioroni sull’apprendimento permanente, che è già stato
sottoposto alla discussione delle Regioni in sede di Conferenza Unificata. L’impianto
della proposta riafferma sostanzialmente il diritto all’apprendimento lungo l’arco
della vita.
Per quanto riguarda la programmazione nazionale, le azioni di sistema a supporto
dei sistemi regionali ripropongono e rilanciano la rete dei referenti regionali allo
scopo di addivenire ad un tavolo permanente di scambio e condivisione di metodi e
Pagina n. 26
dispositivi comuni a partire dall’elaborazione di leggi regionali che regolino la
formazione permanente, in coerenza con la legge quadro nazionale in corso di
definizione, contestualizzandola al livello locale.
3.7
L’avanzamento verso gli obiettivi della Strategia di Lisbona
L’Italia, ancor più del resto dell’Europa, è ancora lontana dal conseguimento degli
obiettivi di Lisbona in tema di formazione permanente: nel 2006 si è registrato,
complessivamente e su scala nazionale, un tasso di partecipazione del 6,1%
rispetto ad una media europea del 12,5%. Anche se il trend è in crescita, il nostro
paese è avanti solo a quelli di recente ingresso e ai paesi dell’Est europeo, mentre
tra i paesi membri “storici” dell’Unione Europa siamo davanti solo alla Grecia.
Per quanto riguarda nello specifico la Puglia (anche se le medie regionali possono
risultare spesso fuorvianti, vista la diffusione a macchia di leopardo del fenomeno),
nel 2004 si registra un tasso di partecipazione del 5,2%, rispetto al 6,3% dell’Italia,
mentre nel 2005 e nel 2006 il tasso si assesta sul 4,8% rispetto ad una media
nazionale rispettivamente del 5,8% e del 6,1%. Tale partecipazione si concentra
soprattutto nelle fasce più giovani (25-34 anni), in cui i tassi di partecipazione sono
allineati con la media nazionale, mentre restano scoperte le fasce più anziane.
Questo dato pone il problema dell’individuazione di dispositivi di programmazione e
attuazione in grado di coinvolgere nella formazione le categorie più deboli (donne,
anziani, disoccupati con bassi titoli di studio), che tipicamente hanno tassi di
partecipazione inferiori al sistema formativo a partire dalle difficoltà di accesso
all’offerta.
Con le fasce deboli esiste infatti un problema di sensibilizzazione e di comunicazione
pubblica per far conoscere le attività offerte, che integri nella strategia di
programmazione gli attori delle reti civiche quali le biblioteche, i centri per gli
anziani e i centri privati di educazione degli adulti.
Sul fronte dell’offerta di formazione permanente, per quanto riguarda i Centri
Territoriali Permanenti (cfr. dati sui CTP sul sito dell’Indire14), che rappresentano un
segmento fondamentale dell’educazione degli adulti, con l’art. 68 della Finanziaria
14
http://www.indire.it/eda/moni0506/report/login/.
Pagina n. 27
200715 saranno dotati di organici propri, di autonomia organizzativa e didattica,
ricadendo sotto la gestione provinciale al pari dei Centri per l’Impiego e potranno
partecipare ai bandi FSE.
Complessivamente i CTP stanno funzionando anche se nel corso degli anni si è
assistito ad uno sbilanciamento della loro strategia verso l’utenza meno debole del
mercato del lavoro, rendendo in qualche misura esplicita la difficoltà a colpire il
target group di riferimento (popolazione adulta con competenze deboli), che potrà
essere superata integrando i CTP nella strategia attuativa dei POR.
E’ pertanto evidente come la programmazione per il periodo 2007-2013 dovrà
riferirsi ad una maggiore integrazione dell’offerta fra attori del sistema accreditato e
gli altri attori del privato sociale (o terzo settore), convogliando in un'unica politica
la filiera della formazione formale (erogata dal sistema di istruzione e di formazione
professionale e destinata ad una certificazione istituzionale delle competenze) con
quella non formale e informale (erogata da operatori pubblici e privati e finalizzata
all’esercizio della cittadinanza attiva e alla effettività del principio della formazione
lungo tutto l’arco della vita come diritto soggettivo).
15
Comma 9 art. 68 Finanziaria 2007 (Altri interventi a favore del sistema dell’istruzione):
“Ferme restando le competenze delle Regioni e degli Enti locali in materia, in relazione agli
obiettivi fissati dall’Unione Europea, allo scopo di far conseguire più elevati livelli di istruzione
alla popolazione adulta, anche immigrata con particolare riferimento alla conoscenza della
lingua italiana, i centri territoriali permanenti per l’educazione degli adulti e i corsi serali,
funzionanti presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, sono riorganizzati su base
provinciale e articolati in reti territoriali e ridenominati “Centri provinciali per l’istruzione degli
adulti”. Ad essi è attribuita autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, con il
riconoscimento di un proprio organico distinto da quello degli ordinari percorsi scolastici, da
determinarsi in sede di contrattazione collettiva nazionale, nei limiti del numero delle
autonomie scolastiche istituite in ciascuna regione e delle attuali disponibilità complessive di
organico. Alla riorganizzazione di cui al comma 1, si provvede con decreto del Ministro della
pubblica istruzione, sentita la Conferenza Unificata a norma del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281”.
Pagina n. 28
4 Esperienze regionali: i casi delle regioni Campania ed EmiliaRomagna
In questo capitolo la ricerca si concentra sull’analisi dei modelli di programmazione
della formazione permanente in una regione del centro nord e in una regione del
sud. I due modelli proposti possono essere individuati come esempi rilevanti in
quanto entrambi presentano un notevole grado di coerenza con gli indirizzi
comunitari e si configurano come “sottosistemi” integrati alla cui costruzione hanno
contribuito
i
diversi
programmazione
attori
istituzionali
e
non.
Le
caratteristiche
della
della formazione permanente in questi due sistemi regionali
insistono sulla valorizzazione dello strumento della concertazione, con la finalità di
mettere a punto un’offerta che metta al centro l’utente nelle sue relazioni con la
comunità di riferimento. La costruzione di un sistema di formazione permanente
presuppone anche un determinato livello di governance che favorisca l’azione
sinergica tra
diversi attori per avviare una programmazione partecipata che
garantisca una pronta risposta ai fabbisogni espressi. Per evidenziare “l’organicità”
del modello abbiamo tentato di evidenziare, in ambedue i casi: il modello di
governance, le modalità di concertazione locale, la produzione normativa dedicata
alla formazione permanente, tipologia di interventi, target dei destinatari e buone
prassi.
4.1
La Regione Campania
4.1.1 Modello di governance
La Regione Campania ha una discreta tradizione nel campo della formazione degli
adulti, che si fonda sull’esperienza dei Cics negli anni ‘70 per rispondere alla forte
domanda di alfabetizzazione proveniente dalla popolazione giovane e adulta.
La Regione Campania
è stata la prima regione in Italia ad istituire un Comitato
Regionale per l’EdA ed è attualmente tra i sistemi più dinamici, avendo al suo
attivo, tra l’altro, l’approvazione delle Linee Guida per la costruzione del Sistema
Integrato dell’EdA e la sperimentazione di Centri-Sportello per l’EdA. Il modello di
Pagina n. 29
governance della Regione Campania ricalca abbastanza fedelmente quello definito
dalla Conferenza Unificata del 2000.
Dal punto di vista istituzionale e legislativo, il sistema è incentrato sulla Regione,
che ha già istituito nell’autunno 2001 (prima tra le regioni italiane) il Comitato
Regionale16, a cui spettano le seguenti funzioni:
•
la definizione di un piano annuale mirato di risorse economiche e finanziarie per
l’educazione degli adulti (già previste nella misura 3.8 del POR);
•
la valorizzazione delle professionalità degli operatori del settore ed il relativo
sostegno attraverso una formazione mirata;
•
la promozione di contesti organizzativi volti a favorire l’integrazione tra
istruzione e formazione nella prospettiva della formazione permanente (in
stretto raccordo con gli altri percorsi già avviati a livello regionale, quali l’obbligo
formativo fino a 18 anni e i progetti Ifts);
•
la garanzia delle funzionalità delle dotazioni organiche dei CTP rispetto alle
tipologie dell’offerta formativa.
Le funzioni regionali di legislazione, programmazione, coordinamento, monitoraggio
e controllo del sistema di EdA, coerentemente alla legge 4/2005, vengono delegate
o attribuite alle istituzioni locali più vicine al cittadino (sussidiarietà verticale),
anche in partenariato con le forze sociali ed il mondo della scuola (sussidiarietà
orizzontale) secondo le esigenze di efficienza e di efficacia.
La Regione approva inoltre gli indirizzi triennali per la realizzazione degli interventi
e dei progetti nelle materie costituenti o limitrofi al lifelong learning, tenendo conto
delle analisi dei fabbisogni educativi e formativi predisposte dalle Province e dai
Comuni.
È previsto inoltre il supporto di un gruppo tecnico-scientifico, costituito da esponenti
delle Università della Campania.
Le
Province
concorrono
con
la
Regione
alla
definizione
delle
scelte
di
programmazione in tema di EdA, ed inoltre:
•
predispongono le linee generali per la programmazione territoriale, definendo il
quadro complessivo delle risorse disponibili;
•
programmano
i
servizi
di
informazione
e
pubblicizzazione
a
livello
sovracomunale;
•
16
collaborano al monitoraggio del sistema.
La prima riunione operativa del suddetto Comitato si è avuta il 31 maggio 2002.
Pagina n. 30
A livello locale sono stati definiti gli ambiti territoriali per la costituzione dei Comitati
locali e per la dislocazione dei Centri territoriali (delibera di Giunta regionale n° 387
del 2004), di concerto con le Province, l’Anci Campania, le organizzazioni sindacali e
imprenditoriali e l’Ufficio scolastico regionale. Sono stati definiti 33 ambiti EdA (un
Centro per ogni 100.000 residenti circa) secondo i seguenti criteri:
•
piani sociali di zona;
•
presenza sul territorio di strutture già esistenti (ASL, distretti scolastici, Cpi,
CTP, scuole, Istituti Tecnici e Professionali, ecc.);
•
popolazione residente di età superiore ai 18 anni.
I Comitati locali (che operano in accordo con il partenariato e le altre forme di
associazionismo previste dai Documenti regionali di programmazione della politica
di coesione 2007-2013 per rendere compatibili e complementari gli interventi
ordinari e strutturali) avranno le seguenti funzioni:
•
promozione dell’EdA;
•
programmazione delle attività territoriali, in linea con i criteri regionali, a partire
dall’analisi dei fabbisogni locali;
•
definizione e programmazione delle risorse;
•
elaborazione di progetti d’area e del calendario dell’offerta formativa;
•
formulazione di proposte per l’istituzione e la dislocazione di centri territoriali.
4.1.2 Modalità di concertazione locale
A livello operativo, i Comuni concorrono alla formazione del piano provinciale
attraverso il metodo della concertazione, che coinvolge su base volontaria l’intera
rete locale dei soggetti pubblici e privati operanti nel settore dell’istruzione, della
formazione professionale e dell’educazione non formale, ovvero:
•
il sistema scolastico;
•
il sistema regionale della formazione professionale;
•
il sistema dei Spi;
•
le reti civiche;
•
le infrastrutture culturali (biblioteche, musei, teatri, ecc.);
•
le imprese;
•
le associazioni culturali, di volontariato, del tempo libero, ecc.;
Pagina n. 31
•
le Università.
La Provincia coordina gli apporti programmatori provenienti dai Comuni; concorda
con gli stessi le modalità di concertazione e propone un Piano di indirizzo
provinciale pluriennale coerente con gli indirizzi strategici regionali in materia di
educazione, istruzione, formazione e orientamento.
La Regione incentiva l’integrazione funzionale e progettuale di tutti i soggetti
coinvolti.
4.1.3 Produzione normativa dedicata alla formazione permanente
Il modello regionale così delineato ha visto il susseguirsi dei seguenti step normativi
(in ordine cronologico) a livello regionale:
•
la DGR 1766/2002, che ha avviato il progetto Sefi “Sistema educativo–formativo
integrato della Campania”: si è trattato del primo tentativo di definire un
sistema
regionale
di
EdA
fondato
sui
principi
dell’integrazione
e
del
decentramento, che raccogliesse la tradizione dei Centri Servizi Culturali e
Sociali (Cscs)17 e dei Centri di educazione permanente. Tale progetto, realizzato
dal Formez e dal Cisem (Centro per l’innovazione e la sperimentazione
educativa di Milano) prevedeva, tra l’altro: una ricognizione del quadro
normativo, delle esperienze di integrazione e delle buone pratiche già realizzate;
una mappatura dell’offerta formativa, delle strutture EdA esistenti e dei
fabbisogni formativi dell’utenza adulta; l’elaborazione di modelli innovativi di
formazione degli adulti e la formazione degli operatori EdA; la progettazione di
una rete educativo-formativa integrata e la strutturazione di un Sistema
informativo regionale (Siref);
•
la DGR 5486/2002, che ha istituito un Comitato di coordinamento regionale
composto dal Presidente della Giunta regionale, dal Direttore dell’Ufficio
scolastico regionale, dai Presidenti delle Province e da un rappresentante
17
I Cscs furono istituiti già agli inizi degli anni ’70 dal Cipe al fine di sostenere i processi di
socializzazione e promozione socio-culturale nel Mezzogiorno. Con la L.R. 11/1979 tali centri
sono stati organizzati a livello regionale, mentre con la L.R. 4/1983, la Regione Campania ha
definito gli indirizzi programmatici e le direttive fondamentali generali per l’esercizio delle
deleghe in riferimento alla promozione culturale e all’educazione permanente. Inoltre, già
con la L.R. 30/1985, disciplinante il diritto allo studio, la Regione Campania richiama tra gli
obiettivi (art. 2) la necessità di “favorire il completamento dell’obbligo scolastico da parte
degli adulti e dei lavoratori”, a conferma della prosecuzione dell’impegno assunto con
l’attivazione dei corsi delle 150 ore.
Pagina n. 32
dell’Anci, per dare attuazione al trasferimento delle deleghe in materia di
istruzione e formazione (come previsto dagli artt. 138 e 139 del D.lgs. 112/98),
raccordandosi con il Comitato regionale per l’EdA;
•
la DGR 387/2004, che ha definito gli ambiti territoriali per il sistema
dell’Educazione degli Adulti;
•
la
L.R.
4/2005,
contenente
Norme
regionali
per
l’esercizio
del
diritto
all’istruzione e alla formazione;
•
la DGR 794/2006, che ha approvato le Linee-Guida per la Costruzione del
Sistema integrato dell’Educazione degli Adulti in Campania.
4.1.4 Tipologia di interventi
La Regione Campania ha avviato tre linee strategiche di attività a sostegno del
sistema di educazione permanente18:
•
sperimentazione di attività integrate di EdA attraverso la messa in rete di
agenzie educative,
formative e
culturali
già esistenti (CTP,
biblioteche,
Informagiovani, Enti di formazione, ecc.) e attivazione di Circoli di studio,
ovvero esperienze di autoformazione tramite piccoli gruppi autogestiti;
•
formazione degli operatori e dei docenti EdA (CTP e privati) tramite moduli brevi
(60 ore);
•
accreditamento delle strutture e degli operatori.
Tramite i finanziamenti comunitari l’Amministrazione regionale ha messo a bando le
seguenti attività19:
•
percorsi integrati nei settori dell’alfabetizzazione informatica, delle lingue
straniere,
dell’istruzione
di
base
e
dell’alfabetizzazione
funzionale,
volti
all’aggiornamento delle competenze per l’inserimento e il re-inserimento
lavorativo e per la partecipazione attiva e consapevole;
•
corsi di formazione per formatori;
•
ricerca e analisi di pratiche e metodologie innovative nel campo dell’EdA;
18
Cfr. Regione Campania, “Linee-Guida per la Costruzione del Sistema integrato
dell’Educazione degli Adulti in Campania”, pubblicate sul BURC n. 30 del 10 luglio 2006.
19
Cfr. “Il sistema di formazione permanente della Regione Campania”, Scheda informativa a
cura dell’Area Sistemi Formativi dell’Isfol (marzo 2003).
Pagina n. 33
•
sperimentazione di strumentari per l’analisi delle competenze alfabetiche
funzionali della popolazione adulta, in raccordo con le ricerche e le analisi
dell’Invalsi (Miur);
•
elaborazione di un manuale operativo per il monitoraggio e la valutazione delle
attività formative per gli adulti;
•
studio, creazione ed organizzazione di centri-sportello a carattere sperimentale
in grado di organizzare e gestire servizi di accoglienza, orientamento,
personalizzazione dei percorsi formativi nonché il riconoscimento di crediti
(quest’ultima attività verrà meglio approfondita del paragrafo dedicato alle
buone prassi).
4.1.5 Target di destinatari
I destinatari del sistema integrato di formazione permanente campano si
rappresentano complessivamente nella popolazione adulta, con particolare riguardo
alle fasce deboli (donne, stranieri, disoccupati e inoccupati, popolazione con più di
45 anni, detenuti e individui a rischio di marginalità sociale).
Le tabelle che seguono sintetizzano l’utenza complessiva della Regione Campania,
ripartita per sede di erogazione, per sesso e per fasce d’età (dati del monitoraggio
Indire 2005-200620):
Tab. 1 - Iscritti ai corsi EdA erogati presso
Tot. iscritti ai corsi EdA:
Sedi scolastiche
Sedi carcerarie
Tutte le sedi
v.a.
18.840
1.466
20.306
%
92,8
7,2
100,0
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
20
http://www.indire.it/eda/moni0506/report/login/.
Pagina n. 34
Tab. 2 – Iscritti per provincia
Province
AVELLINO
BENEVENTO
CASERTA
NAPOLI
SALERNO
Totale Regione
Uomini
369
4,8
454
5,9
1.220
15,9
5.028
65,7
584
7,7
7.655
100,0
Tutte le sedi
Donne
597
4,7
582
4,6
1.698
13,4
8.243
65,2
1.531
12,1
12651
100,0
Totale
966
4,7
1.036
5,1
2.918
14,4
13.271
65,4
2.115
10,4
20.306
100,0
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
Tab. 3 - Iscritti ai corsi EdA ripartiti per fascia di età
da 15 a 19 anni
da 20 a 24 anni
da 25 a 29 anni
da 30 a 34 anni
da 35 a 39 anni
da 40 a 44 anni
da 45 a 49 anni
da 50 a 54 anni
da 55 a 59 anni
da 60 a 64 anni
65 anni e oltre
Tot. iscritti
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
2.026
2.445
2.828
2.894
2.759
2.672
1.683
1.140
926
446
487
20.306
10,0
12,0
13,9
14,3
13,5
13,2
8,3
5,6
4,6
2,2
2,4
100,0
4.1.6 Buone prassi
Tra le buone prassi individuate in Regione Campania possiamo senz’altro
annoverare il progetto “Ag.Or.A’ – Agenzia di orientamento degli adulti. Studio,
creazione ed organizzazione di Centri Sportello” per l’EdA21. Si tratta di strutture di
raccordo e di supporto ai servizi territoriali già esistenti (CTP e CPI), che erogano i
seguenti servizi/funzioni22:
•
accoglienza, assistenza e orientamento e bilancio delle competenze;
•
rilevazione e riconoscimento delle competenze (portfolio) e dei crediti acquisiti
in contesti formali, non formali ed informali;
•
monitoraggio dell’utenza e dei fabbisogni formativi e professionali dei destinatari
e del territorio;
21
Il progetto è stato presentato in ATS dall’Associazione Smile Campania (Sistema
Metodologie Innovative per il Lavoro e l’Educazione), dall’Associazione Logos FormAzione e
dal Consorzio Arpa (Agenzia per la Ricerca e la Produzione Avanzata dell’Università degli
Studi di Napoli “Federico II”), nell’ambito della Misura 3.8 del POR Campania 2000-2006
“Istruzione e formazione permanente”, in risposta al Bando approvato con DGR n° 4751
dell’11 ottobre 2002.
22
Cfr. Consorzio Arpa, “Domanda e offerta di orientamento in Italia e l’esperienza dei centri
sportello EdA in Campania”, in Risorse news, Centro Risorse Nazionale per l’Orientamento,
luglio 2005.
Pagina n. 35
•
attività di animazione, comunicazione e informazione agli istituti scolastici, alle
imprese, agli enti e a tutti coloro che ne facciano richiesta;
•
definizione ed individuazione dell’offerta formativa attraverso la creazione di un
data
base
sulle
opportunità
formative
consultabile
dagli
utenti
e
la
sperimentazione di modelli formativi innovativi;
•
supporto alla concertazione e al dialogo tra soggetti pubblici e privati (Regione,
Province, Comuni, Associazioni datoriali e di categoria, soggetti responsabili dei
Patti Territoriali, Contratti d’Area, Scuole, Enti, Istituti di formazione, Università,
ecc.).
Nel 2004 è stata avviata la sperimentazione di quattro Centri-Sportello (Napoli,
Benevento, Aversa e Salerno)23. Il monitoraggio dei Centri sportello è a cura del
Comitato Regionale.
4.2
La Regione Emilia-Romagna
4.2.1 Modello di governance
La caratteristica principale del modello emiliano è la forte integrazione del sistema
di formazione ed istruzione, regolato in tutti i suoi aspetti dalla legge regionale n°
12/03 (la cosiddetta Legge Bastico24). Questa legge, approvata con delibera n. 107
del 25 giugno 2003, norma l’educazione degli adulti nella Sezione V, riprendendo le
indicazioni europee e l’Accordo della Conferenza Unificata del 200025.
Tuttavia il modello emiliano è attualmente in fase di ridefinizione: nel 2005 è stato
finanziato il progetto “Progettazione di un modello regionale di educazione degli
adulti"26, con la finalità di elaborare un sistema di EdA capace di collegare in rete
soggetti formativi e istituzioni, e di collocare entro lo stesso orizzonte l’insieme delle
23
Per una descrizione dettagliata del progetto e dei suoi risultati cfr. Isfol, “L’offerta
regionale di formazione permanente – Rilevazione delle attività cofinanziate dal Fondo
Sociale Europeo”, I libri del Fondo sociale europeo, 2007, pp. 161-175.
24
“Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto
l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione professionale,
anche in integrazione tra loro”.
25
http://www.eduadu.net/.
26
Azione 6 – Misura C1 - “Invito a presentare progetti da realizzare con il contributo del
Fondo Sociale Europeo per il periodo 2004/2005 (Obiettivo 3)” Rif. P.A. 2004-457/RERDelibera N. 406 del 16 febbraio 2005 della Giunta della Regione Emilia Romagna.
Pagina n. 36
opportunità formative che consentano alle persone di acquisire strumenti culturali e
conoscenze
adeguate
e
di
evitare
l’obsolescenza
di
queste
e
i
rischi
di
emarginazione sociale.
Nel giugno 2006 il progetto ha prodotto, tra l’altro, il documento finale “Per tutto
l’arco della vita - Impianto per un modello di sviluppo del sistema regionale di
Educazione degli Adulti”27, a cura di Plan, dell’Irre dell’Emilia Romagna e del
Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna.
Le riflessioni ed i suggerimenti ivi sviluppati non sembrano ancora aver avuto, a
tutt’oggi, una concreta traduzione normativa ed attuativa.
Gli aspetti che riguardano la governance dell’intero sistema e la programmazione
generale e territoriale sono regolati dal Capo IV della L.R. 12/2003. La
programmazione generale del sistema formativo spetta al Consiglio regionale, su
proposta della Giunta regionale (art. 44), in particolare per quanto riguarda:
•
le linee di programmazione e gli indirizzi (triennali) per il sistema formativo e
per l'inserimento al lavoro;
•
l’individuazione degli obiettivi, delle priorità, delle linee d'intervento, nonché del
quadro delle risorse finanziarie e dei criteri per il riparto delle risorse da
assegnare agli enti locali;
•
gli indirizzi generali per la programmazione territoriale dell'offerta formativa;
•
i criteri per la definizione dell'organizzazione della rete scolastica (compresi i
parametri dimensionali delle istituzioni scolastiche);
•
gli atti generali di programmazione relativi all'utilizzo di fondi regionali, nazionali
e comunitari;
•
la definizione degli standard formativi.
27
In estrema sintesi, il documento propone un possibile percorso che, previa opportuna
concertazione sociale e istituzionale, preveda i seguenti passaggi da ritenersi non
sequenziali, ma interconnessi:
• ricognizione dinamica dell’offerta esistente e della domanda sociale di EdA;
• individuazione delle sedi di indirizzo, coordinamento, partenariato ai diversi livelli
territoriali, secondo quanto previsto dal modello di governance;
• emanazione regionale di linee guida per l’EdA come strumenti di pianificazione strategica;
• programmi di sviluppo dell’EdA ai diversi livelli (regionale, provinciali, sub-provinciali), in
conformità alla programmazione del sistema formativo complessivo prevista dalla L.R.
12/2003;
• definizione di un modello di qualificazione dell’offerta condiviso e attivazione di sistemi di
miglioramento e sviluppo (come modello di riferimento verso cui tendere);
• progettazione e realizzazione di servizi da offrire ai soggetti interessati a partecipare ad un
sistema di EdA regionale;
• attivazione di strumenti di monitoraggio e controllo del sistema.
Per una disamina del progetto, cfr. Silvana Marchioro, "Per tutto l'arco della vita. Impianto
per un modello di sviluppo del sistema di Educazione degli Adulti in Emilia Romagna”, LLL Rivista
Internazionale
di
Edaforum,
anno
2/
n.
7
28
febbraio
2007,
http://rivista.edaforum.it/numero7/edaregioni_marchioro.html.
Pagina n. 37
La programmazione territoriale spetta alle Province e ai Comuni (art. 45), incluse la
predisposizione di iniziative di EdA e l’individuazione della domanda di formazione
espressa
dal
territorio
attraverso
la
concertazione
con
le
parti
sociali,
l'associazionismo, le famiglie e gli altri soggetti interessati.
In particolare, spetta alle Province l’istituzione dei Centri territoriali per l’educazione
degli adulti, compatibilmente con le risorse e le strutture disponibili (comma 8),
nonché la programmazione dell’offerta di EdA.
La funzione di coordinamento delle Province è esercitata dalle conferenze provinciali
di coordinamento (art. 46), che esprimono parere in merito, tra l’altro, anche alla
istituzione dei Centri territoriali per l’EdA (comma 3). A tale organismo, che ha
funzioni di proposta rispetto all’offerta formativa, possono partecipare i Comuni,
singoli o associati, l'amministrazione scolastica regionale, le Università, le Camere
di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le istituzioni scolastiche e gli
organismi di formazione professionale accreditati, nonché i soggetti operanti
nell'ambito dell’EdA.
4.2.2 Modalità di concertazione locale
Anche i luoghi e le sedi di concertazione sono dettagliati dalla “Legge Bastico”, nel
capo V, sia per quanto riguarda il sistema formazione e istruzione in generale (art.
48 sulle Consulte regionali, art. 49 sulla Conferenza regionale per il sistema
formativo) che l’educazione degli adulti in particolare. Nello specifico, l’organo
preposto ad esprimere pareri e proposte anche in merito alla programmazione
dell’educazione degli adulti è il Comitato di coordinamento istituzionale (art. 50), di
cui fanno parte i seguenti componenti della Conferenza regionale (o loro delegati):
•
il Presidente della Giunta regionale, o l'assessore competente, che lo presiede;
•
i Presidenti delle Amministrazioni provinciali;
•
nove Sindaci;
integrato da (comma 4):
•
il Direttore dell’Ufficio scolastico regionale;
•
un rappresentante delle università;
•
la Commissione regionale tripartita (art. 51).
