i fabbisogni di formazione permanente in puglia: dall`individuo al
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i fabbisogni di formazione permanente in puglia: dall`individuo al
POR PUGLIA 2000 – 2006 MISURA 3.8 AZ. C) COD. PROGETTO: POR06038c0001 I FABBISOGNI DI FORMAZIONE PERMANENTE IN PUGLIA: DALL’INDIVIDUO AL SISTEMA-TERRITORIO Rapporto di Ricerca Finale Giugno 2008 Il presente rapporto è frutto della collaborazione tra l’IPRES (soggetto capofila), l’Associazione Studi Economici e T&D SpA. I gruppi di lavoro sono così composti: IPRES Dott. Gianfranco Gadaleta Coordinatore gruppo di lavoro Dott.ssa Natalia Giampaolo Dott. Giovanni Menga Dott.ssa Nunzia Monsellato Sig. Fausto Cirrillo Ass. Studi Economici Dott. Alessandro Desiderato Coordinatore gruppo di lavoro Dott. Serge D’Oria Dott. Vincenzo Deruvo Dott. Luciano Felice Marra Dott. Francesco Maiorano T&D Dott. Maurizio De Fulgentiis Dott. Giampiero Bianchini Dott.ssa Maria Teresa Azzoni Coordinatore gruppo di lavoro Indice Presentazione Pag 1 PARTE PRIMA: OBIETTIVI DELLA RICERCA, METODOLOGIA E STRUMENTI UTILIZZATI 1. 2. Obiettivi L’oggetto di indagine: definizioni Pag “ 4 5 Pag “ “ 8 8 13 “ 16 “ “ 19 23 “ “ “ “ “ “ “ “ “ 25 27 29 29 36 45 45 46 47 “ “ 50 61 “ 65 Pag “ “ “ “ “ “ “ 72 75 77 79 84 88 91 96 PARTE SECONDA: IL QUADRO DI RIFERIMENTO 3. 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 4. 4.1 4.2 5. 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 La politica comunitaria e nazionale di formazione permanente Il quadro di riferimento comunitario Modelli europei: il community learning Evoluzione delle politiche di educazione degli adulti in Italia: dall’educazione popolare al sistema integrato di formazione permanente La Conferenza Unificata del 2000 e il modello italiano di formazione permanente Il modello di governance definito dalla Conferenza Unificata del 2000 Attuazione della Conferenza Unificata del 2000 nei sistemi regionali: limiti e prospettive L’avanzamento verso gli obiettivi della Strategia di Lisbona Esperienze regionali: i casi delle regioni Campania ed Emilia - Romagna La Regione Campania La Regione Emilia - Romagna Il sistema di formazione permanente della Regione Puglia Il modello di governance Produzione normative dedicata La filiera EdA in Puglia La partecipazione degli over 18 anni ad attività di formazione formale (corsi di studio), non formale (corsi di formazione), informale (autoformazione) in Puglia La formazione permanente nel POR Puglia 2000 – 2006 L’analisi della programmazione attuativa per la Misura 3.8 del POR Puglia 2006 2000 - PARTE TERZA: LA DOMANDA DI FORMAZIONE PERMANENTE RILEVATA 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. Il metodo degli studi di caso: kit di intervista e strumento di rilevazione Descrizione del campione Profilo individuale degli intervistati Formazione percepita e formazione richiesta Aziende e formazione: grande è più bello La formazione fatta e quella poco gradita La domanda di formazione permanente Per una formazione……su misura PARTE QUARTA: L’OFFERTA DI OFRMAZIONE PERMANENTE RILEVATA E LE POSSIBILI STRATEGIE 14. 15. 15.1 15.2 16. 16.1 17. 18. 19. 20. I soggetti intervistati Le organizzazioni intercettate L’apprendistato professionalizzante e la formazione continua Tipologie di attività formative Le attività formative I partecipanti alle attività Gli scenari futuri Le criticità emerse Il modello di funzionamento del mercato della formazione permanente Le politiche possibili Pag “ “ “ “ “ “ “ “ “ 101 104 112 114 116 118 121 126 130 134 Presentazione Il rapporto che segue è parte integrante della ricerca sui fabbisogni di formazione permanente nella Regione Puglia, finalizzata a fornire un supporto informativo ed operativo alla programmazione 2007-2013 del FSE. In particolare, il rapporto qui presentato si riferisce alla Fase I della ricerca ed ha l’obiettivo di ricostruire il quadro delle politiche comunitarie e nazionali della programmazione del lifelong learning, come base di partenza per la costruzione di un sistema di formazione permanente da sviluppare e consolidare nella regione Puglia. La formazione permanente, intesa sia nel senso di una politica di formazione per tutto l’arco della vita e, nello specifico, come misura di policy finalizzata al rafforzamento delle competenze di base, trasversali e della cittadinanza attiva rivolta a tutti i segmenti della popolazione con diversi fabbisogni formativi, assume una forte centralità nella costruzione della società della conoscenza e nelle politiche di coesione nell’ambito dell’Unione europea allargata a 27 paesi. La necessità di strutturare in modo organico ed efficace le politiche relative alla formazione permanente, prevedendo meccanismi di concertazione locale e un forte livello di partecipazione da parte dei destinatari, presuppone un accurato lavoro di ricerca finalizzato alla individuazione ed analisi dei fabbisogni formativi dei diversi target che fanno riferimento alle possibili filiere formative afferenti alla formazione permanente. Questo lavoro vuole rappresentare un contributo in tal senso. Nel primo capitolo analizzeremo i principali impianti normativi e regolativi afferenti alla formazione permanente, con l’obiettivo di enucleare i principi guida necessari alla programmazione delle relative azioni, e di elaborare una definizione del concetto di policy della formazione permanente in relazione alle altre policies del sistema integrato istruzione-formazione lavoro. Dopo una presentazione dei modelli di intervento sviluppati in altri paesi dell’Unione Europea, configurabili come contributo alla messa a punto di buone prassi, l’indagine si sofferma sulla ricognizione dei documenti strategici e di indirizzo a livello comunitario e nazionale, evidenziando i collegamenti con il quadro complessivo della strategia di Lisbona e, Pagina n. 1 in particolare, sulla rappresentazione dei modelli di intervento, analizzando il contesto nazionale anche alla luce delle ultime disposizioni normative. Nel secondo capitolo sono presentati due esempi regionali, uno del centro nord e uno del sud, per rilevare gli elementi, strategie, strumenti e modelli che contribuiscono alla costruzione di specifici sistemi regionali di formazione permanente, e valutarne nelle fasi successive della ricerca la loro trasferibilità nel contesto regionale pugliese. In fine nel terzo capitolo si rappresenta un quadro esauriente delle dinamiche della domanda e dell’offerta di formazione permanente in Puglia, procedendo anche all’analisi della programmazione regionale nel POR FSE 2000-2006, Asse risorse umane, misura 3.8 e del suo modello organizzativo e di programmazione. In questo contesto si procede all’analisi dei bandi programmati nel periodo di riferimento, all’analisi dei modelli di programmazione e del sistema di concertazione regionale, con l’obiettivo di evidenziare i punti forti e i punti critici che avranno una diretta influenza sul periodo di programmazione 2007/2013. Pagina n. 2 PARTE PRIMA: OBIETTIVI DELLA RICERCA, METODOLOGIA E STRUMENTI UTILIZZATI Pagina n. 3 1. Obiettivi. Il progetto di ricerca “I fabbisogni di formazione permanente in Puglia: dall’individuo al sistema territorio” ha la finalità di operare una mappatura dei fabbisogni professionali di formazione permanente degli individui e dei sistemi territoriali, al fine di fornire un input alla Regione Puglia per quanto riguarda la domanda di competenze dei target specifici - come previsti dalla misura 3.8 del POR Puglia - e, in aggiunta, fornire strumenti e modelli di intervento finalizzati alla programmazione delle attività sulla base di procedure di concertazione che creino valore aggiunto alle attività messe a bando attraverso la costruzione di consenso derivante dalla risposta ad esigenze chiaramente individuate. La struttura metodologica progettata – partendo da una quadro di riferimento normativo e rilevando, successivamente, sul campo l’offerta e la domanda della di formazione permanente – è funzionale alla realizzazione di azioni di supporto nell’ambito della nuova programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013 ed in particolare risulta complementare ai percorsi di raggiungimento degli obiettivi “Convergenza” e “Competitività regionale e occupazione”, programmati dalla Regione Puglia nell’ambito del nuovo regolamento di attuazione del Fondo Sociale Europeo. E’ necessario sottolineare - in fase di analisi preliminare - che alla base della programmazione delle attività formative e quindi dell’evoluzione e sviluppo delle risorse umane nell’educazione formale e non formale, l’analisi dei fabbisogni formativi gioca un ruolo fondamentale. L’attività di analisi della domanda e di offerta di formazione permanente – nella nostra indagine - ha quindi come obiettivo quello di individuare da un lato, i potenziali fruitori di azioni di formazione permanente ed i relativi fabbisogni e dall’altro, nel caso di lavoratori che abbiano già partecipato ad attività di formazione permanente, le ricadute delle competenze acquisite e il loro grado di spendibilità. Pagina n. 4 2. L'oggetto di indagine: definizioni. Per il contenuto della tematica che trattiamo, la natura e le caratteristiche dell'oggetto di indagine orientano sensibilmente la scelta degli strumenti ed il processo di rilevazione nell'articolazione delle sue fasi. Cercare di studiare i “fabbisogni di formazione permanente in Puglia”, ovvero gli orientamenti dei lavoratori e le loro esperienze più significative in termini di domanda di apprendimento professionale generale e particolare, in assenza di un quadro di sperimentazioni ed azioni pregresse sulla base delle quali tracciare una linea di processo, risulta sin da subito un'impresa ardua per la quale è necessario lavorare contemporaneamente sul processo definitorio e su quello di rilevazione. La scarsa esperienza in materia – sia sul piano della riconoscibilità dell’offerta che su quello della definizione standard della domanda - impedisce infatti di trarre da lavori precedenti di ricerca ed analisi una griglia di orientamento precisa sugli ambiti di indagine e sul livello definitorio di questi ultimi. Non essendoci dunque un quadro strutturale preciso, né tanto meno una popolazione di riferimento -matura ed a conoscenza della materia- a partire dalla quale sia possibile operare una selezione e/o un campionamento, il centro di selezione dell’oggetto di indagine, avente gli obiettivi sopraindicati, è dunque rivolto a rivolto a comprendere: - quali sono le esperienze più rilevanti vissute dai soggetti intervistati in ambito; - quali le principali caratteristiche di tali esperienze sia in termini dinamici che statici (percorsi, risorse, valori, criticità ostacoli ecc.); - la griglia di fondo di un potenziale orientamento della domanda presente e futura realizzata sulla base dell’età, sesso, funzione lavorativa, formazione, percorsi individuali, esperienze pregresse, dagli intervistati; - il quadro delle percezioni delle necessità professionali in termini di apprendimento specialistico o di genere; - la domanda strutturale rispetto alla tipologia delle esperienze lavorative di riferimento. Per cogliere quanto più possibile gli elementi caratteristici del quadro di insieme, si è deciso di dotarsi un apparato definitorio minimo che filtri ciò che emerge dalle tracce di domanda e risulti funzionale a definire uno scenario degli orientamenti culturali e degli atteggiamenti rispetto alla domanda di formazione permanente Pagina n. 5 espressi da un gruppo significativo e rappresentativo di lavoratori pugliesi. In tale direzione si è deciso di scegliere prioritariamente: 1. le unità di indagine (esperienze e persone); 2. le unità di rilevazione (esperienze); 3. le aree tematiche; 4. le caratteristiche essenziali dei casi selezionati; 5. gli elementi che compongono l'esperienza. Sul piano più specificatamente metodologico ed in particolare per ciò che riguarda il campione pre-scelto e lo strumento di rilevazione è necessario sottolineare che, le unità di indagine compongono l'oggetto della ricerca e possono essere sia oggetti complessi come le esperienze, che singoli individui. Le unità di rilevazione sono sempre singole persone che lavorano. Le aree tematiche rappresentano i campi di definizione progressiva della percezione della tematica che emerge nel corso della realizzazione dell’intervista. Il campione, precisato in fase di progettazione ex ante sotto il suo aspetto quantitativo e degli strati di composizione generale, procede per selezione di esperienze e di intervista progressiva, sulla base sia delle aree tematiche individuate che delle unità di rilevazione successive. Pagina n. 6 PARTE SECONDA: IL QUADRO DI RIFERIMENTO Pagina n. 7 3. La politica comunitaria e nazionale di formazione permanente 3.1 Il quadro di riferimento comunitario A partire dal libro bianco di Jacques Delors1 (Crescita, competitività occupazione, presentato nel dicembre 1993) per arrivare al Memorandum per l’istruzione e la formazione permanente2 della Commissione europea del 30 ottobre 2000, le politiche del lifelong learning hanno assunto una centralità nella programmazione comunitaria, che ha aperto nuovi spazi alla sperimentazione di modalità formative finalizzate in primo luogo alla promozione della cittadinanza attiva nella società della conoscenza e alla occupabilità nelle nuove prospettive dell’economia. Ciò ha innescato una revisione delle politiche formative delle singole regioni, che hanno individuato risorse e modalità specifiche per raggiungere l’obiettivo generale di contribuire ad accrescere l’occupabilità della popolazione in età attiva e la qualificazione delle risorse umane, favorendo i processi di ammodernamento e innovazione dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro. Nonostante, nell’accezione più generale, il concetto di formazione permanente si configuri potenzialmente come spazio che riunisce in sé diversi ambiti della formazione, che vanno dalla formazione iniziale alla formazione continua, dall’analisi della programmazione del Fondo Sociale europeo del periodo 2000-2006 emerge una visione condivisa, che la fa coincidere con l’educazione per l’intero corso della vita e con l’apprendimento che si acquisisce nei contesti formativi non formali e informali oltre che con quelli formali. Una prima riflessione organica sulla formazione permanente, strettamente collegata alla formazione degli adulti, è stata compiuta dalla Conferenza di Amburgo del 1997. Nella dichiarazione finale3 sono evidenziate alcune finalità ed obiettivi che rappresentano un primo indirizzo per tutte le politiche sviluppate successivamente. 1 Crescita, competitività, occupazione - Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo”, COM(93) 700/F, dicembre 1993. 2 Commissione delle Comunità Europee, memorandum europeo sull’istruzione e la formazione permanente del 30 ottobre 2000, SEC (2000) 1832 DOC 0015120003. 3 Dichiarazione finale della V Conferenza Internazionale sull’educazione degli adulti. UNESCO, 14-18 luglio 1997, in www.istruzione.it/argomenti/ifts/amburg97.shtml. Pagina n. 8 In questo documento vengono ribaditi una serie di principi che possiamo così sintetizzare: • La valorizzazione dell’interazione tra sistema formativo e sistema sociale per sviluppare processi di partecipazione: l’educazione degli adulti è il risultato di una consapevole appartenenza alla comunità e, al tempo stesso, la condizione per un’attiva partecipazione sociale; la formazione si connota come uno strumento indispensabile per realizzare uno sviluppo che non turbi l’equilibrio ambientale, per promuovere il valore della democrazia, della giustizia, dell’uguaglianza fra persone diverse, per favorire il progresso scientifico, sociale ed economico, per costruire un mondo dove la cultura della pace e del dialogo sostituiscono la violenza. • Il concetto di sviluppo socio-economico deve poter procedere di pari passo con la partecipazione sociale attiva dei cittadini nel pieno dei loro diritti in una “società in formazione” che punti sulla riorganizzazione dell’apprendimento per integrare tutte le forme di educazione, superando la distinzione tra “cultura generale” e “cultura tecnica”. • Il superamento della sequenzialità della formazione a favore di un apprendimento continuo che accompagna le varie fasi della vita nella logica dell’adattamento individuale alle continue mutazioni di una società globalizzata. • L’obiettivo fondamentale della formazione permanente è quello di sviluppare nelle persone autonomia di pensiero e di comportamento sostenendo un processo di autoconsapevolezza che orienti l’individuo in un mondo in continua trasformazione. • Sostenere la centralità dell’adattamento delle competenze in linea con le esigenze del mercato del lavoro. • La promozione della partecipazione al lavoro e alla vita sociale di tutte le persone con difficoltà sociali, fisiche e psichiche con particolare attenzione alle dinamiche dell’integrazione quale collante della società multietnica multiculturale. Pagina n. 9 e • La centralità delle pari opportunità nel favorire l’accesso ai percorsi formativi della componente femminile, sviluppando un’ottica di genere per il superamento delle discriminazioni. Oltre ai principi precedentemente illustrati la Conferenza di Amburgo ha anche contribuito alla individuazione delle caratteristiche del sistema di lifelong learning, declinando alcuni obiettivi strategici e di orientamento per le politiche nazionali di formazione permanente. In primo luogo la realizzazione, nella messa a punto dei sistemi di educazione permanente, di nuovi metodi e approcci all’educazione che favoriscano l’effettiva collaborazione tra il sistema di governo locale e la collettività. Sotto il profilo dei contenuti vengono pertanto a delinearsi la priorità di promuovere e rinforzare le competenze di base con particolare attenzione alle nuove tecnologie, di sviluppare l’educazione ambientale, la cultura della salute e le competenze sociali necessarie a migliorare le relazioni tra individui, e l’attuazione di politiche di invecchiamento attivo capaci di valorizzare le esperienze delle generazioni precedenti. Nel solco di questa strategia, nel marzo del 2000 il Consiglio europeo di Lisbona segna una tappa decisiva nella messa a punto degli orientamenti comunitari in materia di istruzione e formazione. Nel vertice di Lisbona l’obiettivo di fondare un’economia basata sulla conoscenza viene coniugato allo sforzo politico e di innalzare la qualità, i saperi e le competenze dei cittadini europei. Tra i diversi obiettivi della Strategia di Lisbona, quello più coerente con il concetto di formazione permanente si individua nel garantire ai cittadini un livello di partecipazione ad attività formative che in nessun Paese deve scendere al di sotto del 10% della popolazione adulta. In tal senso si afferma che “l’impegno dei Paesi membri diventa quello di riorientare i sistemi formativi nella strategia del lifelong learning, per cui l’apprendimento degli adulti diviene un processo permanente di saperi, di competenze e di autoconsapevolezza sociale”4. 4 Isfol, Formazione permanente: chi partecipa e chi ne è escluso, Primo rapporto nazionale sulla domanda, Roma, settembre 2003. Pagina n. 10 Il concetto di lifelong learning viene ulteriormente esplicitato dal Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente dell’ottobre del 20005 che costituisce la risposta della Commissione alle richieste emerse dai Consigli Europei di Lisbona e di Feira e delinea il quadro di riferimento del sistema di formazione permanente europeo. Nel Memorandum si afferma che il buon esito della transizione ad un’economia e una società basata sulla conoscenza deve essere accompagnata da un orientamento verso l’istruzione e la formazione permanente, e che la stessa nozione di istruzione e formazione permanente non rappresenta più semplicemente un aspetto della formazione generale e professionale, ma deve diventare il principio informatore dell’offerta e della domanda in tutti i contesti di apprendimento. Il memorandum individua 6 messaggi chiave e altrettanti obiettivi così strutturati. Messaggio chiave n. 1 Nuove competenze di base per tutti Obiettivo: garantire un accesso universale e permanente alle azioni di istruzione e formazione per consentire l’acquisizione o l’aggiornamento delle competenze necessarie alla partecipazione attiva ai progressi della società della conoscenza. Messaggio chiave 2: maggiori investimenti nelle risorse umane Obiettivo: assicurare una crescita visibile dell’investimento nelle risorse umane per rendere prioritaria la più importante risorsa dell’Europa – la sua gente. Messaggio chiave N. 3. Innovazione nelle tecniche di insegnamento e di apprendimento Obiettivo: sviluppare contesti e metodi efficaci di insegnamento e apprendimento per un’offerta ininterrotta di istruzione e di formazione lungo l’intero arco della vita e in tutti i suoi aspetti. Messaggio chiave 4: valutazione dei risultati dell’apprendimento Obiettivo: migliorare considerevolmente il modo in cui sono valutati e giudicati la partecipazione e i risultati delle azioni formative nel quadro dell’apprendimento formale ed informale. Messaggio chiave n. 5: Ripensare l’orientamento Obiettivo: garantire a tutti un facile accesso ad informazioni e ad un orientamento di qualità sulle opportunità di istruzione e formazione in tutta l’Europa e durante tutta la vita. Messaggio chiave N. 6: un apprendimento sempre più vicino a casa 5 Commissione delle Comunità Europee, Memorandum europeo sull’istruzione e la formazione permanente del 30 ottobre 2000, SEC (2000) 1832 DOC 0015120003. Pagina n. 11 Obiettivo: offrire opportunità di formazione permanente il più possibile vicine agli utenti della formazione, nell’ambito della loro comunità con il sostegno, qualora opportuno, di infrastrutture basate sulle ICT (information and communication technologies). Si delineano pertanto le priorità che devono ispirare le politiche nazionali, ovvero la realizzazione di una società della conoscenza in cui l’economia si basa sulla creazione e lo scambio di beni e servizi immateriali. In questo contesto l’aggiornamento dell’informazione, delle conoscenze e delle competenze riveste un ruolo cruciale. Lo sforzo dei paesi membri si deve indirizzare alla realizzazione di un’istruzione di base di qualità per tutti attraverso una formazione costante o ad intervalli regolari (lifelong learning) combinandola anche con una formazione che abbraccia tutti gli aspetti della vita sottolineandone l’estensione orizzontale che ha luogo in tutti gli ambiti e in qualsiasi fase della vita (lifewide learning). In tal senso si evidenzia la complementarietà dell’apprendimento formale, non formale e informale. Da quanto sopra illustrato si può dedurre che: • la formazione permanente viene concepita come elemento fondamentale nella costruzione di una cittadinanza attiva e nello sviluppo delle relazioni sociali; • la formazione permanente è uno strumento importante per garantire l’occupabilità concentrandosi però sul rafforzamento delle competenze di base ed accompagnando l’individuo verso uno sviluppo professionale più individualizzato anche al di fuori della formazione aziendale in senso stretto. Pertanto nell’indirizzo comunitario si presentano due piani di lettura della formazione permanente: • in senso generale, il concetto di formazione permanente coincide con quello di “apprendimento permanente” e con il principio di lifelong learning: la formazione permanente è qui intesa come sistema di politiche che permette l’accesso alla formazione connesso allo sviluppo della persona, allo sviluppo professionale, allo sviluppo sociale, lungo l’arco della vita (dando luogo a diverse policy target oriented quali la formazione superiore, la formazione continua, ecc.); • in senso specifico, la formazione permanente può declinarsi in interventi specifici che, pur ricadendo nell’ambito della Strategia Europea per l’Occupazione (SEO), risponde a diverse priorità generali quali l’adattabilità, le Pagina n. 12 pari opportunità e l’occupabilità anche attraverso l’acquisizione di competenze per la cittadinanza attiva. Dato questo quadro generale “l’istruzione e la formazione permanente (lifelong learning) sono tuttora diversamente definite, a fini diversi, secondo il singolo contesto nazionale. Gli ultimi studi disponibili rivelano che le definizioni restano per lo più sul piano informale e pragmatico, e si riferiscono più alle azioni intraprese che a un concetto chiaro o a una nozione giuridica6. Da quanto esposto si può affermare che l’apprendimento o formazione permanente così come esplicitato nei documenti comunitari7 presenta una connotazione ampia che contempla, più che una policy, un principio guida o un indirizzo politico finalizzato ad orientare le scelte del decisore pubblico nell’adeguare le politiche formative al principio del lifelong learning. Tuttavia nei singoli contesti europei e in particolare in quello italiano, il dibattito e la conseguente programmazione delle politiche formative ha successivamente tentato di implementare questo principio attraverso specifici indirizzi del sistema di offerta di formazione che, come vedremo, connotano la formazione permanente come una misura con caratteristiche peculiari e caratterizzanti. 3.2 Modelli europei: il community learning Nel contesto europeo, i modelli di programmazione della formazione permanente trovano una loro realizzazione e modellizzazione in base alle politiche educative e alle organizzazioni sociali che, soprattutto al di fuori dei percorsi formali, si collegano ai processi di partecipazione alle attività sociali nell’esercizio della cittadinanza attiva. Un modello che in questa sede ci interessa esplorare è quello del community learning. Sviluppato soprattutto nei paesi anglosassoni e scandinavi e successivamente diffuso anche nei paesi in via di sviluppo, pone l’accento sulla organizzazione di attività educative progettate a partire dai fabbisogni delle comunità e degli individui che in essa vivono, con obiettivi di sviluppo sociale, pari 6 Commissione delle Comunità Europee, Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, Bruxelles, 2000, p. 10. 7 Strategia di Lisbona, Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente della Commissione (2000), Comunicazione della Commissione “Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento permanente” (2001) e Risoluzione del Consiglio sull’apprendimento permanente (2002). Pagina n. 13 opportunità e inclusione sociale. In questo modello, che assume connotazioni specifiche nei diversi luoghi e contesti in cui si sviluppa, si interpreta l’apprendimento soprattutto per la sua dimensione sociale, mettendo al centro della programmazione formativa l’individuo nel suo agire sociale. Mentre i processi educativi sono di solito collegati alla dimensione del capitale umano, il cui potenziamento ha un effetto diretto sull’occupabilità e sul valore economico che la formazione assume nelle società a capitalismo avanzato, il community learning insiste sul valore sociale dell’apprendimento e si collega alla dimensione delle relazioni sociali tra individui in un determinato contesto geografico. Si stabilisce così una prima demarcazione tra gli esiti diretti delle attività formative, che invece di insistere sui risultati legati al reddito e al miglioramento delle condizioni di lavoro si focalizzano sul tema della qualità sociale della vita degli individui. Questo approccio alla formazione fa sì che il community learning persegua l’obiettivo di coinvolgere le persone che non partecipano di solito ai processi educativi formali, per creare le condizioni per lo sviluppo della comunità strettamente collegate alla dimensione dello sviluppo locale in cui essa diventa un laboratorio di apprendimento. Nei singoli contesti sociali il lifelong learning diventa principio organizzativo e bene sociale per favorire un processo di coinvolgimento diretto di tutti gli attori, istituzionali e non, per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo e di inclusione sociale. Tutti i soggetti sociali coinvolti nel processo diventano così protagonisti dei piani di sviluppo locali sviluppando un approccio bottom up che garantisce un alto livello di partecipazione dei destinatari ai processi di pianificazione e implementazione delle politiche pubbliche. La costruzione dei sistemi di community learning, seppur con le dovute differenze, si caratterizza per la presenza di tre concetti fondamentali: - la comunità, intesa come comunità geograficamente caratterizzata e come sistema di relazioni tra individui con interessi comuni; - il network, come sistemi di relazione tra associazioni di volontariato, aggregati sociali, gruppi di interesse e attori istituzionali che insieme costruiscono ed individuano le priorità di intervento; - il learning, inteso come processo di apprendimento che fonde educazione formale, non formale ed informale. Pagina n. 14 I processi di apprendimento nei diversi contesti sociali e nei diversi settori disciplinari contribuiscono così da un lato a potenziare le risorse specifiche delle persone, soprattutto dei soggetti a rischio di esclusione sociale tramite il rafforzamento delle competenze di base e, dall’altro, a contribuire alla partecipazione diretta della comunità ai processi di sviluppo locale. Rispetto alle politiche europee della formazione per tutto l’arco della vita, il community learning rappresenta un contributo essenziale ed originale che gioca un ruolo centrale per combattere l’esclusione sociale. L’apprendimento comunitario, interpretato come agente di cambiamento, contribuisce allo sviluppo individuale, sociale ed economico e più che come settore specifico dell’educazione si configura come modalità di azione nei contesti locali. La capacità degli individui di tutte le età di partecipare attivamente all’apprendimento è cruciale per la qualità della vita nel suo complesso. Attraverso l’apprendimento gli individui possono trovare le soluzioni ai problemi sociali ed economici delle loro comunità contribuendo direttamente alla messa a punto di piani e programmi di azione. Il modello del community learning insiste fortemente sulla relazione dell’apprendimento individuale nei contesti locali per la realizzazione delle strategie di sviluppo, con la finalità di creare una reale cittadinanza attiva per utilizzare le risorse di tutti i rappresentanti della comunità. Il sistema di relazioni e le caratteristiche del modello possono essere schematizzate nel grafico seguente. Pagina n. 15 Figura 1 : il modello del community learning Obiettivi: • Miglioramento e consolidamento delle competenze di base e delle competenze sociali finalizzate ad una più efficace partecipazione degli individui alla vita comunitaria • Aumentare la motivazione e l’autostima dei soggetti più deboli • Migliorare l’efficacia e il raggio di azione delle organizzazioni all’interno delle comunità Apprendimento per i giovani Apprendimento degli adulti Community learning e strategie di sviluppo Capacity building 3.3 Evoluzione delle politiche di educazione degli adulti in Italia: dall’educazione popolare al sistema integrato di formazione permanente Il primo esempio di formazione permanente in Italia è rappresentato da una politica suppletiva di lotta all’analfabetismo attraverso l’educazione popolare avviata nel secondo dopoguerra. Tali attività sono affidate a circoli didattici (istruzione di Stato) e ad altri soggetti del privato sociale (Enti e associazioni, parrocchie, comitati di quartiere) in accordo con i Provveditorati agli Studi. Il conseguimento di un titolo di studio equipollente alla licenza di scuola media viene offerto attraverso i “corsi di richiamo e aggiornamento culturale di istruzione secondaria” istituiti presso scuole Pagina n. 16 elementari o medie. Negli anni ‘50 e ‘60 si assiste ad un forte sviluppo di interventi di educazione degli adulti realizzati in seno al movimento operaio e al volontariato, che progressivamente ampliano la precedente delimitazione dell’educazione degli adulti legata a bisogni formativi aggiuntivi all’alfabetizzazione. Nella cosiddetta lotta al fenomeno dell’analfabetismo di ritorno si riconosce la necessità di interventi tesi al rafforzamento delle competenze di base e la funzione della formazione professionale in senso distintivo rispetto alla mera educazione degli adulti. Nel 1970 la legge n. 300 (Statuto dei Lavoratori) introduce il diritto ai congedi formativi finalizzati agli esami, che tre anni più tardi portò, attraverso un accordo tra le Parti Sociali, all’istituto delle “150 ore” per coloro che intendevano conseguire la licenza della scuola media. Si tratta di un istituto contrattuale che nasce e si realizza in ambito extra scolastico, e che assume le forme di un contratto sociale in cui lo Stato si impegna alla mera assunzione dei costi economici (per i servizi richiesti alla scuola statale dove si realizzavano i corsi). Nel 1977 si realizza, con il D.P.R. n. 616, l’attribuzione delle competenze in materia di educazione permanente alle Regioni, dando luogo ad un modello in cui l’educazione formale degli adulti è