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NUMERO 81 DEL 12 LUGLIO 2010
NEWS E COMMENTI SU EUROPA, POLITICHE SOCIALI E SINDACATO
A cura di APICE – Associazione per l’Incontro delle Culture in Europa
In collaborazione con CISL LOMBARDIA – Dipartimento Internazionale
SOMMARIO
TRIBUNA EUROPA
NEWS
Elezioni in Polonia
INFORMAZIONE POLITICA
di Franco Chittolina
Nell’Unione Europea le elezioni
susseguono
e
non
sempre
rassomigliano.
si
si
Quelle svoltesi in questi ultimi mesi in
Ungheria, Slovacchia, Paesi Bassi e
Belgio hanno mandato segnali inquietanti
di rottura di solidarietà e all’interno dei
singoli Paesi e di questi verso la coesione
dell’UE.
Nelle elezioni presidenziali svoltesi in
Polonia, invece, le cose sono andate
diversamente e per l’Europa è stata una
boccata d’aria di cui, in un momento
come questo, si sentiva francamente il
bisogno.
A pag. » 13
8 › Dall'Europa e dal Mondo
Comunicati e attività di CES e CSI
≡ CES: Serve occupazione di qualità
≡ CES: Appello al Forum Sociale Europeo
≡ CSI: Fallimento del G20 per il lavoro
≡ CSI: Congresso su parità di genere
≡ CSI: Congresso su diritti lavoratori
12 › DOCUMENTI
≡ Risoluzione PE su giovani e lavoro
≡ Rapporto 2010 sugli aiuti allo sviluppo
12 › APPUNTAMENTI EUROPEI
2 › Al via il semestre belga alla presidenza
dell’UE
2 › Verso l’adesione dell’UE alla Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo
ALLARGAMENTO
3 › L’Europarlamento sostiene la candidatura
dell’Islanda all’UE
ECONOMIA E BILANCIO
3 › Commissione: rafforzare il sistema di
governance economica
STRATEGIA PER LA CRESCITA E L’OCCUPAZIONE
4 › OCSE: tasso di disoccupazione ai livelli
massimi
4 › Europarlamento: più sicurezza per i lavoratori
atipici
INFORMAZIONE SOCIALE
5 › Campagna per la Convenzione sui lavoratori
migranti
5 › Dibattito pubblico europeo sul futuro delle
pensioni
6 › L’Europarlamento contro gli strumenti di
tortura
ENERGIA, CLIMA E AMBIENTE
6 › Un'agricoltura più verde e competitiva dopo il
2013
Infoeuropa nasce dalla collaborazione tra APICE,
Associazione per l'incontro delle culture in Europa
presieduta da Franco Chittolina, e il Dipartimento
internazionale USR CISL Lombardia diretto da Miriam
Ferrari. Dall'inizio del 2008 la newsletter è realizzata
da
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NFORMAZIONE POLITICA
Al via il semestre belga alla presidenza dell’UE
È iniziato il turno belga alla presidenza dell’UE, i cui principali obiettivi riguardano il
consolidamento delle istituzioni comunitarie, il rafforzamento della supervisione finanziaria e
l’accelerazione dei dossier sull’allargamento relativi a Croazia, Islanda e Turchia.
Il programma della presidenza belga dell’UE si basa sugli accordi maturati nell’ambito del "trio"
di presidenze che comprende anche la presidenza precedente (spagnola) e quella successiva
(ungherese).
Al primo posto tra gli impegni previsti dalla neo-presidenza belga dell’UE c’è la completa
attuazione del Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel dicembre scorso, che semplifica il
processo decisionale europeo. Negli ultimi mesi, poi, l'Europa è stata scossa dal calo dell'euro e
dal forte aumento dei disavanzi di bilancio degli Stati membri: la presidenza belga intende ridare
impulso alla crescita e migliorare il governo dell'economia, anche attraverso la creazione di una
nuova struttura europea di vigilanza dei mercati finanziari. L’obiettivo è fare avanzare il governo
economico europeo verso una "Convenzione" nel prossimo mese di ottobre. Secondo la
presidenza belga, «al posto di un coordinamento limitato alle politiche di bilancio e alla
sorveglianza multilaterale che oggi non funziona, come dimostrato dalla crisi greca, serve una
vera convergenza strutturale sulle politiche economiche e sociali.
Dal momento che il 2010 è l’Anno Europeo dedicato alla lotta alla povertà e all’esclusione
sociale, nel semestre di presidenza belga si discuterà poi dei risultati ottenuti in seguito
all'accordo stipulato all'inizio del nuovo millennio, secondo cui tutti i Paesi europei sono
impegnati a dimezzare del 50% la povertà nel mondo entro il 2020: la presidenza belga ha
dichiarato di voler dare il suo contributo concentrandosi principalmente sui senzatetto, sulla
povertà infantile e il reddito minimo.
Non poche preoccupazioni desta però il fatto che il Belgio abbia assunto la presidenza di turno
dell'UE con una situazione politica interna piuttosto complessa, un Paese politicamente
spaccato in due come dimostrato dalla vittoria elettorale dell’ala fiamminga e un processo in
corso per la formazione di un nuovo governo. Il primo ministro dimissionario, Yves Leterme, ha
tuttavia assicurato che il Paese è pronto a presiedere l’UE perché il programma della presidenza
belga si basa su «un lavoro di preparazione durato due anni e gode di largo consenso». (2 luglio
2010)
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Verso l’adesione alla Convenzione dei Diritti dell’Uomo
Hanno preso il via i colloqui ufficiali tra i rappresentanti del Consiglio d’Europa e della
Commissione Europea per l’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo, al fine di rendere più coerente la tutela dei diritti fondamentali in Europa.