Pagina n. 38
Quest’ultimo organismo, nominato dal Presidente della Regione, rappresenta la
sede di proposta, verifica e valutazione in merito al sistema formativo e alle
politiche del lavoro di competenza regionale, ed ha la funzione di esprimere pareri
sia sulle suddette politiche che sui conseguenti atti generali applicativi.
Fanno parte della commissione tripartita:
•
l'Assessore regionale competente, che la presiede;
•
sei rappresentanti delle organizzazioni sindacali e sei rappresentanti delle
organizzazioni datoriali più rappresentative a livello regionale, ed i loro
supplenti;
•
la consigliera di parità.
Successivamente, le Linee di programmazione e gli indirizzi per il sistema formativo
e per il lavoro (biennio 2005-2006)28 hanno ribadito che l’offerta formativa in
ambito EdA è realizzata da:
•
gli Enti locali;
•
le istituzioni scolastiche (CTP e corsi serali);
•
l’Università;
•
gli organismi di formazione professionale accreditati;
•
le università della terza età;
•
le associazioni e i soggetti che erogano attività di educazione non formale per
adulti.
4.2.3 Produzione normativa dedicata alla formazione permanente
Propedeutico all’elaborazione della “Legge Bastico”, che regola il sistema formativo
in tutti i suoi aspetti (dalla certificazione all’orientamento, dall’obbligo formativo alla
formazione professionale), è stato l’Accordo dell’8 maggio del 200129, che
costituisce il primo atto di riforma in senso federale del sistema scolastico e
formativo della Regione Emilia-Romagna. Tale accordo, per quanto riguarda
specificamente il settore dell’educazione degli adulti, recepisce sostanzialmente sia
28
Approvate con Delibera del Consiglio Regionale del 26/10/2004 n° 612.
Accordo tra la Regione Emilia-Romagna e l’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia-Romagna,
le Province ed i Comuni dell’Emilia-Romagna per il coordinamento e il governo integrato
dell’istruzione, della formazione professionale e della transizione al lavoro in Emilia Romagna.
29
Pagina n. 39
le direttive della Conferenza unificata del marzo 2000, sia la Direttiva n. 22/200130,
che ha tradotto queste ultime in linee guida per la riorganizzazione ed il
potenziamento del sistema dell’Eda.
Gli atti normativi successivi ed attuativi della “Legge Bastico” sono stati, in ordine
cronologico:
• le Delibere del Consiglio Regionale 612/200431 e 87/200632 che, in attuazione
della suddetta legge, provvedono a riorganizzare i servizi formativi e scolastici,
soprattutto per quanto riguarda gli aspetti logistici e strutturali legati all’offerta
(redistribuzione territoriale dei CTP, istituzione di nuovi CTP, ecc.);
• le D.G.R. n° 1118/200633 e 1324/200634, che determinano gli stanziamenti a
supporto di attività finalizzate alla valorizzazione dell’autonomia scolastica, alla
lotta alla dispersione e all’educazione degli adulti;
• le varie DGR che mettono a bando le attività da realizzare con il contributo del
FSE nell’ambito della formazione permanente, tra cui la Delibera della Giunta
Regionale n° 459/200635.
Infine, è stato approvato36 il POR FSE 2007-2013 – Ob. 2 Competitività e
Occupazione, il cui Asse IV (Capitale Umano) prevede l’attuazione di specifiche
azioni di sistema per il potenziamento dell’offerta regionale e locale di lifelong
learning. In coerenza con il POR, le “Linee di programmazione e indirizzi per il
sistema formativo e per il lavoro 2007/2010”37 ribadiscono la necessità di un più
ampio e sistemico sviluppo dell’educazione e formazione degli adulti, attraverso
azioni di riorganizzazione della rete dei servizi e dell’offerta, in linea con quanto
30
Direttiva n. 22 del 6 febbraio 2001, “Linee guida per l'attuazione, nel sistema di istruzione,
dell'Accordo sancito dalla Conferenza unificata il 2 marzo 2000 per la riorganizzazione e il
potenziamento dell’educazione permanente degli adulti”.
31
Linee di programmazione e indirizzi per il sistema formativo e per il lavoro - Biennio
2005/2006.
32
Approvazione degli indirizzi regionali di programmazione territoriale dell'offerta formativa
ed educativa e organizzazione della rete scolastica ex L.R. 12/03, anni scolastici 2007/08 e
2008/09.
33
Approvazione e finanziamento delle attività di cui alla propria deliberazione n. 459/2006
sulla valorizzazione dell'autonomia scolastica.
34
Approvazione e finanziamento di ulteriori progetti di contrasto alla dispersione scolastica e
di educazione degli adulti di cui alla delibera di G.R. 1118/06 - parziale modifica delibera
1156/06.
35
Invito a presentare progetti per la valorizzazione dell'autonomia scolastica da realizzare
con il contributo del Fse per il periodo 2006/2007 - ob. 3.
36
Atto n. 101 del 1° marzo 2007.
37
DGR n. 503/2007.
Pagina n. 40
previsto anche dalla legge finanziaria 2007 in materia di Centri provinciali per
l’istruzione degli adulti38.
4.2.4 Tipologia di interventi
Le linee di programmazione 2005-200639 individuavano, per quanto riguarda l’EdA,
due priorità di intervento:
• attivare l’architettura sistemica prevista dalla L.R. 12/2003 secondo una logica
“bottom-up”;
• reimpostare l’offerta in termini di modalità didattiche (modularità, durata, ecc.) e
di
modalità
di
accesso
(assegni
formativi),
per
renderla
adeguata
alla
diversificazione della domanda, attraverso la costruzione di un’offerta ampia,
articolata ed aggiornabile, impostata su moduli trasparenti, leggibili e certificabili.
Coerentemente a tali obiettivi, la DGR 459/06 ha messo a bando le seguenti
attività:
• percorsi per l’acquisizione del certificato di lingua italiana per stranieri;
• realizzazione di corsi di educazione degli adulti, svolti in integrazione con enti di
formazione professionale, al termine dei quali vengono rilasciate, in via
sperimentale, le attestazioni previste dall’Accordo del 28/10/0440.
Gli indirizzi regionali 2007-2010 invece, per quanto riguarda l’EdA, si limitano a
ribadire l’opportunità di riorganizzare la rete e la distribuzione territoriale dei CTP,
onde renderla adeguata a costruire un’offerta formativa che non si appiattisca
sull’acquisizione di titoli di studio e sull’alfabetizzazione primaria di adulti stranieri,
bensì metta a disposizione di tutti “opportunità formative, coerenti con le loro
esigenze e aspettative, in grado di elevarne i livelli culturali e professionali e fruibili
anche attraverso il riconoscimento dei crediti acquisiti”41.
38
Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, c. 632.
DGR 612/04.
40
Accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, tra il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i
comuni e le comunità montane per la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento
dei crediti formativi.
41
DGR 87/06.
39
Pagina n. 41
4.2.5 Target di destinatari
Le linee di programmazione 2005-2006 davano priorità alla realizzazione di azioni
rivolte ai target di utenza rappresentati dagli immigrati e dai giovani non in
possesso di titolo di studio o di qualifica professionale.
Dai progetti FSE, di cui i CTP sono titolari, si può ricavare un quadro più preciso
delle categorie prevalenti di utenti, a favore dei quali si orienta l'attività progettuale
dei Centri42:
• adulti/e italiani e stranieri in rientro formativo o a rischio di emarginazione, anche
in sedi disagiate e lontane dai CTP, cui è data la possibilità di accedere ad
informazioni on-line e a moduli didattici con modalità FaD;
• adulti con necessità di rialfabetizzazione, o di riconversione/riqualificazione
professionale;
• lavoratori a rischio di espulsione dal mercato del lavoro;
• giovani adulti in cerca di occupazione, giovani in fase di recupero della
scolarizzazione, drop-out;
• immigrati e stranieri/e, in particolare senza riconoscimento del titolo di studio
ottenuto nel paese d'origine;
• donne straniere nel settore dei servizi sanitari e di cura, o madri di bambini
inseriti nel circuito scolastico;
• donne italiane e straniere che vogliono rientrare nel mercato del lavoro o
orientate a inserirsi nel settore dell'assistenza alla persona;
• cittadini italiani e stranieri che frequentano corsi brevi per arricchimento culturale
e acquisizione di competenze trasversali o per attività espressive e tecnicomanuali;
• apprendisti italiani e stranieri;
• detenuti;
• ospiti di comunità per ex tossicodipendenti.
42
Cfr. anche Enzo Morgagni, “La situazione normativa, programmatica ed operativa
dell'Educazione degli Adulti in Emilia Romagna. Analisi e proposte per la definizione e l'avvio
di un organico piano di sviluppo regionale”, LLL - Rivista Internazionale di Edaforum, anno I /
n. 1 - 2 marzo 2005, in http://rivista.edaforum.it/numero1/monografico_morgagni.htm.
Pagina n. 42
Le tabelle che seguono sintetizzano l’utenza complessiva dei CTP della Regione
Emilia-Romagna, ripartita per sede di erogazione, per sesso e per fasce d’età (dati
del monitoraggio Indire 2005-200643):
Tab. 4 - Iscritti ai corsi EdA erogati presso
Tot. iscritti ai corsi EdA:
Sedi scolastiche
Sedi carcerarie
Tutte le sedi
v.a.
26.321
1.030
27.351
%
96,2
3,8
100,0
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
Tab. 5 – Iscritti per provincia
Province
BOLOGNA
FERRARA
FORLI-CESENA
MODENA
PARMA
PIACENZA
RAVENNA
REGGIO EMILIA
RIMINI
Totale Regione
Uomini
2.250
18,9
755
6,3
534
4,5
2.271
19,1
2.606
21,8
1.451
12,2
507
4,2
999
8,4
550
4,6
11.923
100,0
Tutte le sedi
Donne
2.838
18,4
965
6,3
589
3,8
2.488
16,1
3.808
24,7
1.977
12,8
740
4,8
1.456
9,4
567
3,7
15.428
100,0%
Totale
5.088
18,6
1.720
6,3
1.123
4,1
4.759
17,4
6.414
23,4
3.428
12,5
1.247
4,6
2.455
9,0
1.117
4,1
27.351
100,0%
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
Tab. 6 - Iscritti ai corsi EdA ripartiti per fascia di età
da 15 a 19 anni
3.051
da 20 a 24 anni
3.392
da 25 a 29 anni
4.288
da 30 a 34 anni
4.978
da 35 a 39 anni
4.029
da 40 a 44 anni
2.939
da 45 a 49 anni
2.102
da 50 a 54 anni
1.299
da 55 a 59 anni
759
da 60 a 64 anni
377
65 anni e oltre
137
Tot. iscritti
2.7351
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
11,1
12,4
15,7
18,2
14,7
10,8
7,7
4,7
2,8
1,4
0,5
100,0
4.2.6 Buone prassi
Il progetto “Produzione e sperimentazione di moduli per l’insegnamento e
l’apprendimento dell’italiano L2, come strumento di inserimento sociale”44 è
finalizzato alla realizzazione di un servizio di formazione interattiva e a distanza,
43
http://www.indire.it/eda/moni0506/report/login/.
Rif. 0062/Rer - finanziamento FSE 2003. Soggetto attuatore: CTP “Caduti della
Direttissima” di Castiglione dei Pepoli; partner: la rete di CTP della Regione Emilia Romagna
(Vergato, Castel San Pietro, Carpi, Sassuolo, Ravenna e Piacenza) e l’IRRE ER.
44
Pagina n. 43
allo scopo di facilitare l’apprendimento dell’italiano come seconda lingua per
stranieri. I materiali ed i temi oggetto del percorso formativo, che si intreccia con
l’educazione ai diritti ed ai doveri nella convivenza civile, riguardano il problema
della ricerca dell’abitazione, e sono strutturati secondo la matrice dell’Unità di
Apprendimento (UdA)45.
Il progetto si è caratterizzato per le seguenti strategie progettuali:
• realizzazione, sperimentazione e diffusione di percorsi formativi e materiali
didattici innovativi (FAD);
• ideazione di soluzioni didattico-metodologiche differenziate ed integrate secondo
strategie
di
blended
learning
e
di
approcci
e
metodologie
per
la
personalizzazione/individualizzazione dei percorsi formativi, attraverso prove di
ingresso e colloqui orientativi nella fase di accoglienza;
• costruzione di una rete fra i CTP che condividono la mission del progetto e si
impegnano a trovare soluzioni comuni su problemi logistici (disponibilità delle
aule e dei telecentri, presenza di tutor, flessibilità oraria, ecc.);
• accessibilità delle sedi di apprendimento;
• costituzione di un gruppo di docenti esperti nella cooperazione regionale e nella
progettazione didattica46.
45
Tali materiali, sperimentati da 8 CTP della Regione, sono disponibili sul sito
http://l2.integrazioni.it (portale www.integrazioni.it).
46
Per una descrizione più dettagliata del progetto (incluse la struttura organizzativa e le
modalità di valutazione), e dei criteri in base al quale è stato selezionato come buona
pratica, cfr. “Progettazione di un modello regionale di educazione degli adulti - Fase 2:
Analisi di sfondo, standard dell’EdA e buone pratiche regionali, nazionali, internazionali”,
http://www.eduadu.net/progetti/sviluppo%20modello.htm.
Pagina n. 44
5 Il sistema di formazione permanente della Regione Puglia
La Regione Puglia non viene annoverata fra le regioni che hanno tradizionalmente
puntato su un sistema di formazione permanente. L’offerta formativa per la
popolazione adulta a rischio di disoccupazione e di emarginazione sociale risulta
piuttosto frammentata e priva del supporto di un indirizzo e di una programmazione
di respiro strategico. Gli obiettivi del sistema di formazione permanente si sono
limitati a definire una policy “periferica”, rivolta genericamente alla popolazione che
non
rientra
nelle
filiere
target-group”
(formazione
superiore,
formazione
permanente, formazione in obbligo, formazione per soggetti svantaggiati) e non
prevedono un raccordo significativo con la programmazione Eda demandata ai CTP.
Solo a partire dalla riprogrammazione del 2003 si è avvertita la necessità di dare
avvio
a
quanto
programmato
dalla
misura
3.8
del
POR
2000-2006
e
progressivamente di ridisegnare la strategia di formazione permanente nella logica
dell’integrazione dei diversi sistemi di offerta (apprendimento formale, informale e
non formale) e con la finalità di innalzare la qualità complessiva dei percorsi.
In questa ottica è maturata nei decisori regionali la consapevolezza che i soggetti
istituzionali (Regioni, Province) titolari della programmazione di politiche formative
sono in grado di realizzare autonomamente solo la formazione formale o comunque
la formazione target-oriented, mentre hanno bisogno di integrarsi con gli altri canali
dell’offerta formativa (privato sociale che realizza la formazione non formale e
informale) per realizzare un’offerta il cui target sia rappresentato dalle fasce più
deboli della popolazione adulta che di fatto è esclusa dall’accesso all’offerta
regionale.
Questo obiettivo ampio e generale si può conseguire solo attraverso un approccio al
partenariato pubblico-privato sociale (associazioni, università popolari, enti non
profit) e con un opportuno modello di governance che può, almeno in linea
generale, essere adottato a partire dall’architettura definita in sede di Conferenza
unificata del marzo 2000.
5.1
Il modello di governance
Nel periodo 2000-2003 e nel solco del modello disegnato dalla Conferenza Unificata
del marzo 2000 la Regione Puglia ha avviato un raccordo interistituzionale con
Pagina n. 45
l’Ufficio scolastico regionale per garantire l’integrazione delle politiche di istruzione
formazione e lavoro anche in relazione all’Eda. E’ stato così predisposto un gruppo
tecnico interistituzionale composto da rappresentanti della Regione, dall’Ufficio
scolastico
regionale,
dall’Anci,
dall’Upi,
dall’Uncem
e
da
dirigenti
scolastici
rappresentativi di ciascun ordine e grado di istruzione.
La Regione Puglia nel 2003 era in forte ritardo nell’istituzione del Comitato
Regionale previsto dalla Conferenza. E’ stata tuttavia sollecitata la nascita del
Comitato locale della provincia di Bari e del Comitato previsto dall’Accordo del
19/03/2001
sottoscritto
da
12
Comuni
della
provincia
di
Foggia
con
l’Amministrazione provinciale, gli Uffici scolastici territoriali, l’Asl, il Centro per
l’impiego, alcune agenzie formative, parti sociali, associazioni di categoria e di
volontariato.
L’Ufficio scolastico regionale ha operato in materia di educazione degli adulti in
diverse altre direzioni. Ha definito i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie per
il funzionamento e le attività dei CTP, riservando quote dei fondi Cipe alla
realizzazione di progetti pilota di integrazione per l’Eda e del programma “Euro: la
nuova moneta unica europea” (e.f. 2000).
Ha supportato la progettualità delle
istituzioni scolastiche nell’adesione al PON “La scuola per
lo sviluppo” del Miur e
favorito la formazione dei docenti impegnati nel settore Eda. Ha
effettuato un
monitoraggio sui CTP, la loro offerta formativa e l’utenza.
5.2
Produzione normativa dedicata
La Regione Puglia ha emanato la Legge regionale 42/80 sul diritto allo studio che:
•
recepisce le competenze trasferite alla Regioni attraverso il D.P.R. 616/77;
•
indica gli Enti di cui la Regione si avvale per la gestione delle attività di
formazione non formale;
•
istituisce il Servizio regionale per l’orientamento e i centri regionali dei servizi
educativi e culturali (CRSEC) dedicati alla formazione degli adulti.
Nel 2000 con la Legge regionale 24/2000 in attuazione del D.Lgs. 112/98 la
Regione demanda agli Enti locali compiti di educazione degli adulti.
Pagina n. 46
5.3
La filiera EdA in Puglia
Attualmente la rete di educazione degli adulti in Puglia è costituita da 40 CTP e 102
istituti di istruzione secondaria di II grado gestori di corsi serali47, per un totale di
142 punti di offerta Eda, concentrati soprattutto nella provincia di Bari (18 CTP e 41
scuole serali). Mentre gli istituti di istruzione secondaria dipendono dal Ministero
dell’Istruzione, i CTP dipendono dal C.S.A. (Centro Servizi Amministrativi - ex
Provveditorato agli Studi) della Provincia di riferimento. Presso i CTP operano circa
362 unità di personale docente (di cui 67 docenti di Scuola Elementare e 4 di
sostegno) e 109 unità di personale tecnico amministrativo48.
5.3.1 Tipologia di interventi
Le principali linee di attività avviate dai centri Eda della Regione Puglia sono49:
• corsi di recupero per il conseguimento di un titolo di studio del primo ciclo di
istruzione, suddivisi in corsi di alfabetizzazione culturale di scuola primaria (ex
licenza elementare), e corsi di scuola secondaria di I grado (ex licenza media);
• percorsi di studio finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione
secondaria superiore (progetto Sirio50), o di una qualifica professionale (questi
ultimi presenti nel 10% dei CTP);
• corsi di lingua italiana per stranieri e per l’integrazione sociale (presenti in un
quarto dei CTP);
• attività laboratoriali e corsi brevi modulari per l’alfabetizzazione funzionale
(informatica e multimedialità, lingua straniera, educazione artistica e manuale,
educazione sanitaria, alimentare, alla persona, ambientale, ecc.);
47
http://www.indire.it/, dati 2005-2006.
Dati
2002
dell’Ufficio
scolastico
regionale
della
Regione
Puglia
(http://www.puglia.istruzione.it/eda/eda.shtml).
49
Cfr. “Il sistema di formazione permanente della Regione Puglia”, Scheda informativa a
cura dell’area Sistemi Formativi dell’Isfol (marzo 2003).
50
Nell’anno scolastico 2001-2002 sono stati attivati 44 corsi SIRIO (corsi a funzionamento
serale per adulti negli istituti di istruzione secondaria superiore): 23 in provincia di Bari, 2 in
provincia di Brindisi, 9 in provincia di Foggia, 2 in provincia di Lecce ed 8 in provincia di
Taranto. Due nuovi corsi SIRIO sono stati autorizzati per il 2002/2003. Sul progetto Sirio cfr.
la ricerca azione "Continuità, orientamento e valutazione in età adulta", promossa dall’Ufficio
Scolastico Regionale per la regione Puglia.
48
Pagina n. 47
• percorsi
integrati
di
recupero
scolastico,
qualificazione
professionale
e
avviamento al lavoro, destinati ad adulti in situazioni occupazionali diverse
(lavoratori, disoccupati, casalinghe, drop out), che hanno coinvolto sia il sistema
della formazione professionale che le imprese51;
• attività di formazione rivolte ai detenuti52.
La tab. 3.1 descrive il numero e la tipologia dei corsi Eda attivati sia dai CTP che
dalle scuole serali, e gli iscritti per ciascuna tipologia (in valore assoluto ed in
percentuale, dati tratti dal monitoraggio Indire 2005-2006).
Tab. 7 – Iscritti ai corsi Eda e tipologia dei corsi
Corsi EdA ripartiti per tipologia
Totale corsi del primo ciclo
di istruzione
Corsi
di
alfabetizzazione
culturale di scuola primaria (ex
licenza elementare)
Corsi di scuola secondaria di I
grado con esame di stato
Percorsi di studio finalizzati
al
conseguimento
del
diploma
di
istruzione
secondaria superiore e/o di
qualifica (corsi serali)
Corsi a favore di cittadini
stranieri per l’integrazione
linguistica e sociale
Corsi brevi modulari, di
alfabetizzazione funzionale
Totale corsi EdA
Iscritti ai corsi EdA
ripartiti per
tipologia di corso
3.705
18,7
189
25,4
54
7,3
631
135
18,1
13053
Iscritti ai corsi EdA
organizzati dai CTP
3.705
30,3
3,2
631
5,2
3.074
15,5
3.074
25,1
17,5
7.390
37,4
0
0,0
43
5,8
708
3,6
708
5,8
381
51,3
7.975
40,3
7.815
63,9
743
100,0
19.778
100,0
12.228
100,0
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
In particolare, l’attività dei CTP è caratterizzata da corsi per il conseguimento della
licenza di scuola media, verso i quali vi è una forte domanda, espressa in
prevalenza dall’utenza maschile; da corsi di alfabetizzazione primaria, meno diffusi
e a prevalente domanda femminile; da corsi brevi di alfabetizzazione funzionale e
attività laboratoriali.
51
I progetti, che si proponevano la sperimentazione di nuove strategie di inserimento
sociale, comprendevano attività congiunte di progettazione, orientamento, formazione
integrata, stage in contesti lavorativi, formazione dei formatori, messa a punto di strumenti
per l’accoglienza, per l’etero e autovalutazione, per il riconoscimento delle competenze.
52
Le sedi carcerarie attivate dai CTP sono 9, mentre 5 CTP hanno attivato anche scuole
carcerarie. In questi contesti vengono organizzati corsi di alfabetizzazione primaria e per il
conseguimento della licenza di scuola media, corsi brevi di educazione ambientale, alla
salute, teatro, cinema, poesia e corsi di formazione professionale (art. 2 L.R. n. 54/78).
53
Dato tratto dall’Anagrafe scuole statali dei Servizi Informativi del Ministero della Pubblica
Istruzione, a.s. 2006-2007 (http://www.trampi.istruzione.it/ricScu/start.do).
Pagina n. 48
Per quanto riguarda questi ultimi, la tab. 3.2 riporta il numero di corsi attivati nella
regione Puglia nell’a.s. 2005-2006, in valore assoluto ed in percentuale, e le
relative iscrizioni54; dati da cui si evince la preponderanza (in termini sia di numero
di corsi attivati, che di numerosità degli iscritti) dei corsi di alfabetizzazione
linguistica ed informatica.
Tab. 8 – Tipologia dei corsi attivati di alfabetizzazione funzionale e attività laboratoriale (corsi
e iscritti)
Tipologia corsi
N° corsi attivati
Iscrizioni
v.a.
%
v.a.
%
alfabetizzazione linguistica (inglese, spagnolo, francese,
83
21,8
2.078
21,7
tedesco, ecc.)
alfabetizzazione informatica e multimedialità:
166
43,6
4.416
46,3
animazione teatrale
4
1,1
49
0,5
attività motorio-sportiva
8
2,1
238
2,5
avvio alla formazione professionale e orientamento di base
25
6,5
776
8,1
cultura generale
18
4,7
414
4,3
educazione all'immagine (linguaggio filmico, fotografico, ecc.)
8
2,1
164
1,7
educazione alla persona (alimentare e sanitaria)
9
2,4
209
2,2
educazione alla sicurezza (ambientale e personale)
4
1,1
71
0,7
educazione artistica (arte, beni culturali)
6
1,6
149
1,6
educazione espressiva (grafico-pittorica, plastica, letteraria,
26
6,8
498
5,2
ecc.)
educazione musicale
2
0,5
26
0,3
Altro
22
5,7
471
4,9
Totale
381
100,0
9.559
100,0
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
5.3.2 Target di destinatari
Le tabelle che seguono sintetizzano l’utenza complessiva dei corsi attivati dai CTP
della Regione Puglia, ripartite per sede di erogazione, per sesso e per fasce d’età
(monitoraggio Indire 2005-2006), dati questi che, oltre ad evidenziare una buona
partecipazione femminile, confermerebbero quanto detto a proposito della difficoltà
di coinvolgimento delle fasce più deboli, in particolare degli anziani (cfr. par. 1.6).
54
Essendo tali corsi strutturati in moduli che prevedono spesso più livelli, uno stesso
discente può iscriversi nell’arco dell’anno scolastico anche a più di un corso. E’ questo il
motivo per cui il numero complessivo degli iscritti (7.975) è inferiore al numero complessivo
delle iscrizioni (9.559).
Pagina n. 49
Tab. 9 - Iscritti ai corsi EdA erogati presso
Tot. iscritti ai corsi EdA:
Sedi scolastiche
Sedi carcerarie
Tutte le sedi
v.a.
11.842
386
12.228
%
96,8
3,2
100,0
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
Tab. 10 – Iscritti per provincia
Province
BARI
BRINDISI
FOGGIA
LECCE
TARANTO
Totale Regione
Uomini
2.071
41,5
452
9,0
527
10,6
752
15,1
1.186
23,8
4.988
100,0
Tutte le sedi
Donne
3.105
42,9
575
7,9
548
7,6
1.314
18,1
1.698
23,5
7.240
100,0
Totale
5.176
42,3
1.027
8,4
1.075
8,8
2.066
16,9
2.884
23,6
1.2228
100,0
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
Tab. 11 - Iscritti ai corsi EdA ripartiti per fascia di età
da 15 a 19 anni
da 20 a 24 anni
da 25 a 29 anni
da 30 a 34 anni
da 35 a 39 anni
da 40 a 44 anni
da 45 a 49 anni
da 50 a 54 anni
da 55 a 59 anni
da 60 a 64 anni
65 anni e oltre
Tot. iscritti
1.204
1.305
1.688
1.733
1.706
1.621
1.149
668
522
276
356
9,8
10,7
13,8
14,2
13,9
13,3
9,4
5,5
4,2
2,3
2,9
12.228
100,0
Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006
5.4
La partecipazione degli over 18 anni ad attività di formazione formale (corsi
di studio), non formale (corsi di formazione), informale (autoformazione) in
Puglia
Il dato complessivo sulla partecipazione ad attività di studio, di formazione e/o di
autoformazione55 nella regione Puglia (tab. 3.6) è inferiore alla media nazionale:
55
Ricordiamo che solitamente si distinguono tre tipologie di attività formative rivolte agli
adulti:
1) formazione formale (formal education), che si svolge all’interno di percorsi istituzionali
(scuola e università), compresi gli interventi compensativi verso coloro che non hanno
usufruito della formazione iniziale (licenza elementare e media);
2) formazione non formale (non formal education), che si colloca “al di fuori delle principali
strutture d’istruzione e di formazione e, di solito, non porta a certificati ufficiali”
(Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente), pur essendo intenzionale e
strutturata in termini di obiettivi di apprendimento, di tempi o di risorse (allegato 2 alla
Comunicazione del 21 novembre 2001);
Pagina n. 50
solo il 36,1% (rispetto ad una media nazionale del 41,7%) dichiara di aver svolto
questo
tipo
di
attività,
e
si
tratta
nella
maggioranza
dei
casi
(53,2%)
esclusivamente di corsi informali di auto-formazione.
