Il Resto del Carlino Unife presenta il primo paziente della storia

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Il Resto del Carlino Unife presenta il primo paziente della storia
17 luglio 2015
Il Resto del Carlino
Unife presenta il primo paziente della storia umana
NON HA UN NOME proprio, ma è sicuramente l‟uomo del momento. Scoperto nel 1988 da
un team dell‟Università di Ferrara presso il Riparo Villabruna, nelle Dolomiti Venete,
l‟individuo rappresenta, ufficialmente da oggi, il più antico paziente della storia della
medicina dentale. A comunicare al mondo intero la grandiosa scoperta è stato
nuovamente l‟ateneo estense che, in collaborazione con quello di Bologna, ha analizzato
la carie dentaria del maschio di 14mila anni fa, apponendone lo status di „primo paziente
della storia‟. «Circa 27 anni fa venne scoperto il corpo - racconta l‟archeologo della
sezione di scienze preistoriche ed antropologiche di Unife Marco Peresani - ma non venne
analizzata la cavità orale».Pochi anni più tardi, attorno alla fine del 1992, venne presa in
considerazione anche la bocca e si scoprì la presenza di una carie. Ma, per diverse
ragioni, l‟analisi venne interrotta. OGGI, a distanza di quasi trent‟anni, Unife ed Unibo
hanno ripreso in mano l‟antico teschio, scoprendo quello che, di fatto, è da considerarsi il
primo intervento dentale nell‟evoluzione umana. «Ancora non sappiamo dire con
precisione – continua Peresani – se ci fosse un „dentista‟ o se l‟uomo si operò da solo, ma
possiamo affermare con certezza che l‟intervento riuscì e l‟individui non morì per questa
ragione». Il team ferrarese si è, dunque, concentrato sul terzo molare inferiore
(mandibolare): diverse analisi scientifiche, tra cui una micro-tac, hanno confermato che la
cavità cariosa è stata intenzionalmente trattata, al fine di ripulire il tessuto infetto, tramite
l‟utilizzo di una punta di selce. «Possiamo anche affermare – sottolinea Gregorio Oxilia,
dottorando di ricerca – che l‟intervento ha salvato l‟uomo dalla morte. La carie è
un‟affezione molto rara, ma l‟individuo in questione l‟ha curata bene. Doveva avere tra i 20
ed i 25 anni quando subì l‟intervento». Pubblicata sulla rivista “Scientific Reports”, la
scoperta non fermerà di certo l‟equipe di Unife: «Adesso ci concentreremo su altri aspetti –
conclude Oxilia – come lo studio del Dna dell‟uomo. Questo intervento dentale
rappresenta un passo avanti anche per la scienza attuale».
Diabetici, arriva un ‘Dolce sorriso’
UN PERCORSO per consentire ai pazienti diabetici di ricevere assistenza odontoiatrica. Si
chiama „Dolce sorriso‟ l‟iniziativa, promossa dall‟Azienda Sant‟Anna e dall‟Ausl.
Nell‟ambito del percorso, il paziente affetto da diabete avrà la possibilità di prenotare,
attraverso il Cup, o direttamente nei punti di accoglienza delle Case della salute e dei
poliambulatori Usl su prescrizione della rete clinica provinciale di Diabetologia, una visita
odontoiatrica. «Il percorso chiamato „Dolce sorriso‟ – ha sottolineato Leonardo Trombelli,
direttore dell‟unità operativa di Odontoiatria dell‟Azienda ospedaliero-universitaria – non è
nuovo ed è nato circa dieci anni fa. Dopo alterne vicende è quindi ripartito, in virtù della
collaborazione con l‟unità operativa di Diabetologia. Due anni fa le due unità di
Odontoiatria e Diabetologia hanno condotto uno studio su un campione di oltre 500
pazienti diabetici». Il questionario era finalizzato a descrivere la percezione da parte del
malato del proprio stato di salute orale. «Dai risultati – ha continuato il docente – è emerso
che il 47% dei diabetici percepisce il proprio stato di salute orale come sufficiente o
scarso, e solo il 10% come eccellente o molto buono. I pazienti appartenenti a quel 47%
presentano in genere diabete di tipo 2, hanno almeno una complicanza e sono
sovrappeso o obesi. Inoltre il 20% dichiara di avere perso spontaneamente uno o più
elementi dentari». Essere affetti da diabete rende infatti più vulnerabili alla malattie
parodontali, e in particolare alla parodontite, un‟infiammazione cronica della gengiva e
dell‟osso che sostiene il dente. Una malattia che rappresenta la causa più frequente di
perdita di denti nell‟età adulta. «Il diabete mellito di tipo 2 – ha aggiunto Dario Pelizzola,
direttore dell‟unità operativa di Medicina interna delle malattie metaboliche e del ricambio
della rete clinica provinciale di Diabetologia dell‟Azienda Usl – è una patologia subdola e
silente. Assume dunque importanza la gestione unitaria di una rete clinica provinciale per
la cura del diabete».