«Oggi è un momento veramente storico. Stiamo predisponendo l’anello mancante del sistema
europeo di tutela dei diritti fondamentali, che garantisce coerenza fra gli approcci del Consiglio
d’Europa e dell’Unione Europea» ha dichiarato Viviane Reding, commissaria europea per la
Giustizia, i Diritti fondamentali, la Cittadinanza e vicepresidente della Commissione, incontrando
il segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland.
L’adesione dell’UE alla CEDU porrà l’UE sullo stesso piano dei suoi Stati membri per quanto
riguarda il sistema di tutela dei diritti fondamentali, su cui vigila la Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo con sede a Strasburgo, e permetterà all’UE di farsi sentire nei casi portati davanti a
tale Corte. Con l’adesione, l’UE diventerebbe il 48° firmatario della CEDU e avrebbe il proprio
giudice alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. L’adesione darà inoltre una nuova possibilità di
ricorso ai singoli individui che, esaurite le vie nazionali, potranno adire la Corte Europea in caso
di presunte violazioni del diritti fondamentali da parte dell’UE.
L’accordo di adesione dovrà essere ratificato da tutte e 47 le parti contraenti della CEDU,
comprese quelle che sono anche Stati membri dell’UE, e le parti si sono impegnate per una
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rapida e agevole conclusione dei colloqui, affinché l’adesione abbia luogo al più presto.
«La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo è il riferimento fondamentale per la tutela dei
diritti dell’uomo in tutta Europa. Accettando di sottoporre il lavoro delle proprie istituzioni alle
stesse norme sui diritti dell’uomo e allo stesso controllo che si applicano a tutte le democrazie
europee, l’UE invia un messaggio molto forte: l’Europa sta cambiando e i più influenti e i più
potenti sono pronti ad accettare la loro parte di responsabilità perché tale cambiamento avvenga
e a sostenerlo» ha osservato il segretario generale del Consiglio d’Europa. (7 luglio 2010)
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LLARGAMENTO DELL
E
L’Europarlamento per candidatura dell’Islanda all’UE
Il Parlamento Europeo ha accolto positivamente la prospettiva che l’Islanda, entri a far parte
dell’Unione Europea, diventandone il 28° Stato membro. In particolare i deputati hanno
sostenuto la decisione di aprire formalmente i negoziati di adesione.
Il Parlamento ha rilevato come l’Islanda, che aveva presentato domanda di adesione nel luglio
2009, si sia già conformata alla maggior parte della legislazione dell’UE in quanto membro dello
Spazio economico europeo, in particolare nel settore del mercato interno. Il Paese, inoltre,
aveva contratto un accordo di libero scambio con l’UE nel 1973.
Resta ancora da riformare l’organizzazione e il funzionamento del sistema di vigilanza
finanziaria, la modalità di nomina dei giudici, dei pubblici ministeri e delle supreme autorità
giudiziarie. Agricoltura, pesca, tassazione, politica economica e relazioni esterne sono invece gli
ambiti in cui UE e Islanda dovranno avviare una negoziazione.
Per il momento il Parlamento ha chiesto all’Islanda di porre fine a tutte le attività di caccia alla
balena e di abbandonare ogni riserva formulata nei confronti della Commissione baleniera
internazionale. (8 luglio 2010)
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CONOMIA E
ILANCIO
Rafforzare il sistema di governance economica
Attuare una vigilanza potenziata delle politiche fiscali, di quelle macroeconomiche e delle riforme
strutturali per rafforzare la governance economica dell’Unione Europea e dell’area dell’euro:
questa la proposta avanzata in una comunicazione dalla Commissione Europea.
Secondo l’esecutivo dell’UE, tale sistema integrato di monitoraggio si esplicherebbe nel corso di
un “semestre europeo” e sarebbe corredato di sanzioni volte a prevenire o correggere le derive
atte a compromettere la stabilità finanziaria dell’UE e dell’area dell’euro. Gli Stati membri
dovrebbero presentare simultaneamente i rispettivi programmi di stabilità e convergenza,
nonché i programmi nazionali di riforma per garantire che si possa operare un coordinamento
europeo tempestivo. Nel secondo semestre dell’anno gli orientamenti tratti da questo «esercizio
di valutazione tra pari» dovrebbero ispirare la redazione particolareggiata dei bilanci nazionali
per l’anno successivo.
Il Patto di stabilità e di crescita dovrebbe poi essere potenziato sia in fase preventiva che
correttiva. La Commissione propone di esigere che siano realizzati progressi più rapidi verso un
bilancio in pareggio, che garantirebbe un margine di sicurezza rispetto al disavanzo del 3% per i
Paesi con debito elevato o che si trovano in situazione di rischio significativo in termini di
evoluzione del debito.
Oltre alla vigilanza di bilancio, la Commissione propone poi di affrontare gli squilibri
macroeconomici tra gli Stati membri, che indeboliscono la coesione.
Infine, secondo la Commissione, il monitoraggio a livello di UE delle riforme strutturali negli Stati
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membri dovrebbero garantire che i risultati di tali riforme progrediscano in modo coerente
rispetto agli obiettivi generali della Strategia 2020 per una crescita più sostenibile, rispettosa
dell’ambiente, fondata sulla conoscenza e creatrice di occupazione, adottata dal Consiglio
Europeo nel giugno scorso. (1 luglio 2010)
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TRATEGIA PER LA CRESCITA E L OCCUPAZIONE
OCSE: tasso di disoccupazione ai livelli massimi
In due anni e mezzo il tasso di disoccupazione dell’area OCSE è passato dal livello minimo del
5,8% a fine 2007 all’8,7% nel primo trimestre 2010, che corrisponde al livello massimo del
dopoguerra con circa 17 milioni di disoccupati in più e un totale di 47 milioni di senza lavoro.