gestita dal Ministero della Pubblica Istruzione e l’educazione non formale dalle Regioni. È di questo periodo l’avvio dei corsi per il conseguimento della licenza elementare della durata di 350 ore annue. Nell’arco di 20 anni questi corsi hanno avuto il merito di produrre un ampliamento della domanda di formazione, con la conseguenza di un ampliamento dell’offerta di interventi, che vanno dall’animazione culturale destinata a gruppi emarginati fino ai corsi per l’alfabetizzazione degli immigrati. Nei primi anni ‘80, con la legge 270/82, si realizza una rilevante stabilizzazione del personale impiegato nel canale EDA, e si avviano le prime sperimentazioni all’interno degli istituti scolastici di corsi rivolti ad anziani, giovani drop out, adulti disoccupati ed in mobilità ed immigrati, attraverso progetti che integrano formazione di base e formazione professionale. La novità di queste sperimentazioni può essere individuata nel coinvolgimento di attori legati al territorio (Enti Locali, agenzie formative, biblioteche, associazioni). Nel 1997 l’Ordinanza Ministeriale n. 455 istituisce i nuovi Centri Territoriali Permanenti, che esprimono una rilevante varietà di interventi sperimentali riconosciuti a livello ministeriale, anche se caratterizzati da forti sproporzioni fra le Regioni. Le due più importanti innovazioni di questo periodo riguardano l’apertura di corsi di istruzione nelle carceri italiane e la programmazione di corsi di Pagina n. 17 alfabetizzazione destinati agli immigrati. In questo periodo, fra gli anni ‘80 e ‘90, si assiste ad un progressivo mutamento nella composizione sociale degli adulti che frequentano i corsi EdA (Educazione degli adulti), e l’erosione della partecipazione dei lavoratori che venivano canalizzati nell’offerta di formazione continua. Il sistema EdA, in questo periodo, mette a punto un modello di formazione orientato alla multiculturalità, dando luogo ad una riflessione che coinvolge l’associazionismo culturale impegnato nel sostegno all’immigrazione e il mondo accademico. L’interculturalità viene assunta come principio ordinatore per l’inserimento di adulti e minori nella società italiana. Ma è il ’97 l’anno della svolta, in cui, attraverso l’Ordinanza ministeriale n. 400 vengono diffusi nuovi principi, ovvero: il riconoscimento dei crediti formativi, l’integrazione tra istruzione e formazione professionale, e soprattutto il superamento dell’alfabetizzazione come obiettivo esclusivo della formazione permanente. Si prefigura, di conseguenza, una visione strategica della formazione permanente finalizzata allo sviluppo cittadinanza attiva, una nuova domanda che introduce l’assioma della riferita alla funzione dell’educazione degli adulti. Con l’Ordinanza ministeriale n. 455 del 1997 si recepisce la strategia delineata dalla Conferenza di Amburgo, e si determina l’inserimento dell’EdA nello scenario generale dell’istruzione e della formazione durante tutta la vita, in una prospettiva di crescita e di autopromozione individuale, per il miglioramento della qualità della vita. L’Ordinanza istituisce i Centri Territoriali Permanenti per l’educazione degli adulti, per dare un luogo organizzativo e di offerta per tutte quelle iniziative che fino a quel momento avevano assunto un profilo sperimentale di integrazione. Da questo momento in poi le attività ed i servizi per gli adulti si svolgono in più sedi anche non scolastiche, e sono coordinate dal centro territoriale che ha come riferimento amministrativo e didattico una istituzione scolastica della fascia dell’obbligo e come coordinatore responsabile il suo Capo d’istituto. I CTP sono organismi di analisi dei fabbisogni, di concertazione, di progettazione e attuazione delle iniziative di istruzione e formazione in età adulta finalizzati a: • alfabetizzazione culturale e funzionale; • rimotivazione e riorientamento; • acquisizione e consolidamento di conoscenze e competenze specifiche; • pre-professionalizzazione e/o riqualificazione professionale. Pagina n. 18 3.4 La Conferenza Unificata del 2000 e il modello italiano di formazione permanente L’Italia ha tradotto il quadro di riferimento concettuale e strategico delineato a livello europeo nell’Accordo tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane per riorganizzare e potenziare l’educazione permanente per gli adulti8, a partire dalla Conferenza internazionale di Strasburgo del luglio 1997 che ha adottato l’idea di una “società in formazione” e che riconosce all’adulto il diritto al conseguimento delle conoscenze di base e delle abilità necessarie alla società in trasformazione, fondamentale puntando che, sull’educazione attraverso l’ampliamento permanente delle come opportunità strumento professionali, permetta ai cittadini una seconda chance non solo formativa ma anche nel lavoro. Si è delineata una concezione della politica di formazione permanente che integra l’educazione iniziale e quella continua con crediti e certificazioni, superando la divisione tra “cultura generale” e abilità professionali. La caratteristica peculiare della formazione permanente, nella traduzione italiana, è quella di rivolgersi principalmente alla popolazione adulta con un approccio rafforzativo e di “ponte” fra sistema formativo iniziale e sistema continuo in modo da configurare un’offerta formativa capace di sopperire agli spazi non completamente coperti dai canali target oriented. Si arriva quindi ad una prima definizione concettuale della formazione permanente elaborata dalla programmazione nazionale. Infatti la traduzione del principio generale di apprendimento permanente o lifelong learning si compie, nel caso italiano, attraverso: • un’offerta formativa target oriented, ovvero rivolta a tipologie di destinatari definite a partire da fabbisogni omogenei (formazione per occupati, per diplomati e laureati, per soggetti in condizioni di svantaggio, per dipendenti pubblici, ecc.); • una specifica misura destinata ad un target più ampio, ovvero quella denominata formazione permanente (e coincidente con la misura C4 dei POR Ob. 3 e con la misura 3.8 dei POR Ob. 1 della programmazione 2000-2006), che 8 Conferenza Unificata del 2 marzo 2000. Pagina n. 19 permette sia la copertura di destinatari differenziati per condizioni di accesso (requisiti di base e condizioni sociali), che la fruizione dell’offerta formativa per target specifici collegati anche alla formazione continua. Pertanto l’unico elemento che uniforma il target differenziato della formazione permanente è l’età adulta dei destinatari, riferita ad una popolazione in età lavorativa (25-64 anni) che: • non disponga di un adeguato bacino di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali (non recuperabili nei canali formativi tradizionali) per una partecipazione attiva al mercato del lavoro e alla cittadinanza; • risponda all’esigenza e all’opportunità di ulteriori periodi formativi per il miglioramento della propria condizione sociale od occupazionale. Questa caratteristica “meta target” della formazione permanente è riscontrabile nel documento della Conferenza unificata del marzo 2000, il cui accordo prevede la messa a regime di un sistema di educazione in età adulta sulla base di un approccio integrato al quale concorrono i diversi sistemi ed avrà, quindi, caratteristiche di modularità, interdisciplinarietà e flessibilità al fine di costruire percorsi formativi personalizzati prevedendo una certificazione integrata ed il riconoscimento di crediti utilizzabili nei percorsi di studio e nel mondo del lavoro. La Conferenza Unificata del marzo 2000 dà una definizione puntuale della formazione permanente che configurerà la base per la successiva programmazione 2000-2006 di una policy ben definita, ovvero, “l’educazione degli adulti è costituita dall’insieme delle opportunità educative formali (istruzione e formazione professionale certificata) e non formali (cultura, educazione sanitaria, sociale, formazione della vita associativa, educazione fisico-motoria) rivolte ai cittadini in età adulta aventi per obiettivo la formazione di competenze personali di base nei diversi campi, l’estensione delle conoscenze, l’acquisizione di specifiche competenze connesse al lavoro e alla vita sociale trasferibili e certificabili”. Questa definizione della formazione permanente trova una concreta traduzione ed attuazione nei Programmi operativi nazionali 2000-2006 (PON azioni di sistema Ob. 3, azione C.1.9 e PON Atas Ob. 1, Sottoazione II.1.B.4). Anche questi, infatti, citando espressamente la Conferenza Stato-Regioni del 2000, si sono proposti la Pagina n. 20 finalità di promuovere la messa a regime di un sistema di educazione degli adulti9 che consentisse la personalizzazione dei percorsi formativi individuali e fosse pertanto caratterizzato da modularità, interdisciplinarietà e flessibilità10. Nell’accordo si delinea l’impianto del modello di programmazione e gestione del nuovo sistema come parte del sistema formativo integrato, dando seguito a quanto auspicato dal Patto per lo sviluppo e l’occupazione che prevedeva l’impegno del governo a predisporre un progetto specifico e risorse mirate per la sperimentazione e la messa a regime di un sistema di educazione degli adulti sul quale avviare un confronto e la sperimentazione, d’intesa con le parti sociali e con le rappresentanza delle regioni e degli Enti locali11. L’approccio sviluppato mira ad integrare il sistema della formazione e dell’istruzione soprattutto per quanto riguarda il diritto di cittadinanza e i diversi ambiti di intervento: formazione, orientamento, rimotivazione. Nell’accordo si auspica un’organizzazione a rete dei vari soggetti coinvolti creando un’offerta formativa che seguisse una logica di sistema. Gli obiettivi fondamentali sono quelli di rendere effettivi il diritto di cittadinanza attiva, il diritto della qualità dell’occupazione e il diritto all’istruzione e alla formazione per tutto l’arco della vita. Si fa un esplicito riferimento al recupero dei drop out, all’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, alla lotta alla disoccupazione e all’accoglienza degli immigrati. La formazione permanente assume un valore strategico quale fattore di emancipazione personale e sviluppo locale anche in senso sociale del territorio. Le finalità da perseguire vengono identificate come segue: • il rientro nel sistema formale di istruzione e formazione; • l’estensione delle competenze; • l’acquisizione di specifiche competenze connesse al lavoro e alla vita sociale. Nell’Accordo vengono anche definiti i luoghi dell’educazione degli adulti: 9 La riprogrammazione di metà periodo ha poi ulteriormente specificato tale obiettivo: il livello medio di partecipazione a forme di apprendimento lungo tutto l’arco della vita doveva esser pari ad almeno il 12,5% della popolazione adulta in età lavorativa della fascia d’età compresa tra i 25 e i 64 anni, in coerenza con la SEO, e ciò attraverso la promozione e lo sviluppo di sistemi integrati di offerta di formazione permanente che accrescessero le opportunità di accesso alla formazione per tutte le fasce di cittadini, indipendentemente dalla loro condizione professionale. 10 MEF – DPS, Complemento di programmazione - Pon Ob. 3 "Azioni di sistema", Programmazione 2000-2006, settembre 2000; Complemento di programmazione - Pon Ob. 1 "Assistenza tecnica e azioni di sistema", Programmazione 2000-2006, febbraio 2002. 11 Accordo della Conferenza unificata Stato Regioni e autonomie locali, marzo 2000. Pagina n. 21 • i centri territoriali permanenti; • il sistema dell’istruzione; • il sistema della formazione professionale; • il complesso delle opportunità di educazione non formale (reti civiche, infrastrutture culturali, associazioni e terzo settore). Per quanto riguarda gli attori del sistema si individuano: • il sistema scolastico; • il sistema regionale della formazione professionale; • il sistema dei servizi per l’impiego; • le reti civiche delle iniziative per l’educazione degli adulti; • le infrastrutture culturali; • le imprese; • le associazioni culturali, del volontariato sociale; • le università. Le attività che questi centri possono programmare, in quanto luoghi di concertazione ed iniziativa, sono: • accoglienza, ascolto, orientamento; • alfabetizzazione primaria e di ritorno; • apprendimento della lingua e dei linguaggi; • sviluppo e consolidamento di competenze di base e di saperi specifici; • recupero e sviluppo di competenze strumentali culturali e relazionali; • acquisizione e sviluppo di una formazione o riqualificazione professionale; • rientro nei percorsi di istruzione e formazione in particolare dei soggetti a rischio di esclusione sociale (la scuola secondaria superiore con corsi serali viene evidenziata come un altro baricentro del sistema). Si può concludere che la strategia identificata dalla Conferenza Unificata contestualizza i principi fondamentali del memorandum europeo che interpreta la politica di educazione degli adulti come politica sociale per attivare azioni positive a favore delle categorie a rischio di esclusione sociale e si focalizza sulla necessità di costruire una relazione positiva tra istruzione, formazione professionale e mondo del lavoro, nella consapevolezza delle gravi lacune di competenze di alcune fasce della popolazione che rischiano l’emarginazione. Pagina n. 22 3.5 Il modello di governance definito dalla Conferenza Unificata del 2000 La Conferenza Unificata del 2000 assume il compito di ricondurre a sistema il variegato campo di esperienze espresse dall’educazione permanente in Italia nel corso degli anni ‘90, dando luogo a processi di integrazione tra istituzioni, ambiti di intervento e risorse. Il nuovo sistema integrato di EdA disegnato dalla Conferenza Unificata si muove nella prospettiva del lifelong learning, individuando la necessità di una forte sinergia tra i diversi attori già impegnati nel settore, ovvero: • il sistema scolastico; • il sistema regionale della formazione professionale; • il sistema dei SPI; • le reti civiche; • le infrastrutture culturali (biblioteche, musei, teatri); • le imprese; • le associazioni; • le università. Sotto il profilo della governance istituzionale, a livello nazionale viene costituito un Comitato12 con funzione di individuazione di priorità strategiche e di definizione di indirizzi generali, di allocazione di risorse destinate a tale politica, nonché degli standard minimi del monitoraggio e della valutazione e dei dispositivi di certificazione e di riconoscimento dei crediti. Al livello regionale, ai sensi dell’art. 138 del Decreto Legislativo n. 112 vengono attribuite funzioni di pianificazione e programmazione dell’offerta formativa integrata rivolta agli adulti, e si determina l’istituzione di un Comitato Regionale con funzioni di concertazione relativa alla programmazione, alla promozione, al monitoraggio e alla valutazione del sistema di educazione degli adulti. In particolare, le funzioni demandate alle Regioni riguardano la promozione di un efficace raccordo dei piani di educazione degli adulti con le politiche di sviluppo e occupazionali. 12 Il Comitato è composto da Ministero della Pubblica Istruzione, dal MLPS, dal Ministero dell’Università e della Ricerca, dal Dipartimento per gli Affari Sociali, dalla rappresentanza delle Regioni, degli Enti Locali e delle Parti Sociali. Pagina n. 23 A livello locale le Province concorrono alla programmazione territoriale (comprese le azioni di monitoraggio), mentre ai Comuni ed alle Comunità montane vengono demandati, tra l’altro, i compiti di istituzione dei Comitati locali. Questi configurano la sede della programmazione concertata per la definizione dell’offerta formativa sulla base dei criteri definiti in sede di programmazione regionale. I Comitati locali sono presieduti da rappresentanti dei Comuni e delle Comunità montane e sono composti da rappresentanti degli Uffici scolastici territoriali, della Provincia, dei Comuni, delle Comunità montane, delle Parti Sociali e da rappresentanze delle agenzie formative operanti nel campo dell’educazione non formale. A livello attuativo viene identificata la presenza di operatori specializzati per lo svolgimento delle attività formative, sulla base di un modello di offerta caratterizzato dalla molteplicità di percorsi aperti e flessibili. La gestione e lo sviluppo degli interventi avviene pertanto nell’azione sinergica della scuola, della formazione professionale e dell’educazione non formale. Si stabilisce la possibilità che i Centri Territoriali dell’EdA possano essere ubicati in qualunque tipo e ordine di scuola, e che il modello organizzativo si riferisca, nel finalizzarsi ad un’offerta formativa integrata, ad accordi di rete tra scuole ed altri soggetti formativi pubblici e privati (D.P.R. 275/99). Inoltre, la Conferenza Unificata, sulla base delle leggi 845/78, 236/93, 196/97, definisce uno specifico canale di formazione professionale dedicato agli adulti e realizzato dal sistema regionale attraverso le agenzie formative, e integra compiutamente nel nuovo sistema di offerta il canale dell’educazione non formale realizzato dalle reti civiche, dalle infrastrutture culturali pubbliche, dalle associazioni e dalle università della terza età, prevedendo l’inserimento di questa offerta nella programmazione regionale e locale delle attività, secondo modalità stabilite a livello regionale. Pagina n. 24 3.6 Attuazione della Conferenza unificata del 2000 nei sistemi regionali: limiti e prospettive L’Accordo della Conferenza Unificata del marzo 2000 in materia di formazione permanente ha vissuto un percorso attuativo piuttosto distante dalle attese iniziali. La mancata costituzione del Comitato nazionale anche in conseguenza della Legge Cost. 3/2001 di modifica del Titolo V della Costituzione, che ha introdotto il principio di concorrenzialità istituzionale fra Stato e Regioni per l’attuazione delle politiche formative e del lavoro, ha prodotto una rilevante frammentazione attuativa a livello regionale, rendendo in qualche misura “acefalo” il modello disegnato dalla Conferenza, che si costituiva a partire da un quadro nazionale comune su cui innestare successivamente la contestualizzazione delle politiche di formazione permanente su scala regionale. L’azione di sistema prevista dal PON Ob. 3 e dal PON Atas Ob. 1 per il periodo 2000-2006 che affidava, nel solco della Conferenza Unificata, alla programmazione nazionale il compito di una declinazione omogenea del modello di policy per la formazione permanente, già a partire dal 2002 ha dovuto ripiegare su azioni di profilo meno ampio, quali il supporto alle singole Regioni per la creazione di reti e per le attività di animazione e di sensibilizzazione degli utenti e dei decisori politici. In tal senso le attività di ricerca intraprese dall’Isfol13 sull’offerta, la domanda, i modelli e gli strumenti dell’apprendimento permanente hanno configurato un prodotto suppletivo di quel quadro di dispositivi e metodologie comuni che si inscrivevano nel disegno unitario della Conferenza unificata, mancando tuttavia della forza necessaria per proporre una struttura di requisiti minimi comuni a tutte le Regioni. Ciò non di meno, nella ricognizione delle attuazioni regionali si rintraccia in modo più o meno significativo, almeno per alcune regioni quali il Piemonte, la Toscana, l’Emilia-Romagna, la Provincia autonoma di Trento, il Lazio e la Campania, l’adesione ai principi guida comunitari sulla formazione permanente e la traslazione progressiva delle politiche di istruzione-formazione e lavoro verso il sistema 13 Nell’ambito della programmazione nazionale a titolarità del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale l’Isfol rappresenta il soggetto preposto all’assistenza tecnica alle singole Regioni per la costruzione del sistema di formazione permanente. Pagina n. 25 integrato previsto dalla Conferenza Unificata per la formazione della popolazione adulta. Rimane in eredità alla nuova programmazione 2007-2013 il compito di dare un nuovo impulso alla politica di formazione permanente superando le lacune culturali ancora presenti in alcune regioni, tradizionalmente meno attive sul fronte dell’educazione degli adulti, e pertanto meno preparate a dotarsi di un modello di programmazione autonomo e in grado di attivare e integrare le risorse del proprio territorio. Si rende complessivamente evidente, se si osserva l’attuazione della misura per la formazione permanente nella programmazione operativa regionale FSE 2000-2006 (mis. C3 nei POR FSE Ob.3 e mis. 3.8 nei POR FSE Ob.1 per il periodo 2000-2006), una visione attuativa di segno residuale rispetto alle altre politiche formative, quali la formazione in obbligo formativo, la formazione superiore e la formazione continua, che risente, evidentemente, della mancanza di linee guida nazionali nel senso auspicato dalla Conferenza Unificata del 2000. Tuttavia, anche in coerenza con la riqualificazione della strategia dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013, è in atto un processo di benchmarking fra le Regioni sulla base delle esperienze regionali od europee più avanzate, processo che, in qualche misura, anticipa la ri-definizione di una cornice comune. Attualmente pertanto i livelli fondamentali su cui si gioca la partita della formazione permanente sono quello comunitario (da cui derivano le direttive e gli orientamenti, frutto di una certa sensibilità in tema di formazione e cittadinanza attiva che in Italia spesso manca) e quello locale, dei territori, dove gli operatori si ritrovano spesso a dover risolvere problemi particolari, gestionali, che spesso sfuggono all’osservazione nazionale. Sotto il profilo normativo ad agosto 2007 è stato presentato al Consiglio dei Ministri il disegno di legge Fioroni sull’apprendimento permanente, che è già stato sottoposto alla discussione delle Regioni in sede di Conferenza Unificata. L’impianto della proposta riafferma sostanzialmente il diritto all’apprendimento lungo l’arco della vita. Per quanto riguarda la programmazione nazionale, le azioni di sistema a supporto dei sistemi regionali ripropongono e rilanciano la rete dei referenti regionali allo scopo di addivenire ad un tavolo permanente di scambio e condivisione di metodi e Pagina n. 26 dispositivi comuni a partire dall’elaborazione di leggi regionali che regolino la formazione permanente, in coerenza con la legge quadro nazionale in corso di definizione, contestualizzandola al livello locale. 3.7 L’avanzamento verso gli obiettivi della Strategia di Lisbona L’Italia, ancor più del resto dell’Europa, è ancora lontana dal conseguimento degli obiettivi di Lisbona in tema di formazione permanente: nel 2006 si è registrato, complessivamente e su scala nazionale, un tasso di partecipazione del 6,1% rispetto ad una media europea del 12,5%. Anche se il trend è in crescita, il nostro paese è avanti solo a quelli di recente ingresso e ai paesi dell’Est europeo, mentre tra i paesi membri “storici” dell’Unione Europa siamo davanti solo alla Grecia. Per quanto riguarda nello specifico la Puglia (anche se le medie regionali possono risultare spesso fuorvianti, vista la diffusione a macchia di leopardo del fenomeno), nel 2004 si registra un tasso di partecipazione del 5,2%, rispetto al 6,3% dell’Italia, mentre nel 2005 e nel 2006 il tasso si assesta sul 4,8% rispetto ad una media nazionale rispettivamente del 5,8% e del 6,1%. Tale partecipazione si concentra soprattutto nelle fasce più giovani (25-34 anni), in cui i tassi di partecipazione sono allineati con la media nazionale, mentre restano scoperte le fasce più anziane. Questo dato pone il problema dell’individuazione di dispositivi di programmazione e attuazione in grado di coinvolgere nella formazione le categorie più deboli (donne, anziani, disoccupati con bassi titoli di studio), che tipicamente hanno tassi di partecipazione inferiori al sistema formativo a partire dalle difficoltà di accesso all’offerta. Con le fasce deboli esiste infatti un problema di sensibilizzazione e di comunicazione pubblica per far conoscere le attività offerte, che integri nella strategia di programmazione gli attori delle reti civiche quali le biblioteche, i centri per gli anziani e i centri privati di educazione degli adulti. Sul fronte dell’offerta di formazione permanente, per quanto riguarda i Centri Territoriali Permanenti (cfr. dati sui CTP sul sito dell’Indire14), che rappresentano un segmento fondamentale dell’educazione degli adulti, con l’art. 68 della Finanziaria 14 http://www.indire.it/eda/moni0506/report/login/. Pagina n. 27 200715 saranno dotati di organici propri, di autonomia organizzativa e didattica, ricadendo sotto la gestione provinciale al pari dei Centri per l’Impiego e potranno partecipare ai bandi FSE. Complessivamente i CTP stanno funzionando anche se nel corso degli anni si è assistito ad uno sbilanciamento della loro strategia verso l’utenza meno debole del mercato del lavoro, rendendo in qualche misura esplicita la difficoltà a colpire il target group di riferimento (popolazione adulta con competenze deboli), che potrà essere superata integrando i CTP nella strategia attuativa dei POR. E’ pertanto evidente come la programmazione per il periodo 2007-2013 dovrà riferirsi ad una maggiore integrazione dell’offerta fra attori del sistema accreditato e gli altri attori del privato sociale (o terzo settore), convogliando in un'unica politica la filiera della formazione formale (erogata dal sistema di istruzione e di formazione professionale e destinata ad una certificazione istituzionale delle competenze) con quella non formale e informale (erogata da operatori pubblici e privati e finalizzata all’esercizio della cittadinanza attiva e alla effettività del principio della formazione lungo tutto l’arco della vita come diritto soggettivo). 15 Comma 9 art. 68 Finanziaria 2007 (Altri interventi a favore del sistema dell’istruzione): “Ferme restando le competenze delle Regioni e degli Enti locali in materia, in relazione agli obiettivi fissati dall’Unione Europea, allo scopo di far conseguire più elevati livelli di istruzione alla popolazione adulta, anche immigrata con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana, i centri territoriali permanenti per l’educazione degli adulti e i corsi serali, funzionanti presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, sono riorganizzati su base provinciale e articolati in reti territoriali e ridenominati “Centri provinciali per l’istruzione degli adulti”. Ad essi è attribuita autonomia amministrativa, organizzativa e didattica, con il riconoscimento di un proprio organico distinto da quello degli ordinari percorsi scolastici, da determinarsi in sede di contrattazione collettiva nazionale, nei limiti del numero delle autonomie scolastiche istituite in ciascuna regione e delle attuali disponibilità complessive di organico. Alla riorganizzazione di cui al comma 1, si provvede con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza Unificata a norma del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”. Pagina n. 28 4 Esperienze regionali: i casi delle regioni Campania ed EmiliaRomagna In questo capitolo la ricerca si concentra sull’analisi dei modelli di programmazione della formazione permanente in una regione del centro nord e in una regione del sud. I due modelli proposti possono essere individuati come esempi rilevanti in quanto entrambi presentano un notevole grado di coerenza con gli indirizzi comunitari e si configurano come “sottosistemi” integrati alla cui costruzione hanno contribuito i diversi programmazione attori istituzionali e non. Le caratteristiche della della formazione permanente in questi due sistemi regionali insistono sulla valorizzazione dello strumento della concertazione, con la finalità di mettere a punto un’offerta che metta al centro l’utente nelle sue relazioni con la comunità di riferimento. La costruzione di un sistema di formazione permanente presuppone anche un determinato livello di governance che favorisca l’azione sinergica tra diversi attori per avviare una programmazione partecipata che garantisca una pronta risposta ai fabbisogni espressi. Per evidenziare “l’organicità” del modello abbiamo tentato di evidenziare, in ambedue i casi: il modello di governance, le modalità di concertazione locale, la produzione normativa dedicata alla formazione permanente, tipologia di interventi, target dei destinatari e buone prassi. 4.1 La Regione Campania 4.1.1 Modello di governance La Regione Campania ha una discreta tradizione nel campo della formazione degli adulti, che si fonda sull’esperienza dei Cics negli anni ‘70 per rispondere alla forte domanda di alfabetizzazione proveniente dalla popolazione giovane e adulta. La Regione Campania è stata la prima regione in Italia ad istituire un Comitato Regionale per l’EdA ed è attualmente tra i sistemi più dinamici, avendo al suo attivo, tra l’altro, l’approvazione delle Linee Guida per la costruzione del Sistema Integrato dell’EdA e la sperimentazione di Centri-Sportello per l’EdA. Il modello di Pagina n. 29 governance della Regione Campania ricalca abbastanza fedelmente quello definito dalla Conferenza Unificata del 2000. Dal punto di vista istituzionale e legislativo, il sistema è incentrato sulla Regione, che ha già istituito nell’autunno 2001 (prima tra le regioni italiane) il Comitato Regionale16, a cui spettano le seguenti funzioni: • la definizione di un piano annuale mirato di risorse economiche e finanziarie per l’educazione degli adulti (già previste nella misura 3.8 del POR); • la valorizzazione delle professionalità degli operatori del settore ed il relativo sostegno attraverso una formazione mirata; • la promozione di contesti organizzativi volti a favorire l’integrazione tra istruzione e formazione nella prospettiva della formazione permanente (in stretto raccordo con gli altri percorsi già avviati a livello regionale, quali l’obbligo formativo fino a 18 anni e i progetti Ifts); • la garanzia delle funzionalità delle dotazioni organiche dei CTP rispetto alle tipologie dell’offerta formativa. Le funzioni regionali di legislazione, programmazione, coordinamento, monitoraggio e controllo del sistema di EdA, coerentemente alla legge 4/2005, vengono delegate o attribuite alle istituzioni locali più vicine al cittadino (sussidiarietà verticale), anche in partenariato con le forze sociali ed il mondo della scuola (sussidiarietà orizzontale) secondo le esigenze di efficienza e di efficacia. La Regione approva inoltre gli indirizzi triennali per la realizzazione degli interventi e dei progetti nelle materie costituenti o limitrofi al lifelong learning, tenendo conto delle analisi dei fabbisogni educativi e formativi predisposte dalle Province e dai Comuni. È previsto inoltre il supporto di un gruppo tecnico-scientifico, costituito da esponenti delle Università della Campania. Le Province concorrono con la Regione alla definizione delle scelte di programmazione in tema di EdA, ed inoltre: • predispongono le linee generali per la programmazione territoriale, definendo il quadro complessivo delle risorse disponibili; • programmano i servizi di informazione e pubblicizzazione a livello sovracomunale; • 16 collaborano al monitoraggio del sistema. La prima riunione operativa del suddetto Comitato si è avuta il 31 maggio 2002. Pagina n. 30 A livello locale sono stati definiti gli ambiti territoriali per la costituzione dei Comitati locali e per la dislocazione dei Centri territoriali (delibera di Giunta regionale n° 387 del 2004), di concerto con le Province, l’Anci Campania, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali e l’Ufficio scolastico regionale. Sono stati definiti 33 ambiti EdA (un Centro per ogni 100.000 residenti circa) secondo i seguenti criteri: • piani sociali di zona; • presenza sul territorio di strutture già esistenti (ASL, distretti scolastici, Cpi, CTP, scuole, Istituti Tecnici e Professionali, ecc.); • popolazione residente di età superiore ai 18 anni. I Comitati locali (che operano in accordo con il partenariato e le altre forme di associazionismo previste dai Documenti regionali di programmazione della politica di coesione 2007-2013 per rendere compatibili e complementari gli interventi ordinari e strutturali) avranno le seguenti funzioni: • promozione dell’EdA; • programmazione delle attività territoriali, in linea con i criteri regionali, a partire dall’analisi dei fabbisogni locali; • definizione e programmazione delle risorse; • elaborazione di progetti d’area e del calendario dell’offerta formativa; • formulazione di proposte per l’istituzione e la dislocazione di centri territoriali. 4.1.2 Modalità di concertazione locale A livello operativo, i Comuni concorrono alla formazione del piano provinciale attraverso il metodo della concertazione, che coinvolge su base volontaria l’intera rete locale dei soggetti pubblici e privati operanti nel settore dell’istruzione, della formazione professionale e dell’educazione non formale, ovvero: • il sistema scolastico; • il sistema regionale della formazione professionale; • il sistema dei Spi; • le reti civiche; • le infrastrutture culturali (biblioteche, musei, teatri, ecc.); • le imprese; • le associazioni culturali, di volontariato, del tempo libero, ecc.; Pagina n. 31 • le Università. La Provincia coordina gli apporti programmatori provenienti dai Comuni; concorda con gli stessi le modalità di concertazione e propone un Piano di indirizzo provinciale pluriennale coerente con gli indirizzi strategici regionali in materia di educazione, istruzione, formazione e orientamento. La Regione incentiva l’integrazione funzionale e progettuale di tutti i soggetti coinvolti. 