«Voleva in anticipo i nomi dei pazienti»
«LA DOTTORESSA chiedeva i nominativi delle persone che chiamavano per le visite e poi
ci comunicava il giorno fissato per l‟appuntamento. Questa non era la prassi della nostra
struttura». E‟ Paola Martinelli, impiegata del „front office‟ del San Giorgio a raccontare
davanti ai giudici alcune delle presunte anomalie nei comportamenti di Anna Cantagallo, la
ex fisiatra a processo per truffa. Secondo l‟impianto accusatorio, la fisiatra avrebbe fatto
pagare prestazioni sanitarie a pazienti in realtà esenti e avrebbe invitato altri a effettuare la
visita in forma privata o alla struttura „Brain Care‟ (in ogni caso al di fuori del circuito del
servizio sanitario nazionale). La dipendente del San Giorgio, dopo aver chiarito il suo ruolo
all‟interno della struttura, ha evidenziato come per le visite la prassi era «chiedere
l‟appuntamento al front office il quale concordava il giorno in base alle disponibilità dei
medici». A VOLTE però succedeva che «la dottoressa Cantagallo chiedesse di avere i
nomi di chi aveva telefonato per la visita e che in seguito ci avrebbe comunicato il giorno
fissato». Dalla testimonianza viene poi confermata la circostanza che sta all‟origine di tutta
l‟indagine. La fisiatra, secondo la tesi dell‟accusa, avrebbe infatti ricevuto «denaro in
contanti direttamente da un paziente, per poi a distanza di circa un mese mandare la
richiesta agli uffici di contabilità per emettere una fattura». L‟udienza è proseguita con
l‟esame dell‟imputata, che però si è concluso con un nulla di fatto dal momento che la
fisiatra si è avvalsa della facoltà di non rispondere. E‟ toccato poi ad altri testi, tra cui
Paolino Piccolo, presidente di Eniac, società che partecipa la „Brain Care‟. L‟imprenditore
si è soffermato sulla vicenda di un paziente visitato al San Giorgio ma che si è visto
consegnare una fattura della „Brain Care‟. «La dottoressa aveva urgenza di emettere una
fattura – ha spiegato –, ma tutto è stato subito messo a posto dal punto di vista fiscale».
Emergono infine i dissidi tra la fisiatra e il suo primario. Tensioni confermate dall‟allora
direttore generale Riccardo Baldi. «Nel 2009 Cantagallo mi chiese un incontro – ricorda –.
In quell‟occasione si sfogò con me, dicendo di essere ostacolata nelle sue iniziative e nelle
sue proposte dal direttore». Il caso tornerà in aula il 17 dicembre per la discussione.
Multa perché porta la cura al malato E dopo tre anni il salasso di
Equitalia
UNA MULTA, addirittura già pagata di tasca propria da un volontario incaricato dal
Comune di Bondeno nel trasporto all‟ospedale di Cona, di un ammalato che doveva fare la
radioterapia, si moltiplica di sette volte. Tutto questo, solo per la mancata comunicazione
di un documento. «È indecente che facciano queste multe di fronte al trasporto di un
ammalato» conferma e commenta il sindaco Fabio Bergamini. In mezzo ci sta un ricorso al
Tar dell‟Amministrazione comunale, perso. Ed Equitalia che batte cassa e impone al
Comune di Bondeno di pagare 778 euro. La vicenda ha dell‟incredibile. Ma la legge
italiana non consente alternative, tanto che una determina dell‟amministrazione comunale
di questi giorni, ha già deliberato la cifra da pagare ad Equitalia. Questa la storia.