Aggiungendo però ai disoccupati le persone che hanno smesso di cercare lavoro e quelle che
lavorano a part-time ma vorrebbero un impiego a tempo pieno, cioè i sotto-occupati, si stima un
numero complessivo di 80 milioni di persone in difficoltà lavorative. È quanto rileva l’Employment
Outlook 2010 dell’Organizzazione per la Cooperazione lo Sviluppo Economico, sottolineando
tuttavia come l’aumento medio di quasi 3 punti percentuali del tasso di disoccupazione
verificatosi tra dicembre 2007 e marzo 2010 non sia stato omogeneo tra gli Stati membri. Mentre
infatti Irlanda e Spagna, ad esempio, hanno fatto registrare incrementi rispettivamente dell’8% e
del 10%, in Paesi come Germania, Austria, Belgio, Norvegia e Polonia gli aumenti sono stati
inferiori al punto percentuale.
Inoltre, osserva l’OCSE, la perdita di lavoro è stata «sproporzionatamente ampia» per alcuni tipi
di impiego e settori, quali «l’edilizia, i lavoratori a termine e quelli con competenze basse, i
giovani». In modo certamente «inusuale» rispetto al passato, poi, l’occupazione è diminuita più
tra gli uomini che tra le donne, «probabilmente a causa della natura settoriale della recessione».
È anche aumentata la differenza tra lavoratori assunti a tempo determinato e indeterminato nel
rischio di perdere il lavoro, mentre l’occupazione per i lavoratori autonomi è calata circa quanto
quella dei lavoratori dipendenti.
«Creare nuovi posti di lavoro deve essere una priorità per i governi» secondo il segretario
generale dell’OCSE, Angel Gurria, il quale ha sottolineato che «nonostante i segni di ripresa
nella maggior parte dei Paesi, resta il rischio che milioni di persone possano perdere contatto
con il mondo del lavoro. Una carenza di posti di lavoro elevata come quella attuale è
inaccettabile, e va affrontata con una strategia politica ad ampio raggio».
Se da un lato la disoccupazione nell’area OCSE dovrebbe aver raggiunto il picco, «la ripresa
non sembra essere abbastanza vigorosa per riassorbire rapidamente gli attuali alti livelli»
osserva il Rapporto, secondo cui il tasso di disoccupazione dei Paesi OCSE sarà probabilmente
ancora al di sopra dell’8% alla fine del 2011 mentre «cresce il rischio che il forte aumento della
disoccupazione diventi di natura ciclica». (6 luglio 2010)
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Europarlamento: più sicurezza per i lavoratori atipici
L’UE deve adottare «orientamenti chiari e misure concrete» per salvaguardare i posti di lavoro
dignitosi e l'occupazione di qualità e creare opportunità di lavoro sostenibili nel quadro di
un'ambiziosa strategia UE 2020 che tenga conto dell'impatto della crisi sull'economia, la società
e il mercato del lavoro. È quanto afferma il Parlamento Europeo in una risoluzione adottata il 6
luglio scorso sui contratti atipici, la flessicurezza e le nuove forme di dialogo sociale.
Secondo l’Europarlamento, gli Stati membri devono «mettere a punto un'attuazione più giusta
ed equilibrata dei principi di flessicurezza», e a tal fine l'apprendimento reciproco e lo scambio di
buone prassi, nonché il metodo di coordinamento aperto sottoposto a miglioramenti, «sono
strumenti essenziali per coordinare gli approcci strategici divergenti degli Stati membri».
Nell’ampia diversità di tradizioni del lavoro, di forme contrattuali e di modelli aziendali esistenti
sui mercati del lavoro europei, «la salvaguardia dei modelli sociali europei e dell'acquis
occupazionale» costituisce una priorità secondo il Parlamento Europeo, che raccomanda un
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approccio «dal basso verso l'alto» nell'elaborazione di nuove strategie occupazionali che faciliti il
dialogo e il coinvolgimento di tutti i livelli di autorità politiche e sociali.
Osservando che cresce il numero di persone in condizioni di povertà lavorativa, diventato l’8%
della forza lavoro europea, e che la percentuale di lavoratori a basso salario è attualmente circa
il 17% del totale; considerando che il tasso di disoccupazione nell'UE-27 è aumentato fino al
10% e che è poco probabile che la disoccupazione raggiunga il suo culmine prima del primo
semestre del 2011; rilevando che in media ogni anno tra un quinto e un quarto di tutti i lavoratori
europei cambia lavoro ma che il 45% di tutti i periodi di disoccupazione dura più di un anno;
sottolineando che il cambiamento di occupazione viene più spesso subito che non scelto ed è
legato a contratti precari e di breve durata e che spesso i giovani non trovano un lavoro
corrispondente al titolo di studio conseguito, l’Europarlamento ritiene necessario garantire a tutti
i lavoratori, a prescindere dalla loro posizione professionale, una serie di diritti essenziali.
È «di vitale importanza» che i lavoratori in forme di occupazione atipiche godano di diritti minimi
e siano protetti dallo sfruttamento, sostiene il Parlamento Europeo, che esorta gli Stati membri a
promuovere la transizione verso posti di lavoro di qualità, produttivi e remunerativi e a mettere a
punto disposizioni in materia di diritto del lavoro che tutelino effettivamente i diritti dei lavoratori
con contratti di lavoro atipici, garantendo sempre la parità di trattamento rispetto ai lavoratori con
contratti standard a tempo pieno sulla base del livello massimo di tutela dei lavoratori.
La flessicurezza non può funzionare in modo adeguato in mancanza di una forte protezione
sociale e del sostegno alle persone che si reinseriscono nel mercato del lavoro, elementi
essenziali durante la transizione dallo studio al lavoro, da un lavoro ad un altro e dal lavoro alla
pensione. Per questo l’Europarlamento sottolinea l'importanza dell'aspetto sicurezza nella
flessicurezza, che deve fornire sostegno ai lavoratori in cerca di un impiego in situazioni di
transizione e garantire loro condizioni di vita dignitose. (6 luglio 2010)
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NFORMAZIONE SOCIALE
Campagna per la Convenzione sui lavoratori migranti
“È ora per l’UE di ratificare la Convenzione sui lavoratori migranti”, questo il titolo della
campagna lanciata dal Centro di ricerca internazionale December 18 e dalla European Platform
for Migrant Workers Rights.