Tab. 12 - Persone di 18 anni e più per frequenza di corsi di studio, e/o formazione e/o
autoformazione
REGIONI
Frequenta corsi di studio, e/o formazione, e/o
Hanno effettuato
autoformazione
Sia corsi di
Solo corsi
Solo corsi
No
Sì
di cui
studio e/o
di autodi studio
Corsi di
Corsi di
Corsi
di formazioformazione
e/o di
formazione
autofordi
ne, sia autoformazione
mazione
studio
formazione
Puglia
63,9
36,1
7,9
11,3
31,0
14,1
53,2
32,7
Emilia55,2
44,8
6,3
19,9
38,7
13,5
48,8
37,7
Romagna
Campania
65,7
34,3
7,4
9,9
29,3
14,4
56,8
28,8
Italia
58,3 41,7
7,2
16,3
35,8
14,3
51,0
34,7
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative
Raramente (tab. 3.7) si arriva a frequentare tali corsi dopo una ricerca attiva di
informazioni (solo il 6,8% dei soggetti dichiara di averlo fatto, rispetto ad una
media nazionale dell’8,2%, e di questi l’81,6% ha trovato le informazioni che
cercava). I canali di informazione privilegiati restano internet (63,5%, percentuale
superiore di quasi dieci punti al dato nazionale del 54,1%), la rete informale di
familiari, amici e colleghi di lavoro (35,2%), i centri di informazione (19,9%), i
mass media (17,9%).
Tab. 13 - Persone di 18-64 anni che hanno cercato e trovato informazioni su corsi di formazione per
fonte da cui hanno ottenuto le informazioni
Libri
Altro
Internet
Mass
AssoAssoIstituto
Centri
REGIONI
Familiari, Datore
media
ciazioni
ciazioni
di
di infordi
amici,
(Tv,
culturali,
di
istruziomazione
lavoro
colleghi
radi
catene o di
(informadi lavoro
dio,
volongoria
formagiovani,
giortariato
zione
ecc.)
nali,
ecc.)
Puglia
35,2
5,7
19,9
13,8
6,6
3,7
63,5
17,9
9,3
8,0
Emilia28,1
7,9
18,0
15,3
8,9
10,0
56,6
12,2
7,2
10,2
Romagna
Campania
47,8
8,2
16,4
13,8
10,7
3,1
55,4
14,8
4,4
3,2
Italia
40,8
8,1
14,3
14,8
10,7
5,6
54,1
15,0
5,9
6,9
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative
3) formazione informale (informal learning), corollario naturale della vita quotidiana, non
necessariamente intenzionale, non strutturata e di norma non sfocia in una certificazione
(cfr. anche Isfol 2003, L’offerta di formazione permanente in Italia - primo rapporto
nazionale, pp. 37-38).
Pagina n. 51
5.4.1 La partecipazione alle attività di formazione formale (corsi di studio)
I corsi di studio formali, ovvero finalizzati al conseguimento di un titolo di studio o
di una qualifica riconosciuta, sono seguiti principalmente per motivi personali
(52,5% rispetto ad una media nazionale del 55,7%), anche se la percentuale di
individui che dichiara di seguire il corso principalmente per motivi di lavoro (42,7%)
è superiore alla media nazionale (39,8%).
Si tratta, in genere, di corsi che durano dalle 101 alle 300 ore (24,1% dei soggetti
pugliesi intervistati), ma è elevata anche la partecipazione a corsi che durano più di
1000 ore (23,2%).
I corsi sono per la stragrande maggioranza dei casi gratuiti (tab. 3.8) ma, qualora
si tratti di corsi a pagamento, sono soprattutto le famiglie a sostenere le spese di
iscrizione, sia a livello regionale che nazionale (rispettivamente l’85,5% e il 78% dei
partecipanti).
Tab. 14 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato corsi di studio, per spese di iscrizione
e soggetto che ha sostenuto le spese
REGIONI
Il corso prevedeva
Chi ha sostenuto le spese di iscrizione (*)
spese di iscrizione
Puglia
EmiliaRomagna
Campania
Italia
Fonte: Istat (2006),
Sì
No
Da solo
La
famiglia
Il datore
di lavoro
16,8
14,4
81,4
84,3
22,7
36,7
85,5
72,0
0,6
5,5
15,9
79,6
19,0
89,7
2,1
15,6
81,3
30,5
78,0
2,4
La partecipazione degli adulti ad attività formative
Regioni,
Enti locali
o altre
istituzioni
pubbliche56
6,6
7,4
Altro
9,5
8,5
0,9
0,8
-
Riguardo all’argomento del corso di studio frequentato (tab. 3.9), i dati indicano,
coerentemente al dato nazionale, una preponderanza delle scienze sociali,
economiche e giuridiche (32,1%), seguiti dai corsi di letteratura ed arte (17,4%),
mentre poco frequentati sono i corsi di cultura generale (4,1% dei soggetti).
56
Ad esempio, attraverso lo strumento dei voucher formativi.
Pagina n. 52
Tab. 15 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di studio per argomento del corso
REGIONI
Cultura
generale
Insegnamento,
formazione e
scienze della
educazione
Letteratura
ed arte
Puglia
4,1
10,3
5,2
4,9
EmiliaRomagna
Campania
8,3
5,6
Italia
8,7
5,4
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli
5.4.2 La
partecipazione
Scienze
sociali,
economia e
giurisprudenza
17,4
18,0
32,1
33,4
Scienze
fisiche
e naturali,
matematica,
statistica,
agraria,
veterinaria
e
informatica
8,7
6,7
Ingegneria,
manifattura
e
costruzioni
Salute,
welfare
e
servizi
Argomento
non
indicato
8,6
11,4
11,2
14,2
7,6
6,1
8,1
7,4
6,6
10,7
9,3
12,2
7,7
7,3
21,5
32,9
19,5
28,7
adulti ad attività formative
alle
attività
di
formazione
non
formale
(corsi
di
formazione)
Abbastanza divergenti sono le scelte di coloro che frequentano corsi di formazione
non finalizzati al conseguimento di una qualifica o di un titolo di studio, rispetto a
coloro che frequentano corsi di studio formali (tab. 3.10). Qui la Puglia registra una
netta preferenza per i corsi sui servizi (22,2%), che superano di poco i corsi sulle
scienze sociali, economia e giurisprudenza (21,9%), mentre continua ad essere
sotto la media nazionale la frequenza ai corsi di letteratura ed arte (16,3%, rispetto
al 17,2% nazionale).
Tab. 16 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di formazione per argomento del
corso
Servizi
ArgoSalute
IngeInformaScienze
Scienze
Insegna- LetteraREGIONI
Promento
e
gneria,
tica e
fisiche e
sociali,
tura ed
mento,
grammi
sconowelfare
maniuso del
naturali,
econoarte
formagenerali
sciuto
fattura
commatemamia e
zione e
e coputer
giurispru- tica, stascienze
strutistica,
denza
dell'edu
zioni
agraria
cazione
e veterinaria
Puglia
1,7
4,2
16,3
21,9
Emilia3,0
4,0
15,5
23,0
Romagna
Campania
4,8
3,0
11,8
20,9
Italia
2,5
3,2
17,2
22,1
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività
2,6
1,9
3,0
2,2
formative
6,2
10,1
5,0
4,3
8,5
9,9
22,2
18,9
11,4
9,4
9,6
8,7
4,9
5,6
10,5
11,0
20,0
18,5
11,5
9,0
Questo tipo di corsi, a differenza dei corsi formali, sono frequentati principalmente
per motivi di lavoro (61,4% degli intervistati, rispetto ad una media nazionale del
Pagina n. 53
65,3%), mentre il 35% dei soggetti li hanno svolti per motivi principalmente
personali (media nazionale 31,8%).
La tab. 3.11 analizza nel dettaglio le motivazioni dei partecipanti, tra le quali
spiccano la necessità di ampliare le conoscenze e le competenze su un determinato
argomento di interesse (46,4%), e la speranza di poter svolgere meglio il proprio
lavoro e/o aumentare le possibilità di una promozione (40,9%): motivazione,
quest’ultima, che probabilmente riguarda molti di coloro che sono impegnati in
percorsi di formazione continua all’interno delle aziende.
Tab. 17 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di
svolto
Per
Sono
Per
Per
Per
REGIONI
Per
ottenere
stato
prevenire aumenta- iniziare
poter
conoobbligato
una
re le posun evensvolgere
scenze,
a parteattività
sibilità di
tuale rimeglio il
compecipare
privata
trovare
schio di
mio
tenze
un lavoro
perdere
lavo-ro
utili
o per
il lavoro
e/o
nella
camaumenvita
biare latare le
quotivoro,
possibilidiana
protà di
fessione
una
promozione
Puglia
40,9
3,2
15,9
4,0
9,9
21,9
Emilia46,8
1,1
11,1
1,7
13,0
20,5
Romagna
Campania
43,5
1,9
18,6
3,9
7,9
21,6
Italia
43,3
2,3
13,4
3,0
12,9
21,4
Fonte: Istat (2006) La partecipazione degli adulti ad attività formative
formazione, per motivo per cui lo ha
Per
ampliare
le conoscenze e
le
competenze su
un argomento
di mio
interesse
Per conseguire
un
attestato
Per
conoscere
persone
nuove,
per
divertimento
Altro
46,4
38,7
21,0
11,6
17,4
14,3
4,7
6,1
45,3
44,0
20,6
14,6
12,0
15,4
4,3
4,1
Tutte le altre motivazioni non si discostano molto dal dato nazionale, sia in termini
di ranking che di percentuale: in Puglia sembrerebbero però più numerosi, rispetto
alla media nazionale, coloro che sentono la necessità di conseguire un attestato
(21% rispetto al 14,6%), magari anche per aumentare le possibilità di trovare un
lavoro o per cambiare professione (speranza che, a livello regionale, si attesta al
15,9% rispetto al 13,4% nazionale). Notevole anche la percentuale, sia regionale
che nazionale, di chi sceglie di fare formazione semplicemente per divertimento
(rispettivamente 17,4 e 15,4%) o per ottenere conoscenze e competenze utili nella
vita quotidiana (attorno al 21%). Del resto, il livello di utilizzo delle conoscenze e/o
competenze acquisite è sostanzialmente in linea con il dato nazionale: 79,2% tra
“abbastanza” e “molto” (79,7% il dato nazionale).
I corsi di formazione in genere durano meno dei corsi di studio: in Puglia, come nel
resto d’Italia, la maggioranza relativa dei corsi (16,7%) dura più di 81 ore, ma c’è
Pagina n. 54
anche una discreta percentuale di partecipanti a corsi che sono durati meno di 8 ore
(13,8%).
Per contro, l’onere economico è sicuramente maggiore rispetto ai corsi di studio
(tab. 3.12): in quasi la metà dei casi (42,6% in Puglia, 48,4% in Italia) il corso
prevedeva spese di iscrizione, a carico soprattutto del partecipante (65,9%) o della
sua famiglia di origine (23,6%). Più raro l’apporto finanziario di regione, enti locali
o altre istituzioni pubbliche (7,5%), ad esempio sotto forma di voucher formativo.
Tab. 18 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato corsi di formazione, per spese di
iscrizione, soggetto che ha sostenuto le spese
REGIONI
Il corso prevedeva
Chi ha sostenuto le spese di iscrizione
spese di iscrizione
Sì
No
Da solo
La
famiglia
Il datore
di lavoro
Puglia
42,6
52,6
65,9
23,6
16,9
Emilia49,5
47,4
62,8
12,9
27,0
Romagna
Campania
45,4
50,8
52,3
49,0
12,4
Italia
48,4
48,3
58,8
22,3
24,2
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative
Regioni,
Enti
locali o
altre
istituzioni
pubbliche
7,5
8,8
Altro
8,3
8,4
2,6
3,7
4,4
3,9
In Puglia, ancora più che nel resto d’Italia, una discreta quota di formazione non
formale viene erogata dai CTP e da altri enti tradizionalmente deputati alla
formazione formale (scuola e università) (tab. 3.13).
Tab. 19 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di formazione per ente che ha erogato
la formazione
Privati Altro
Non
Centro di Università
Camere
Istituti Datore OrganizREGIONI
Scuola,
indicato
popolare, cittadini
di formaziozazione
di
priuniversità,
della
ne
commerlegata
lavoro
vati la
Centro
terza
profescio,
al
cui
Territoetà o del
sionale
struttudatore
attività
riale Pertempo lire
di
manente principale
bero,
educatilavoro
non è la
(CTP)
orgave comuformanizzazioni
nali,
zione
no-profit
organizzazioni
sindacali
Puglia
20,8
7,8
21,6
6,8
3,4
7,1
5,1
11,1
12,3
4,0
Emilia13,8
9,4
28,7
9,2
4,0
7,6
5,6
4,9
13,0
3,7
Romagna
Campania
23,1
11,1
16,8
8,5
6,4
10,3
2,7
7,4
7,8
6,0
Italia
14,9
8,5
24,9
9,8
5,5
7,0
5,6
7,2 11,2
5,4
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative
Se si escludono i datori di lavoro e le organizzazioni datoriali, le cui attività
riguardano essenzialmente la formazione continua, spicca il ruolo che sono riusciti a
Pagina n. 55
ritagliarsi i privati cittadini (ad esempio tramite lezioni private) che, con una
percentuale che supera di quasi quattro punti la media nazionale (11,1%), risultano
essere tra i principali erogatori di formazione agli adulti in Puglia. Dal confronto con
i benchmark nazionale e regionali emerge la necessità di rilanciare, nel territorio in
esame, gli altri attori tradizionalmente erogatori di formazione non formale: i centri
di formazione professionale, le organizzazioni sindacali, le Università popolari.
Da notare, infine, che in Puglia la percentuale di soggetti che ha svolto il corso del
tutto o in parte a distanza è superiore alla media nazionale (12% rispetto all’8,5%).
5.4.3 La partecipazione alle attività di formazione informale (autoformazione)
Le attività informali, sia a livello nazionale che regionale, sono caratterizzate dalla
massima gamma di possibilità, in termini di soggetti promotori, soggetti fruitori,
contenuti, durata, modalità di erogazione, come si intuisce dalla tab. 3.15.
Tab. 20 - Persone di 18-64 anni che hanno effettuato almeno un'attività di autoformazione per
modalità di apprendimento
Altro
Parteci- FrequenParteciParteciAttraUtilizUtilizREGIONI
Impatando
pando
pando a
pando a
verso
zando
zando
rando
bia
fiere e/o
visite
la teleil pc,
mateda
blioteche
gruppi
mostre di
guidate
visione,
Internet
riale a
amici,
o centri
di
prodotti
a
la radio,
parenti, stampa
di
studio
industriamusei,
materiacolleghi
formali e/o
siti stole video
zione
comrici,
merciali
aree
naturali,
aree
industriali,
ecc
Puglia
53,2
57,5
52,5
39,1
14,1
21,4
10,5
12,1
2,7
Emilia50,9
66,1
63,4
34,2
21,9
24,4
8,0
15,6
2,2
Romagna
Campania
55,8
58,8
55,5
42,5
14,2
17,3
14,3
11,9
2,5
Italia
55,4
63,3
57,6
36,6
17,3
22,5
10,5
13,0
2,9
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative
Molto diffusi sono, ad esempio, l’utilizzo di giornali (57,5% in Puglia, 63,3% in
Italia), lo scambio tra pari, amici, parenti, colleghi (rispettivamente 53,2% e
55,4%), l’utilizzo delle nuove tecnologie, anche se in questo caso il dato pugliese si
discosta non poco, ed in negativo, dal dato nazionale (52,5% rispetto al 57,6%). Si
tratta, insomma, di attività di volta in volta definite come ricreative, culturali, di
tempo libero, educative, risultanti dalle opportunità “fortuite” della vita quotidiana,
non esplicitamente né intenzionalmente formative e pertanto non strutturate, né in
Pagina n. 56
termini di obiettivi di apprendimento, né per quanto riguarda tempi e risorse:
televisione, radio (39,1%); fiere e mostre (21,4%); musei e visite guidate
(14,1%); biblioteche (12,1%), ecc. Ancora scarso, anche se in linea con la media
nazionale, il ricorso ai gruppi di studio (10,5%).
5.4.4 Ostacoli, difficoltà e problemi
I dati forniti dall’Istat rappresentano una fonte di informazioni preziosa per quanto
riguarda le priorità su cui bisogna lavorare per costruire un sistema di formazione
permanente tarato sulle esigenze del pubblico, sia in termini di ostacoli da
rimuovere e di problemi da risolvere, che di potenzialità da sfruttare.
Ad esempio, un dato incoraggiante che emerge dalla tab. 3.16, è che in Puglia la
percentuale di persone che ha incontrato difficoltà durante l’attività di studio e/o di
formazione (64,7%) è sensibilmente inferiore sia al dato nazionale (69,8%) che al
benchmark emiliano (74,9%).
Tab. 21 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato corsi di studio e/o formazione per tipo di
difficoltà incontrata durante la formazione
REGIONI
Tipo di difficoltà riscontrata
Hanno
trovato
difficoltà
durante
l'attività di
studio e/o
formazione
Altro
La
Non mi
Luogo di
L’attività
Non
Sì
No
I costi
formazione
piaceva
svolgiera
avevo
del
non era
l’idea di
mento
orgal’appoggio
corso
ade-guata
tornare
difficile
nizzata
del datore
erano
ala scuola
da ragin orari
di lavoro
troppo
le mie
giungere
scomodi
elevati
aspettative
Puglia
64,7
35,3
41,6
2,9
33,8
33,6
8,6
17,4
6,7
Emilia74,9
25,1
41,4
6,9
35,3
28,3
2,3
24,9
8,8
Romagna
Campania
62,4
37,6
43,5
5,8
34,2
28,7
4,5
15,0
6,7
Italia
69,8 30,2
37,0
5,7
32,6
28,8
6,4
20,1
8,8
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative
Quanto al tipo di difficoltà riscontrate, che rappresentano altrettanti input per i
decisori politici, al primo posto, sia a livello nazionale (37% delle risposte) ma ancor
più a livello regionale (41,6%), risultano essere gli elevati costi della formazione. A
questo proposito, forse non è inutile sottolineare che un utilizzo più razionale delle
risorse dei fondi strutturali, soprattutto del FSE, destinati al finanziamento
Pagina n. 57
dell’educazione degli adulti, potrebbe contribuire non poco all’abbattimento di tali
costi.
Seguono un gruppo di difficoltà per così dire “logistiche”, anche queste superabili
implementando le capacità organizzative dei progettisti della formazione: la
scomodità degli orari (33,8%) e dei luoghi di svolgimento (33,6%), dato
quest’ultimo sensibilmente superiore alla percentuale nazionale (28,8%). Anche la
qualità della formazione talvolta è messa sotto accusa: il 17,4% degli intervistati
pugliesi dichiara che il percorso formativo seguito non era conforme alle
aspettative, anche se bisogna porre in evidenza il fatto, senz’altro positivo, che tale
percentuale è inferiore non di poco alla media nazionale (20,1%) ma anche al
benchmark dell’Emilia Romagna (24,9%). Non è possibile tuttavia desumere a priori
se questo dato sia indice di un maggiore gradimento delle attività formative, oppure
di aspettative meno elevate o di una minore capacità critica rispetto al percorso
formativo seguito. Si tratta sicuramente di una questione da non sottovalutare, che
chiama in causa sia la capacità dei progettisti di formazione di individuare percorsi
adeguati ai fabbisogni emergenti da un determinato territorio, sia, in sede di
definizione del contratto d’aula, l’esperienza del formatore nel chiarire le aspettative
dei partecipanti e nel cercare di adeguarvisi il più possibile, o di ridimensionarle se
troppo elevate rispetto alle risorse disponibili.
Infine, vale la pena segnalare una difficoltà per così dire “psicologica”, avvertita da
una minoranza significativa degli intervistati: l’8,6% dei soggetti pugliesi ha
manifestato un certo imbarazzo all’idea di dover “tornare a scuola”, dato questo che
si discosta sensibilmente da quello nazionale (6,4%). Questo tipo di ostacolo è
facilmente superabile tramite opportuni percorsi di orientamento e di informazione,
che facciano comprendere l’importanza ed il valore aggiunto di un approccio
formativo specificatamente dedicato alla popolazione adulta, che utilizzi pertanto i
metodi dell’andragogia57 per arricchire culturalmente ogni fase dell’esistenza.
A conclusioni analoghe si giunge se si esamina la tab. 3.17, che riporta le
motivazioni di coloro che, avendo già frequentato corsi di studio e/o di formazione,
avrebbero voluto partecipare ad altri corsi ma non lo hanno fatto: si tratta
dell’80,1% dei partecipanti pugliesi, dato superiore a quello nazionale (76%).
Anche qui prevalgono le motivazioni di ordine economico: il 38,8% non ha
partecipato ad altri corsi di studio e/o formazione perché i costi erano troppo
elevati; seguono la difficoltà a conciliare la formazione con gli impegni familiari
57
Sulla differenza tra pedagogia e andragogia cfr. Knowles M., Quando l’adulto impara.
Pedagogia e Andragogia, Franco Angeli, Milano (1993). L’andragogia è quel complesso di
teorie e di conoscenze riguardanti l’apprendimento e l’educazione degli adulti.
Pagina n. 58
(37,7%, soprattutto donne con una percentuale superiore a quella nazionale) e di
lavoro (33,9%). Quest’ultimo dato è di molto inferiore alla percentuale nazionale,
probabilmente a causa del più elevato numero di disoccupati che in Puglia accedono
alla formazione per adulti. Anche le difficoltà logistiche conservano il loro peso: il
36,6% degli intervistati pugliesi dichiara che il luogo di svolgimento era difficile da
raggiungere, ed anche stavolta si tratta di una percentuale notevolmente superiore
a quella nazionale (20,2%).
Residuali, ma da non sottovalutare, altri tipi di ostacoli come il mancato appoggio
del datore di lavoro (15%) e la mancanza dei requisiti richiesti (13,8%), altro dato
divergente da quello nazionale, che dovrebbe indurre a ripensare i criteri di
ammissione previsti dai bandi di formazione.
Tab. 22 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato corsi di studio e/o formazione
partecipare ad altri corsi di studio e/o formazione, motivo per cui non hanno partecipato
REGIONI
Motivo per cui non ha partecipato
Avrebbe
voluto
partecipare
ad altri corsi
di studio e/o
formazione
Luogo di
La
La
Non
Costi
Sì
No
Non
svolgimenformaformaavedella
avevo i
to difficile
zione
zione
vo
forrequisiti
da ragconflig- confligl'aprichiesti mazione
giungere
geva
geva
poggio
troppo
con
con
del
elevati
gli
gli
daimpeimpetore di
gni fagni di
lavoro
miliari
lavoro
Puglia
80,1
19,9
13,8
38,8
15,0
33,9
37,7
36,6
Emilia-Romagna
75,3
24,7
9,5
30,4
15,4
50,2
35,7
21,2
Campania
81,9
18,1
3,3
52,3
18,3
38,5
24,4
31,8
Italia
76,0 24,0
8,1
38,1
15,4
47,2
34,3
20,2
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative
che avrebbero voluto
Non mi
piaceva
l'idea
di
tornare
a
scuola
Motivi
di età
o di
salute
Altro
2,4
1,2
3,1
2,3
4,0
2,1
3,6
4,5
12,4
18,1
8,6
13,8
Le ultime due tabelle descrivono l’universo della popolazione che non ha
frequentato né corsi di studio né corsi di formazione, ed i motivi per cui non lo
hanno voluto o potuto fare.
Nel caso in cui la mancata partecipazione è stata una precisa scelta (tab. 3.18),
scelta che ha riguardato il 62,3% dei non partecipanti pugliesi, rispetto al 67,7%
dei non partecipanti nazionali, prevale una valutazione di non necessità, sia rispetto
alle esigenze di vita (66,6%) che a quelle di lavoro (35,3%). Di fronte a queste
motivazioni sembrerebbe opportuna un’azione profonda di informazione e di
sensibilizzazione, che consideri l’apprendimento non come un mero “accessorio”
Pagina n. 59
esistenziale, ma uno strumento indispensabile per il pieno esercizio dei diritti di
cittadinanza.
Seguono le motivazioni legate all’età e alla salute (35,2%), che ribadiscono la
difficoltà nel coinvolgere in progetti formativi le fasce più anziane della popolazione,
e l’ostacolo psicologico legato all’idea di “tornare a scuola” (29,4%), che abbiamo
incontrato anche tra coloro che hanno già frequentato corsi di formazione e/o di
studi, così come il conflitto con gli impegni familiari e di lavoro (rispettivamente
23,2% e 16,7%), la mancanza dei requisiti richiesti (21,5%), i costi troppo elevati
(18,9%), il luogo di svolgimento difficile da raggiungere (15,6%). Si tratta quasi
sempre di percentuali superiori sia a quelle nazionali che a quelle dell’EmiliaRomagna, osservazione questa che lascia intendere come si possa ancora lavorare
molto in Puglia per rimuovere o almeno attenuare questo tipo di ostacoli.
Tab. 23 - Persone di 18 anni e più che non hanno frequentato nè un corso di formazione nè un corso di
studio per motivo per cui non lo hanno voluto svolgere
REGIONI
Non
Motivo per cui non ha voluto partecipare
ha
Altro
Motivi
Non
Luogo
Impeg Impeg
Non
I costi
Non
Non
Non
volut
di età
mi
difficil
ni
ni di
avevo
erano
avevo
era
era
o
o di
piacev
e da
famili
lavoro
troppo appog
i
neces
neces
parte
salute
a
raggiu
ari
gio
elevat
requis
sario
sario
cipar
l'idea
ngere
del
i
iti
per le
per le
e
di
datore
richies
mie
mie
esigen
ze di
lavoro
esigen
ze di
vita
ti
Puglia
62,3
35,3
66,6
21,5
18,9
Emilia-R.