ERANO i mesi immediatamente dopo il terremoto del 2012. Gli abitanti di Bondeno erano
avvolti dalla paura, dallo sciame sismico, dalle famiglie rimaste senza case, dai danni
ingenti al patrimonio pubblico e privato. Se non bastasse, i danni del terremoto portarono
all‟evacuazione dell‟Ospedale Borselli e al trasferimento di gran parte dei reparti. I servizi
sociali del Comune hanno dovuto organizzare per gli ammalati in maggiore difficoltà,
spostamenti verso l‟ospedale di Cona.Tanti spostamenti, urgenti, soprattutto per chi
faceva la dialisi e la radioterapia. Il 27 dicembre, un volontario di un‟associazione
convenzionata con il Comune, viene incaricato dai Servizi sociali di accompagnare un
ammalato in gravi condizioni di salute (purtroppo è deceduto nell‟ottobre successivo)
all‟ospedale di Cona, per una cura radioterapica. «Data la necessità di far raggiungere
quanto prima all‟utente il reparto ospedaliero – si legge nei documenti del Comune – l‟auto
veniva lasciata in sosta il più vicino possibile all‟entrata di riferimento, nello spazio disabili.
Non era possibile esporre nessun contrassegno in quanto né il paziente né i suoi famigliari
possedevano un‟auto propria. D‟altra parte le condizioni dell‟interessato imponevano di
sottoporlo al personale medico con la massima sollecitudine». Ma arriva la multa perché
non era stato esposto il contrassegno. Il volontario decide di pagarla, sborsando di tasca
propria 170 euro. Fornisce la documentazione al Comune. Crede di essere apposto. Ma
non è cosi. Il 29 maggio del 2013 viene notificato al Comune, un verbale «inerente la
mancata comunicazione dati personali e della patente di guida del conducente del
veicolo» con l‟ulteriore pagamento di 296 euro. Il Comune non ci sta». Il sindaco – si legge
nella documentazione – ritenendo la sanzione ingiusta, ha trasmesso al giudice di pace di
Ferrara ricorso in opposizione chiedendo l‟annullamento della cartella di pagamento». Ma
il ricorso non è stato accolto.
La Nuova Ferrara
Centro prelievi, pazienti
in attesa assediati dall’afa
I più previdenti sfoderano ventagli e si mettono freneticamente a sferzare l‟aria, tutti gli altri
devono accontentarsi di sventolare l‟impegnativa sperando di ricavarne un effimero
refrigerio. Sono solo le 7 del mattino ma l‟afa si è già insediata da padrona nel corridoio
del Centro prelievi della Cittadella Salute San Rocco, all‟ex Sant‟Anna, dove i pazienti
ritirano il numeretto salvacoda e si mettono in fila in attesa che si liberi un posto a sedere o
almeno di crei un po‟ di spazio vitale nella sala d‟attesa. Le temperature proibitive che
assediano lo spazio angusto, dove persone a digiuno devono sostare in piedi, in questi
giorni di canicola hanno fatto sbottare più di un paziente, invocando l‟adozione di
provvedimenti contro il caldo più massicci rispetto al condizionatore che macina con fatica
in sala d‟attesa, dietro le postazioni delle addette impegnate a smistare con efficienza il
“traffico” umano che affolla la saletta. L‟Asl, da parte sua, interpellata in proposito ha fatto
sapere di aver già preso atto del problema e di aver cominciato ad adottare i
provvedimenti del caso, consistenti nell‟installazione di tre condizionatori: uno appunto in
sala d‟aspetto (con effetti a dire il vero non sempre soddisfacenti), un secondo nella
stanza in cui si svolge il ritiro delle provette e un terzo nella sala in cui si eseguono i
prelievi. Ma il disagio maggiore resta quello avvertito nel corridoio del “salvacoda”, dove
nei giorni scorsi la situazione era veramente al limite della tollerabilità, con pazienti anziani
a digiuno in difficoltà e gente in attesa vicina al collasso per il gran caldo. Alcuni di loro
durante la coda (va detto che i tempi di attesa sono fortunatamente molto ridotti, possono
arrivare al massimo a 15 minuti e spesso perché i pazienti tendono ad arrivare in anticipo
rispetto all‟orario dell‟appuntamento) hanno invocato l‟installazione di uno “split” anche in
corridoio, per scongiurare cali di pressione e svenimenti.
