Internazionale, 3 febbraio 2017
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Internazionale, 3 febbraio 2017
Portfolio Le bambine salvate Anche se proibite nella maggior parte dei paesi africani, le mutilazioni genitali femminili sono ancora molto diffuse. La fotografa Simona Ghizzoni è andata in Somaliland, in Etiopia e in Kenya per incontrare chi le combatte S tutte le foto: simona ghizzoni/contrasto econdo l’Unicef, duecento milioni di donne nel mondo hanno subìto mutilazioni genitali. Oggi la pratica è ancora diffusa in 27 paesi africani. Ci sono vari tipi di mutilazioni genitali femminili. La più grave è l’infibulazione (rimozione della clitoride, delle piccole labbra e di parte delle grandi labbra e cucitura della vulva). L’obiettivo è garantire la “purezza” delle donne riducendo il loro piacere sessuale. Gli interventi hanno gravi conseguenze per la salute e aumentano il rischio di morte durante il parto sia per la madre sia per il bambino. Nel 2012 le Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione che prevede la messa al bando universale di queste pratiche e ha dichiarato il 6 febbraio giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili. La fotografa Simona Ghizzoni ha visitato tre paesi africani – Somaliland (repubblica autoproclamata nel nord della Somalia), Etiopia e Kenya – per il progetto Uncut, dedicato alla lotta delle donne africane contro le mutilazioni genitali femminili. Il Somaliland ha il tasso più alto di questi interventi in Africa in termini percentuali 58 Internazionale 1190 | 3 febbraio 2017 (il 98 per cento della popolazione femminile). L’Etiopia è il secondo paese, dopo l’Egitto, quanto a diffusione in termini assoluti (23,8 milioni di donne). In Kenya la percentuale di donne mutilate è del 27 per cento a livello nazionale, ma è del 73 per cento tra i masai. u Simona Ghizzoni ha realizzato questo reportage, intitolato Uncut, tra il 2015 e il 2016 insieme alla giornalista Emanuela Zuccalà. Il progetto è a cura di Zona, in collaborazione con Actionaid e con il sostegno dello European journalism centre e della fondazione Bill & Melinda Gates. Comprende anche un cortometraggio e un webdocumentario. A sinistra: una coppia trascorre la prima settimana dopo le nozze in una capanna nel villaggio di Waredube, in Etiopia. La pratica dell’infibulazione rende il primo rapporto sessuale molto doloroso. In alto, a sinistra: Nimo Oufet, 12 anni, fa il bagno nel fiume Wabe, a Waredube. Nimo si è salvata dalle mutilazioni genitali grazie all’associazione Women’s network. A destra: alcune donne del Women’s network a Waredube. Internazionale 1190 | 3 febbraio 2017 59 Portfolio Sopra: un’ospite del centro gestito dall’associazione Women’s network a Kongelai, nel distretto del Pokot Occidentale, in Kenya. Il centro ospita ragazze in fuga dalle mutilazioni genitali e da matrimoni precoci. In basso, a sinistra: alcune donne vanno a un incontro del Women’s network a Kongelai. A destra: Janet con la sua nuova famiglia. La ragazza è fuggita da un matrimonio precoce quando aveva dodici anni e ha incontrato Theresa, del Women’s network a Kongelai, che l’ha adottata. 60 Internazionale 1190 | 3 febbraio 2017 Sopra: una ragazza a Hargeysa, la capitale del Somaliland. La regione ha il tasso di mutilazioni genitali più alto del mondo. In basso, a sinistra: alcuni strumenti usati per l’infibulazione in Somaliland. Per cucire i genitali dopo l’intervento si usano le spine di qodax, arbusti locali. A destra: una ragazza durante il travaglio in un ospedale gestito da Edna Adan Ismail a Hargeysa. Adan si batte da quarant’anni contro le mutilazioni genitali, che aumentano il rischio di morte durante il parto. Internazionale 1190 | 3 febbraio 2017 61 Portfolio Sopra: Sukuta, nove anni, nel centro Il Bissil a Kajiado, nel sud del Kenya. Quando la bambina è stata soccorsa era sposata da tre mesi con un uomo di 40 anni. In basso, a sinistra: un incontro del Women’s network a Elangata Wuas, vicino a Kajiado. A destra: una ragazza si prende cura delle capre in un villaggio masai vicino a Elangata Wuas. In Kenya le mutilazioni genitali femminili sono vietate, ma sono ancora praticate da alcuni gruppi etnici, soprattutto dai masai. 62 Internazionale 1190 | 3 febbraio 2017 Sopra: Enso, Manshow e Hawo, tre ragazze che si sono salvate dalle mutilazioni genitali grazie al Women’s network di Waredube, nel distretto di Seru, in Etiopia. In basso, a sinistra: Adimo Kasim, 80 anni, ha praticato mutilazioni genitali per tutta la vita a Waredube. Per ogni intervento guadagnava 20 o 30 birr (circa un euro). Nel villaggio si pratica l’infibulazione, la forma più invasiva di mutilazione genitale. A destra: una veduta di Waredube, nella regione di Oromia. Internazionale 1190 | 3 febbraio 2017 63