76,1
39,2
66,6
8,1
9,7
Campania
57,6
33,4
63,1
22,0
23,4
Italia
67,7
35,5
65,3
16,2
16,2
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività
di
lavoro
11,9
16,7
6,3
13,9
10,3
16,9
10,6
16,9
formative
23,1
14,4
25,9
21,8
15,6
7,2
16,7
12,8
"torna
re a
scuola
"
29,4
17,9
31,3
27,5
35,2
32,2
33,4
34,8
Le stesse considerazioni si possono fare se si esaminano le motivazioni di coloro
che, pur volendo, non hanno potuto partecipare a corsi di formazione o di studio, e
si tratta del 28,9% dei non partecipanti pugliesi (rispetto ad una media nazionale
del 23,8%) (tab. 3.19).
In questo caso, analogamente al dato nazionale, sono gli impegni familiari il
maggiore ostacolo (42,2%); il che farebbe pensare alla necessità di introdurre
misure di sostegno familiari per le donne (ma anche per gli uomini) che decidono di
intraprendere un percorso formativo: asili, baby parking, banche del tempo, baby
sitter, incentivi economici, ecc.
Altro dato importante è rappresentato da coloro che si sono lasciati scoraggiare da
motivi di età o di salute (41%: ben cinque punti in più rispetto alla percentuale
Pagina n. 60
15,5
8,4
11,8
12,2
nazionale), dai costi della formazione troppo elevati (30%, percentuale di oltre sei
punti superiore a quella nazionale), dalla mancanza dei requisiti richiesti (28,8%,
quasi nove punti in più rispetto al resto dell’Italia), il conflitto con gli impegni di
lavoro (27,6%, unico riscontro inferiore a quello nazionale), la resistenza all’idea di
tornare a scuola (23,9% rispetto al 16,1%), le difficoltà a raggiungere il luogo della
formazione (20,8% rispetto al 16,2%).
Tab. 24 - Persone di 18 anni e più che non hanno frequentato nè un corso di
un corso di studio per motivo per cui non lo hanno potuto svolgere
REGIONI
Non
Motivo per cui non ha potuto partecipare
ha
Non
Luogo
Impeg Impeg
Non
I costi
Non
potut
mi
difficil
ni
ni di
avevo
erano
avevo
o
piacev
e da
famili
lavoro
troppo appog
i
parte requis
a
raggiu
ari
gio
elevat
cipar
l'idea
ngere
del
i
iti
e
di
datore
richies
di
lavoro
ti
Puglia
Emilia-R.
Campania
Italia
28,9
18,8
34,0
23,8
28,8
15,5
31,2
20,0
30,0
21,3
31,5
23,8
14,3
10,6
16,2
13,3
27,6
34,7
30,5
34,3
42,2
35,8
39,0
40,0
20,8
14,0
20,8
16,2
"torna
re a
scuola
"
23,9
11,2
23,1
16,1
formazione nè
Motivi
di età
o di
salute
Altro
41,0
34,8
39,6
36,0
11,7
16,2
15,1
12,2
Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative
Dunque è ancora lungo il percorso per colmare la distanza che separa la Puglia sia
dalle medie nazionali che dal benchmark di una regione dell’Obiettivo 3 come
l’Emilia Romagna, mentre non sembra altrettanto forte il divario rispetto ad una
regione Obiettivo 1, sia pure caratterizzata da una prassi d’eccellenza in materia di
formazione permanente, come la Campania.
5.5
La formazione permanente nel POR Puglia 2000-2006
La formazione permanente nel POR Puglia 2000-2006 viene contemplata nella
misura 3.8 e si integra con il PON nazionale del Ministero della Pubblica Istruzione,
in particolare per quanto riguarda alcuni interventi per la formazione permanente di
giovani e adulti.
Le azioni previste riguardano:
•
la
formazione
legata
ai
nuovi
contenuti
connessi
con
le
tecnologie
dell’informazione e della comunicazione e con le lingue straniere;
Pagina n. 61
•
l’acquisizione di capacità e competenze trasversali e aggiornamento delle
competenze di base e professionali;
•
la formazione volta a rafforzare le competenze professionali specifiche e a
recuperare le competenze professionali di base, anche nel quadro del rilancio di
dispositivi contrattuali quali i congedi formativi, le 150 ore, ecc.;
•
le iniziative per potenziare l’accessibilità e la fruibilità dei servizi offerti da parte
dei soggetti non completamente autonomi;
•
gli interventi finalizzati al consolidamento ed all’allargamento della cultura
generale e delle competenze sociali;
•
la formazione individualizzata per occupati;
•
il potenziamento servizi tecnologici ed informativi;
•
l’analisi e modalità di trasferimento delle buone prassi;
•
le ricerche, analisi, supporto organizzativo e consulenziale finalizzati alla
costruzione di un sistema di offerta permanente a alla specializzazione per
tipologia di utenti e temi;
•
la progettazione e realizzazione di campagne pubblicitarie e informative
finalizzate a diffondere la conoscenza delle risorse formative disponibili.
Nel Complemento di programmazione la misura è finalizzata a potenziare le azioni
di orientamento ed accompagnamento ed a migliorare il sistema della formazione
permanente. Infatti, l’obiettivo della misura è quello di consentire ai cittadini,
occupati e non, in età lavorativa, in diverse condizioni professionali, di avere
opportunità per migliorare l’istruzione e la formazione professionale nei diversi
momenti dell’arco della propria vita lavorativa.
La misura si integra con il PON Ministero Pubblica Istruzione, in particolare per ciò
che concerne gli interventi per la formazione permanente dei giovani e degli adulti.
Gli obiettivi strategici di questa misura sono:
•
effettuare interventi formativi connessi con le tecnologie dell’informazione e
della comunicazione e con le lingue straniere;
•
acquisizione di capacità e competenze trasversali ed aggiornamento delle
competenze di base e professionali;
•
effettuare interventi formativi mirati e personalizzati per gli occupati;
•
alfabetizzazione informatica e corretto utilizzo dei maggiori pacchetti informatici.
Pagina n. 62
Nel Complemento di programmazione la misura viene pertanto declinata nelle
seguenti tre azioni:
•
Azione
a):
Percorsi
formativi.
Beneficiario
finale:
istituzioni
scolastiche,
organismi di formazione, agenzie formative e loro consorzi;
•
Azione
b):
Formazione
individualizzata
per
occupati.
Beneficiario
finale:
organismi di formazione, agenzie formative e loro consorzi, università;
•
Azione c): Accompagnamento. Beneficiario finale: centri di ricerca pubblici e
privati, organismi di formazione, agenzie formative e loro consorzi, università,
enti bilaterali.
Lo stanziamento di risorse per il periodo 2000-2006 ammonta ad Euro 10.439.260.
I soggetti destinatari sono giovani e adulti, occupati e disoccupati per le azioni
rivolte alle persone, mentre per le azioni rivolte ai sistemi i soggetti destinatari sono
gli organismi di formazione.
Per quanto riguarda la programmazione attuativa della misura 3.8, nel corso degli
anni 2000-200258 la misura ha espresso una capacità di spesa in termini di impegni
pari a € 2.242.707,4959.
A seguito di uno specifico protocollo di intesa, siglato in data 21/11/2001, a cui ha
fatto seguito una convenzione sottoscritta in data 14/05/2002 tra la Regione Puglia
e il Ministero della Difesa, è stata avviata la realizzazione di un progetto formativo
denominato “Euroformazione Difesa”, destinato alla formazione di militari di leva e
volontari in ferma breve.
Complessivamente sono stati approvati 844 moduli formativi, per 840 utenti.
Nel corso degli anni 2003 -200560 la Regione non procede nella programmazione
attuativa. L’impegno di risorse (€ 2.242.707) rimane pertanto pari al 21,48% delle
risorse programmate e al 31/12/2005 (RAE 2005) l’avanzamento della spesa
cumulato è pari a € 1.339.527,53, corrispondente al 12,83% della dotazione
complessiva della misura.
Nel 2006 la Regione Puglia riavvia la programmazione attuativa della misura 3.8,
ovvero:
58
Rapporto annuale di esecuzione 2002.
Con la Determina dirigenziale n. 142/2002, pubblicata sul BURP n. 67 del 04/06/2002, è
stato approvato l’avviso pubblico per l’individuazione del soggetto attuatore. Con Determina
dirigenziale n. 345 del 3/10/2002, pubblicata sul BURP n. 132/2002, è stata approvata la
graduatoria dei progetti ammessi, e con Determina Dirigenziale n. 432/2002 è stato assunto
il relativo impegno di spesa, per un importo di € 2.242.707,49.
60
Rapporti annuali di esecuzione 2003, 2004, 2005.
59
Pagina n. 63
•
per quanto riguarda l’azione a) è stato emanato l'avviso n. 12/200661, con un
impegno
di
spesa
di
€
1.498.587,00,
finalizzato
alla
formazione
e
all’accompagnamento al mondo del lavoro di persone svantaggiate mediante
l’attivazione di percorsi formativi per il conseguimento della qualifica di
“Mediatore interculturale”. Le proposte progettuali finanziate62 sono state 13.
Inoltre, è stato emanato l'avviso n. 14/200663, con un impegno di spesa di €
919.883,52, a seguito del protocollo di intesa e della convenzione
tra la
Regione Puglia e il Ministero della Difesa, per la realizzazione del progetto
formativo “Euroformazione Difesa”, destinato alla formazione di militari volontari
in ferma breve sui temi dell’informatica, della lingua inglese e dell’orientamento
all'imprenditorialità;
•
per quanto concerne l’azione b), sempre nel corso del 2006, è stato emanato
l'avviso n. 21/200664, con un impegno di spesa di € 2.700.000,00; l'avviso ha
inteso offrire ai lavoratori occupati nelle imprese private pugliesi, ai lavoratori
autonomi - in possesso di partita IVA - e agli imprenditori un’occasione di
formazione e di miglioramento delle proprie competenze professionali spendibili
nel mercato del lavoro. Al fine di rendere effettiva l’adattabilità e l’occupabilità
dei lavoratori si è deciso di promuovere una formazione individualizzata in loro
favore tramite l’assegnazione di buoni formativi (voucher) individuali spendibili
presso organismi di formazione professionale, per la frequenza di un percorso
formativo liberamente scelto;
•
infine per l’attuazione dell’azione c) è stato emanato l'avviso n. 26/200665, con
un impegno di spesa di € 400.000,00; finalità specifica di questo bando è quella
di acquisire progettazioni e ricerche finalizzate alla costruzione di idee, dati,
studi, previsioni sui fabbisogni professionali del mondo economico pugliese
pubblico e privato e sulle conseguenti competenze professionali su cui è
opportuno investire per supportare le strategie competitive e di innovazione del
territorio pugliese.
61
62
63
64
65
Determina
Determina
Determina
Determina
Determina
dirigenziale
dirigenziale
dirigenziale
dirigenziale
dirigenziale
n.
n.
n.
n.
n.
331
973
373
637
717
del
del
del
del
del
08/06/2006
30/11/2006
21/06/2006
02/10/2006
13/10/2006
pubblicata
pubblicata
pubblicata
pubblicata
pubblicata
sul
sul
sul
sul
sul
BURP
BURP
BURP
BURP
BURP
n.
n.
n.
n.
n.
73 del 15/06/2006.
162 del 07/12/2006.
81 del 29/06/2006.
131 del 12/10/2006.
138 del 26/10/2006.
Pagina n. 64
5.6
L’analisi della programmazione attuativa per la misura 3.8 del POR Puglia
2000-2006
In questa sezione illustriamo i risultati della analisi della programmazione della
formazione permanente nei bandi pubblicati nel periodo di programmazione 20002006.
Gli avvisi pubblici su cui la programmazione regionale ha finanziato interventi a
titolo della misura 3.8, specificatamente dedicata alla formazione permanente, sono
i seguenti:
Avviso
Det.
Dirig.le
Misure
contemplate oltre
alla Misura 3.8
Contenuto
Misura 3.8 –
Formazione
permanente
BURP
26/2006
Azioni di
accompagnamento
DD. n. 717
del 13
ottobre
2006
Misura 3.9 Azione d)
“Azioni di
accompagnamento”,
Misura 3.10 “,
Azione d) “Azioni di
accompagnamento
Misura 3.8
Azione c)
Accompagnamento
BURP n.
138 del 26
ottobre
2006
21/2006
Concessione
di
voucher formativi
per
lavoratori
occupati.
DD. 2
ottobre
2006, n.
637
no
Azione b),
"Formazione
individualizzata
per occupati
BURP n.
131 del 12
ottobre
2006
14/2006
Euroformazione
Difesa
DD. n° 373
del
21/06/2006
no
azione a) percorsi
formativi
BURP n. 81
del
29/06/06
12/2006
Percorsi formativi
per
Mediatore
interculturale
DD. n. 331
del
8/06/2006
azione a) percorsi
formativi
BURP n. 73
del
15/06/2006
2002
Euroformazione
Difesa
DD. n° 142
del
29/05/2002
DD n. 195
del
28/06/2002
no
BURP
4/06/2002
no
azione a) percorsi
formativi
BURP n. 81
del
29/06/06
Burp n. 84
del
04/07/02
Risorse
Finanziarie
e
graduatoria
€ 400.000,00
(mis. 3.8)
€
2.700.00,00
4.200
domande di
candidatura
€
1.500.000,00
13 progetti
finanziati
€
2.242.707,49
31 progetti
ammessi per
16 Soggetti
Attuatori
DD. n. 385
del
3/10/2002
Fonte: elaborazione su dati Regione Puglia
Considerato che l’obiettivo di quest’attività di indagine consta del conseguire un
quadro completo della programmazione della formazione permanente in termini di
Pagina n. 65
progetti approvati e del modello di governance del processo attuativo, dall’elenco
sopra esposto sono stati al momento esclusi alcuni avvisi pubblici, ovvero:
•
gli avvisi 2002 e 14/2006 relativi al progetto Euroformazione Difesa in quanto
compresi in un quadro di intervento nazionale e pertanto meno idonei a
descrivere il sistema regionale pugliese di formazione permanente;
•
l’avviso 26/2006 relativo alle azioni di accompagnamento che implementa la
presente azione di ricerca finalizzandola alla definizione di un modello regionale.
Pertanto, al momento, l’analisi avrà in oggetto i seguenti avvisi pubblici:
1. l’avviso 12/2006 percorsi formativi per Mediatore interculturale.
2. l’avviso 21/2006 per la concessione di voucher formativi per lavoratori occupati.
1) Avviso pubblico 12/2006 – misura 3.8 azione a) percorsi formativi per
mediatore interculturale
L’intervento programmato riguarda la formazione e l’accompagnamento al mondo
del lavoro di persone svantaggiate mediante l’attivazione di percorsi formativi per il
conseguimento della qualifica “Mediatore interculturale”.
I destinatari sono declinati in due target group:
•
giovani che abbiano compito il 18.mo anno di età e che abbiano conseguito il
diploma di scuola media superiore;
•
immigrati con regolare permesso di soggiorno che abbiano compiuto il 18.mo
anno di età che abbiano conseguito il diploma di scuola media superiore e che
conoscano la lingua italiana ed una lingua straniera.
L’avviso definisce alcune specifiche obbligatorie, ovvero la durata massima di 600
ore per ciascun intervento
comprensivo di azioni di orientamento/accoglienza,
bilancio delle competenze e formazione in aula.
Per quanto riguarda le specifiche di progettazione, l’avviso è accompagnato da linee
guida che individuano il profilo professionale,
le aree disciplinari, la durata dei
moduli formativi e i relativi contenuti per ciascun progetto.
L’intervento prevede lo svolgimento di attività di stage per almeno il 40% del
monte ore totale.
Per gli immigrati la proposta progettuale prevede la possibilità di un modulo
aggiuntivo di alfabetizzazione in lingua italiana della durata massima di 50 ore.
Pagina n. 66
I soggetti attuatori sono identificati nelle agenzie formative accreditate per le
macro-tipologie “formazione superiore” e/o “formazione nell’area dello svantaggio”
con l’obbligo di presentare solo un progetto per provincia.
L’avviso, inoltre, prevede una ripartizione delle risorse su base provinciale, ovvero:
•
Bari: 38,73%;
•
Brindisi: 9,95%
•
Foggia: 17,07%
•
Lecce: 19,86%
•
Taranto: 14,39%
Ricadute attese dall’intervento:
•
miglioramento delle condizioni di occupabilità di soggetti svantaggiati e
definizione di un nuovo profilo professionale da diffondere verso gli attori
dell’offerta formativa secondo criteri di omogeneità rispetto alla costruzione del
percorso di formazione, e successiva predisposizione di un regolamento
regionale relativo al repertorio delle professioni sociali riconosciute a livello
regionale.
Risultati attuativi
Con Determina dirigenziale n° 973 del 30/11/06 è stata approvata la graduatoria
dei progetti finanziabili.
A titolo dell’avviso 107 soggetti hanno presentato istanza di finanziamento per 143
progetti, di cui 103 sono risultati idonei mentre 40 sono risultati non finanziabili.
Dei 103 progetti idonei solo 13 sono stati finanziati in quanto rientranti nella
capienza delle risorse finanziarie disponibili come si evince dalle seguenti tabelle.
Pagina n. 67
Provincia di Bari
Codice
progetto
POR06038aMIC
0109
POR06038aMIC
0050
POR06038aMIC
0134
POR06038aMIC
0027
POR06038aMIC
0128
Soggetto
Attuatore
ITACA Società
Cooperativa
Sociale a r.l.
CON.FOR.SEO
Consorzio
Formazione e
Occupazione
Associazione
per
la
formazione
professionale
QUASAR
AUXILIUM
Società
Cooperativa
Sociale a r.l.
Ploteus
Sede
accreditata
ore
N° allievi
Importo
finanziato
CONVERSANO
650
18
113.690,00
BARI
650
15
92.970,00
PUTIGNANO
600
20
123.960,00
ALTAMURA
650
15
100.738,00
LOCOROTONDO
600
20
123.960,00
ore
N° allievi
Importo
finanziato
650
18
120.861,00
650
18
Provincia di Brindisi
Codice
progetto
POR06038aMIC
0119
POR06038aMIC
0129
Soggetto
Attuatore
Leader s.c. a
r.l.
Profeta
Associazione
per lo
sviluppo
del
territorio
Onlus
Sede
accreditata
BRINDISI
BRINDISI
237.291,00
Provincia di Foggia
Codice
progetto
POR06038aMIC
0101
POR06038aMIC
0083
Soggetto
Attuatore
I.R.A.P.L.
Istituto
Regionale per
l'Addestramento
ed il
Perfezionamento
dei Lavoratori
ICARO - IRSEF
Sede
accreditata
ore
MANFREDONIA
650
FOGGIA
600
N° allievi
18
20
Importo
finanziato
120.861,00
118.002,00
Pagina n. 68
Provincia di Lecce
Codice
progetto
POR06038aMIC
0082
POR06038aMIC
0133
Soggetto
Attuatore
IAL
CISL
Puglia
Prometeo Sfe
(Scuola di
Formazione
d'Eccellenza)
Sede
accreditata
ore
N° allievi
Importo
finanziato
CAVALLINO
600
20
120.315,00
600
20
ore
N° allievi
600
18
Importo
finanziato
111.276,00
600
18
111.564,00
CASARANO
123.960,00
Provincia di Taranto
Codice
progetto
POR06038aMIC
0042
Soggetto
Sede
Attuatore
accreditata
TARANTO
C.I.F.I.R.
Centri
di
Istruzione e
Formazione
Istituti
Rogazionisti
POR06038aMIC Associazione
TARANTO
0069
E.N.F.A.P.
Puglia
Fonte: elaborazione su dati Regione Puglia
2) Avviso 21/2006
- misura 3.8 Azione b), "Formazione individualizzata
per occupati
L’intervento programmato è finalizzato al miglioramento delle condizioni di
occupabilità e di adattabilità dei lavoratori pugliesi attraverso percorsi formativi
realizzati attraverso voucher.
I destinatari dell’intervento sono individuati in:
•
lavoratori occupati nelle imprese private pugliesi (escluso lavoratori interinali,
lavoratori in Cfl, Co.co.co, Co.co.pro e lavoratori degli enti di formazione
professionale);
•
lavoratori autonomi in possesso di partita Iva;
•
imprenditori.
I corsi prevedono una durata minima di 30 ore spendibili presso enti di formazione
accreditati e sono finalizzati all’acquisizione di un certificato di acquisizione di
competenze.
Le tematiche disciplinari e le competenze sono lasciate alla libera scelta del
lavoratore.
Pagina n. 69
Le attività dovrebbero essere ancora in corso poiché l’avviso prevede che si
concludano entro il 30/06/2008. I corsi ammessi entrano di diritto nel costituendo
catalogo dell’offerta formativa pugliese.
L’avviso riporta in allegato un dossier di candidatura sul quale il richiedente esplicita
la scelta del corso e dell’Ente attuatore dove verrà erogata la formazione.
La selezione delle domande si concretizza attraverso un processo di valutazione di
merito (oltre all’istruttoria di ammissibilità relativa ai requisiti dei soggetti
destinatari) relativa alle motivazioni personali allo svolgimento del corso illustrate
nel dossier di candidatura.
Le risorse sono ripartite per il 40% a lavoratori dipendenti e per il restante 60% a
lavoratori autonomi e imprenditori.
Il 20 dicembre 2006 con determina dirigenziale n° 1124 si è concluso il processo di
ricezione delle domande di candidatura che ammontano a 4.200 unità.
Pagina n. 70
PARTE TERZA: LA DOMANDA DI FORMAZIONE PERMANENTE
RILEVATA
Pagina n. 71
6. Il metodo degli studi di caso: kit di intervista e strumento di
rilevazione.
La parte centrale della ricerca è rivolta all'analisi degli orientamenti della domanda
di formazione permanente dei lavoratori pugliesi.
Tale analisi mira a ricostruire il quadro e le principali caratteristiche della domanda
sia in termini statici che in termini dinamici e a delineare uno scenario di
conoscenza delle tendenze per il programmatore regionale.
Per perseguire le finalità conoscitive prefissate, è stato messo a punto un “kit” di
rilevazione, ossia è stato costruito uno strumento di rilevazione complesso, fondato
su di una traccia di intervista in profondità ed uno schema di redistribuzione
progressiva degli individui da intervistare – di volta in volta - in base alla
elaborazione dei risultati di interesse sulle aree tematiche previste nella traccia di
questionario. La traccia di intervista (o kit), costruita per parti strutturate e semistrutturate finalizzate a raccogliere il maggior numero di items sull'esperienza
esaminata, è organizzata in sequenze tematiche successive.
In estrema sintesi il “kit” di rilevazione è così composto:
Una prima parte dedicata al supporto agli intervistatori per la realizzazione
dell'intervista.
Una seconda parte a traccia semistrutturata, sintetizzata in un questionario
composto da differenti schede per la raccolta di dati ed informazioni emerse
durante il colloqui.
Le informazioni da raccogliere riguardano:
1.
informazioni sull’intervistato;
2.
analisi del contesto lavorativo individuale e collettivo;
3.
analisi del contesto formativo;
4.
orientamenti ed attitudini all’apprendimento;
5.
esperienze formative;
6.
fabbisogni di formazione permanente;
7.
aspettative di formazione permanente;
8.
Scheda finale destinata alla raccolta di segnalazioni di esperienze
positive e negative.
Le aree tematiche di riferimento per la scelta di progressione sulla linea del
campionamento pre-progettato rappresentano l’elemento innovativo tra gli studi di
Pagina n. 72
caso e, nel kit sulla domanda di formazione permanente utilizzato in questa
indagine, sono riconducibili a cinque items di verifica afferenti:
•
il livello di disponibilità all’apprendimento permanente in campo lavorativo;
•
le linee di specializzazione dell’apprendimento;
•
il grado dell’aspettativa;
•
l’interesse ad entrare in rete;
•
la capacità individuale di previsione strategica di campo.
Per cogliere quanto più possibile gli elementi caratteristici del quadro di insieme, si
è deciso di dotarsi un apparato definitorio minimo che filtri ciò che emerge dalle
tracce di domanda e risulti funzionale a definire uno scenario degli orientamenti
culturali e degli atteggiamenti rispetto alla domanda di formazione permanente
espressi da un gruppo significativo e rappresentativo di lavoratori pugliesi. In tale
direzione si è deciso di identificare - insieme agli intervistati - prioritariamente:
- le differenze tra formazione permanente e formazione continua;
- i caratteri centrali della formazione permanente;
- i potenziali utenti della formazione permanente;
- le caratteristiche essenziali dei processi di formazione permanente;
- gli elementi di valutazione di una corretta attività di formazione
permanente.
L’attività di analisi della domanda di formazione permanente, nella nostra ricerca,
ha quindi avuto un duplice obiettivo:
1) rilevare i potenziali soggetti che potrebbero fruire di azioni di formazione
permanente ed i relativi fabbisogni;
2) rilevare le competenze acquisite e la loro spendibilità, nel caso di lavoratori che
abbiano già partecipato ad azioni di formazione permanente.
Sul piano più specificatamente metodologico ed in particolare per ciò che riguarda il
campione pre-scelto e lo strumento di rilevazione:
-
Le unità di indagine compongono l'oggetto di indagine e possono essere sia
oggetti complessi come le esperienze, che singoli individui.
-
Le unità di rilevazione sono sempre singole persone che lavorano.
-
Le aree tematiche rappresentano i campi di definizione progressiva della
Pagina n. 73
percezione della tematica che emerge nel corso della realizzazione dell’intervista.
-
Il campione, precisato in fase di progettazione ex ante sotto il suo aspetto
quantitativo e degli strati di composizione generale,
procede per selezione di
esperienze e di intervista progressiva, sulla base sia delle aree tematiche
individuate che delle unità di rilevazione successive.
Pagina n. 74
7. Descrizione del campione.
L'indagine è stata rivolta a singole persone/lavoratrici. L'insieme di questi soggetti
rappresenta la base di riferimento all’interno della quale sono compiute le scelte di
campionamento ragionato e pre-definito.
Complessivamente, sono stati selezionati circa 150 casi di riferimento identificati
sulla base di informazioni acquisite nel corso di una fase di desk e di panel mirati
realizzati attraverso:
•
colloqui con attori del mondo universitario;
•
contatti con organizzazioni datoriali e sindacali in genere;
•
colloqui con singoli imprenditori;
Al termine della fase di selezione, si è proceduto a stratificare e ridefinire il gruppo
selezionandolo sulla base:
•
del settore economico di appartenenza;
•
della funzione professionale svolta;
•
del titolo di studio;
•
del territorio di residenza;
A conclusione della fase di ridefinizione del campione, sono stati compilati due
elenchi di soggetti intervistabili, distribuiti tra Titolari e Riserve ed organizzati in
riferimento ai quattro strati di selezione.
Complessivamente, il campione è risultato composto da n. 70 titolari e n. 50 riserve
distribuiti nel modo seguente:
- il 9% appartenenti al macro-settore della trasformazione dei prodotti
agricoli;
- il 26% appartenenti al macro-settore industriale in senso stretto;
- il restante 65% appartenenti al settore dei servizi vendibili;
Pagina n. 75
Nella scelta di selezione finale dei casi, il carattere dei fattori sequenziali di
progressione tematica, non determinabili in fase di progettazione ex ante, non ha
influito in alcun modo nella scelta, mentre è risultato utile nella fase intermedia di
realizzazione del gruppo di interviste, soprattutto per riallineare il campione e per
l’utilizzo delle riserve.
Nello specifico, rispetto al settore di attività, il campione risulta composto nel
modo seguente:
Tab. 25 – Distribuzione del campione per settore di attività
Settore di attività
v.a.
