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V “L’acqua nelle sue profondità o le sorgenti…” Usi rituali dell’acqua in Europa Sacralità dell’acqua Alii adorabant solem, alii lunam vel stellas, alii ignem, alii aquam profundam vel fontes aquarum, credentes haec omnia non a deo esse facta ad usum hominum, sed ipsa ex orta deos esse, scrive Martino di Braga650. La ricorrenza transculturale di simboli mitico-rituali quali gli astri, l’acqua, il fuoco, l’albero, la montagna, la grotta, ecc. è indubitabilmente da ricondursi alla dimensione esperienziale preistorica e a basilari istanze antropologiche quali la ricerca di strategie sempre più efficaci per l’ottenimento delle risorse alimentari e la salvaguardia dell’incolumità individuale e comunitaria. Sono appunto l’accumulo, la trasmissione, l’applicazione delle conoscenze e delle competenze diffusamente e progressivamente acquisite sul piano della prassi a fondare quella langue simbolica universale che ci appare sedimentata entro la memoria culturale delle diverse società umane e progressivamente arricchita e articolata in relazione ai differenti habitat e ai diversi stili di vita, e alle loro trasformazioni storiche651. Rinviando a miei precedenti lavori e alla relativa bibliografia per quanto attiene l’effettiva incidenza dei processi di industrializzazione e terziarizzazione, occorsi a partire dalla fine dell’Ottocento, sul piano delle pratiche e dei simbolismi religiosi “popolari” (ossia sulle conseguenze della più o meno strutturale disarticolazione dei tessuti ideologici tradizionali delle comunità a tradizione rurale in relazione alle trasformazioni economiDe correctione rusticorum, 6. 2. C. Renfrew, Preistoria…, cit., in part. pp. 116 ss. Sul rapporto tra processi cognitivi e esperienza del sacro e relative elaborazioni simboliche si veda I. E. Buttitta, Verità e menzogna…, cit., in part. pp. 11 ss. e 172-180. 650 651 249 che, sociali e tecnologiche)652, ricordo come l’unico autentico processo di ridefinizione (lento, complesso e mai definitivo) e ampliamento dell’universo simbolico preistorico si produca nella transizione dal Paleolitico al Neolitico, nel passaggio cioè da stili di vita nomadi, semi-nomadi e fondati sulla caccia e la raccolta, a stili di vita stanziali e fondati sulla coltivazione consapevole e sull’allevamento. Un processo all’interno del quale l’acqua assume un ruolo decisivo proponendosi da un lato come agente basilare e irrinunziabile d’ogni ciclo vitale e produttivo, in ragione della imprescindibilità di ingenti risorse idriche per le colture e per il bestiame oltre che per le quotidiane esigenze di comunità sempre più numerose, dall’altro affermandosi come generatrice di ierofanie, mezzo privilegiato per via del quale realizzare la manifestazione e il contatto del/con il sacro653. L’acqua, pertanto, è percepita nelle società arcaiche e antiche come elemento fondante se non principio stesso d’ogni vita654, e conseguentemente riferita alle potenze della creazione e della generazione che nella realtà preistorica, paleolitica e neolitica, ma pure in quelle protostoriche e del mondo antico sono più spesso connotate come femminili655. Nello specifico, l’immaginario mitico-rituale delle civiltà storiche presenta le acque celesti (rugiada, pioggia) e fluviali diffusamente caratterizzate come elemento maschile, seme virile656, mentre le fonti, le sorgenti, i pozzi, le 652 I. E. Buttitta, La memoria lunga…, cit.; Id., I morti e il grano…, cit.; Id., Verità e menzogna…, cit. Cfr. I. E. Buttitta, R. Perricone, a cura di, La forza dei simboli…, cit. Si veda anche H. Bausinger, Cultura popolare…, cit. 653 Cfr. J. Ries, Il sacro e l’ambiente, in D. Benetti, a cura di, Habitat: un ambiente per vivere, Jaca Book, Milano 1996, pp. 38-39. 654 E. Morin efficacemente osserva: «tutti i segreti della vita sono contenuti nelle acque» (L’uomo e la morte, Meltemi, Roma 2002, p. 136). 655 Cfr. F. Muthmann, Mutter und Quelle. Studien zur Quellenverehrung im Altertum und im Mittelalter, Archäologischer Verlag, Basel-Mainz 1975. 656 Si pensi al Tiberinus pater-Juppiter/Volturnus (cfr. A. Momigliano, Thybris patrem, in Id., Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, vol. 1, Ed. di Storia e Letteratura, Roma 1966, pp. 610639), al Nilo-Hapi/Osiride (cfr. J. Ries, Il sacro e l’ambiente, cit., pp. 32, 38). Una invocazione assirobabilonese recita: «Tu, fiume che hai costruito tutto, / quando i grandi dèi ti scavarono, / sopra le tue sponde posero prosperità. / Nel tuo interno Ea, il re dell’abisso, costruì la sua dimora. / [...] Fiume grande, fiume sublime, fiume retto, / regalaci la ricchezza della tua 250 polle d’acqua termale che scaturiscono dalle viscere della terra sono diffusamente percepite come sede e/o espressione di quelle potenze telluriche/dee della fecondità e fertilità che, più o meno propriamente, la letteratura storico-religiosa indica come “eredi” di Grandi dee, Grandi madri, Madri della Terra preistoriche657. Non a caso i culti delle acque sorgive si trovano spesso connessi, almeno a partire dall’età del Bronzo ma non di rado ancor prima, con quelli delle caverne profonde intese come passaggio verso le viscere della terra, sede di divinità ctonie correlate alle sfere della fecondità e della vita-oltre-la-morte658. acqua» (G. Furlani, a cura di, Poemetti mitologici babilonesi e assiri, Sansoni, Firenze 1991, p. 60). Cfr. G. Van der Leeuw, Fenomenologia…, cit., p. 49; M. Eliade, Trattato…, cit., pp. 98 e 103. 657 Amplissima la bibliografia di riferimento. Ci limitiamo qui a ricordare, oltre alle pagine dedicate al divino femminile da M. Eliade, Trattato…, cit. (in part. pp. 245 ss. e 342 ss.): J. Przyluski, La Grande Déesse. Introduction à l’étude comparative des religions, Payot, Paris 1950; E. O. James, The Cult of the Mother Goddes, Thames & Hudson, London 1959; E. Neumann, La grande madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell’inconscio, Astrolabio, Roma 1981; M. Gimbutas, Il linguaggio della Dea…, cit. e Id., Le dee viventi, Medusa, Milano 2005; U. Pestalozza, Eterno femminino mediterraneo, Neri Pozza, Vicenza 1996 e Id., I miti della donna-giardino. Da Iside a Sulamita, Medusa, Milano 2001. Si veda anche P. Rodríguez, Dio è nato donna, Editori Riuniti, Roma 2000. Una stringente critica delle idealizzazioni del divino femminile e del presunto «monothéisme féminin et originel» in S. Georgoudi, A la recherche des origines, in «Mètis. Anthropologie des mondes grecs anciens», vol. 9-10 (1994-1995), pp. 285-292. Cfr. anche: J. Guilaine (Le radici del Mediterraneo…, cit.) che parla di «sopravvalutazione “cultuale” delle statuette femminili» (ivi, pp. 47 ss.); N. Cusumano, Mito memoria…, cit., pp. 25 ss. 658 R. Peroni osserva che «nei casi in cui da queste profondità sgorghi una sorgente d’acqua, la connessione con tale sfera [quella della fecondità] appare più evidente» (Introduzione alla Protostoria italiana, Laterza, Roma-Bari 1994, p. 311); d’altronde: «Cavernes et grottes sont de toutes les cosmogonies; là sont conçus les héros et naissent les divines enfantes. Elles sont le ventre de la nature, le berçeau de l’humanité, la maison des dieux. On retrouve les ténébres créatrices et l’humidité féconde, l’abri et la subsistance. Passive et réceptive, la terre est avant tout l’élément fécondé» (M.-J. Wolff-Quenot, In Utero. Mythes, croyances et cultures, Masson, Paris 2001, p. 5). Cfr. A. Maggiani, Acque “sante” in Etruria, in L’acqua degli dèi. Immagini di fontane, vasellame, culti salutari e in grotta, Editrice Le Balze, Montepulciano 2003, pp. 39-43 251 Si affermano, dunque, già all’interno delle comunità preistoriche e protostoriche, anche a prescindere dalle effettive qualità terapeutiche di certe acque minerali e termali, divinità acquoree (e connessi santuari e culti delle acque) cui è attribuito il potere di ripristinare l’ordine del cosmo e del corpo mondandolo d’ogni male e d’ogni colpa659; il potere cioè di riconvertire la morte in vita: tanto in ragione della intrinseca potenza creatrice/ordinatrice detenuta dall’acqua in quanto principio e sostegno di ogni forma vivente e di ogni processo produttivo, quanto in ragione della conseguente necessità di entrare in rapporto positivo con le sacre potenze/entità divine che nelle acque albergano e attraverso queste si manifestano660. Se da un lato, come ben osserva Lantier, «les sources sont prodigues d’effects salutaires et l’eau est un facteur de guérison», poiché «elle sont d’origine divine»661, dall’altro è in ragione della non scindibilità tra dimensione profana e sacrale dell’esistenza, insita nelle società arcaiche e tradizionali e della interrelata avvertita dipendenza della realtà naturale e dei suoi processi da potenze trascendenti la dimensione umana, che le società preistoriche e più ancora quelle protostoriche e antiche hanno connesso realtà e processi ontologici a entità extra-umane dotate di specifici poteri e attributi e costituito per ciascuna di queste pecuL’acqua è, insieme al fuoco, anche tra i principali mezzi impiegati nei riti di purificazione. Si pensi all’uso che se ne faceva, a Roma, nei Parilia (cfr. G. Dumèzil, La religione romana…, cit., pp. 335-336; D. Sabbatucci, La religione di Roma…, cit., pp. 128-132). Nella stessa Bibbia gli oggetti impuri vengono fatti “passare per l’acqua” allo scopo di essere purificati (Nm 31, 22-23). I lavacri mondano dalla colpa, da ogni impurità morale e materiale «annullando sia i peccati sia i processi di disintegrazione fisica o mentale» (M. Eliade, Trattato…, cit., p. 201); ecco dunque abluzioni, aspersioni, immersioni precedere i principali atti religiosi che preparano il contatto dell’uomo con la sfera del sacro (A. Di Nola, s. v. Acqua, in Enciclopedia delle religioni, 6 voll., a cura di A. M. Di Nola, Vallecchi, Firenze 1970, vol. I, coll. 22-31: 30-31). 660 È Eliade a sottolineare come «alla multivalenza religiosa dell’acqua corrispondono, nella storia, numerosi culti e riti accentrati intorno alle sorgenti, ai fiumi e ai corsi d’acqua; culti dovuti innanzitutto al valore sacro che l’acqua, come elemento cosmogonico, incorpora in sé, ma anche all’epifania locale, alla manifestazione della presenza sacra in un certo corso d’acqua o in una certa fonte» (Trattato…, cit., pp. 206-207). 661 R. Lantier, Les Eaux et leur culte en Gaule, in «Journal des savants», 3-4 (1962), pp. 227-236. 659 252 liari forme e strategie cultuali destinate a protrarsi nel tempo lungo e apparentemente immutabile delle società agro-pastorali662. Per cui se pare banale asserire con Maneglier che «l’uomo intrattiene con l’acqua rapporti particolari, a causa dell’assoluta necessità che ha di questo elemento semplicemente per mantenersi in vita»663, è proprio in questa «assoluta necessità», nella consapevolezza che la vita umana, animale e vegetale dipende dalla presenza dell’acqua, che vanno cercate le radici della sua assunzione simbolica da parte delle società agricole e pastorali: «fecondità e accrescimento sono i suoi benefici doni» all’uomo; egli, «vedendo il suo campo vivificato dalla pioggia, dall’acqua sorgiva o dall’inondazione coglie […] una rivelazione della potenza divina»664. La memoria lunga Angelo Bottini ha notato come nell’Italia antica si rilevi una «diffusa presenza di culti delle acque – sorgive, fluviali o lacustri, salutifere o pericolose –» e come questi culti si osservino «protrarsi ben oltre i limiti delle stesse culture indigene protostoriche, talora fino al Medioevo»665. Al che può aggiungersi da un lato come questo “protrarsi” si registri in una realtà territoriale assai più ampia, Bene fa Dini a ribadire, a proposito di certe pratiche folkloriche relative alle acque connesse al culto dei Santi, come: «Il rapporto tra devoto e divinità passa ancora, come alcuni millenni fa, attraverso uno scambio, un patto di doveri e diritti fra protettori e fedeli, obbligati in continuità a dare, a ricevere, a ricambiare» (Le madri del parto, delle acque, della terra. Continuità protettiva e santuari terapeutici, in T. Giani Gallino, a cura, Le Grandi Madri, Feltrinelli, Milano 1989, pp. 84-92: 84). 663 H. Maneglier, Il soprannaturale e la religione popolare nel Medioevo, Ed. Studium, Roma 1994, p. 7. 664 G. Van der Leeuw, Fenomenologia…, cit., p. 39. 665 A. Bottini, Culti e religiosità degli italici, in P. G. Guzzo, a cura di, Antiche genti d’Italia, De Luca, Roma 1994, pp. 77-81: 77. Cfr. G. Binazzi, La sopravvivenza dei culti tradizionali nell’Italia tardoantica e altomedievale, Morlacchi, Perugia 2008. Ad es. ancora nel 1443, il vescovo di Sain-Papoul (oggi dipartimento dell’Aude) scrive all’inquisitore della provincia di Tolosa lamentando l’esistenza di «un culto di guarigione superstizioso e idolatrico» che aveva luogo in una località detta Les Planhes: qui convenivano numerosi malati per bere l’acqua della fonte ritenuta benedetta dai santi Giuliano e Basilio che essi erroneamente ritenevano essere colà sepolti (cfr. J.-C. Schmitt, Il santo levriero. Guinefort guaritore di bambini, Einaudi, Torino 1982, p. 33). 662 253 dall’altro come nella progressiva trasformazione e ridefinizione dei contenuti e delle prassi religiosi, tanto la memoria “mitica” di culti acquorei quanto la materiale ricerca di contatto rituale con la potenza vitalistica (fecondatrice, purificatrice, rigeneratrice, sanatrice, ecc.) dell’acqua, secondo schemi performativi ritualmente consolidati perché ritenuti di comprovata efficacia, continuino ad essere ampiamente attestate nelle culture folkloriche moderne666 e, talora, contemporanee sia pur nella più parte dei casi ricondotte entro il nebuloso orizzonte del cristianesimo popolare e inserite entro pratiche connesse al culto di Madonne e di Santi667. È a partire da queste considerazioni nonché da evidenze archeologiche e documentali apparentemente non questionabili che numerosi autori di diversa estrazione e formazione hanno potuto sostenere una lunga durata delle forme, e in certi casi anche dei contenuti, di culti relativi a elementi naturali, e particolarmente a alberi, pietre, fonti, dalla Preistoria fino al Novecento, momento storico in cui i regimi di vita e le ideologie a questi connesse furono sconvolti dai conflitti bellici e dalle radicali trasformazioni socio-economiche della società europea. Così, ad esempio, Blásquez Martínez: «le culte des eaux, spécialement celui des sources medicine-balls présente une continuité impressionnante. Aucune révolution religieuse ne l’a aboli; alimenté par la dévotion populaire, le culte des eaux a fini par être toléré, même par le christianisme, après les 666 Per es. Giuseppe Mal ricorda nel suo Contributi alla mitologia slovena (in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni», XVIII (1942), pp. 21-35) che in Russia «ancora nel XVII secolo si domandava in confessione: “Hai fatto sacrifici al demonio e al fiume? Hai adorato il demonio presso la fonte? Hai dato nome di dio alla sorgente, al pozzo, al lago?”» (pp. 31-32). Cfr. B. Rybakov, Le paganisme des anciens Slaves, Puf, Paris 1994, passim. 