Fisica medica e Oculistica
trasferite a Cona
I servizi ospedalieri di Oculistica e Fisica Medica si trasferiscono a Cona. Per quel cge
riguarda Oculistica, gli ambulatori dell‟Unità Operativa che si trovano attualmente al
“Padiglione Ascoli” dell‟ex S. Anna di corso Giovecca saranno trasferiti nel settore 3, corpo
C, piano 0 (3C0) di Cona. Dal 20 Luglio sarà sospesa l‟attività ambulatoriale a Ferrara e
riprenderà il 3 agosto nella nuova sede di Cona. Durante questo periodo di chiusura il
reparto garantirà la sola attività in urgenza al Pronto Soccorso oculistico. Tutti i pazienti già
prenotati verranno avvisati del nuovo appuntamento a Cona. Da precisare che il
trasferimento riguarda solo l‟Unità ospedaliera, mentre resteranno a Ferrara le attività
ambulatoriali specialistiche dell‟Asl attualmente nell‟anello dell‟ex S.Anna. Per la Fisica
Medica, in linea con quanto previsto nel piano di trasferimenti da Ferrara a Cona , la
Struttura Complessa dal 14 luglio è operativa nel Polo Ospedaliero di Cona settore 2 blocco D - piano 0 (2D0). La Fisica Medica dell‟Azienda Ospedaliero Universitaria di
Ferrara (istituita il 12 febbraio 1971 tra le prime in Italia), applica i principi e le metodologie
della Fisica alla Medicina nei settori della prevenzione, della diagnosi e della cura con il
fine di assicurare la qualità delle prestazioni e la tutela dei pazienti, degli operatori e della
popolazione. In generale i Servizi di Fisica Medica si occupano di: terapia (radioterapia e
terapie metaboliche), diagnostica (Radiologia, Diagnostica a Ultrasuoni, Risonanza
Magnetica, Medicina nucleare), sicurezza e protezione nell‟impiego delle radiazioni
ionizzanti e non ionizzanti, radioprotezione degli operatori e valutazione delle tecnologie in
ambito sanitario. Nella realtà ferrarese la Struttura Complessa di Fisica Medica opera
sull‟intera provincia ed è composta da cinque Fisici Medici, tra cui il Direttore Facente
Funzione Alessandro Turra, tre Tecnici della Prevenzione e un Tecnico Sanitario di
Radiologia Medica. Tutte le figure professionali sono coinvolte, a vario titolo, nei diversi
settori della diagnostica, della terapia e della prevenzione.
A processo per truffa aggravata
L’imputata sceglie il silenzio
Ha scelto di sottrarsi all‟esame del tribunale, di trincerarsi dietro al diritto di non rispondere
la dottoressa Anna Cantagallo, l‟ex fisiatra del Centro di Riabilitazione San Giorgio
licenziata nel settembre 2011 dall‟azienda Sant‟Anna e ora a processo per truffa
aggravata. La dottoressa era stata allontanata dal servizio sanitario pubblico al termine di
un‟indagine interna scaturita dalle denunce di alcuni pazienti o dei loro familiari. Secondo i
riscontri raccolti dall‟azienda, la dottoressa avrebbe trasformato prestazioni pubbliche,
esenti o con pagamento di ticket (come le visite per il rinnovo della patente) in costose
prestazioni private (170 euro) e avrebbe inoltre dirottato altri pazienti sopravvissuti a
incidenti stradali dal Centro di Riabilitazione pubblico alla struttura privata di cui era
responsabile scientifico (la Brain Care di Padova con sede ferrarese in via Darsena), dove
venivano sottoposti a pagamento a trattamenti erogati anche dalla sanità pubblica. Rilievi
che si sono trasformati nell‟imputazione di truffa aggravata, sulla quale l‟imputata ieri
avrebbe potuto fornire la sua versione dei fatti, ma ha preferito non farlo, scegliendo il
silenzio. Hanno così parlato i testimoni, a cominciare da un‟addetta alla segreteria del
S.Giorgio, citata dall‟avvocato di parte civile Marco Linguerri, che al processo assiste
l‟azienda S.Anna che ha ritenuto di aver subito un gravissimo danno d‟immagine per il
comportamento della sua ex dipendente. È così emerso che nella gestione delle
prenotazioni e degli appuntamenti la dottoressa incorreva in “anomalie”, come chiedere le
generalità dei pazienti e fissare lei stessa la data della visita. Non ortodossa nemmeno la
procedura di consegnare alla segreteria denaro contante (spiegando che la macchina
erogatrice non aveva accettato le banconote del paziente perché di taglio troppo grande) e
chiedere l‟emissione di fattura. Un collega di Brain Care invece ha riferito che la dottoressa
utilizzò i moduli di Brain Care per emettere fattura per una prestazione del San Giorgio,
per motivi di urgenza. Fattura che sarebbe stata poi annullata e sostituita, ma senza
avvisare il paziente. A testimoniare è stato chiamata anche l‟ex direttore generale del
Sant‟Anna Riccardo Baldi, che ha riferito di un incontro richiesto nel 2009 dalla dottoressa
Cantagallo, durante il quale aveva lamentato screzi e contrasti con il primario Basaglia,
soprattutto per il rifiuto di acquistare per il S. Giorgio test valutativi forniti da Brain Care. Il
processo riprende il 17 dicembre.