Ambiente
0
Artigianato
2
Edilizia
5
Industria
18
Ricerca, istruzione e formazione
7
Turismo
5
Servizi alle imprese e alla P.A.
20
Area sociale/sanitaria
5
Altro
8
70
%
0%
3%
7%
26%
10%
7%
29%
7%
11%
100%
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Pagina n. 76
8. Profilo individuale degli intervistati.
La ricerca ha coinvolto lavoratori appartenenti a diverse fasce di età. La maggior
parte degli intervistati (82%) ha età compresa tra i 29 e 45 anni, il 14% tra 46 e 55
anni e solo il 4% ha età compresa tra i 18 e 29 anni.
Tab. 26 – Classe di età del campione
Classe di età
Da 18 a 29 anni
Da 29 a 45 anni
Da 46 anni a 55 anni
Da 55 anni in poi
v.a.
%
3
4,0
57
82,0
10
14,0
0
0,0
70
100,0
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Il titolo di studio risulta decisamente alto: il 41% del campione risulta in possesso
di un titolo di laurea, il 37% di un diploma di scuola media superiore e il 19% di un
master o di una specializzazione.
Tab. 27 – Titolo di studio
Titolo di studio
Nessuno / Licenza Elementare
Licenza Media
Attestato di qualifica
Diploma di scuola Media Superiore
Laurea
Master / Specializzazione
v.a.
%
0
0,0
2
3,0
0
0,0
26
37,0
29
41,0
13
19,0
70
100,0
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Il ruolo professionale ricoperto dai lavoratori all’interno dell’azienda di appartenenza
e la posizione contrattuale risultano così ripartiti:
Pagina n. 77
Tab. 28 Posizione lavorativa
Posizione lavorativa
Titolare/amministratore/presidente/socio
Dirigente/direttore/quadro
Impiegato/funzionario
Altro
v.a.
%
17
24,0
9
13,0
27
39,0
17
24,0
70
100,0
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Tab. 29 Posizione contrattuale
Posizione contrattuale
Dipendenti a tempo determinato o indeterminato.
Contratto a progetto
Lavoro intermittente o ripartito
Amministratore o titolare di imprese
Socio lavoratore di cooperativa
Libero professionista/lavoratore autonomo
Somministrazione di lavoro
Collaborazione coordinata continuativa.
Altro
v.a.
34
15
0
10
0
4
2
5
0
70
%
49,0
21,0
0,0
14,0
0,0
6,0
3,0
7,0
0,0
100,0
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Dalla tabella si evince una significativa presenza (24%) di persone che ricoprono
una posizione lavorativa di titolare, amministratore, presidente o socio.
Tale percentuale rispecchia la scelta ragionata del campione, oggetto di analisi. Si è
voluto considerare, infatti,
una quota di unità che appartenessero alla categoria
degli “imprenditori” e come tali, la rappresentassero in termini di fabbisogni di
formazione permanente. E’ utile sottolineare che, anche se si potrebbe pensare ad
una categoria lavorativa sui generis rispetto ai lavoratori solitamente inquadrati, gli
imprenditori e i responsabili aziendali sono stati intervistati ed osservati come
semplici lavoratori dell’ azienda di appartenenza.
Parallelamente a questo dato emerge un 39% degli intervistati che risulta
appartenere alla categoria dei funzionari o impiegati ed un significativo 24% che si
è collocato lavorativamente sulla posizione “altro”, specificando una posizione da
consulente che lavora da esterno per l’azienda di riferimento.
Infine, sul piano della posizione contrattuale, il 49% degli intervistati ha dichiarato
di essere inquadrato con contratto a tempo indeterminato o determinato, il 21%
con contratti a progetto ed il 7% con contratti di co.co.co.
Pagina n. 78
9. Formazione percepita e formazione richiesta.
In fase preliminare si è ritenuto opportuno analizzare le percezioni che gli
intervistati avevano del sistema formativo e le possibili definizioni alle quali fanno
riferimento, quando si parla di formazione.
L’idea
di
formazione
all’ambito
lavorativo.
risulta,
Solo
nell’immaginario
pochi
lavoratori
comune,
hanno
direttamente
definito
la
stessa
legata
come
un’opportunità di apprendimento e di crescita personale, in linea con i nuovi
orientamenti europei.
In tale direzione si riportano
alcune delle prevalenti definizioni espresse dai
destinatari delle interviste, rispetto ad una propria definizione e percezione generale
del concetto di “formazione”:
•
“…la
formazione
è
un
breve
periodo
di
preparazione
finalizzata
all’inserimento pieno ed autonomo in un ambiente di lavoro…”
•
“…la
formazione
è
uno
strumento
utile
per
aggiornamento
e
perfezionamento…”
•
“…la formazione consiste nella preparazione alla competitività e alla
specializzazione professionale…”
•
“…la formazione è un processo finalizzato all’insegnamento di nozioni e
metodiche utili per lo svolgimento di un’attività lavorativa…”
Se per formazione si intende un processo complesso di trasferimento di contenuti e
metodi per fare acquisire alle persone livelli culturali e professionali sempre
maggiori, l’idea degli intervistati è evidente che comprende solo una parte del
concetto stesso.
Parallelamente è emersa una conoscenza delle opportunità formative territoriali
piuttosto parziale e superficiale, che fa attestare il livello della stessa su un valore
medio per il 35% del campione (che conosce solo alcune delle opportunità
formative e relativi strumenti) e su un valore basso per il 30% che conosce solo
singole possibilità formative. Il 14%, le ignora del tutto.
Solo un 21% degli intervistati è al corrente di quasi tutte le possibili azioni
formative territoriali e dei relativi strumenti per la realizzazione.
Pagina n. 79
Fig. 2 Conoscenza dell'offerta formativa territoriale
21%
14%
Nullo
0%
Basso
Medio
30%
35%
Discreto
Alto
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Si è cercato di comprendere, inoltre, attraverso quali “mezzi di comunicazione” i
lavoratori acquisissero le informazioni relative alle opportunità di formazione
presenti sul territorio.
E’ risultato che, per i lavoratori “dipendenti”, la comunicazione aziendale costituisce
la principale fonte di informazioni in materia. Per i dirigenti, i quadri e gli
imprenditori le fonti risultano essere prevalentemente le relazioni interpersonali ed
internet.
Riguardo la conoscenza degli strumenti di attuazione della formazione, la legge
236/93 risulta essere quello più conosciuto sia dal punto di vista del contenuto, che
del “sentito dire”. I Fondi Europei (FSE - FESR), invece, sono conosciuti solo dai
lavoratori che, per settore di attività, sono più vicini al mondo della formazione.
Sempre in fase di avvio del colloquio/intervista, si è ritenuto opportuno esplorare il
livello di conoscenza degli intervistati relativamente a tre diverse tipologie di azioni
formative. In particolare si è chiesto di fornire una personale, libera definizione di:
-
formazione iniziale;
-
formazione continua;
-
formazione permanente.
I risultati hanno confermato la confusione concettuale e terminologica presente
nella maggioranza dei non addetti ai lavori sul merito della tematica che trattiamo.
Pagina n. 80
Infatti, mentre tutti gli intervistati hanno dato una personale definizione di
formazione iniziale, intendendola come formazione scolastica, universitaria o
precedente all’accesso lavorativo, solo una minima parte del campione ha dichiarato
di conoscere sia la formazione continua che la permanente e, di questi, appena
cinque persone hanno definito esattamente i due concetti, evidenziandone l’esatta
differenza.
E’ apparsa molto confusa la distinzione tra le due tipologie di formazione: mentre la
formazione continua viene facilmente ed anche esattamente identificata con corsi
specifici di aggiornamento in azienda, la formazione permanente, nell’immaginario
comune, è intesa come una formazione periodica, esclusivamente legata alla
crescita professionale, all’interno dell’azienda di appartenenza. Nessun riferimento,
nelle definizioni riportate, ad un accrescimento culturale e personale slegate
dall’ambito lavorativo.
Nonostante la scarsa conoscenza delle tipologie formative specifiche e delle
differenze che tra esse intercorrono, tutti i lavoratori intervistati sono risultati
concordi nell’affermare l’utilità della formazione, seppure a livelli differenti (alto
73%, medio 24%, discreto 3%).
Fig. 3 Livello di utilità della formazione percepita
0%
73%
0%
Nullo
Basso
Medio
Discreto
Alto
3%
24%
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Pagina n. 81
La convinzione comune è che la formazione sia utile e spesso indispensabile per:
•
la popolazione già occupata, poiché “si avverte un costante bisogno di
aggiornamento lavorativo”, data la “velocità di mutamento della realtà sociale e
lavorativa”, ed “un bisogno di confrontarsi con competenza con i colleghi e il datore
di lavoro”;
•
la popolazione non occupata, date le criticità di un “inserimento lavorativo
che richiede l’acquisizione del maggior numero di competenze possibili” e di “un
mercato del lavoro esigente e di difficile accesso”.
Tab. 30
Utilità della formazione per la popolazione occupata
v.a.
%
66
94,0
4
6,0
70
100,0
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Utile
Non utile
Tab. 31 Utilità della formazione per la popolazione non occupata
v.a.
Utile
70
Non utile
0
70
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
%
100,0
0,0
100,0
Infine, per concludere la fase preliminare di intervista ed approfondito e chiarito il
problema definitorio con gli intervistati, si è chiesto ad essi di esprimere il proprio
livello di interesse rispetto ad eventuali opportunità di formazione permanente
offerta dai diversi soggetti operanti nel campo della formazione. Il risultato si è
sensibilmente trasformato. Quasi l’80% del campione ha manifestato un rilevante
interesse verso la partecipazione individuale a processi di formazione permanente.
Pagina n. 82
Fig. 4 Interesse per potenziali opportunità di formazione
permanente
50
40
30
20
10
0
Nullo
Basso
Medio
Discreto
Alto
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Pagina n. 83
10. Aziende e formazione: grande è più bello.
Dai risultati dell’indagine emerge una evidente relazione tra i settori di attività delle
aziende ed il fabbisogno di formazione. Nello specifico, la programmazione da parte
delle aziende di attività formative per i propri lavoratori è strettamente legata al
settore di attività di appartenenza .
Tab. 32 Programmazione di attività formative per settori di attività (percentuali di riga)
Settore di attività
Lavoratori
intervistati
L'azienda
organizza
formazione per il
personale
v.a.
v.a.
%
Ambiente
0
0
0,0
Artigianato
2
0
0,0
Edilizia
5
0
0,0
Industria
18
7
39,0
Ricerca, istruzione e formazione
7
6
86,0
Turismo
5
2
40,0
Servizi alle imprese e alla P.A.
20
8
40,0
Area sociale/sanitaria
5
4
80,0
Altro
8
4
50,0
70
31
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
L'azienda non
organizza
formazione per il
personale
v.a.
%
0
0,0
2
100,0
5
100,0
11
61,0
1
14,0
3
60,0
12
60,0
1
20,0
4
50,0
39
I settori “Sociale/sanitario” e “Ricerca, istruzione e formazione” risultano essere
quelli più propensi alla organizzazione di percorsi formativi per i lavoratori.
Al contrario, nel settore “Edilizia”, risultano, rispetto al campione, completamente
assenti opportunità formative per i lavoratori. Gli altri settori evidenziano un
risultato di rilevazione abbastanza bilanciato.
Come si può rilevare dal grafico sotto riportato, si è scelta una scala dimensionale
per definire la grandezza delle imprese di riferimento. La maggior parte delle unità
di rilevazione risulta appartenere a grandi imprese (44%), la restante è occupata in
aziende di piccole dimensioni (24%), medie dimensioni (21%) e piccole dimensioni
(11%).
Pagina n. 84
Fig. 5 Classe dimensionale dell'azienda di
provenienza
17
24%
Micro: da 1 a 5 addetti
8
11%
Piccola - da 6 a 15 addetti
Media - da 16 a 49 addetti
Grande - oltre 50 addetti
30
44%
15
21%
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
La classe dimensionale dell’impresa è risultata, nella maggior parte dei casi,
direttamente proporzionale al livello di fabbisogno di formazione permanente
avvertito dagli intervistati. Più esattamente, i lavoratori appartenenti a “grandi
imprese” hanno manifestato una maggiore aspettativa e necessità di opportunità
formative. La voglia di accrescere le competenze professionali e personali è risultata
di maggiore intensità, rispetto a quella manifestata dai lavoratori delle piccole
imprese, che sono risultati spesso demotivati e disillusi.
Pagina n. 85
Tab. 33
Relazione tra fabbisogno formativo e classe dimensionale delle aziende (percentuali di
riga)
Classe dimensionale
Fabbisogno Formativo
v.a.
Nullo
Basso
Medio
Discreto
Alto
v.a.
% v.a.
% v.a.
% v.a.
% v.a.
%
Micro - da 1 a 5 addetti
17
2 11,0
0
0,0
9 56,0
0
0,0
6
33,0
Piccola - da 6 a 15
8
0
0,0
0
0,0
4 47,0
0
0,0
4
47,0
addetti
Media - da 16 a 49
15
0
0,0
0
0,0
8 50,0
0
0,0
8
50,0
addetti
Grande
oltre
50
30
0
0,0
0
0,0
17 57,0
4 13,0
9
32,0
addetti
70
2
0
38
4
27
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Dai risultati emerge inoltre che, le imprese più piccole dispongono di un portafoglio
di strumenti per la formazione tendenzialmente meno ampio di quello adottato dalle
imprese con un organico maggiore.
Questa evidenza empirica, suggerisce che per le imprese di più piccola dimensione,
esiste una oggettiva difficoltà, presumibilmente di ordine organizzativo, per
progettare e gestire gruppi di miglioramento e/o formazione e per permettere ai
propri dipendenti di partecipare ad attività formative (convegni, seminari, fiere,
etc…).
Fig. 6 Forma giuridica delle aziende
40
30
20
10
0
Impresa Società di Società di
individuale persone
capitale
Altro
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Rispetto
alla
forma
giuridica
delle
aziende
di
appartenenza
dei
lavoratori
intervistati, più della metà (57%) risultano essere società di capitale, l’altra metà è
distribuita tra società di persone (14%), imprese individuali (4%), ed altre forme
(associazioni, cooperative, enti pubblici, scuola, università).
Pagina n. 86
Infine, si ritiene importante soffermare l’attenzione sull’ultimo elemento del
contesto lavorativo analizzato: l’area territoriale di riferimento delle imprese
considerate.
Tab. 34 Area territoriale di riferimento dell'impresa
Area Territoriale
Provincia di Bari
Regione Puglia
Altre regioni (oltre la Puglia)
Territorio nazionale
Territorio estero
v.a.
21
14
7
17
11
70
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
%
30,0
20,0
10,0
24,0
16,0
100,0
In base al campionamento delineato nella prima fase della ricerca, le unità di analisi
sono state scelte in modo da ottenere una fotografia della domanda di formazione
permanente, riferita ad aziende che operassero in ambito provinciale, regionale,
nazionale ed estero.
Dall’analisi dei risultati è emerso che il rapporto tra area territoriale di riferimento e
formazione rispecchia esattamente quello precedentemente descritto per la classe
dimensionale dell’impresa. Infatti, risulta che maggiore è l’area territoriale in cui
opera l’azienda per la quale l’intervistato lavora, maggiori sono l’interesse e
l’attenzione al tema della formazione. E’ come se l’apertura delle attività a spazi
territoriali più ampi, richieda, inevitabilmente, un arricchimento professionale che
dia la possibilità di relazionarsi con realtà economiche, sociali e lavorative altre
rispetto a quella di appartenenza.
Pagina n. 87
11. La formazione fatta e quella poco gradita.
In un contesto in cui la formazione delle persone diviene condizione imprescindibile
per una crescita sociale, per la competitività,
culturale di un Paese, preoccupa
per il miglioramento economico e
la percentuale di coloro che non hanno mai
partecipato a nessun tipo di attività formativa (16%) e, allo stesso modo, segna in
modo negativo il campione anche la ridotta percentuale di coloro che hanno
frequentato numerose e qualificanti attività formative (11%).
Tab. 35 Esperienze formative
v.a.
11
%
16,0
22
32,0
21
30,0
8
11,0
8
11,0
Nulla (mai partecipato)
Bassa (solo una e demotivante)
Media ( più di una, ma poco
significative)
Discreta
(solo
importante)
una,
ma
Alto (molte e qualificanti)
70
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
100,0
In particolare, dei lavoratori ascoltati, diversi hanno partecipato ad attività di
formazione
continua
all’interno
dell’azienda
per
cui
lavorano;
pochi
hanno
partecipato ad attività di formazione permanente, quindi frequentate con fini di
crescita culturale o per interesse personale, non direttamente riconducibile al
proprio lavoro.
La quota di lavoratori che hanno partecipato ad un numero più alto di attività è
maggiore fra gli autonomi rispetto ai dipendenti privati.
L’utilizzo della formazione permanente, da parte dei dipendenti privati, sembra
progressivamente uscire dalla sfera culturale per legarsi sempre più strettamente
alla sfera lavorativa.
La domanda formativa inevasa sul luogo di lavoro, spinge il dipendente a rivolgersi
all’esterno dell’azienda, per acquisire quei contenuti culturali/professionali necessari
per colmare il deficit di competenze richiesti dal proprio lavoro.
Pagina n. 88
Questa considerazione è rafforzata dal fatto che, la parte del campione che non ha
mai partecipato ad attività formative dichiara di non averlo fatto per mancanza di
tempo o per gli eccessivi carichi di lavoro:
“…nonostante la volontà non sono mai riuscito a partecipare a corsi di
-
formazione per mancanza di tempo…”
“…il lavoro a tempo pieno non mi ha permesso di avere spazio per la
-
formazione permanente…”
“…e’ difficile conciliare l’arricchimento culturale e civico con i tempi lavorativi
-
che occupano la maggior parte della giornata…”
Il confronto tra i fabbisogni formativi dei lavoratori dipendenti e degli autonomi,
mostra un quadro solo a tratti scontato. Infatti la costante necessità che il
lavoratore
autonomo
ha
di
migliorare
la
qualità
della
propria
prestazione
professionale, e la consapevolezza di dover proporre soluzioni improntate alla
ricerca di innovazione, lo pone in una posizione nettamente diversa rispetto a quella
del dipendente e quindi più predisposta alla partecipazione ad attività di
formazione.
Rispetto alla valutazione delle esperienze formative, intesa come rilevazione del
parere dei diretti interessati sui caratteri problematici o strategici del percorso
formativo, gli aspetti che maggiormente influenzano la soddisfazione complessiva
dei partecipanti, a parità di altre condizioni, sono:
- la buona preparazione dei docenti, “…l’esperienza formativa affrontata la valuto
molto
positivamente
poiché
i
docenti/formatori
erano
persone
di
grande
competenza…”; “…ho il ricordo di quel corso come estremamente utile poiché i
docenti erano davvero bravi…”
-la corrispondenza dei temi trattati alle aspettative dei formati, “…l’esperienza
formativa è stata deludente poiché mi aspettavo di ricevere una formazione
diversa…” “…gli obiettivi del corso dovevano essere altri, ci avevano prospettato
una formazione diversa da quella che realmente abbiamo ricevuto…”
- il collegamento tra il corso e le competenze già possedute dai singoli,
“ deludente, nessuno a tenuto conto del nostro livello di professionalità”; “…il
percorso formativo è stato molto utile perché era strutturato in base alle
competenze possedute dai partecipanti…”
Pagina n. 89
La
soddisfazione
aumenta
anche
quando
il
corso
è
ritenuto
concentrato
sull’acquisizione di competenze applicabili sul lavoro e se la durata è calibrata
rispetto agli obiettivi:
“ …le competenze sono utili se poi le si possono utilizzare nel proprio lavoro…”;
“…ho frequentato corsi in cui mi hanno trasferito solo nozioni che non mi sono
servite per la mia attività lavorativa…”;
“…il corso che ho frequentato ha avuto tempi troppo lunghi rispetto agli obiettivi
che andavano raggiunti…”;
•
“…il percorso formativo è stato troppo lungo…Sembrava si trascinasse…Lo si
poteva concentrare nella metà del tempo…"
La soddisfazione del corso non sembra influenzata, invece, dalle caratteristiche
delle singole agenzie formative e neppure dal livello dei costi sostenuti (nel caso di
corsi liberi a pagamento).
Complessivamente, la tendenza registrata rispetto alla valutazione delle esperienze
già fatte, appare orientata verso una netta sottovalutazione dell’importanza delle
attività formative concepite in senso classico. Le considerazioni ricorrenti su
“..troppa aula..”, “….una offerta scarsa rispetto alla reale domanda di formazione
integrativa….”, “… evidente sotto-dotazione finanziaria per fare un buon corso….”,
“….docenti troppo giovani per poter insegnare qualcosa a noi…..”, richiamano la
necessità della organizzazione e della produzione di una offerta formativa più di
sistema e meglio calibrata sul fabbisogno espresso dagli utenti. Ciò appare ancora
più vero, per il segmento intervistato nel nostro campione, composto in modo
maggioritario da persone appartenenti alla c.d. classe di età forte e cioè quella
compresa tra i 29 ed i 45 anni di età.
Pagina n. 90
12. La domanda di formazione permanente.
I risultati della ricerca, permettono di condurre un’analisi articolata dei fabbisogni di
formazione permanente espressi dai lavoratori e quindi delle competenze specifiche
che vorrebbero acquisire o rafforzare.
Prima di entrare nelle specificità dei risultati, si ritiene significativo riportare il dato
riguardante il livello di interesse e motivazione del campione, in generale, rispetto a
potenziali opportunità di formazione permanente.
Tab. 36 Interesse per potenziali opportunità di formazione permanente
v.a.
Nullo
0
Basso
2
Medio
11
Discreto
11
Alto
46
70
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
%
0,0
3,0
16,0
16,0
65,0
100,0
Nonostante il problema definitorio precedentemente esplicitato e la scarsa
conoscenza del tema “formazione permanente”, una percentuale decisamente
rilevante degli intervistati (pari al 65% del campione) ha manifestato un alto livello
di interesse e motivazione, insieme ad un 16% che ha dichiarato di sentire una
discreta esigenza di formazione, orientata al proprio sviluppo personale ed
occupazionale. Nessuna unità è risultata disinteressata a potenziali opportunità di
formazione integrativa permanente.
Nel corso delle conversazioni con gli intervistati, dopo una fase di approfondimento
sui caratteri
e le diverse tipologie di classificazione delle competenze, si è
proceduto a mettere a fuoco alcuni degli elementi più evidenti del loro personale
fabbisogno di formazione integrativa. In tale direzione è utile sottolineare che il
presupposto dal quale si è partiti è che le competenze già acquisite sono alla base
della definizione dei fabbisogni di formazione.
Si è dunque chiesto ai lavoratori di esprimere il proprio fabbisogno formativo e di
specificare le singole competenze che vorrebbero acquisire o consolidare.
I risultati, mostrano un livello di interesse e di necessità di acquisizione di
competenze, nel 54% dei casi medio , nel 15% discreto, e nel 27% alto.
Pagina n. 91
Appare evidente, quindi, un unanime e diffuso bisogno di acquisizione di nuove e
ulteriori competenze, ai fini di una crescita personale, sociale,e civica che non
esclude, in alcuni casi, una ricaduta, conseguente sul piano lavorativo (carriera).
La convinzione comune è che “…l’arricchimento della persona è esigenza prioritaria
rispetto a quella del lavoratore…”.
Tab. 37 Fabbisogno di formazione e di acquisizione di competenze
v.a.
%
Nullo
0
0,0
Basso
3
4,0
Medio
38
54,0
Discreto
10
15,0
Alto
19
27,0
70
100,0
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Fig. 7 Fabbisogno di formazione e di acquisizione di
competenze
40
30
20
10
0
Nullo
Basso
Medio
Discreto
Alto
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
In particolare, contrariamente alle aspettative, tutti i lavoratori hanno espresso la
necessità di rafforzare le competenze di base (lingua italiana, conoscenze logicomatematiche). Paradossalmente, le competenze la cui acquisizione dovrebbe essere
più diffusa, poiché legata al percorso scolastico, risultano essere quelle di cui si
avverte una maggiore carenza e necessità.
Infatti,
tutti
gli
intervistati
ritengono
fondamentale
la
conoscenza
o
il
perfezionamento di una o più lingue straniere e, a prescindere dal settore di
attività,
definiscono
indispensabili
le
competenze
informatiche.
Affermazione
comune è che una “… scarsa capacità di utilizzo delle tecnologie informatiche
costituisca motivo di esclusione sociale e lavorativa…”.
Pagina n. 92
Risulta non meno avvertito, rispetto a quello appena rilevato, il fabbisogno di
competenze trasversali, ritenute, in molti casi importanti e rilevanti per qualunque
tipologia di attività professionale.
I lavoratori “front office” avvertono la necessità di arricchire per lo più le
competenze espressive, comunicative, sociali e relazionali; quelli “back office”
appaiono più interessati all’ acquisizione di capacità progettuali, strategiche, di
analisi e problem solving.
Si discostano lievemente dai precedenti, i risultati in merito al fabbisogno di
competenze tecnico-specialistiche. In modo sorprendente, una parte significativa
del campione ha dichiarato di non aver bisogno di ulteriori competenze specifiche
professionali. E’ come se il lavoratore ritenesse di averle già sufficientemente
apprese durante il proprio iter lavorativo, in un “apprendere facendo”.
Trova in ciò riscontro il valore e la diffusione del concetto di “apprendimento
informale”,
inteso
come
quell’attività
intenzionale
che,
fuori
dai
contesti
istituzionali, porta all’aumento delle conoscenze e delle competenze di una persona,
sulla base di eventi formativi che possono aver luogo, in qualsiasi forma ed in
qualunque sede (in questo caso sul posto di lavoro).
In particolare nelle realtà
medio-piccole, i processi formativi si compiono anche in modo non formale e sono
connaturati al quotidiano processo produttivo e alle decisioni in merito alla
organizzazione del lavoro, ai percorsi di inserimento e di riorganizzazione di compiti
e mansioni.
Se l’analisi dei bisogni risulta un momento cruciale per capire gli aspetti critici del
patrimonio di conoscenze, comportamenti, valori su cui intervenire con la
formazione, altrettanto cruciale appare il momento di trasformazione dei bisogni in
obiettivi formativi, soprattutto perché le due fasi sono gestite da persone e
professionalità diverse.
La formazione emergente appare affidata ad un processo più informale che
difficilmente è percepito come attività formativa. In questo caso il trasferimento di
informazioni ed abilità
avviene in forma diretta attraverso l’osservazione e la
sperimentazione sul lavoro.
Lo strumento di rilevazione è stato infine strutturato, in modo da intercettare, alla
luce delle esperienze personali e lavorative vissute e del fabbisogno di competenze
dichiarato, le aspettative degli intervistati rispetto all’attivazione e l’incentivazione
di future e possibili opportunità di formazione permanente.
Pagina n. 93
La premessa indispensabile per la comprensione dei risultati è che tendenzialmente
l’azienda di appartenenza appare - agli intervistati - poco orientata a valorizzare sia
percorsi formativi individuali che collettivi.
Oltre il 57% del campione, pur manifestando un elevato livello di aspettativa
rispetto alla partecipazione a processi di formazione permanente, ha dichiarato che,
ciò si può realizzare solo in presenza di un cambiamento radicale nella cultura delle
aziende per le quali si lavora. Ancora troppo angusti appaiono, infatti, i confini entro
i quali si muove lo scenario delle imprese locali, più orientate a considerare la
concessione di un percorso formativo individuale come un “favore” o un “premio”
per il lavoratore, che un arricchimento complessivo del bagaglio di know how
complessivo dell’azienda.