667 Si vedano tra gli altri V. Dini, Il potere delle antiche madri. Fecondità e culti delle acque nella cultura subalterna toscana, Boringhieri, Torino 1980; G. Giacobello, In festa alla sorgente, in «Nuove Effemeridi», a. X (1997), n. 38, pp. 90-98; F. Tamarozzi, La voce della sorgente. Parole di malattia e guarigione nella pratica termale in Corsica, in «Archivio Antropologico Mediterraneo», n. 1/2 (1999), pp. 41-69; R. Rousseleau, La fontaine “sacrée” de Saint-Gré. “Paganisme” et usage du paysage, in «Europaea», n. 1/2 (2000), pp. 195-227; V. Teti, a cura di, Storia dell’acqua: mondi materiali e universi simbolici, Donzelli, Roma 2003, passim; S. D’Onofrio, Gli oggetti simbolici. Antropologia e cultura materiale in Sicilia, Sellerio, Palermo 2005, pp. 82 ss. 254 persécutions infructueuses du Moyen Age. La continuité culturelle en ce qui concerne certaines sources a été transmise depuis le Néolithique jusqu’à nos jours. […] Ces fontaines étaient sûrement vénérées avant le christianisme; avec la venue de celui-ci leur culte s’est purifié et on les a placées sous la protection de la Vierge et des Saints»668. Non è possibile ripercorrere in questo lavoro la letteratura relativa all’esistenza, alla reale consistenza e alle caratteristiche dei culti acquorei nella protostoria, nel mondo antico e in età medievale669, 668 J. M. Blásquez Martínez, Le culte des eaux dans la Pénisule Ibérique, in «Ogam. Tradition celtique», n. 9 (1957), fasc. 3, pp. 209-233: 224-225. Osserva Dini: «Senza soluzione di continuità i sistemi di sicurezza dell’era precristiana si sono riproposti per secoli fino ai nostri giorni offrendo una trama rilevante di temi simbolici, comprensivi di ogni rimedio utile per il superamento di una realtà a rischio. […] Le controfigure cristiane, che nelle varie ierofanie locali si sostituiscono […] alle divinità pagane, ripropongono le stesse terapie e interventi miracolosi, sempre con l’impiego dell’acqua, per risolvere la sterilità, per proteggere la gravidanza da presenze malefiche e da malattie, per favorire il parto e la successiva lattazione» (Le madri del parto…, cit., pp. 84-86). 669 Sulle acque salutifere nell’antichità esiste un’amplissima bibliografia che raccoglie e esamina numerose segnalazioni di autori classici e medievali, attestazioni epigrafiche, depositi di ex voto presso fonti e specchi d’acqua, ecc. Qui si segnalano: J. M. Blásquez Martínez, Le culte des eaux…, cit.; J. Toutain, Les Cultes païens dans l’Empire Romain, 2 voll., Leroux, Paris 1907, t. I, pp. 372-384; R. Chevallier, a cura di, Les eaux thermales et les cultes des eaux en Gaule et dans les provinces voisines (Actes du Colloque, Aix-les-Bains, 28-30 septembre 1990), Centre de Recherches A. Piganiol, Antropologia Alpina, Tours-Torino 1992; A. Grenier, Manuel d’archéologie gallo-romaine, t. IV, Les monuments des eaux, A. et J. Picard, Paris 1960; L. Gasperini, a cura di, Usus veneratioque fontium. Fruizione e culto delle acque salutari nell’Italia romana (Atti del Convegno internazionale di studi, Roma-Viterbo 29-31 ottobre 1993), Tipigraf, Tivoli 2006; F. Angelini, Sicani. Miti e culti, «Mythos. Rivista di Storia delle Religioni», num. mon., n. 6, Istituto di Storia Antica – Università degli Studi di Palermo, Palermo 1994, in part. pp. 25-55; S. C. Bouffier, Il culto delle acque nella Sicilia greca: mito o realtà?, in V. Teti, a cura di, Storia dell’acqua…, cit., pp. 44-66; L. Capuis, Acqua nel culto e culto dell’acqua nel Veneto preromano, in O. Bosello, M. G. Ciani, Homo Edens. Letture d’acqua (Atti del III colloquio interuniversitario, Recoaro Terme, 2122 settembre 1991), Cleup, Padova 1995, pp. 137-149; P. G. Spanu, Fons vivus. Culti delle acque e santuari cristiani tra tarda antichità e alto medioevo, in L’acqua nei secoli altomedievali, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioe- 255 né spigolare nell’ampio dibattito relativo alla effettiva continuità storica di pratiche e credenze e al recupero più o meno consapevole di prassi comportamentali “efficaci” dalla memoria culturale, né è possibile adeguatamente riflettere sulle dinamiche di reiterazione di analoghe idee e strategie comportamentali in relazione al riprodursi di specifiche condizioni esistenziali670. Solo mi limiterò a osservare che il desiderio di parole e quadri concettuali innovativi, quasi complesso edipico dell’antropologia, ha talora (troppo spesso!) condotto alla formulazione di ipotesi totalmente avulse dalle evidenze documentarie. Può e deve essere discusso se e in che misura le Madonne, i Santi e le Sante dedicatari di pozzi e di fonti adombrino ninfe e divinità romane e, ancor prima, come e vo, Spoleto 2008, pp. 1029-1077; B. Caulier, L’eau et le sacré. Les cultes thérapeutiques autour des fontaines en France du Moyen Âge à nos jours, Editions Beauchesne-Presses de l’Université, Laval 1990. Per un approccio comparativo allargato a pratiche extraeuropee: R. Pestonji Masani, Folklore of wells. Being a study of water-worship in East and West, D. B. Taraporevala Sons, Bombay 1918; P. Saintyves, Corpus du folklore des eaux en France et dans les colonies françaises, Nourry, Paris 1934. Per gli usi mantici e divinatori delle acque nel mondo antico: G. Roux, L’eau et la divination dans le sanctuaire de Delphes, in J. Metral, P. Sanlaville, a cura di, L’Homme et l’Eau en Méditerranée et au Proche Orient (Séminaire de recherche 1979-1980), Presses Universitaires de Lyon, Lyon 1981, pp. 155-159; P. Scarpi, Acqua, divinazione e terapia tra Grecia e Roma, in «Thalassa. Genti e culture del Mediterraneo antico», n. II (2005), pp. 29-40. «Nullus fons enim non sacer», chiosa Servio al verso 84 del VII libro dell’Eneide, e Agostino nelle Epistolae (47,4) fa cenno a riti connessi alle acque: «Hoc et de puteo responderim vel fonte qui in templo est. Plus autem movet revera, si aliquid sacrificiorum in fontem vel puteum proiciatur. […] aliquando autem sic mittuntur sacrificio in acqua, ut ipsis acquis sacrificetur». Cfr. J. Caro Baroja, La estación de amor. Fiestas populares de mayo a San Juan, Taurus, Madrid 1979, pp. 157-160 e 166 ss. 670 Cfr. R. Manselli, Resistenze dei culti antichi nella pratica religiosa dei laici nelle campagne, in Cristianizzazione ed organizzazione ecclesiastica delle campagne nell’Alto Medioevo: Espansione e resistenze, Centro italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1980, pp. 57-108 e Id., Il soprannaturale e la religione popolare nel Medioevo, Ed. Studium, Roma 1985; P. Chuvin, Chronique des derniers païens. La disparition du paganisme dans l’Empire romain: du règne de Constantin à celui de Justinien, Les Belles Lettres-Fayard, Paris 1990; Id., Christianisation et résistance des cultes traditionnels. Approches actuelles et enjeux historiographiques, in M. Narcy, E. Rebillard, a cura di, Hellénisme et Christianisme, Presses Universitaires du Septentrion, Villeneuve d’Ascq 2004, pp. 15-34. 256 quanto dietro queste figure divine si celino potenze di più remota ascendenza; si può ben dubitare della generale assenza di soluzioni di continuità delle credenze e delle prassi mitico-rituali e delle forme e dei contenuti simbolici di queste; non si possono negare gli evidenti processi storici di rifunzionalizzazione e risemantizzazione di atti e parole religiosamente orientati; ma non possono, davvero, essere messe in questione la persistenza e/o la riattivazione di certe forme cultuali, così spesso in relazione a precisi luoghi di culto, nonché la riproduzione di forme e di credenze di remota ascendenza in realtà santuariali e relative pratiche rituali, affermatesi nel corso della tarda antichità e del Medioevo e oltre, in esplicito rapporto al culto dei Santi e delle loro reliquie671. Niente di nuovo allora? Niente di totalmente nuovo piuttosto, assunto che: le istanze di Homo sapiens sapiens, e tra queste la continua ricerca di garanzie alla sua sopravvivenza al di là dell’immanenza, ossia nella sfera del sacro, permangono strutturalmente immutate dalla preistoria fino alle soglie della contemporaneità in esplicito riferimento al perdurare di determinati regimi esistenziali come pure di precisi limiti fisiologici; e rilevato che: la langue simbolica umana, tanto a livello del vocabolario che delle regole grammaticali, non consente infiniti processi di trasformazione e ricombinazione, menchemmai di cancellazione, degli elementi strutturali quali certamente sono quei simboli, pervenutici dalla più lontana preistoria, fondati sui processi esperienziali; quei simboli che Jung, partendo da diversi e non completamente condivisibili presupposti, definiva archetipi dell’inconsio collettivo672, e che noi A. Marignan, Études sur la civilisation française, t. II. Le culte des Saints sous les Mérovingiens, Librairie É. Bouillon, Paris 1899; P. Brown, Il culto dei santi. L’origine e la diffusione di una nuova religiosità, Einaudi, Torino 1983; R. Lane Fox, Pagani e cristiani, Laterza, Roma-Bari 1991; E. R. Dodds, Pagani e cristiani in un’epoca di angoscia. Aspetti dell’esperienza religiosa da Marco Aurelio a Costantino, La Nuova Italia, Firenze 1993; G. G. Stroumsa, La fine del sacrificio. Le mutazioni religiose della tarda antichità, Einaudi, Torino 2006. Cfr. anche J. Hubert, Sources sacrées et sources saintes, in «Comptes Rendue de l’Académie des inscriptions et Belles-Lettres», 4. 111 (1967), pp. 567-573. 672 C. G. Jung, Gli archetipi dell’inconscio collettivo, Boringhieri, Torino 1977; Id., I simboli della trasformazione: analisi dei prodromi di un caso di schizofrenia, Bollati Boringhieri, Torino 1992. Cfr. G. G. Durand, Le strutture antropologiche…, cit. 671 257 invece, a partire dall’osservazione delle dinamiche della trasmissione culturale, possiamo ben riconoscere come indistruttibili archetipi dell’immaginario religioso e delle prassi cultuali in quanto “archetipi esperienziali” ossia “culturali”. Culti delle acque nel medioevo È stato osservato, in particolare dai detrattori delle “continuità” delle pratiche e delle credenze religiose, che le parole di condanna verso le “superstizioni” e le tante pratiche religiose “eterodosse” della religiosità popolare contenute in Atti conciliari e sinodali, inchieste, sermoni e trattati di parte clericale appaiano spesso come meccaniche e quasi obbligatorie riproduzioni formulari senza nessun concreto aggancio alle realtà coeve673. Qui di seguito qualche significativo esempio: «non licet compensus in domibus propriis nec pervigilius in festivitates sanctorum facere nec inter sentius aut ad arbores sacrivos vel ad fontes vota dissolvere, nisi, quicumque votum habuerit, in ecclesia vigilet et matricolae ipsum votum aut pauperibus reddat nec sculptilia aut pede aut hominem ligneo fieri penitus presuma»674; «[…] sed cultores idolorum, veneratores lapidum, accensores facularum et excolentes sacra fontium vel arborum admonemus, ut agnoscant quod ipsi se spontaneae mortis subiciunt qui diabolo sacrificare videntur»675; «Pro qua re nec arbores debent Christiani vota reddere nec ad fontem orare, si se volunt per gratiam Dei de aeterno supplicio liberari. […] Denuntio, ut nec ad illa diabolica convivia, quae aut ad fanum fontesque, aut ad aliquas arbores fiunt, veniatis»676; «[…] ne ullus in festivitate sancti Iohannis aut in fontibus aut in paludibus aut in fluminibus nocturnis aut matutinis horis se lavare praesumat: quia ista infelix consuetudo adhuc de paganorum observatione remansit»677; «Nullus christianus ad fana vel ad petras, 673 Un interessante repertorio di formule di condanna delle superstitiones in A. Marignan, Études…, cit., passim. 674 Concilium Autissiodorensis, can. 3, M. G. H. Leges, Concilia aevi Merovingici, p. 179. 675 Concilium Toletanum duodecimum, can. XI, PL t. LXXXIV, pp. 478479. 676 Sancti Cesarii Arelatensis, Sermones, LIV, 5-6, Corpus Christianorum. Series Latina, CIII, Turnholti 1953, p. 239 677 Ivi, XXXV, 4, Corpus Christianorum…, cit., p. 146. 258 vel ad fontes, vel ad arbores aut ad cellos, vel per trivia luminaria faciat aut vota reddere praesumat. […] fontes vel arbores, quos sacros vocant, succidite; pedum similitudines, quos per bivia ponunt, fieri vetate, et ubi inceneritis, igni cremate»678; «[…] illisque non dissimiles, qui salutis, quae a solo Deo datur, causa, ritu sacrilego ad fontes vel arbores reddunt vota pro commodis terrenis, ipsam potius terram quam eum precari studemus, qui fecit coelum et terram»679. Rispetto alle questioni accennate in apertura del paragrafo, si potrebbe anzitutto rilevare che, a fronte della non discussa continuità delle prassi e delle forme della vita materiale (si pensi agli immodificati tempi della produzione agro-pastorale e alla conti680 nuità delle tecniche e degli strumenti relativi) , il disconoscimento di forme di continuità ideologica e delle relative articolazioni performative viene ad assumere un valore assai discutibile; d’altra parte, segnalare il carattere formulare della letteratura medioevale nonché il costante e talora esplicito riferimento all’auctoritas delle fonti antecedenti pur nel sotteso riferimento a realtà effettuali681; infine osservare che, pur nella vaghezza e genericità dei riferimenti alle concrete pratiche cultuali, la presenza della loro esplicita condanna in documenti pubblici e ufficiali, non può avere il carattere dell’assoluta gratuità. Un atteggiamento meno dubitativo, in ogni caso, deve essere assunto di fronte a documenti “laici” a carattere normativo, che pure intervengono sulla materia religiosa, quali i Capitolari carolingi o le normative liutprandee. Se in questi leggiamo parole di condanna e financo sanzioni specifiche verso pratiche cultuali ritenute esecrande, possiamo ben ritenerci di fronte a un chiaro documento della esistenza/persistenza di forme di culto di ascendenza precristiana: «item de arboribus vel petris vel fontibus, ubi aliqui stulti luSancti Eligii, Sermones, PL t. LXXXVII, pp. 528-29. Ratherii veronensis episcopi, Opera omnia, cap. 155, PL t. CIV, p. 304. 