Pif tra guerra e mafia: “Denuncio la borghesia del sud, ma vale

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Pif tra guerra e mafia: “Denuncio la borghesia del sud, ma vale
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L'INTERVISTA
Pif tra guerra e mafia: “Denuncio la
borghesia del sud, ma vale anche per
Bergamo”
Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, a Bergamo con il suo ultimo film "In
guerra per amore": «Per fare il bene non bisogna allearsi con il male».
di Luca Baggi - 30 novembre 2016 - 13:09
Attore e regista, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ha raggiunto Bergamo
invitato dalla rassegna Molte fedi sotto lo stesso cielo. martedì mattina
all’Auditorium di Piazza della Libertà, si sono tenute due proiezioni del suo
ultimo film, In guerra per amore.
Pif indossa una giacca e un cappellino con una visiera persino dentro
all’auditorium, che toglie soltanto quando al termine della proiezione sale sul
palco per rispondere alle domande del pubblico. “Doveva essere un film comico,
ma sembra piuttosto drammatico: con certi temi non si scherza – commenta,
per rompere il ghiaccio – All’inizio avrei voluto parlare di partigiani – risponde
Pif a una domanda dal pubblico – ma mi sono reso conto che è un tema che, più
che unire, divide” commenta, con un po’ di rammarico nella voce.
Il regista, palermitano, è anche membro dell’Anpi, l’Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia. “Anche lo sbarco degli Alleati in Italia, però, è un avvenimento
di interesse e importanza storica”. Il film parla proprio di questo: si parte dagli
Stati Uniti e dal protagonista Arturo, interpretato dallo stesso Pif, innamorato di
Flora di un amore corrisposto. Flora, però, è nipote del gestore del locale per cui
lavora anche Arturo, ed è stata promessa in sposa a Carmelo, figlio di un boss
mafioso. Arturo allora si arruola nell’esercito e approfitta dello sbarco in Sicilia
per andare a chiedere la mano di Flora al padre.
Il messaggio del regista è polemico e storico: “Per fare il bene non bisogna
allearsi con il male, perché ‘batte cassa’”. Nel corso delle operazioni, infatti, gli
americani hanno collaborato con i boss mafiosi per conquistare l’isola in modo
rapido e indolore e in cambio hanno permesso la scarcerazione di criminali e
mafiosi che sono stati nominati responsabili delle amministrazioni cittadine,
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assicurando la rinascita della criminalità organizzata. “Si tratta di un periodo
con cui non abbiamo mai fatto i conti. Se da un lato i tedeschi hanno avuto ogni
giorno per chiedersi come fossero arrivati al nazismo, noi italiani abbiamo
cancellato tutto. Non eravamo semplicemente alleati con il nemico, eravamo il
nemico: abbiamo dichiarato guerra agli Stati Uniti d’America e all’Inghilterra, tra
le tante nazioni coinvolte nel conflitto, e dopo lo sbarco abbiamo accolto come
salvatori gli americani”.
Il film, occupandosi di questi temi, è anche una rievocazione storica. “Ho letto
numerosi libri per documentarmi e mi sono recato sul luogo dello sbarco. Nei
paesi ci sono tanti ottantenni e novantenni perfettamente lucidi che ricordano
tutto”. Sono stati gli stessi abitanti dei paesini a sostenerlo durante le riprese:
“Non si può girare un film senza questa collaborazione. Sono stati tutti gentili
nonostante non fossero mai stati abituati al cinema”.
Ma il tema di fondo è la mafia. Pif, spiega a Bergamonews, ha accompagnato i
suoi spettatori indietro nel tempo, dagli anni Novanta in cui è ambientato La
mafia uccide solo d’estate, il suo primo film. Spesso Pif si riferisce a In guerra
per amore come il prequel del secondo. «”La mafia è esistita sempre, ma ha fatto
un salto di qualità con lo sbarco. Questo film spiega come siamo arrivati alla
situazione degli anni Novanta”.
La situazione è migliorata, però. “Andare a Palermo non è mica andare in
Afghanistan – risponde Pif a un ragazzo del pubblico, scherzando – e se ti va
bene al massimo ti scippano la borsa. Palermo è diversa: ora è possibile aprire
un negozio senza dover pagare il pizzo. È stato un cambiamento lento per cui
abbiamo pagato un prezzo altissimo, ma lo dico con orgoglio. In Calabria, ad
esempio, è tutto come vent’anni fa”.
“Nei miei film denuncio la ‘borghesia palermitana’ in cui sono cresciuto –
prosegue il regista – perché nonostante avesse gli strumenti per capire non li ha
mai usati. Questo vale anche per il nord dell’Italia e Bergamo”. Pif ricorda infatti
di un incontro con une ex presidente della Provincia che sosteneva che “di
mafiosi con la coppola non ce ne sono al nord” e replica: “Nemmeno io ne ho mai
visti in Sicilia. Eppure la mafia c’è. L’errore è nell’orgoglio, perché non si vuole
accettare che la mafia è arrivata fin qui, lo stesso orgoglio dei palermitani”.
Spiega Pif a Bergamonews: “Non ho scelto di fare un film ruffiano. Pur
riconoscendo che fare film è qualcosa di commerciale, sono riuscito nel mio
lavoro perché sono stato in grado di far combaciare il mio interesse a quello
economico della produzione”. Pif guarda al cinema come uno strumento per
rappresentare il passato, “perché di attualità si occupa la televisione. Non
permette la dialettica diretta ed è per questo che occasioni di confronto come
queste sono importanti. È bello incontrare gli spettatori e ragionare a voce alta”.
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