In vista del 20° anniversario ufficiale della Convenzione ONU sui diritti dei lavoratori migranti e
delle loro famiglie, il prossimo 18 dicembre che è anche la Giornata internazionale dei migranti,
la campagna lanciata dalle due ONG che sta ottenendo adesioni da tutta Europa intende far
pressione affinché tutti i 27 Stati membri dell’UE ratifichino questo strumento internazionale per
la tutela dei diritti umani.
I promotori dell’iniziativa insieme a 42 personalità della società civile, tra le quali i segretari
generali della Confederazione Europea dei Sindacati (CES), John Monks, e della
Confederazione Sindacale Internazionale (CSI), Guy Ryder, si sono rivolte alla neo presidenza
di turno belga dell’UE affinché si impegni per la ratifica europea della Convenzione. Tra le
principali ONG che supportano l’iniziativa anche Amnesty International e la Federazione
Internazionale dei Diritti Umani (FIDH).
«È preoccupante che Paesi democratici basati sul ruolo della legge, con numeri significativi di
migranti che vivono nelle loro società, siano esitanti a diventare parte di questo importante
Trattato dell’ONU sui diritti umani che garantisce i lavoratori migranti» ha dichiarato Thomas
Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. (9 luglio 2010)
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Dibattito pubblico europeo sul futuro delle pensioni
«Entro il 2060 si prevede che il numero di pensionati in Europa raddoppi rispetto a quello di
quanti finanziano le loro pensioni, la situazione attuale è semplicemente insostenibile» sostiene
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la Commissione Europea che ha lanciato un dibattito pubblico sul futuro delle pensioni.
Il Libro verde della Commissione esamina il quadro pensionistico europeo in modo completo,
trattando vari temi quali il prolungamento della vita attiva, il mercato interno delle pensioni, la
mobilità delle pensioni attraverso l’UE, le lacune della normativa UE, il futuro regime di solvibilità
per i fondi pensione, il rischio di insolvenza dei datori di lavoro, un processo decisionale
informato e la governance a livello europeo.
Obiettivo dell’iniziativa lanciata dalla Commissione è di affrontare in modo adeguato alcune
grandi questioni che attengono alla prospettiva socio-economica dell’UE:
- garantire redditi da pensione adeguati e la sostenibilità a lungo termine dei sistemi
pensionistici;
- conseguire il giusto equilibrio tra lavoro e pensione e facilitare il prolungamento della vita attiva;
- eliminare gli ostacoli per le persone che lavorano in diversi Paesi dell’UE, come pure gli
ostacoli al mercato interno dei prodotti pensionistici;
- rendere le pensioni più sicure, nel quadro della recente crisi economica, sia nell’immediato che
a lungo termine;
- garantire che le pensioni siano più trasparenti affinché i cittadini possano prendere decisioni
informate sui propri redditi da pensione.
La consultazione durerà quattro mesi (fino al 15 novembre 2010), durante i quali chiunque abbia
un interesse per l’argomento può presentare le proprie opinioni su un apposito sito web. La
Commissione Europea analizzerà poi tutte le risposte ottenute e considererà le migliori linee
d’azione per il futuro con cui affrontare queste problematiche a livello europeo. (7 luglio 2010)
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L’Europarlamento contro gli strumenti di tortura
A 23 anni dall’entrata in vigore della Convenzione internazionale contro la tortura, il Parlamento
Europeo ha adottato una risoluzione per fare in modo che i Paesi europei rispettino il divieto di
commercio di strumenti di tortura.
Nel 2006 era stato introdotto dall’UE il regolamento che limita il commercio degli strumenti di
tortura, che purtroppo è stato applicato solo in parte o, in alcuni Paesi, per niente.
Nella nuova risoluzione l’Europarlamento ha invitato gli Stati membri a preparare ogni anno una
Relazione che contenga i dati sul numero di richieste di esportazione pervenute dall’estero, le
merci interessate, i Paesi destinatari, le decisioni e le licenze in merito. Ad oggi solo sette Paesi
hanno fatto pervenire questo documento importante per la trasparenza di un mercato
detestabile.
Gli Stati membri dovranno, poi, informare la Commissione in merito alle sanzioni da loro
introdotte per la violazione del regolamento. Inoltre, la lista degli oggetti proibiti dovrà essere
continuamente aggiornata e tenere il passo con gli sviluppi tecnologici.
La presidente della commissione europarlamentare per i Diritti dell’uomo, Heidi Hautala, ha
commentato così il comportamento dei Paesi dell’UE: «L’esempio degli strumenti di tortura
dimostra che siamo ben lungi dall’essere perfetti. Non stiamo soddisfacendo le aspettative né i
nostri stessi impegni». (28 giugno 2010)
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Un'agricoltura più verde e competitiva dopo il 2013
Il Parlamento Europeo ha espresso il proprio punto di vista su come dovrebbe essere riformata
e finanziata la politica agricola dell'UE dopo il 2013, in attesa della pubblicazione il prossimo
autunno dei piani di riforma della Commissione Europea.
Lotta al cambiamento climatico, sicurezza alimentare, qualità degli alimenti e competitività delle
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imprese sono le grandi sfide che attendono il mondo agricolo secondo l’Europarlamento, il quale
ritiene che i fondi stanziati per finanziare la Politica Agricola Comune (PAC) devono essere
«almeno mantenuti nel prossimo periodo di programmazione finanziaria» (dal 2013), che tale
politica non dovrebbe essere riportata sotto il controllo nazionale e che i pagamenti diretti agli
agricoltori dovrebbero essere interamente finanziati dal bilancio dell’UE, al fine di evitare
qualsiasi co-finanziamento da parte degli Stati membri che potrebbe danneggiare la
concorrenza leale nel mercato interno.