680 A. Carandini, Archeologia e cultura materiale. Lavori senza gloria nell’antichità classica, De Donato, Bari 1975; F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo (secc. XV-XVIII), Einaudi, Torino 1982; J.-M. Pesez, s. v. Cultura materiale, in Enciclopedia Einaudi, vol. IV, Einaudi, Torino 1978, pp. 271-305. 681 Cfr. M. Zimmermann, Auctor et auctoritas: invention et conformisme dans l’écriture médiévale (Actes du Colloque de Saint Quentine-en-Yvelines, 14-16 juin 1999), Librairie Droz, Genéve 2001. 678 679 259 minaria vel alias observationes faciunt, omnino mandamus, ut iste pessimus usus et Deo execrabilis, ubicumque inveniatur, tollatur et distruatur»682; «Si quis ad fontes aut arbores vel lucos votum fecerit aut aliquid more gentilium obtulerit et ad honorem daemonum comederit, si nobilis fuerit solidos sexaginta, si ingenuus triginta, si litus quindecim. Si vero non habuerint unde praesentaliter persolvant, ad ecclesiae servitium donentur usque dum ipsi solidi solvantur»683. E pure nelle leggi promulgate da Liutprando re dei Longobardi, si comminano pene a coloro: «qui ad arborem, quam rustici Sanctivam vocant, atque ad fontanas adoraverint, aut sacrilegium, vel incantationem fecerint»684. Materiali sufficienti questi, insieme alle evidenze archeologiche, a sostenere che nell’Alto Medioevo, in continuità culturale con il mondo antico, «presso sorgenti e fonti, alle quali erano attribuite spesso funzioni taumaturgiche e curative, esistevano templi ma anche luoghi di culto all’aperto, dove le genti accorrevano per pregare, per chiedere o sciogliere un voto, per offrire doni alle divinità»685. Fenomeni questi che resistevano anche in ambiente urbano dove l’azione della Chiesa doveva essere certamente più diretta e tempestiva. Talché progressivamente la Chiesa abbandonò le posizioni estremamente rigide dei primi secoli dell’evangelizzazione, che vedevano le condanne tradursi in distruzioni dei luoghi di culto e in dure sanzioni verso coloro che li praticavano, risolvendosi a «conservare la sacralità dei luoghi, riconvertendoli al culto cristiano e offrendo dunque una valida alternativa ai populi rurali e a tutti coloro che erano soliti visitare quei luoghi»686. Di questa politica di compromesso, oltre che a testimonianze come la ben nota lettera di Gregorio Magno (XI, 56) sulla riconsacrazione dei luoghi di culto pagani ai Santi martiri, si trovano evidenti e numerose conferme nei contesti archeologici «da Oriente ad Occidente, dalle 682 Admonitio generalis del 23 marzo del 789, art. 65, Monumenta Germaniae Historica. Legum Sectio II. Capitularia Regum Francorum, t. I, Karoli Magni Capitularia, Hannover 1883, p. 59. 683 Capitolatio de partibus saxoniae, art. 21, Monumenta Germaniae Historica, cit., p. 69. 684 Lex XXX, lib. VI, cit. in L. A. Muratori, Dissertazioni sopra le antichità italiane, presso Giuseppe Raimondi, Napoli 1753, vol. III, p. 223. 685 P. G. Spanu, Fons vivus…, cit., pp. 9-10. 686 Ivi, pp. 10-11. 260 regioni mediterranee dell’Africa all’Europa centro-settentrionale e alle isole del Mare del Nord»687. Se dunque le continuità fenomenologiche e semantiche della sfera religiosa vanno riferite alla perduranza delle forme di vita e delle ideologie a queste connesse e al continuo e ineluttabile riferimento a codificazioni simboliche profondamente radicate nell’immaginario cultuale, è anche grazie alla complessa opera di assorbimento e ridefinizione delle forme religiose pre-cristiane da parte della Chiesa che nelle credenze e nelle pratiche religiose popolari si possono tutt’oggi rinvenire “parole” se non intere “frasi” riconducibili alla più antica lingua dell’homo religiosus. La Chiesa, infatti, scrivendo nuove storie con antichi materiali, ha operato una complessa e sistematica risignificazione e rifunzionalizzazione di culti, pratiche e credenze in continua dialettica con le tradizioni locali, e contribuito a consentirne, almeno a livello fenomenologico, il protrarsi nel tempo; sostenuta, nel caso specifico, da un simbolismo delle acque già presente nell’Antico Testamento, nei Vangeli e nelle successive dotte elaborazioni della letteratura patristica nonché dal suo corredo liturgico ed extraliturgico di acque battesimali, acque lustrali, acque benedette688. Ivi, p. 13. Un’analisi esemplare della questione in J.-C. Schmitt, Il santo levriero…, cit., in part. pp. 17-51. Si veda, più in generale: Id., Medioevo…, cit.. 688 L’antico simbolismo dell’immersione/lavacro purificatorio e rigeneratore nell’acqua, già formalizzatosi in ambito misterico (Apuleio, Metam., XI; Clemente Alessandrino, Strom. V, 71, 72), fu arricchito dal cristianesimo di nuove valenze religiose attraverso la lettura del Vecchio e del Nuovo Testamento (cfr. F. Cabrol, Dictionnaire d’Archéologie Chrétienne et de Liturgie, 18 voll., Letouzey et Ané, Paris 1921, vol. IV, 1, coll. 1680-1690). I Padri della Chiesa, infatti, sfruttarono i valori del simbolismo acquoreo diffusi nei sistemi religiosi precedenti reinterpretandoli all’interno del mistero della Redenzione (Cfr. F. Cocchini, Dizionario patristico e di Antichità cristiane, 3 voll., Marietti, Casale Monferrato 1983-1988, vol. I, coll. 38-41). È San Paolo nell’Epistola ai Romani (VI, 4) a riconoscere che se mediante il Battesimo «abbiamo partecipato, per imitazione, alla sua morte, parteciperemo egualmente alla sua resurrezione» (cit. in M. Eliade, Trattato…, cit., p. 203). Ancor più esplicitamente San Giovanni Crisostomo scrive che il Battesimo: «rappresenta la morte e la sepoltura, la vita e la resurrezione […]. Quando immergiamo la testa nell’acqua come in un sepolcro, il vecchio uomo è sommerso e sepolto tutto intero; quando usciamo dall’acqua, l’uomo nuovo simultaneamente appare» (Ivi, p. 204). E San Cipriano di Cartagine, oratore pagano convertitosi al cristianesimo, nel III secolo descrive così la sua 687 261 Culti delle acque nel folklore europeo La letteratura folklorica europea fornisce numerose attestazioni di fonti, sorgenti, pozzi le cui acque sono ritenute possedere qualità miracolose e/o terapeutiche nonché di credenze e pratiche rituali connesse ad acque marine, fluviali, di fonte689. Tra le più evidenti testimonianze di usi delle acque in chiave magico-religiosa possono essere ricordate la pratica di immergersi/aspergersi nei fiumi o in mare (e di aspergere/immergere il bestiame con/in queste acque) la notte di San Giovanni o dell’Ascensione, i pellegrinaggi che prevedono il raggiungimento di una sorgente o di un pozzo, ritenuti in possesso di virtù medicamentose, siti in prossimità o all’interno di un Santuario, per berne le acque o aspergersi con esse690. Nella più esperienza: «alla fine decisi di chiedere il battesimo. Scesi in quelle acque che danno la vita e tutte le macchie del mio passato furono cancellate. Affidai la mia vita al Signore; egli purificò il mio cuore, e mi riempì del suo Santo Spirito. Ero rinato. Ero un uomo nuovo» (cit. in E. Rees, Simboli cristiani e antiche radici, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1994, p. 67). 689 Tra gli altri: P. Sébillot, Riti precristiani nel folklore europeo, Xenia, Milano 1990 [1908], passim; Id., Traditions et superstitions de la Haute-Bretagne, t. I, Maisonneuve et Larose, Paris 1967, pp. 65 ss.; J. Caro Baroja, La estación de amor…, cit., pp. 156-184; A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo, Remo Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1910, pp. 281-302; G. Pitrè, Acque miracolose in Sicilia. Spigolature, in «Archivio per lo studio delle tradizioni popolari», vol. XV, Clausen, Torino-Palermo 1896, pp. 56-67; Id., Medicina popolare siciliana, C. Clausen, Torino-Palermo 1896, pp. 13-14; Id., Feste patronali…, cit., pp. 413-421 e pp. 488-494; Id., Spettacoli e feste…, cit., pp. 257 ss. e 288 ss.; S. Salomone Marino, Costumi e usanze dei contadini di Sicilia, Remo Sandron, Palermo 1897; A. Vecchi, Riti del fuoco e dell’acqua nel folklore del Basso Veneto, estr. da «Ateneo Veneto», II, n. 2 (1964), p. 12; K. Weinhold, Die Verehrung der Quellen in Deutschland, Verlag der Königlichen Akademie der Wissenschaften, Berlin 1898; W. Bauer, S. Golowin, C. Zerling, Heilige Quellen, Heilende Brunnen: Ein kulturgeschichtlicher Reiseführer zum Wasser des Lebens, Verlag Neue Erde, Saarbrücken 2009. 690 Cfr. G. Pitrè, Antichi usi e credenze popolari siciliane nella festa di S. Giovanni Battista, Tipografia del Giornale di Sicilia, Palermo 1873; Id., Spettacoli e feste…, cit., pp. 288 ss.; J. Caro Baroja, La estación de amor…, cit., pp. 166184; M. Kasterska, La Saint-Jean en Pologne, in «Nouvelle revue des traditions populaires», n. 2 mars-avril (1950), pp. 162-173; V. Lanternari, Preistoria e folklore…, cit., pp. 165 ss.; V. Petrarca, La festa di San Giovanni Battista a Napoli nella prima metà del Seicento, “Quaderni del Servizio Museografico della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo”, n. 4, Università di 262 parte dei casi tali poteri miracolosi sono attribuiti all’intercessione di Santi cristiani, particolarmente a Sante o Madonne, ma si registrano situazioni in cui la “potenza” delle acque si presenta come indipendente da queste figure o solo parzialmente riferibile ad esse. D’altra parte, come s’è visto, le pratiche e le credenze correlate alle acque sembrano ampiamente potersi riconoscere come saperi e usi cultuali «qui vraisemblablement ont succédes à un culte plus ancien»691, seppure non mancano i casi in cui nessuna evidenza consente di fare riferimento a un così remoto passato invitando, piuttosto, a ritenere la loro origine «purement chrétienne et indépendante de toute tradition païenne antérieure»692. Palermo - Facoltà di Lettere e Filosofia, Palermo 1986. Presso i popoli baltici «all’inizio dell’estate, durante la festa del sole (l’odierna notte di san Giovanni), il popolo nuotava nelle acque sacre per mantenersi sano e i giovani per sposarsi presto» (M. Gimbutas, I Balti, Il Saggiatore, Milano 1967, p. 12). 691 P. Sébillot, Traditions et superstitions…, cit., p. 67. La derivazione delle pratiche rituali folkloriche da riti precristiani, talora in termini di vera e propria continuità, è sostenuta dalla più parte degli autori che, a riprova dell’ipotesi, segnalano da un lato l’attestato culto delle acque nella protostoria europea e nel mondo antico, dall’altro la rifunzionalizzazione cristiana, particolarmente medievale, di luoghi di culto (fonti, pozzi, ecc.) precedenti (cfr. A. Desforges, Survivances. Les Sources païennes et les Pierres pertuses christianisées du Morvan. Leurs vertus curatives. Leurs légendes, in «Bulletin de la Société préhistorique française», n. 6 t. 15 (1918) pp. 301-308; A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo, cit., p. 296; J. Caro Baroja, La estación de amor…, cit., pp. 156-157. Cfr. anche C. Seignolle, J. Seignolle, Le folklore du Hurepoix. Traditions populaires de l’Ilede-France, ancienne Seine et Seine-et-Oise, Maisonneuve & Larose, Paris 1978, pp. 254-255 che pure osservano come in certi casi si debbano «admettre des formations autonomes de cultes locaux au cours du moyen âge» (p. 255). A titolo d’esempio riportiamo quanto scrive A. Cadet: «Alors prêtres et évêques, voyant qu’en dépit de leurs édits et de leur menaces le peuple persistait, sobstituèrent le culte des saints chrétiens à celui des dieux et des déesses primitifs des fontaines. De même qu’ils avaient bâti des églises catholiques aux Ve et VIe siècles sur l’emplacement des anciennes temples gallo-romains, ils érigèrent des chappelles près des sources; beaucoup sont devenues des églises paroissiales» (Le Culte des eaux, in «Mémoires de la Société Archéologique et Historique de la Charente», (1954), pp. 1-10, p. 2). Cfr. L. Bonnard-E. Percepied, La Gaule thermale, sources et stations thermales et minérales de la Gaule à l’époque gallo-romaine, Plon, Paris 1908, p. 140; J. Hubert, Sources sacrées, cit., p. 568. 692 J.-L. Cadoux, Eau sainte et eau sacrée. De sainte Colette de Corbie aux magiciens d’Egpte, in «Revue de l’histoire des religions», t. 178 (1970), n. 1, pp. 25-48. L’autore tenta di dimostrare che nei casi in cui pratiche e credenze 263 Sébillot, nel suo lavoro del 1908, Le paganisme contemporain chez les peuples celto-latins, raccoglie diverse testimonianze di pratiche e credenze relative ad acque sorgive, fluviali, lacustri, marine sacralmente connotate. Molte di queste sono riferibili al tema fecondità/maternità693: presso fonti e sorgenti, infatti, si spingevano folkloriche sembrino rinviare al passato, si deve fare riferimento alla “permanence du symbolisme de l’eau” piuttosto che a “persistances historiques”. Secondo Cadoux, infatti, ogni “rassemblances” va spiegata in riferimento al riprodursi di analoghe condizioni materiali dell’esistenza e non a supposte eredità culturali trasmessesi attraverso i secoli senza soluzioni di continuità. Un atteggiamento assai critico rispetto alla continuità dei culti acquorei dall’epoca pre-romana alla contemporaneità ha J. Scheid (Le culte des eaux et des sources dans le monde romain, Cours du Collège de France, année 2007-2008, pp. 621-634) che ritiene questo approccio «héritée de l’époque romantique et nationaliste» cui si è aggiunto, più di recente, «celui de la phénomenologie religieuse, telle qu’elle s’est diffusée sous l’influence des oeuvres de Mircea Eliade» (p. 622). Cfr. A. Vauchez, Reliquie, santi e santuari, spazi sacri, in Id., Storia dell’Italia religiosa. 1. L’Antichità e il Medioevo, Laterza, Roma-Bari 1993, pp. 455-483: 469 e 471. 693 Un’ampia rassegna di culti acquorei femminili relativi all’ottenimento di una gravidanza in: B. Caulier, L’eau et le sacré…, cit., pp. 72 ss. In proposito è interessante rilevare la credenza in acque latrici di bambini. Così, fino al secolo scorso, nel Dipartimento della Mosella dove «c’est une source ou une fontaine, qui est considérée comme lieu de provenance des nouveau-nés» (M.