4.1.3 Produzione normativa dedicata alla formazione permanente Il modello regionale così delineato ha visto il susseguirsi dei seguenti step normativi (in ordine cronologico) a livello regionale: • la DGR 1766/2002, che ha avviato il progetto Sefi “Sistema educativo–formativo integrato della Campania”: si è trattato del primo tentativo di definire un sistema regionale di EdA fondato sui principi dell’integrazione e del decentramento, che raccogliesse la tradizione dei Centri Servizi Culturali e Sociali (Cscs)17 e dei Centri di educazione permanente. Tale progetto, realizzato dal Formez e dal Cisem (Centro per l’innovazione e la sperimentazione educativa di Milano) prevedeva, tra l’altro: una ricognizione del quadro normativo, delle esperienze di integrazione e delle buone pratiche già realizzate; una mappatura dell’offerta formativa, delle strutture EdA esistenti e dei fabbisogni formativi dell’utenza adulta; l’elaborazione di modelli innovativi di formazione degli adulti e la formazione degli operatori EdA; la progettazione di una rete educativo-formativa integrata e la strutturazione di un Sistema informativo regionale (Siref); • la DGR 5486/2002, che ha istituito un Comitato di coordinamento regionale composto dal Presidente della Giunta regionale, dal Direttore dell’Ufficio scolastico regionale, dai Presidenti delle Province e da un rappresentante 17 I Cscs furono istituiti già agli inizi degli anni ’70 dal Cipe al fine di sostenere i processi di socializzazione e promozione socio-culturale nel Mezzogiorno. Con la L.R. 11/1979 tali centri sono stati organizzati a livello regionale, mentre con la L.R. 4/1983, la Regione Campania ha definito gli indirizzi programmatici e le direttive fondamentali generali per l’esercizio delle deleghe in riferimento alla promozione culturale e all’educazione permanente. Inoltre, già con la L.R. 30/1985, disciplinante il diritto allo studio, la Regione Campania richiama tra gli obiettivi (art. 2) la necessità di “favorire il completamento dell’obbligo scolastico da parte degli adulti e dei lavoratori”, a conferma della prosecuzione dell’impegno assunto con l’attivazione dei corsi delle 150 ore. Pagina n. 32 dell’Anci, per dare attuazione al trasferimento delle deleghe in materia di istruzione e formazione (come previsto dagli artt. 138 e 139 del D.lgs. 112/98), raccordandosi con il Comitato regionale per l’EdA; • la DGR 387/2004, che ha definito gli ambiti territoriali per il sistema dell’Educazione degli Adulti; • la L.R. 4/2005, contenente Norme regionali per l’esercizio del diritto all’istruzione e alla formazione; • la DGR 794/2006, che ha approvato le Linee-Guida per la Costruzione del Sistema integrato dell’Educazione degli Adulti in Campania. 4.1.4 Tipologia di interventi La Regione Campania ha avviato tre linee strategiche di attività a sostegno del sistema di educazione permanente18: • sperimentazione di attività integrate di EdA attraverso la messa in rete di agenzie educative, formative e culturali già esistenti (CTP, biblioteche, Informagiovani, Enti di formazione, ecc.) e attivazione di Circoli di studio, ovvero esperienze di autoformazione tramite piccoli gruppi autogestiti; • formazione degli operatori e dei docenti EdA (CTP e privati) tramite moduli brevi (60 ore); • accreditamento delle strutture e degli operatori. Tramite i finanziamenti comunitari l’Amministrazione regionale ha messo a bando le seguenti attività19: • percorsi integrati nei settori dell’alfabetizzazione informatica, delle lingue straniere, dell’istruzione di base e dell’alfabetizzazione funzionale, volti all’aggiornamento delle competenze per l’inserimento e il re-inserimento lavorativo e per la partecipazione attiva e consapevole; • corsi di formazione per formatori; • ricerca e analisi di pratiche e metodologie innovative nel campo dell’EdA; 18 Cfr. Regione Campania, “Linee-Guida per la Costruzione del Sistema integrato dell’Educazione degli Adulti in Campania”, pubblicate sul BURC n. 30 del 10 luglio 2006. 19 Cfr. “Il sistema di formazione permanente della Regione Campania”, Scheda informativa a cura dell’Area Sistemi Formativi dell’Isfol (marzo 2003). Pagina n. 33 • sperimentazione di strumentari per l’analisi delle competenze alfabetiche funzionali della popolazione adulta, in raccordo con le ricerche e le analisi dell’Invalsi (Miur); • elaborazione di un manuale operativo per il monitoraggio e la valutazione delle attività formative per gli adulti; • studio, creazione ed organizzazione di centri-sportello a carattere sperimentale in grado di organizzare e gestire servizi di accoglienza, orientamento, personalizzazione dei percorsi formativi nonché il riconoscimento di crediti (quest’ultima attività verrà meglio approfondita del paragrafo dedicato alle buone prassi). 4.1.5 Target di destinatari I destinatari del sistema integrato di formazione permanente campano si rappresentano complessivamente nella popolazione adulta, con particolare riguardo alle fasce deboli (donne, stranieri, disoccupati e inoccupati, popolazione con più di 45 anni, detenuti e individui a rischio di marginalità sociale). Le tabelle che seguono sintetizzano l’utenza complessiva della Regione Campania, ripartita per sede di erogazione, per sesso e per fasce d’età (dati del monitoraggio Indire 2005-200620): Tab. 1 - Iscritti ai corsi EdA erogati presso Tot. iscritti ai corsi EdA: Sedi scolastiche Sedi carcerarie Tutte le sedi v.a. 18.840 1.466 20.306 % 92,8 7,2 100,0 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 20 http://www.indire.it/eda/moni0506/report/login/. Pagina n. 34 Tab. 2 – Iscritti per provincia Province AVELLINO BENEVENTO CASERTA NAPOLI SALERNO Totale Regione Uomini 369 4,8 454 5,9 1.220 15,9 5.028 65,7 584 7,7 7.655 100,0 Tutte le sedi Donne 597 4,7 582 4,6 1.698 13,4 8.243 65,2 1.531 12,1 12651 100,0 Totale 966 4,7 1.036 5,1 2.918 14,4 13.271 65,4 2.115 10,4 20.306 100,0 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 Tab. 3 - Iscritti ai corsi EdA ripartiti per fascia di età da 15 a 19 anni da 20 a 24 anni da 25 a 29 anni da 30 a 34 anni da 35 a 39 anni da 40 a 44 anni da 45 a 49 anni da 50 a 54 anni da 55 a 59 anni da 60 a 64 anni 65 anni e oltre Tot. iscritti Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 2.026 2.445 2.828 2.894 2.759 2.672 1.683 1.140 926 446 487 20.306 10,0 12,0 13,9 14,3 13,5 13,2 8,3 5,6 4,6 2,2 2,4 100,0 4.1.6 Buone prassi Tra le buone prassi individuate in Regione Campania possiamo senz’altro annoverare il progetto “Ag.Or.A’ – Agenzia di orientamento degli adulti. Studio, creazione ed organizzazione di Centri Sportello” per l’EdA21. Si tratta di strutture di raccordo e di supporto ai servizi territoriali già esistenti (CTP e CPI), che erogano i seguenti servizi/funzioni22: • accoglienza, assistenza e orientamento e bilancio delle competenze; • rilevazione e riconoscimento delle competenze (portfolio) e dei crediti acquisiti in contesti formali, non formali ed informali; • monitoraggio dell’utenza e dei fabbisogni formativi e professionali dei destinatari e del territorio; 21 Il progetto è stato presentato in ATS dall’Associazione Smile Campania (Sistema Metodologie Innovative per il Lavoro e l’Educazione), dall’Associazione Logos FormAzione e dal Consorzio Arpa (Agenzia per la Ricerca e la Produzione Avanzata dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”), nell’ambito della Misura 3.8 del POR Campania 2000-2006 “Istruzione e formazione permanente”, in risposta al Bando approvato con DGR n° 4751 dell’11 ottobre 2002. 22 Cfr. Consorzio Arpa, “Domanda e offerta di orientamento in Italia e l’esperienza dei centri sportello EdA in Campania”, in Risorse news, Centro Risorse Nazionale per l’Orientamento, luglio 2005. Pagina n. 35 • attività di animazione, comunicazione e informazione agli istituti scolastici, alle imprese, agli enti e a tutti coloro che ne facciano richiesta; • definizione ed individuazione dell’offerta formativa attraverso la creazione di un data base sulle opportunità formative consultabile dagli utenti e la sperimentazione di modelli formativi innovativi; • supporto alla concertazione e al dialogo tra soggetti pubblici e privati (Regione, Province, Comuni, Associazioni datoriali e di categoria, soggetti responsabili dei Patti Territoriali, Contratti d’Area, Scuole, Enti, Istituti di formazione, Università, ecc.). Nel 2004 è stata avviata la sperimentazione di quattro Centri-Sportello (Napoli, Benevento, Aversa e Salerno)23. Il monitoraggio dei Centri sportello è a cura del Comitato Regionale. 4.2 La Regione Emilia-Romagna 4.2.1 Modello di governance La caratteristica principale del modello emiliano è la forte integrazione del sistema di formazione ed istruzione, regolato in tutti i suoi aspetti dalla legge regionale n° 12/03 (la cosiddetta Legge Bastico24). Questa legge, approvata con delibera n. 107 del 25 giugno 2003, norma l’educazione degli adulti nella Sezione V, riprendendo le indicazioni europee e l’Accordo della Conferenza Unificata del 200025. Tuttavia il modello emiliano è attualmente in fase di ridefinizione: nel 2005 è stato finanziato il progetto “Progettazione di un modello regionale di educazione degli adulti"26, con la finalità di elaborare un sistema di EdA capace di collegare in rete soggetti formativi e istituzioni, e di collocare entro lo stesso orizzonte l’insieme delle 23 Per una descrizione dettagliata del progetto e dei suoi risultati cfr. Isfol, “L’offerta regionale di formazione permanente – Rilevazione delle attività cofinanziate dal Fondo Sociale Europeo”, I libri del Fondo sociale europeo, 2007, pp. 161-175. 24 “Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro”. 25 http://www.eduadu.net/. 26 Azione 6 – Misura C1 - “Invito a presentare progetti da realizzare con il contributo del Fondo Sociale Europeo per il periodo 2004/2005 (Obiettivo 3)” Rif. P.A. 2004-457/RERDelibera N. 406 del 16 febbraio 2005 della Giunta della Regione Emilia Romagna. Pagina n. 36 opportunità formative che consentano alle persone di acquisire strumenti culturali e conoscenze adeguate e di evitare l’obsolescenza di queste e i rischi di emarginazione sociale. Nel giugno 2006 il progetto ha prodotto, tra l’altro, il documento finale “Per tutto l’arco della vita - Impianto per un modello di sviluppo del sistema regionale di Educazione degli Adulti”27, a cura di Plan, dell’Irre dell’Emilia Romagna e del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna. Le riflessioni ed i suggerimenti ivi sviluppati non sembrano ancora aver avuto, a tutt’oggi, una concreta traduzione normativa ed attuativa. Gli aspetti che riguardano la governance dell’intero sistema e la programmazione generale e territoriale sono regolati dal Capo IV della L.R. 12/2003. La programmazione generale del sistema formativo spetta al Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale (art. 44), in particolare per quanto riguarda: • le linee di programmazione e gli indirizzi (triennali) per il sistema formativo e per l'inserimento al lavoro; • l’individuazione degli obiettivi, delle priorità, delle linee d'intervento, nonché del quadro delle risorse finanziarie e dei criteri per il riparto delle risorse da assegnare agli enti locali; • gli indirizzi generali per la programmazione territoriale dell'offerta formativa; • i criteri per la definizione dell'organizzazione della rete scolastica (compresi i parametri dimensionali delle istituzioni scolastiche); • gli atti generali di programmazione relativi all'utilizzo di fondi regionali, nazionali e comunitari; • la definizione degli standard formativi. 27 In estrema sintesi, il documento propone un possibile percorso che, previa opportuna concertazione sociale e istituzionale, preveda i seguenti passaggi da ritenersi non sequenziali, ma interconnessi: • ricognizione dinamica dell’offerta esistente e della domanda sociale di EdA; • individuazione delle sedi di indirizzo, coordinamento, partenariato ai diversi livelli territoriali, secondo quanto previsto dal modello di governance; • emanazione regionale di linee guida per l’EdA come strumenti di pianificazione strategica; • programmi di sviluppo dell’EdA ai diversi livelli (regionale, provinciali, sub-provinciali), in conformità alla programmazione del sistema formativo complessivo prevista dalla L.R. 12/2003; • definizione di un modello di qualificazione dell’offerta condiviso e attivazione di sistemi di miglioramento e sviluppo (come modello di riferimento verso cui tendere); • progettazione e realizzazione di servizi da offrire ai soggetti interessati a partecipare ad un sistema di EdA regionale; • attivazione di strumenti di monitoraggio e controllo del sistema. Per una disamina del progetto, cfr. Silvana Marchioro, "Per tutto l'arco della vita. Impianto per un modello di sviluppo del sistema di Educazione degli Adulti in Emilia Romagna”, LLL Rivista Internazionale di Edaforum, anno 2/ n. 7 28 febbraio 2007, http://rivista.edaforum.it/numero7/edaregioni_marchioro.html. Pagina n. 37 La programmazione territoriale spetta alle Province e ai Comuni (art. 45), incluse la predisposizione di iniziative di EdA e l’individuazione della domanda di formazione espressa dal territorio attraverso la concertazione con le parti sociali, l'associazionismo, le famiglie e gli altri soggetti interessati. In particolare, spetta alle Province l’istituzione dei Centri territoriali per l’educazione degli adulti, compatibilmente con le risorse e le strutture disponibili (comma 8), nonché la programmazione dell’offerta di EdA. La funzione di coordinamento delle Province è esercitata dalle conferenze provinciali di coordinamento (art. 46), che esprimono parere in merito, tra l’altro, anche alla istituzione dei Centri territoriali per l’EdA (comma 3). A tale organismo, che ha funzioni di proposta rispetto all’offerta formativa, possono partecipare i Comuni, singoli o associati, l'amministrazione scolastica regionale, le Università, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le istituzioni scolastiche e gli organismi di formazione professionale accreditati, nonché i soggetti operanti nell'ambito dell’EdA. 4.2.2 Modalità di concertazione locale Anche i luoghi e le sedi di concertazione sono dettagliati dalla “Legge Bastico”, nel capo V, sia per quanto riguarda il sistema formazione e istruzione in generale (art. 48 sulle Consulte regionali, art. 49 sulla Conferenza regionale per il sistema formativo) che l’educazione degli adulti in particolare. Nello specifico, l’organo preposto ad esprimere pareri e proposte anche in merito alla programmazione dell’educazione degli adulti è il Comitato di coordinamento istituzionale (art. 50), di cui fanno parte i seguenti componenti della Conferenza regionale (o loro delegati): • il Presidente della Giunta regionale, o l'assessore competente, che lo presiede; • i Presidenti delle Amministrazioni provinciali; • nove Sindaci; integrato da (comma 4): • il Direttore dell’Ufficio scolastico regionale; • un rappresentante delle università; • la Commissione regionale tripartita (art. 51). Pagina n. 38 Quest’ultimo organismo, nominato dal Presidente della Regione, rappresenta la sede di proposta, verifica e valutazione in merito al sistema formativo e alle politiche del lavoro di competenza regionale, ed ha la funzione di esprimere pareri sia sulle suddette politiche che sui conseguenti atti generali applicativi. Fanno parte della commissione tripartita: • l'Assessore regionale competente, che la presiede; • sei rappresentanti delle organizzazioni sindacali e sei rappresentanti delle organizzazioni datoriali più rappresentative a livello regionale, ed i loro supplenti; • la consigliera di parità. Successivamente, le Linee di programmazione e gli indirizzi per il sistema formativo e per il lavoro (biennio 2005-2006)28 hanno ribadito che l’offerta formativa in ambito EdA è realizzata da: • gli Enti locali; • le istituzioni scolastiche (CTP e corsi serali); • l’Università; • gli organismi di formazione professionale accreditati; • le università della terza età; • le associazioni e i soggetti che erogano attività di educazione non formale per adulti. 4.2.3 Produzione normativa dedicata alla formazione permanente Propedeutico all’elaborazione della “Legge Bastico”, che regola il sistema formativo in tutti i suoi aspetti (dalla certificazione all’orientamento, dall’obbligo formativo alla formazione professionale), è stato l’Accordo dell’8 maggio del 200129, che costituisce il primo atto di riforma in senso federale del sistema scolastico e formativo della Regione Emilia-Romagna. Tale accordo, per quanto riguarda specificamente il settore dell’educazione degli adulti, recepisce sostanzialmente sia 28 Approvate con Delibera del Consiglio Regionale del 26/10/2004 n° 612. Accordo tra la Regione Emilia-Romagna e l’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia-Romagna, le Province ed i Comuni dell’Emilia-Romagna per il coordinamento e il governo integrato dell’istruzione, della formazione professionale e della transizione al lavoro in Emilia Romagna. 29 Pagina n. 39 le direttive della Conferenza unificata del marzo 2000, sia la Direttiva n. 22/200130, che ha tradotto queste ultime in linee guida per la riorganizzazione ed il potenziamento del sistema dell’Eda. Gli atti normativi successivi ed attuativi della “Legge Bastico” sono stati, in ordine cronologico: • le Delibere del Consiglio Regionale 612/200431 e 87/200632 che, in attuazione della suddetta legge, provvedono a riorganizzare i servizi formativi e scolastici, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti logistici e strutturali legati all’offerta (redistribuzione territoriale dei CTP, istituzione di nuovi CTP, ecc.); • le D.G.R. n° 1118/200633 e 1324/200634, che determinano gli stanziamenti a supporto di attività finalizzate alla valorizzazione dell’autonomia scolastica, alla lotta alla dispersione e all’educazione degli adulti; • le varie DGR che mettono a bando le attività da realizzare con il contributo del FSE nell’ambito della formazione permanente, tra cui la Delibera della Giunta Regionale n° 459/200635. Infine, è stato approvato36 il POR FSE 2007-2013 – Ob. 2 Competitività e Occupazione, il cui Asse IV (Capitale Umano) prevede l’attuazione di specifiche azioni di sistema per il potenziamento dell’offerta regionale e locale di lifelong learning. In coerenza con il POR, le “Linee di programmazione e indirizzi per il sistema formativo e per il lavoro 2007/2010”37 ribadiscono la necessità di un più ampio e sistemico sviluppo dell’educazione e formazione degli adulti, attraverso azioni di riorganizzazione della rete dei servizi e dell’offerta, in linea con quanto 30 Direttiva n. 22 del 6 febbraio 2001, “Linee guida per l'attuazione, nel sistema di istruzione, dell'Accordo sancito dalla Conferenza unificata il 2 marzo 2000 per la riorganizzazione e il potenziamento dell’educazione permanente degli adulti”. 31 Linee di programmazione e indirizzi per il sistema formativo e per il lavoro - Biennio 2005/2006. 32 Approvazione degli indirizzi regionali di programmazione territoriale dell'offerta formativa ed educativa e organizzazione della rete scolastica ex L.R. 12/03, anni scolastici 2007/08 e 2008/09. 33 Approvazione e finanziamento delle attività di cui alla propria deliberazione n. 459/2006 sulla valorizzazione dell'autonomia scolastica. 34 Approvazione e finanziamento di ulteriori progetti di contrasto alla dispersione scolastica e di educazione degli adulti di cui alla delibera di G.R. 1118/06 - parziale modifica delibera 1156/06. 35 Invito a presentare progetti per la valorizzazione dell'autonomia scolastica da realizzare con il contributo del Fse per il periodo 2006/2007 - ob. 3. 36 Atto n. 101 del 1° marzo 2007. 37 DGR n. 503/2007. Pagina n. 40 previsto anche dalla legge finanziaria 2007 in materia di Centri provinciali per l’istruzione degli adulti38. 4.2.4 Tipologia di interventi Le linee di programmazione 2005-200639 individuavano, per quanto riguarda l’EdA, due priorità di intervento: • attivare l’architettura sistemica prevista dalla L.R. 12/2003 secondo una logica “bottom-up”; • reimpostare l’offerta in termini di modalità didattiche (modularità, durata, ecc.) e di modalità di accesso (assegni formativi), per renderla adeguata alla diversificazione della domanda, attraverso la costruzione di un’offerta ampia, articolata ed aggiornabile, impostata su moduli trasparenti, leggibili e certificabili. Coerentemente a tali obiettivi, la DGR 459/06 ha messo a bando le seguenti attività: • percorsi per l’acquisizione del certificato di lingua italiana per stranieri; • realizzazione di corsi di educazione degli adulti, svolti in integrazione con enti di formazione professionale, al termine dei quali vengono rilasciate, in via sperimentale, le attestazioni previste dall’Accordo del 28/10/0440. Gli indirizzi regionali 2007-2010 invece, per quanto riguarda l’EdA, si limitano a ribadire l’opportunità di riorganizzare la rete e la distribuzione territoriale dei CTP, onde renderla adeguata a costruire un’offerta formativa che non si appiattisca sull’acquisizione di titoli di studio e sull’alfabetizzazione primaria di adulti stranieri, bensì metta a disposizione di tutti “opportunità formative, coerenti con le loro esigenze e aspettative, in grado di elevarne i livelli culturali e professionali e fruibili anche attraverso il riconoscimento dei crediti acquisiti”41. 38 Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, c. 632. DGR 612/04. 40 Accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane per la certificazione finale ed intermedia e il riconoscimento dei crediti formativi. 41 DGR 87/06. 39 Pagina n. 41 4.2.5 Target di destinatari Le linee di programmazione 2005-2006 davano priorità alla realizzazione di azioni rivolte ai target di utenza rappresentati dagli immigrati e dai giovani non in possesso di titolo di studio o di qualifica professionale. Dai progetti FSE, di cui i CTP sono titolari, si può ricavare un quadro più preciso delle categorie prevalenti di utenti, a favore dei quali si orienta l'attività progettuale dei Centri42: • adulti/e italiani e stranieri in rientro formativo o a rischio di emarginazione, anche in sedi disagiate e lontane dai CTP, cui è data la possibilità di accedere ad informazioni on-line e a moduli didattici con modalità FaD; • adulti con necessità di rialfabetizzazione, o di riconversione/riqualificazione professionale; • lavoratori a rischio di espulsione dal mercato del lavoro; • giovani adulti in cerca di occupazione, giovani in fase di recupero della scolarizzazione, drop-out; • immigrati e stranieri/e, in particolare senza riconoscimento del titolo di studio ottenuto nel paese d'origine; • donne straniere nel settore dei servizi sanitari e di cura, o madri di bambini inseriti nel circuito scolastico; • donne italiane e straniere che vogliono rientrare nel mercato del lavoro o orientate a inserirsi nel settore dell'assistenza alla persona; • cittadini italiani e stranieri che frequentano corsi brevi per arricchimento culturale e acquisizione di competenze trasversali o per attività espressive e tecnicomanuali; • apprendisti italiani e stranieri; • detenuti; • ospiti di comunità per ex tossicodipendenti. 42 Cfr. anche Enzo Morgagni, “La situazione normativa, programmatica ed operativa dell'Educazione degli Adulti in Emilia Romagna. Analisi e proposte per la definizione e l'avvio di un organico piano di sviluppo regionale”, LLL - Rivista Internazionale di Edaforum, anno I / n. 1 - 2 marzo 2005, in http://rivista.edaforum.it/numero1/monografico_morgagni.htm. Pagina n. 42 Le tabelle che seguono sintetizzano l’utenza complessiva dei CTP della Regione Emilia-Romagna, ripartita per sede di erogazione, per sesso e per fasce d’età (dati del monitoraggio Indire 2005-200643): Tab. 4 - Iscritti ai corsi EdA erogati presso Tot. iscritti ai corsi EdA: Sedi scolastiche Sedi carcerarie Tutte le sedi v.a. 26.321 1.030 27.351 % 96,2 3,8 100,0 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 Tab. 5 – Iscritti per provincia Province BOLOGNA FERRARA FORLI-CESENA MODENA PARMA PIACENZA RAVENNA REGGIO EMILIA RIMINI Totale Regione Uomini 2.250 18,9 755 6,3 534 4,5 2.271 19,1 2.606 21,8 1.451 12,2 507 4,2 999 8,4 550 4,6 11.923 100,0 Tutte le sedi Donne 2.838 18,4 965 6,3 589 3,8 2.488 16,1 3.808 24,7 1.977 12,8 740 4,8 1.456 9,4 567 3,7 15.428 100,0% Totale 5.088 18,6 1.720 6,3 1.123 4,1 4.759 17,4 6.414 23,4 3.428 12,5 1.247 4,6 2.455 9,0 1.117 4,1 27.351 100,0% Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 Tab. 6 - Iscritti ai corsi EdA ripartiti per fascia di età da 15 a 19 anni 3.051 da 20 a 24 anni 3.392 da 25 a 29 anni 4.288 da 30 a 34 anni 4.978 da 35 a 39 anni 4.029 da 40 a 44 anni 2.939 da 45 a 49 anni 2.102 da 50 a 54 anni 1.299 da 55 a 59 anni 759 da 60 a 64 anni 377 65 anni e oltre 137 Tot. iscritti 2.7351 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 11,1 12,4 15,7 18,2 14,7 10,8 7,7 4,7 2,8 1,4 0,5 100,0 4.2.6 Buone prassi Il progetto “Produzione e sperimentazione di moduli per l’insegnamento e l’apprendimento dell’italiano L2, come strumento di inserimento sociale”44 è finalizzato alla realizzazione di un servizio di formazione interattiva e a distanza, 43 http://www.indire.it/eda/moni0506/report/login/. Rif. 0062/Rer - finanziamento FSE 2003. Soggetto attuatore: CTP “Caduti della Direttissima” di Castiglione dei Pepoli; partner: la rete di CTP della Regione Emilia Romagna (Vergato, Castel San Pietro, Carpi, Sassuolo, Ravenna e Piacenza) e l’IRRE ER. 44 Pagina n. 43 allo scopo di facilitare l’apprendimento dell’italiano come seconda lingua per stranieri. I materiali ed i temi oggetto del percorso formativo, che si intreccia con l’educazione ai diritti ed ai doveri nella convivenza civile, riguardano il problema della ricerca dell’abitazione, e sono strutturati secondo la matrice dell’Unità di Apprendimento (UdA)45. Il progetto si è caratterizzato per le seguenti strategie progettuali: • realizzazione, sperimentazione e diffusione di percorsi formativi e materiali didattici innovativi (FAD); • ideazione di soluzioni didattico-metodologiche differenziate ed integrate secondo strategie di blended learning e di approcci e metodologie per la personalizzazione/individualizzazione dei percorsi formativi, attraverso prove di ingresso e colloqui orientativi nella fase di accoglienza; • costruzione di una rete fra i CTP che condividono la mission del progetto e si impegnano a trovare soluzioni comuni su problemi logistici (disponibilità delle aule e dei telecentri, presenza di tutor, flessibilità oraria, ecc.); • accessibilità delle sedi di apprendimento; • costituzione di un gruppo di docenti esperti nella cooperazione regionale e nella progettazione didattica46. 45 Tali materiali, sperimentati da 8 CTP della Regione, sono disponibili sul sito http://l2.integrazioni.it (portale www.integrazioni.it). 46 Per una descrizione più dettagliata del progetto (incluse la struttura organizzativa e le modalità di valutazione), e dei criteri in base al quale è stato selezionato come buona pratica, cfr. “Progettazione di un modello regionale di educazione degli adulti - Fase 2: Analisi di sfondo, standard dell’EdA e buone pratiche regionali, nazionali, internazionali”, http://www.eduadu.net/progetti/sviluppo%20modello.htm. Pagina n. 44 5 Il sistema di formazione permanente della Regione Puglia La Regione Puglia non viene annoverata fra le regioni che hanno tradizionalmente puntato su un sistema di formazione permanente. L’offerta formativa per la popolazione adulta a rischio di disoccupazione e di emarginazione sociale risulta piuttosto frammentata e priva del supporto di un indirizzo e di una programmazione di respiro strategico. Gli obiettivi del sistema di formazione permanente si sono limitati a definire una policy “periferica”, rivolta genericamente alla popolazione che non rientra nelle filiere target-group” (formazione superiore, formazione permanente, formazione in obbligo, formazione per soggetti svantaggiati) e non prevedono un raccordo significativo con la programmazione Eda demandata ai CTP. Solo a partire dalla riprogrammazione del 2003 si è avvertita la necessità di dare avvio a quanto programmato dalla misura 3.8 del POR 2000-2006 e progressivamente di ridisegnare la strategia di formazione permanente nella logica dell’integrazione dei diversi sistemi di offerta (apprendimento formale, informale e non formale) e con la finalità di innalzare la qualità complessiva dei percorsi. In questa ottica è maturata nei decisori regionali la consapevolezza che i soggetti istituzionali (Regioni, Province) titolari della programmazione di politiche formative sono in grado di realizzare autonomamente solo la formazione formale o comunque la formazione target-oriented, mentre hanno bisogno di integrarsi con gli altri canali dell’offerta formativa (privato sociale che realizza la formazione non formale e informale) per realizzare un’offerta il cui target sia rappresentato dalle fasce più deboli della popolazione adulta che di fatto è esclusa dall’accesso all’offerta regionale. Questo obiettivo ampio e generale si può conseguire solo attraverso un approccio al partenariato pubblico-privato sociale (associazioni, università popolari, enti non profit) e con un opportuno modello di governance che può, almeno in linea generale, essere adottato a partire dall’architettura definita in sede di Conferenza unificata del marzo 2000. 5.1 Il modello di governance Nel periodo 2000-2003 e nel solco del modello disegnato dalla Conferenza Unificata del marzo 2000 la Regione Puglia ha avviato un raccordo interistituzionale con Pagina n. 45 l’Ufficio scolastico regionale per garantire l’integrazione delle politiche di istruzione formazione e lavoro anche in relazione all’Eda. E’ stato così predisposto un gruppo tecnico interistituzionale composto da rappresentanti della Regione, dall’Ufficio scolastico regionale, dall’Anci, dall’Upi, dall’Uncem e da dirigenti scolastici rappresentativi di ciascun ordine e grado di istruzione. La Regione Puglia nel 2003 era in forte ritardo nell’istituzione del Comitato Regionale previsto dalla Conferenza. E’ stata tuttavia sollecitata la nascita del Comitato locale della provincia di Bari e del Comitato previsto dall’Accordo del 19/03/2001 sottoscritto da 12 Comuni della provincia di Foggia con l’Amministrazione provinciale, gli Uffici scolastici territoriali, l’Asl, il Centro per l’impiego, alcune agenzie formative, parti sociali, associazioni di categoria e di volontariato. L’Ufficio scolastico regionale ha operato in materia di educazione degli adulti in diverse altre direzioni. Ha definito i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie per il funzionamento e le attività dei CTP, riservando quote dei fondi Cipe alla realizzazione di progetti pilota di integrazione per l’Eda e del programma “Euro: la nuova moneta unica europea” (e.f. 2000). Ha supportato la progettualità delle istituzioni scolastiche nell’adesione al PON “La scuola per lo sviluppo” del Miur e favorito la formazione dei docenti impegnati nel settore Eda. Ha effettuato un monitoraggio sui CTP, la loro offerta formativa e l’utenza. 5.2 Produzione normativa dedicata La Regione Puglia ha emanato la Legge regionale 42/80 sul diritto allo studio che: • recepisce le competenze trasferite alla Regioni attraverso il D.P.R. 616/77; • indica gli Enti di cui la Regione si avvale per la gestione delle attività di formazione non formale; • istituisce il Servizio regionale per l’orientamento e i centri regionali dei servizi educativi e culturali (CRSEC) dedicati alla formazione degli adulti. Nel 2000 con la Legge regionale 24/2000 in attuazione del D.Lgs. 112/98 la Regione demanda agli Enti locali compiti di educazione degli adulti. Pagina n. 46 5.3 La filiera EdA in Puglia Attualmente la rete di educazione degli adulti in Puglia è costituita da 40 CTP e 102 istituti di istruzione secondaria di II grado gestori di corsi serali47, per un totale di 142 punti di offerta Eda, concentrati soprattutto nella provincia di Bari (18 CTP e 41 scuole serali). Mentre gli istituti di istruzione secondaria dipendono dal Ministero dell’Istruzione, i CTP dipendono dal C.S.A. (Centro Servizi Amministrativi - ex Provveditorato agli Studi) della Provincia di riferimento. Presso i CTP operano circa 362 unità di personale docente (di cui 67 docenti di Scuola Elementare e 4 di sostegno) e 109 unità di personale tecnico amministrativo48. 