La pH-impedenzometria esofagea

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La pH-impedenzometria esofagea
Scheda 2
La PH-impedenzometria esofagea
Principi, utilità e limiti in età pediatrica.
La pH-impedenzometria esofagea (MII-pH) è oggi considerata il metodo più affidabile per
identificare il reflusso gastroesofageo (RGE) perché consente di riconoscere qualsiasi
episodio e di definirne la sua composizione, durata, localizzazione e pH.
KNOW-HOW
La MII-pH combina la misurazione del pH e dell’impedenza (vale a dire dell’opposizione o
resistenza al flusso) intraesofagea. L’impedenzometria si basa sulle ripetute variazioni in
concentrazioni di ioni che avvengono nell’esofago per il transito d’aria (aumento
d’impedenza) o di liquido (calo d’impedenza). Come nella pH-metria, un sondino flessibile
di 1,5-2 mm di diametro è inserito dal naso e posizionato in esofago distale al fine di
trasferire i dati, per 24 ore, ad uno strumento di registrazione portatile. La presenza sullo
stesso sondino di multipli (in genere 7) anelli metallici (che formano a due a due un canale
d’impedenza) e di 1-2 elettrodi pH-metrici permette di identificare tutto ciò che transita
nell’esofago (materiale acido e non acido, a contenuto liquido, gassoso o misto),
distinguendo, secondo la progressione della modificazione d’impedenza, una deglutizione
da un reflusso e precisandone la sua durata ed estensione prossimale e distale. Un
episodio di reflusso è definito in presenza di un flusso retrogrado (in pratica dall’esofago
distale al prossimale) capace di variare, per convenzione, di almeno il 50% il valore basale
d’impedenza in almeno 3 anelli (o 2 canali) consecutivi. La durata dell’episodio (bolus
clearance time, o BCT) è determinata, in modo simile, dal tempo necessario al ritorno
dell’impedenza al 50% del valore iniziale (figura 1). Si definisce reflusso gassoso
l’aumento d’impedenza maggiore di 3000 ohms in 2 canali consecutivi con un picco
superiore a 7000 ohms in un punto. Un reflusso misto combina le caratteristiche del
reflusso gassoso e liquido. Per la contemporanea presenza dell’elettrodo di misurazione
del pH, il reflusso viene classificato come acido (se il pH è < di 4), debolmente acido (pH
tra 4 e 7) o alcalino (pH >7) (figura 2). Poiché gli anelli sono posti a distanza tra loro di
almeno 1,5 cm, per la registrazione automatica dell’episodio di reflusso da parte
dell’impedenzometria è necessaria una risalita del bolo di almeno 3 cm. Il volume
necessario perché la MII-pH possa rilevare l’episodio è di almeno 0,5 ml.
INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI
Un software specifico fornisce un’analisi automatica del tracciato quantificando il numero,
la durata e la percentuale di ogni reflusso in almeno 6 punti di altezza diversa dell’esofago
misurandone il tempo di clearance sia chimica (del solo pH) sia fisica (del bolo). I reflussi
sono correlati con i sintomi verificatisi durante l’esame calcolandone i 3 indici principali: il
symptom index (SI) [(numero dei sintomi associati a reflusso/numero totale dei sintomi
nelle 24 ore) x100], il symptom sensitivity index (SSI) [(numero dei sintomi associati a
reflusso/numero totale degli episodi di reflusso) x100] e il symptom association probability
–SAP (probabilità che i sintomi siano correlati al reflusso). Il SAP viene calcolato
attraverso una tabella di contingenza 2x2 che considera, per segmenti consecutivi di 2
minuti, la presenza e assenza di reflussi e di sintomi con successiva applicazione del test
di Fisher. Per convenzione il SI, SSI e SAP sono positivi, rispettivamente se superiori al
50%, 10% e 95%.