-L. Tenèze, Le folklore des eaux dans le département de la Moselle, in «Revue des Traditions populaires», n. 2 mars-avril (1950), pp. 134-161: 134 s.). Cfr. A. Dieterich, Mutter Erde. Ein Versuch über Volksreligion,Teubner, Leipzig-Berlin 1905, p. 19, nota 1. Che le acque fluviali o marine fossero il o uno dei luoghi di provenienza dei nuovi nati si dava a credere ai bambini di alcuni paesi italiani: così a Delia (Cl) «Non è raro il caso in cui si dice che il bimbo è stato trovato in mezzo al grano, sotto un grosso albero, nell’orto o aggrappato ad una pietra del vicino fiume. Infatti, si spiega, i neonati, specie nei periodi di piena, dal mare di Licata risalgono il fiume Salso e di qua il vicino fiume Delia (o Gibbesi), suo affluente» (L. La Verde, Folklore di Delia, Tip. Lussografica, Caltanissetta 1998 [rist. della Tesi di Laurea, Folklore di Delia, rel. G. Cocchiara, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Palermo, a. a. 1953-54 ], p. 51). La credenza che i bambini provengano dalle sorgenti o dalle pozze d’acqua si rinviene anche nel folklore baltico (M. Gimbutas, I Balti, cit., p. 187. Sull’argomento si veda G. Cocchiara, “Come si nasce”. Sopravvivenze delle credenze primitive sulla maternità nelle tradizioni popolari, in «Lares», a. VII, 1936, n. 4. Sul rapporto tra acque e infanzia va pure segnalata la credenza nel potere di alcune fonti di reintegrare/risanare i bambini mala- 264 le donne che non riuscivano ad avere figli per berne le acque e/o aspergersi con esse, recitando specifiche formule e preghiere, e recando con sé vari oggetti votivi e, talora, delle vere e proprie offerte694. In Veneto, le donne che non riuscivano a divenir gravide e desideravano un figlio si recavano presso le polle di Lagole per bagnarsi nelle loro acque695; non diversamente accadeva a San Valerio en Oñate: «En la cueva de San Valerio, existe un manantial de agua muy fría que se recoge en un depósito, donde las mujeres casadas, pobres y ricas, que se creen estériles, toman un baño para conseguir la fecundidad»696. Altrove, come ad Aranmore, nelle isole Aran, «le donne che desideravano avere figliuoli» si recavano presso i pozzi sacri appendendo brani di abiti sui cespugli e gli alberi antistanti697; in Serbia, alle acque correnti, le donne offrivano, invece, «del vino e un dolce impastato da loro stesse»698. Più raramente erano gli uomini che recavano le loro offerte alle sacre acque. Così, sempre ad Aranmore, presso il pozzo adiacente alla chiesa dei quattro Santi Comely: «Gli uomini vengono qui quando vogliono figlioli. Ai rovi e all’edera che lo ricoprono sono legati pezzi di tela e di velluto, corde di frusta ecc., e nel pozzo stesso sono numerosi bottoni, 699 ami, chiodi e pezzi di stoviglie, di vetro, ecc.» . ticci (cfr. D. Caiazza, Le “fontane dei bambini” e altri culti e tabù delle acque in Terra di Lavoro. Cenni sulla natura e le motivazioni delle offerte votive, in H. Di Giuseppe, M. Serlorenzi, a cura di, I riti del costruire nelle acque violate, Scienze e Lettere, Roma 2010, pp. 245-268). Più in generale sulla relazione tra “entità femminili non umane” e infanzia e in particolare sulla “sostituzione/conversione” di bambini malati con/in bambini sani si veda E. Guggino, Fate, sibille e altre strane donne, con scritti di G. Angioni, E. Buttitta, N. Cusumano, D. Settineri, Sellerio, Palermo 2006. 694 Tra gli oggetti “votivi” numerosi sono i capi di abbigliamento o parti di questi che lasciano supporre come attraverso tale gesto si «volesse liberare, per contatto, il corpo dal male» trasmettendolo all’acqua. «Spesso interpretati come ex voto, in quanto ritrovati dopo il rito sul luogo del pellegrinaggio, i vestiti, le fasce, le scarpette che rimangono in loco sono in realtà preliminari alla guarigione e non segni di riconoscenza» (J.-C. Schmitt, Il santo levriero…, cit., p. 101). 695 L. Capuis, Acqua nel culto…, cit., p. 147. 696 J. Caro Baroja, La estación de amor…, cit., p. 160, n. 37. 697 A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo…, cit., p. 287. 698 P. Sébillot, Riti precristiani…, cit., p. 14. Cfr. A. Seppilli, Sacralità dell’acqua e sacrilegio dei ponti, Sellerio, Palermo 1977, p. 56. 699 A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo…, cit., p. 288. 265 Non di rado, oltre a bere, le donne si immergevano nelle polle d’acqua o vi si bagnavano il seno700. Gesto quest’ultimo più diffusamente praticato per stimolare la produzione del latte, come ampiamente testimoniato dallo studio di Corrain, Rittatore e Zampini sulle fonti galattofore e dai lavori di Dini sui culti acquorei femminili701. Così accadeva a Sos, nelle Landes, dove scorreva la fontana di Las poupettes che aveva la «proprietà di restituire il latte alle nutrici che la bevevano dopo aver dedicato un’offerta e una preghiera alla Madonna»702; così a Lanty, a Onlay e in altre località del Morvan, dove la sacra fonte «donne du lait aux nourrices qui vont y laver leur poitrine»703. Non diversamente accadeva in Portogallo dove le donne che non avevano latte si recavano a bere presso la fonte do Leite, offrendo alle acque del pane, del vino, del lino704. Per l’Italia, in proposito, possono essere ricordate alcune tradizioni campane, toscane e abruzzesi. Nella Grotta di San Michele, in comune di Liberi (Caserta), nel corso della festa del patrono, le gestanti provenienti dai paesi circonvicini si recavano processionalmente presso la grotta e strofinavano le mammelle su due stalattiti gocciolanti convinte così di stimolare la produzione del latte a favore del nascituro705; in Toscana si rinvengono numerose fonti, sorgenti e “pocce lattaie” cui sono attribuite proprietà galattofore e presso le quali, pertanto, le donne si recavano per bere e aspergersi con le loro acque nel corso dell’allattamento. Tra queste quella della Madonna del Parto di Monterchi che vedeva le donne bere o bagnarsi nelle acque che scorrono nei pressi della cappella706. Nell’Aretino, segnala Batini, «ci sono sorgenti, come la ‘fonte lattaia’ che sgorga nella campagna di Pastina, presso Monte San Savino, che gli uoCfr. P. Sébillot, Riti precristiani…, cit., p. 31. C. Corrain, F. Rittatore, P. Zampini, Fonti e grotte lattaie nell’Europa Occidentale, in «Etnoiatria», vol. I (1967), n. 2, pp. 31-39; V. Dini, Il potere…, cit. e V. Dini, L. Sonni, La Madonna del Parto. Immaginario e realtà nella cultura agropastorale, Ianua, Roma 1985. 702 P. Sébillot, Riti precristiani…, cit., p. 31. 703 A. Desforges, Survivances…, cit., p. 302. 704 P. Sébillot, Riti precristiani…, cit., p. 31. 705 A. Piciocchi, M. Benelli, M. De Nardellis, a cura di, Viaggio nella Napoli sotterranea per l’incontro rituale nel mondo dei morti (Atti II Convegno nazionale di Speleologia Urbana), C. A. I. Napoli, Napoli 1985. 706 V. Dini, La Madonna del Parto…, cit. 700 701 266 mini hanno sempre ritenuto benefiche per cause sovrannaturali e presso le quali, in ogni tempo, hanno lasciato un dono, quale compenso del servizio ricevuto […]. L’antica polla prese il nome di Madonna del Latte, ma anziché idoli o mucche di bronzo si guadagnò nuovi ex voto consistenti in spille, catenine, anelli, corone del Rosario, nonché offerte in monete»707. In Abruzzo i santuari di Sant’Agata di Castelvecchio Subequo e di San Domenico di Villalago sono tutt’oggi meta di pellegrinaggi diretti a cercare un contatto con le acque terapeutiche, particolarmente efficaci in caso di ipogalattia. In particolare presso quello di Sant’Agata, che come accertato dagli scavi ivi condotti negli anni Venti sorge su un tempietto dedicato ad Ercole Vincitore, le donne si recano in occasione della festa del 4 febbraio portando con sé pani votivi in forma di mammella, le pagnottelle. Giunte sul luogo, previa benedizione e distribuzione dei pani ai fedeli presenti, esse si immergono nelle acque della fonte e pure ne bevono ritenendo così di poter aumentare la montata lattea o di guarire da altre patologie del seno708. A certe acque erano, d’altra parte, ampiamente ascritte assai più ampie virtù propiziatorie e segnatamente terapeutiche, come esemplarmente resta a testimoniare il Santuario di Lourdes709. In caso di rachitismo, ai bambini veniva fatta bere l’acqua raccolta dalle sacre fonti ovvero questi vi venivano «immersi fino al G. Batini, Toscana dei miracoli, Bonechi, Firenze 1977, p. 53. Cfr. E. Di Renzo, R. Salvatore, Repertorio dei culti pellegrinali in epoca contemporanea, in G. Marucci, a cura di, Il viaggio sacro. Culti pellegrinali e santuari in Abruzzo, Andromeda, Colledara (Te) 2000, pp. 183 ss., Scheda “S. Agata”; A. Gandolfi, Alcune persistenze cultuali nelle pratiche devozionali pellegrinali, in G. Marucci , a cura di, Il viaggio sacro, cit., pp. 79-104: 96. 709 Un lungo elenco delle specifiche virtù terapeutiche riconosciute alle acque francesi in A. Cadet, Le Culte des eaux…, cit., pp. 3 ss. Le virtù salutifere delle acque erano anche utilizzate a beneficio del bestiame. Così a Kennethmont, nell’Aberdeenshire, la virtù della locale sorgente ferruginosa «As was invoked not only for human beings, but for cattle, the tribute consisted of ‘part of the clothes of the sick and diseased, and harness of the cattle’» (J. Sidney Hartland, The Legend of Perseus: A Study of Tradition in Story, Custom and Belief, 3 vols, D. Nutt, London 1894-1896, vol. II. The Life-Token (1895), p. 203. Che le acque sacre o sacralizzate da una speciale occorrenza calendariale possano essere utilizzate anche a beneficio degli animali è fatto altrove attestato: cfr. J. Caro Baroja, La éstacion d’amor…, cit., pp. 178-179. 707 708 267 collo»710. Non diversamente si procedeva per guarire i bambini dall’herpes, dai foruncoli e da varie altre patologie ma anche per proteggerli da attacchi stregoneschi e dal malocchio711. Scrive in proposito Sébillot: «anche oggi i fiumi del centro della Francia, tra la Saona e la Loira, sono oggetto di pratiche che si rivolgono direttamente a loro come a esseri divini per la guarigione di varie malattie e soprattutto della febbre»712 e altrove rileva l’ampio concorso di pellegrini alle fonti allo scopo di guarire i propri figli da molteplici disturbi: così presso la fontana di Saint-évent en la Malhoure, nel cantone di Lamballe in Bretagna, «au dessus de la fontaine sont suspendues comme ex-voto plusieurs bonnets d’enfants qui ont été guéris par la vertu de ses eaux»713; così, come segnalano Claude e Jacques Seignolle, in Hurepoix: «la grand’mère de notre informatrice a vu des gens venir, des environ de Dourdan et d’Auneau, boire de l’eau d’une source située aux Vaux-deCernay, pour se guérir des fièvres intermittentes»714; così a Belper nel Derbshire, dove la gente accorreva all’uopo presso il “Pozzo di Nostra Signora” «portando non solamente i bicchieri per bere l’acqua ma anche dei boccali per portarne a casa una provvista. Si vedono delle persone ammalate bagnare le loro membra nella fredda acqua corrente, e si sente dire che con ripetute applicazioni ne abbiano benefizio»715. Per l’Italia, oltre che diversi casi siciliani e sardi (cfr. infra), ricordiamo quanto emerso nel corso di una recente ricerca sui culti pellegrinali abruzzesi. Numerosi tra questi sono, infatti, diretti a assumere o a cercare un contatto con acque ritenute terapeutiche e miracolose: così è presso il santuario del Beato Nunzio Sulprizio di Pescosansonesco edificato nel 1934 su una precedente cappella dedicata al Sacro Cuore di Gesù che inglobava una sorgiva. Qui numerose compagnie di fedeli giungono in pellegrinaggio il 5 maggio per assistere alla funzione religiosa: «un’importante tappa del percorso pellegrinale è costituita dalla sorgente di Riparossa che sgorga dietro l’altare maggiore. L’acqua viene prima bevuta con l’ausilio di mestoli da cucina in bronzo, P. Sébillot, Riti precristiani…, cit., p. 48. Cfr. ivi, p. 56. 712 Ivi, p. 85. 713 P. Sébillot, Traditions et superstitions…, cit., p. 69. 714 C. Seignolle, J. Seignolle, Le folklore du Hurepoix…, cit., p. 256. 715 A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo…, cit., p. 285. 710 711 268 quindi versata in bottiglie da conservare. Si ritiene che le proprietà taumaturgiche di cui essa gode siano state acquisite per aver lavato e deterso le ferite del giovane Nunzio»716. Analogamente avviene presso l’eremo di San Bartolomeo di Roccamorice dove i pellegrini si recano per bere e per raccogliere entro bottiglie da utilizzare al bisogno le acque che scaturiscono da una sorgente che sgorga dal pavimento della chiesetta; acque ritenute particolarmente efficaci nel caso di febbri ostinate e per cicatrizzare le ferite717. Non diversamente avviene presso i santuari della Madonna delle Grazie di Monteodorisio e della Madonna dello Splendore di Giulianova718. La donazione/consegna di un’offerta votiva alle acque miracolose assume spesso, come s’è visto, la forma di spilli, bottoni, monete, capi di vestiario o porzioni di questi. Sèbillot fa cenno a diverse di tali occorrenze per la Francia e altre regioni d’Europa719; pure le segnalano i Seignolle per l’Hurepoix: «on va encore de nos Jours à la source de Sainte-Geneviève-des-Bois pour guérir les enfants des convulsions et des fièvres. Le femmes y allaient autrefois, pour avoir des enfants. On jetait des sous et des bouquets, ou bien l’on accrochait, aux murs, des vêtements d’enfants, à guérir»720; Cadet rileva analogo comportamento in altri contesti francesi: «dans la Font-de-guérison de saint-Quentin-de-Chalais, le rhumatisants doivent jeter un cent d’épingles ou des pèces de monnaie. Dans la Font-de-Moutonneau, on jette également des épingles après la prières d’usage pour guerir le mal caduc»721; Hartland osserva largamente sparse in Europa le pratiche «of throwing pins into sacred wells» e di «of tying rags or leaving portions of clothing upon a sacred tree or bush, or a tree or bush overhanging, or adjacent to, a sacred well, or of depositing them in or about the well»722; più estesamente ne discute Haddon per la Gran Bretagna e l’Irlanda, E. Di Renzo, R. Salvatore, Repertorio…, cit., Scheda “Beato Nunzio Sulprizio”. 717 A. Gandolfi, Alcune persistenze cultuali, cit., p. 87. 718 Cfr. E. Di Renzo, R. Salvatore, Repertorio…, cit., Schede “Madonna dello Splendore” e “Madonna di Monteodorino”. Bagni rituali a scopo terapeutico si segnalano anche per San Franco a Assergi. 719 P. Sébillot, Riti precristiani…, cit., passim. 720 C. Seignolle, J. Seignolle, Le folklore du Hurepoix…, cit., p. 260. 721 A. Cadet, Le Culte des Eaux…, cit., p. 8. 722 J. Sidney Hartland, The Legend of Perseus…, cit., vol. II, p. 200. 