5.3.1 Tipologia di interventi Le principali linee di attività avviate dai centri Eda della Regione Puglia sono49: • corsi di recupero per il conseguimento di un titolo di studio del primo ciclo di istruzione, suddivisi in corsi di alfabetizzazione culturale di scuola primaria (ex licenza elementare), e corsi di scuola secondaria di I grado (ex licenza media); • percorsi di studio finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore (progetto Sirio50), o di una qualifica professionale (questi ultimi presenti nel 10% dei CTP); • corsi di lingua italiana per stranieri e per l’integrazione sociale (presenti in un quarto dei CTP); • attività laboratoriali e corsi brevi modulari per l’alfabetizzazione funzionale (informatica e multimedialità, lingua straniera, educazione artistica e manuale, educazione sanitaria, alimentare, alla persona, ambientale, ecc.); 47 http://www.indire.it/, dati 2005-2006. Dati 2002 dell’Ufficio scolastico regionale della Regione Puglia (http://www.puglia.istruzione.it/eda/eda.shtml). 49 Cfr. “Il sistema di formazione permanente della Regione Puglia”, Scheda informativa a cura dell’area Sistemi Formativi dell’Isfol (marzo 2003). 50 Nell’anno scolastico 2001-2002 sono stati attivati 44 corsi SIRIO (corsi a funzionamento serale per adulti negli istituti di istruzione secondaria superiore): 23 in provincia di Bari, 2 in provincia di Brindisi, 9 in provincia di Foggia, 2 in provincia di Lecce ed 8 in provincia di Taranto. Due nuovi corsi SIRIO sono stati autorizzati per il 2002/2003. Sul progetto Sirio cfr. la ricerca azione "Continuità, orientamento e valutazione in età adulta", promossa dall’Ufficio Scolastico Regionale per la regione Puglia. 48 Pagina n. 47 • percorsi integrati di recupero scolastico, qualificazione professionale e avviamento al lavoro, destinati ad adulti in situazioni occupazionali diverse (lavoratori, disoccupati, casalinghe, drop out), che hanno coinvolto sia il sistema della formazione professionale che le imprese51; • attività di formazione rivolte ai detenuti52. La tab. 3.1 descrive il numero e la tipologia dei corsi Eda attivati sia dai CTP che dalle scuole serali, e gli iscritti per ciascuna tipologia (in valore assoluto ed in percentuale, dati tratti dal monitoraggio Indire 2005-2006). Tab. 7 – Iscritti ai corsi Eda e tipologia dei corsi Corsi EdA ripartiti per tipologia Totale corsi del primo ciclo di istruzione Corsi di alfabetizzazione culturale di scuola primaria (ex licenza elementare) Corsi di scuola secondaria di I grado con esame di stato Percorsi di studio finalizzati al conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore e/o di qualifica (corsi serali) Corsi a favore di cittadini stranieri per l’integrazione linguistica e sociale Corsi brevi modulari, di alfabetizzazione funzionale Totale corsi EdA Iscritti ai corsi EdA ripartiti per tipologia di corso 3.705 18,7 189 25,4 54 7,3 631 135 18,1 13053 Iscritti ai corsi EdA organizzati dai CTP 3.705 30,3 3,2 631 5,2 3.074 15,5 3.074 25,1 17,5 7.390 37,4 0 0,0 43 5,8 708 3,6 708 5,8 381 51,3 7.975 40,3 7.815 63,9 743 100,0 19.778 100,0 12.228 100,0 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 In particolare, l’attività dei CTP è caratterizzata da corsi per il conseguimento della licenza di scuola media, verso i quali vi è una forte domanda, espressa in prevalenza dall’utenza maschile; da corsi di alfabetizzazione primaria, meno diffusi e a prevalente domanda femminile; da corsi brevi di alfabetizzazione funzionale e attività laboratoriali. 51 I progetti, che si proponevano la sperimentazione di nuove strategie di inserimento sociale, comprendevano attività congiunte di progettazione, orientamento, formazione integrata, stage in contesti lavorativi, formazione dei formatori, messa a punto di strumenti per l’accoglienza, per l’etero e autovalutazione, per il riconoscimento delle competenze. 52 Le sedi carcerarie attivate dai CTP sono 9, mentre 5 CTP hanno attivato anche scuole carcerarie. In questi contesti vengono organizzati corsi di alfabetizzazione primaria e per il conseguimento della licenza di scuola media, corsi brevi di educazione ambientale, alla salute, teatro, cinema, poesia e corsi di formazione professionale (art. 2 L.R. n. 54/78). 53 Dato tratto dall’Anagrafe scuole statali dei Servizi Informativi del Ministero della Pubblica Istruzione, a.s. 2006-2007 (http://www.trampi.istruzione.it/ricScu/start.do). Pagina n. 48 Per quanto riguarda questi ultimi, la tab. 3.2 riporta il numero di corsi attivati nella regione Puglia nell’a.s. 2005-2006, in valore assoluto ed in percentuale, e le relative iscrizioni54; dati da cui si evince la preponderanza (in termini sia di numero di corsi attivati, che di numerosità degli iscritti) dei corsi di alfabetizzazione linguistica ed informatica. Tab. 8 – Tipologia dei corsi attivati di alfabetizzazione funzionale e attività laboratoriale (corsi e iscritti) Tipologia corsi N° corsi attivati Iscrizioni v.a. % v.a. % alfabetizzazione linguistica (inglese, spagnolo, francese, 83 21,8 2.078 21,7 tedesco, ecc.) alfabetizzazione informatica e multimedialità: 166 43,6 4.416 46,3 animazione teatrale 4 1,1 49 0,5 attività motorio-sportiva 8 2,1 238 2,5 avvio alla formazione professionale e orientamento di base 25 6,5 776 8,1 cultura generale 18 4,7 414 4,3 educazione all'immagine (linguaggio filmico, fotografico, ecc.) 8 2,1 164 1,7 educazione alla persona (alimentare e sanitaria) 9 2,4 209 2,2 educazione alla sicurezza (ambientale e personale) 4 1,1 71 0,7 educazione artistica (arte, beni culturali) 6 1,6 149 1,6 educazione espressiva (grafico-pittorica, plastica, letteraria, 26 6,8 498 5,2 ecc.) educazione musicale 2 0,5 26 0,3 Altro 22 5,7 471 4,9 Totale 381 100,0 9.559 100,0 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 5.3.2 Target di destinatari Le tabelle che seguono sintetizzano l’utenza complessiva dei corsi attivati dai CTP della Regione Puglia, ripartite per sede di erogazione, per sesso e per fasce d’età (monitoraggio Indire 2005-2006), dati questi che, oltre ad evidenziare una buona partecipazione femminile, confermerebbero quanto detto a proposito della difficoltà di coinvolgimento delle fasce più deboli, in particolare degli anziani (cfr. par. 1.6). 54 Essendo tali corsi strutturati in moduli che prevedono spesso più livelli, uno stesso discente può iscriversi nell’arco dell’anno scolastico anche a più di un corso. E’ questo il motivo per cui il numero complessivo degli iscritti (7.975) è inferiore al numero complessivo delle iscrizioni (9.559). Pagina n. 49 Tab. 9 - Iscritti ai corsi EdA erogati presso Tot. iscritti ai corsi EdA: Sedi scolastiche Sedi carcerarie Tutte le sedi v.a. 11.842 386 12.228 % 96,8 3,2 100,0 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 Tab. 10 – Iscritti per provincia Province BARI BRINDISI FOGGIA LECCE TARANTO Totale Regione Uomini 2.071 41,5 452 9,0 527 10,6 752 15,1 1.186 23,8 4.988 100,0 Tutte le sedi Donne 3.105 42,9 575 7,9 548 7,6 1.314 18,1 1.698 23,5 7.240 100,0 Totale 5.176 42,3 1.027 8,4 1.075 8,8 2.066 16,9 2.884 23,6 1.2228 100,0 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 Tab. 11 - Iscritti ai corsi EdA ripartiti per fascia di età da 15 a 19 anni da 20 a 24 anni da 25 a 29 anni da 30 a 34 anni da 35 a 39 anni da 40 a 44 anni da 45 a 49 anni da 50 a 54 anni da 55 a 59 anni da 60 a 64 anni 65 anni e oltre Tot. iscritti 1.204 1.305 1.688 1.733 1.706 1.621 1.149 668 522 276 356 9,8 10,7 13,8 14,2 13,9 13,3 9,4 5,5 4,2 2,3 2,9 12.228 100,0 Fonte: Monitoraggio Indire 2005-2006 5.4 La partecipazione degli over 18 anni ad attività di formazione formale (corsi di studio), non formale (corsi di formazione), informale (autoformazione) in Puglia Il dato complessivo sulla partecipazione ad attività di studio, di formazione e/o di autoformazione55 nella regione Puglia (tab. 3.6) è inferiore alla media nazionale: 55 Ricordiamo che solitamente si distinguono tre tipologie di attività formative rivolte agli adulti: 1) formazione formale (formal education), che si svolge all’interno di percorsi istituzionali (scuola e università), compresi gli interventi compensativi verso coloro che non hanno usufruito della formazione iniziale (licenza elementare e media); 2) formazione non formale (non formal education), che si colloca “al di fuori delle principali strutture d’istruzione e di formazione e, di solito, non porta a certificati ufficiali” (Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente), pur essendo intenzionale e strutturata in termini di obiettivi di apprendimento, di tempi o di risorse (allegato 2 alla Comunicazione del 21 novembre 2001); Pagina n. 50 solo il 36,1% (rispetto ad una media nazionale del 41,7%) dichiara di aver svolto questo tipo di attività, e si tratta nella maggioranza dei casi (53,2%) esclusivamente di corsi informali di auto-formazione. Tab. 12 - Persone di 18 anni e più per frequenza di corsi di studio, e/o formazione e/o autoformazione REGIONI Frequenta corsi di studio, e/o formazione, e/o Hanno effettuato autoformazione Sia corsi di Solo corsi Solo corsi No Sì di cui studio e/o di autodi studio Corsi di Corsi di Corsi di formazioformazione e/o di formazione autofordi ne, sia autoformazione mazione studio formazione Puglia 63,9 36,1 7,9 11,3 31,0 14,1 53,2 32,7 Emilia55,2 44,8 6,3 19,9 38,7 13,5 48,8 37,7 Romagna Campania 65,7 34,3 7,4 9,9 29,3 14,4 56,8 28,8 Italia 58,3 41,7 7,2 16,3 35,8 14,3 51,0 34,7 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative Raramente (tab. 3.7) si arriva a frequentare tali corsi dopo una ricerca attiva di informazioni (solo il 6,8% dei soggetti dichiara di averlo fatto, rispetto ad una media nazionale dell’8,2%, e di questi l’81,6% ha trovato le informazioni che cercava). I canali di informazione privilegiati restano internet (63,5%, percentuale superiore di quasi dieci punti al dato nazionale del 54,1%), la rete informale di familiari, amici e colleghi di lavoro (35,2%), i centri di informazione (19,9%), i mass media (17,9%). Tab. 13 - Persone di 18-64 anni che hanno cercato e trovato informazioni su corsi di formazione per fonte da cui hanno ottenuto le informazioni Libri Altro Internet Mass AssoAssoIstituto Centri REGIONI Familiari, Datore media ciazioni ciazioni di di infordi amici, (Tv, culturali, di istruziomazione lavoro colleghi radi catene o di (informadi lavoro dio, volongoria formagiovani, giortariato zione ecc.) nali, ecc.) Puglia 35,2 5,7 19,9 13,8 6,6 3,7 63,5 17,9 9,3 8,0 Emilia28,1 7,9 18,0 15,3 8,9 10,0 56,6 12,2 7,2 10,2 Romagna Campania 47,8 8,2 16,4 13,8 10,7 3,1 55,4 14,8 4,4 3,2 Italia 40,8 8,1 14,3 14,8 10,7 5,6 54,1 15,0 5,9 6,9 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative 3) formazione informale (informal learning), corollario naturale della vita quotidiana, non necessariamente intenzionale, non strutturata e di norma non sfocia in una certificazione (cfr. anche Isfol 2003, L’offerta di formazione permanente in Italia - primo rapporto nazionale, pp. 37-38). Pagina n. 51 5.4.1 La partecipazione alle attività di formazione formale (corsi di studio) I corsi di studio formali, ovvero finalizzati al conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica riconosciuta, sono seguiti principalmente per motivi personali (52,5% rispetto ad una media nazionale del 55,7%), anche se la percentuale di individui che dichiara di seguire il corso principalmente per motivi di lavoro (42,7%) è superiore alla media nazionale (39,8%). Si tratta, in genere, di corsi che durano dalle 101 alle 300 ore (24,1% dei soggetti pugliesi intervistati), ma è elevata anche la partecipazione a corsi che durano più di 1000 ore (23,2%). I corsi sono per la stragrande maggioranza dei casi gratuiti (tab. 3.8) ma, qualora si tratti di corsi a pagamento, sono soprattutto le famiglie a sostenere le spese di iscrizione, sia a livello regionale che nazionale (rispettivamente l’85,5% e il 78% dei partecipanti). Tab. 14 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato corsi di studio, per spese di iscrizione e soggetto che ha sostenuto le spese REGIONI Il corso prevedeva Chi ha sostenuto le spese di iscrizione (*) spese di iscrizione Puglia EmiliaRomagna Campania Italia Fonte: Istat (2006), Sì No Da solo La famiglia Il datore di lavoro 16,8 14,4 81,4 84,3 22,7 36,7 85,5 72,0 0,6 5,5 15,9 79,6 19,0 89,7 2,1 15,6 81,3 30,5 78,0 2,4 La partecipazione degli adulti ad attività formative Regioni, Enti locali o altre istituzioni pubbliche56 6,6 7,4 Altro 9,5 8,5 0,9 0,8 - Riguardo all’argomento del corso di studio frequentato (tab. 3.9), i dati indicano, coerentemente al dato nazionale, una preponderanza delle scienze sociali, economiche e giuridiche (32,1%), seguiti dai corsi di letteratura ed arte (17,4%), mentre poco frequentati sono i corsi di cultura generale (4,1% dei soggetti). 56 Ad esempio, attraverso lo strumento dei voucher formativi. Pagina n. 52 Tab. 15 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di studio per argomento del corso REGIONI Cultura generale Insegnamento, formazione e scienze della educazione Letteratura ed arte Puglia 4,1 10,3 5,2 4,9 EmiliaRomagna Campania 8,3 5,6 Italia 8,7 5,4 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli 5.4.2 La partecipazione Scienze sociali, economia e giurisprudenza 17,4 18,0 32,1 33,4 Scienze fisiche e naturali, matematica, statistica, agraria, veterinaria e informatica 8,7 6,7 Ingegneria, manifattura e costruzioni Salute, welfare e servizi Argomento non indicato 8,6 11,4 11,2 14,2 7,6 6,1 8,1 7,4 6,6 10,7 9,3 12,2 7,7 7,3 21,5 32,9 19,5 28,7 adulti ad attività formative alle attività di formazione non formale (corsi di formazione) Abbastanza divergenti sono le scelte di coloro che frequentano corsi di formazione non finalizzati al conseguimento di una qualifica o di un titolo di studio, rispetto a coloro che frequentano corsi di studio formali (tab. 3.10). Qui la Puglia registra una netta preferenza per i corsi sui servizi (22,2%), che superano di poco i corsi sulle scienze sociali, economia e giurisprudenza (21,9%), mentre continua ad essere sotto la media nazionale la frequenza ai corsi di letteratura ed arte (16,3%, rispetto al 17,2% nazionale). Tab. 16 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di formazione per argomento del corso Servizi ArgoSalute IngeInformaScienze Scienze Insegna- LetteraREGIONI Promento e gneria, tica e fisiche e sociali, tura ed mento, grammi sconowelfare maniuso del naturali, econoarte formagenerali sciuto fattura commatemamia e zione e e coputer giurispru- tica, stascienze strutistica, denza dell'edu zioni agraria cazione e veterinaria Puglia 1,7 4,2 16,3 21,9 Emilia3,0 4,0 15,5 23,0 Romagna Campania 4,8 3,0 11,8 20,9 Italia 2,5 3,2 17,2 22,1 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività 2,6 1,9 3,0 2,2 formative 6,2 10,1 5,0 4,3 8,5 9,9 22,2 18,9 11,4 9,4 9,6 8,7 4,9 5,6 10,5 11,0 20,0 18,5 11,5 9,0 Questo tipo di corsi, a differenza dei corsi formali, sono frequentati principalmente per motivi di lavoro (61,4% degli intervistati, rispetto ad una media nazionale del Pagina n. 53 65,3%), mentre il 35% dei soggetti li hanno svolti per motivi principalmente personali (media nazionale 31,8%). La tab. 3.11 analizza nel dettaglio le motivazioni dei partecipanti, tra le quali spiccano la necessità di ampliare le conoscenze e le competenze su un determinato argomento di interesse (46,4%), e la speranza di poter svolgere meglio il proprio lavoro e/o aumentare le possibilità di una promozione (40,9%): motivazione, quest’ultima, che probabilmente riguarda molti di coloro che sono impegnati in percorsi di formazione continua all’interno delle aziende. Tab. 17 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di svolto Per Sono Per Per Per REGIONI Per ottenere stato prevenire aumenta- iniziare poter conoobbligato una re le posun evensvolgere scenze, a parteattività sibilità di tuale rimeglio il compecipare privata trovare schio di mio tenze un lavoro perdere lavo-ro utili o per il lavoro e/o nella camaumenvita biare latare le quotivoro, possibilidiana protà di fessione una promozione Puglia 40,9 3,2 15,9 4,0 9,9 21,9 Emilia46,8 1,1 11,1 1,7 13,0 20,5 Romagna Campania 43,5 1,9 18,6 3,9 7,9 21,6 Italia 43,3 2,3 13,4 3,0 12,9 21,4 Fonte: Istat (2006) La partecipazione degli adulti ad attività formative formazione, per motivo per cui lo ha Per ampliare le conoscenze e le competenze su un argomento di mio interesse Per conseguire un attestato Per conoscere persone nuove, per divertimento Altro 46,4 38,7 21,0 11,6 17,4 14,3 4,7 6,1 45,3 44,0 20,6 14,6 12,0 15,4 4,3 4,1 Tutte le altre motivazioni non si discostano molto dal dato nazionale, sia in termini di ranking che di percentuale: in Puglia sembrerebbero però più numerosi, rispetto alla media nazionale, coloro che sentono la necessità di conseguire un attestato (21% rispetto al 14,6%), magari anche per aumentare le possibilità di trovare un lavoro o per cambiare professione (speranza che, a livello regionale, si attesta al 15,9% rispetto al 13,4% nazionale). Notevole anche la percentuale, sia regionale che nazionale, di chi sceglie di fare formazione semplicemente per divertimento (rispettivamente 17,4 e 15,4%) o per ottenere conoscenze e competenze utili nella vita quotidiana (attorno al 21%). Del resto, il livello di utilizzo delle conoscenze e/o competenze acquisite è sostanzialmente in linea con il dato nazionale: 79,2% tra “abbastanza” e “molto” (79,7% il dato nazionale). I corsi di formazione in genere durano meno dei corsi di studio: in Puglia, come nel resto d’Italia, la maggioranza relativa dei corsi (16,7%) dura più di 81 ore, ma c’è Pagina n. 54 anche una discreta percentuale di partecipanti a corsi che sono durati meno di 8 ore (13,8%). Per contro, l’onere economico è sicuramente maggiore rispetto ai corsi di studio (tab. 3.12): in quasi la metà dei casi (42,6% in Puglia, 48,4% in Italia) il corso prevedeva spese di iscrizione, a carico soprattutto del partecipante (65,9%) o della sua famiglia di origine (23,6%). Più raro l’apporto finanziario di regione, enti locali o altre istituzioni pubbliche (7,5%), ad esempio sotto forma di voucher formativo. Tab. 18 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato corsi di formazione, per spese di iscrizione, soggetto che ha sostenuto le spese REGIONI Il corso prevedeva Chi ha sostenuto le spese di iscrizione spese di iscrizione Sì No Da solo La famiglia Il datore di lavoro Puglia 42,6 52,6 65,9 23,6 16,9 Emilia49,5 47,4 62,8 12,9 27,0 Romagna Campania 45,4 50,8 52,3 49,0 12,4 Italia 48,4 48,3 58,8 22,3 24,2 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative Regioni, Enti locali o altre istituzioni pubbliche 7,5 8,8 Altro 8,3 8,4 2,6 3,7 4,4 3,9 In Puglia, ancora più che nel resto d’Italia, una discreta quota di formazione non formale viene erogata dai CTP e da altri enti tradizionalmente deputati alla formazione formale (scuola e università) (tab. 3.13). Tab. 19 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato almeno un corso di formazione per ente che ha erogato la formazione Privati Altro Non Centro di Università Camere Istituti Datore OrganizREGIONI Scuola, indicato popolare, cittadini di formaziozazione di priuniversità, della ne commerlegata lavoro vati la Centro terza profescio, al cui Territoetà o del sionale struttudatore attività riale Pertempo lire di manente principale bero, educatilavoro non è la (CTP) orgave comuformanizzazioni nali, zione no-profit organizzazioni sindacali Puglia 20,8 7,8 21,6 6,8 3,4 7,1 5,1 11,1 12,3 4,0 Emilia13,8 9,4 28,7 9,2 4,0 7,6 5,6 4,9 13,0 3,7 Romagna Campania 23,1 11,1 16,8 8,5 6,4 10,3 2,7 7,4 7,8 6,0 Italia 14,9 8,5 24,9 9,8 5,5 7,0 5,6 7,2 11,2 5,4 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative Se si escludono i datori di lavoro e le organizzazioni datoriali, le cui attività riguardano essenzialmente la formazione continua, spicca il ruolo che sono riusciti a Pagina n. 55 ritagliarsi i privati cittadini (ad esempio tramite lezioni private) che, con una percentuale che supera di quasi quattro punti la media nazionale (11,1%), risultano essere tra i principali erogatori di formazione agli adulti in Puglia. Dal confronto con i benchmark nazionale e regionali emerge la necessità di rilanciare, nel territorio in esame, gli altri attori tradizionalmente erogatori di formazione non formale: i centri di formazione professionale, le organizzazioni sindacali, le Università popolari. Da notare, infine, che in Puglia la percentuale di soggetti che ha svolto il corso del tutto o in parte a distanza è superiore alla media nazionale (12% rispetto all’8,5%). 5.4.3 La partecipazione alle attività di formazione informale (autoformazione) Le attività informali, sia a livello nazionale che regionale, sono caratterizzate dalla massima gamma di possibilità, in termini di soggetti promotori, soggetti fruitori, contenuti, durata, modalità di erogazione, come si intuisce dalla tab. 3.15. Tab. 20 - Persone di 18-64 anni che hanno effettuato almeno un'attività di autoformazione per modalità di apprendimento Altro Parteci- FrequenParteciParteciAttraUtilizUtilizREGIONI Impatando pando pando a pando a verso zando zando rando bia fiere e/o visite la teleil pc, mateda blioteche gruppi mostre di guidate visione, Internet riale a amici, o centri di prodotti a la radio, parenti, stampa di studio industriamusei, materiacolleghi formali e/o siti stole video zione comrici, merciali aree naturali, aree industriali, ecc Puglia 53,2 57,5 52,5 39,1 14,1 21,4 10,5 12,1 2,7 Emilia50,9 66,1 63,4 34,2 21,9 24,4 8,0 15,6 2,2 Romagna Campania 55,8 58,8 55,5 42,5 14,2 17,3 14,3 11,9 2,5 Italia 55,4 63,3 57,6 36,6 17,3 22,5 10,5 13,0 2,9 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative Molto diffusi sono, ad esempio, l’utilizzo di giornali (57,5% in Puglia, 63,3% in Italia), lo scambio tra pari, amici, parenti, colleghi (rispettivamente 53,2% e 55,4%), l’utilizzo delle nuove tecnologie, anche se in questo caso il dato pugliese si discosta non poco, ed in negativo, dal dato nazionale (52,5% rispetto al 57,6%). Si tratta, insomma, di attività di volta in volta definite come ricreative, culturali, di tempo libero, educative, risultanti dalle opportunità “fortuite” della vita quotidiana, non esplicitamente né intenzionalmente formative e pertanto non strutturate, né in Pagina n. 56 termini di obiettivi di apprendimento, né per quanto riguarda tempi e risorse: televisione, radio (39,1%); fiere e mostre (21,4%); musei e visite guidate (14,1%); biblioteche (12,1%), ecc. Ancora scarso, anche se in linea con la media nazionale, il ricorso ai gruppi di studio (10,5%). 5.4.4 Ostacoli, difficoltà e problemi I dati forniti dall’Istat rappresentano una fonte di informazioni preziosa per quanto riguarda le priorità su cui bisogna lavorare per costruire un sistema di formazione permanente tarato sulle esigenze del pubblico, sia in termini di ostacoli da rimuovere e di problemi da risolvere, che di potenzialità da sfruttare. Ad esempio, un dato incoraggiante che emerge dalla tab. 3.16, è che in Puglia la percentuale di persone che ha incontrato difficoltà durante l’attività di studio e/o di formazione (64,7%) è sensibilmente inferiore sia al dato nazionale (69,8%) che al benchmark emiliano (74,9%). Tab. 21 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato corsi di studio e/o formazione per tipo di difficoltà incontrata durante la formazione REGIONI Tipo di difficoltà riscontrata Hanno trovato difficoltà durante l'attività di studio e/o formazione Altro La Non mi Luogo di L’attività Non Sì No I costi formazione piaceva svolgiera avevo del non era l’idea di mento orgal’appoggio corso ade-guata tornare difficile nizzata del datore erano ala scuola da ragin orari di lavoro troppo le mie giungere scomodi elevati aspettative Puglia 64,7 35,3 41,6 2,9 33,8 33,6 8,6 17,4 6,7 Emilia74,9 25,1 41,4 6,9 35,3 28,3 2,3 24,9 8,8 Romagna Campania 62,4 37,6 43,5 5,8 34,2 28,7 4,5 15,0 6,7 Italia 69,8 30,2 37,0 5,7 32,6 28,8 6,4 20,1 8,8 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative Quanto al tipo di difficoltà riscontrate, che rappresentano altrettanti input per i decisori politici, al primo posto, sia a livello nazionale (37% delle risposte) ma ancor più a livello regionale (41,6%), risultano essere gli elevati costi della formazione. A questo proposito, forse non è inutile sottolineare che un utilizzo più razionale delle risorse dei fondi strutturali, soprattutto del FSE, destinati al finanziamento Pagina n. 57 dell’educazione degli adulti, potrebbe contribuire non poco all’abbattimento di tali costi. Seguono un gruppo di difficoltà per così dire “logistiche”, anche queste superabili implementando le capacità organizzative dei progettisti della formazione: la scomodità degli orari (33,8%) e dei luoghi di svolgimento (33,6%), dato quest’ultimo sensibilmente superiore alla percentuale nazionale (28,8%). Anche la qualità della formazione talvolta è messa sotto accusa: il 17,4% degli intervistati pugliesi dichiara che il percorso formativo seguito non era conforme alle aspettative, anche se bisogna porre in evidenza il fatto, senz’altro positivo, che tale percentuale è inferiore non di poco alla media nazionale (20,1%) ma anche al benchmark dell’Emilia Romagna (24,9%). Non è possibile tuttavia desumere a priori se questo dato sia indice di un maggiore gradimento delle attività formative, oppure di aspettative meno elevate o di una minore capacità critica rispetto al percorso formativo seguito. Si tratta sicuramente di una questione da non sottovalutare, che chiama in causa sia la capacità dei progettisti di formazione di individuare percorsi adeguati ai fabbisogni emergenti da un determinato territorio, sia, in sede di definizione del contratto d’aula, l’esperienza del formatore nel chiarire le aspettative dei partecipanti e nel cercare di adeguarvisi il più possibile, o di ridimensionarle se troppo elevate rispetto alle risorse disponibili. Infine, vale la pena segnalare una difficoltà per così dire “psicologica”, avvertita da una minoranza significativa degli intervistati: l’8,6% dei soggetti pugliesi ha manifestato un certo imbarazzo all’idea di dover “tornare a scuola”, dato questo che si discosta sensibilmente da quello nazionale (6,4%). Questo tipo di ostacolo è facilmente superabile tramite opportuni percorsi di orientamento e di informazione, che facciano comprendere l’importanza ed il valore aggiunto di un approccio formativo specificatamente dedicato alla popolazione adulta, che utilizzi pertanto i metodi dell’andragogia57 per arricchire culturalmente ogni fase dell’esistenza. A conclusioni analoghe si giunge se si esamina la tab. 3.17, che riporta le motivazioni di coloro che, avendo già frequentato corsi di studio e/o di formazione, avrebbero voluto partecipare ad altri corsi ma non lo hanno fatto: si tratta dell’80,1% dei partecipanti pugliesi, dato superiore a quello nazionale (76%). Anche qui prevalgono le motivazioni di ordine economico: il 38,8% non ha partecipato ad altri corsi di studio e/o formazione perché i costi erano troppo elevati; seguono la difficoltà a conciliare la formazione con gli impegni familiari 57 Sulla differenza tra pedagogia e andragogia cfr. Knowles M., Quando l’adulto impara. Pedagogia e Andragogia, Franco Angeli, Milano (1993). L’andragogia è quel complesso di teorie e di conoscenze riguardanti l’apprendimento e l’educazione degli adulti. Pagina n. 58 (37,7%, soprattutto donne con una percentuale superiore a quella nazionale) e di lavoro (33,9%). Quest’ultimo dato è di molto inferiore alla percentuale nazionale, probabilmente a causa del più elevato numero di disoccupati che in Puglia accedono alla formazione per adulti. Anche le difficoltà logistiche conservano il loro peso: il 36,6% degli intervistati pugliesi dichiara che il luogo di svolgimento era difficile da raggiungere, ed anche stavolta si tratta di una percentuale notevolmente superiore a quella nazionale (20,2%). Residuali, ma da non sottovalutare, altri tipi di ostacoli come il mancato appoggio del datore di lavoro (15%) e la mancanza dei requisiti richiesti (13,8%), altro dato divergente da quello nazionale, che dovrebbe indurre a ripensare i criteri di ammissione previsti dai bandi di formazione. Tab. 22 - Persone di 18-64 anni che hanno frequentato corsi di studio e/o formazione partecipare ad altri corsi di studio e/o formazione, motivo per cui non hanno partecipato REGIONI Motivo per cui non ha partecipato Avrebbe voluto partecipare ad altri corsi di studio e/o formazione Luogo di La La Non Costi Sì No Non svolgimenformaformaavedella avevo i to difficile zione zione vo forrequisiti da ragconflig- confligl'aprichiesti mazione giungere geva geva poggio troppo con con del elevati gli gli daimpeimpetore di gni fagni di lavoro miliari lavoro Puglia 80,1 19,9 13,8 38,8 15,0 33,9 37,7 36,6 Emilia-Romagna 75,3 24,7 9,5 30,4 15,4 50,2 35,7 21,2 Campania 81,9 18,1 3,3 52,3 18,3 38,5 24,4 31,8 Italia 76,0 24,0 8,1 38,1 15,4 47,2 34,3 20,2 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative che avrebbero voluto Non mi piaceva l'idea di tornare a scuola Motivi di età o di salute Altro 2,4 1,2 3,1 2,3 4,0 2,1 3,6 4,5 12,4 18,1 8,6 13,8 Le ultime due tabelle descrivono l’universo della popolazione che non ha frequentato né corsi di studio né corsi di formazione, ed i motivi per cui non lo hanno voluto o potuto fare. Nel caso in cui la mancata partecipazione è stata una precisa scelta (tab. 3.18), scelta che ha riguardato il 62,3% dei non partecipanti pugliesi, rispetto al 67,7% dei non partecipanti nazionali, prevale una valutazione di non necessità, sia rispetto alle esigenze di vita (66,6%) che a quelle di lavoro (35,3%). Di fronte a queste motivazioni sembrerebbe opportuna un’azione profonda di informazione e di sensibilizzazione, che consideri l’apprendimento non come un mero “accessorio” Pagina n. 59 esistenziale, ma uno strumento indispensabile per il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza. Seguono le motivazioni legate all’età e alla salute (35,2%), che ribadiscono la difficoltà nel coinvolgere in progetti formativi le fasce più anziane della popolazione, e l’ostacolo psicologico legato all’idea di “tornare a scuola” (29,4%), che abbiamo incontrato anche tra coloro che hanno già frequentato corsi di formazione e/o di studi, così come il conflitto con gli impegni familiari e di lavoro (rispettivamente 23,2% e 16,7%), la mancanza dei requisiti richiesti (21,5%), i costi troppo elevati (18,9%), il luogo di svolgimento difficile da raggiungere (15,6%). Si tratta quasi sempre di percentuali superiori sia a quelle nazionali che a quelle dell’EmiliaRomagna, osservazione questa che lascia intendere come si possa ancora lavorare molto in Puglia per rimuovere o almeno attenuare questo tipo di ostacoli. Tab. 23 - Persone di 18 anni e più che non hanno frequentato nè un corso di formazione nè un corso di studio per motivo per cui non lo hanno voluto svolgere REGIONI Non Motivo per cui non ha voluto partecipare ha Altro Motivi Non Luogo Impeg Impeg Non I costi Non Non Non volut di età mi difficil ni ni di avevo erano avevo era era o o di piacev e da famili lavoro troppo appog i neces neces parte salute a raggiu ari gio elevat requis sario sario cipar l'idea ngere del i iti per le per le e di datore richies mie mie esigen ze di lavoro esigen ze di vita ti Puglia 62,3 35,3 66,6 21,5 18,9 Emilia-R. 76,1 39,2 66,6 8,1 9,7 Campania 57,6 33,4 63,1 22,0 23,4 Italia 67,7 35,5 65,3 16,2 16,2 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività di lavoro 11,9 16,7 6,3 13,9 10,3 16,9 10,6 16,9 formative 23,1 14,4 25,9 21,8 15,6 7,2 16,7 12,8 "torna re a scuola " 29,4 17,9 31,3 27,5 35,2 32,2 33,4 34,8 Le stesse considerazioni si possono fare se si esaminano le motivazioni di coloro che, pur volendo, non hanno potuto partecipare a corsi di formazione o di studio, e si tratta del 28,9% dei non partecipanti pugliesi (rispetto ad una media nazionale del 23,8%) (tab. 3.19). In questo caso, analogamente al dato nazionale, sono gli impegni familiari il maggiore ostacolo (42,2%); il che farebbe pensare alla necessità di introdurre misure di sostegno familiari per le donne (ma anche per gli uomini) che decidono di intraprendere un percorso formativo: asili, baby parking, banche del tempo, baby sitter, incentivi economici, ecc. Altro dato importante è rappresentato da coloro che si sono lasciati scoraggiare da motivi di età o di salute (41%: ben cinque punti in più rispetto alla percentuale Pagina n. 60 15,5 8,4 11,8 12,2 nazionale), dai costi della formazione troppo elevati (30%, percentuale di oltre sei punti superiore a quella nazionale), dalla mancanza dei requisiti richiesti (28,8%, quasi nove punti in più rispetto al resto dell’Italia), il conflitto con gli impegni di lavoro (27,6%, unico riscontro inferiore a quello nazionale), la resistenza all’idea di tornare a scuola (23,9% rispetto al 16,1%), le difficoltà a raggiungere il luogo della formazione (20,8% rispetto al 16,2%). Tab. 24 - Persone di 18 anni e più che non hanno frequentato nè un corso di un corso di studio per motivo per cui non lo hanno potuto svolgere REGIONI Non Motivo per cui non ha potuto partecipare ha Non Luogo Impeg Impeg Non I costi Non potut mi difficil ni ni di avevo erano avevo o piacev e da famili lavoro troppo appog i parte requis a raggiu ari gio elevat cipar l'idea ngere del i iti e di datore richies di lavoro ti Puglia Emilia-R. Campania Italia 28,9 18,8 34,0 23,8 28,8 15,5 31,2 20,0 30,0 21,3 31,5 23,8 14,3 10,6 16,2 13,3 27,6 34,7 30,5 34,3 42,2 35,8 39,0 40,0 20,8 14,0 20,8 16,2 "torna re a scuola " 23,9 11,2 23,1 16,1 formazione nè Motivi di età o di salute Altro 41,0 34,8 39,6 36,0 11,7 16,2 15,1 12,2 Fonte: Istat (2006), La partecipazione degli adulti ad attività formative Dunque è ancora lungo il percorso per colmare la distanza che separa la Puglia sia dalle medie nazionali che dal benchmark di una regione dell’Obiettivo 3 come l’Emilia Romagna, mentre non sembra altrettanto forte il divario rispetto ad una regione Obiettivo 1, sia pure caratterizzata da una prassi d’eccellenza in materia di formazione permanente, come la Campania. 