Disneyland in giardino

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Disneyland in giardino
DI GIULIANA LOMAZZI - FOTO BENAINOUS-ROSSI / CONTRASTO
DISNEYLAND
IN GIARDINO
In Germania sono 20 milioni, e poi quelli in Italia, Gran
P
iccoli, sovrappeso, con una lunga
barba e abiti rosso acceso, sono armati di uno strumento del mestiere
(di solito piccozza o lanterna) e di un sorriso
imperturbabile. Non parlano, ma fanno parlare molto di sé, sembrano immobili ma avanzano inesorabilmente alla conquista di spazi verdi e non. Sì, proprio loro, gli amati, odiati, temuti, disprezzati, sviliti, nanetti da giardino.
Pochi oggetti decorativi riescono a suscitare polemiche e pareri discordi come questi buffi per-
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si di polenta con salsiccia, di salumi di montagna e di mozzarella con le acciughe.
Sì, perché i folletti sono presenti in tutta Italia e sono proprio loro che, di notte, intrecciano le criniere dei cavalli degli emiliani o dormono sul petto di ignari pugliesi, procurando una forte oppressione. Ma i nanetti dei giardini non riproducono le loro fattezze: i folletti,
benché vestano anch’essi di rosso, sono più piccoli (25 centimetri al massimo, contro i 68 standard dei nanetti), privi di barba, con labbra sot씮
Le foto di questo servizio
sono tratte dal repertorio
della mostra sui nani da giardino
svoltasi a Parigi nel 2000
Bretagna, Francia. È l’esercito dei nanetti da giardino
sonaggi. A cominciare dalla loro storia, che affonda le radici nel passato senza riuscire a nobilitarli. Per cominciare, esistono però due elementi certi, scolpiti nella ceramica: data e luogo di nascita dei nanetti da giardino.
Il primo esemplare uscì dalla fabbrica di
ceramiche Griebel in Turingia (Germania)
tra il 1880 e il 1890. E da lì, il silenzioso esercito
di nanetti e nanette, con il loro corteo di funghetti, cerbiatti, Biancaneve, Cappuccetto Rosso, ha iniziato l’invasione delle terre prima della Germania (dove oggi si contano qualcosa
come 20 milioni di esemplari) e poi di quelle
francesi, inglesi, italiane ed extraeuropee. Non
altrettanto certa, però, è la vera origine dei nanetti. Secondo alcune versioni, questi personaggi rappresenterebbero i pigmei che nel Medioevo lavoravano nelle miniere turche; secondo altri, sarebbero discendenti del dio Pan, da
cui avrebbero ereditato la passione per le ninfe, gli scherzi goliardici, le barzellette piccanti.
A questa schiera apparterrebbero gli autentici
folletti italiani, esseri burloni e licenziosi, golo-
E I SOCIOLOGI DICONO CHE...
씰 I nanetti non suscitano
solo odio e amore: ispirano
anche ricerche e studi.
L’interesse degli studiosi si
concentra sulle motivazioni
che spingono certe persone
a introdurre un nanetto nella
propria vita, suscitando in
altre raccapriccio,
sconcerto, divertimento.
L’interpretazione sembra
propendere per un desiderio
di sfuggire alla realtà
quotidiana per entrare,
complice un personaggio
fantastico, in un mondo
fiabesco. Interessante la
posizione di Bruno
Sanguanini, professore
associato di Sociologia dei
processi culturali presso
l’Università di Trieste.
Il docente è autore
di Nanetti e giardini in Italia,
micro-cultura di un gusto
pop europeo (C.L.E.U.P.,
2001), basato su una sua
ricerca condotta nel
Triveneto. A suo parere,
queste statuine incarnano
una micro cultura a
diffusione europea e
riassumono in sé vari
significati, tra cui «gusto
kitsch di massa, culto
popolare del bosco
selvaggio, mito dell’infanzia
sempreverde, Disneyland
fai-da-te, mitografia dei
buoni sentimenti».
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tili e bocca ampia.
I nanetti da giardino, insomma, sono
espressione della tradizione tedesca ed è
questa la lingua che
parlano. Perciò non li
capiamo, perciò non
ci rendiamo conto che nasconderebbero al loro interno un’anima, come
affermano gli aderenti del francese Fronte di liberazione dei nani da giardino (Flnj) o dell’italiano Malag (Movimento autonomo per
la liberazione delle anime da giardino). Le loro azioni gettano nello sconforto i proprietari
dei nanetti, disposti persino a pagare un riscatto per riaverli. Ma niente paura: i nanetti vengono ritrovati dopo poco nei boschi o in qualche
punto della città. Agli aderenti del fronte preme ridare la libertà ai nani prigionieri ed esprimere la propria rivendicazione: trattare in modo più dignitoso questi esseri indifesi e riservare loro uno spazio idoneo, dove cani e gatti
non possano innaffiarli, e dove pioggia, neve e
vento non infieriscano su cappucci e testoline.
Certo, non tutti i nanetti sono fortunati come quello del padre di Amélie Poulain nel film
Il meraviglioso mondo di Amélie, che ha girato il mondo e si è fatto fotografare sulla Piazza
Rossa o alla Casa Bianca. La realtà è ben diversa. C’è chi mette i nanetti in fila su un fazzolet142
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to di cemento, chi li dispone su un prato in ordine sparso in compagnia di Biancaneve, chi
mette loro accanto funghetti, animali o un carretto trainato da un cerbiatto. Alcuni non si
fanno scrupolo di munire il nano di un tosaerba e di metterlo al lavoro. I più coscienziosi, però, allestiscono uno chalet di legno per
accoglierli e, in occasione delle feste, sistemano
i nanetti intorno a un tavolo apparecchiato di
tutto punto. Così i loro protetti vivono a lungo
e non compiono suicidi di massa, come è già accaduto, per sottrarsi alle angherie quotidiane.
Il rapimento del proprio nanetto ispirò questi versi a un cantante canadese, certo Renaud:
«Faceva risplendere di sole la mia aiuola, perfino i fiori erano gelosi di lui». L’oscuro fascino
delle statuette naniformi ha colpito e ispirato
più di un artista. Ecco George Harrison affiancato da due nanetti sulla copertina della raccolta All things must pass. E che
dire degli sgabelli-tavolini
“Attila e Napoleone”, firmati da Philippe Stark e di
chiara ispirazione gnomesca? Anche Chanel e Fiorucci hanno proposto linee nanesche. Quanto ai
belgi, noti appassionati di
birre, hanno battezzato
una “bionda” e una “bruna” col nome dei loro folletti della foresta: Chouffe. Dal
1997, poi, il museo della Philipp Griebel
(www.zwergen-griebel.de) raccoglie vari
esemplari prodotti dalla ditta tedesca.
Ripercorrendo i meandri della storia incontriamo invece dei capolavori dell’arte, come il
nano Morgante, creato dal Giambologna nel
XVI secolo e tuttora esposto nel giardino di
Boboli di Firenze. Una mostra del 2001 a Roma ha presentato nani, gnomi e folletti di cinque continenti, tra cui nani di Capodimonte,
esemplari di legno policromo provenienti da
Milano, nani cinesi di epoca Han e Tang. Non
mancavano nemmeno i nanetti oriundi della
Germania e quelli del film Biancaneve di Walt
Disney (1937). La mostra si ispirava a un’esposizione parigina del 2000. Qui facevano bella
mostra di sé copie di antiche statue egizie e romane, un nano turco di bronzo rinascimentale e nani austriaci in legno policromo. L’ingresso della mostra era presidiato da un grande na왎
no di gesso, affacciato a un balcone.