716 269 segnalando anche il costume diffuso in diverse regioni di “vestire” o adornare con ghirlande di fronde e di fiori i pozzi e le fonti723: «sulla parte montuosa di Rorrington Green, nella parrocchia di Chirbury, vi è un Halliwell, o Holy Well, Sacro Pozzo, ove il giorno dell’Ascensione era celebrata una festa. Il pozzo era adornato con un pergolato di rami, cespugli verdi e fiori, e vi si impiantava un maio. Il popolo ‘era solito di andare intorno al monte con pifferi e tamburi, suonando il violino, ballando e scherzando finché giungeva al pozzo’. Gettavano allora entro il pozzo degli spilli, come porta fortuna e preservativo contro le malie, e bevevano anche un po’ di quell’acqua. Mangiavano quindi delle focacce, che erano delle ciambelle piatte e rotonde, segnate con una croce. Si supponeva che il conservarle portasse fortuna. La festa si dice sia stata abolita verso il 1832 o 1834»724. L’esistenza di Pin-wells, Pozzi da spilli, è segnalata da Haddon in altre regioni delle isole britanniche sulla scorta di folkloristi locali: «Henderson c’informa che le contadinelle immaginano che il pozzo sia curato da una fata o da uno spirito che occorre propiziarsi con qualche offerta, e lo spillo si presenta come l’offerta più facile e conveniente a parte poi che l’essere fatto di metallo gli conferisce una speciale idoneità»725. Insieme agli spilli, s’è visto, 723 Caro Baroja segnala il costume di adornare le fonti nella notte di San Giovanni, insieme a quello di berne le acque, come diffuso presso «bastantes pueblos del Norte de la provincia di Palencia» (La estación de amor…, cit., p. 179). Va qui segnalato che in occasione dei Fontinalia, il 13 ottobre, festa dedicata a tutte le sorgenti e ai pozzi: «alle une si lanciavano corone di fiori; agli altri si deponevano accanto» (A. Seppilli, Sacralità dell’acqua…, cit., p. 55. Cfr. Varro, L. L., VI, 22). 724 A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo…, cit., pp. 283-284. Tra i numerosi studi sui pozzi sacri in area britannica, si segnalano: R. C. Hope, Legendary Lore of the Holy Wells of England Including Rivers, Lakes, Fountains and Springs, Stock, London 1893; M. Quiller-Couch, L. Quiller-Couch, Ancient and Holy Wells of Cornwall, C. J. Clark, London 1894; F. Jones, The Holy Wells of Wales, University of Wales Press, Cardiff 1954; J. Bord, C. Bord, Sacred waters. Holy Wells and Water lore in Britain and Ireland, Paladin, London 1986; A. Gribben, Holy wells and sacred water sources in Britain and Ireland. An annotated bibliography, Garland, London 1992; W. L. Brenneman, M. G. Brenneman, Crossing the circle at the holy wells of Ireland, University Press of Virginia, Charlottesville 1995. 725 A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo, cit., p. 286. Cfr. W. Henderson, Folk-lore of Northern Counties of England and the Borders, Folklore Society by W. Satchell, Peyton 1879, p. 230. 270 le offerte ai pozzi prendono la forma di “pezzi di cenci, di panno o di nastri”. Così accadeva presso il pozzo di San Kevin, tra le contee di Dublino e Wicklow, in Irlanda: «quand’io lo visitai, era tutto ornato di pezzuole. Parecchie di queste pezzuole portavano segni evidenti di essere state tolte dalle piaghe. Notai una pezzuola che era stata asportata dal punto ove il vestito portava marcato il nome del possessore, in modo che lo spirito del pozzo non potesse aver alcun dubbio riguardo all’identità del paziente»726. In diverse circostanze l’offerta consiste in delle monete, comportamento già ampiamente attestato nel mondo antico727. In qualche caso le offerte assumevano la natura di alimenti consentendo di supporre, con maggior chiarezza che in altri casi, una consapevole attivazione del circuito dono-controdono con la potenza/ entità divina che si riteneva risiedere nelle acque728. Così in Portogallo chi era affetto da febbri si recava a digiuno presso la fonte e deponeva «tre pezzi di pane sulla 729 vasca di una fontana dicendo: “mangialo, io ne ho già mangiato”» ; così a Wick, in Scozia, dove i devoti lasciavano presso la sacra sorgente «un pezzo di pane e di formaggio e una moneta d’argento, che si credeva sparissero in maniera misteriosa»730. In pane e lardo consistevano le offerte alla Ivi, p. 287. J. M. Blásquez Martínez, Le culte des eaux…, cit., p. 214. 728 Il circuito di dono e controdono sta a fondamento del rapporto dell’uomo con le entità trascendenti (I. E. Buttitta, I morti e il grano…, cit., pp. 153-155. Cfr. B. Malinowski, Diritto e costume nella società primitiva, Newton Compton, Roma 1972, pp. 51-101; A. Seppilli, Alla ricerca del senso perduto, Sellerio, Palermo 1986, pp. 13-54; M. Mauss, Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, in Id., Teoria generale della magia e altri saggi, Einaudi, Torino 1991). La perpetua reciprocità del donare fonda in ogni tempo e in ogni cultura il rapporto tra immanente e trascendente, tra uomini e dèi: in cambio di offerte di monili, statue, edifici sacri, servitù, ecc. e sacrifici di animali, alimenti, bevande, le divinità garantiranno salute e prosperità ai loro fedeli (cfr. J. Rüpke, La religione dei Romani, cit., pp. 165-166). La obbligatorietà del contraccambiare cioè, principio fondamentale della morale del dono-scambio, esperita in ambito sociale, è il modello cui si conforma il rapporto tra uomini e entità extraumane (cfr. W. Burkert, La creazione del sacro. Orme biologiche nell’esperienza religiosa, Adelphi, Milano 2003, p. 166). 729 P. Sébillot, Riti precristiani…, cit., p. 87. 730 J. Sinclair, New Statistical Account of Scotland, vol. XV, W. Creech, Edimburgh 1845, p. 161, cit. in A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo, cit., p. 290. 726 727 271 Vergine di Lichères: «lorsque les petits enfants sont malades, qu’ils languissent ou maigrissent, en un mot qu’ils sont atteints d’un mal inconnu qu’on nomme la maigrine, la mère se rend à la fontaine saint-Denis, à trois kilomètres du bourg. Aussitôt arrivée, elle se jette à genoux et, du plus profond de son coeur, prie saint Denis d’intercéder pour son enfant auprés de Dieu pour qu’il lui rende la santé […]. Sa prère achevée, elle se relève et jette dans la fontaine un bonnet ou une chemise de l’enfant qui doit rester. Si l’objet surnage longtemps, ses voeux seront exaucés. La mère, après avoir puisé de l’eau, se rend à l’eglise et, là, devant la bannière de saint Denis, renouvelle ses prières. Souvent, on termine le pèlerinage par l’assistance à une messe dit à cet effet. Quelques pèlerins déposent un morceau de lard et une miche sur l’autel de la Sainte Vierge»731. In Morvan, secondo Desforges, per liberarsi dalle febbri si ricorreva alle acque sacre, levandosi di buon mattino, recandosi presso la fonte, inginocchiandosi ai suoi bordi e recitando la formula: “Source, je t’apporte mon malheur; donne-moi ton bonheur”. Ciò detto, ci si gettava alle spalle una moneta e, in certi casi, si aggiungeva a questa offerta «un fromage blanc, des étoupes, des oeufs, ou autres objets»732. Ancor più notevole il caso segnalato da Cadet di donazione di granaglie: «à l’Etang-Rompu de Montemboeuf, les bonnes femmes goutteuses apportent une poignée de blé, de maïs ou d’avoine qu’elles déposent dans un creux de rocher, non loin de la source»733. Fatti, questi delle offerte alimentari alle fonti, che possono ben essere accostati a quanto scrive Martino di Braga: «Nam ad petras et ad arbores et ad fontes et per trivia cereolos incendere, quid est aliud nisi cultura diaboli? […] et fundere in foco super truncum frugem et vinum, et panem in fontem mittere, quid est aliud nisi cultura diaboli?» e riferiti con più evidenza a pratiche offertorie e sacrificali dirette alle divinità delle acque in cambio/in attesa di un intervento positivo. Alcune sorgive sono dotate di poteri terapeutici solo in determinati momenti dell’anno, «che coincidono in genere con il solstizio d’estate e con la festa di San Giovanni»734. Lo segnala già Frazer che rileva come l’acqua abbia avuto «una parte cospiA. Cadet, Le Culte des eaux…, cit., p. 7. A. Desforges, Survivances…, cit., p. 303. 733 A. Cadet, Le Culte des eaux…, cit., p. 8. 734 P. Sébillot, Riti precristiani…, cit., p. 88. 731 732 272 cua nei riti di mezza estate», definisce quella di San Giovanni Battista come una “festa acquatica”735 e ricorda come in Svezia «la vigilia di san Giovanni si suppone che certe sacre fonti siano allora dotate di meravigliose virtù medicinali e molti ammalati vi ricorrono per guarire delle loro infermità»736. Haddon riferisce di analoghi comportamenti per l’Inghilterra: «Grande folla di popolo d’ogni parte soleva riunirsi alle ‘Acque di Nostra Signora’ o ‘Acque Sante’ presso Long Witton nel Northumberland, la domenica di san Giovanni e la domenica susseguente, e divertirsi saltando e mangiando pan pepato (gingerbread), che era portato a vendere sul posto, e bevendo le acque della fonte. Queste acque avevano un’alta reputazione per la loro virtù; quella più ad oriente è chiamata ‘l’acqua degli occhi’, ‘Eye Well’»737. Sulla sacralità delle acque giovannee si sofferma Caro Baroja, sottolineando come i poteri benefici delle acque non siano necessariamente connessi a specifici luoghi di culto (pozzi, sorgenti, corsi d’acqua, ecc.): «Las virtudes del agua de San Juan se consideran tan extraordinaria que no es necesario recurrir a manantiales especiales sanctificados para aprovecharse de ellas: las aguas del mar, las de los ríos e incluso el rocío de los campos tienen virtudes excepcionales en la noche y en la mandrugada de este día»738. È significativo notare che se da un lato le virtù benefiche delle acque sono ascritte all’intevento del Santo, dall’altro «la creencia de que el día de San Juan salen en las fuentes ciertos númenes misteriosos, como ninfas o damas encantadas, se encuentra en muchas regiones de España»739. Così in varie località della Penisola Iberica, per curare le infermità, la vigilia di San Giovanni si andava «con los pies descalzos por la hierba húmida» e in altri «completamente desnudos» per bagnarsi con la rugiada o nei fiumi: «Los niños en muchos otros lugares se bañan en los arroyos y los enfermos de la piel en general se revuelcan desnudos en los prados, entre árboles y peñas, para coger las virtudes del rocío»; in altre, come in Galizia, si faceva il bagno presso le fonti, in specchi d’acqua dolce o in mare: «unos se lavan a las J. G. Frazer, Il ramo d’oro…, cit., p. 244. Ivi, p. 729. 737 A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo, cit., p. 285. 738 J. Caro Baroja, La estación de amor…, cit., p. 175. 739 Ivi, p. 176. 735 736 273 doce en punto de la noche, en la fuente, otros van a marea (al 740 mar) a recibir as nove olas (las nueve ondas)» ; in altre ancora, la sera della vigilia di San Giovanni, i devoti esponevano al sereno dell’acqua con petali di rosa, rosmarino, lavanda e al mattino si lavavano «con aquella agua, en la que creen hallar virtudes especiales las solteras sobre todo»741. Anche Propp ricorda come nella notte che precedeva San Giovanni Battista la rugiada fosse considerata “medicamentosa”: con questa si lavavano gli occhi quando «facevano male» e si «lavavano il viso e le mani “per scacciare qualunque malattia” e per ottenere una pelle del viso senza foruncoli né acne»742. Oltre che per San Giovanni le acque possono assumere o amplificare i loro poteri benefici in occasione di altre ricorrenze calendariali quali l’Ascensione, l’Assunzione, ecc., o per la festa del Santo patrono locale e/o del Santo dedicatario della fonte o del pozzo743. Nella più parte di questi casi il rito prende la forma di un pellegrinaggio collettivo744 con relative aspersioni nelle acque e/o ingestioni delle stesse, recitazioni di preghiere, Ivi, pp. 177-179. Ivi, p. 181. 742 V. Ja. Propp, Feste agrarie…, cit., p. 123. 743 Un repertorio di fonti ritenute dotate di poteri terapeutici solo in specifiche date in A. Cadet, Le Culte des eaux…, cit., pp. 8 ss. La credenza che acque marine, fluviali e di fonte si carichino di speciali virtù in occasione di certe ricorrenze calendariali (Natale, San Giovanni Battista, Ascensione, ecc.) ricorre in diverse aree d’Europa. 744 Cfr. B. Caulier, L’eau et le sacré…, cit., pp. 99 ss. che osserva opportunamente come «bien au-delà de la simple volonté de guérir, le malade doit accepter la catharsis éprouvante du pèlerinage, car l’éloignement augmente les chances de succès. Plus le mal est grave, plus il faut pénétrer en terre étrangère […]. Quitter son pays ou son village ne suffit pas, encore faut-il partir à pied, pour une partecipation corporelle globale, le sacrifice de la personne, son ‘immolatio’ ne pouvaint laisser le saint indifférent» (ivi, p. 100). D’altronde, come s’è già potuto osservare, l’accesso alle sacre acque prende assai spesso la forma di un percorso pellegrinale. Così ad es. in Abruzzo, così nella Penisola Iberica dove «la asociación de una romería con un manantianal de aguas de propriedades curativas es una costante» (M. Fernández Montes, El agua en las tradiciones madrileñas, in A. G. Alcantud, J. A. Malpica Cuello, a cura di, El agua. Mitos, ritos y realidades, Barcelona, Anthropos 1995, pp. 121-153: 133). Vastissima la bibliografia sul pellegrinaggio: cfr. supra nota 610. 740 741 274 offerte alle acque cui talvolta si aggiungeva l’adempimento di specifiche ritualità. A Lamenècle, presso la fonte detta Font-deguérison, accorrevano ancora a metà del Novecento i pellegrini per guarire da piaghe e dolori: «Les pèlerins arrivent en foule la veille de l’Assomption et se plongent dans l’eau jusqu’au cou. Ils ornent une petite chappelle déserte, située sur le bord de la fontaine, de verdure et de fleurs»745. Così accadeva presso la fonte di Champlâpre di Saint-Cloud, l’8 di settembre: «Des prières étaient dites à l’intention de celui ou de celle que l’on voulait guérir de la furonculose plus particulièrement. On pouvait aussi jeter des pièces de monnaie appartenant au malade dans la fontaine et dissimuler des morceax d’étoile lui appartenant dans les interstices de la muraille. Un pièce de linge pouvait être trempée dans l’eau de la fontaine qu’on emportait humide avec une provision d’eau. La pièce de linge devait être séchée dans la maison et portée par le malade qui devait aussi boire de l’eau de la fontaine de Champlâpre et s’en frotter le visage pendant les trois jours suivant la dévotion»746. Il 29 giugno, i fedeli accorrevano dalle parrocchie del circondario, scrive indignato il curato d’Avrillé, presso la locale fontana di Saint-Gré: «On voit surtout alors bon nombre d’habitants de la Tranche, d’Agles, Longeville et du Bernard (paroisses dont le sol ne fournit que de mauvaises eaux à boire), venir dans l’église d’Avrillé, prendre l’autel de la Vierge pour celui de Saint-Pierre, faire du reste aucune attention à l’autel où repose le Saint-Sacrement ni à la Sainte-Messe qu’on célébrait alors et aller ensuite à un grand tiers de lieue, boire en l’honneur de Saint-Pierre de l’eau d’un petit trou à fleur d’eau qui se trouve tout naturellement sur un bloc de grison sortant de terre et se prolongeant sur le bord d’un petit vivier boueux. Ce petit trou, qu’ils appellent la fontaine Saint-Gré, on ne sait pourquoi, c’est Saint-Pierre qu’ils invoquent, n’a pas un pouce de profondeur, on boit donc dévotement de cette eau qui doit guérir selon eux l’asthme (de la courte haleine dans leur langage), puis ils viennent, s’ils ne laissent pas même sur le rocher, déposer à l’église une petite offrande en argent et vont ensuite partager A. Cadet, Le Culte des eaux…, cit., p. 8. J. Baudet, Culte des eaux et fontaine de dévotion à Saint-Claud, in «Bulletins et Mémoires», 2e trim. (1988), avril-juin, Sociéte Archéologique et Historique de la Charente, pp. 1-9: 3. 