Dovrebbero poi essere ricompensati «tutti gli sforzi compiuti dagli agricoltori europei per
soddisfare determinati standard di qualità», come la sicurezza dei prodotti alimentari, l'ambiente,
la legislazione sociale e il benessere degli animali osserva il Parlamento Europeo, aggiungendo
che le importazioni da Paesi terzi devono soddisfare gli stessi criteri di qualità e sicurezza nel
rispetto delle regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), mentre la tracciabilità
dei prodotti deve essere migliorata «per permettere ai consumatori di fare scelte alimentari
consapevoli».
Per fronteggiare gli sviluppi del mercato, in particolare l’eccessiva volatilità dei prezzi e le crisi
che ne derivano, l’Europarlamento chiede l´istituzione di una "rete di sicurezza", che includa
strumenti di deposito e un intervento pubblico e privato, supportato da strumenti progettati ad
hoc per garantire la stabilità dei prezzi. Sono proposti anche nuovi provvedimenti quali la
creazione di mercati di futures o di polizze assicurative che coprano il rischio del mancato
raccolto, per far fronte a condizioni climatiche estreme.
Gli eurodeputati ritengono inoltre «essenziale» che nella futura PAC rimanga prioritario
l´obiettivo dello sviluppo delle aree rurali, al fine di contrastare l´abbandono dei terreni agricoli,
garantire la sopravvivenza dell'agricoltura europea e promuovere lo sviluppo delle aree verdi.
Nella convinzione che l'agricoltura abbia urgente bisogno di attrarre giovani agricoltori e donne,
l’Europarlamento suggerisce infine l´assegnazione di prestiti a basso tasso d´interesse così da
permettere alle giovani coppie di far fronte agli elevati costi necessari all’avviamento di un’attività
e di superare le difficoltà di accesso al credito. (8 luglio 2010)
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DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATTIVITÀ DI CES E CSI
7 luglio 2010 Consiglio EPSCO: i sindacati europei chiedono ai ministri
dell’Occupazione e degli Affari sociali di promuovere
l’occupazione di qualità e di sostenere l’economia reale
La Confederazione Europea dei Sindacati (CES) ha partecipato al
Consiglio Occupazione, Politica sociale, Salute e Consumatori (EPSCO)
svoltosi nei giorni 7-9 luglio. La delegazione sindacale diretta da John
Monks, segretario generale della CES, ha chiesto alla presidenza belga
di portare avanti una politica di crescita coordinata a livello europeo e di
sostenere l’occupazione di qualità.
La CES ha messo in guardia dalla tendenza attuale dei governi europei
di considerare che il solo modo di generare competitività e crescita sia di
tagliare la spesa pubblica e sociale.
I partner sociali europei sono stati invitati al tavolo del Consiglio EPSCO
presieduto dalla neo-presidenza di turno belga dell’UE.
La Confederazione Europea dei Sindacati ha ricordato al Consiglio quali
sono le priorità del movimento sindacale europeo: «I dibattiti attuali dei
ministri dell’Occupazione si concentrano attorno all’idea che bisogna, da
una parte, accrescere l’offerta di manodopera e, dall’altra parte,
aumentare l’età pensionabile per far fronte all’invecchiamento della
popolazione. C’è poca considerazione del fatto che attualmente c’è già
un volume molto importante di domanda di lavoro e allo stesso tempo
una carenza di offerta di lavoro. Ciò non riflette una comprensione
sufficiente della realtà economica e sociale come l’importanza della
disoccupazione, l’aumento della precarietà […]» ha dichiarato John
Monks, segretario generale della CES.
La delegazione sindacale ha deplorato il fatto che la nozione di
“occupazione di qualità” sia scomparsa dall’ordine del giorno dell’EPSCO
[…].
La CES ha anche avvertito che non sosterrà mai la deregolamentazione
e la flessibilizzazione del mercato del lavoro presentati come rimedi per
una ripresa della competitività e della crescita.
Al contrario la CES intende promuovere delle politiche attive di rilancio
coordinate a livello europeo: politiche industriali a bassa emissione di
carbonio, investimenti nella ricerca e nello sviluppo per sostenere la
crescita.
I sindacati europei hanno, infine, espresso la loro viva preoccupazione a
seguito del ritiro dei piani di rilancio che hanno lasciato il posto a delle
misure di austerità prese simultaneamente a livello europeo e che sono
state sostenute dalla Commissione Europea.
La messa in guardia contro i piani di austerità sarà la parola d’ordine
dell’Euro-manifestazione che la CES organizzerà a Bruxelles il 29
settembre prossimo.
Leggi il comunicato
2 luglio 2010 Forum Sociale Europeo: i sindacati fanno un appello per
l’occupazione, la crescita e i diritti fondamentali
Nell’ambito del Forum Sociale Europeo (FSE) svoltosi a Istanbul
(Turchia), la Confederazione Europea dei Sindacati (CES) e i suoi affiliati
turchi (DISK, HAK-IS, KESK, TURK-IS) hanno riaffermato l’importanza
della Giornata di azione europea del 29 settembre prossimo.
La CES e i suoi affiliati turchi hanno organizzato nell’ambito del FSE una
Conferenza sulla crisi e i diritti dei lavoratori in Europa.
In questa occasione, i sindacati hanno riaffermato l’importanza di
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DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATTIVITÀ DI CES E CSI
difendere la qualità dell’impiego, di lottare contro il lavoro informale e di
rispettare i diritti sindacali e i diritti fondamentali.