5.5 La formazione permanente nel POR Puglia 2000-2006 La formazione permanente nel POR Puglia 2000-2006 viene contemplata nella misura 3.8 e si integra con il PON nazionale del Ministero della Pubblica Istruzione, in particolare per quanto riguarda alcuni interventi per la formazione permanente di giovani e adulti. Le azioni previste riguardano: • la formazione legata ai nuovi contenuti connessi con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e con le lingue straniere; Pagina n. 61 • l’acquisizione di capacità e competenze trasversali e aggiornamento delle competenze di base e professionali; • la formazione volta a rafforzare le competenze professionali specifiche e a recuperare le competenze professionali di base, anche nel quadro del rilancio di dispositivi contrattuali quali i congedi formativi, le 150 ore, ecc.; • le iniziative per potenziare l’accessibilità e la fruibilità dei servizi offerti da parte dei soggetti non completamente autonomi; • gli interventi finalizzati al consolidamento ed all’allargamento della cultura generale e delle competenze sociali; • la formazione individualizzata per occupati; • il potenziamento servizi tecnologici ed informativi; • l’analisi e modalità di trasferimento delle buone prassi; • le ricerche, analisi, supporto organizzativo e consulenziale finalizzati alla costruzione di un sistema di offerta permanente a alla specializzazione per tipologia di utenti e temi; • la progettazione e realizzazione di campagne pubblicitarie e informative finalizzate a diffondere la conoscenza delle risorse formative disponibili. Nel Complemento di programmazione la misura è finalizzata a potenziare le azioni di orientamento ed accompagnamento ed a migliorare il sistema della formazione permanente. Infatti, l’obiettivo della misura è quello di consentire ai cittadini, occupati e non, in età lavorativa, in diverse condizioni professionali, di avere opportunità per migliorare l’istruzione e la formazione professionale nei diversi momenti dell’arco della propria vita lavorativa. La misura si integra con il PON Ministero Pubblica Istruzione, in particolare per ciò che concerne gli interventi per la formazione permanente dei giovani e degli adulti. Gli obiettivi strategici di questa misura sono: • effettuare interventi formativi connessi con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e con le lingue straniere; • acquisizione di capacità e competenze trasversali ed aggiornamento delle competenze di base e professionali; • effettuare interventi formativi mirati e personalizzati per gli occupati; • alfabetizzazione informatica e corretto utilizzo dei maggiori pacchetti informatici. Pagina n. 62 Nel Complemento di programmazione la misura viene pertanto declinata nelle seguenti tre azioni: • Azione a): Percorsi formativi. Beneficiario finale: istituzioni scolastiche, organismi di formazione, agenzie formative e loro consorzi; • Azione b): Formazione individualizzata per occupati. Beneficiario finale: organismi di formazione, agenzie formative e loro consorzi, università; • Azione c): Accompagnamento. Beneficiario finale: centri di ricerca pubblici e privati, organismi di formazione, agenzie formative e loro consorzi, università, enti bilaterali. Lo stanziamento di risorse per il periodo 2000-2006 ammonta ad Euro 10.439.260. I soggetti destinatari sono giovani e adulti, occupati e disoccupati per le azioni rivolte alle persone, mentre per le azioni rivolte ai sistemi i soggetti destinatari sono gli organismi di formazione. Per quanto riguarda la programmazione attuativa della misura 3.8, nel corso degli anni 2000-200258 la misura ha espresso una capacità di spesa in termini di impegni pari a € 2.242.707,4959. A seguito di uno specifico protocollo di intesa, siglato in data 21/11/2001, a cui ha fatto seguito una convenzione sottoscritta in data 14/05/2002 tra la Regione Puglia e il Ministero della Difesa, è stata avviata la realizzazione di un progetto formativo denominato “Euroformazione Difesa”, destinato alla formazione di militari di leva e volontari in ferma breve. Complessivamente sono stati approvati 844 moduli formativi, per 840 utenti. Nel corso degli anni 2003 -200560 la Regione non procede nella programmazione attuativa. L’impegno di risorse (€ 2.242.707) rimane pertanto pari al 21,48% delle risorse programmate e al 31/12/2005 (RAE 2005) l’avanzamento della spesa cumulato è pari a € 1.339.527,53, corrispondente al 12,83% della dotazione complessiva della misura. Nel 2006 la Regione Puglia riavvia la programmazione attuativa della misura 3.8, ovvero: 58 Rapporto annuale di esecuzione 2002. Con la Determina dirigenziale n. 142/2002, pubblicata sul BURP n. 67 del 04/06/2002, è stato approvato l’avviso pubblico per l’individuazione del soggetto attuatore. Con Determina dirigenziale n. 345 del 3/10/2002, pubblicata sul BURP n. 132/2002, è stata approvata la graduatoria dei progetti ammessi, e con Determina Dirigenziale n. 432/2002 è stato assunto il relativo impegno di spesa, per un importo di € 2.242.707,49. 60 Rapporti annuali di esecuzione 2003, 2004, 2005. 59 Pagina n. 63 • per quanto riguarda l’azione a) è stato emanato l'avviso n. 12/200661, con un impegno di spesa di € 1.498.587,00, finalizzato alla formazione e all’accompagnamento al mondo del lavoro di persone svantaggiate mediante l’attivazione di percorsi formativi per il conseguimento della qualifica di “Mediatore interculturale”. Le proposte progettuali finanziate62 sono state 13. Inoltre, è stato emanato l'avviso n. 14/200663, con un impegno di spesa di € 919.883,52, a seguito del protocollo di intesa e della convenzione tra la Regione Puglia e il Ministero della Difesa, per la realizzazione del progetto formativo “Euroformazione Difesa”, destinato alla formazione di militari volontari in ferma breve sui temi dell’informatica, della lingua inglese e dell’orientamento all'imprenditorialità; • per quanto concerne l’azione b), sempre nel corso del 2006, è stato emanato l'avviso n. 21/200664, con un impegno di spesa di € 2.700.000,00; l'avviso ha inteso offrire ai lavoratori occupati nelle imprese private pugliesi, ai lavoratori autonomi - in possesso di partita IVA - e agli imprenditori un’occasione di formazione e di miglioramento delle proprie competenze professionali spendibili nel mercato del lavoro. Al fine di rendere effettiva l’adattabilità e l’occupabilità dei lavoratori si è deciso di promuovere una formazione individualizzata in loro favore tramite l’assegnazione di buoni formativi (voucher) individuali spendibili presso organismi di formazione professionale, per la frequenza di un percorso formativo liberamente scelto; • infine per l’attuazione dell’azione c) è stato emanato l'avviso n. 26/200665, con un impegno di spesa di € 400.000,00; finalità specifica di questo bando è quella di acquisire progettazioni e ricerche finalizzate alla costruzione di idee, dati, studi, previsioni sui fabbisogni professionali del mondo economico pugliese pubblico e privato e sulle conseguenti competenze professionali su cui è opportuno investire per supportare le strategie competitive e di innovazione del territorio pugliese. 61 62 63 64 65 Determina Determina Determina Determina Determina dirigenziale dirigenziale dirigenziale dirigenziale dirigenziale n. n. n. n. n. 331 973 373 637 717 del del del del del 08/06/2006 30/11/2006 21/06/2006 02/10/2006 13/10/2006 pubblicata pubblicata pubblicata pubblicata pubblicata sul sul sul sul sul BURP BURP BURP BURP BURP n. n. n. n. n. 73 del 15/06/2006. 162 del 07/12/2006. 81 del 29/06/2006. 131 del 12/10/2006. 138 del 26/10/2006. Pagina n. 64 5.6 L’analisi della programmazione attuativa per la misura 3.8 del POR Puglia 2000-2006 In questa sezione illustriamo i risultati della analisi della programmazione della formazione permanente nei bandi pubblicati nel periodo di programmazione 20002006. Gli avvisi pubblici su cui la programmazione regionale ha finanziato interventi a titolo della misura 3.8, specificatamente dedicata alla formazione permanente, sono i seguenti: Avviso Det. Dirig.le Misure contemplate oltre alla Misura 3.8 Contenuto Misura 3.8 – Formazione permanente BURP 26/2006 Azioni di accompagnamento DD. n. 717 del 13 ottobre 2006 Misura 3.9 Azione d) “Azioni di accompagnamento”, Misura 3.10 “, Azione d) “Azioni di accompagnamento Misura 3.8 Azione c) Accompagnamento BURP n. 138 del 26 ottobre 2006 21/2006 Concessione di voucher formativi per lavoratori occupati. DD. 2 ottobre 2006, n. 637 no Azione b), "Formazione individualizzata per occupati BURP n. 131 del 12 ottobre 2006 14/2006 Euroformazione Difesa DD. n° 373 del 21/06/2006 no azione a) percorsi formativi BURP n. 81 del 29/06/06 12/2006 Percorsi formativi per Mediatore interculturale DD. n. 331 del 8/06/2006 azione a) percorsi formativi BURP n. 73 del 15/06/2006 2002 Euroformazione Difesa DD. n° 142 del 29/05/2002 DD n. 195 del 28/06/2002 no BURP 4/06/2002 no azione a) percorsi formativi BURP n. 81 del 29/06/06 Burp n. 84 del 04/07/02 Risorse Finanziarie e graduatoria € 400.000,00 (mis. 3.8) € 2.700.00,00 4.200 domande di candidatura € 1.500.000,00 13 progetti finanziati € 2.242.707,49 31 progetti ammessi per 16 Soggetti Attuatori DD. n. 385 del 3/10/2002 Fonte: elaborazione su dati Regione Puglia Considerato che l’obiettivo di quest’attività di indagine consta del conseguire un quadro completo della programmazione della formazione permanente in termini di Pagina n. 65 progetti approvati e del modello di governance del processo attuativo, dall’elenco sopra esposto sono stati al momento esclusi alcuni avvisi pubblici, ovvero: • gli avvisi 2002 e 14/2006 relativi al progetto Euroformazione Difesa in quanto compresi in un quadro di intervento nazionale e pertanto meno idonei a descrivere il sistema regionale pugliese di formazione permanente; • l’avviso 26/2006 relativo alle azioni di accompagnamento che implementa la presente azione di ricerca finalizzandola alla definizione di un modello regionale. Pertanto, al momento, l’analisi avrà in oggetto i seguenti avvisi pubblici: 1. l’avviso 12/2006 percorsi formativi per Mediatore interculturale. 2. l’avviso 21/2006 per la concessione di voucher formativi per lavoratori occupati. 1) Avviso pubblico 12/2006 – misura 3.8 azione a) percorsi formativi per mediatore interculturale L’intervento programmato riguarda la formazione e l’accompagnamento al mondo del lavoro di persone svantaggiate mediante l’attivazione di percorsi formativi per il conseguimento della qualifica “Mediatore interculturale”. I destinatari sono declinati in due target group: • giovani che abbiano compito il 18.mo anno di età e che abbiano conseguito il diploma di scuola media superiore; • immigrati con regolare permesso di soggiorno che abbiano compiuto il 18.mo anno di età che abbiano conseguito il diploma di scuola media superiore e che conoscano la lingua italiana ed una lingua straniera. L’avviso definisce alcune specifiche obbligatorie, ovvero la durata massima di 600 ore per ciascun intervento comprensivo di azioni di orientamento/accoglienza, bilancio delle competenze e formazione in aula. Per quanto riguarda le specifiche di progettazione, l’avviso è accompagnato da linee guida che individuano il profilo professionale, le aree disciplinari, la durata dei moduli formativi e i relativi contenuti per ciascun progetto. L’intervento prevede lo svolgimento di attività di stage per almeno il 40% del monte ore totale. Per gli immigrati la proposta progettuale prevede la possibilità di un modulo aggiuntivo di alfabetizzazione in lingua italiana della durata massima di 50 ore. Pagina n. 66 I soggetti attuatori sono identificati nelle agenzie formative accreditate per le macro-tipologie “formazione superiore” e/o “formazione nell’area dello svantaggio” con l’obbligo di presentare solo un progetto per provincia. L’avviso, inoltre, prevede una ripartizione delle risorse su base provinciale, ovvero: • Bari: 38,73%; • Brindisi: 9,95% • Foggia: 17,07% • Lecce: 19,86% • Taranto: 14,39% Ricadute attese dall’intervento: • miglioramento delle condizioni di occupabilità di soggetti svantaggiati e definizione di un nuovo profilo professionale da diffondere verso gli attori dell’offerta formativa secondo criteri di omogeneità rispetto alla costruzione del percorso di formazione, e successiva predisposizione di un regolamento regionale relativo al repertorio delle professioni sociali riconosciute a livello regionale. Risultati attuativi Con Determina dirigenziale n° 973 del 30/11/06 è stata approvata la graduatoria dei progetti finanziabili. A titolo dell’avviso 107 soggetti hanno presentato istanza di finanziamento per 143 progetti, di cui 103 sono risultati idonei mentre 40 sono risultati non finanziabili. Dei 103 progetti idonei solo 13 sono stati finanziati in quanto rientranti nella capienza delle risorse finanziarie disponibili come si evince dalle seguenti tabelle. Pagina n. 67 Provincia di Bari Codice progetto POR06038aMIC 0109 POR06038aMIC 0050 POR06038aMIC 0134 POR06038aMIC 0027 POR06038aMIC 0128 Soggetto Attuatore ITACA Società Cooperativa Sociale a r.l. CON.FOR.SEO Consorzio Formazione e Occupazione Associazione per la formazione professionale QUASAR AUXILIUM Società Cooperativa Sociale a r.l. Ploteus Sede accreditata ore N° allievi Importo finanziato CONVERSANO 650 18 113.690,00 BARI 650 15 92.970,00 PUTIGNANO 600 20 123.960,00 ALTAMURA 650 15 100.738,00 LOCOROTONDO 600 20 123.960,00 ore N° allievi Importo finanziato 650 18 120.861,00 650 18 Provincia di Brindisi Codice progetto POR06038aMIC 0119 POR06038aMIC 0129 Soggetto Attuatore Leader s.c. a r.l. Profeta Associazione per lo sviluppo del territorio Onlus Sede accreditata BRINDISI BRINDISI 237.291,00 Provincia di Foggia Codice progetto POR06038aMIC 0101 POR06038aMIC 0083 Soggetto Attuatore I.R.A.P.L. Istituto Regionale per l'Addestramento ed il Perfezionamento dei Lavoratori ICARO - IRSEF Sede accreditata ore MANFREDONIA 650 FOGGIA 600 N° allievi 18 20 Importo finanziato 120.861,00 118.002,00 Pagina n. 68 Provincia di Lecce Codice progetto POR06038aMIC 0082 POR06038aMIC 0133 Soggetto Attuatore IAL CISL Puglia Prometeo Sfe (Scuola di Formazione d'Eccellenza) Sede accreditata ore N° allievi Importo finanziato CAVALLINO 600 20 120.315,00 600 20 ore N° allievi 600 18 Importo finanziato 111.276,00 600 18 111.564,00 CASARANO 123.960,00 Provincia di Taranto Codice progetto POR06038aMIC 0042 Soggetto Sede Attuatore accreditata TARANTO C.I.F.I.R. Centri di Istruzione e Formazione Istituti Rogazionisti POR06038aMIC Associazione TARANTO 0069 E.N.F.A.P. Puglia Fonte: elaborazione su dati Regione Puglia 2) Avviso 21/2006 - misura 3.8 Azione b), "Formazione individualizzata per occupati L’intervento programmato è finalizzato al miglioramento delle condizioni di occupabilità e di adattabilità dei lavoratori pugliesi attraverso percorsi formativi realizzati attraverso voucher. I destinatari dell’intervento sono individuati in: • lavoratori occupati nelle imprese private pugliesi (escluso lavoratori interinali, lavoratori in Cfl, Co.co.co, Co.co.pro e lavoratori degli enti di formazione professionale); • lavoratori autonomi in possesso di partita Iva; • imprenditori. I corsi prevedono una durata minima di 30 ore spendibili presso enti di formazione accreditati e sono finalizzati all’acquisizione di un certificato di acquisizione di competenze. Le tematiche disciplinari e le competenze sono lasciate alla libera scelta del lavoratore. Pagina n. 69 Le attività dovrebbero essere ancora in corso poiché l’avviso prevede che si concludano entro il 30/06/2008. I corsi ammessi entrano di diritto nel costituendo catalogo dell’offerta formativa pugliese. L’avviso riporta in allegato un dossier di candidatura sul quale il richiedente esplicita la scelta del corso e dell’Ente attuatore dove verrà erogata la formazione. La selezione delle domande si concretizza attraverso un processo di valutazione di merito (oltre all’istruttoria di ammissibilità relativa ai requisiti dei soggetti destinatari) relativa alle motivazioni personali allo svolgimento del corso illustrate nel dossier di candidatura. Le risorse sono ripartite per il 40% a lavoratori dipendenti e per il restante 60% a lavoratori autonomi e imprenditori. Il 20 dicembre 2006 con determina dirigenziale n° 1124 si è concluso il processo di ricezione delle domande di candidatura che ammontano a 4.200 unità. Pagina n. 70 PARTE TERZA: LA DOMANDA DI FORMAZIONE PERMANENTE RILEVATA Pagina n. 71 6. Il metodo degli studi di caso: kit di intervista e strumento di rilevazione. La parte centrale della ricerca è rivolta all'analisi degli orientamenti della domanda di formazione permanente dei lavoratori pugliesi. Tale analisi mira a ricostruire il quadro e le principali caratteristiche della domanda sia in termini statici che in termini dinamici e a delineare uno scenario di conoscenza delle tendenze per il programmatore regionale. Per perseguire le finalità conoscitive prefissate, è stato messo a punto un “kit” di rilevazione, ossia è stato costruito uno strumento di rilevazione complesso, fondato su di una traccia di intervista in profondità ed uno schema di redistribuzione progressiva degli individui da intervistare – di volta in volta - in base alla elaborazione dei risultati di interesse sulle aree tematiche previste nella traccia di questionario. La traccia di intervista (o kit), costruita per parti strutturate e semistrutturate finalizzate a raccogliere il maggior numero di items sull'esperienza esaminata, è organizzata in sequenze tematiche successive. In estrema sintesi il “kit” di rilevazione è così composto: Una prima parte dedicata al supporto agli intervistatori per la realizzazione dell'intervista. Una seconda parte a traccia semistrutturata, sintetizzata in un questionario composto da differenti schede per la raccolta di dati ed informazioni emerse durante il colloqui. Le informazioni da raccogliere riguardano: 1. informazioni sull’intervistato; 2. analisi del contesto lavorativo individuale e collettivo; 3. analisi del contesto formativo; 4. orientamenti ed attitudini all’apprendimento; 5. esperienze formative; 6. fabbisogni di formazione permanente; 7. aspettative di formazione permanente; 8. Scheda finale destinata alla raccolta di segnalazioni di esperienze positive e negative. Le aree tematiche di riferimento per la scelta di progressione sulla linea del campionamento pre-progettato rappresentano l’elemento innovativo tra gli studi di Pagina n. 72 caso e, nel kit sulla domanda di formazione permanente utilizzato in questa indagine, sono riconducibili a cinque items di verifica afferenti: • il livello di disponibilità all’apprendimento permanente in campo lavorativo; • le linee di specializzazione dell’apprendimento; • il grado dell’aspettativa; • l’interesse ad entrare in rete; • la capacità individuale di previsione strategica di campo. Per cogliere quanto più possibile gli elementi caratteristici del quadro di insieme, si è deciso di dotarsi un apparato definitorio minimo che filtri ciò che emerge dalle tracce di domanda e risulti funzionale a definire uno scenario degli orientamenti culturali e degli atteggiamenti rispetto alla domanda di formazione permanente espressi da un gruppo significativo e rappresentativo di lavoratori pugliesi. In tale direzione si è deciso di identificare - insieme agli intervistati - prioritariamente: - le differenze tra formazione permanente e formazione continua; - i caratteri centrali della formazione permanente; - i potenziali utenti della formazione permanente; - le caratteristiche essenziali dei processi di formazione permanente; - gli elementi di valutazione di una corretta attività di formazione permanente. L’attività di analisi della domanda di formazione permanente, nella nostra ricerca, ha quindi avuto un duplice obiettivo: 1) rilevare i potenziali soggetti che potrebbero fruire di azioni di formazione permanente ed i relativi fabbisogni; 2) rilevare le competenze acquisite e la loro spendibilità, nel caso di lavoratori che abbiano già partecipato ad azioni di formazione permanente. Sul piano più specificatamente metodologico ed in particolare per ciò che riguarda il campione pre-scelto e lo strumento di rilevazione: - Le unità di indagine compongono l'oggetto di indagine e possono essere sia oggetti complessi come le esperienze, che singoli individui. - Le unità di rilevazione sono sempre singole persone che lavorano. - Le aree tematiche rappresentano i campi di definizione progressiva della Pagina n. 73 percezione della tematica che emerge nel corso della realizzazione dell’intervista. - Il campione, precisato in fase di progettazione ex ante sotto il suo aspetto quantitativo e degli strati di composizione generale, procede per selezione di esperienze e di intervista progressiva, sulla base sia delle aree tematiche individuate che delle unità di rilevazione successive. Pagina n. 74 7. Descrizione del campione. L'indagine è stata rivolta a singole persone/lavoratrici. L'insieme di questi soggetti rappresenta la base di riferimento all’interno della quale sono compiute le scelte di campionamento ragionato e pre-definito. Complessivamente, sono stati selezionati circa 150 casi di riferimento identificati sulla base di informazioni acquisite nel corso di una fase di desk e di panel mirati realizzati attraverso: • colloqui con attori del mondo universitario; • contatti con organizzazioni datoriali e sindacali in genere; • colloqui con singoli imprenditori; Al termine della fase di selezione, si è proceduto a stratificare e ridefinire il gruppo selezionandolo sulla base: • del settore economico di appartenenza; • della funzione professionale svolta; • del titolo di studio; • del territorio di residenza; A conclusione della fase di ridefinizione del campione, sono stati compilati due elenchi di soggetti intervistabili, distribuiti tra Titolari e Riserve ed organizzati in riferimento ai quattro strati di selezione. Complessivamente, il campione è risultato composto da n. 70 titolari e n. 50 riserve distribuiti nel modo seguente: - il 9% appartenenti al macro-settore della trasformazione dei prodotti agricoli; - il 26% appartenenti al macro-settore industriale in senso stretto; - il restante 65% appartenenti al settore dei servizi vendibili; Pagina n. 75 Nella scelta di selezione finale dei casi, il carattere dei fattori sequenziali di progressione tematica, non determinabili in fase di progettazione ex ante, non ha influito in alcun modo nella scelta, mentre è risultato utile nella fase intermedia di realizzazione del gruppo di interviste, soprattutto per riallineare il campione e per l’utilizzo delle riserve. Nello specifico, rispetto al settore di attività, il campione risulta composto nel modo seguente: Tab. 25 – Distribuzione del campione per settore di attività Settore di attività v.a. Ambiente 0 Artigianato 2 Edilizia 5 Industria 18 Ricerca, istruzione e formazione 7 Turismo 5 Servizi alle imprese e alla P.A. 20 Area sociale/sanitaria 5 Altro 8 70 % 0% 3% 7% 26% 10% 7% 29% 7% 11% 100% Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Pagina n. 76 8. Profilo individuale degli intervistati. La ricerca ha coinvolto lavoratori appartenenti a diverse fasce di età. La maggior parte degli intervistati (82%) ha età compresa tra i 29 e 45 anni, il 14% tra 46 e 55 anni e solo il 4% ha età compresa tra i 18 e 29 anni. Tab. 26 – Classe di età del campione Classe di età Da 18 a 29 anni Da 29 a 45 anni Da 46 anni a 55 anni Da 55 anni in poi v.a. % 3 4,0 57 82,0 10 14,0 0 0,0 70 100,0 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Il titolo di studio risulta decisamente alto: il 41% del campione risulta in possesso di un titolo di laurea, il 37% di un diploma di scuola media superiore e il 19% di un master o di una specializzazione. Tab. 27 – Titolo di studio Titolo di studio Nessuno / Licenza Elementare Licenza Media Attestato di qualifica Diploma di scuola Media Superiore Laurea Master / Specializzazione v.a. % 0 0,0 2 3,0 0 0,0 26 37,0 29 41,0 13 19,0 70 100,0 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Il ruolo professionale ricoperto dai lavoratori all’interno dell’azienda di appartenenza e la posizione contrattuale risultano così ripartiti: Pagina n. 77 Tab. 28 Posizione lavorativa Posizione lavorativa Titolare/amministratore/presidente/socio Dirigente/direttore/quadro Impiegato/funzionario Altro v.a. % 17 24,0 9 13,0 27 39,0 17 24,0 70 100,0 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Tab. 29 Posizione contrattuale Posizione contrattuale Dipendenti a tempo determinato o indeterminato. Contratto a progetto Lavoro intermittente o ripartito Amministratore o titolare di imprese Socio lavoratore di cooperativa Libero professionista/lavoratore autonomo Somministrazione di lavoro Collaborazione coordinata continuativa. Altro v.a. 34 15 0 10 0 4 2 5 0 70 % 49,0 21,0 0,0 14,0 0,0 6,0 3,0 7,0 0,0 100,0 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Dalla tabella si evince una significativa presenza (24%) di persone che ricoprono una posizione lavorativa di titolare, amministratore, presidente o socio. Tale percentuale rispecchia la scelta ragionata del campione, oggetto di analisi. Si è voluto considerare, infatti, una quota di unità che appartenessero alla categoria degli “imprenditori” e come tali, la rappresentassero in termini di fabbisogni di formazione permanente. E’ utile sottolineare che, anche se si potrebbe pensare ad una categoria lavorativa sui generis rispetto ai lavoratori solitamente inquadrati, gli imprenditori e i responsabili aziendali sono stati intervistati ed osservati come semplici lavoratori dell’ azienda di appartenenza. Parallelamente a questo dato emerge un 39% degli intervistati che risulta appartenere alla categoria dei funzionari o impiegati ed un significativo 24% che si è collocato lavorativamente sulla posizione “altro”, specificando una posizione da consulente che lavora da esterno per l’azienda di riferimento. Infine, sul piano della posizione contrattuale, il 49% degli intervistati ha dichiarato di essere inquadrato con contratto a tempo indeterminato o determinato, il 21% con contratti a progetto ed il 7% con contratti di co.co.co. Pagina n. 78 9. Formazione percepita e formazione richiesta. In fase preliminare si è ritenuto opportuno analizzare le percezioni che gli intervistati avevano del sistema formativo e le possibili definizioni alle quali fanno riferimento, quando si parla di formazione. L’idea di formazione all’ambito lavorativo. risulta, Solo nell’immaginario pochi lavoratori comune, hanno direttamente definito la stessa legata come un’opportunità di apprendimento e di crescita personale, in linea con i nuovi orientamenti europei. In tale direzione si riportano alcune delle prevalenti definizioni espresse dai destinatari delle interviste, rispetto ad una propria definizione e percezione generale del concetto di “formazione”: • “…la formazione è un breve periodo di preparazione finalizzata all’inserimento pieno ed autonomo in un ambiente di lavoro…” • “…la formazione è uno strumento utile per aggiornamento e perfezionamento…” • “…la formazione consiste nella preparazione alla competitività e alla specializzazione professionale…” • “…la formazione è un processo finalizzato all’insegnamento di nozioni e metodiche utili per lo svolgimento di un’attività lavorativa…” Se per formazione si intende un processo complesso di trasferimento di contenuti e metodi per fare acquisire alle persone livelli culturali e professionali sempre maggiori, l’idea degli intervistati è evidente che comprende solo una parte del concetto stesso. Parallelamente è emersa una conoscenza delle opportunità formative territoriali piuttosto parziale e superficiale, che fa attestare il livello della stessa su un valore medio per il 35% del campione (che conosce solo alcune delle opportunità formative e relativi strumenti) e su un valore basso per il 30% che conosce solo singole possibilità formative. Il 14%, le ignora del tutto. Solo un 21% degli intervistati è al corrente di quasi tutte le possibili azioni formative territoriali e dei relativi strumenti per la realizzazione. Pagina n. 79 Fig. 2 Conoscenza dell'offerta formativa territoriale 21% 14% Nullo 0% Basso Medio 30% 35% Discreto Alto Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Si è cercato di comprendere, inoltre, attraverso quali “mezzi di comunicazione” i lavoratori acquisissero le informazioni relative alle opportunità di formazione presenti sul territorio. E’ risultato che, per i lavoratori “dipendenti”, la comunicazione aziendale costituisce la principale fonte di informazioni in materia. Per i dirigenti, i quadri e gli imprenditori le fonti risultano essere prevalentemente le relazioni interpersonali ed internet. Riguardo la conoscenza degli strumenti di attuazione della formazione, la legge 236/93 risulta essere quello più conosciuto sia dal punto di vista del contenuto, che del “sentito dire”. I Fondi Europei (FSE - FESR), invece, sono conosciuti solo dai lavoratori che, per settore di attività, sono più vicini al mondo della formazione. Sempre in fase di avvio del colloquio/intervista, si è ritenuto opportuno esplorare il livello di conoscenza degli intervistati relativamente a tre diverse tipologie di azioni formative. In particolare si è chiesto di fornire una personale, libera definizione di: - formazione iniziale; - formazione continua; - formazione permanente. I risultati hanno confermato la confusione concettuale e terminologica presente nella maggioranza dei non addetti ai lavori sul merito della tematica che trattiamo. Pagina n. 80 Infatti, mentre tutti gli intervistati hanno dato una personale definizione di formazione iniziale, intendendola come formazione scolastica, universitaria o precedente all’accesso lavorativo, solo una minima parte del campione ha dichiarato di conoscere sia la formazione continua che la permanente e, di questi, appena cinque persone hanno definito esattamente i due concetti, evidenziandone l’esatta differenza. E’ apparsa molto confusa la distinzione tra le due tipologie di formazione: mentre la formazione continua viene facilmente ed anche esattamente identificata con corsi specifici di aggiornamento in azienda, la formazione permanente, nell’immaginario comune, è intesa come una formazione periodica, esclusivamente legata alla crescita professionale, all’interno dell’azienda di appartenenza. Nessun riferimento, nelle definizioni riportate, ad un accrescimento culturale e personale slegate dall’ambito lavorativo. Nonostante la scarsa conoscenza delle tipologie formative specifiche e delle differenze che tra esse intercorrono, tutti i lavoratori intervistati sono risultati concordi nell’affermare l’utilità della formazione, seppure a livelli differenti (alto 73%, medio 24%, discreto 3%). Fig. 3 Livello di utilità della formazione percepita 0% 73% 0% Nullo Basso Medio Discreto Alto 3% 24% Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Pagina n. 81 La convinzione comune è che la formazione sia utile e spesso indispensabile per: • la popolazione già occupata, poiché “si avverte un costante bisogno di aggiornamento lavorativo”, data la “velocità di mutamento della realtà sociale e lavorativa”, ed “un bisogno di confrontarsi con competenza con i colleghi e il datore di lavoro”; • la popolazione non occupata, date le criticità di un “inserimento lavorativo che richiede l’acquisizione del maggior numero di competenze possibili” e di “un mercato del lavoro esigente e di difficile accesso”. Tab. 30 Utilità della formazione per la popolazione occupata v.a. % 66 94,0 4 6,0 70 100,0 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Utile Non utile Tab. 31 Utilità della formazione per la popolazione non occupata v.a. Utile 70 Non utile 0 70 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 % 100,0 0,0 100,0 Infine, per concludere la fase preliminare di intervista ed approfondito e chiarito il problema definitorio con gli intervistati, si è chiesto ad essi di esprimere il proprio livello di interesse rispetto ad eventuali opportunità di formazione permanente offerta dai diversi soggetti operanti nel campo della formazione. Il risultato si è sensibilmente trasformato. Quasi l’80% del campione ha manifestato un rilevante interesse verso la partecipazione individuale a processi di formazione