745 746 275 le plaisir du préveil. Voilà comme on prétend honorer le patron d’une paroisse»747. Nella contea di Derry, presso lo stagno sottostante il ponte di Kilgort, detto “Turish Hole” o “Turish Lyn”, la gente accorreva per cercare sollievo a molteplici malattie: «la tradizione dice che degli zoppi siano stati guariti in quel luogo e abbiano ivi abbandonato le grucce! Se dei fanciulli deperiscono, bagnati in questo stagno, riacquistano la salute. La tradizione dice che l’immersione nello stagno è un rimedio per tutte le specie di malattie, comprese le cefalgee. La data delle cerimonie è May Eve (la vigilia di maggio), nel qual giorno le persone bisognose di cura bagnano nell’acqua il proprio corpo e la parte malata e recitano qualche preghiera. Le offerte, che sono di varia sorta, sono lasciate in un cespuglio adiacente il lyn. Spesso è legato al cespuglio un pezzo di panno, talune volte una ciocca di capelli, tal’altra tre pietre bianche raccolte nello stagno»748. L’acqua ricorre anche nei riti diretti a stimolare la pioggia749. Claude e Jacques Seignolle ricordano che «du sud de Dourdan on se rendait à la fontaine Sainte-Apolline, commune de Saint-Hilarie, pres d’Êtampes, pour avoir de la pluie»750; Cadet segnala oltre 20 fonti di varie altre località francesi «qui donnent la pluie après procession»751: nella più parte dei casi «on plongeait le pied de la croix dans l’eau tout récitant des prières et invoquant le Bon Dieu pour qu’il envoie l’eau salutaire»752 ma altrove, come in Morvan, si ricorreva alla statua del Santo: «la statue de saint Gervais, placée dans la niche qui recouvre la fontaine, fait tomber la pluie quand on la plonge dans l’eau par les temps de sécheresse»753. In Navarra si ricorreva a San Pietro per ottenere la pioggia: «per rendere le preghiere più efficaci, si porta in processione il santo Note manuscrite de l’Abbé Denieau-Lamarre, in O. Fort, Avrillé en Vendée au Pays des Menhirs: Saint-Gré, une fontaine miraculeuse,���������� Impr. Atlantique, Moutiers-les-Mauxfaits 1995, p. 37. 748 A. C. Haddon, Lo studio dell’uomo, cit., p. 289. 749 Cfr. R. Corso, Riti e pratiche popolari contro la siccità, in «Il Folklore italiano», a. VIII (1933), fasc. I-II, gennaio-giugno, pp. 1-23. 750 C. Seignolle, J. Seignolle, Le folklore du Hurepoix…, cit., p. 263. 751 A. Cadet, Le Culte des eaux…, cit., pp. 5-6 e p. 9. 752 Ivi, p. 9. 753 A. Desforges, Survivances…, cit., p. 303. 747 276 al fiume. Colà il simulacro dell’apostolo è invocato per tre volte, e se si ostina a negare la grazia, è tuffato nel fiume»754. Frazer riporta i casi della Tessaglia e della Macedonia dove «quando la siccità dura da un pezzo si usa mandare in giro per i pozzi e per le sorgenti del vicinato una processione di bambini. In testa alla processione cammina una fanciulla adornata di fiori che le compagne bagnano d’acqua a ogni fermata»755 cantando una invocazione che contiene un’esplicita richiesta di pioggia a Perpèria, divinità della pioggia già nota nell’antichità756. Similmente in Serbia, in tempo di siccità, una bambina veniva rivestita interamente di erbe e fiori: «così rivestita essa viene chiamata la Dodola e va in giro per il villaggio con un seguito di bambine. Si fermano davanti a ogni casa, e la Dodola danza girando su se stessa, mentre le altre bambine le fanno cerchio intorno cantando la canzone della Dodola, e la massaia le versa sopra una secchia d’acqua»757. Queste interessanti forme rituali che vedono demandata ai bambini, certo in ragione del loro particolare statuto, la richiesta di “benessere” per la comunità (in questo caso la pioggia necessaria alle messi), sono già segnalate da De Marcellus nel suo Chants du peuple en Grèce758: l’autore, dopo aver riportato i testi di alcune delle canzoni infantili di Pyrpérouna/Perpérie759, conclude: «VoiR. Corso, Riti e pratiche…, cit. p. 16. J. G. Frazer, Il ramo d’oro…, cit., p. 90. 756 A. B. Cook, Zeus: A study in Ancient Religion, Cambridge University Press, Cambridge 2010, p. 285. 757 J. G. Frazer, Il ramo d’oro…, cit., p. 90. 758 M. De Marcellus, Chants du peuple en Grèce, 2 vols, J. Lecoffre et C. éd., Paris 1851, vol. II, pp. 215-221. 759 «O mon Dieu, faites pleuvoir une pluie, et une pluie pénétrante! / Donnez-nous de l’eau, de l’eau par torrents, et du vin, du vin à flots. / Que chaque cep de vigne remplisse une corbeille, et chaque épi un sac! / Que le meunier crève du chagrin de vendre à bas prix sa farine! / Et que le pauvre, avec toute sa famille, se réjouisse! » (M. De Marcellus, Chants…, cit., vol. II, p. 215. Cfr. anche ivi, p. 217); «Mon Dieu, faites pleuvoir une pluie, une petite pluie bien douce! / Pour que nos campagnes produisent leurs fruits, nos vignes leurs fleurs, et que nos moissons nous donnent du pain. / Que le froment, l’orge, le maïs, le coton, le raisin, l’avoine et le riz enrichissent le monde! / Que nos jardins desséchés n’aient plus que rosée et joie! / Versez les eaux par torrents, le blé par tas! Que chaque épi fasse une mesure, et chaque cep un tonneau! / Loin d’ici, sécheresse et misère! A nous la pluie, et la bénédictiôn du ciel!» (ivi, p. 219). 754 755 277 ci la coutume grecque qui se rattache à ces chansons. Dans les temps de sécheresse, et surtout en avril, les enfants des villages se rassemblent; ils placent à leur tête l’un d’eux, presque toujours un orphelin, parce que Dieu, disent-ils, est plus sensible à ses prières; ils ont soin de le couronner de fleurs et de feuilles. Ainsi paré, cet enfant prend le nom de Perpéria, fille ou fée pluvieuse, ou Pyrpérouna (peut-être du verbe grec ancien pεριφὲρομαι: je me promène). On le conduit, en chantant ces chansons pour la pluie, de porte en porte; et là, on verse sur Pyrpérouna quelques gouttes d’eau d’une petite cruche portée à cet effet, afin d’attirer 760 sur chaque maison et sur ses champs les bénédictions du ciel» . Questi riti possono essere accostati, per struttura dell’iter cerimoniale, per simboli rituali, per funzioni, a cerimonialità del tipo molisano pagliara maie maie descritte da Alberto Mario Cirese nel 1955. In questo caso la mattina del primo giorno di maggio un uomo interamente rivestito di un cono «di rami, di erbe e di fiori, sormontato da una croce anch’essa di fiori» percorreva le vie del paese accompagnato da un suonatore di zampogna e da un cantore che intonava strofe augurali, fermandosi dinanzi alle abitazioni. «Davanti alle case, sulle soglie o dalle finestre, donne e uomini e bambini attendono il passaggio della pagliara con tine, secchi e bacili pieni d’acqua. Quando la pagliara è a tiro, le rovesciano adosso i recipienti e cercano di colpire col getto il viso del portatore attraverso il finestrino che è praticato nella parte posteriore del cono per permettergli la visibilità. […] Ad ogni 761 getto il grido: Grascia, maie!, abbondanza maggio!» . Ai questuanti venivano donati denaro e cibarie. Nei casi slavi come in quelli molisani (che pure possono essere messi in relazione con le migrazioni di comunità croate e slovene nell’area) si tratta di cerimonialità di inizio primavera che «un tempo avevano un valore essenziale per la vita dei gruppi; il getto dell’acqua sul cono di erbe e di fiori ha un’origine ideologica assai arcaica: M. De Marcellus, Chants…, cit., vol. II, p. 221. Di simili cerimonie macedoni, bulgare, valacche e serbe riferisce G. F. Abbot in Macedonian Folklore, Cambridge University Press, Cambridge 1903, pp. 118-120. Cfr. J. C. Lawson, Modern Greek Folklore and Ancient Greek Religion. A Study in Survivals, Cambridge University Press, Cambridge 1910, p. 24. 761 A. M. Cirese, La “pagliara maie maie”, in «La Lapa», n. 1-2 (1955), pp. 33-36: 33. 760 278 è un gesto di magia simpatica per invocare la pioggia, o magari è 762 un gesto di rinnovamento della natura» . Culti delle acque in sicilia Nelle fonti risiedono esseri magici e semi-divini, più spesso di ge763 nere femminile, che talora presso queste si manifestano . Così anche in Sicilia dove, come attesta Pitrè, alcune sorgenti hanno come geni protettori “la monacella della fontana” che «è sempre accompagnata da un cane e porta in mano un canestro con fiori e monete d’oro. Esce tre volte l’anno, in tre martedì successivi di giugno, e per dileguarsi si tuffa nella fontana, e si discioglie in acqua. Sta a guardia dei tesori che giacciono lungo il corso dei fiumi e delle sorgenti. Non sparisce al segno della croce, prova evidente che non appartiene alla classe dei demoni, ma non ama che le persone le quali intende beneficare, portino medaglie o rosarii o immagini sante […]������������������������������������� ���������������������������������������� . La Monacella offre denaro alle persone dalle quali si fa vedere, ma pretende che esse penetrino in sua compagnia entro la testa dell’acqua, come si suole chiamare 764 la sorgente» . Pitrè riferisce inoltre di diverse acque miracolose di Sicilia. Tra queste: l’Acqua Santa di Santa Maria di Gesù di Castania di Naso: «in quel medesimo luogo dove allora si fermò da sé la statua della Vergine, scaturì subitamente una polla d’acqua, che appresso si ridusse in un pozzo, il quale ha questa meravigliosa proprietà, che né cresce, né manca d’acqua, eziandio se per più giorni non se ne attingesse neppure una gocciola, o al contrario se ne cavasse fuori gran quantità. Di quest’acqua si valgono gli Ivi, p. 34. Similmente in Lawson: «the rite as an example of sympathetic magic» (Modern Greek Folklore…, cit., p. 25). 763 Ninfe, Ondine, Melusine, ecc. Ricordiamo qui, quali tipologie esemplari, le Anguane/Aquane venete (cfr. G. L. Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole scomparse, Einaudi, Torino 1995, p. 157) e la Bête Avette della Normandia (W. B. Johnson, Folktales of Normandy, Chapman and Hall, London 1929, p. 45). Si veda per altre attestazioni italiane: E. Cretella, Acque miracolose in Toscana: un percorso simbolico tra religione e magia, in V. Teti, a cura di, Storia dell’acqua, cit., pp. 283292: 286. Divinità femminili delle acque sono note anche in area baltica (cfr. M. Gimbutas, I Balti, cit., p. 192). 764 G. Pitrè, Usi, costumi…, cit., vol. IV, pp. 198 ss. 762 279 765 infermi per ottenere dalla Santa Vergine riposo e salute» ; la fonte di Santa Venera a Castroreale: «si crede dalli abitanti miracoloso un fonte chiamato di Venere, oggi di Santa Venera, perché sana li scabiosi, ma un tal effetto attribuir devesi alla natura sulfurea di detta acqua»; quella della Santa Vergine a Piraino: «una vena d’acqua resa già illustre per li molti miracolosi effetti, fatta 766 scaturire ad intercessione di Maria Vergine» . E, ����������������� ancora in provincia di Messina, Pitrè segnala l’Acqua di Salice: «Salice presso la Città di Messina decanta la scaturigine d’un’acqua col periodo di sett’anni in sett’anni, la quale si rende una vena di grazie a chi con viva fede l’assaggia, e ciò si crede dall’aver ivi sostenuto il martirio S. Stefano detto il Giovane; nella stessa città di Messina, l’Acqua dei SS. Placido e Compagni: In Messina si crede prodigiosa l’acqua che dal sepolcro de’ SS. Placido e Compagni scaturisce, poiché da una fonte nel giorno del suo dissotterramento 767 sgorgò limpida e cristallina, giovevole ad ogni infermità» . Di questo universo di pratiche e credenze acquoree descritte da Pitrè, poco o nulla sembra più documentabile. Recenti e puntuali indagini hanno, invece, consentito di documentare culti e ritualità che seppure modificatisi nel tempo si presentano ancora 768 vitali . Tali sono il culto di Santa Sofia a Sortino e quello nebroideo delle Vergini dell’Acqua santa, rilevati, descritti e esaminati da Giuseppe Giacobello come pure quello marsalese di San Giovanni già segnalato da Pitrè. Il rito acquoreo di Sortino, già descritto dai folkloristi siciliani tra la fine dell’Ottocento e i pri769 mi del Novecento , prevede un uso mantico dell’acqua da parte di giovani donne, tradizionalmente vergini, cui è affidato il comG. Pitrè, Acque miracolose…, cit., p. 60. ivi, pp. 60-61. 767 ivi, pp. 61. 768 Diverse le segnalazioni di culti acquorei in G. Giacobello, In festa alla sorgente, cit., e in E. Palmisano, Acqua e rito. Il simbolismo dell’acqua: pratiche cerimoniali in Sicilia, in E. Mauro, M. E. Palmisano, a cura di, Forme d’acqua. Visioni, vicende e pratiche nel Mediterraneo, Regione Siciliana-Assessorato Beni Culturali e Ambientali e della Pubblica Istruzione, Palermo 2007, pp. 25-35. 769 G. M. Columba, Note di tradizioni e leggende, in «Archivio per lo studio delle tradizioni popolari», vol. IX, Pedone Lauriel, Palermo 1890, pp. 387-390; S. Pisano Baudo, Sortino e dintorni. Vol. II: Ricerche sui contadini Costumi e usanze, Tip. Scatà Alemagna, Lentini (Sr) 1911, p. 137. 