Joël Decaillon, segretario generale aggiunto della CES, ha dichiarato: «È
inaccettabile far pagare la crisi ai lavoratori e chiedere loro, oltretutto, di
stringere di più la cinghia imponendo delle misure di austerità che
rischiano di portarci dritto verso la recessione. La priorità deve essere
concentrata sull’occupazione e la crescita e non sul rigore di bilancio
attualmente in voga. Questo sarà il messaggio che vogliamo far sentire in
occasione della Giornata di azione europea del 29 settembre».
Leggi il comunicato
27 giugno 2010 G20: fallimento nel soddisfare le sfide dell’occupazione
Secondo una delegazione internazionale sindacale presente a Toronto
alla fine del Vertice, i leader del G20 rischiano di andare
inconsapevolmente incontro a una “double-dip recession” a causa della
loro fretta di dimezzare il deficit fiscale entro il 2013 o anche prima.
«Occupazione e stipendi migliori sono il cuore della ripresa economica e
l’anno scorso i leader del G20 sembravano averlo riconosciuto» ha
osservato Sharan Burrow, segretaria generale della Confederazione
Sindacale Internazionale (CSI), aggiungendo che invece «quest’anno
stanno mandando segnali ambigui e confusi che rischiano di minare i
deboli germogli di ripresa».
[…]
Tuttavia i sindacati sono stati rincuorati dal fatto che la cancelliera
tedesca Angela Merkel, che ha incontrato una delegazione sindacale a
Toronto il 26 giugno, abbia sostenuto le richieste dei sindacati di far
riferimento, nella dichiarazione finale, al recente incontro dei ministri del
Lavoro al G20 a Washington, e ha affermato che i tedeschi sono pronti
ad ospitare un ulteriore incontro dei ministri del Lavoro G20 l’anno
prossimo.
[…]
«I leader del G20 hanno definito la struttura per una crescita forte,
sostenibile ed equilibrata (Framework for Strong Sustainable and
Balanced Growth), eppure le decisioni che hanno preso potrebbero
portare il mondo nella direzione opposta» ha affermato John Evans,
segretario generale della Trade Union Advisory Committee (TUAC),
organizzazione sindacale internazionale consulente dell’OCSE.
Inoltre, secondo Burrow «deve essere assegnato il compito
all’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL-ILO) di scrivere le
raccomandazioni sull’occupazione e sulla protezione sociale per il G20
“Framework”, centrali per tutte le politiche economiche e sociali».
[…]
La consultazione è un ulteriore problema. «I canadesi e i coreani ospiti
del G20 di quest’anno sembrano considerare maggiormente importante
mantenere contatti con i loro gruppi di leader degli affari “B20” e “B100”,
piuttosto che includere i sindacati nel processo» ha affermato Burrow.
«Dovrebbero fare attenzione: i lavoratori in giro per il mondo si stanno
arrabbiando al supporre che dovranno docilmente pagare il prezzo della
crisi. I politici possono star sicuri che per le strade e alle urne
esprimeranno le loro opinioni».
Inoltre i sindacati sono profondamente delusi del fallimento dell’incontro
dei leader del G8 a Mosca nei giorni 25-26 giugno scorsi, volto a stabilire
una chiara tempistica dei sempre più ingenti aiuti spesi per raggiungere
Infoeuropa | Numero 81 del 12 luglio 2010 | 9
DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATTIVITÀ DI CES E CSI
gli obiettivi del Millennio sulla povertà, sulla salute dei bambini e delle
madri, o sull’accesso universale ai trattamenti per l’HIV/AIDS.
[…]
Leggi il comunicato
25 giugno 2010 Il Congresso della CSI reclama l’uguaglianza di genere e il
rispetto dei diritti dei sindacati
La risoluzione sull’uguaglianza di genere adottata dal Congresso della
Confederazione Sindacale Internazionale (CSI) spiega che la crisi
mondiale ha reso più profonde le disuguaglianze ed eroso i diritti delle
donne. La risoluzione stabilisce anche un programma d’azione in vista
dell’attuazione dell’uguaglianza di genere sul luogo di lavoro e nella
società.
Diana Holland presidente del Comitato delle donne della CSI, ha
ricordato ai delegati che le donne rappresentano la metà della
popolazione del pianeta e svolgono due terzi del lavoro nel mondo,
eppure non percepiscono che il 10% del reddito e non possiedono che il
2% dei beni.
Le donne rappresentano la maggioranza dei lavoratori che hanno un
lavoro precario o dei lavoratori dell’economia informale non protetta.
Inoltre costituiscono quasi la metà dei migranti nel mondo e sempre di
più le donne sono vittime della tratta degli esseri umani.
Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OILILO) 18,7 milioni di donne hanno perso il loro lavoro nel 2009 a causa
della crisi finanziaria.
Gladys Branche, del Congresso del lavoro della Sierra Leone, ha chiesto
ai delegati di firmare delle cartoline per sottolineare l’impegno nei
confronti della campagna UNIFEM (United Nations Development Fund
for Women) – il Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo delle Donne –
«Dite NO: tutti uniti per porre fine alla violenza contro le donne».
[…]
Antonie de Jong, responsabile dello sviluppo dei programmi di prossimità
e dei programmi commerciali dell’UNIFEM, ha sottolineato che la fine
della violenza nei confronti delle donne e delle ragazze è stata molto
giustamente chiamata “l’obiettivo mancato” degli obiettivi del Millennio
per lo sviluppo e ha spiegato la difficoltà di coinvolgere gli uomini e i
ragazzi nel conseguire un cambiamento duraturo riguardo questo
problema.
Attraverso questa risoluzione, il Congresso chiede alla Confederazione
Sindacale Internazionale, lavorando insieme ai suoi partner del gruppo
Global Unions e ai suoi affiliati, di «intensificare la campagna sul lavoro
dignitoso per una vita dignitosa per le donne con l’obiettivo di
raggiungere una giustizia sociale e l’uguaglianza di genere sul luogo di
lavoro e all’interno del sindacato e di continuare la mobilitazione per
organizzare le lavoratrici, in particolare nelle Export Processing Zones
(EPZ - zone industriali di esportazione) e nell’economia informale, oltre
che le lavoratrici domestiche, migranti, rurali, giovani o altre lavoratrici
vulnerabili».