Le carie preistoriche? Nel Paleolitico si curavano così
È il 1988 quando un appassionato archeologo si imbatte, all‟interno del Parco Nazionale
delle Dolomiti Bellunesi, in uno scheletro quasi perfettamente conservato, risalente a circa
14.000 anni fa, in pieno Paleolitico superiore: quando è morto, probabilmente di anemia,
l‟uomo aveva 25-30 anni ed era un cacciatore, visti i reperti ritrovati in quella che si può
considerare una vera tomba. Tuttavia la sua particolarità è un‟altra, scoperta dal team
dell‟Università di Ferrara: sul terzo molare inferiore destro era presente una lesione
cariosa e si notano tracce di un intervento manuale, alquanto rudimentale, per curare
l‟infezione, all‟epoca molto più rara che ai giorni nostri. Boom: ecco il primo “dentista” della
storia, non si sa se lo stesso Uomo del Villabruna (questo il nome che gli è stato affibbiato,
in ricordo di Aldo Villabruna che lo scoprì) o un‟altra persona che ha operato in suo favore
mentre era in vita. Finora la scienza datava il più antico trattamento dentistico all‟epoca
Neolitica, tra i 9.000 e i 7.000 anni fa. Ora il salto all‟indietro di quasi cinque millenni. «A
distanza di 25 anni dalla scoperta dello scheletro – spiega Marcello Peresani, archeologo
della sezione di Scienze preistoriche e antropologiche del dipartimento di Studi umanistici
di Unife – gli studi sono ripresi. Apriranno ulteriori prospettive per altri colleghi (la ricerca è
stata pubblicata sulla rivista “Scientific Reports”, ndr) e presto arriveremo ad analizzare il
Dna dell‟uomo e in modo più approfondito il suo apparato masticatorio. Intanto i risultati
sono stati davvero innovativi: la nostra scoperta mostra come, agli albori, la medicina
dentale sfrutti abilità, competenze creative e tecnologiche presenti ben prima del
Neolitico».. Il tutto passando attraverso numerose fasi, illustra Gregorio Oxilia, dottorando
di ricerca: dalla ricostruzione funzionale della dentizione all‟uso del microscopio elettronico
a scansione per visualizzare e analizzare le lievi incisioni presenti nella cavità dentale, fino
ai test utili a confermare che questi solchi sono stati prodotti da uno strumento microlitico.
Ovvero un “toothpicking”, «ciò che noi chiameremmo stuzzicadenti, all‟epoca bastoncini in
legno o osso, utilizzati già a partire da due milioni di anni fa per asportare piccoli frammenti
di cibo rimasti intrappolati tra i denti», sostiene Oxilia. Quindi una piccola punta di pietra
con cui si sollevava e asportava il tessuto infetto, non lo si trapanava come oggi. Non è
stata trovata traccia di pasta curativa, aggiunge Peresani, «almeno non su questo reperto;
è stato tuttavia notato su altri, più recenti». Gli studi sono in corso in città a Palazzo Turchi
di Bagno, dove tra l‟altro è visibile la ricostruzione della sepoltura del Riparo Villabruna. La
ricerca viene condotta in collaborazione con l‟Università di Bologna e lo studio
odontoiatrico ReaSibilia di Ferrara.