765 766 280 pito di “interrogare” le acque sulle future sorti del malato. Se il responso è positivo, ossia se il malato può sperare nella guarigione, le “vergini” raccolgono le acque della fonte e le recano a bere al paziente. Dopo che egli ha bevuto l’acqua e che la maggiore delle vergini gli ha deterso il volto con un fazzoletto bianco, la stessa recita la seguente formula: “Santa Sufia vi manna a salutari / Cu stu beddu biancu muccaturi / La malatia l’avemu lassatu ddà / e la saluti l’avemu purtata ccà”. Da rilevare il fatto che le officianti di questo rito saranno destinatarie di un’offerta alimentare 770 da parte della famiglia del paziente . Dinamiche non dissimili caratterizzano il culto delle Tre sante Vergini dell’Acqua santa, che ha come epicentro una fonte con annessa cappella in territorio di Floresta sui Nebrodi. Alla fonte miracolosa si recano in pellegrinaggio fedeli provenienti da diversi centri nebroidei, anche distanti, in occasione della festa della prima domenica di agosto. Recano con sé e depositano presso il piccolo santuario, spesso incastrandoli nelle pareti, diversi «oggetti personali, con maggiore ricorrenza di indumenti infantili e di biancheria intima femminile: chiare implicazioni della natura del malessere affrontato e indizio di una prerogativa cultuale finalizzata ai valori della fecondità e della fertilità, nel solco di una probabile convergenza 771 ierologica con i “culti dell’acqua” euro-mediterranei» . Da segnalare è anche il culto marsalese di San Giovanni, esemplarmente proposto dallo stesso Mircea Eliade, come forma 772 di «pellegrinaggio alle acque miracolose» . Questo culto, pure di carattere idromantico-terapeutico, è centrato sulle acque del pozzo che si apre sul fondo di una grotta inglobata nella Chiesa di San Giovanni presso capo Boeo (o Lilibeo) e che vengono “interrogate” e bevute dalle donne richiedenti una grazia o un responso. Scrive Pitrè: «credenze e pratiche stranissime troviamo fin da tempi anche più lontani nella città di Marsala, la cui festa più solenne dell’anno era questa di S. Giovanni. La chiesa del Santo fu fabbricata e rifabbricata sull’antro della Sibilla lilibetana, il cui pozzo e sepolcro corrispondono alla tribuna e all’altare maggiore del tempio. Cose maravigliose racconta la tradizione di In tutta evidenza le Vergini sono qui emissarie/epifanie delle potenze delle acque. 771 G. Giacobello, In festa alla sorgente, cit., p. 93. 772 M. Eliade, Trattato…, cit., p. 209. 770 281 quest’antro, che chiamò l’attenzione di scrittori siciliani di ogni 773 secolo e di scrittori non siciliani antichi . Rocco Pirri notò il crescere e decrescer dell’acque del pozzo nella vigilia di S. Giovanni, e i benefici effetti che in quel giorno ne ritraevano gl’infer774 775 mi che la bevessero » . Tale area costituiva già una meta rituale in età punico-romana quando la grotta-pozzo era dedicata alla 776 Sibilla Lilibetana . Anche in Sicilia quella di San Giovanni non era la sola data in cui si riteneva che le acque dei pozzi, delle fonti, del mare e la stessa rugiada potessero assumere poteri straordinari. Di particolare interesse è, in proposito, quanto riferisce Salomone Marino sulle pratiche rituali del giorno dell’Ascensione: «la benedizione del cielo scende su la terra a mezzanotte in punto: l’acqua salsa divien dolce, e la dolce pura; ambedue (manco a dirlo) son benedette; come benedetta è la rugiada che si stende su le cose […]. La spiaggia è fitta di bipedi e di quadrupedi: è il solenne momento. Una luminaria si accende sul rialzo, presso la Cappelletta o Chiesetta (quando c’è), ed un sacerdote in cotta e stola leva il braccio e con l’aspersorio benedice in giro quella moltitudine. […] Nuova ressa, frattanto, succede alla riva del mare: perché tutti vogliono far entrare nell’acqua gli animali, a mondarli e guarirli da reali o supposte infermità, a preservarli da quelle altre 777 che possibilmente potrebbero avere nell’anno» . Il bagno benefico non era solo destinato agli animali: «Un bagno marino o fluviale preso all’ora istessa, guarisce le eruzioni della pelle, sieno erpetiche o scrofolose o sifilitiche. Ma bisogna farlo a sorpresa e con vera e calda fede; in caso diverso si peggiora 778 o si muore» . Sulla festa dell’Ascensione riferisce estesamente anche Pitrè: «festa di grande aspettazione e di lieto augurio, l’Ascensione è il giorno designato a guarire le malattie più gravi e ribelli ad ogni N.d.A. Solino, Polyst, c. VIII; S. Isidoro, l. 8, Orig. cap. VIII; ecc. N.d.A. [R.] Pirri, Sicilia Sacra [disquisitionibus et notis illustrata, 2 vols, III ed., apud aeredes Petri Coppulae, Palermo 1733], II, 88. 775 G. Pitrè, Spettacoli e feste…, cit., p. 292. Cfr. Id., Feste patronali…, cit., pp. 488-494. 776 F. Angelini, Sicani. Culti e miti…, cit., pp. 43-46. 777 S. Salomone Marino, Costumi e usanze…, cit., pp. 177-179. 778 Ivi, p. 182. 773 774 282 virtù di farmaco […]. È domma di fede popolare che a mezzanotte dell’Ascensione l’acqua salsa del mare diventi dolce, come l’acqua dolce diventa benedetta; da ciò una serie di prodigi. Malati di pelle d’ogni maniera corrono a mare ed entusiasti e pieni di fede vi si attuffan dentro, quasi certi della guarigione […]. Né ciò è solo per gli uomini e pei malati. I padroni di pecore, capre, buoi, muli, cavalli, a preservare questi loro animali dalle possibili malattie, o a guarirli di alcuno che n’abbiano, li fanno bagnare a quell’ora stessa o durante la notte […]. Il più delle volte in Palermo le lustrazioni sono accompagnate da lieti suoni di banda musicale, da canti e balli dei conduttori, i quali dalla gioia spiccano salti da energumeni e si abbandonano ad insolito tripudio. Uscendo dal bagno benedetto ogni male è sparito, e le poppe di ciascun animale femmina lussureggiano per latte. Questa scena si protrae fino al mattino della festa. Da Borgetto e Partinico gli animali si conducono al vicino golfo di S. Cataldo; al ritorno la immagine di San Cataldo, la cui chiesetta è in quel sito, adorna la fronte o le corna degli animali, che così vengono ricondotti in trionfo alle loro mandre. Molta gente da’ paesi vicini scende alla marina di Portopalo (Selinunte), ove sono portati anche animali bovini e pecore. Quella deserta costa si anima, s’innalzano molte capanne, e pare che l’antica Selino abbia mandata la sua popolazione sul lido de’ Palici, a lu Scaru. L’acqua dolce messa all’aria aperta durante la notte acquista virtù miracolose, bevendosi della quale si ottiene vigore e prosperità di salute. V’è chi mettendola fuori in una catinella v’infonde garofani, rosmarino, ruta, menta, spiga ed altre erbe aromatiche, e poi la dimani se ne lava il viso, perché nessun male lo attacchi o guasti (Palermo). Altri si limita a infondere in acqua foglie di rose, ma non rinunzia al beneficio della rugiada notturna. In Ragusa Inferiore molti si recano ad una fonte presso l’abitato, donde credono scaturisca acqua solo per l’Ascensione, e vanno ad attingerne conservandola per gravi malattie […]. In Alimena, per esempio, non mancano uomini e donne del popolino che per esser preservati durante l’anno da dolor di capo, non ricusano di andare a strisciare sulle fresche erbe del campo bagnate di brina certe parti posteriori del corpo 779 che la decenza tiene coperte» . Segnaliamo, infine, che la pratica 779 G. Pitrè, Spettacoli e feste…, cit., pp. 257-264. 283 di immergere i simulacri dei Santi nelle fonti e polle d’acqua780allo scopo di ottenere la pioggia era assai diffusa anche in Sicilia . Culti delle acque in sardegna Anche nella viva tradizione e nella memoria culturale sarda, le credenze e le pratiche legate all’acqua si declinano variamente, lasciando trasparire la loro profondità diacronica. Eredità di un remoto passato ricco di acque rigeneratrici, terapeutiche e lustrali si rinvengono, variamente rifunzionalizzate e trascritte in nuovi linguaggi, nell’uso dell’acqua durante le pratiche magicodivinatorie e nelle virtù terapeutiche ascritte alle781acque di pozzi e sorgenti connessi al culto di diversi santi locali . Della sacralità dei pozzi, delle fonti, delle polle termali, proprio la Sardegna ofCosì a Monterosso Almo, dove il simulacro dell’Ecce Homo veniva recato processionalmente a una fonte, vi veniva immerso e vi restava finché non fosse sopraggiunta la pioggia: «Eravamo in aprile, e per difetto di pioggia i seminati ingiallivano e la terra si fendeva qua e là […]. Una domenica si fa udire uno spaventevole frastuono, un battere di tamburi, uno squillo piagniucoloso di tromba, e un assordante grido di mille grida: Viva le Cinque Piaghe santissime!... Viva la misericordia di Dio!... Un migliaio di villani, con corona di spine, e due migliaia di villane, urlanti a piedi scalzi, seguivano un altro villano, che portava un Ecce Homo di carta pesta. Le donne urlavano e si picchiavano; gli uomini scuotevano le discipline di ferro sulle misere spalle. Ed ove portavano il Cinque Piaghe? […] Lo portavano al beveratoio; e starà lì in mezzo all’acqua finché non venga la grazia di Dio» (S. A. Guastella, Padre Leonardo, 1885, p. 167, cit. in G. Pitrè, Usi, costumi…, cit., vol. III, 1889, pp. 142-143). Altrove è lo stesso Pitrè a rilevare che: «Scarseggiando l’acqua, e desiderandosi, per eccessiva siccità, le pioggie, si prega il santo patrono del comune perché le mandi presto; […] Vi son comuni ne’ quali non sapendosi in altro modo riuscire a ottenere le sospirate pioggie, si prende l’espediente di metter fuori la statua del santo, di portarlo in processione, minacciandolo di uno sgarbo, e in caso d’insuccesso d’attuffarlo in un abbeveratoio» (ivi, p. 46). Sui riti per impetrare la pioggia: I. E. Buttitta, La memoria lunga…, cit., pp. 223 ss. 781 Gino Bottiglioni scriveva nel 1925: «oggi non è difficile imbattersi in un fiume, in un torrentello, in una sorgente, ai quali i Sardi attribuiscono delle proprietà terapeutiche straordinarie. Specialmente la vigilia della festa di San Giovanni è indicata come il giorno in cui la virtù delle acque è più efficace» (Vita sarda. Note di folklore, canti e leggende, L. Trevisini, Milano 1925, pp. 78-79). 780 284 fre d’altronde numerose e interessantissime testimonianze, tali da spingere Lanternari ad asserire che: «il culto dell’acqua in Sardegna è indigeno e universale» e a ritenerlo «il più diffuso dei culti 782 protosardi» . La diffusa e perdurante presenza dei culti acquorei così come le loro peculiari caratteristiche fu determinata da precise ragioni contestuali: il clima e le condizioni ambientali sfavorevoli fecero sì che le sorgenti e le acque di falda divenissero 783 «ausilio prezioso e inestimabile per la comunità» . Distribuiti su tutta l’Isola si rinvengono oltre trenta pozzi sacri di età nuragica e numerose fonti anch’esse sacralmente con784 notate, quali quella di Su Tempiesu in territorio di Orune . Tra i pozzi sacri più notevoli e tutt’oggi ben conservati si annoverano il pozzo di Santa Cristina di Paulilatino, il pozzo di Santa Ana785 stasia a Sardara e quello di Santa Vittoria di Serri . Questi pozzi sacri dovettero costituire, almeno in origine, luoghi di culto intercomunitari, come sembrano provare le adiacenti vestigia di ricoveri, probabilmente adibiti ad ospitare i pellegrini, e di aree adibite a luogo di scambio, nonché il loro inserimento in più 786 ampi contesti templari-residenziali . A riprova del valore culV. Lanternari, Il culto dell’acqua nella Sardegna arcaica, in «Annali del Museo Pitrè», II-IV (Palermo 1951-53), pp. 105-120: 108. Cfr. J. Armangué i Herrero, a cura di, L’acqua nella tradizione popolare sarda, Grafica del Parteolla, Dolianova 2002, in part. i saggi di M. M. Satta, Il simbolismo ambivalente dell’acqua, fonte di vita e strumento di morte, pp. 9-20 e G. Camboni, Il sacro e l’acqua nella tradizione: la memoria, i miti, le leggende, pp. 99-102. 783 V. Lanternari, Il culto dell’acqua…, cit., p. 109. «L’acqua in Sardegna costituì nei secoli, come costituisce tutt’ora, il problema fondamentale dell’economia e della vita biologica delle comunità umane: essa influenza e determina in ampia misura, come fattore limite, la vita materiale, sociale e ideologica» (A. Di Nola, s. v. Acqua, cit., coll. 22-24). 784 M. A. Fadda, La fonte sacra di Su Tempiesu, “Sardegna archeologica. Guide e Itinerari”, n. 8, Carlo Delfino editore, Sassari 2002. Cfr. R. Pettazzoni, La religione primitiva in Sardegna, Carlo Delfino editore, Sassari 1980 [1912], pp. 19 ss.; G. Lilliu, La civiltà dei sardi dal Paleolitico all’età dei Nuraghi, Nuova ERI, Torino 1988, pp. 521-543; E. Contu, La Sardegna preistorica e nuragica, 2 voll., Chiarella, Sassari 1997, vol. II, pp. 574-605; M. Pallottino, La Sardegna nuragica, Ilisso, Nuoro 2000 [1950], pp. 146-147. 785 I templi a pozzo sono centrati su un pozzo circolare ipogeo, con sezione a bottiglia, accessibile mediante una ripida gradinata. 786 Cfr. R. Zucca, Il santuario nuragico di santa Vittoria di Serri, “Sar782 285 tuale ad essi attribuito, oltre alla complessità e raffinatezza delle architetture con ampio uso di pietra lavica, stanno le numerose e varie offerte votive rinvenute in prossimità dei pozzi o al loro interno: vasellame e statuine fittili, bronzetti di vario soggetto, non di rado di uomini e donne offerenti o comunque in atteggiamento rituale, madri con figli in grembo, asce e varie altre armi, monete, monili, amuleti. Un insieme di elementi di diverso tema che consente di poter intuire le motivazioni che sospingevano i fedeli a rivolgersi alle divinità acquoree: guarigione da malattie, protezione di uomini e armenti, risoluzione di problemi personali, economici e bellici, e più in generale fecondità, fertilità e 787 prosperità . Pur residuando incertezze in ordine ai profili delle divinità destinatarie del culto, è assai verosimile che in larga parte, se non in tutti i casi, si trattasse di divinità femminili a carattere ctonio, come suggeriscono la ricorrente 788 associazione pozzo/ utero e la pianta ogivale a toppa di serratura . A sostegno della relazione dei templi a pozzo con entità sacrali di genere femminile, appare non secondario il fatto che in numerosi casi i pozzi siano stati associati a nomi di Sante o a titoli della Madonna. Inoltre, in diversi casi, a fianco o in prossimità dei pozzi nuragici, si osserva l’edificazione di luoghi di culto cristiani dedicati a Madonne e Sante, quasi a suggerire una continuità cultuale, talora attestata dalle fonti scritte e ancor più sostenuta da molteplici testimonianze archeologiche che rivelano la789prosecuzione dei culti in età punica, romana e alto medievale . Una prova della rifunzionalizzazione cristiana in età moderna di luoghi di culto protostorici è fornita in maniera indubitabile da casi come quello di Bosa, dove fino al 1771 presso il pozzo “de sos tres degna archeologica. Guide e Itinerari”, n. 7, Carlo Delfino editore, Sassari 1988; M. A. Fadda, Il santuario nuragico federale di Santa Vittoria di Serri, in «Archeologia Viva», n. 126, a. XXVI (2007), pp. 58-63; F. Laner, Il tempio a pozzo di Santa Cristina. Storia, tecnologia, architettura e astronomia, Adrastea, Mestre 2004. 787 V. Lanternari, Il culto dell’acqua…, cit., pp. 114 e 116. 788 Già Taramelli, scopritore ai primi del Novecento del pozzo di Santa Vittoria, ipotizzava la presenza di una religione connessa «alle divinità del misterioso mondo sotterraneo, minacciose e terribili, ma pure latrici della salute» (cit. in V. Lanternari, Il culto dell’acqua…, cit., p. 108). 789 P. G. Spanu, Fons vivus…, cit., p. 30. 