permanente. Pagina n. 82 Fig. 4 Interesse per potenziali opportunità di formazione permanente 50 40 30 20 10 0 Nullo Basso Medio Discreto Alto Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Pagina n. 83 10. Aziende e formazione: grande è più bello. Dai risultati dell’indagine emerge una evidente relazione tra i settori di attività delle aziende ed il fabbisogno di formazione. Nello specifico, la programmazione da parte delle aziende di attività formative per i propri lavoratori è strettamente legata al settore di attività di appartenenza . Tab. 32 Programmazione di attività formative per settori di attività (percentuali di riga) Settore di attività Lavoratori intervistati L'azienda organizza formazione per il personale v.a. v.a. % Ambiente 0 0 0,0 Artigianato 2 0 0,0 Edilizia 5 0 0,0 Industria 18 7 39,0 Ricerca, istruzione e formazione 7 6 86,0 Turismo 5 2 40,0 Servizi alle imprese e alla P.A. 20 8 40,0 Area sociale/sanitaria 5 4 80,0 Altro 8 4 50,0 70 31 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 L'azienda non organizza formazione per il personale v.a. % 0 0,0 2 100,0 5 100,0 11 61,0 1 14,0 3 60,0 12 60,0 1 20,0 4 50,0 39 I settori “Sociale/sanitario” e “Ricerca, istruzione e formazione” risultano essere quelli più propensi alla organizzazione di percorsi formativi per i lavoratori. Al contrario, nel settore “Edilizia”, risultano, rispetto al campione, completamente assenti opportunità formative per i lavoratori. Gli altri settori evidenziano un risultato di rilevazione abbastanza bilanciato. Come si può rilevare dal grafico sotto riportato, si è scelta una scala dimensionale per definire la grandezza delle imprese di riferimento. La maggior parte delle unità di rilevazione risulta appartenere a grandi imprese (44%), la restante è occupata in aziende di piccole dimensioni (24%), medie dimensioni (21%) e piccole dimensioni (11%). Pagina n. 84 Fig. 5 Classe dimensionale dell'azienda di provenienza 17 24% Micro: da 1 a 5 addetti 8 11% Piccola - da 6 a 15 addetti Media - da 16 a 49 addetti Grande - oltre 50 addetti 30 44% 15 21% Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 La classe dimensionale dell’impresa è risultata, nella maggior parte dei casi, direttamente proporzionale al livello di fabbisogno di formazione permanente avvertito dagli intervistati. Più esattamente, i lavoratori appartenenti a “grandi imprese” hanno manifestato una maggiore aspettativa e necessità di opportunità formative. La voglia di accrescere le competenze professionali e personali è risultata di maggiore intensità, rispetto a quella manifestata dai lavoratori delle piccole imprese, che sono risultati spesso demotivati e disillusi. Pagina n. 85 Tab. 33 Relazione tra fabbisogno formativo e classe dimensionale delle aziende (percentuali di riga) Classe dimensionale Fabbisogno Formativo v.a. Nullo Basso Medio Discreto Alto v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % v.a. % Micro - da 1 a 5 addetti 17 2 11,0 0 0,0 9 56,0 0 0,0 6 33,0 Piccola - da 6 a 15 8 0 0,0 0 0,0 4 47,0 0 0,0 4 47,0 addetti Media - da 16 a 49 15 0 0,0 0 0,0 8 50,0 0 0,0 8 50,0 addetti Grande oltre 50 30 0 0,0 0 0,0 17 57,0 4 13,0 9 32,0 addetti 70 2 0 38 4 27 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Dai risultati emerge inoltre che, le imprese più piccole dispongono di un portafoglio di strumenti per la formazione tendenzialmente meno ampio di quello adottato dalle imprese con un organico maggiore. Questa evidenza empirica, suggerisce che per le imprese di più piccola dimensione, esiste una oggettiva difficoltà, presumibilmente di ordine organizzativo, per progettare e gestire gruppi di miglioramento e/o formazione e per permettere ai propri dipendenti di partecipare ad attività formative (convegni, seminari, fiere, etc…). Fig. 6 Forma giuridica delle aziende 40 30 20 10 0 Impresa Società di Società di individuale persone capitale Altro Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Rispetto alla forma giuridica delle aziende di appartenenza dei lavoratori intervistati, più della metà (57%) risultano essere società di capitale, l’altra metà è distribuita tra società di persone (14%), imprese individuali (4%), ed altre forme (associazioni, cooperative, enti pubblici, scuola, università). Pagina n. 86 Infine, si ritiene importante soffermare l’attenzione sull’ultimo elemento del contesto lavorativo analizzato: l’area territoriale di riferimento delle imprese considerate. Tab. 34 Area territoriale di riferimento dell'impresa Area Territoriale Provincia di Bari Regione Puglia Altre regioni (oltre la Puglia) Territorio nazionale Territorio estero v.a. 21 14 7 17 11 70 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 % 30,0 20,0 10,0 24,0 16,0 100,0 In base al campionamento delineato nella prima fase della ricerca, le unità di analisi sono state scelte in modo da ottenere una fotografia della domanda di formazione permanente, riferita ad aziende che operassero in ambito provinciale, regionale, nazionale ed estero. Dall’analisi dei risultati è emerso che il rapporto tra area territoriale di riferimento e formazione rispecchia esattamente quello precedentemente descritto per la classe dimensionale dell’impresa. Infatti, risulta che maggiore è l’area territoriale in cui opera l’azienda per la quale l’intervistato lavora, maggiori sono l’interesse e l’attenzione al tema della formazione. E’ come se l’apertura delle attività a spazi territoriali più ampi, richieda, inevitabilmente, un arricchimento professionale che dia la possibilità di relazionarsi con realtà economiche, sociali e lavorative altre rispetto a quella di appartenenza. Pagina n. 87 11. La formazione fatta e quella poco gradita. In un contesto in cui la formazione delle persone diviene condizione imprescindibile per una crescita sociale, per la competitività, culturale di un Paese, preoccupa per il miglioramento economico e la percentuale di coloro che non hanno mai partecipato a nessun tipo di attività formativa (16%) e, allo stesso modo, segna in modo negativo il campione anche la ridotta percentuale di coloro che hanno frequentato numerose e qualificanti attività formative (11%). Tab. 35 Esperienze formative v.a. 11 % 16,0 22 32,0 21 30,0 8 11,0 8 11,0 Nulla (mai partecipato) Bassa (solo una e demotivante) Media ( più di una, ma poco significative) Discreta (solo importante) una, ma Alto (molte e qualificanti) 70 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 100,0 In particolare, dei lavoratori ascoltati, diversi hanno partecipato ad attività di formazione continua all’interno dell’azienda per cui lavorano; pochi hanno partecipato ad attività di formazione permanente, quindi frequentate con fini di crescita culturale o per interesse personale, non direttamente riconducibile al proprio lavoro. La quota di lavoratori che hanno partecipato ad un numero più alto di attività è maggiore fra gli autonomi rispetto ai dipendenti privati. L’utilizzo della formazione permanente, da parte dei dipendenti privati, sembra progressivamente uscire dalla sfera culturale per legarsi sempre più strettamente alla sfera lavorativa. La domanda formativa inevasa sul luogo di lavoro, spinge il dipendente a rivolgersi all’esterno dell’azienda, per acquisire quei contenuti culturali/professionali necessari per colmare il deficit di competenze richiesti dal proprio lavoro. Pagina n. 88 Questa considerazione è rafforzata dal fatto che, la parte del campione che non ha mai partecipato ad attività formative dichiara di non averlo fatto per mancanza di tempo o per gli eccessivi carichi di lavoro: “…nonostante la volontà non sono mai riuscito a partecipare a corsi di - formazione per mancanza di tempo…” “…il lavoro a tempo pieno non mi ha permesso di avere spazio per la - formazione permanente…” “…e’ difficile conciliare l’arricchimento culturale e civico con i tempi lavorativi - che occupano la maggior parte della giornata…” Il confronto tra i fabbisogni formativi dei lavoratori dipendenti e degli autonomi, mostra un quadro solo a tratti scontato. Infatti la costante necessità che il lavoratore autonomo ha di migliorare la qualità della propria prestazione professionale, e la consapevolezza di dover proporre soluzioni improntate alla ricerca di innovazione, lo pone in una posizione nettamente diversa rispetto a quella del dipendente e quindi più predisposta alla partecipazione ad attività di formazione. Rispetto alla valutazione delle esperienze formative, intesa come rilevazione del parere dei diretti interessati sui caratteri problematici o strategici del percorso formativo, gli aspetti che maggiormente influenzano la soddisfazione complessiva dei partecipanti, a parità di altre condizioni, sono: - la buona preparazione dei docenti, “…l’esperienza formativa affrontata la valuto molto positivamente poiché i docenti/formatori erano persone di grande competenza…”; “…ho il ricordo di quel corso come estremamente utile poiché i docenti erano davvero bravi…” -la corrispondenza dei temi trattati alle aspettative dei formati, “…l’esperienza formativa è stata deludente poiché mi aspettavo di ricevere una formazione diversa…” “…gli obiettivi del corso dovevano essere altri, ci avevano prospettato una formazione diversa da quella che realmente abbiamo ricevuto…” - il collegamento tra il corso e le competenze già possedute dai singoli, “ deludente, nessuno a tenuto conto del nostro livello di professionalità”; “…il percorso formativo è stato molto utile perché era strutturato in base alle competenze possedute dai partecipanti…” Pagina n. 89 La soddisfazione aumenta anche quando il corso è ritenuto concentrato sull’acquisizione di competenze applicabili sul lavoro e se la durata è calibrata rispetto agli obiettivi: “ …le competenze sono utili se poi le si possono utilizzare nel proprio lavoro…”; “…ho frequentato corsi in cui mi hanno trasferito solo nozioni che non mi sono servite per la mia attività lavorativa…”; “…il corso che ho frequentato ha avuto tempi troppo lunghi rispetto agli obiettivi che andavano raggiunti…”; • “…il percorso formativo è stato troppo lungo…Sembrava si trascinasse…Lo si poteva concentrare nella metà del tempo…" La soddisfazione del corso non sembra influenzata, invece, dalle caratteristiche delle singole agenzie formative e neppure dal livello dei costi sostenuti (nel caso di corsi liberi a pagamento). Complessivamente, la tendenza registrata rispetto alla valutazione delle esperienze già fatte, appare orientata verso una netta sottovalutazione dell’importanza delle attività formative concepite in senso classico. Le considerazioni ricorrenti su “..troppa aula..”, “….una offerta scarsa rispetto alla reale domanda di formazione integrativa….”, “… evidente sotto-dotazione finanziaria per fare un buon corso….”, “….docenti troppo giovani per poter insegnare qualcosa a noi…..”, richiamano la necessità della organizzazione e della produzione di una offerta formativa più di sistema e meglio calibrata sul fabbisogno espresso dagli utenti. Ciò appare ancora più vero, per il segmento intervistato nel nostro campione, composto in modo maggioritario da persone appartenenti alla c.d. classe di età forte e cioè quella compresa tra i 29 ed i 45 anni di età. Pagina n. 90 12. La domanda di formazione permanente. I risultati della ricerca, permettono di condurre un’analisi articolata dei fabbisogni di formazione permanente espressi dai lavoratori e quindi delle competenze specifiche che vorrebbero acquisire o rafforzare. Prima di entrare nelle specificità dei risultati, si ritiene significativo riportare il dato riguardante il livello di interesse e motivazione del campione, in generale, rispetto a potenziali opportunità di formazione permanente. Tab. 36 Interesse per potenziali opportunità di formazione permanente v.a. Nullo 0 Basso 2 Medio 11 Discreto 11 Alto 46 70 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 % 0,0 3,0 16,0 16,0 65,0 100,0 Nonostante il problema definitorio precedentemente esplicitato e la scarsa conoscenza del tema “formazione permanente”, una percentuale decisamente rilevante degli intervistati (pari al 65% del campione) ha manifestato un alto livello di interesse e motivazione, insieme ad un 16% che ha dichiarato di sentire una discreta esigenza di formazione, orientata al proprio sviluppo personale ed occupazionale. Nessuna unità è risultata disinteressata a potenziali opportunità di formazione integrativa permanente. Nel corso delle conversazioni con gli intervistati, dopo una fase di approfondimento sui caratteri e le diverse tipologie di classificazione delle competenze, si è proceduto a mettere a fuoco alcuni degli elementi più evidenti del loro personale fabbisogno di formazione integrativa. In tale direzione è utile sottolineare che il presupposto dal quale si è partiti è che le competenze già acquisite sono alla base della definizione dei fabbisogni di formazione. Si è dunque chiesto ai lavoratori di esprimere il proprio fabbisogno formativo e di specificare le singole competenze che vorrebbero acquisire o consolidare. I risultati, mostrano un livello di interesse e di necessità di acquisizione di competenze, nel 54% dei casi medio , nel 15% discreto, e nel 27% alto. Pagina n. 91 Appare evidente, quindi, un unanime e diffuso bisogno di acquisizione di nuove e ulteriori competenze, ai fini di una crescita personale, sociale,e civica che non esclude, in alcuni casi, una ricaduta, conseguente sul piano lavorativo (carriera). La convinzione comune è che “…l’arricchimento della persona è esigenza prioritaria rispetto a quella del lavoratore…”. Tab. 37 Fabbisogno di formazione e di acquisizione di competenze v.a. % Nullo 0 0,0 Basso 3 4,0 Medio 38 54,0 Discreto 10 15,0 Alto 19 27,0 70 100,0 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Fig. 7 Fabbisogno di formazione e di acquisizione di competenze 40 30 20 10 0 Nullo Basso Medio Discreto Alto Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 In particolare, contrariamente alle aspettative, tutti i lavoratori hanno espresso la necessità di rafforzare le competenze di base (lingua italiana, conoscenze logicomatematiche). Paradossalmente, le competenze la cui acquisizione dovrebbe essere più diffusa, poiché legata al percorso scolastico, risultano essere quelle di cui si avverte una maggiore carenza e necessità. Infatti, tutti gli intervistati ritengono fondamentale la conoscenza o il perfezionamento di una o più lingue straniere e, a prescindere dal settore di attività, definiscono indispensabili le competenze informatiche. Affermazione comune è che una “… scarsa capacità di utilizzo delle tecnologie informatiche costituisca motivo di esclusione sociale e lavorativa…”. Pagina n. 92 Risulta non meno avvertito, rispetto a quello appena rilevato, il fabbisogno di competenze trasversali, ritenute, in molti casi importanti e rilevanti per qualunque tipologia di attività professionale. I lavoratori “front office” avvertono la necessità di arricchire per lo più le competenze espressive, comunicative, sociali e relazionali; quelli “back office” appaiono più interessati all’ acquisizione di capacità progettuali, strategiche, di analisi e problem solving. Si discostano lievemente dai precedenti, i risultati in merito al fabbisogno di competenze tecnico-specialistiche. In modo sorprendente, una parte significativa del campione ha dichiarato di non aver bisogno di ulteriori competenze specifiche professionali. E’ come se il lavoratore ritenesse di averle già sufficientemente apprese durante il proprio iter lavorativo, in un “apprendere facendo”. Trova in ciò riscontro il valore e la diffusione del concetto di “apprendimento informale”, inteso come quell’attività intenzionale che, fuori dai contesti istituzionali, porta all’aumento delle conoscenze e delle competenze di una persona, sulla base di eventi formativi che possono aver luogo, in qualsiasi forma ed in qualunque sede (in questo caso sul posto di lavoro). In particolare nelle realtà medio-piccole, i processi formativi si compiono anche in modo non formale e sono connaturati al quotidiano processo produttivo e alle decisioni in merito alla organizzazione del lavoro, ai percorsi di inserimento e di riorganizzazione di compiti e mansioni. Se l’analisi dei bisogni risulta un momento cruciale per capire gli aspetti critici del patrimonio di conoscenze, comportamenti, valori su cui intervenire con la formazione, altrettanto cruciale appare il momento di trasformazione dei bisogni in obiettivi formativi, soprattutto perché le due fasi sono gestite da persone e professionalità diverse. La formazione emergente appare affidata ad un processo più informale che difficilmente è percepito come attività formativa. In questo caso il trasferimento di informazioni ed abilità avviene in forma diretta attraverso l’osservazione e la sperimentazione sul lavoro. Lo strumento di rilevazione è stato infine strutturato, in modo da intercettare, alla luce delle esperienze personali e lavorative vissute e del fabbisogno di competenze dichiarato, le aspettative degli intervistati rispetto all’attivazione e l’incentivazione di future e possibili opportunità di formazione permanente. Pagina n. 93 La premessa indispensabile per la comprensione dei risultati è che tendenzialmente l’azienda di appartenenza appare - agli intervistati - poco orientata a valorizzare sia percorsi formativi individuali che collettivi. Oltre il 57% del campione, pur manifestando un elevato livello di aspettativa rispetto alla partecipazione a processi di formazione permanente, ha dichiarato che, ciò si può realizzare solo in presenza di un cambiamento radicale nella cultura delle aziende per le quali si lavora. Ancora troppo angusti appaiono, infatti, i confini entro i quali si muove lo scenario delle imprese locali, più orientate a considerare la concessione di un percorso formativo individuale come un “favore” o un “premio” per il lavoratore, che un arricchimento complessivo del bagaglio di know how complessivo dell’azienda. Tab. 38 Aspettative di formazione permanente v.a. 0 3 27 4 36 70 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 % 0,0 4,0 39,0 6,0 51,0 100,0 Nullo Basso Medio Discreto Alto Fig. 8 Aspettative di formazione permanente 40 30 20 10 0 Nullo Basso Medio Discreto Alto Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Questi dati rispecchiano, orientativamente, quelli nazionali: il coinvolgimento della popolazione italiana, infatti, in attività formative è molto limitato, se viene messo a confronto con quanto accade negli altri Paesi. La sensazione è che, in alcuni settori di attività in particolare, la formazione stessa sia troppo spesso sottovalutata quanto ad importanza ed a valore strategico. Pagina n. 94 Dopo aver rilevato le aspettative, si è chiesto agli intervistati attraverso quali canali sarebbe utile ricevere maggiori informazioni sulle opportunità di formazione finanziata. Il canale telematico (posta elettronica) risulta essere il mezzo favorito poiché maggiormente diffuso, di più facile accesso e di maggiore velocità. Singolare ed originale è stata la risposta di due unità del campione che hanno espresso il desiderio di ricevere informazioni attraverso la posta ordinaria, mezzo comunicativo che richiede un maggiore impegno da parte del mittente (rispetto ad altri strumenti più moderni) e, quindi, una maggior attenzione e considerazione verso il destinatario. Pagina n. 95 13. Per una formazione..… su misura. L’ultima sezione della traccia di intervista è stata strutturata in modo da condurre l’interlocutore in una descrizione dell’ “immagine” del proprio percorso formativo ideale. Un percorso formativo “su misura”, strutturato secondo modalità specifiche di attuazione e di finanziamento, dettate dalle esigenze del lavoratore stesso. Nella prospettiva precedentemente annunciata di fornire suggerimenti e spunti alla Regione Puglia riguardo ai fabbisogni di formazione permanente e agli specifici modelli di intervento, tali risultati acquistano particolare valore. La totalità del campione ha espresso, seppure con intensità differenti, specifiche esigenze rispetto alle modalità di attuazione, dettagliando, come vedremo in seguito, le singole preferenze in merito. Tab. 39 Interesse per specifiche modalità di attuazione della formazione permanente v.a. % Nullo 0 0,0 Basso 5 7,0 Medio 32 46,0 Discreto 4 11,0 Alto 29 36,0 70 100,0 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Si è chiesto al campione, in primis, di esprimere una preferenza tra una formazione permanente finanziata ed una a pagamento. Tab. 40 Preferenza sulla modalità di accesso alla formazione v.a. Formazione finanziata 59 Formazione a pagamento 11 70 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 % 84,0 16,0 100,0 Nell’ 84% dei casi, la formazione finanziata risulta essere la modalità di accesso al servizio formativo più richiesta a livello individuale. Le motivazioni più frequentemente riportate sono che “…la formazione finanziata consente l’accesso diffuso, senza oneri economici…” e che “…garantisce la formazione come diritto per tutti…” . Pagina n. 96 In via minoritaria (16% del campione) si è rilevata una propensione verso la formazione a pagamento. Tale preferenza è dovuta al fatto che tale percentuale ritiene l’investimento economico quale garanzia dell’ elevato livello qualitativo. Inoltre, il denaro speso può costituire ragione di assunzione di responsabilità e di impegno individuale rispetto alla partecipazione ed alla assiduità nella frequenza. I corsi in azienda e la formazione continua, basata su programmazione annuale, sono state le tipologie formative più indicate come rispondenti alle esigenze dei lavoratori ascoltati. Tab. 41 Principali tipologie di formazione permanente richiesta v.a. Lingue straniere 65 Organizzazione del lavoro 28 Web management 58 Comunicazione 36 Gestione di impresa 11 Gestione finanziaria individuale e collettiva 31 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 % 93,0 40,0 83,0 51,0 16,0 44,0 Utilizzando un elenco sintetico di circa n.78 opportunità di formazione permanente raggruppate per aree tematiche e già offerte dalle diverse Regioni italiane nel periodo di programmazione 2000-2006, gli intervistati sono stati quindi chiamati ad esprimersi sulle tipologie di formazione alle quali parteciperebbero in futuro. Il mini-catalogo emerso dalle preferenze espresse è di particolare interesse per la nostra ricerca. Le lingue straniere e le tematiche legate alla gestione informatica e delle reti, sono risultate - in assoluto - le più suffragate. Seguite a netta distanza dalle attività formative connesse alla organizzazione del lavoro ed alle tecniche della comunicazione, le prime due ricoprono una netta centralità tra i diversi fabbisogni formativi espressi dal campione intervistato. Una tensione orientata a colmare una debolezza che si trascina “dai tempi della scuola” e che viene avvertita come un elemento di quasi-esclusione sociale dalla grande maggioranza degli intervistati. Significativa, per la peculiarità dell’accezione alla quale si sono ispirati gli intervistati nelle risposte, appare infine il tema della c.d. gestione finanziaria Pagina n. 97 individuale e collettiva. In oltre il 40% dei colloqui sono infatti emerse domande di formazione integrativa indirizzate a risolvere veri e propri problemi di diritto dei cittadini. Le tematiche connesse alla “giungla delle gestioni finanziarie” che coprono uno spettro che va dalla gestione dei mutui e dei prestiti personali per arrivare sino a quella delle assicurazioni, soprattutto con l’entrata in vigore del nuovo regime delle liberalizzazione di mercato, determinano fabbisogni formativi individuali sino a poco tempo fa mai razionalizzati dalle persone intervistate. Segno dei mutamenti in atto e della moltiplicazione e differenziazione dell’offerta di mercato in queste materie, il lavoratore-cittadino si trova totalmente impreparato a gestire il proprio sistema di scelte in questo campo. Sottolineato da più parti che “non si tratta solo di conoscere meglio per non farsi fregare” , lo specifico fabbisogno espresso descrive un identikit di lavoratore più attento a conoscere cosa accede in queste materie negli altri Paesi europei ed in particolare maggiormente in contatto con cittadini residenti in territori diversi dall’Italia dove le regole appaiono più semplici o omogenee. Si è chiesto, infine, di esprimere preferenze/suggerimenti su eventuali percorsi di formazione permanente rispetto a: • I tempi; • I luoghi; • Le metodologie formative. Rispetto ai tempi, il campione si è orientato in modo bilanciato tra una formazione che si svolga al di fuori degli orari lavorativi (fine settimana o orari serali/post lavorativi), scelta in modo prevalente dagli intervistati più giovani, ed una formazione durante l’orario di lavoro, ma di tipo “occasionale”, ovvero che si svolga saltuariamente, preferita dagli intervistati più adulti. Pagina n. 98 Nella percezione dei ricercatori/intervistatori, tale risposta è apparsa tuttavia nettamente segnata da un disincantamento dei lavoratori rispetto alla eventuale disponibilità delle loro imprese a far svolgere le attività di formazione all’interno del processo lavorativo. Tab. 42 Domanda formativa: i tempi v.a. 38 32 70 Fonte: Rilevazione campionaria “Studi economici” marzo/maggio 2008 Dopo l’orario di lavoro Durante l’orario di lavoro % 54,0 46,0 100,0 Per quanto riguarda i luoghi di svolgimento della formazione, contrariamente a quanto rilevato rispetto ai tempi ed alle modalità di attuazione, il campione si è mostrato più disomogeneo: non è emerso un orientamento univoco in merito. Risulta infatti evidente, nella rilevazione, la secondaria importanza attribuita dagli intervistati agli spazi ed ai luoghi della formazione. Infine, e’ stata nuovamente sottolineata una chiara propensione verso un apprendimento che passi soprattutto attraverso il “fare” e meno attraverso l’acquisizione di conoscenze teoriche. E’ ragionevole pensare che siano molto più diffuse modalità di apprendimento nel luogo di lavoro, piuttosto che le tradizionali attività d’aula. Pagina n. 99 PARTE QUARTA: L’OFFERTA DI FORMAZIONE PERMANENTE RILEVATA E LE POSSIBILI STRATEGIE Pagina n. 100 14. Il I soggetti intervistati campione intervistato comprende prevalentemente (61,55%) personale occupante un ruolo strategico all’interno della propria organizzazione. Si tratta nello specifico di dirigenti, direttori, quadri, impegnati direttamente nella pianificazione e nella gestione di attività formative. Al fine di garantire la completezza delle informazioni e creare un raccordo diretto propulsivo con chi si confronta costantemente con le tematiche oggetto di indagine, si è puntato a contattare ed ascoltare, ove possibile, i responsabili o coordinatori stessi delle politiche di formazione, all’interno degli enti selezionati. Tab. 43 – Intervistati per posizione occupata (valori percentuali) Titolare/amministratore/presidente/socio/dirigente scolastico 7,7 Dirigente, direttore, quadro, insegnante 61,5 Impiegato, funzionario, addetto amministrativo 15,4 Altro 15,4 Totale 100,0 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 L’intervistato tipo risultante dall’indagine è di sesso maschile ed appartiene alla classe di età compresa tra i 29 e i 45 anni. Tab. 44 - Intervistati per sesso (valori percentuali) Maschi 61,5 Femmine 38,5 Totale 100,0 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Pagina n. 101 Tab. 45 – Intervistati per classe di età (valori percentuali) 18-29 7,7 29-45 61,5 46-55 15,4 55-over 15,4 Totale 100,0 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Esso, inoltre, si rivela in possesso di elevati profili di istruzione e di competenze specifiche. Infatti, ben il 76,9% circa degli intervistati ha conseguito in misura paritaria la laurea o un master/corso di specializzazione. Fig. 9: Intervistati per titolo di studio nessuno o licenza elementare licenza media attestato di qualifica diploma scuola media superiore laurea Master/specializzazione Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 L’immagine delle figure strategiche di gestione delle attività che si configura attraverso l’analisi vede ancora la minoranza delle donne nelle posizioni di dirigenza aziendale, probabilmente connessa sia a motivazioni di origine storica e culturale fatte di grandi pregiudizi e chiusure relativamente al binomio donne-lavoro, sia alle più attuali motivazioni di tipo sociale sulla difficoltà di conciliazione dei tempi di vita familiare e lavorativa. Quest’ultimo elemento diviene essenziale se si osserva attentamente la fascia di età di maggiore appartenenza degli intervistati, periodo temporale sicuramente decisivo per la categoria femminile al fine di compiere scelte importanti e che spesso conduce a innumerevoli sacrifici e rinunce. Pagina n. 102 Un ulteriore aspetto su cui risulta opportuno riflettere è la presenza nei ruoli chiave aziendali di elevati tassi di cultura e specializzazione, in linea con le attuali tendenze di valorizzazione dell’apprendimento e dell’innovazione imposte dall’attuale società del “capitale umano”. La nuova logica emergente dai processi in atto sottolinea la necessità, per le organizzazioni che vogliano adeguarsi alle mutate condizioni relazionali della società contemporanea, di porre al centro delle proprie strategie alcune importanti dimensioni di fondo: capacità di innovazione, primato della qualità, capacità di apprendimento, valorizzazione della risorsa umana. La generazione di qualità richiede investimenti forti e costanti in “capitale intellettuale”, ovvero in risorse umane qualificate. Le stesse sono le uniche in grado: a) di garantire la valorizzazione delle esperienze apprendendo dai problemi che esse costantemente generano; b) di creare, attraverso l'apprendimento realizzato, innovazione. Tale punti costituiscono un importante contributo e contemporaneamente una sfida assai ardua per lo sviluppo sia del capitale umano sia per le organizzazioni. Pagina n. 103 15. Le organizzazioni intercettate Le aziende di provenienza dei soggetti intervistati appartengono in forte prevalenza (76,92%) alla tipologia del non profit, che comprende un variegato universo di organizzazioni, distinte per modalità operative, mission e modelli di pensiero ma accumunate da determinate caratteristiche. Tab. 46 – Aziende di appartenenza intervistati per tipologia (valori percentuali) Profit Non profit Istituto scolastico Totale Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 15,4 76,9 7,7 100,0 A tal proposito, risulta opportuno apportare precisazioni sul significato stesso di settore non profit, al fine di pervenire ad una definizione unica e chiara a cui far riferimento nell’ambito della presente ricerca. Partendo da due note definizioni di terzo settore si evince che i confini del terzo settore non sono ancora ben chiari, sia a causa di una regolamentazione giuridica che distingue gli enti privati in base ad altri criteri, sia a causa delle sovrapposizioni di profili privatistici e pubblicistici che caratterizzano molte organizzazioni. Infatti, mentre Il CNEL66 definisce il terzo settore come l'insieme delle organizzazioni private che non perseguono scopi di lucro, lo SNA (System of National Accounts)67 definisce le organizzazioni no profit come gli enti giuridici o sociali creati per lo scopo di produrre beni e servizi il cui status non permette loro di essere fonte di profitto. I termini comunemente utilizzati per fare riferimento al settore no profit nel suo insieme sono: volontariato, associazionismo, terzo settore o terzo sistema. Tutte queste definizioni implicano l’esistenza di organizzazioni giuridicamente strutturate. Tuttavia, si possono cogliere ormai dei criteri in base ai quali un'organizzazione appartiene al settore no profit cioè quando rispetta i seguenti criteri: 66 CNEL Statualità, mercato e socialità nel welfare - Roma - 1996 Rapporto della System of National Accounts - Bruxelles - 1993 67 Pagina n. 104 a) formalità: l'organizzazione deve essere costituita formalmente, ovvero dotata di un atto costitutivo e di uno statuto che regolino la vita, sotto tutti gli aspetti, dell'organizzazione; b) natura giuridica privata: l'organizzazione non deve far parte del settore pubblico; c) autogoverno: l'organizzazione non deve essere controllata, nello svolgimento dei propri processi decisionali, da altre organizzazioni del settore pubblico o di quello delle imprese a fine di lucro; d) assenza di distribuzione di utili: l'organizzazione non deve distribuire in nessuna forma ai propri soci i profitti derivanti dalla propria attività; e) presenza di lavoro volontario: la presenza attiva di volontari può anche riscontrarsi nella forma di retribuzioni molto inferiori alla media del mercato per posizioni professionali omogenee. L'individuazione di tali caratteristiche non può, certamente, essere esaustiva; infatti non si può prescindere da una classificazione giuridica delle organizzazioni del terzo settore che comprende: le fondazioni, caratterizzate dalla destinazione di un patrimonio privato per delle finalità non lucrative; le associazioni (riconosciute e non) che presentano una struttura democratica e perseguono una finalità istituzionale non lucrativa; i comitati, assimilabili alle associazioni, ma con scopi e durata limitati; le società mutualistiche, ovvero le cooperative e le società di mutua assicurazione. Pagina n. 105 I criteri organizzativi e la classificazione giuridica dovrebbero delineare precisamente il settore, ma così non è, in quanto si deve tener presente che numerose cooperative sono nate da operazioni di spin-off68. La Corte di Cassazione (83/3068) ha definito la società cooperativa come "un'impresa collettiva costituita, come le altre società, per l'esercizio in comune di un'attività economica, ma, a differenza di queste, lo scopo che si propongono i soci non è di dividerne gli utili, ma di ottenere una prestazione a condizioni più favorevoli di quelle che si potrebbero ottenere ricorrendo al libero mercato. Questo vantaggio consiste in un risparmio di spesa o in un aumento della retribuzione". La giurisprudenza, quindi, considera la società cooperativa come un'impresa che non distribuisce utili ma che eroga vantaggi, in qualsiasi forma, non alla collettività ma solo ai soci. Queste considerazioni tenderebbero, quindi, ad escludere il mondo cooperativistico dal no profit, e ciò sarebbe un errore. La L. 381/91 ha istituito le cooperative sociali che, secondo la nozione fornitaci dalla stessa legge, hanno lo scopo "di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini". Tale scopo può realizzarsi sia attraverso la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, sia attraverso lo svolgimento di attività diverse finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Nel settore, quindi, possiamo sicuramente includere le cooperative sociali. I problemi sollevati per le cooperative potrebbero essere sollevati anche per tutte le altre organizzazioni no profit (si pensi, ad esempio, che molte società sportive di alto livello sono costituite come associazioni), in quanto molte di esse sono strutturate come vere e proprie imprese con dipendenti e una struttura manageriale o, al contrario, vi sono delle organizzazioni di volontariato che non remunerano il lavoro ma prevedono delle forme di "rimborso spese". 