La lettura manuale, ancora raccomandabile, verifica la presenza di artefatti e,
generalmente, identifica un numero maggiore di episodi di reflusso rispetto alla lettura
automatica, soprattutto se si verificano nella parte più distale dell’esofago, nel periodo
prandiale o in assenza di bolo.
La possibilità di combinare la MII-pH alla manometria esofagea permette inoltre di studiare
meglio la funzione esofagea e di identificare in modo certo il rapporto temporale tra il
reflusso e gli episodi di tosse.
E’ stato ripetutamente dimostrato come gli episodi di reflusso debolmente acidi (non
identificabili dalla pH-metria tradizionale) siano almeno altrettanto presenti ed associati a
sintomi quanto gli episodi acidi e molto più frequenti nel periodo postprandiale, nel
neonato e lattante e nei pazienti in terapia con inibitori dell’acidità gastrica. Viceversa è
emersa finora la scarsa importanza clinica del reflusso alcalino sia nell’età pediatrica sia
nell’adulto.
In uno dei primi studi effettuati su un gruppo di neonati, gli episodi di reflusso debolmente
acido sono arrivati ad essere fino all’88% degli episodi totali di reflusso e associati, nel
30% dei casi, ad irregolarità del respiro. In neonati prematuri la MII-pH è servita anche per
chiarire e stabilire l’influenza della posizione corporea nel determinare il RGE suggerendo
utili indicazioni terapeutiche. Altri studi interventisti hanno precisato l’effetto delle formule
addensate e di alcuni provvedimenti terapeutici (alginato di sodio e domperidone). Da
rilevare come la MII-pH, rimarcando l’esistenza e la rilevanza del reflusso debolmente
acido (non ben controllabile dai farmaci ora in commercio), stia orientando l’industria
farmaceutica nella ricerca di nuove molecole per la terapia del RGE.
A qualunque età, la MII-pH rispetto alla pH-metria tradizionale identifica un significativo
maggior numero di episodi di reflusso e di pazienti con positiva associazione sintomatica
consentendo di raddoppiare la correlazione tra il reflusso ed i sintomi riportati durante
l’esame.
Ad oggi non esistono parametri impedenzometrici correlati a quadri di diversa gravità
clinica o istologica. Alcuni risultati, soprattutto negli adulti, sembrano invece definire
pattern di reflusso specifico per differenti sintomi chiarendo genesi e meccanismi
patofisiologici e fornendo basi per un possibile distinto approccio terapeutico.
INDICAZIONI
Proprio per la maggiore e migliore identificazione degli episodi di reflusso rispetto alla pHmetria tradizionale (in ogni caso inclusa nell’analisi) la MII-pH è consigliabile soprattutto
quando la terapia empirica non è raccomandabile o risulta inefficace. L’impedenzometria è
quindi indicata nei neonati e lattanti con sospetto RGE patologico, in tutti i soggetti con
manifestazioni extra o sopraesofagee, senza chiara diagnosi clinica (assenza di pirosi o
dolore retrosternale), in pazienti con sintomi da RGE che persistono in terapia con
ranitidina o inibitori di pompa protonica e nella valutazione pre- e post-chirurgica antireflusso. Inoltre la MII-pH può rivestire un ruolo importante per la quantificazione oggettiva
di efficacia di nuovi interventi terapeutici.
LIMITI
Il limite attuale della MII-pH in età pediatrica è la mancanza di valori normali, in particolare,
per quel che riguarda l’indice di esposizione al bolo (BEI), il tempo di clearance esofagea e
il numero degli episodi totali, debolmente acidi e alcalini. Non è possibile, inoltre,
estrapolare dalla MII-pH alcuna informazione sul volume del materiale refluito. Gli studi
pediatrici disponibili in letteratura prendono in esame popolazioni di piccole dimensioni e
sono difficili da confrontare per la rilevante differenza nell’analisi dei sintomi e dei soggetti
inclusi. La complessità della lettura del tracciato, ma soprattutto l’elevato costo della
strumentazione, restringe ancora l’utilizzo della MII-pH a pochi centri di ricerca
specialistica.
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