Un dolce sorriso per i pazienti diabetici
"Dolce sorriso": questo il progetto spiegato ieri, nel corso di una conferenza stampa, che
vede la collaborazione tra l'Unità Operativa di odontoiatria dell'Università di Ferrara e
l'Unità Operativa di medicina Interna delle malattie metaboliche e del ricambio rete clinica
provinciale di diabetologia, dell'Azienda Usl di Ferrara. Leonardo Trombelli, direttore di
Odontoiatria, spiega che «è un progetto rivolto a pazienti diabetici. Il percorso era già stato
introdotto dieci anni fa, ora è stato implementato con una collaborazione tra odontoiatria e
medicina interna. La parodontite, che porta a perdere i denti, è una delle tante
complicanze del diabete. Il 20% dei pazienti dichiara di aver perso spontaneamente
l'elemento dentario». Il paziente diabetico può prenotare una visita odontoiatrica ai centri
Cup o in farmacia senza richiesta del medico curante. Dario Pelizzola, direttore di
Medicina Interna delle malattie metaboliche e del ricambio,ribadisce che «a Ferrara il
diabete mellito tipo II riguarda oltre il 7% della popolazione. È la pandemia del Terzo
millennio. A Ferrara, a 28.000 pazienti è stata diagnosticata questa malattia. La
collaborazione tra Unife e azienda ospedaliera permette di unire le risorse, affrontando
meglio la patologia». Secondo Mauro Marabini, direttore sanitario Usl, «integrando
discipline e risorse otteniamo un risultato. Diabetologia si integra con odontoiatria per
curare la sindrome diabetica, che richiede competenze specialistiche.Abbiamo sviluppato
una visione generale del problema, non focalizzata su un solo aspetto». Soddisfazione la
esprime anche Ermes Carlini, dirigente medico: «dobbiamo proseguire su questo
percorso, anche nella specialistica ambulatoriale». Per l'assessore alla sanità Chiara
Sapigni «unendo le risorse è migliorata la risposta al paziente. Gli specialisti lavorano
insieme per migliorare la qualità di vita delle persone».
Uniti contro la sindrome di Lowe
FORMIGNANA Cresce la ricerca internazionale per la lotta alla sindrome di Lowe, rara
malattia genetica che colpisce soprattutto i bambini maschi, con 50 casi in Italia. Su
questo fronte è impegnata proprio l'Aislo, associazione italiana contro la sindrome (e
consorelle negli Usa, Europa e Australia). Fondamentali sono i fondi per proseguire la
ricerca scientifica, da Telethon e da iniziative benefiche, come il recente Gran Premio della
Solidarietà di Formignana, aiutano i ricercatori nel loro difficile lavoro. La stessa
Annamaria Dinelli, presidente nazionale di Aislo se ne fa portavoce: «Gli Amici del ciclismo
ci hanno donato un ricavato di ben 1.015 euro. Ancora una volta un grande grazie a Biagio
Amà, promotore dell'iniziativa, e a tutti coloro che ci aiutano. Sulla ricerca in corso prosegue la Dinelli -, originaria di Grado, ma da anni residente a Formignana - ho
partecipato al 13º incontro svolto al Tigem di Pozzuoli, nel Napoletano, con importanti
relatori sulla ricerca di oggi sulla Sindrome di Lowe - altri ricercatori cercano un composto
chimico che possa ripristinare alcune funzioni: il dottor Wolchowski a Londra, il dottor
Aguilar e la nostra Antonella De Matteis». Un altro studio nel 2015 è stato portato avanti
dal team formato dal ricercatore polacco e primario di nefrologia pediatrica dell'ospedale
pediatrico di Poznan, Marcin Zaniew, coi colleghi di altri paesi come Arend Bockenkamp e
Michael Ludwig. Obiettivo dello studio: analizzare la prevalenza e progressione, fattori
determinanti della cosiddetta Mrc nei bambini affetti dalla sindrome di Lowe. Un altro
importante lavoro è in corso presso l'università di Cagliari sempre sui pazienti affetti dalla
sindrome. Tra gli interventi invece svolti al Tigem di Pozzuoli spiccavano quelli della
dottoressa Antonella De Matteis e della dottoressa Patrizia Folegani, neuropsichiatra
infantile dell‟Asl di Ferrara.