286 res”, ovvero dei “re magi”, il I di marzo di ogni anno, si recava una processione con la partecipazione di790tutti i canonici che si concludeva con la benedizione dell’acqua , e di Sardara, dove a metà settembre si festeggia Santa Maria ’e is acquas e che accoglie nell’abitato il santuario di Santa Anastasia e la relativa funtana ’e is dolus: un’acqua ritenuta salutifera che scaturisce dall’antico 791 pozzo nuragico . Memoria della antica sacralità delle acque che, come s’è detto, si presenta più spesso in connessione con entità divine femminili, si ritrova792nelle credenze relative a sa Mama e sa funtana e di Maria Puttsu , eredi delle oscure divinità acquoree 793 protostoriche e di ninfe e di fate molteplici . Lo stesso può dirsi in riferimento a un racconto raccolto da Bottiglioni negli anni Venti nel circondario di Villaspeciosa dove sono ricordate le virtù salutifere che la fontana del Camposanto di Uta possedeva per 794 intercessione di Nostra Signora . Più recenti attestazioni sono costituite dalle ritualità acquoree connesse al santuario di San Lussorio di Romana e al Santuario di Santa Cristina di Paulilatino. Romana è un paese di poco più di 600 abitanti della Provincia di Sassari, il cui territorio è caratterizzato dalla presenza di fenomeni carsici e di diverse sorgenti, alcune delle quali ritenute sacre almeno in epoca punico-romana come attestato dal ritrovamento presso queste di varie statuette votive. A circa 4 km dall’abitato sorge il santuario di San Lussorio, una chiesa camV. Lanternari, Il culto dell’acqua…, cit., p. 115. G. Camboni, Il sacro e l’acqua…, cit., pp. 99-100. 792 Cfr. E. Delitala, Gli esseri dell’acqua nella tradizione sarda, in J. Armangué i Herrero, a cura di, L’acqua nella tradizione popolare sarda, cit., pp. 21-22: 22; D. Turchi, Maschere, miti e feste della Sardegna, Newton Compton, Roma 1990, pp. 70 ss. e 213 ss. 793 Cfr. M. Bulteau, Le figlie delle acque, ECIG, Genova 1991. 794 G. Bottiglioni, Leggende e tradizioni di Sardegna, Meltemi, Roma 1997 [1922], p. 151. Il tema dell’acqua miracolosa, fonte di vita, purificazione e rigenerazione, ricorre peraltro in numerose fiabe e leggende (cfr. G. P. Caprettini, Dizionario della fiaba italiana, Meltemi, Roma 2000, pp. 52 ss.). D’altronde la fama delle virtù eccezionali delle acque termominerali sarde, fra l’altro connesa alle ordalie, è testimoniata da Solino (VI, 6), da Prisciano (Perieg. 466 ss.), da Isidoro di Siviglia (Etym. XVI, 6, 40). Delle virtù terapeutiche attribuite alle acque termali e a certe fonti resta memoria anche nella stessa etimologia. Troviamo infatti denominazioni quali Funtana de is dolus e de sos malàvidos. 790 791 287 pestre che ingloba nell’abside una grotta. Dalle pareti di questa trasudano per stillicidio delle acque – che si raccolgono in una cuppella scavata nel pavimento calcareo e in varie altre piccole cavità circolari – cui è tradizionalmente ascritto un potere taumaturgico. L’abba miraculosa di San Lussorio, era ed è ritenuta particolarmente efficace “pro su dolore e sa conca” (per il mal di testa). Essa era comunque utilizzata, riferiscono i devoti, come rimedio per molteplici malanni: “la prendevano per portarla ai malati, e dicevano che faceva bene e guariva dai mali”; anche i sacerdoti “la consideravano acqua santa; si bagnavano la mano e si facevano il segno della croce”. Al Santo sono tutt’oggi dedicati riti pubblici. La festa, che si svolge il 21 agosto, è richiamo per numerosi fedeli provenienti dai paesi limitrofi. La festa, dunque, qui come altrove, oltre che un’occasione per entrare in contatto con il Santo e le sue benefiche acque, è anche un momento di rilevante valore sociale, un luogo elettivo in cui si rinnovano rapporti di amicizia, fondati sul rispetto e sulla reciprocità, attraverso la condivisione del rito processionale, del pasto e di altri tradizionali momenti conviviali quali canti, danze, giuochi. Interessante anche quanto si osserva a Capoterra. In questa località del cagliaritano, i fedeli giunti in pellegrinaggio alla fonte dedicata a Santa Barbara, martire cagliaritana compatrona del paese, ne bevono l’acqua benefica e poi depongono in una sporgenza della roccia una piccola croce ottenuta con due stecchi di canna. La sacralità dell’acqua è direttamente riferita alla Santa dalla locale leggenda: questa, infatti, sarebbe sgorgata nel punto ove era caduta la testa della martire decapitata, scabizzada. Così, nella prima metà dell’Ottocento, ne scrive Casalis: «avvi moltissime fonti, e le più di acque buone. Sono però verso le altre più lodate la Bramanti in Is barracheddos, e Sa Scabizzada presso il romitorio di S. Barbara entro un folto bosco di mirti, corbezzoli, filiree, lecci ecc., coperta d’un rustico fabbricato in forma di cappelluccia, alla quale i divoti, quando vi si appressano a bere depongono certe crocette di canna 795 fessa o di fuscellini, e dicon essi per evitar le cadute» . Tutt’oggi, presso la fonte si rinvengono numerosi oggetti votivi a testimonianza di una continuità del culto. G. Casalis, Dizionario geografico storico statistico commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna, 28 voll., G. Maspero Libraio, Torino 1836, vol. III, pp. 448-449. 795 288 Un’ulteriore conferma delle valenze simboliche dell’acqua e dei suoi usi magico-religiosi nella cultura sarda ci viene dal posto da essa occupato nei rituali di scioglimento del malocchio (s’abba ’e s’ogu) e dal ruolo a essa ascritto nelle cerimonie giovannee (s’abba muda). Nel primo caso l’acqua è un ingrediente fondamentale della medicina dell’occhio e contribuisce alla sua eliminazione 796 sia in fase di diagnosi che di cura , nel secondo intorno all’acqua ruotano complessi rituali terapeutici, divinatori e connessi 797 al comparatico . Sono circostanze, queste, dove più che altrove è difficile distinguere se bisogna guardare all’acqua come a una realtà potente/espressione di potenza, ovvero se bisogna intederla come uno strumento particolarmente idoneo, per le sue caratteristiche materiali, all’esecuzione dell’atto rituale. In realtà tale distinzione – atteso che nel rito nulla accade per caso e che ogni atto, gesto, materia detiene nel rito funzione simbolica798 – si rende difficile proprio per la natura stessa di un simbolo come l’acqua, un simbolo che nasce nella prassi e che nella prassi trova la sua prima e decisiva sacralizzazione. Sul simbolismo dell’acqua Storici delle religioni, etnologi, studiosi delle culture folkloriche si sono dedicati allo studio dei complessi mitico-rituali entro i quali la presenza dell’acqua e di altri simboli naturalistici, al di là delle manifeste connotazioni cristiane, sembra rinviare a pre799 cedenti configurazioni sacrali . In ordine alla presunta contiCfr. I. E. Buttitta, Verità e menzogna…, cit., pp. 103 ss. Un’ampia rassegna e una prima analisi dei rituali acquorei giovannei in Sardegna in S. Mannia, “L’acqua silenziosa”. Simbolismo e pratiche rituali nel culto di san Giovanni Battista in Sardegna, in Id., I morti in questua e altre note di folklore sardo, in attesa di pubblicazione. 798 Cfr. S. Miceli, Rito. La forma e il potere, cit.; M. Izard, P. Smith, a cura di, La funzione simbolica…, cit., in part. P. Smith, Aspetti dell’organizzazione dei riti, cit. 799 Cfr. G. Bachelard, L’Eau et les rêves. Essai sur l’imagination de la matière, Librarie José Corti, Paris 1942, in part. pp. 182 ss.; A. Di Nola, s. v. Acqua, cit., coll. 22-33; M. Eliade, Trattato…, cit., pp. 193-221 e 503-506; A. G. Alcantud, J. A. Malpica Cuello, a cura di, El agua…, cit.; G. Durand, Le strutture antropologiche…, cit., pp. 170 ss.; A. Seppilli, Sacralità…, cit., passim; G. Van der Leeuw, Fenomenologia…, cit., pp. 38 ss.; P. Hidiroglou, 796 797 289 nuità-sopravvivenza e all’interpretazione delle espressioni e delle pratiche magico-religiose connesse all’acqua si è necessariamente riproposto il problema dell’apparente universalità di certi apparati simbolici. In proposito Di Nola ha rilevato che nei confronti dell’acqua, più chiaramente di quanto non sia avvenuto per altri fatti naturali e culturali, «gli studiosi di morfologia e tipologia religiosa hanno accentuato le interpretazioni di tipo irrazionalistico e simbolico che, prescindendo dalla storia dei singoli contesti etnici e religiosi ed estraniandosi dalla considerazione meramente economica e utilitaria dell’acqua, [...] presentano un’immagine cosiddetta archetipale o ‘struttura’ dell’acqua, astratta e falsamente universale»800; avvertendo, inoltre, che una corretta analisi deve fondarsi sulla osservazione delle specifiche realtà storico-economiche e a partire da queste «giungere ai posteriori processi di idealizzazione simbolica che si presentano, alcune volte, nelle religioni. L’acqua, sotto tale orientamento di ricerca, è una realtà culturale complessa che assume significati peculiari in rapporto alla varietà delle forme economiche»801. Indubbiamente il richiamo dello studioso non può essere disatteso da chi, come me, guarda alle ideologie in stretto rapporto con le realtà e le strutture della produzione materiale. E tuttavia è proprio questo il punto. Se è vero che l’acqua, in quanto elemento fondante e irrinunziabile di ogni vita, in quanto “archetipo esperienziale”, si offre al vocabolario del sacro come semema di particolare densità così come alla prassi rituale come elemento straordinaAcqua divina: miti, riti, simboli, Edizioni Mediterranee, Roma 2007. Cfr. A. H. Krappe, La genèse des mythes, Payot, Paris 1952, pp. 197-211; P. Reymond, L’eau, sa vie et sa signification dans l’Ancien Testament, Brill, Leiden 1958; J. Rudhart, Le thème de l’eau primordiale dans la mythologie grecque, A. Francke, Berne 1971; Id., s. v. Acqua, in Enciclopedia delle religioni, diretta da M. Eliade, vol. IV. Il pensiero. Concezioni e simboli, Jaca Book, Milano 1997, pp. 7-15. D. Masson, L’eau, le feu, la lumière d’après la Bible, le Coran et les traditions monothéistes, Desclée De Brouwer, Paris 1985, pp. 11 ss.; C. G. Jung, I simboli della trasformazione, cit., passim. Cfr. anche F. Heritier, Sterilità, aridità, siccità. Qualche invariante del pensiero simbolico, in M. Augè, C. Herzlich, a cura di, Il senso del male. Antropologia, storia e sociologia della malattia, Il Saggiatore, Milano 1986, pp. 115-144; M. M. Satta, Il simbolismo ambivalente…, cit. 800 A. Di Nola, s. v. Acqua, cit., coll. 22-23. 801 Ibidem. 290 riamente plurifunzionale, venendo le sue valenze a ridefinirsi di volta in volta in stretto rapporto con gli investimenti semantici operati dai differenti contesti di fruizione, è altrettanto vero che le culture agro-pastorali hanno sempre condiviso fondamentali istanze comuni che si sono materialmente tradotte in un ristretto vocabolario di parole, ossia di simboli rituali. Come ha recentemente ribadito Rybakov a proposito del “paganesimo” slavo, per comunità «dont l’agriculture constituait la principale ressource, les conceptions liées à la fertilité, à la récolte, à la combinaison optimale de la pluie et du beau temps, à la préservation et à la qualité des réserves de grain, ecc., pouvaient et devaient constituer un chapitre important des conceptios religieuses»802. Come più volte ho ricordato, gli aspetti e i momenti della vita comune legati alla produzione e alla riproduzione sono sempre oggetto di particolari attenzioni rituali che regolarmente attingono, per trovare legittimità, alla memoria culturale/tradizione e trovano senso nella sfera del sacro. Anche se tradotti in mille lingue, gli elementi e i processi di trasformazione della natura con le loro conseguenze immediate sui cicli vitali sono pertanto sempre stati parlati con le parole del rito e queste parole si sono necessariamente ripetute, seppur con accenti diversi, attualizzando nell’esperienza vivente le parole ereditate dal passato. Le parole dell’acqua sono tutte parole di vita, di rinascita, di fecondità, di guarigione, di purificazione, di trasformazione, di fine e di inizio, di rinnovamento e di auspicio di un tempo e di una vita nuovi e migliori, poiché l’acqua, elemento fondante di ogni creazione, è essenziale per la vita delle piante, degli animali e dell’uomo, assicurandone il nutrimento803. È in ragione delle comuni intuiB. Rybakov, Le paganisme…, cit., p. 193. Cfr. J. Ries, Il sacro e l’ambiente, cit., che, tra l’altro, osserva: «è l’ambiente che ha modellato la concezione che l’uomo si fa delle origini, della sua condizione, come ha modellato la scoperta del sacro e l’esperienza religiosa» (pp. 30-31). 803 Osserva Morin, evocando l’origine intramarina della vita animale e la genesi intrauterina dell’uomo: «Le acque parlano all’uomo con il linguaggio delle origini che forse egli, sia pur confusamente, ancora riconosce» (L’uomo e la morte, cit., p. 138). Al di là di questa potente ma indimostrabile suggestione, ricordiamo qui che l’acqua ricorre come principio/elemento costitutivo della creazione del mondo in numerose mitologie e speculazioni filosofiche. Nella percezione arcaica le acque sono all’origine del cosmo, esse sono matrice delle diverse possibilità di esistenza, «fondamento di ogni manifestazione 802 291 zioni e traduzioni simboliche derivate dalle condivise esigenze di sopravvivenza che sono stati possibili trasposizioni e sincretismi tra le culture religiose euro-mediterranee, che è stata possibile da parte delle comunità e dei singoli una, più spesso inconsapevole, opera di riconversione semantica e funzionale dei saperi e delle pratiche tradizionali, delle azioni rituali e delle rappresentazioni mitiche804, che è stato possibile da parte della Chiesa addomesticare l’immaginario popolare e riorientarne i contenuti simbolici e funzionali precristiani entro forme simboliche vetero e neo testamentarie, che è stato possibile, infine, fare il passato presente, «poiché ciò che del passato è vivo è il presente»805. cosmica, ricettacolo di tutti i germi, le acque simboleggiano la sostanza primordiale da cui nascono tutte le forme» (M. Eliade, Trattatto…, cit., p. 193 s.). Cfr. tra gli altri: J. Rudhart, Le thème de l’eau primordiale…, cit.; Id., s. v. Acqua, cit., pp. 7-10; J. Ries, s. v. Acqua, in Grande dizionario delle religioni, dalla Preistoria ad oggi, diretto da P. Poupard, Piemme, Casale Monferrato 2000, pp. 25-27: 25. 804 F. Giallombardo, Festa…, cit., pp. 13 ss. 805 F. Jesi, Inattualità di Dioniso, in H. Jeanmaire, Dioniso…, cit.: «Ciò che importa, ciò che è destinato a sopravvivere, sopravvive apparentemente in segreto, in realtà, nel modo più palese, giacché sopravvive come materia esistente di chi ha sperimentato il passato: come presente vivente, non come memoria di passato morto» (pp. IX-XXIV). 292