8 vedi in proposito IRES Quale spin-off? Riorganizzazioni aziendali, creazione di imprese, nuovi imprenditori" – Torino – 1998 Pagina n. 106 Il terzo settore deve essere considerato, quindi, una galassia in cui trovano cittadinanza diverse situazioni di "confine" tra il no profit e le imprese. Per tutti questi motivi si reputa utile precisare che in questa ricerca come definizione di organizzazione no profit si è intesa "l’organizzazione che produce beni e servizi di interesse collettivo e che è vincolata a non restituire utili di alcun tipo ai propri membri, neppure al momento dello scioglimento della stessa". Date queste premesse, quindi, ai fini della nostra ricerca si intendono organizzazioni del settore no profit: 1. Le fondazioni; 2. Le associazioni (riconosciute e non, che svolgono attività di interesse collettivo); 3. Le organizzazioni non governative che svolgono attività sociale; 4. Le cooperative sociali; 5. Le organizzazioni con i requisiti riconosciute come Organizzazioni non Lucrative di Utilità Sociale (O.N.L.U.S.) ai sensi del D.Lgs. 460/97. Le forme giuriche dell’azienda maggiormente dichiarate dagli intervistati ricadono nella categoria Altro o in misura minore nella tipologia cooperativistica. Tab. 47 – Forma giuridica dell’azienda (valori percentuali) Impresa individuale Società di persone Società di capitale Società cooperativa Istituto scolastico Altro 7,7 15,4 7,7 69,2 100,0 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 A costituire la quota maggiore di organizzazioni non profit dichiarate sotto la voce Altro sono le associazioni, riconosciute e non riconosciute che svolgono in diverse Pagina n. 107 forme le proprie attività prevalentemente attraverso prestazioni personali o patrimoniali volontarie o meno degli aderenti. Nel territorio pugliese, la realtà dell’associazionismo è risultata negli ultimi anni fortemente sviluppata, mostrando oltre ad una accentuata crescita quantitativa anche una notevole crescita qualitativa, determinata dalla diversificazione delle modalità di intervento e soprattutto delle relative filosofie d’azione. Tale realtà risente tuttavia spesso dell’assenza di collegamenti, della “voglia di fare rete”, di sviluppare strategiche alleanze sul territorio, obiettivi alla base del rafforzamento e consolidamento della cooperazione sociale. Le informazioni di tipo logistico-organizzativo delle aziende intervistate conducono ad affermare che la maggior parte delle organizzazioni è in possesso di una sola sede accreditata per lo svolgimento di attività formative; tuttavia una significativa quota di esse detiene più di una sede. (in media 4,8). Fig. 10 – L’organizzazione è in possesso di sedi accreditate? 60 50 40 30 20 10 0 si, solo una si più di una no Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Il percorso di accreditamento delle sedi formative ha rappresentato una grande opportunità di crescita e sviluppo per numerosi enti di formazione, poiché attraverso esso, l’amministrazione pubblica competente ha riconosciuto loro la possibilità di proporre e realizzare interventi di formazione-orientamento finanziati con risorse pubbliche. Attraverso l’accreditamento si è potuto inoltre introdurre standard di qualità dei soggetti attuatori nel sistema di formazione professionale, Pagina n. 108 secondo parametri oggettivi in grado di realizzare politiche pubbliche di sviluppo delle risorse umane nei territori di riferimento. Tuttavia, si tratta di un modello regolamentato e sperimentato dalle amministrazioni regionali solo recentemente, a seguito del Decreto Ministeriale n. 166 del 25 maggio 2001 che ha rappresentato un riferimento necessario per tutte le Regioni impegnate nella definizione di propri sistemi di accreditamento. Il possesso in prevalenza di una sola accreditata ad opera degli enti di formazione induce a considerare la presenza sul territorio di piccole e medie realtà, molte delle quali risultano essere nate in concomitanza con le procedure stesse di accreditamento messe in atto dall’amministrazione regionale, mediante gli avvisi pubblici del 2003 e del 2005. La pluri-sede è probabilmente un fenomeno proprio dei grandi enti di informazione, caratterizzati da una capillare presenza sul territorio. I dati delineano dunque un quadro del sistema formativo pugliese incentrato su soggetti di piccole e medie dimensioni, tendenza che peraltro, e non a caso, ricalca le peculiarità del sistema delle nostre imprese. Per quanto attiene all’ubicazione delle sedi accreditate, si registra un’ampia distribuzione e dislocazione territoriale che comprende l’intero territorio regionale. Tra le organizzazioni che detengono più sedi accreditati, è frequente, infatti, la dislocazione nell’ambito delle cinque province pugliesi o in alcune di esse. L’analisi delle tipologie di accreditamento rivela che molte delle organizzazioni coinvolte nell’indagine hanno intrapreso il percorso dell’accreditamento delle sedi formative con la finalità e la modalità di estenderlo a più aree di applicazione e di intervento. La principale macrotipologia formativa per le quali sono accreditate le sedi risulta la Formazione superiore, seguita dalla Formazione Continua e dall’Apprendistato professionalizzante. Pagina n. 109 Tab. 48 – Per quale macrotipologia formativa sono accreditate le sedi? (valori percentuali) Formazione superiore Formazione per lo svantaggio Apprendistato professionalizzante Formazione continua Totale Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 31,2 18,8 25,0 25,0 100,0 La formazione superiore è una formazione post-obbligo formativo finalizzata al conseguimento o perfezionamento di competenze professionali atte a favorire: • l'inserimento lavorativo di giovani diplomati e laureati in cerca d'occupazione qualificata (propedeutica) • l'avanzamento professionale di giovani e adulti qualificati, diplomati e laureati occupati attraverso percorsi di Formazione post esperienza, postdiploma, post-laurea e IFTS Istruzione e Formazione Tecnica Superiore imperniati su contenuti professionali ritenuti cruciali da un significativo campione di imprese industriali. Le finalità di tali interventi formativi, sono di facilitare l'accesso al mondo del lavoro di giovani neo diplomati o neo laureati e di fronteggiare le esigenze di nuove professionalità manifestate dalle imprese del territorio di riferimento. La consistente presenza di soggetti accreditati negli ambiti della Formazione superiore conferma un andamento ormai noto del sistema formativo italiano che storicamente si vede impegnato su tale versante, oggetto da tempo di approfonditi studi e sperimentazioni. Numerose ricerche sul tema della Formazione Superiore evidenziano come nel nostro Paese non esista un’offerta strutturata e sufficientemente sistematica a questo livello. La prima osservazione che colpisce chi si addentra nel variegato panorama della formazione di secondo livello è l’assoluta certezza di trovarsi di fronte ad un’offerta molto differenziata per modalità di rilevazione dei fabbisogni, impianto progettuale, metodologie e strumenti per la didattica, tempi e organizzazione dei tirocini formativi. A tale proposito, come risulta da un noto studio condotto dall’Isfol, sarebbe necessario sviluppare un percorso di formazione professionale superiore più articolato, differenziato dai Diplomi universitari per una maggiore dimensione applicativa dei piani di studio e, al contempo, diverso dalle iniziative post- Pagina n. 110 secondarie finora realizzate per un maggiore approfondimento dei contenuti e una diversa organizzazione dell’impianto progettuale, in particolare per la dimensione relativa allo stage. Appare inoltre essenziale predisporre un modello di formazione superiore impostato su un attento esame dei rapporti tra domanda e offerta, così da rendere possibile una selezione degli ambiti di intervento che sia tarata su bisogni di formazione per quanto possibile individuati in modo specifico e su un atteggiamento analitico articolato in grado di garantire un efficace collegamento del sistema con le realtà produttive. E’ sullo sfondo di tale contesto che la rilevanza dello sviluppo dell’area della Formazione Superiore è da tempo riconosciuta come uno degli obiettivi prioritari per il rafforzamento del sistema formativo, soprattutto nella prospettiva di un migliore inserimento occupazionale. Le continue riforme nel sistema di istruzione superiore e universitario e le dinamiche recenti del mercato del lavoro stanno radicalmente modificando l'offerta formativa del sistema educativo italiano, ponendo sempre più l'esigenza di avvicinare il sistema educativo al mondo dell'economia e delle imprese. A tal fine si assiste ad un intenso proliferare di corsi di formazione superiore aventi proprio la finalità di incontrare le esigenze delle imprese e del mercato del lavoro. Tuttavia, traspare oggi la sensazione che l'insieme di queste esperienze si stia evolvendo con modalità talvolta episodiche e sperimentali che non confluiscono in un sistema organizzato, che consenta il loro inserimento in un ampio quadro programmatico. L'offerta non sempre si sviluppa sulla base di esigenze di un mercato del lavoro (già espresse o potenziali), che si evolve con sempre maggiore rapidità e profonde discontinuità legate all'evoluzione delle tecnologie. Anche quando la domanda di lavoro è nota, la mancanza di un efficiente sistema di programmazione a livello territoriale, può determinare da una parte sovrapposizioni e duplicazioni, e dall'altra parte delle inadeguatezze o dei veri e propri vuoti. Appare strettamente necessario dunque incentivare innovazioni e modifiche in tal senso negli attuali assetti della formazione superiore. Pagina n. 111 15.1 L’Apprendistato professionalizzante e la Formazione Continua La macrotipologia di accreditamento per la Formazione superiore è seguita dalle macrotipologie della Formazione Continua e dell’Apprendistato Professionalizzante (25,0%), che la Regione Puglia considera dal punto di vista procedurale strettamente interconnesse. Infatti, la deliberazione della Giunta Regionale n. 281 del 15/03/04, recante "Criteri e procedure per l'accreditamento delle sedi formative", nella descrizione delle specificazioni delle macrotipologie di accreditamento stabilite dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 25 maggio 2001, elenca espressamente come specificazione della macrotipologia "formazione continua" la formazione destinata ad apprendisti. L’utilizzo dell’apprendistato professionalizzante nelle procedure di accreditamento negli ultimi anni segnala una marcata contrazione a livello nazionale, direttamente connessa alle nuove normative della Finanziaria 2007, che nonostante l’introduzione di una serie di sgravi fiscali per i datori di lavoro che occupano alle dipendenze un certo numero di apprendisti, tuttavia comporta un generalizzato aumento nelle contribuzioni fiscali. La strada intrapresa verso la valorizzazione del ruolo dell'apprendistato, considerato il luogo ideale dove coniugare lavoro e formazione ed al contempo rispondere alle esigenze dei giovani ampliando le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro ha dovuto confrontarsi dunque con le trasformazioni economiche e finanziarie in atto nella società. Sullo stesso piano dell’apprendistato professionalizzante è collocata la formazione continua, finalizzata a migliorare il livello di qualificazione e di sviluppo professionale della forza lavoro assicurando la stabilità occupazionale, l'adattabilità ai cambiamenti tecnologici e organizzativi atti a sostenere la competitività delle imprese e di tutti gli operatori economici pubblici e privati. Essa è destinata a soggetti occupati, in CIG e mobilità, a disoccupati per i quali la formazione è propedeutica all'occupazione, nonché ad apprendisti che abbiano assolto l’obbligo formativo e si attua attraverso: - percorsi interaziendali di aggiornamento del personale occupato. Pagina n. 112 - corsi interaziendali specializzazione volti di alfabetizzazione, all'acquisizione o qualificazione, sviluppo di riqualificazione, nuove competenze professionali richieste in ambito lavorativo o per l'arricchimento del proprio patrimonio culturale. - percorsi aziendali di riqualificazione e aggiornamento del personale occupato (programmati e richiesti dall'impresa beneficiaria o da un soggetto terzo su commessa di una o più imprese) Le imprese italiane si distinguono nei Paesi dell'Unione europea tra le realtà meno attive per investimenti di formazione continua. Una nota indagine svolta da Eurostat (2001) sottolineava che nel 2000 in Italia solo il 5,2% dei lavoratori occupati avesse svolto formazione in impresa; La minor abitudine delle nostre PMI a svolgere formazione implica alcune difficoltà in queste realtà a definire piani formativi di lungo termine e a sviluppare una "cultura" della formazione. Numerose sono inoltre le difficoltà ad esaudire attraverso la formazione i fabbisogni di competenze esistenti. Tali difficoltà sono ascrivibili sostanzialmente a due fattori: la mancanza di strutture interne all'impresa dedicate all'organizzazione della formazione che impedisce a queste di progettare internamente corsi personalizzati sui loro fabbisogni specifici e la limitatezza delle risorse finanziarie allocate alla formazione che si traduce in una ridotta capacità di acquisto di formazione sul mercato. Ancora più contenuta e poco utilizzata dalle strutture formative si rivela la Formazione nell’area dello svantaggio, per la quale l’accreditamento viene rilasciato all’interno di ciascuna macrotipologia considerata a condizione che vengano rispettati ulteriori specifici requisiti, elaborati all'interno dei sistemi di accreditamento regionali. Si comprende la maggiore presenza di difficoltà nell’operare nell’ambito di tale area, derivante sia da continue modifiche legislative e attuative apportate dalle Regioni nel periodo di sperimentazione delle procedure di accreditamento sia alla particolarità e complessità del target di riferimento. Riguardo a quest’ultimo punto, occorre effettuare una serie di puntualizzazioni necessarie al fine di chiarire la modalità di approccio e relazione alla tematica. L’area dello svantaggio si presenta altamente eterogenea, in quanto include alcune categorie di soggetti con effettive carenze nel possesso di competenze professionali (ad es. i disabili, i giovani a rischio ecc.), di contro altre con elevati livelli di Pagina n. 113 scolarità ed un significativo possesso di competenze di base e tecnico - profesisonali (es immigrati). Per alcuni svantaggiati dunque, il percorso di formazione potrebbe rappresentare un’effettiva occasione di crescita professionale, per altri, invece l’offerta di formazione dovrebbe essere equilibratamente dosata all’interno di un percorso più articolato di relazioni. Una seconda precisazione riguarda le particolari esigenze presentate da alcuni destinatari. Per erogare servizi di formazione ad utenti disabili, detenuti, immigrati è necessario disporre di specifiche dotazioni sia di carattere strutturale che infrastrutturale. Un classico esempio è fornito dalle utenze disabili, per le quali devono essere previsti parametri specifici, sia per quanto riguarda l’adeguatezza dei locali, sia per le particolari metodologie didattiche e tecnologiche. Nell’area dello svantaggio, la realizzazione di corsi formativi richiede spesso la partecipazione di “equipe multidisciplinari” composte da differenti figure professionali a seconda della tipologia del target di riferimento. 15.2 Tipologie di attività formative Focalizzando l’attenzione sulla tipologia di attività formative realizzate dalle organizzazioni intervistate nel corso del 2007, si evidenzia il marcato ricorso alla Formazione finanziata, quale importante sostegno alla gestione finanziaria di differenti e concomitanti attività e fonte di accesso ed opportunità di partecipazione ad interessanti e validi bandi a livello regionale. Il maggior numero dei corsi formativi realizzati ricade infatti nell’area della Formazione finanziata, ricoprendo il 96,00% sul totale dei corsi dichiarati dalle organizzazioni. Pagina n. 114 Fig. 11 – Qual è il numero di attività formative realizzate durante il 2007? (Valori % sul tot. corsi dichiarati) formazione finaziata corsi liberi altro Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Il valore medio di tale tipologia di corsi realizzati dai singoli enti di formazione nell’arco del 2007 è pari a 5,54. Quasi per la totalità degli enti formativi considerati, la formazione finanziata rappresenta la modalità di accesso alla pianificazione di interventi più richiesta. Tali dati risultano sufficientemente eloquenti al fine di affermare che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio mercato della formazione fortemente dipendente dal finanziamento pubblico. Pagina n. 115 16. Le attività formative La seconda sezione dell’indagine svolta ha inteso indagare nello specifico le attività realizzate dagli enti coinvolti nell’area della Formazione Permanente con riferimento agli anni 2006 e 2007. I principali risultati evidenziano una maggiore e intensa attività formativa per l’anno 2007, dato che può trovare possibili spiegazioni nelle politiche regionali messe in atto in materia di formazione permanente e nelle modalità di gestione delle procedure di evidenza pubblica relative alla Formazione finanziata, che vedono sicuramente un incremento sostanziale di applicazione nell’anno 2007, in concomitanza con l’obiettivo regionale di utilizzare e di spendere le ultime risorse finanziarie a valere sul Programma Operativo Regionale 2000-2006. Nell’anno 2006, infatti, il 61,54% degli enti non ha realizzato alcun intervento formativo nel campo della Formazione permanente, contro una percentuale di 23,08% registrata per il 2007. Il dato risulta coerente rispetto alla gestione e tempistica degli avvisi pubblici emanati dalla Regione Puglia. Nell’ambito del POR PUGLIA 2000-2006- Misura 3.8Formazione Permanente sono state attivate infatti quattro iniziative nel corso nel 2006 e una nel 2007, con i tempi di realizzazione che ne conseguono. E’ evidente, dunque, la presenza, nel 2007, di una maggiore domanda di accesso da parte delle organizzazioni alla formazione finanziata in tale area. Tab. 49 – Interventi realizzati nell’area della Formazione Permanente. Anni 2006-2007. Valori % Si No Totale 2006 2007 38,5 76,9 61,5 23,1 100,0 100,0 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Aldilà degli aspetti di carattere quantitativo sulle attività realizzate, si è proceduto, nel corso dell’indagine, a mettere a fuoco gli elementi qualitativi riguardanti i principali settori di interesse che intervengono nella programmazione ed erogazione dei corsi formativi. Pagina n. 116 Le principali aree di interesse dei corsi risultano, per il 2006 appartenere alla categoria dei Servizi alle imprese e alla P.A (36,36%) e alla categoria di Altro (27,28%), in cui rientrano diversificati settori specifici che vanno dall’Agricoltura alla Finanza e Controllo di gestione, all’ITC ecc. La posizione di rilievo rivestita dall’area Servizi alle imprese e alla P.A trova conferma anche nell’anno 2007, seppur registrando una contrazione di circa 12 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Esso si colloca infatti al secondo posto nella graduatoria delle aree di maggiore applicazione degli interventi formativi realizzati nel 2007, con un valore del 23,44%. Tab. 50 – Aree di interesse dei corsi realizzati. Anni 2006-2007. Valori % 2006 2007 Ambiente - 4,7 Artigianato - - Edilizia 9,1 - Industria 9,1 - Ricerca, istruzione 9,1 7,8 - 9,4 36,4 23,4 9,1 40,6 27,2 14,1 100,0 100,0 Turismo Servizi alle imprese e alla P.A. Area sociale/sanitaria Altro Totale Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 A detenere il primato, nell’arco di tale anno, in qualità di maggiore ambito di intervento è l’area sociale/sanitaria con un valore di 40,62%, evidenziando un deciso e forte incremento rispetto all’anno precedente. La spiegazione del fenomeno può ricercarsi nelle intense e frequenti dinamiche di programmazione e trasformazione che hanno attraversato di recente il mondo del sociale, orientato nella direzione di raffinare ed elevare la qualità dei servizi offerti e di proiettare il suo sistema verso avanzati modelli di sviluppo di Welfare. Pagina n. 117 16.1 I partecipanti alle attività Insieme all’approfondimento sugli aspetti quantitativi del numero dei corsi realizzati e dei relativi campi di applicazione, obiettivo della ricerca è stata inoltre la conoscenza dei partecipanti alle molteplicità attività formative menzionate dagli enti coinvolti e dei parametri di accesso imposti dalle organizzazioni relativamente al livello di istruzione. I dati raccolti hanno consentito di effettuare il calcolo del numero medio dei partecipanti ai corsi con riferimento alle annualità 2006-2007 e di quantificare inoltre la quota di donne presenti sul totale partecipanti. L’analisi evidenzia un incremento per il 2007 del numero medio dei corsisti e soprattutto una maggiore partecipazione femminile alle attività erogate. Quest’ultimo valore infatti, passa dal 7,00% nel 2006 all’11,94% nel 2007, registrando un incidenza del 67,67% sul totale partecipanti. Il fenomeno si intreccia inevitabilmente con il marcato sviluppo registrato per lo stesso anno dall’area di interesse sociale/sanitaria, area che da sempre segnala una maggiore attitudine e vicinanza della componente femminile, che rivela la sua massiccia e costante presenza nell’ambito della organizzazione ed erogazione degli interventi in tal campo. La via intrapresa del continuo miglioramento nell’offerta dei servizi e nella programmazione e sviluppo del sistema sociale e sanitario a differenti livelli territoriali richiede sempre più adeguate professionalità e competenze e dunque una incidente ed efficace formazione alla base. Fig. 12 – Partecipanti alle attività formative. Anni 2006-2007. Valori % 80 70 60 50 40 30 20 10 0 2006 2007 N. medio partecipanti N. medio donne Incidenza % donne sul tot.partecipanti Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Pagina n. 118 I dati sui titoli di studio richiesti ai partecipanti alle attività formative fanno registrare elevati parametri e standard richiesti dagli enti di formazione nella programmazione delle attività. Tab. 51 – Titolo di studio richiesto. Anni 2006-2007 (valori percentuali) 2006 Nessuno o licenza elementare Licenza Media Attestato di Qualifica Diploma Scuola Media Superiore 2007 - 17,2 36,4 12,5 - - 63,6 51,6 Laurea - 18,7 Master/Specializzazione - - 100,0 100,0 Totale Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Il titolo di studio maggiormente richiesto ai partecipanti rispetto al totale dei corsi attivati risulta, per il 2006 e il 2007, il Diploma di Scuola Media Superiore; si registra inoltre una significativa domanda della Laurea, quale requisito minimo di accesso ai corsi effettuati nel 2007. Si denota così la presenza sul territorio di un’offerta di attività formative medioalta, che va nella direzione di innalzare il suo profilo e quello del proprio target, che sembra avere discrete capacità personali di accesso e orientamento nell’arcipelago articolato della Formazione permanente. Solo in pochi casi le Regioni, gli Enti Locali, i Centri per l’Impiego, le scuole e gli altri attori dell’offerta formativa mettono in campo efficaci azioni e strumenti di sensibilizzazione e di promozione della domanda più debole, quella con i livelli di istruzione più bassi , quella che corre i maggiori rischi di esclusione lavorativa e di marginalità sociale. L’analisi qualitativa delle attività formative erogate consente di rappresentare già i primi tratti del profilo dell’offerta dei servizi presente sul territorio. Pagina n. 119 Fig. 13 –Il profilo dell’offerta di Formazione permanente Titolo di accesso: Diploma di Scuola Media Superiore Partecipanti: in prevalenza donne offerta della formazione aree: Sociale/sanitaria – servizi alle imprese e alla p.a. Formazione finanziata Pagina n. 120 17. Gli scenari futuri L’ultima sezione dell’indagine è orientata a cogliere le principali considerazioni e spunti di riflessione espressi in vario modo dai soggetti intervistati sulle prospettive future delle proprie organizzazioni e più in generale sulle politiche di formazione permanente sino ad oggi su più fronti attuate. In quest’ultima fase della ricerca sul campo, si è ritenuto opportuno analizzare le percezioni degli intervistati sul sistema formativo e le definizioni a cui essi fanno riferimento quando parlano di Formazione permanente. Riguardo a quest’ultimo punto, molto confusa è apparsa la concezione di formazione permanente posseduta dagli enti intervistati. Le numerose definizioni menzionate da questi, nonostante lascino intravedere la comune acquisizione delle espressioni e concetti base di crescita, miglioramento e accompagnamento dell’individuo, essenziali in un percorso di formazione permanente, tuttavia sembrano legare a volte eccessivamente la tipologia di formazione in oggetto al mondo del lavoro e al lavoratore in quanto tale. Risultano infatti molteplici i riferimenti, nelle definizioni riportate all’ambito lavorativo, evidenziando una generale confusione tra le tipologie di formazione permanente e formazione continua. Si riportano alcune delle principali definizione raccolte: 9 “La F.P. mira a potenziare essenzialmente azioni di orientamento ed accompagnamento con l’obiettivo fondamentale di consentire a soggetti occupati e non, in età lavorativa, nonché in varie condizioni professionali, di avere opportunità per migliorare l’istruzione e la formazione profesisonale in momenti diversi nell’arco della propria vita lavorativa”. 9 “Sviluppo e crescita delle competenze possedute da persone occupate, manager, imprenditori e dirigenti di organizzaizoni pubbliche e private, al fine di qualificare o riqualificare il proprio lavoro, il proprio profilo professionale e personale. La Formazione Permanente è finalizzata a migliorare conoscenze e competenze nella transizione ad un’economia e ad una società basate sulla conoscenza”. Pagina n. 121 9 “E’ la formazione che dura per tutto l’arco della vita: è resa necessaria dalla rapidissima evoluzione del mercato del lavoro, per cui diventa obbligatoria, per l’adulto non occupato o licenziato, una rapida riconversione che deve passare attraverso opportuni percorsi formativi. Per una società civile, dovrebbe essere un imperativo per tutti, per migliorare l’inserimento e l’apporto individuale”. 9 “E’ la formazione continua che dovrebbe essere garantita a tutte le categorie di lavoratori”. 9 “La finalità della Formazione Permanente è quella di accrescere le competenze del personale di aziende, offrendo ad esso una opportunità di miglioramento”. 9 “La Formazione Permanente è la formazione che si attua mediante corsi particolari, di breve durata, destinati ad adulti, anche dopo molto tempo che si è conclusa l’età scolare. L’obiettivo della formazione permanente, tra gli altri, è quello di evitare l’analfabetizzazione di ritorno”. 9 “E’ la formazione destinata ai lavoratori per accrescere le competenze di base” Riguardo all’analisi delle future strategie e prospettive da attuare nel breve periodo, si constata un diffuso senso di ottimismo e positività, da parte degli enti intervistati, che si riflettono evidentemente sulla programmazione e pianificazione delle attività future. Relativamente alla prospettiva di proseguere e/o avviare nel prossimo futuro azioni di formazione permanente, il totale delle organizzazioni intervistate fornisce infatti, risposte positive. Tab. 52 – La sua organizzazione intende proseguire e/o avviare nel prossimo futuro azioni di formazione permanente? (valori percentuali) Si 100,0 No Totale 100,0 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 La registrata positività e fiducia nel prosieguo delle attività è in forte in connessione con l’ipotesi e la percezione personale di incremento della domanda di formazione permanente nel breve periodo. Pagina n. 122 Tab. 53 - Secondo lei la domanda di formazione permanente è (valori percentuali) In aumento 61,5 In diminuzione 7,7 Stabile 23,1 In Puglia in realtà non è mai esistita una domanda di formazione permanente Totale 7,7 100,0 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Infatti, il 61,54% degli intevistati ritiene che la domanda di formazione permanente sia in aumento e che sia dunque destinata ad accrescere le sue potenzialità nei prossimi tre anni. (100%). Tab. 54 - Nei prossimi tre anni, secondo lei, la domanda di formazione permanente è destinata a (valori percentuali) Incrementarsi 100,0 Diminuire - Essere stabile - In Puglia in realtà non è mai esistita una domanda di formazione permanente e non - prevedo modifiche a ciò Totale 100,0 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Rilevate le percezioni generali degli intervistati sulle prospettive di incremento o contrazione della domanda di Formazione Permanente, l’indagine ha inteso mettere a fuoco i settori o aree di attività in cui si avverte maggiormente il fabbisogno di formazione. Pagina n. 123 Fig. 14 – Ambiti in cui si avverte un maggior fabbisogno di Formazione Permanente 25 integraz. E relativi fabb form 20 ict e relative competenze competenze sociali 15 aspetti ambientali ed eco fabbisogni formativi competenze trasversali 10 competenze legate al mondo agricolo.. 