Tab. 38 Aspettative di formazione permanente
v.a.
0
3
27
4
36
70
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
%
0,0
4,0
39,0
6,0
51,0
100,0
Nullo
Basso
Medio
Discreto
Alto
Fig. 8 Aspettative di formazione permanente
40
30
20
10
0
Nullo
Basso
Medio
Discreto
Alto
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Questi dati rispecchiano, orientativamente, quelli nazionali: il coinvolgimento della
popolazione italiana, infatti, in attività formative è molto limitato, se viene messo a
confronto con quanto accade negli altri Paesi. La sensazione è che, in alcuni settori
di attività in particolare, la formazione stessa sia troppo spesso sottovalutata
quanto ad importanza ed a valore strategico.
Pagina n. 94
Dopo aver rilevato le aspettative, si è chiesto agli intervistati attraverso quali canali
sarebbe utile ricevere maggiori informazioni sulle opportunità di formazione
finanziata.
Il canale telematico (posta elettronica) risulta essere il mezzo favorito poiché
maggiormente diffuso, di più facile accesso e di maggiore velocità.
Singolare ed originale è stata la risposta di due unità del campione che hanno
espresso il desiderio di ricevere informazioni attraverso la posta ordinaria, mezzo
comunicativo che richiede un maggiore impegno da parte del mittente (rispetto ad
altri strumenti più moderni) e, quindi, una maggior attenzione e considerazione
verso il destinatario.
Pagina n. 95
13. Per una formazione..… su misura.
L’ultima sezione della traccia di intervista è stata strutturata in modo da condurre
l’interlocutore in una descrizione dell’ “immagine” del proprio percorso formativo
ideale. Un percorso formativo “su misura”, strutturato secondo modalità specifiche
di attuazione e di finanziamento, dettate dalle esigenze del lavoratore stesso. Nella
prospettiva precedentemente annunciata di fornire suggerimenti e spunti alla
Regione Puglia riguardo ai fabbisogni di
formazione permanente e agli specifici
modelli di intervento, tali risultati acquistano particolare valore.
La totalità del campione ha espresso, seppure con intensità differenti, specifiche
esigenze rispetto alle modalità di attuazione, dettagliando, come vedremo in
seguito, le singole preferenze in merito.
Tab. 39 Interesse per specifiche modalità di attuazione della formazione permanente
v.a.
%
Nullo
0
0,0
Basso
5
7,0
Medio
32
46,0
Discreto
4
11,0
Alto
29
36,0
70
100,0
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Si è chiesto al campione, in primis, di esprimere una preferenza tra una formazione
permanente finanziata ed una a pagamento.
Tab. 40 Preferenza sulla modalità di accesso alla formazione
v.a.
Formazione finanziata
59
Formazione a pagamento
11
70
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
%
84,0
16,0
100,0
Nell’ 84% dei casi, la formazione finanziata risulta essere la modalità di accesso al
servizio
formativo
più
richiesta
a
livello
individuale.
Le
motivazioni
più
frequentemente riportate sono che “…la formazione finanziata consente l’accesso
diffuso, senza oneri economici…” e che “…garantisce la formazione come diritto per
tutti…” .
Pagina n. 96
In via minoritaria (16% del campione) si è rilevata una propensione verso la
formazione a pagamento. Tale preferenza è dovuta al fatto che tale percentuale
ritiene l’investimento economico quale garanzia dell’ elevato livello qualitativo.
Inoltre, il denaro speso può costituire ragione di assunzione di responsabilità e di
impegno individuale rispetto alla partecipazione ed alla assiduità nella frequenza.
I corsi in azienda e la formazione continua, basata su programmazione annuale,
sono state le tipologie formative più indicate come rispondenti alle esigenze dei
lavoratori ascoltati.
Tab. 41 Principali tipologie di formazione permanente richiesta
v.a.
Lingue straniere
65
Organizzazione del lavoro
28
Web management
58
Comunicazione
36
Gestione di impresa
11
Gestione finanziaria individuale e collettiva
31
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
%
93,0
40,0
83,0
51,0
16,0
44,0
Utilizzando un elenco sintetico di circa n.78 opportunità di formazione permanente
raggruppate per aree tematiche e già offerte dalle diverse Regioni italiane nel
periodo di programmazione 2000-2006, gli intervistati sono stati quindi chiamati ad
esprimersi sulle tipologie di formazione alle quali parteciperebbero in futuro.
Il mini-catalogo emerso dalle preferenze espresse è di particolare interesse per la
nostra ricerca.
Le lingue straniere e le tematiche legate alla gestione informatica e delle reti, sono
risultate - in assoluto - le più suffragate. Seguite a netta distanza dalle attività
formative
connesse
alla
organizzazione
del
lavoro
ed
alle
tecniche
della
comunicazione, le prime due ricoprono una netta centralità tra i diversi fabbisogni
formativi espressi dal campione intervistato. Una tensione orientata a colmare una
debolezza che si trascina “dai tempi della scuola” e che viene avvertita come un
elemento di quasi-esclusione sociale dalla grande maggioranza degli intervistati.
Significativa, per la peculiarità dell’accezione alla quale si sono ispirati gli
intervistati nelle risposte, appare infine il tema della c.d. gestione finanziaria
Pagina n. 97
individuale e collettiva. In oltre il 40% dei colloqui sono infatti emerse domande di
formazione integrativa indirizzate a risolvere veri e propri problemi di diritto dei
cittadini. Le tematiche connesse alla “giungla delle gestioni finanziarie” che coprono
uno spettro che va dalla gestione dei mutui e dei prestiti personali per arrivare sino
a quella delle assicurazioni, soprattutto con l’entrata in vigore del nuovo regime
delle liberalizzazione di mercato, determinano fabbisogni formativi individuali sino a
poco tempo fa mai razionalizzati dalle persone intervistate.
Segno dei mutamenti in atto e della moltiplicazione e differenziazione dell’offerta di
mercato in queste materie, il lavoratore-cittadino si trova totalmente impreparato a
gestire il proprio sistema di scelte in questo campo. Sottolineato da più parti che
“non si tratta solo di conoscere meglio per non farsi fregare” , lo specifico
fabbisogno espresso descrive un identikit di lavoratore più attento a conoscere cosa
accede in queste materie negli altri Paesi europei ed in particolare maggiormente in
contatto con cittadini residenti in territori diversi dall’Italia dove le regole appaiono
più semplici o omogenee.
Si è chiesto, infine, di esprimere preferenze/suggerimenti su eventuali percorsi di
formazione permanente rispetto a:
•
I tempi;
•
I luoghi;
•
Le metodologie formative.
Rispetto ai tempi, il campione si è orientato in modo bilanciato tra una formazione
che si svolga al di fuori degli orari lavorativi (fine settimana o orari serali/post
lavorativi), scelta in modo prevalente dagli intervistati più giovani, ed una
formazione durante l’orario di lavoro, ma di tipo “occasionale”, ovvero che si svolga
saltuariamente, preferita dagli intervistati più adulti.
Pagina n. 98
Nella percezione dei ricercatori/intervistatori, tale risposta è apparsa tuttavia
nettamente segnata da un disincantamento dei lavoratori rispetto alla eventuale
disponibilità delle loro imprese a far svolgere le attività di formazione all’interno del
processo lavorativo.
Tab. 42 Domanda formativa: i tempi
v.a.
38
32
70
Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008
Dopo l’orario di lavoro
Durante l’orario di lavoro
%
54,0
46,0
100,0
Per quanto riguarda i luoghi di svolgimento della formazione, contrariamente a
quanto rilevato rispetto ai tempi ed alle modalità di attuazione, il campione si è
mostrato più disomogeneo: non è emerso un orientamento univoco in merito.
Risulta infatti evidente, nella rilevazione, la secondaria importanza attribuita dagli
intervistati agli spazi ed ai luoghi della formazione.
Infine, e’ stata nuovamente sottolineata una chiara propensione verso un
apprendimento che passi soprattutto attraverso il “fare” e meno attraverso
l’acquisizione di conoscenze teoriche.
E’ ragionevole pensare che siano molto più diffuse modalità di apprendimento nel
luogo di lavoro, piuttosto che le tradizionali attività d’aula.
Pagina n. 99
PARTE QUARTA: L’OFFERTA DI FORMAZIONE PERMANENTE
RILEVATA E LE POSSIBILI STRATEGIE
Pagina n. 100
14.
Il
I soggetti intervistati
campione
intervistato
comprende
prevalentemente
(61,55%)
personale
occupante un ruolo strategico all’interno della propria organizzazione. Si tratta nello
specifico di dirigenti, direttori, quadri, impegnati direttamente nella pianificazione e
nella gestione di attività formative.
Al fine di garantire la completezza delle informazioni e creare un raccordo diretto
propulsivo con chi si confronta costantemente con le tematiche oggetto di indagine,
si è puntato a contattare ed ascoltare, ove possibile, i responsabili o coordinatori
stessi delle politiche di formazione, all’interno degli enti selezionati.
Tab. 43 – Intervistati per posizione occupata (valori percentuali)
Titolare/amministratore/presidente/socio/dirigente scolastico
7,7
Dirigente, direttore, quadro, insegnante
61,5
Impiegato, funzionario, addetto amministrativo
15,4
Altro
15,4
Totale
100,0
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
L’intervistato tipo risultante dall’indagine è di sesso maschile ed appartiene alla
classe di età compresa tra i 29 e i 45 anni.
Tab. 44 - Intervistati per sesso (valori percentuali)
Maschi
61,5
Femmine
38,5
Totale
100,0
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Pagina n. 101
Tab. 45 – Intervistati per classe di età (valori percentuali)
18-29
7,7
29-45
61,5
46-55
15,4
55-over
15,4
Totale
100,0
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Esso, inoltre, si rivela in possesso di elevati profili di istruzione e di competenze
specifiche. Infatti, ben il 76,9% circa degli intervistati ha conseguito in misura
paritaria la laurea o un master/corso di specializzazione.
Fig. 9: Intervistati per titolo di studio
nessuno o licenza elementare
licenza media
attestato di qualifica
diploma scuola media superiore
laurea
Master/specializzazione
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
L’immagine delle figure strategiche di gestione delle attività che si configura
attraverso l’analisi vede ancora la minoranza delle donne nelle posizioni di dirigenza
aziendale, probabilmente connessa sia a motivazioni di origine storica e culturale
fatte di grandi pregiudizi e chiusure relativamente al binomio donne-lavoro, sia alle
più attuali motivazioni di tipo sociale sulla difficoltà di conciliazione dei tempi di vita
familiare e lavorativa.
Quest’ultimo elemento diviene essenziale se si osserva attentamente la fascia di età
di maggiore appartenenza degli intervistati, periodo temporale sicuramente decisivo
per la categoria femminile al fine di compiere scelte importanti e che spesso
conduce a innumerevoli sacrifici e rinunce.
Pagina n. 102
Un ulteriore aspetto su cui risulta opportuno riflettere è la presenza nei ruoli chiave
aziendali di elevati tassi di cultura e specializzazione, in linea con le attuali tendenze
di valorizzazione dell’apprendimento e dell’innovazione imposte dall’attuale società
del “capitale umano”. La nuova logica emergente dai processi in atto sottolinea la
necessità, per le organizzazioni che vogliano adeguarsi alle mutate condizioni
relazionali della società contemporanea, di porre al centro delle proprie strategie
alcune importanti dimensioni di fondo: capacità di innovazione, primato della
qualità, capacità di apprendimento, valorizzazione della risorsa umana.
La generazione di qualità richiede investimenti forti e costanti in “capitale
intellettuale”, ovvero in risorse umane qualificate. Le stesse sono le uniche in
grado:
a) di garantire la valorizzazione delle esperienze apprendendo dai problemi che
esse costantemente generano;
b)
di creare, attraverso l'apprendimento realizzato, innovazione.
Tale punti costituiscono un importante contributo e contemporaneamente una sfida
assai ardua per lo sviluppo sia del capitale umano sia per le organizzazioni.
Pagina n. 103
15.
Le organizzazioni intercettate
Le aziende di provenienza dei soggetti intervistati appartengono in forte prevalenza
(76,92%) alla tipologia del non profit, che comprende un variegato universo di
organizzazioni, distinte per modalità operative, mission e modelli di pensiero ma
accumunate da determinate caratteristiche.
Tab. 46 – Aziende di appartenenza intervistati per tipologia (valori percentuali)
Profit
Non profit
Istituto scolastico
Totale
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
15,4
76,9
7,7
100,0
A tal proposito, risulta opportuno apportare precisazioni sul significato stesso di
settore non profit, al fine di pervenire ad una definizione unica e chiara a cui far
riferimento nell’ambito della presente ricerca.
Partendo da due note definizioni di terzo settore si evince che i confini del terzo
settore non sono ancora ben chiari, sia a causa di una regolamentazione giuridica
che distingue gli enti privati in base ad altri criteri, sia a causa delle sovrapposizioni
di profili privatistici e pubblicistici che caratterizzano molte organizzazioni.
Infatti,
mentre
Il
CNEL66
definisce
il
terzo
settore
come
l'insieme
delle
organizzazioni private che non perseguono scopi di lucro, lo SNA (System of
National Accounts)67 definisce le organizzazioni no profit come gli enti giuridici o
sociali creati per lo scopo di produrre beni e servizi il cui status non permette loro di
essere fonte di profitto.
I termini comunemente utilizzati per fare riferimento al settore no profit nel suo
insieme sono: volontariato, associazionismo, terzo settore o terzo sistema.
Tutte queste definizioni implicano l’esistenza di organizzazioni giuridicamente
strutturate. Tuttavia, si possono cogliere ormai dei criteri in base ai quali
un'organizzazione appartiene al settore no profit cioè quando rispetta i seguenti
criteri:
66
CNEL Statualità, mercato e socialità nel welfare - Roma - 1996
Rapporto della System of National Accounts - Bruxelles - 1993
67
Pagina n. 104
a) formalità: l'organizzazione deve essere costituita formalmente, ovvero
dotata di un atto costitutivo e di uno statuto che regolino la vita, sotto tutti
gli aspetti, dell'organizzazione;
b) natura giuridica privata: l'organizzazione non deve far parte del settore
pubblico;
c) autogoverno:
l'organizzazione
non
deve
essere
controllata,
nello
svolgimento dei propri processi decisionali, da altre organizzazioni del
settore pubblico o di quello delle imprese a fine di lucro;
d) assenza di distribuzione di utili: l'organizzazione non deve distribuire in
nessuna forma ai propri soci i profitti derivanti dalla propria attività;
e) presenza di lavoro volontario: la presenza attiva di volontari può anche
riscontrarsi nella forma di retribuzioni molto inferiori alla media del mercato
per posizioni professionali omogenee.
L'individuazione di tali caratteristiche non può, certamente, essere esaustiva; infatti
non si può prescindere da una classificazione giuridica delle organizzazioni del terzo
settore che comprende:
ƒ
le fondazioni, caratterizzate dalla destinazione di un patrimonio privato per
delle finalità non lucrative;
ƒ
le
associazioni
(riconosciute
e
non)
che
presentano
una
struttura
democratica e perseguono una finalità istituzionale non lucrativa;
ƒ
i comitati, assimilabili alle associazioni, ma con scopi e durata limitati;
ƒ
le società mutualistiche, ovvero le cooperative e le società di mutua
assicurazione.
Pagina n. 105
I
criteri
organizzativi
e
la
classificazione
giuridica
dovrebbero
delineare
precisamente il settore, ma così non è, in quanto si deve tener presente che
numerose cooperative sono nate da operazioni di spin-off68.
La Corte di Cassazione (83/3068) ha definito la società cooperativa come
"un'impresa collettiva costituita, come le altre società, per l'esercizio in comune di
un'attività economica, ma, a differenza di queste, lo scopo che si propongono i soci
non è di dividerne gli utili, ma di ottenere una prestazione a condizioni più
favorevoli di quelle che si potrebbero ottenere ricorrendo al libero mercato. Questo
vantaggio consiste in un risparmio di spesa o in un aumento della retribuzione".
La giurisprudenza, quindi, considera la società cooperativa come un'impresa che
non distribuisce utili ma che eroga vantaggi, in qualsiasi forma, non alla collettività
ma solo ai soci.
Queste considerazioni tenderebbero, quindi, ad escludere il mondo cooperativistico
dal no profit, e ciò sarebbe un errore. La L. 381/91 ha istituito le cooperative sociali
che, secondo la nozione fornitaci dalla stessa legge, hanno lo scopo "di perseguire
l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale
dei cittadini".
Tale scopo può realizzarsi sia attraverso la gestione di servizi socio-sanitari ed
educativi, sia attraverso lo svolgimento di attività diverse finalizzate all'inserimento
lavorativo di persone svantaggiate. Nel settore, quindi, possiamo sicuramente
includere le cooperative sociali.
I problemi sollevati per le cooperative potrebbero essere sollevati anche per tutte le
altre organizzazioni no profit (si pensi, ad esempio, che molte società sportive di
alto livello sono costituite come associazioni), in quanto molte di esse sono
strutturate come vere e proprie imprese con dipendenti e una struttura manageriale
o, al contrario, vi sono delle organizzazioni di volontariato che non remunerano il
lavoro ma prevedono delle forme di "rimborso spese".
8
vedi in proposito IRES Quale spin-off? Riorganizzazioni aziendali, creazione di imprese, nuovi imprenditori" –
Torino – 1998
Pagina n. 106
Il terzo settore deve essere considerato, quindi, una galassia in cui trovano
cittadinanza diverse situazioni di "confine" tra il no profit e le imprese.
Per tutti questi motivi si reputa utile precisare che in questa ricerca come
definizione di organizzazione no profit si è intesa "l’organizzazione che produce beni
e servizi di interesse collettivo e che è vincolata a non restituire utili di alcun tipo ai
propri membri, neppure al momento dello scioglimento della stessa".
Date queste premesse, quindi, ai fini della nostra ricerca si intendono organizzazioni
del settore no profit:
1. Le fondazioni;
2. Le associazioni (riconosciute e non, che svolgono attività di interesse collettivo);
3. Le organizzazioni non governative che svolgono attività sociale;
4. Le cooperative sociali;
5. Le organizzazioni con i requisiti riconosciute come Organizzazioni non Lucrative
di Utilità Sociale (O.N.L.U.S.) ai sensi del D.Lgs. 460/97.
Le forme giuriche dell’azienda maggiormente dichiarate dagli intervistati ricadono
nella categoria Altro o in misura minore nella tipologia cooperativistica.
Tab. 47 – Forma giuridica dell’azienda (valori percentuali)
Impresa individuale
Società di persone
Società di capitale
Società cooperativa
Istituto scolastico
Altro
7,7
15,4
7,7
69,2
100,0
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
A costituire la quota maggiore di organizzazioni non profit dichiarate sotto la voce
Altro sono le associazioni, riconosciute e non riconosciute che svolgono in diverse
Pagina n. 107
forme le proprie attività prevalentemente attraverso prestazioni personali o
patrimoniali volontarie o meno degli aderenti.
Nel territorio pugliese, la realtà dell’associazionismo è risultata negli ultimi anni
fortemente sviluppata, mostrando oltre ad una accentuata crescita quantitativa
anche una notevole crescita qualitativa, determinata dalla diversificazione delle
modalità di intervento e soprattutto delle relative filosofie d’azione.
Tale realtà risente tuttavia spesso dell’assenza di collegamenti, della “voglia di fare
rete”, di sviluppare strategiche alleanze sul territorio, obiettivi alla base del
rafforzamento e consolidamento della cooperazione sociale.
Le informazioni di tipo logistico-organizzativo delle aziende intervistate conducono
ad affermare che la maggior parte delle organizzazioni è in possesso di una sola
sede accreditata per lo svolgimento di attività formative; tuttavia una significativa
quota di esse detiene più di una sede. (in media 4,8).
Fig. 10 – L’organizzazione è in possesso di sedi accreditate?
60
50
40
30
20
10
0
si, solo una
si più di una
no
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Il percorso di accreditamento delle sedi formative ha rappresentato una grande
opportunità di crescita e sviluppo per numerosi enti di formazione, poiché
attraverso esso, l’amministrazione pubblica competente ha riconosciuto loro la
possibilità di proporre e realizzare interventi di formazione-orientamento finanziati
con risorse pubbliche. Attraverso l’accreditamento si è potuto inoltre introdurre
standard di qualità dei soggetti attuatori nel sistema di formazione professionale,
Pagina n. 108
secondo parametri oggettivi in grado di realizzare politiche pubbliche di sviluppo
delle risorse umane nei territori di riferimento.
Tuttavia,
si
tratta
di
un
modello
regolamentato
e
sperimentato
dalle
amministrazioni regionali solo recentemente, a seguito del Decreto Ministeriale n.
166 del 25 maggio 2001 che ha rappresentato un riferimento necessario per tutte
le Regioni impegnate nella definizione di propri sistemi di accreditamento.
Il possesso in prevalenza di una sola accreditata ad opera degli enti di formazione
induce a considerare la presenza sul territorio di piccole e medie realtà, molte delle
quali
risultano
essere
nate
in
concomitanza
con
le
procedure
stesse
di
accreditamento messe in atto dall’amministrazione regionale, mediante gli avvisi
pubblici del 2003 e del 2005. La pluri-sede è probabilmente un fenomeno proprio
dei grandi enti di informazione, caratterizzati da una capillare presenza sul
territorio.
I dati delineano dunque un quadro del sistema formativo pugliese incentrato su
soggetti di piccole e medie dimensioni, tendenza che peraltro, e non a caso, ricalca
le peculiarità del sistema delle nostre imprese.
Per quanto attiene all’ubicazione delle sedi accreditate, si registra un’ampia
distribuzione e dislocazione territoriale che comprende l’intero territorio regionale.
Tra le organizzazioni che detengono più sedi accreditati, è frequente, infatti, la
dislocazione nell’ambito delle cinque province pugliesi o in alcune di esse.
L’analisi delle tipologie di accreditamento rivela che molte delle organizzazioni
coinvolte nell’indagine hanno intrapreso il percorso dell’accreditamento delle sedi
formative con la finalità e la modalità di estenderlo a più aree di applicazione e di
intervento. La principale macrotipologia formativa per le quali sono accreditate le
sedi risulta la Formazione superiore, seguita dalla Formazione Continua e
dall’Apprendistato professionalizzante.
Pagina n. 109
Tab. 48 – Per quale macrotipologia formativa sono accreditate le sedi? (valori percentuali)
Formazione superiore
Formazione per lo svantaggio
Apprendistato professionalizzante
Formazione continua
Totale
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
31,2
18,8
25,0
25,0
100,0
La formazione superiore è una formazione post-obbligo formativo finalizzata al
conseguimento o perfezionamento di competenze professionali atte a favorire:
•
l'inserimento lavorativo di giovani diplomati e laureati in cerca d'occupazione
qualificata (propedeutica)
•
l'avanzamento professionale di giovani e adulti qualificati, diplomati e
laureati occupati attraverso percorsi di Formazione post esperienza, postdiploma, post-laurea e IFTS Istruzione e Formazione Tecnica Superiore
imperniati su contenuti professionali ritenuti cruciali da un significativo
campione di imprese industriali.
Le finalità di tali interventi formativi, sono di facilitare l'accesso al mondo del lavoro
di giovani neo diplomati o neo laureati e di fronteggiare le esigenze di nuove
professionalità manifestate dalle imprese del territorio di riferimento.
La consistente presenza di soggetti accreditati negli ambiti della Formazione
superiore conferma un andamento ormai noto del sistema formativo italiano che
storicamente si vede impegnato su tale versante, oggetto da tempo di approfonditi
studi e sperimentazioni.
Numerose ricerche sul tema della Formazione Superiore evidenziano come nel
nostro Paese non esista un’offerta strutturata e sufficientemente sistematica a
questo livello.
La prima osservazione che colpisce chi si addentra nel variegato panorama della
formazione di secondo livello è l’assoluta certezza di trovarsi di fronte ad un’offerta
molto differenziata per modalità di rilevazione dei fabbisogni, impianto progettuale,
metodologie e strumenti per la didattica, tempi e organizzazione dei tirocini
formativi. A tale proposito, come risulta da un noto studio condotto dall’Isfol,
sarebbe necessario sviluppare un percorso di formazione professionale superiore
più articolato, differenziato dai Diplomi universitari per una maggiore dimensione
applicativa dei piani di studio e, al contempo, diverso dalle iniziative post-
Pagina n. 110
secondarie finora realizzate per un maggiore approfondimento dei contenuti e una
diversa organizzazione dell’impianto progettuale, in particolare per la dimensione
relativa allo stage.
Appare inoltre essenziale predisporre un modello di formazione superiore impostato
su un attento esame dei rapporti tra domanda e offerta, così da rendere possibile
una selezione degli ambiti di intervento che sia tarata su bisogni di formazione per
quanto possibile individuati in modo specifico e su un atteggiamento analitico
articolato in grado di garantire un efficace collegamento del sistema con le realtà
produttive.
E’ sullo sfondo di tale contesto che la rilevanza dello sviluppo dell’area della
Formazione Superiore è da tempo riconosciuta come uno degli obiettivi prioritari
per il rafforzamento del sistema formativo, soprattutto nella prospettiva di un
migliore inserimento occupazionale.
Le continue riforme nel sistema di istruzione superiore e universitario e le
dinamiche recenti del mercato del lavoro stanno radicalmente modificando l'offerta
formativa del sistema educativo italiano, ponendo sempre più l'esigenza di
avvicinare il sistema educativo al mondo dell'economia e delle imprese.
A tal fine si assiste ad un intenso proliferare di corsi di formazione superiore aventi
proprio la finalità di incontrare le esigenze delle imprese e del mercato del lavoro.
Tuttavia, traspare oggi la sensazione che l'insieme di queste esperienze si stia
evolvendo con modalità talvolta episodiche e sperimentali che non confluiscono in
un sistema organizzato, che consenta il loro inserimento in un ampio quadro
programmatico. L'offerta non sempre si sviluppa sulla base di esigenze di un
mercato del lavoro (già espresse o potenziali), che si evolve con sempre maggiore
rapidità e profonde discontinuità legate all'evoluzione delle tecnologie. Anche
quando la domanda di lavoro è nota, la mancanza di un efficiente sistema di
programmazione a livello territoriale, può determinare da una parte sovrapposizioni
e duplicazioni, e dall'altra parte delle inadeguatezze o dei veri e propri vuoti.
Appare strettamente necessario dunque incentivare innovazioni e modifiche in tal
senso negli attuali assetti della formazione superiore.
Pagina n. 111
15.1
L’Apprendistato professionalizzante e la Formazione Continua
La macrotipologia di accreditamento per la Formazione superiore è seguita dalle
macrotipologie della Formazione Continua e dell’Apprendistato Professionalizzante
(25,0%), che la Regione Puglia considera dal punto di vista procedurale
strettamente interconnesse.
Infatti, la deliberazione della Giunta Regionale n. 281 del 15/03/04, recante "Criteri
e procedure per l'accreditamento delle sedi formative", nella descrizione delle
specificazioni delle macrotipologie di accreditamento stabilite dal Decreto del
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 25 maggio 2001, elenca
espressamente come specificazione della macrotipologia "formazione continua" la
formazione destinata ad apprendisti.