I delegati del Congresso hanno anche sottolineato che nonostante
l’incremento del 40% della presenza di donne nelle organizzazioni
affiliate alla CSI e malgrado gli sforzi realizzati per migliorare la
rappresentazione delle donne nelle loro strutture e politiche, la piena
integrazione della prospettiva di genere nei processi decisionale, nelle
Infoeuropa | Numero 81 del 12 luglio 2010 | 10
DALL'EUROPA E DAL MONDO - FINESTRA SULL'ATTIVITÀ DI CES E CSI
politiche e nelle attività sindacali non è ancora stata raggiunta.
[…]
Leggi la risoluzione sulla parità di genere
25 giugno 2010 Congresso CSI: promozione e difesa dei diritti fondamentali
dei lavoratori
La risoluzione sui diritti sindacali è stata introdotta dal video della
Confederazione Sindacale Internazionale sugli scandalosi omicidi di
sindacalisti e sui violenti attacchi di cui sono stati vittime nel 2009.
Agnes Jongerius (FNV - Federazione Olandese dei Sindacati) ha
aggiunto di avere il triste compito di annunciare che «mentre noi ci
riuniamo questa settimana per il Congresso mondiale della CSI, altri tre
compagni sindacalisti sono stati ammazzati». Si tratta di un insegnante
colombiano e di due iracheni.
Ha reso commovente omaggio a Farzad Kamangar, l’insegnante
giustiziato in segreto domenica 9 maggio nella prigione di Evin a
Teheran. Ha d’altra parte assicurato che la FNV continuerà a lavorare
con la CSI a nome di Mansour Osanloo, che portava avanti una
campagna per aumentare i salari e le condizioni di lavoro degli autisti
degli autobus iraniani e che adesso è detenuto come prigioniero politico
nella prigione di Evin.
Maung Mung (FTUB - Federazione dei Sindacati Birmani) ha parlato ai
delegati dei rischi che i sindacalisti corrono in Birmania (Myanmar) per
organizzare i lavoratori: «Se venite catturati, siete condannati a sette anni
di prigione come minimo. Uno dei miei colleghi è stato condannato
all’ergastolo». […]
In questi ultimi anni, 43 sindacalisti sono stati selvaggiamente assassinati
in Guatemala. Noe Antonio Ramirez Portela, dirigente sindacale di
SITRABI (Sindicato de Trabajadores del Banano de Izabal - Guatemala),
ha evocato le atroci condizioni dei lavoratori nel settore delle banane e gli
attacchi selvaggi di cui sono vittime i sindacalisti. […]
Oggi anche nel mondo industrializzato i diritti della manodopera sono
violati, come nel caso dei lavoratori americani che si battono per il
riconoscimento dei loro diritti di organizzazione in virtù di una legge sulla
libertà sindacale.
«Negli Stati Uniti, la legislazione sul lavoro non è rispettata. Protegge le
imprese, non i lavoratori», ha dichiarato Liz Shuler, di AFL-CIO
(American Federation of Labor and Congress of Industrial
Organizations). «Noi siamo convinti che, alla fine, riusciremo a fare
applicare la legge sulla libertà sindacale» ha concluso.
[…]
Sottolineando il ruolo essenziale dell’Organizzazione Internazionale del
Lavoro (OIL-ILO), il Congresso ha deplorato e condannato le persistenti
e diffuse violazioni dei diritti fondamentali dei lavoratori.
Almeno 12,3 milioni di persone sono sottoposte a moderne forme di
schiavitù o ad altri tipi di lavoro forzato. Sono necessari sforzi urgenti per
sradicare la crescita della tratta di persone e di altri abusi legati alla
mondializzazione.
Il Congresso ha anche delineato un programma di azione per lo
sradicamento del lavoro dei bambini.
Leggi la risoluzione sui diritti fondamentali dei lavoratori
Infoeuropa | Numero 81 del 12 luglio 2010 | 11
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OCUMENTI
Risoluzione sull’accesso dei giovani al lavoro
La crisi economica ha causato un enorme aumento dei tassi di disoccupazione negli Stati
membri dell'UE e i giovani sono stati colpiti in modo sproporzionato da tale tendenza: il tasso di
disoccupazione giovanile sta aumentando in modo più marcato rispetto al tasso di
disoccupazione medio e nel dicembre 2009 i giovani disoccupati al di sotto dei 25 anni erano più
di 5,5 milioni nell’UE, ossia il 21,4% del totale della popolazione giovane. Si è generato così «il
paradosso per cui i giovani, pur rappresentando la colonna portante dei sistemi previdenziali,
dato l'invecchiamento della popolazione, rimangono allo stesso tempo ai margini dell'economia»
osserva il Parlamento Europeo in una risoluzione adottata il 6 luglio scorso sulla promozione
dell'accesso dei giovani al mercato del lavoro.
L’Europarlamento esorta la Commissione e gli Stati membri ad adottare «un approccio ai giovani
e all'occupazione basato sui diritti»; sottolinea che l'aspetto qualitativo del lavoro dignitoso per i
giovani non deve essere compromesso e che le norme fondamentali sul lavoro, così come altri
parametri relativi alla qualità del lavoro, come l'orario di lavoro, il salario minimo, la previdenza
sociale nonché la sicurezza e la salute sul lavoro, devono essere considerazioni centrali nelle
azioni intraprese. A Commissione e Stati membri è chiesto inoltre di definire una strategia
occupazionale per l'UE che coniughi gli strumenti finanziari e le politiche del lavoro, «così da
evitare una "crescita senza lavoro"», e che comporti la definizione di parametri ambiziosi per
l'occupazione dei giovani. Il Parlamento insiste poi affinché la strategia occupazionale si
concentri in particolare sullo sviluppo di lavori verdi e di posti di lavoro nell'economia sociale. Vai
al documento
Rapporto 2010 sugli aiuti allo sviluppo
Nel 2009 l’UE ha destinato il 9% (12 miliardi di euro) del suo budget totale (143 miliardi di euro)
per la cooperazione esterna, di cui hanno beneficiato più di 140 Paesi in via di sviluppo. È
quanto rileva il Rapporto annuale 2010 sulle politiche dell’Unione in materia di sviluppo e aiuti
esterni, presentato dalla Commissione Europea.
