Appunti al buio - Nuove Direzioni
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Appunti al buio - Nuove Direzioni
Falso movimento Appunti al buio di Filippo Polenchi L’estate di Kikujiro di Takeshi Kitano (1999) Un cinema impensabile per noi. Accostamenti imprevedibili e scorretti (vedi la scena del pedofilo), dove la categoria del comico è uno scherzo infinito. Come la morte, insomma. Il comico è un avanzamento demenziale (o Zen?) alla morte. Il piccolo Masao è alla ricerca della madre e Kikujiro (lo stesso Beat Takeshi), uno sfigato yakuza di quartiere, lo aiuta. Siccome la madre di Masao si è fatta una nuova vita Kikujiro e il bambino scorrazzano per il Giappone, inventando giochi strambi con i compagni di viaggio. Violent cop (’89) ci mostrava l’eterna potenza della vita nella sua accelerazione costante verso la morte. L’estate di Kikujiro è lo stupore di fronte allo stesso sgomento che innervava Violent cop. Ma il dittico Sonatine (1993) e HanaBi (1997) sono capolavori che fondono le due istanze in un equilibrismo meraviglioso. Dov’è la meraviglia? Dove un film non si può spiegare altrimenti che dicendo: “Che meraviglia!”. Manhunter – Frammenti di un omicidio di Michael Mann (1986) Tutti elogiano lo scavo psicologico, ma quella è la parte meno convincente del film, a meno di non voler considerare convincente William L. Petersen che fa cose come parlare da solo di fronte alla Tv. Però guardate che tecnica: l’uso del formato 1:2, 35, la scena iniziale sul mare, il giallo della sabbia, che esplode, il quadro gigante dove puoi perderti e poi ancora il blu smaltato della camera da letto, i tramonti. Oppure: il sogno di Will Graham, il suo primo piano alternato all’incedere al rallenti della moglie, un primo piano inconsueto, ravvicinatissimo senza essere un dettaglio; il contorno fluorescente di Reba McIntire (la fidanzata del serial killer), come in un musical o in un videoclip: in fondo Michael Mann era il produttore esecutivo di Miami Vice, che cambiò la storia della Tv americana perché inserì nel meccanismo dei serial televisivi un montaggio da videoclip: in pratica il poliziesco ai tempi di Mtv: inutile dire quanto influenzò i registi del decennio. Oppure la scena ipnotica del finale, – per certi versi una versione in minore del sacrificio che chiude Apocalypse now – con la corsa di Will al ritmo pulsante di In a gadda da vida degli Iron Butterfly, il freeze frame della sparatoria. Il bello di Mann è che prende tutti gli elementi del cinema d’azione anni ’80, li esalta – e quindi esalta la Superficie – e così facendo costruisce un affilato strumento di conoscenza del Reale. Tecnica, cuore, inquietudine, stile. Ed è la prima avventura nella quale compare Hannibal Lecter (ma non ha la faccia di Anthony Hopkins). 6]W^MLQZMbQWVQn. 5 settembre-ottobre 2011 84