L’utilizzo dell’apprendistato professionalizzante nelle procedure di accreditamento
negli ultimi anni segnala una marcata contrazione a livello nazionale, direttamente
connessa
alle
nuove
normative
della
Finanziaria
2007,
che
nonostante
l’introduzione di una serie di sgravi fiscali per i datori di lavoro che occupano alle
dipendenze un certo numero di apprendisti, tuttavia comporta un generalizzato
aumento nelle contribuzioni fiscali.
La strada intrapresa verso la valorizzazione del ruolo dell'apprendistato, considerato
il luogo ideale dove coniugare lavoro e formazione ed al contempo rispondere alle
esigenze dei giovani ampliando le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro ha
dovuto confrontarsi dunque con le trasformazioni economiche e finanziarie in atto
nella società.
Sullo stesso piano dell’apprendistato professionalizzante è collocata la formazione
continua,
finalizzata
a
migliorare
il
livello
di
qualificazione
e
di
sviluppo
professionale della forza lavoro assicurando la stabilità occupazionale, l'adattabilità
ai cambiamenti tecnologici e organizzativi atti a sostenere la competitività delle
imprese e di tutti gli operatori economici pubblici e privati.
Essa è destinata a soggetti occupati, in CIG e mobilità, a disoccupati per i
quali la formazione è propedeutica all'occupazione, nonché ad apprendisti che
abbiano assolto l’obbligo formativo e si attua attraverso:
-
percorsi interaziendali di aggiornamento del personale occupato.
Pagina n. 112
-
corsi
interaziendali
specializzazione
volti
di
alfabetizzazione,
all'acquisizione
o
qualificazione,
sviluppo
di
riqualificazione,
nuove
competenze
professionali richieste in ambito lavorativo o per l'arricchimento del proprio
patrimonio culturale.
-
percorsi aziendali di riqualificazione e aggiornamento del personale occupato
(programmati e richiesti dall'impresa beneficiaria o da un soggetto terzo su
commessa di una o più imprese)
Le imprese italiane si distinguono nei Paesi dell'Unione europea tra le realtà meno
attive per investimenti di formazione continua. Una nota indagine svolta da
Eurostat (2001) sottolineava che nel 2000 in Italia solo il 5,2% dei lavoratori
occupati avesse svolto formazione in impresa;
La minor abitudine delle nostre PMI a svolgere formazione implica alcune difficoltà
in queste realtà a definire piani formativi di lungo termine e a sviluppare una
"cultura" della formazione.
Numerose sono inoltre le difficoltà ad esaudire attraverso la formazione i fabbisogni
di competenze esistenti. Tali difficoltà sono ascrivibili sostanzialmente
a due
fattori: la mancanza di strutture interne all'impresa dedicate all'organizzazione della
formazione che impedisce a queste di progettare internamente corsi personalizzati
sui loro fabbisogni specifici e la limitatezza delle risorse finanziarie allocate alla
formazione che si traduce in una ridotta capacità di acquisto di formazione sul
mercato.
Ancora più contenuta e poco utilizzata dalle strutture formative
si rivela
la
Formazione nell’area dello svantaggio, per la quale l’accreditamento viene
rilasciato all’interno di ciascuna macrotipologia considerata a condizione che
vengano rispettati ulteriori specifici requisiti, elaborati all'interno dei sistemi di
accreditamento regionali.
Si comprende la maggiore presenza di difficoltà nell’operare nell’ambito di tale area,
derivante sia da continue modifiche legislative e attuative apportate dalle Regioni
nel periodo di sperimentazione delle procedure di accreditamento sia alla
particolarità e complessità del target di riferimento.
Riguardo a quest’ultimo punto, occorre effettuare una serie di puntualizzazioni
necessarie al fine di chiarire la modalità di approccio e relazione alla tematica.
L’area dello svantaggio si presenta altamente eterogenea, in quanto include alcune
categorie di soggetti con effettive carenze nel possesso di competenze professionali
(ad es. i disabili, i giovani a rischio ecc.), di contro altre con elevati livelli di
Pagina n. 113
scolarità ed un significativo possesso di competenze di base e tecnico - profesisonali
(es immigrati).
Per alcuni svantaggiati dunque, il percorso di formazione potrebbe rappresentare
un’effettiva occasione di crescita professionale, per altri, invece l’offerta di
formazione dovrebbe essere equilibratamente dosata all’interno di un percorso più
articolato di relazioni.
Una seconda precisazione riguarda le particolari esigenze presentate da alcuni
destinatari. Per erogare servizi di formazione ad utenti disabili, detenuti, immigrati
è necessario disporre di specifiche dotazioni sia di carattere strutturale che
infrastrutturale. Un classico esempio è fornito dalle utenze disabili, per le quali
devono essere previsti parametri specifici, sia per quanto riguarda l’adeguatezza dei
locali, sia per le particolari metodologie didattiche e tecnologiche.
Nell’area dello svantaggio, la realizzazione di corsi formativi richiede spesso la
partecipazione
di
“equipe
multidisciplinari”
composte
da
differenti
figure
professionali a seconda della tipologia del target di riferimento.
15.2
Tipologie di attività formative
Focalizzando l’attenzione sulla tipologia di attività formative realizzate dalle
organizzazioni intervistate nel corso del 2007, si evidenzia il marcato ricorso alla
Formazione finanziata, quale importante sostegno alla gestione finanziaria di
differenti e concomitanti attività e fonte di accesso ed opportunità di partecipazione
ad interessanti e validi bandi a livello regionale. Il maggior numero dei corsi
formativi realizzati ricade infatti nell’area della Formazione finanziata, ricoprendo il
96,00% sul totale dei corsi dichiarati dalle organizzazioni.
Pagina n. 114
Fig. 11 – Qual è il numero di attività formative realizzate durante il 2007?
(Valori % sul tot. corsi dichiarati)
formazione finaziata
corsi liberi
altro
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Il valore medio di tale tipologia di corsi realizzati dai singoli enti di formazione
nell’arco del 2007 è pari a 5,54.
Quasi per la totalità degli enti formativi considerati, la formazione finanziata
rappresenta la modalità di accesso alla pianificazione di interventi più richiesta.
Tali dati risultano sufficientemente eloquenti al fine di affermare che ci troviamo di
fronte ad un vero e proprio mercato della formazione fortemente dipendente dal
finanziamento pubblico.
Pagina n. 115
16. Le attività formative
La seconda sezione dell’indagine svolta ha inteso indagare nello specifico le attività
realizzate dagli enti coinvolti nell’area della Formazione Permanente con riferimento
agli anni 2006 e 2007.
I principali risultati evidenziano una maggiore e intensa attività formativa per l’anno
2007, dato che può trovare possibili spiegazioni nelle politiche regionali messe in
atto in materia di formazione permanente e nelle modalità di gestione delle
procedure di evidenza pubblica relative alla Formazione finanziata, che vedono
sicuramente
un
incremento
sostanziale
di
applicazione
nell’anno
2007,
in
concomitanza con l’obiettivo regionale di utilizzare e di spendere le ultime risorse
finanziarie a valere sul Programma Operativo Regionale 2000-2006.
Nell’anno 2006, infatti, il 61,54% degli enti non ha realizzato alcun intervento
formativo nel campo della Formazione permanente, contro una percentuale di
23,08% registrata per il 2007.
Il dato risulta coerente rispetto alla gestione e tempistica degli avvisi pubblici
emanati dalla Regione Puglia. Nell’ambito del POR PUGLIA 2000-2006- Misura 3.8Formazione Permanente sono state attivate infatti quattro iniziative nel corso nel
2006 e una nel 2007, con i tempi di realizzazione che ne conseguono.
E’ evidente, dunque, la presenza, nel 2007, di una maggiore domanda di accesso
da parte delle organizzazioni alla formazione finanziata in tale area.
Tab. 49 – Interventi realizzati nell’area della Formazione Permanente. Anni 2006-2007. Valori %
Si
No
Totale
2006
2007
38,5
76,9
61,5
23,1
100,0
100,0
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Aldilà degli aspetti di carattere quantitativo sulle attività realizzate, si è proceduto,
nel corso dell’indagine, a mettere a fuoco gli elementi qualitativi riguardanti i
principali settori di interesse che intervengono nella programmazione ed erogazione
dei corsi formativi.
Pagina n. 116
Le principali aree di interesse dei corsi risultano, per il 2006 appartenere alla
categoria dei Servizi alle imprese e alla P.A (36,36%) e alla categoria di Altro
(27,28%), in cui rientrano diversificati settori specifici che vanno dall’Agricoltura
alla Finanza e Controllo di gestione, all’ITC ecc.
La posizione di rilievo rivestita dall’area
Servizi alle imprese e alla P.A trova
conferma anche nell’anno 2007, seppur registrando una contrazione di circa 12
punti percentuali rispetto all’anno precedente. Esso si colloca infatti al secondo
posto nella graduatoria delle aree di maggiore applicazione degli interventi formativi
realizzati nel 2007, con un valore del 23,44%.
Tab. 50 – Aree di interesse dei corsi realizzati. Anni 2006-2007. Valori %
2006
2007
Ambiente
-
4,7
Artigianato
-
-
Edilizia
9,1
-
Industria
9,1
-
Ricerca, istruzione
9,1
7,8
-
9,4
36,4
23,4
9,1
40,6
27,2
14,1
100,0
100,0
Turismo
Servizi alle imprese e alla P.A.
Area sociale/sanitaria
Altro
Totale
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
A detenere il primato, nell’arco di tale anno, in qualità di maggiore ambito di
intervento è l’area sociale/sanitaria con un valore di 40,62%, evidenziando un
deciso e forte incremento rispetto all’anno precedente.
La spiegazione del fenomeno può ricercarsi nelle intense e frequenti dinamiche di
programmazione e trasformazione che hanno attraversato di recente il mondo del
sociale, orientato nella direzione di raffinare ed elevare la qualità dei servizi offerti e
di proiettare il suo sistema verso avanzati modelli di sviluppo di Welfare.
Pagina n. 117
16.1 I partecipanti alle attività
Insieme all’approfondimento sugli aspetti quantitativi del numero dei corsi realizzati
e dei relativi campi di applicazione, obiettivo della ricerca è stata inoltre la
conoscenza
dei partecipanti alle molteplicità attività formative menzionate dagli enti coinvolti e
dei parametri di accesso imposti dalle organizzazioni relativamente al livello di
istruzione.
I dati raccolti hanno consentito di effettuare il calcolo del numero medio dei
partecipanti ai corsi con riferimento alle annualità 2006-2007 e di quantificare
inoltre la quota di donne presenti sul totale partecipanti.
L’analisi evidenzia un incremento per il 2007 del numero medio dei corsisti e
soprattutto
una
maggiore
partecipazione
femminile
alle
attività
erogate.
Quest’ultimo valore infatti, passa dal 7,00% nel 2006 all’11,94% nel 2007,
registrando un incidenza del 67,67% sul totale partecipanti.
Il fenomeno si intreccia inevitabilmente con il marcato sviluppo registrato per lo
stesso anno dall’area di interesse sociale/sanitaria, area che da sempre segnala una
maggiore attitudine e vicinanza della componente femminile, che rivela la sua
massiccia e costante presenza nell’ambito della organizzazione ed erogazione degli
interventi in tal campo.
La via intrapresa del continuo miglioramento nell’offerta dei servizi e nella
programmazione e sviluppo del sistema sociale e sanitario a differenti livelli
territoriali richiede sempre più adeguate professionalità e competenze e dunque
una incidente ed efficace formazione alla base.
Fig. 12 – Partecipanti alle attività formative. Anni 2006-2007. Valori %
80
70
60
50
40
30
20
10
0
2006
2007
N. medio partecipanti
N. medio donne
Incidenza % donne sul
tot.partecipanti
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Pagina n. 118
I dati sui titoli di studio richiesti ai partecipanti alle attività formative fanno
registrare elevati parametri e standard richiesti dagli enti di formazione nella
programmazione delle attività.
Tab. 51 – Titolo di studio richiesto. Anni 2006-2007 (valori percentuali)
2006
Nessuno o licenza elementare
Licenza Media
Attestato di Qualifica
Diploma Scuola Media Superiore
2007
-
17,2
36,4
12,5
-
-
63,6
51,6
Laurea
-
18,7
Master/Specializzazione
-
-
100,0
100,0
Totale
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Il titolo di studio maggiormente richiesto ai partecipanti rispetto al totale dei corsi
attivati risulta, per il 2006 e il 2007, il Diploma di Scuola Media Superiore; si
registra inoltre una significativa domanda della Laurea, quale requisito minimo di
accesso ai corsi effettuati nel 2007.
Si denota così la presenza sul territorio di un’offerta di attività formative medioalta, che va nella direzione di innalzare il suo profilo e quello del proprio target, che
sembra avere discrete capacità personali di accesso e orientamento nell’arcipelago
articolato della Formazione permanente. Solo in pochi casi le Regioni, gli Enti Locali,
i Centri per l’Impiego, le scuole e gli altri attori dell’offerta formativa mettono in
campo efficaci azioni e strumenti di sensibilizzazione e di promozione della
domanda più debole, quella con i livelli di istruzione più bassi , quella che corre i
maggiori rischi di esclusione lavorativa e di marginalità sociale.
L’analisi qualitativa delle attività formative erogate consente di rappresentare già i
primi tratti del profilo dell’offerta dei servizi presente sul territorio.
Pagina n. 119
Fig. 13 –Il profilo dell’offerta di Formazione permanente
Titolo di accesso:
Diploma di Scuola
Media Superiore
Partecipanti: in
prevalenza donne
offerta della
formazione
aree:
Sociale/sanitaria –
servizi alle imprese e
alla p.a.
Formazione
finanziata
Pagina n. 120
17. Gli scenari futuri
L’ultima sezione dell’indagine è orientata a cogliere le principali considerazioni e
spunti di riflessione espressi in vario modo dai soggetti intervistati sulle prospettive
future delle proprie organizzazioni e più in generale sulle
politiche di formazione
permanente sino ad oggi su più fronti attuate.
In quest’ultima fase della ricerca sul campo, si è ritenuto opportuno analizzare le
percezioni degli intervistati sul sistema formativo e le definizioni a cui essi fanno
riferimento quando parlano di Formazione permanente.
Riguardo a quest’ultimo punto, molto confusa è apparsa la concezione di
formazione permanente posseduta dagli enti intervistati.
Le numerose definizioni menzionate da questi, nonostante lascino intravedere la
comune acquisizione delle espressioni e concetti base di crescita, miglioramento e
accompagnamento
dell’individuo,
essenziali
in
un
percorso
di
formazione
permanente, tuttavia sembrano legare a volte eccessivamente la tipologia di
formazione in oggetto al mondo del lavoro e al lavoratore in quanto tale.
Risultano infatti molteplici i riferimenti, nelle definizioni riportate all’ambito
lavorativo, evidenziando una generale confusione tra le tipologie di formazione
permanente e formazione continua.
Si riportano alcune delle principali definizione raccolte:
9
“La F.P. mira a potenziare essenzialmente azioni di orientamento ed
accompagnamento con l’obiettivo fondamentale di consentire a soggetti
occupati e non, in età lavorativa, nonché in varie condizioni professionali, di
avere opportunità per migliorare l’istruzione e la formazione profesisonale in
momenti diversi nell’arco della propria vita lavorativa”.
9
“Sviluppo e crescita delle competenze possedute da persone occupate,
manager, imprenditori e dirigenti di organizzaizoni pubbliche e private, al
fine di qualificare o riqualificare il proprio lavoro, il proprio profilo
professionale e personale. La Formazione Permanente è finalizzata a
migliorare conoscenze e competenze nella transizione ad un’economia e ad
una società basate sulla conoscenza”.
Pagina n. 121
9
“E’ la formazione che dura per tutto l’arco della vita: è resa necessaria dalla
rapidissima evoluzione del mercato del lavoro, per cui diventa obbligatoria,
per l’adulto non occupato o licenziato, una rapida riconversione che deve
passare attraverso opportuni percorsi formativi. Per una società civile,
dovrebbe essere un imperativo per tutti, per migliorare l’inserimento e
l’apporto individuale”.
9
“E’ la formazione continua che dovrebbe essere garantita a tutte le categorie
di lavoratori”.
9
“La finalità della Formazione Permanente è quella di accrescere le
competenze del personale di aziende, offrendo ad esso una opportunità di
miglioramento”.
9
“La Formazione Permanente è la formazione che si attua mediante corsi
particolari, di breve durata, destinati ad adulti, anche dopo molto tempo che
si è conclusa l’età scolare. L’obiettivo della formazione permanente, tra gli
altri, è quello di evitare l’analfabetizzazione di ritorno”.
9
“E’ la formazione destinata ai lavoratori per accrescere le competenze di
base”
Riguardo all’analisi delle future strategie e prospettive da attuare nel breve periodo,
si constata un diffuso senso di ottimismo e positività, da parte degli enti intervistati,
che si riflettono evidentemente sulla programmazione e pianificazione delle attività
future. Relativamente alla prospettiva di proseguere e/o avviare nel prossimo
futuro azioni di formazione permanente, il totale delle organizzazioni intervistate
fornisce infatti, risposte positive.
Tab. 52 – La sua organizzazione intende proseguire e/o avviare nel prossimo futuro azioni di
formazione permanente? (valori percentuali)
Si
100,0
No
Totale
100,0
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
La registrata positività e fiducia nel prosieguo delle attività è in forte in connessione
con l’ipotesi e la percezione personale di incremento della domanda di formazione
permanente nel breve periodo.
Pagina n. 122
Tab. 53 - Secondo lei la domanda di formazione permanente è (valori percentuali)
In aumento
61,5
In diminuzione
7,7
Stabile
23,1
In Puglia in realtà non è mai esistita una domanda di formazione permanente
Totale
7,7
100,0
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Infatti, il 61,54% degli intevistati ritiene che la domanda di formazione permanente
sia in aumento e che sia dunque destinata ad accrescere le sue potenzialità nei
prossimi tre anni. (100%).
Tab. 54 - Nei prossimi tre anni, secondo lei, la domanda di formazione permanente è destinata a
(valori percentuali)
Incrementarsi
100,0
Diminuire
-
Essere stabile
-
In Puglia in realtà non è mai esistita una domanda di formazione permanente e non
-
prevedo modifiche a ciò
Totale
100,0
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Rilevate le percezioni generali degli intervistati sulle prospettive di incremento o
contrazione della domanda di Formazione Permanente, l’indagine ha inteso mettere
a fuoco i settori o aree di attività in cui si avverte maggiormente il fabbisogno di
formazione.
Pagina n. 123
Fig. 14 – Ambiti in cui si avverte un maggior fabbisogno di Formazione Permanente
25
integraz. E relativi fabb form
20
ict e relative competenze
competenze sociali
15
aspetti ambientali ed eco
fabbisogni formativi
competenze trasversali
10
competenze legate al mondo
agricolo..
5
altro
0
1
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
L’ambito ritenuto maggiormente ricco di fabbisogno di formazione permanente
risulta decisamente il sociale, seguito dai settori Integrazione e relativi fabbisogni
formativi legati alla costruzione di una società multietnica e ICT e relative
competenze.
L’analisi consente di evidenziare un forte bisogno di innovazione e specializzazione
sia in un settore recentemente in piena evoluzione sia nei settori più direttamente
legati allo sviluppo di tecnologia e di adeguamento agli standard dettati dalla
globalizzazione.
I dati emersi confermano una evidente relazione e coerenza rispetto agli ambiti
principali verso cui si attua l’offerta di formazione.
L’ultima sezione d’indagine volge uno sguardo approfondito alle considerazioni e
riflessioni individuali degli intervistati sulle politiche sino ad oggi attuate in materia
di Formazione Permanente.
Nonostante il manifestato ottimismo iniziale sulle prospettive di sviluppo e
incremento dell’area della formazione permanente, numerose sono apparse le
criticità e le debolezze che rispetto ad essa emergono, soprattutto in relazione alle
politiche fino a d oggi attuate.
Pagina n. 124
Il quadro che si configura è decisamente negativo, sia in relazione agli orientamenti
intrapresi a livello nazionale e comunitario sia e in misura maggiore con riferimento
alle più vicine politiche regionali, considerate per il 92,31% degli intervistati non
sufficienti.
Fig. 15 – Le politiche sino ad oggi attuate sulla Formazione Permanente:
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Politiche comunitarie e
nazionali
Politiche regionali
eccellenti
adeguate
non sufficienti
del tutto
inadeguate
rispetto a
quanto
richiesto dal
territorio
Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008
Pagina n. 125
18. Le criticità emerse
La ricerca realizzata ha consentito di approfondire diversi aspetti riguardanti il
sistema della Formazione Permanente della Regione Puglia, sia sul versante del
profilo dell’offerta dei servizi sia sul piano dei modelli di azione e di pensiero delle
organizzazioni protagoniste, che, all’interno dell’universo indagato, si muovono e si
confrontano, spesso con difficoltà di integrazione e di comunicazione.
Sono queste, con i loro atteggiamenti comuni, i loro valori, la propria cultura a
delineare e colorare il quadro della Formazione Permanente nella nostra Regione,
un quadro, che nonostante i continui impulsi ed espansioni, appare connotato da
elementi di staticità e apatia
Una prima considerazione in tal senso nasce dalla scarsa pianificazione ad opera
degli enti intervistati delle attività da realizzarsi nel breve periodo.
Sebbene, quasi la totalità di essi creda in un notevole incremento della domanda di
Formazione Permanente e intenda pertanto proseguire ed espandere le sue attività
formative, ad apposita domanda sulle strategie di pianificazione immediata,
realizzata dagli intervistatori, le risposte si presentano come confuse, negative e
comunque prive di coerenza rispetto alle premesse iniziali.
L’assenza di pianificazione si unisce alla scarsa imprenditorialità dimostrata in più
occasioni dalle organizzazioni nell’assumere iniziative e programmi in maniera
svincolata dal finanziamento pubblico.
Quasi totale è la dipendenza degli enti dalla Formazione finanziata, elemento che
riproduce una storica tendenza propria delle organizzazioni non profit e più in
generale delle imprese italiane, il cui destino appare troppo spesso legato a forme
di erogazione di incentivi e supporti finanziari da parte dell’Ente pubblico di
competenza.
Appare chiaro dunque l’atteggiamento delle organizzazioni intervistate, orientate ad
operare sul mercato a condizione che ci sia il supporto regionale.
La necessità per tali tipologie di imprese di sviluppare adeguate capacità
imprenditoriali deriva non solo dal fatto di dover meglio sfruttare le opportunità
offerte da un mercato in crescita, ma anche dalla necessità di far fronte a problemi
di forte variabilità della domanda pubblica, causata soprattutto dalla disponibilità
dei fondi.
Molto debole si rivela inoltre la fiducia riposta dalle organizzazione nelle politiche di
Formazione Permanente, considerate per circa il 92% degli intervistati poco chiare
ed efficaci.
Pagina n. 126
La maggiore criticità emersa all’interno delle variegate e ricche risposte fornite dagli
enti, riguarda la
programmazione delle azioni di formazioni, considerata poco
efficace, scarsamente concentrata su obiettivi specifici e priva di chiarezza.
Emblematiche a tal fine risultano le risposte qui di seguito riportate:
9
“E’ mancata una continuità di sinergia di rete a livello comunitario e
nazionale, con una mancata concertazione su obiettivi specifici, tali da
garantire lo sviluppo di azioni di formazione permanente stabili ed estese a
livello territoriale”.
9
“Oramai è di fondamentale importanza affiancare agli obblighi formativi vari
sulla formazione continua un serio programma di bilancio delle competenze
per attivare consapevolezza vera nelle persone dei bisogni formativi al fine
di accrescere la motivazione alla formazione. Senza quest’ultima nessun
risultato potrà essere raggiunto”.
9
“Si è trattato di effettuare una programmazione falsata e forzata, dettata
solo ed esclusivamente dall’ansia di spendere le risorse ottenute più che da
una efficace programmazione”.
Si esprime a gran voce, dunque, la necessita di unitarietà nelle politiche di
Formazione permanente, l’adozione di un modello comune in grado di indirizzare in
modo più chiaro le azioni di coloro che operano dal basso e che si confrontano
quotidianamente con i principali attori/destinatari delle attività.
9
“Le politiche di formazione permanente devono continuare a lavorare per
giungere alla costruzione di un sistema coerente e integrato che faccia leva
su ruoli istituzionali chiari e definiti, sia negli aspetti organizzativi che nelle
finalità d’intervento.
Un secondo elemento di criticità risulta il riferimento degli enti alla mancata
corrispondenza tra la domanda e l’offerta di Formazione, dovuta all’assenza di
un’analisi efficace dei fabbisogni formativi in grado di accrescere anche la
motivazione alla formazione.
9
“E’ mancata un’analisi dettagliata del mercato del lavoro e dei fabbisogni
formativi per mettere i lavoratori nelle condizioni di adeguarsi rapidamente
ai cambiamenti dovuti alla globalizzazione”.
9
“Rimane senz’altro primario l’obiettivo della formazione dell’adulto, ma con
un fine irrinunciabile volto ad assicurare alle persone le condizioni per una
Pagina n. 127
piena autoeducazione, per attivare consapevolezza dei bisogni formativi al
fine individuare un percorso individualizzato di crescita e di sviluppo
professionale. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso un serio
programma di bilancio delle competenze che rappresenta un percorso di
valutazione della situazione attuale e potenziale del lavoratore e che si
conclude con l'elaborazione di un progetto che consenta lo sviluppo
professionale della persona”.
9
“Oramai è di fondamentale importanza affiancare agli obblighi formativi vari
sulla formazione continua un serio programma di bilancio delle competenze
per attivare consapevolezza vera nelle persone dei bisogni formativi al fine
di accrescere la motivazione alla formazione. Senza quest’ultima nessun
risultato potrà essere raggiunto”.
Un ulteriore spunto di riflessione evidenziato nel corso dell’indagine attiene allo
stretto legame intercorrente, nell’immaginario degli enti intervistati, tra le due
tipologie di Formazione Permanente e Formazione Continua.
Ciò si evince sia dalle definizioni fornite dalle organizzazioni sulla Formazione
Permanente, che riconducono frequentemente agli aspetti dell’occupazione e del
mondo aziendale con evidenti riferimenti alla Formazione Continua, sia a livello più
generale dalle affermazioni e argomentazioni emerse nel corso dell’intera intervista,
che rendono opaco e impercettibile il confine tra le due tipologie di formazione.
E’ necessario a tal proposito precisare che in ambito regionale permane un’unione e
una forte integrazione tra i due sistemi di formazione, riscontrata sia a livello
normativo all’interno del Piano Operativo del FSE, in cui in particolare negli II-III e
IV si fa riferimento in maniera quasi unitaria alle due tipologie di formazione, sia a
livello pratico-attuativo delle procedure di accreditamento delle sedi formative che
vanno nella direzione di legare e rapportare la Formazione Permanente alla
Formazione Continua.
Le organizzazioni dunque, nella loro confusione e nei loro atteggiamenti di apatia e
di dipendenza dalla domanda pubblica, sono tra loro accomunate da un forte sentire
di assenza di politiche che si riflette inevitabilmente nelle loro modalità di azione.
La ricerca consente in conclusione di rappresentare i principali spunti di riflessione
evidenziati dall’analisi dell’offerta di Formazione Permanente in Puglia e di mettere
in relazione il sistema dell’offerta con quello della domanda, verificandone la
coerenza e la corrispondenza.