Più di 2 miliardi di euro sono stati destinati ai Paesi europei (Europa orientale e Paesi di preadesione), 618 milioni all’Africa del nord, 3,9 miliardi all’Africa subsahariana, 669 milioni al
Medio Oriente, 1,4 miliardi all’Asia del Sud, Asia centrale ed Estremo Oriente, 899 milioni
all’America Latina e 89 milioni all’Oceania.
Si stima che tra i 40 milioni e gli 80 milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo siano
precipitate in una situazione di estrema povertà a seguito della crisi economica, alimentare e
finanziaria del 2009. Il Rapporto spiega il ruolo assunto dalla Commissione per aiutare questi
Paesi a far fronte alla crisi e descrive una serie di misure coordinate che la Commissione ha
attivato in questi ambiti. Vai al documento
PPUNTAMENTI EUROPEI
Istituzioni
PRES
15 luglio 2010
Consiglio informale Industria e Ricerca – Bruxelles
PRES
15–16 luglio 2010
Consiglio informale Giustizia e Affari interni – Bruxelles
PRES: Presidenza di turno dell’UE
Parti sociali e società civile
CES
15 luglio 2010
Conferenza su eguaglianza nell’Europa centrale e orientale –
Varsavia
CES: Confederazione Europea dei Sindacati
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RIBUNA
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UROPA
Elezioni in Polonia
Nell’Unione Europea le elezioni si susseguono e non sempre si rassomigliano. Quelle svoltesi in
questi ultimi mesi in Ungheria, Slovacchia, Paesi Bassi e Belgio hanno mandato segnali
inquietanti di rottura di solidarietà e all’interno dei singoli Paesi e di questi verso la coesione
dell’UE. Nelle elezioni presidenziali svoltesi in Polonia, invece, le cose sono andate
diversamente e per l’Europa è stata una boccata d’aria di cui, in un momento come questo, si
sentiva francamente il bisogno.
Nell’UE, la Polonia è un Paese importante: una storia drammatica di oppressioni, spartizioni e
rivolte; subito alle spalle dei quattro maggiori Paesi membri per popolazione, a pari merito con la
Spagna; il solo Paese che non ha risentito della recessione del 2009, la Polonia prenderà il
timone dell’UE fra un anno e non stupisce quindi che gli occhi di Bruxelles – ma anche di
Washington e Mosca – fossero puntati su quell’esito elettorale.
Si contendevano la presidenza della Repubblica i rappresentanti di due schieramenti
conservatori: quello riformista e moderato di Komorowski e quello populista e ultra-nazionalista
di Kaczynski, gemello del defunto presidente, perito nella sciagura aerea di Smolensk. Ha vinto
con il 53,01% il candidato moderato, fermando il suo avversario sul 46,9% dei suffragi: una
vittoria di misura che lascia incerti gli osservatori sul futuro della Polonia, di nuovo alle urne per
le elezioni politiche l’anno prossimo, ma che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a Bruxelles,
costantemente minacciata di veto dal candidato nazionalista, e fa sperare in un atteggiamento
polacco più disteso verso la Russia e meno subordinato agli USA.
L’incertezza degli osservatori ha più di una ragione, in particolare la spaccatura del Paese tra i
ceti urbani filoeuropei e gli elettori della campagna (l’agricoltura rappresenta ancora il 19% degli
addetti), sostenuti dall’ala più conservatrice della Chiesa cattolica: l’hanno spuntata i primi,
facendo rivivere qualcosa dello slancio riformatore che fu proprio, negli anni Ottanta, di
Solidarnosc dalle cui fila viene il presidente eletto.
Conforta per la Polonia il fatto che le elezioni di domenica abbiano confermato anche il
consenso al governo in carica, chiamato nei mesi prossimi a difficili riforme a cominciare da
quella delle pensioni, e aiuta l’Europa un risultato che allontana le intolleranze nazionaliste e
identitarie che l’avevano indebolita in questi ultimi tempi.
Non poco delle future evoluzioni polacche dipenderanno dall’atteggiamento della Chiesa, finora
prevalentemente su posizioni conservatrici che non hanno tuttavia impedito al cattolico
Komorowski di prevalere, rivolgendosi agli elettori con le parole di Giovanni Paolo II: «Non
abbiate paura!».
Diranno i prossimi mesi verso quali orizzonti si muoveranno i polacchi, un popolo crudelmente
provato dalla storia e ancora nel secolo scorso vittima del nazismo prima e dello stalinismo poi,
come nella tragedia di Katyn dove Stalin fece massacrare 22.000 ufficiali polacchi. Ma la Polonia
è stata anche la culla di un coraggioso rinnovamento con la straordinaria avventura di
Solidarnosc, appannatasi con gli anni, ma pur sempre un contributo decisivo alla demolizione
dell’impero sovietico. E, per questo, l’Europa alla Polonia deve molto e viene adesso il momento
di ricambiarla sostenendola in questa sua nuova difficile stagione di riforme.
7 luglio 2010
Franco Chittolina
Redazione
Torino
Enrico Panero – Marina Marchisio – Giovanni Mangione – Cristina
Rowinski
Milano
Miriam Ferrari
Bruxelles
Adriana Longoni
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