5 altro 0 1 Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 L’ambito ritenuto maggiormente ricco di fabbisogno di formazione permanente risulta decisamente il sociale, seguito dai settori Integrazione e relativi fabbisogni formativi legati alla costruzione di una società multietnica e ICT e relative competenze. L’analisi consente di evidenziare un forte bisogno di innovazione e specializzazione sia in un settore recentemente in piena evoluzione sia nei settori più direttamente legati allo sviluppo di tecnologia e di adeguamento agli standard dettati dalla globalizzazione. I dati emersi confermano una evidente relazione e coerenza rispetto agli ambiti principali verso cui si attua l’offerta di formazione. L’ultima sezione d’indagine volge uno sguardo approfondito alle considerazioni e riflessioni individuali degli intervistati sulle politiche sino ad oggi attuate in materia di Formazione Permanente. Nonostante il manifestato ottimismo iniziale sulle prospettive di sviluppo e incremento dell’area della formazione permanente, numerose sono apparse le criticità e le debolezze che rispetto ad essa emergono, soprattutto in relazione alle politiche fino a d oggi attuate. Pagina n. 124 Il quadro che si configura è decisamente negativo, sia in relazione agli orientamenti intrapresi a livello nazionale e comunitario sia e in misura maggiore con riferimento alle più vicine politiche regionali, considerate per il 92,31% degli intervistati non sufficienti. Fig. 15 – Le politiche sino ad oggi attuate sulla Formazione Permanente: 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Politiche comunitarie e nazionali Politiche regionali eccellenti adeguate non sufficienti del tutto inadeguate rispetto a quanto richiesto dal territorio Fonte: Indagine diretta IPRES aprile / maggio 2008 Pagina n. 125 18. Le criticità emerse La ricerca realizzata ha consentito di approfondire diversi aspetti riguardanti il sistema della Formazione Permanente della Regione Puglia, sia sul versante del profilo dell’offerta dei servizi sia sul piano dei modelli di azione e di pensiero delle organizzazioni protagoniste, che, all’interno dell’universo indagato, si muovono e si confrontano, spesso con difficoltà di integrazione e di comunicazione. Sono queste, con i loro atteggiamenti comuni, i loro valori, la propria cultura a delineare e colorare il quadro della Formazione Permanente nella nostra Regione, un quadro, che nonostante i continui impulsi ed espansioni, appare connotato da elementi di staticità e apatia Una prima considerazione in tal senso nasce dalla scarsa pianificazione ad opera degli enti intervistati delle attività da realizzarsi nel breve periodo. Sebbene, quasi la totalità di essi creda in un notevole incremento della domanda di Formazione Permanente e intenda pertanto proseguire ed espandere le sue attività formative, ad apposita domanda sulle strategie di pianificazione immediata, realizzata dagli intervistatori, le risposte si presentano come confuse, negative e comunque prive di coerenza rispetto alle premesse iniziali. L’assenza di pianificazione si unisce alla scarsa imprenditorialità dimostrata in più occasioni dalle organizzazioni nell’assumere iniziative e programmi in maniera svincolata dal finanziamento pubblico. Quasi totale è la dipendenza degli enti dalla Formazione finanziata, elemento che riproduce una storica tendenza propria delle organizzazioni non profit e più in generale delle imprese italiane, il cui destino appare troppo spesso legato a forme di erogazione di incentivi e supporti finanziari da parte dell’Ente pubblico di competenza. Appare chiaro dunque l’atteggiamento delle organizzazioni intervistate, orientate ad operare sul mercato a condizione che ci sia il supporto regionale. La necessità per tali tipologie di imprese di sviluppare adeguate capacità imprenditoriali deriva non solo dal fatto di dover meglio sfruttare le opportunità offerte da un mercato in crescita, ma anche dalla necessità di far fronte a problemi di forte variabilità della domanda pubblica, causata soprattutto dalla disponibilità dei fondi. Molto debole si rivela inoltre la fiducia riposta dalle organizzazione nelle politiche di Formazione Permanente, considerate per circa il 92% degli intervistati poco chiare ed efficaci. Pagina n. 126 La maggiore criticità emersa all’interno delle variegate e ricche risposte fornite dagli enti, riguarda la programmazione delle azioni di formazioni, considerata poco efficace, scarsamente concentrata su obiettivi specifici e priva di chiarezza. Emblematiche a tal fine risultano le risposte qui di seguito riportate: 9 “E’ mancata una continuità di sinergia di rete a livello comunitario e nazionale, con una mancata concertazione su obiettivi specifici, tali da garantire lo sviluppo di azioni di formazione permanente stabili ed estese a livello territoriale”. 9 “Oramai è di fondamentale importanza affiancare agli obblighi formativi vari sulla formazione continua un serio programma di bilancio delle competenze per attivare consapevolezza vera nelle persone dei bisogni formativi al fine di accrescere la motivazione alla formazione. Senza quest’ultima nessun risultato potrà essere raggiunto”. 9 “Si è trattato di effettuare una programmazione falsata e forzata, dettata solo ed esclusivamente dall’ansia di spendere le risorse ottenute più che da una efficace programmazione”. Si esprime a gran voce, dunque, la necessita di unitarietà nelle politiche di Formazione permanente, l’adozione di un modello comune in grado di indirizzare in modo più chiaro le azioni di coloro che operano dal basso e che si confrontano quotidianamente con i principali attori/destinatari delle attività. 9 “Le politiche di formazione permanente devono continuare a lavorare per giungere alla costruzione di un sistema coerente e integrato che faccia leva su ruoli istituzionali chiari e definiti, sia negli aspetti organizzativi che nelle finalità d’intervento. Un secondo elemento di criticità risulta il riferimento degli enti alla mancata corrispondenza tra la domanda e l’offerta di Formazione, dovuta all’assenza di un’analisi efficace dei fabbisogni formativi in grado di accrescere anche la motivazione alla formazione. 9 “E’ mancata un’analisi dettagliata del mercato del lavoro e dei fabbisogni formativi per mettere i lavoratori nelle condizioni di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti dovuti alla globalizzazione”. 9 “Rimane senz’altro primario l’obiettivo della formazione dell’adulto, ma con un fine irrinunciabile volto ad assicurare alle persone le condizioni per una Pagina n. 127 piena autoeducazione, per attivare consapevolezza dei bisogni formativi al fine individuare un percorso individualizzato di crescita e di sviluppo professionale. Tale obiettivo può essere raggiunto attraverso un serio programma di bilancio delle competenze che rappresenta un percorso di valutazione della situazione attuale e potenziale del lavoratore e che si conclude con l'elaborazione di un progetto che consenta lo sviluppo professionale della persona”. 9 “Oramai è di fondamentale importanza affiancare agli obblighi formativi vari sulla formazione continua un serio programma di bilancio delle competenze per attivare consapevolezza vera nelle persone dei bisogni formativi al fine di accrescere la motivazione alla formazione. Senza quest’ultima nessun risultato potrà essere raggiunto”. Un ulteriore spunto di riflessione evidenziato nel corso dell’indagine attiene allo stretto legame intercorrente, nell’immaginario degli enti intervistati, tra le due tipologie di Formazione Permanente e Formazione Continua. Ciò si evince sia dalle definizioni fornite dalle organizzazioni sulla Formazione Permanente, che riconducono frequentemente agli aspetti dell’occupazione e del mondo aziendale con evidenti riferimenti alla Formazione Continua, sia a livello più generale dalle affermazioni e argomentazioni emerse nel corso dell’intera intervista, che rendono opaco e impercettibile il confine tra le due tipologie di formazione. E’ necessario a tal proposito precisare che in ambito regionale permane un’unione e una forte integrazione tra i due sistemi di formazione, riscontrata sia a livello normativo all’interno del Piano Operativo del FSE, in cui in particolare negli II-III e IV si fa riferimento in maniera quasi unitaria alle due tipologie di formazione, sia a livello pratico-attuativo delle procedure di accreditamento delle sedi formative che vanno nella direzione di legare e rapportare la Formazione Permanente alla Formazione Continua. Le organizzazioni dunque, nella loro confusione e nei loro atteggiamenti di apatia e di dipendenza dalla domanda pubblica, sono tra loro accomunate da un forte sentire di assenza di politiche che si riflette inevitabilmente nelle loro modalità di azione. La ricerca consente in conclusione di rappresentare i principali spunti di riflessione evidenziati dall’analisi dell’offerta di Formazione Permanente in Puglia e di mettere in relazione il sistema dell’offerta con quello della domanda, verificandone la coerenza e la corrispondenza. Pagina n. 128 Fig. 16 – La formazione permanente in Puglia Scarsa pianificazione enti di formazione Scarsa imprenditorialita ’ assenza di unitarieta’ nelle politiche interconnessione tra formazione continua e formazione permanente dipendenza dalla formazione finanziata FORMAZIONE PERMANENTE Pagina n. 129 19. Il modello di funzionamento del mercato della formazione permanente Attraverso lo studio incrociato dei profili dell’offerta e della domanda di Formazione Permanente emersi nell’ambito della presente ricerca, è possibile tracciare un modello di funzionamento di mercato che regola e disciplina il soddisfacimento di determinati fabbisogni di crescita individuale e sociale. Pagina n. 130 Figura 17 – Il modello di mercato di Formazione Permanente in Puglia - DOMANDA LIMITATA CONOSCENZA DELLE OPPORTUNITÀ OFFERTE SUL TERRITORIO ALTO INTERESSE PER POTENZIALI OPPORTUNITA’ DI FORMAZIONE PERMANENTE L’INTERESSE PER LA F.P. È DIRETTAMENTE PROPORZIONALE ALLA CLASSE DIMENSIONALE DELL’AZIENDA DI PROVENIENZA E ALL’AMPIEZZA DELL’AREA TERRITORIALE DI RIFERIMENTO PREFERENZE DI FORMAZIONE NELLA CONOSCENZA DI LINGUE STRANIERE E NELL’AREA INFORMATICA E UN SIGNIFICATIVO INTERESSE VERSO IL TEMA DELLA C.D. GESTIONE FINANZIARIA INDIVIDUALE E COLLETTIVA GRANDE CONFUSIONE TRA FORMAZIONE PERMANENTE E FORMAZIONE CONTINUA SCARSA CONOSCENZA DELLA FORMAZIONE PERMANENTE : IL CONCETTO APPARE LEGATO ALL’AMBITO LAVORATIVO LA FORMAZIONE FINANZIATA RISULTA LA MODALITÀ DI ACCESSO PIÙ RICHIESTA A LIVELLO INDIVIDUALE E PIÙ UTILIZZATA OFFERTA LIMITATE CAPACITÀ DI COMUNICAZIONE E INFORMAZIONE SULLE ATTIVITÀ OFFERTE POTENZIAMENTO DI INTERVENTI NELL’AREA DELLA FORMAZIONE PERMANENTE DIFFICOLTÀ DELLE PMI NELL’ORGANIZZAZIONE E GESIONE DI CORSI DI F.P. MAGGIORE OFFERTA DI F.P. NELLE AREE SOCIALE/SANITARIA E DEI SERVIZI ALLE IMPRESE E ALLA P.A. ELEVATE ASPETTATIVE RISPETTO ALLA ELEVATE ASPETTATIVE DI INCREMENTO E PARTECIPAZIONE A PROCESSI DI FORMAZIONE PERMANENTE LEGATE PERÒ AD UN CAMBIAMENTO RADICALE NELLA CULTURA DELLE AZIENDE MIGLIORAMENTO DELL’OFFERTA DI F.P. DA PARTE DELLE AZIENDE CONNESSE A CAMBIAMENTI NELLE POLITICHE DI F.P. PROPENSIONE VERSO UN APPRENDIMENTO MAGGIORE ATTENZIONE DELLE AZIENDE ORIENTATO PIÙ SUL “FARE” CHE SULLE LEZIONI TEORICHE AGLI ASPETTI PRATICI DI ORIENTAMENTO E INSEIMENTO NEL MONDO LAVORATIVO Pagina n. 131 Risulta oramai chiaro e definito lo scenario dei grande confusione che domina il mercato della F.P. tra i concetti di Formazione Permanente e di Formazione Continua, confusione che nasce dalla scarsa conoscenza in materia e dalla diffusa tendenza a immaginare e proiettare gli interventi formativi all’ambito lavorativo in senso stretto. A primeggiare nel mercato della F.P. è la Formazione Finanziata, risultata la modalità di accesso più richiesta a livello individuale dal lato della domanda e la più utilizzata sotto il profilo dell’offerta. A comporre il modello di mercato emerso dall’indagine intervengono diversi fattori che concorrono insieme a determinare una seppur soffusa coerenza di fondo tra la sfera della domanda e quella dell’offerta di F.P. Il primo dato che viene fuori è la limitata conoscenza delle opportunità di formazione offerte sul territorio a cui corrispondono limitate capacità di comunicazione e informazione dei servizi offerti, registrate durante i colloqui con gli operatori del settore. Tuttavia, tale debolezza non sembra costituire un ostacolo sotto il profilo dell’interesse manifestato per le attività di F.P. Si segnala, infatti, un alto interesse per tali iniziative, ache appare direttamente proporzionale alla classe dimensionale dell’azienda di provenienza e all’ampiezza dell’area territoriale di riferimento. La voglia di accrescere le competenze professionali e personali risulta di maggiore intensità nelle realtà delle grandi imprese o dei grandi territori rispetto a quella manifestata dai lavoratori delle piccole imprese inseriti in contesti territoriali di minore entità, che risultano spesso demotivati. A tale quadro registrato sul versante della domanda corrisponde un notevole incremento e potenziamento di interventi nell’area in oggetto, tuttavia non esente da alcune difficoltà soprattutto di carattere finanziario che intervengono nella gestione delle attività da parte delle imprese più piccole. Le elevate aspettative dei soggetti alla partecipazione ad iniziative di F.P. si incrociano con le elevate aspettative di incremento e miglioramneto dell’offerta di formazione da parte delle aziende. Tali sensazioni risultano però condizionate da attese evoluzioni e positive revisioni nella cultura della Formazione Permanente e nelle politiche alla base che regolano gli scenari a differenti livelli e ambiti di applicazione. Dal punto di vista organizzativo, la domanda di F.P. tende verso un orientamento proiettato più sul senso pratico del “fare” che sulle classiche modalità di Pagina n. 132 “apprendimento d’aula”. Il dato evidenziato incontra sul lato dell’offerta una maggiore attenzione ad opera delle aziende verso aspetti pratici di orientamento e tirocinio formativo finalizzati soprattutto ad un più rapido ed efficace inserimento lavorativo. Unico elemento che sembra non caratterizzare in senso coerente il mercato della F.P. riguarda le aree e i settori di primario interesse degli interventi. Mentre sul lato della domanda si evidenzia un maggior fabbisogno di conoscenze di tipo trasversale inerenti al campo delle lingue straniere e dell’area informatica, sul lato dell’offerta appare invece più sviluppata l’organizzazione di interventi nelle aree del sociale/sanitario e di servizi alle imprese e alla P.A., denotando un maggior accento alla specializzazione di determinate figure professionali. Tuttavia, il significativo interesse registrato verso il tema della “gestione finanziaria individuale e collettiva” esprime un chiaro fabbisogno di conoscenza specifica in alcune discipline fino a poco tempo fa non sufficientemente considerate, in grado di fornire al lavoratore strumenti più attenti e mirati per confrontarsi con altre più avanzate realtà e con i mutamenti in atto connessi alla liberalizzazione dei mercati. Tali specifiche tematiche richiamano maggiore professionalità e specializzazione, avvicinando molto il profilo della domanda all’area dei servizi delle imprese e della P.A. su cui l’offerta si trova attualmente ad investire. Pagina n. 133 20. Le politiche possibili Al fine di contestualizzare nella maniera migliore possibile lo scenario emerso nel corso del presente lavoro di ricerca e nell’ottica di formulare politiche propositive per i futuri cicli di programmazione, si ritiene utile sintetizzare i principali elementi di criticità e debolezza riscontrati sia sul fronte della domanda sia su quello dell’offerta di Formazione Permanente. L’analisi della domanda ha evidenziato le seguenti criticità: - L’idea di formazione permanente (F.P.) risulta nell’immaginario comune direttamente legata all’ambito lavorativo, cosicché comprende solo una parte del concetto stesso di F.P., confondendo tale tipologia di formazione con la formazione continua. - Il fabbisogno di F.P. è direttamente proporzionale alla classe dimensionale dell’impresa e all’ampiezza del territorio di riferimento. Cosicché esso appare una questione di limitata considerazione e portata per le realtà dei piccoli contesti territoriali e delle piccole aziende che compongono in maniera quasi totale il nostro sistema produttivo-occupazionale. In particolare nelle realtà medio-piccole, i processi formativi si compiono anche in modo non formale e sono connaturati al quotidiano processo produttivo e alle decisioni in merito alla organizzazione del lavoro, ai percorsi di inserimento e di riorganizzazione di compiti e mansioni. Se l’analisi dei bisogni risulta un momento cruciale per capire gli aspetti critici del patrimonio di conoscenze, comportamenti, valori su cui intervenire con la formazione, altrettanto cruciale appare il momento di trasformazione dei bisogni in obiettivi formativi, soprattutto perchè le due fasi sono gestite da persone e professionalità diverse. - Sul fronte della domanda, si è rilevata inoltre, la percezione generale di limitata attenzione delle aziende alla tematica della formazione. L’azienda di appartenenza appare agli intervistati poco orientata a valorizzare sia percorsi formativi individuali che collettivi. Si avverte dunque la necessità di un cambiamento radicale nella cultura delle aziende e dei contesti in cui si è inseriti, al fine di considerare la formazione non più un premio o un favore concesso al lavoratore, ma un diritto e soprattutto un arricchimento complessivo del bagaglio di know how aziendale. Pagina n. 134 - La formazione finanziata risulta la modalità di accesso al servizio formativo più richiesta a livello individuale, in quanto rappresenta la formazione in qualità di diritto per tutti, consentendo l’accesso diffuso senza oneri di tipo economico. Sul versante dell’offerta sono apparsi molto evidenti e ricorrenti i seguenti punti di criticità: - scarsa capacità di pianificazione e organizzazione di attività formative, che dà luogo ad una attuazione poco efficace e coerente di interventi, dettata più dall’esigenza ed opportunità di utilizzo di risorse che da un’analisi dettagliata delle strategie dei fabbisogni formativi e dei canali di accesso al mercato del lavoro. - assenza di unitarietà nelle politiche di F.P. Si fa strada la necessità di pervenire ad un quadro di azione unitario e ben articolato che sia dotato di una chiara coerenza rispetto agli orientamenti comunitari e nazionali, condividendo con questi obiettivi e modalità di intervento. - forte interconnessione e confusione tra le tipologie di formazione e precisamente tra la F.P. e la F.C., legata sia agli indirizzi legislativi ed attuativi regionali sia alla generale tendenza a rapportare il mondo della formazione ai contesti lavorativi. - atteggiamento di marcata dipendenza del sistema della f.p. dalla formazione finanziata, considerata spesso l’unica modalità di programmazione e attuazione di politiche formative. Il fenomeno denota alla base un generale senso di immobilismo e apatia nella relazione e dialogo con la tematica e una poco sviluppata capacità imprenditoriale delle organizzazioni in essere nel settore che sembrano proiettate più sull’idea di “organizzare attività per impegnare e spendere le risorse ottenute” che sul più sano concetto di “pianificare attività per soddisfare determinati fabbisogni”. Il quadro regionale ed il PO FSE 2007 / 2013 Emerge così dal quadro normativo regionale del ciclo di programmazione 20002006 (POR PUGLIA 2000-2006 Misura 3.8) un quadro della F.P. molto variegato in termine di tipologia di attività e di possibili destinatari. Pagina n. 135 La programmazione della misura comprende una pluralità di interventi formativi che spesso sembrano sovrapporsi ad altre tipologie formative senza assumere un carattere di autonomia ed esclusività. Questo fa parte della notevole flessibilità che connota questa specifica misura, data la copertura quasi totale della popolazione con diverse condizioni lavorative. Sia il versante dell’offerta, sia su quello della domanda appaiono dunque molto segmentati e difficilmente configurabili nella loro complessità. Ciò conduce a notevoli difficoltà nel costruire un sistema organico di formazione permanente in grado di garantire formazione per tutto l’arco della vita, al fine di vincere le sfide della coesione economica e sociale per tutti i cittadini di qualsiasi fascia d’età e condizione occupazionale. Quanto detto ha valore, ovviamente, per il precedente periodo di programmazione; oggi è presente il Piano Operativo Regionale Pugliese per il FSE 2007 / 2013. Il Piano Operativo (PO) FSE 2007 – 2013 è stato approvato con delibera di Giunta Regionale 173 del 26/02/2007 e pubblicato sul BURP n° 44 del 27/03/2007. All’interno del PO sono state individuate sette priorità d’intervento: - Asse I: Adattabilità; - Asse II: Occupabilità; - Asse III: Inclusione Sociale; - Asse IV: Capitale Umano; - Asse V: Trasnazionalità e interregionalità; - Asse VI: Assistenza Tecnica; - Asse VII: Capacità istituzionale Ai fini della nostra attività focalizzeremo la nostra attenzione, ovviamente, sui primi quattro assi: Adattabilità, Occupabilità, Inclusione sociale, Capitale umano Pagina n. 136 Assi Totale costo % elegibile costo Contributo Pubblico per asse Totale costo pubblico Partecipazione Tasso di comunitaria cofin. (FSE) FSE I - Adattabilità 102.336.000 8,0 102.336.000 51.168.000 50 II - Occupabilità 569.244.000 44,5 569.244.000 284.622.000 50 III – Inclusione sociale 76.752.000 6,0 76.752.000 38.376.000 50 IV – Capitale umano 409.344.000 32,0 409.344.000 204.672.000 50 TOTALE PARZIALE 1.157.680.000 90,5 1.157.680.000 578.840.000 TOTALE PO FSE 1.279.200.000 100,0 1.279.200.000 639.600.000 Come è possibile notare, quindi, gli Assi da noi presi in considerazione ai nostri fini rappresentano oltre il 90% circa del valore totale del Piano Operativo pugliese 2007 / 2013. E’ possibile, inoltre, esplicitare gli obiettivi specifici ed operativi dei diversi Assi da noi presi in considerazione Pagina n. 137 Assi Obiettivi specifici Obiettivi operativi I - Adattabilità 9 Sviluppare sistemi di formazione - consolidare la qualificazione dei continua e sostenere l’adattabilità lavoratori dei lavoratori; donne, persone con più di 45 9 Favorire l’innovazione produttività e attraverso la priorità per le anni, soggetti con basso titolo di una migliore organizzazione e qualità con studio; - del lavoro; rafforzare il canale formativo dell’apprendistato 9 Sviluppare politiche e servizi per l’anticipazione e gestione dei cambiamenti, promuovere la competitività e l’impreditorialità professionalizzante; - sviluppare un sistema integrato di qualità e sicurezza del lavoro; - sostenere le riorganizzazioni aziendali e il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori nel caso di crisi produttive aziendali, settoriali e territoriali; - accompagnare innovazione i processi e di adattabilità dell’organizzazione del lavoro e dei sistemi produttivi per accrescere la competitività del sistema economico in un’ottica di coesione sociale e qualità dello sviluppo II - Occupabilità 9 Aumentare l’efficienza, l’efficacia, la qualità e l’inclusività - delle istituzioni del mercato del lavoro; 9 Attuare politiche per il lavoro attive e preventive, particolare la intervento dei - il sostenere la partecipazione al mercato l’inserimento lavoro, attivo, per e la sicurezza sul lavoro; mercato del servizi di sostenere l’emersione, la legalità all’integrazione dei migranti nel all’invecchiamento capacità lavoro; - con attenzione potenziare del lavoro e occupazionale al tramite l’offerta di misure attive lavoro autonomo e all’avvio di e preventive rivolte in particolare imprese; ai giovani, disoccupati di lunga 9 Migliorare l’accesso delle donne all’occupazione e disparità di genere ridurre durata, persone con basso titolo le di studio e/o con più di 45 anni; - sostenere l’inserimento lavorativo dei migranti; - sostenere la imprenditorialità in nuovo particolare nei settori strategici indicati nel Documento Strategico Regionale e della programmazione regionale a finalità strutturale; Pagina n. 138 - sostenere l’accesso alle donne al mercato del lavoro Pagina n. 139 III – Inclusione sociale 9 Sviluppare percorsi d’integrazione e (re)inserimento soggetti migliorare lavorativo svantaggiati combattere ogni forma − il Promuovere azioni di sistema finalizzate alla rimozione delle dei cause per discriminazione di di esclusione attraverso l’integrazione discriminazione nel mercato del orientamento, lavoro accompagnamento, strumenti e sociale di collocamento fra tutoraggio, politica attiva, mirato, servizi sociali e sanitari; − supportare l’inserimento reinserimento e lavorativo il dei soggetti svantaggiati; − potenziare l’offerta delle nuove - Aumentare la qualificazione del imprese e professioni sociali IV – Capitale umano 9 Elaborazione, attuazione introduzione delle sistemi riforme e dei sistema regionale dell’istruzione, dell’istruzione, formazione e migliorare l’integrazione sviluppare lavoro l’occupabilità, particolare per della formazione e del lavoro; - e con scolastica con erogazione all’orientamento; la la dispersione interventi di recupero delle competenze ed attenzione 9 aumentare Prevenire di servizi di sostegno; partecipazione all’apprendimento - permanente, Sostenere l’innalzamento qualificazione e della delle anche attraverso provvedimenti professionalità intesi frequenza ai corsi di formazione a ridurre l’abbandono scolastico e le disparità di genere rispetto alle materie; alla - formazione professionale ed universitaria, tecnologici di l’assolvimento base degli adulti; - Rafforzare la ricerca, le esigenze di competitività e di innovazione con particolare attenzione alla produttivi locali della formativa post-laurea in collegamento con mondo produttivo e istituzionale promozione filiera tecnico-scientifica ed i percorsi 9 creazione di reti tra università, centri Favorire dell’obbligo e la qualificazione di iniziale, migliorandone la qualità; la permanente; 9 aumentare l’accesso all’istruzione ed aumentando ricerca dei sistemi e dell’innovazione Pagina n. 140 Alla luce di quanto su esposto appare del tutto chiaro che: a) la formazione permanente viene esplicitata chiaramente solo nell’Asse IV Capitale umano; b) sono presenti diversi obiettivi, sia specifici sia operativi, che sono compatibili con la definizione e con i contenuti tipici della formazione permanente; c) particolare riguardo viene dato alla formazione dei soggetti svantaggianti ed al sostegno per gli adulti, over 45, disoccupati o a rischio di espulsione dal sistema produttivo. Le azioni possibili Al fine di smussare e superare ove possibile gli elementi di debolezza che hanno caratterizzato il modello di mercato della F.P. del precedente periodo di programmazione, si propongono, per il breve periodo, azioni innovative incentrate soprattutto su una più attenta presa di coscienza della tematica della F.P. e delle opportunità di crescita da essa offerte, puntando sulla introduzione e valorizzazione di strumenti fino ad oggi poco utilizzati e sullo sviluppo di maggiore motivazione e sensibilizzazione degli “addetti al lavoro”. Innanzitutto, è considerato di notevole efficacia il contrasto al “mercato drogato” tramite l’utilizzo di voucher formativi che prevedano forme di cofinanziamento ad opera dei corsisti in misura almeno pari al 20%. Tale modalità operativa avrebbe sicuramente il vantaggio di assicurare la presenza in aula di soggetti mediamente motivati alla frequenza del corso e allo sviluppo di competenze, creando a livello generale una più alta attenzione e interesse alla partecipazione. Risulta altrettanto efficace l’inserimento all’interno di ogni avviso pubblico per la programmazione di corsi di F.p. di una dettagliata analisi dei fabbisogni formativi. Si auspica che tale passaggio diventi propedeutico ad ogni azione fi F.P., poiché il solo in grado di garantire il più possibile il collegamento positivo tra domanda e offerta di formazione, evitando lo sviluppo di dicotomie tra tali versanti. Per la diffusione di maggiore sensibilizzazione e interesse alla tematica si propongono differenti seminari informativi sulle opportunità offerte dalla F.P., contrastando in tal modo la scarsa conoscenza e confusione del fenomeno. Pagina n. 141 E’ essenziale infine puntare sulla diffusione di conoscenza per determinate categorie di soggetti, considerate maggiormente esposte a rischi di emarginazione o esclusione sociale. Le nuove politiche di F.P. dovrebbero in tale direzione potenziare gli interventi per i soggetti appartenenti alla classe di età >45 anni, a forte rischio di analfabetismo dei nuovi linguaggi e tecnologie. Spesso, l’inserimento di tali soggetti in contesti aziendali richiedenti sempre più avanzate capacità di aggiornamento e monitoraggio dei processi presuppone l’adeguamento di essi rispetto allo sviluppo di capacità informatiche e linguistiche difficilmente acquisibili solo sul campo. Altre categorie su cui investire sono senza dubbio le donne e gli immigrati. Le prime, spesso esposte a difficoltà di permanenza nel mondo lavorativo a causa delle difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e i secondi, considerati oramai soggetti imprescindibili dal sistema sociale e lavorativo delle nuove generazioni, dovrebbero richiedere una primaria attenzione nelle politiche di sviluppo di competenze e conoscenze che la F.P. in vario modo persegue. Da un punto di vista programmatorio, la formazione permanente può costituire, come gia ricordato, un elemento trasversale, nella implementazione del Programma operativo Puglia FSE. Questa trasversalità, che costituisce un punto di forza, deve tuttavia trovare un suo spazio specifico nel raggiungimento degli obiettivi dei singoli policy fields configurandosi come un sistema strutturato di interventi con target chiaramente individuati . La formazione permanente può occupare un proprio spazio anche considerando la complementarità con altri obiettivi specifici ed operativi. Nel dettaglio, al livello dell’asse adattabilità, alcune attività di formazione permanente potrebbero rispondere alle esigenze di rafforzamento delle competenze di base dei lavoratori offrendo spazi formativi meno legati alle dinamiche di sviluppo aziendale, ampiamente contemplati in altri obiettivi specifici ed operativi dell’asse, per sviluppare competenze incentrate sulle esigenze dell’individuo in quanto tale che potrebbe riqualificarsi anche in base ad un progetto individuale al di fuori del contesto organizzativo in cui opera. Per favorire questo processo c’è bisogno di programmare un’offerta altamente individualizzata anche attraverso l’uso di voucher da utilizzare anche fuori dall’orario di lavoro per facilitare processi di mobilità professionale attivi e presidiati dal singolo lavoratore. Tutto ciò va pensato e concepito all’interno delle politiche di formazione continua e Pagina n. 142 dei diversi strumenti attuativi e finanziari previsti tra cui i fondi interprofessionali, la legge 236/93 e la legge 53 /00 per evitare sovrapposizioni e duplicazioni Per quanto riguarda l’asse Occupabilità, lo spazio del rafforzamento delle competenze di base con offerte formative più personalizzate potrebbe confluire nel concetto di formazione permanente ed essere di supporto allo sviluppo dell’imprenditorialità e dell’autonomia della persona nella messa a punto di un progetto lavorativo che renda le sue competenze di base e trasversali, formali, non formali e informali , un punto di forza nel mercato del lavoro . La formazione permanente all’interno dell’asse inclusione sociale trova una sua contestualizzazione come strumento di supporto al raggiungimento degli obiettivi di politica attiva del lavoro per soggetti socialmente deboli. Il rafforzamento di una serie di competenze legate anche alla creazione e al funzionamento di “un’economia di rete”, attraverso azioni di sistema e azioni di sensibilizzazione risulta essenziale per una migliore pianificazione delle politiche sociali legate al mondo del lavoro. L’individuazione di target specifici legati alle tradizionali forme dello svantaggio sociale e l’emergere di nuove tipologie delle stesse richiede un forte investimento nella formazione e accompagnamento delle persone con difficoltà che potrebbe essere , in parte , sostenuto attraverso le modalità e le prassi specifiche della formazione permanente. L’Asse capitale umano, contempla in modo specifico la realizzazione di un sistema di formazione permanente a valere sugli obiettivi specifici ed operativi al cui interno si possono sviluppare le diverse “filiere” formative nelle varie tipologie progettuali. A partire dalle ipotesi di azioni previste , occorre fare una riflessione sulle modalità di programmazione della formazione permanente che è strettamente intrecciata alla costruzione dei processi di governance. La programmazione della formazione permanente costituisce un importante spazio in cui la comunità, intesa come sistema di relazioni tra individui che hanno una comunanza di interessi, può progettare i propri network interni tra i vari attori che stabiliscono le priorità di intervento. In progettazione questo senso partecipata la degli formazione interventi permanente con una forte presuppone base una concertativa favorendo la sinergia tra le istituzioni più prossime ai cittadini ( sussidiarietà verticale) e le reti partenariali che coinvolgono direttamente le forze sociali, l’associazionismo, il mondo della scuola ecc.( sussidiarietà orizzontale ). Una volta Pagina n. 143 stabilite le modalità organizzative e i diversi livelli di concertazione è opportuno individuare, tramite apposite azioni di sistema, la creazione dei prototipi e modelli territoriali che sono alla base della valenza comunitaria e meta target di questa tipologia di formazione favorendo lo sviluppo di processi di attivazione “dal basso” delle comunità locali portatrici di esigenze e competenze specifiche . Basandosi sui risultati emersi dall’analisi della domanda e dell’offerta di formazione permanente si avverte la necessità di programmare una serie di attività finalizzate alla sensibilizzazione e alla informazione rispetto alle opportunità di questa tipologia di formazione quale spazio sociale finalizzato al rafforzamento e allo sviluppo di competenze di base, sociali e trasversali utili alla costruzione di una cittadinanza attiva nelle proprie comunità di riferimento anche con l’obiettivo di sostenere progetti di sviluppo locale . Pagina n. 144