Pagina n. 128
Fig. 16 – La formazione permanente in Puglia
Scarsa
pianificazione
enti di
formazione
Scarsa
imprenditorialita
’
assenza di
unitarieta’
nelle politiche
interconnessione tra
formazione continua e
formazione permanente
dipendenza
dalla
formazione
finanziata
FORMAZIONE PERMANENTE
Pagina n. 129
19. Il modello di funzionamento del mercato della formazione permanente
Attraverso lo studio incrociato dei profili dell’offerta e della domanda di Formazione
Permanente emersi nell’ambito della presente ricerca, è possibile tracciare un
modello di funzionamento di mercato che regola e disciplina il soddisfacimento di
determinati fabbisogni di crescita individuale e sociale.
Pagina n. 130
Figura 17 – Il modello di mercato di Formazione Permanente in Puglia
-
DOMANDA
LIMITATA CONOSCENZA DELLE
OPPORTUNITÀ OFFERTE SUL
TERRITORIO
ALTO INTERESSE PER POTENZIALI
OPPORTUNITA’ DI FORMAZIONE
PERMANENTE
L’INTERESSE PER LA F.P. È DIRETTAMENTE
PROPORZIONALE ALLA CLASSE DIMENSIONALE
DELL’AZIENDA DI PROVENIENZA E ALL’AMPIEZZA
DELL’AREA TERRITORIALE DI RIFERIMENTO
PREFERENZE DI FORMAZIONE NELLA CONOSCENZA
DI LINGUE STRANIERE E NELL’AREA INFORMATICA E
UN SIGNIFICATIVO INTERESSE VERSO IL TEMA
DELLA C.D. GESTIONE FINANZIARIA INDIVIDUALE E
COLLETTIVA
GRANDE CONFUSIONE TRA
FORMAZIONE PERMANENTE E
FORMAZIONE CONTINUA
SCARSA CONOSCENZA DELLA
FORMAZIONE PERMANENTE : IL
CONCETTO APPARE LEGATO
ALL’AMBITO LAVORATIVO
LA FORMAZIONE FINANZIATA
RISULTA LA MODALITÀ DI
ACCESSO PIÙ RICHIESTA A
LIVELLO INDIVIDUALE E PIÙ
UTILIZZATA
OFFERTA
LIMITATE CAPACITÀ DI
COMUNICAZIONE E
INFORMAZIONE SULLE ATTIVITÀ
OFFERTE
POTENZIAMENTO DI INTERVENTI
NELL’AREA DELLA FORMAZIONE
PERMANENTE
DIFFICOLTÀ DELLE PMI
NELL’ORGANIZZAZIONE E GESIONE DI
CORSI DI F.P.
MAGGIORE OFFERTA DI F.P. NELLE AREE
SOCIALE/SANITARIA E DEI SERVIZI ALLE
IMPRESE E ALLA P.A.
ELEVATE ASPETTATIVE RISPETTO ALLA
ELEVATE ASPETTATIVE DI INCREMENTO E
PARTECIPAZIONE A PROCESSI DI
FORMAZIONE PERMANENTE LEGATE PERÒ
AD UN CAMBIAMENTO RADICALE NELLA
CULTURA DELLE AZIENDE
MIGLIORAMENTO DELL’OFFERTA DI F.P. DA
PARTE DELLE AZIENDE CONNESSE A
CAMBIAMENTI NELLE POLITICHE DI F.P.
PROPENSIONE VERSO UN APPRENDIMENTO
MAGGIORE ATTENZIONE DELLE AZIENDE
ORIENTATO PIÙ SUL “FARE” CHE SULLE
LEZIONI TEORICHE
AGLI ASPETTI PRATICI DI ORIENTAMENTO
E INSEIMENTO NEL MONDO LAVORATIVO
Pagina n. 131
Risulta oramai chiaro e definito lo scenario dei grande confusione che domina il
mercato della F.P. tra i concetti di Formazione Permanente e di Formazione
Continua, confusione che nasce dalla scarsa conoscenza in materia e dalla diffusa
tendenza a immaginare e proiettare gli interventi formativi all’ambito lavorativo in
senso stretto.
A primeggiare nel mercato della F.P. è la Formazione Finanziata, risultata la
modalità di accesso più richiesta a livello individuale dal lato della domanda e la più
utilizzata sotto il profilo dell’offerta.
A comporre il modello di mercato emerso dall’indagine intervengono diversi fattori
che concorrono insieme a determinare una seppur soffusa coerenza di fondo tra la
sfera della domanda e quella dell’offerta di F.P.
Il primo dato che viene fuori è la limitata conoscenza delle opportunità di
formazione
offerte
sul
territorio
a
cui
corrispondono
limitate
capacità
di
comunicazione e informazione dei servizi offerti, registrate durante i colloqui con
gli operatori del settore.
Tuttavia, tale debolezza non sembra costituire un ostacolo sotto il profilo
dell’interesse manifestato per le attività di F.P.
Si segnala, infatti, un alto interesse per tali iniziative, ache appare direttamente
proporzionale alla classe dimensionale dell’azienda di provenienza e all’ampiezza
dell’area territoriale di riferimento.
La voglia di accrescere le competenze professionali e personali risulta di maggiore
intensità nelle realtà delle grandi imprese o dei grandi territori rispetto a quella
manifestata dai lavoratori delle piccole imprese inseriti in contesti territoriali di
minore entità, che risultano spesso demotivati.
A tale quadro registrato sul versante della domanda corrisponde un notevole
incremento e potenziamento di interventi nell’area in oggetto, tuttavia non esente
da alcune difficoltà soprattutto di carattere finanziario che intervengono nella
gestione delle attività da parte delle imprese più piccole.
Le elevate aspettative dei soggetti alla partecipazione ad iniziative di F.P. si
incrociano con le elevate aspettative di incremento e miglioramneto dell’offerta di
formazione da parte delle aziende.
Tali sensazioni risultano però condizionate da attese evoluzioni e positive revisioni
nella cultura della Formazione Permanente e nelle politiche alla base che regolano
gli scenari a differenti livelli e ambiti di applicazione.
Dal punto di vista organizzativo, la domanda di F.P. tende verso un orientamento
proiettato più sul senso pratico del “fare” che sulle classiche modalità di
Pagina n. 132
“apprendimento d’aula”. Il dato evidenziato incontra sul lato dell’offerta una
maggiore attenzione ad opera delle aziende verso aspetti pratici di orientamento e
tirocinio formativo finalizzati soprattutto ad un più rapido ed efficace inserimento
lavorativo.
Unico elemento che sembra non caratterizzare in senso coerente il mercato della
F.P. riguarda le aree e i settori di primario interesse degli interventi. Mentre sul lato
della domanda si evidenzia un maggior fabbisogno di conoscenze di tipo trasversale
inerenti al campo delle lingue straniere e dell’area informatica, sul lato dell’offerta
appare
invece
più
sviluppata
l’organizzazione
di
interventi
nelle
aree
del
sociale/sanitario e di servizi alle imprese e alla P.A., denotando un maggior accento
alla specializzazione di determinate figure professionali.
Tuttavia, il significativo interesse registrato verso il tema della “gestione finanziaria
individuale e collettiva” esprime un chiaro fabbisogno di conoscenza specifica in
alcune discipline fino a poco tempo fa non sufficientemente considerate, in grado di
fornire al lavoratore strumenti più attenti e mirati per confrontarsi con altre più
avanzate realtà e con i mutamenti in atto connessi alla liberalizzazione dei mercati.
Tali specifiche tematiche richiamano maggiore professionalità e specializzazione,
avvicinando molto il profilo della domanda all’area dei servizi delle imprese e della
P.A. su cui l’offerta si trova attualmente ad investire.
Pagina n. 133
20. Le politiche possibili
Al fine di contestualizzare nella maniera migliore possibile lo scenario emerso nel
corso del presente lavoro di ricerca e nell’ottica di formulare politiche propositive
per i futuri cicli di programmazione, si ritiene utile sintetizzare i principali elementi
di criticità e debolezza riscontrati sia sul fronte della domanda sia su quello
dell’offerta di Formazione Permanente.
L’analisi della domanda ha evidenziato le seguenti criticità:
-
L’idea di formazione permanente (F.P.) risulta nell’immaginario comune
direttamente legata all’ambito lavorativo, cosicché comprende solo una
parte del concetto stesso di F.P., confondendo tale tipologia di formazione
con la formazione continua.
-
Il fabbisogno di F.P. è direttamente proporzionale alla classe dimensionale
dell’impresa e all’ampiezza del territorio di riferimento. Cosicché esso appare
una questione di limitata considerazione e portata per le realtà dei piccoli
contesti territoriali e delle piccole aziende che compongono in maniera quasi
totale il nostro sistema produttivo-occupazionale. In particolare nelle realtà
medio-piccole, i processi formativi si compiono anche in modo non formale e
sono connaturati al quotidiano processo produttivo e alle decisioni in merito
alla
organizzazione
del
lavoro,
ai
percorsi
di
inserimento
e
di
riorganizzazione di compiti e mansioni. Se l’analisi dei bisogni risulta un
momento cruciale per capire gli aspetti critici del patrimonio di conoscenze,
comportamenti, valori su cui intervenire con la formazione, altrettanto
cruciale appare il momento di trasformazione dei bisogni in obiettivi
formativi, soprattutto perchè le due fasi sono gestite da persone e
professionalità diverse.
-
Sul fronte della domanda, si è rilevata inoltre,
la percezione generale di
limitata attenzione delle aziende alla tematica della formazione. L’azienda di
appartenenza appare agli intervistati poco orientata a valorizzare sia
percorsi formativi individuali che collettivi. Si avverte dunque la necessità di
un cambiamento radicale nella cultura delle aziende e dei contesti in cui si è
inseriti, al fine di considerare la formazione non più un premio o un favore
concesso al lavoratore, ma un diritto e soprattutto un arricchimento
complessivo del bagaglio di know how aziendale.
Pagina n. 134
-
La formazione finanziata risulta la modalità di accesso al servizio formativo
più richiesta a livello individuale, in quanto rappresenta la formazione in
qualità di diritto per tutti, consentendo l’accesso diffuso senza oneri di tipo
economico.
Sul versante dell’offerta sono apparsi molto evidenti e ricorrenti i seguenti punti di
criticità:
-
scarsa capacità di pianificazione e organizzazione di attività formative, che
dà luogo ad una attuazione poco efficace e coerente di interventi, dettata più
dall’esigenza ed opportunità di utilizzo di risorse che da un’analisi dettagliata
delle strategie dei fabbisogni formativi e dei canali di accesso al mercato del
lavoro.
-
assenza di unitarietà nelle politiche di F.P. Si fa strada la necessità di
pervenire ad un quadro di azione unitario e ben articolato che sia dotato di
una chiara coerenza rispetto agli orientamenti comunitari e nazionali,
condividendo con questi obiettivi e modalità di intervento.
-
forte interconnessione e confusione tra le tipologie di formazione e
precisamente tra la F.P. e la F.C., legata sia agli indirizzi legislativi ed
attuativi regionali sia alla generale tendenza a rapportare il mondo della
formazione ai contesti lavorativi.
-
atteggiamento di marcata dipendenza del sistema della f.p. dalla formazione
finanziata, considerata spesso l’unica modalità di programmazione e
attuazione di politiche formative. Il fenomeno denota alla base un generale
senso di immobilismo e apatia nella relazione e dialogo con la tematica e
una poco sviluppata capacità imprenditoriale delle organizzazioni in essere
nel settore che sembrano proiettate più sull’idea di “organizzare attività per
impegnare e spendere le risorse ottenute” che sul più sano concetto di
“pianificare attività per soddisfare determinati fabbisogni”.
Il quadro regionale ed il PO FSE 2007 / 2013
Emerge così dal quadro normativo regionale del ciclo di programmazione 20002006 (POR PUGLIA 2000-2006 Misura 3.8) un quadro della F.P. molto variegato in
termine di tipologia di attività e di possibili destinatari.
Pagina n. 135
La programmazione della misura comprende una pluralità di interventi formativi che
spesso sembrano sovrapporsi ad altre tipologie formative senza assumere un
carattere di autonomia ed esclusività.
Questo fa parte della notevole flessibilità che connota questa specifica misura, data
la copertura quasi totale della popolazione con diverse condizioni lavorative.
Sia il versante dell’offerta, sia su quello della domanda appaiono dunque molto
segmentati e difficilmente configurabili nella loro complessità.
Ciò conduce a notevoli difficoltà nel costruire un sistema organico di formazione
permanente in grado di garantire formazione per tutto l’arco della vita, al fine di
vincere le sfide della coesione economica e sociale per tutti i cittadini di qualsiasi
fascia d’età e condizione occupazionale.
Quanto detto ha valore, ovviamente, per il precedente periodo di programmazione;
oggi è presente il Piano Operativo Regionale Pugliese per il FSE 2007 / 2013.
Il Piano Operativo (PO) FSE 2007 – 2013 è stato approvato con delibera di Giunta
Regionale 173 del 26/02/2007 e pubblicato sul BURP n° 44 del 27/03/2007.
All’interno del PO sono state individuate sette priorità d’intervento:
-
Asse I: Adattabilità;
-
Asse II: Occupabilità;
-
Asse III: Inclusione Sociale;
-
Asse IV: Capitale Umano;
-
Asse V: Trasnazionalità e interregionalità;
-
Asse VI: Assistenza Tecnica;
-
Asse VII: Capacità istituzionale
Ai fini della nostra attività focalizzeremo la nostra attenzione, ovviamente, sui primi
quattro assi: Adattabilità, Occupabilità, Inclusione sociale, Capitale umano
Pagina n. 136
Assi
Totale costo
%
elegibile
costo
Contributo Pubblico
per
asse
Totale
costo
pubblico
Partecipazione
Tasso di
comunitaria
cofin.
(FSE)
FSE
I - Adattabilità
102.336.000
8,0
102.336.000
51.168.000
50
II - Occupabilità
569.244.000
44,5
569.244.000
284.622.000
50
III – Inclusione sociale
76.752.000
6,0
76.752.000
38.376.000
50
IV – Capitale umano
409.344.000
32,0
409.344.000
204.672.000
50
TOTALE PARZIALE
1.157.680.000
90,5
1.157.680.000
578.840.000
TOTALE PO FSE
1.279.200.000
100,0
1.279.200.000
639.600.000
Come è possibile notare, quindi, gli Assi da noi presi in considerazione ai nostri fini
rappresentano oltre il 90% circa del valore totale del Piano Operativo pugliese 2007
/ 2013.
E’ possibile, inoltre, esplicitare gli obiettivi specifici ed operativi dei diversi Assi da
noi presi in considerazione
Pagina n. 137
Assi
Obiettivi specifici
Obiettivi operativi
I - Adattabilità
9 Sviluppare sistemi di formazione
-
consolidare la qualificazione dei
continua e sostenere l’adattabilità
lavoratori
dei lavoratori;
donne, persone con più di 45
9 Favorire
l’innovazione
produttività
e
attraverso
la
priorità
per
le
anni, soggetti con basso titolo di
una
migliore organizzazione e qualità
con
studio;
-
del lavoro;
rafforzare
il
canale
formativo
dell’apprendistato
9 Sviluppare politiche e servizi per
l’anticipazione
e
gestione
dei
cambiamenti,
promuovere
la
competitività e l’impreditorialità
professionalizzante;
-
sviluppare un sistema integrato
di qualità e sicurezza del lavoro;
-
sostenere
le
riorganizzazioni
aziendali e il reinserimento nel
mercato del lavoro dei lavoratori
nel
caso
di
crisi
produttive
aziendali, settoriali e territoriali;
-
accompagnare
innovazione
i
processi
e
di
adattabilità
dell’organizzazione del lavoro e
dei
sistemi
produttivi
per
accrescere la competitività del
sistema economico in un’ottica di
coesione sociale e qualità dello
sviluppo
II - Occupabilità
9 Aumentare l’efficienza, l’efficacia,
la
qualità
e
l’inclusività
-
delle
istituzioni del mercato del lavoro;
9 Attuare politiche per il lavoro
attive
e
preventive,
particolare
la
intervento
dei
-
il
sostenere la partecipazione al
mercato
l’inserimento
lavoro,
attivo,
per
e la sicurezza sul lavoro;
mercato
del
servizi
di
sostenere l’emersione, la legalità
all’integrazione dei migranti nel
all’invecchiamento
capacità
lavoro;
-
con
attenzione
potenziare
del
lavoro
e
occupazionale
al
tramite l’offerta di misure attive
lavoro autonomo e all’avvio di
e preventive rivolte in particolare
imprese;
ai giovani, disoccupati di lunga
9 Migliorare l’accesso delle donne
all’occupazione
e
disparità di genere
ridurre
durata, persone con basso titolo
le
di studio e/o con più di 45 anni;
-
sostenere
l’inserimento
lavorativo dei migranti;
-
sostenere
la
imprenditorialità
in
nuovo
particolare
nei settori strategici indicati nel
Documento Strategico Regionale
e
della
programmazione
regionale a finalità strutturale;
Pagina n. 138
-
sostenere l’accesso alle donne al
mercato del lavoro
Pagina n. 139
III – Inclusione sociale
9 Sviluppare
percorsi
d’integrazione
e
(re)inserimento
soggetti
migliorare
lavorativo
svantaggiati
combattere
ogni
forma
−
il
Promuovere azioni di
sistema
finalizzate alla rimozione delle
dei
cause
per
discriminazione
di
di
esclusione
attraverso
l’integrazione
discriminazione nel mercato del
orientamento,
lavoro
accompagnamento,
strumenti
e
sociale
di
collocamento
fra
tutoraggio,
politica
attiva,
mirato,
servizi
sociali e sanitari;
−
supportare
l’inserimento
reinserimento
e
lavorativo
il
dei
soggetti svantaggiati;
−
potenziare l’offerta delle nuove
-
Aumentare la qualificazione del
imprese e professioni sociali
IV – Capitale umano
9 Elaborazione,
attuazione
introduzione
delle
sistemi
riforme
e
dei
sistema regionale dell’istruzione,
dell’istruzione,
formazione
e
migliorare
l’integrazione
sviluppare
lavoro
l’occupabilità,
particolare
per
della formazione e del lavoro;
-
e
con
scolastica
con
erogazione
all’orientamento;
la
la
dispersione
interventi
di
recupero delle competenze ed
attenzione
9 aumentare
Prevenire
di
servizi
di
sostegno;
partecipazione
all’apprendimento
-
permanente,
Sostenere
l’innalzamento
qualificazione
e
della
delle
anche attraverso provvedimenti
professionalità
intesi
frequenza ai corsi di formazione
a
ridurre
l’abbandono
scolastico e le disparità di genere
rispetto alle materie;
alla
-
formazione
professionale
ed
universitaria,
tecnologici
di
l’assolvimento
base degli adulti;
-
Rafforzare
la
ricerca,
le esigenze di competitività e di
innovazione
con particolare attenzione alla
produttivi locali
della
formativa
post-laurea in collegamento con
mondo produttivo e istituzionale
promozione
filiera
tecnico-scientifica ed i percorsi
9 creazione di reti tra università,
centri
Favorire
dell’obbligo e la qualificazione di
iniziale,
migliorandone la qualità;
la
permanente;
9 aumentare l’accesso all’istruzione
ed
aumentando
ricerca
dei
sistemi
e
dell’innovazione
Pagina n. 140
Alla luce di quanto su esposto appare del tutto chiaro che:
a)
la formazione permanente viene esplicitata chiaramente solo nell’Asse IV
Capitale umano;
b)
sono presenti diversi obiettivi, sia specifici sia operativi, che sono
compatibili con la definizione e con i contenuti tipici della formazione
permanente;
c)
particolare riguardo viene dato alla formazione dei soggetti svantaggianti
ed al sostegno per gli adulti, over 45,
disoccupati o a rischio di
espulsione dal sistema produttivo.
Le azioni possibili
Al fine di smussare e superare ove possibile gli elementi di debolezza che hanno
caratterizzato
il
modello
di
mercato
della
F.P.
del
precedente
periodo
di
programmazione, si propongono, per il breve periodo, azioni innovative incentrate
soprattutto su una più attenta presa di coscienza della tematica della F.P. e delle
opportunità di crescita da essa offerte, puntando sulla introduzione e valorizzazione
di strumenti fino ad oggi poco utilizzati e sullo sviluppo di maggiore motivazione e
sensibilizzazione degli “addetti al lavoro”.
Innanzitutto, è considerato di notevole efficacia il contrasto al “mercato drogato”
tramite l’utilizzo di voucher formativi che prevedano forme di cofinanziamento ad
opera dei corsisti in misura almeno pari al 20%.
Tale modalità operativa avrebbe sicuramente il vantaggio di assicurare la presenza
in aula di soggetti mediamente motivati alla frequenza del corso e allo sviluppo di
competenze, creando a livello generale una più alta attenzione e interesse alla
partecipazione.
Risulta altrettanto efficace l’inserimento all’interno di ogni avviso pubblico per la
programmazione di corsi di F.p. di una dettagliata analisi dei fabbisogni formativi.
Si auspica che tale passaggio diventi propedeutico ad ogni azione fi F.P., poiché il
solo in grado di garantire il più possibile il collegamento positivo tra domanda e
offerta di formazione, evitando lo sviluppo di dicotomie tra tali versanti.
Per la diffusione di maggiore sensibilizzazione e interesse alla tematica si
propongono differenti seminari informativi sulle opportunità offerte dalla F.P.,
contrastando in tal modo la scarsa conoscenza e confusione del fenomeno.
Pagina n. 141
E’ essenziale infine puntare sulla diffusione di conoscenza per determinate categorie
di soggetti, considerate maggiormente esposte a rischi di emarginazione o
esclusione sociale.
Le nuove politiche di F.P. dovrebbero in tale direzione potenziare gli interventi per i
soggetti appartenenti alla classe di età >45 anni, a forte rischio di analfabetismo
dei nuovi linguaggi e tecnologie.
Spesso, l’inserimento di tali soggetti in contesti aziendali richiedenti sempre più
avanzate capacità di aggiornamento e monitoraggio dei processi presuppone
l’adeguamento di essi rispetto allo sviluppo di capacità informatiche e linguistiche
difficilmente acquisibili solo sul campo.
Altre categorie su cui investire sono senza dubbio le donne e gli immigrati. Le
prime, spesso esposte a difficoltà di permanenza nel mondo lavorativo a causa delle
difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e i secondi, considerati oramai soggetti
imprescindibili dal sistema sociale e lavorativo delle nuove generazioni, dovrebbero
richiedere una primaria attenzione nelle politiche di sviluppo di competenze e
conoscenze che la F.P. in vario modo persegue.
Da un punto di vista programmatorio, la formazione permanente può costituire,
come gia ricordato, un elemento trasversale, nella implementazione del Programma
operativo Puglia FSE. Questa trasversalità, che costituisce un punto di forza, deve
tuttavia trovare un suo spazio specifico nel raggiungimento degli obiettivi dei singoli
policy fields configurandosi come un sistema strutturato di interventi con target
chiaramente individuati . La formazione permanente può occupare un proprio
spazio anche considerando la complementarità con altri obiettivi specifici ed
operativi.
Nel dettaglio, al livello dell’asse adattabilità, alcune attività di formazione
permanente
potrebbero
rispondere
alle
esigenze
di
rafforzamento
delle
competenze di base dei lavoratori offrendo spazi formativi meno legati alle
dinamiche di sviluppo aziendale, ampiamente contemplati in altri obiettivi specifici
ed operativi dell’asse, per sviluppare competenze
incentrate sulle esigenze
dell’individuo in quanto tale che potrebbe riqualificarsi anche in base ad un progetto
individuale al di fuori del contesto organizzativo in cui opera. Per favorire questo
processo c’è bisogno di programmare un’offerta altamente individualizzata anche
attraverso l’uso di voucher da utilizzare anche fuori dall’orario di lavoro per
facilitare processi di mobilità professionale attivi e presidiati dal singolo lavoratore.
Tutto ciò va pensato e concepito all’interno delle politiche di formazione continua e
Pagina n. 142
dei diversi strumenti attuativi e finanziari previsti tra cui i fondi interprofessionali, la
legge 236/93 e la legge 53 /00 per evitare sovrapposizioni e duplicazioni
Per quanto riguarda l’asse Occupabilità, lo spazio del rafforzamento delle
competenze di base con offerte formative più personalizzate potrebbe confluire nel
concetto
di
formazione
permanente
ed
essere
di
supporto
allo
sviluppo
dell’imprenditorialità e dell’autonomia della persona nella messa a punto di un
progetto lavorativo che renda le sue competenze di base e trasversali, formali, non
formali e informali , un punto di forza nel mercato del lavoro .
La formazione permanente all’interno dell’asse inclusione sociale trova una sua
contestualizzazione come strumento di supporto al raggiungimento degli obiettivi
di politica attiva del lavoro per soggetti socialmente deboli. Il rafforzamento di una
serie di competenze legate anche alla creazione e al funzionamento di “un’economia
di rete”, attraverso azioni di sistema e azioni di sensibilizzazione risulta essenziale
per una migliore pianificazione delle politiche sociali legate al mondo del lavoro.
L’individuazione di target specifici legati alle tradizionali
forme dello svantaggio
sociale e l’emergere di nuove tipologie delle stesse richiede un forte investimento
nella formazione e accompagnamento delle persone con difficoltà che potrebbe
essere , in parte , sostenuto attraverso le modalità e le prassi specifiche della
formazione permanente.
L’Asse capitale umano, contempla in modo specifico la realizzazione di un
sistema di formazione permanente a valere sugli obiettivi specifici ed operativi al
cui interno si possono sviluppare le diverse “filiere” formative nelle varie tipologie
progettuali. A partire dalle ipotesi di azioni previste , occorre fare una riflessione
sulle modalità di programmazione della formazione permanente che è strettamente
intrecciata alla costruzione dei processi di governance. La programmazione della
formazione permanente costituisce un importante spazio in cui la comunità, intesa
come sistema di relazioni tra individui che hanno una comunanza di interessi, può
progettare i propri network interni tra i vari attori che stabiliscono le priorità di
intervento.
In
progettazione
questo
senso
partecipata
la
degli
formazione
interventi
permanente
con
una
forte
presuppone
base
una
concertativa
favorendo la sinergia tra le istituzioni più prossime ai cittadini ( sussidiarietà
verticale) e le reti partenariali che coinvolgono direttamente le forze sociali,
l’associazionismo, il mondo della scuola ecc.( sussidiarietà orizzontale ). Una volta
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stabilite le modalità organizzative e i diversi livelli di concertazione è opportuno
individuare, tramite apposite azioni di sistema, la creazione dei prototipi e modelli
territoriali che sono alla base della valenza comunitaria e meta target di questa
tipologia di formazione favorendo lo sviluppo di processi di attivazione “dal basso”
delle comunità locali portatrici di esigenze e competenze specifiche . Basandosi sui
risultati emersi dall’analisi della domanda e dell’offerta di formazione permanente si
avverte la necessità di programmare una serie di attività finalizzate alla
sensibilizzazione e alla informazione rispetto alle opportunità di questa tipologia di
formazione quale
spazio sociale finalizzato al rafforzamento e allo sviluppo di
competenze di base, sociali e trasversali utili alla costruzione di una cittadinanza
attiva nelle proprie comunità di riferimento anche con l’obiettivo di sostenere
progetti di sviluppo locale .
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