1/3 Il Sudoku tra passato e presente Il Sudoku è un

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1/3 Il Sudoku tra passato e presente Il Sudoku è un
Roberto Weitnauer
Stesura: 9 agosto 2005
(4741 battute)
Scritto d’origine pubblicato e diritti ceduti a terzi
Il Sudoku tra passato e presente
Il Sudoku è un noto passatempo che occupa le pagine delle riviste di enigmistica e
anche dei quotidiani. Un quadrato di 9x9 caselle parzialmente precompilato deve
essere completato dal giocatore secondo un vincolo esplicito che impone che nessun
numero da 1 a 9 inserito nello schema ricorra più di una volta in una riga, in una
colonna o in una delle tre sottoregioni di 3x3 caselle. La soluzione non può ottenersi
con un metodo ad hoc, ma è demandata alla logica dell’esclusione, il che è proprio
quanto funge da intrattenimento. Il Sudoku è diventato un business, tanto che
esistono software per la generazione automatica del gioco. Le sue origini sono però
antiche e si richiamano ad alcuni problemi affrontati da Eulero nel XVIII secolo e,
prima ancora, agli antichissimi quadrati magici che da sempre affascinano i
matematici.
Nella terra del Sol Levante la frase “suji wa dokushin ni kakiru” significa “sono
ammessi solo numeri singoli”. È la regola di un rompicapo. La contrazione delle
parole ‘suji’ (numero) e ‘dokushin’ (singolo) fa capire a molti a quale gioco ci stiamo
riferendo: è il Sudoku, esploso sulle pagine enigmistiche dei quotidiani di molte
nazioni tra il 2004 e il 2005. Per la cronaca, il nome non va confuso con ‘Sodoku’ che
è invece un’infezione trasmessa dal morso di roditori.
Il Sudoku classico è formato da una griglia di 9x9 caselle e di 9 sottoregioni da 3x3
caselle ciascuna. Partendo da alcuni numeri preinseriti, occorre completare lo schema
con i valori da 1 a 9 in modo tale che nessuno di essi ricorra più di una volta in una
riga, in una colonna oppure in una regione. I numeri sono puramente convenzionali;
si potrebbero impiegare lettere o altri simboli. Non sussiste un metodo per costruire a
colpo sicuro la soluzione. Bisogna invece procedere per esclusione, guidati dalla
logica e da buone intuizioni. È proprio questo che diverte e che ha alimentato un
business.
In certi paesi è oggi possibile brevettare cose astratte, non solo marchingegni od
oggetti fisici. Ad esempio, negli Stati Uniti il software è brevettabile. Ebbene, il
Sudoku è stato brevettato in Giappone. Ci ha pensato nel 1984 la casa editrice
nipponica Nikoli. I primi Sudoku vennero in verità pubblicati già verso la fine degli
anni ‘70 da una rivista di giochi matematici newyorkese, senza però riscuotere un
grande favore. Nikoli decise per la presenza delle sottoregioni, per un ammontare di
numeri preinseriti non superiore alle 30 unità e per una disposizione degli stessi
simmetrica rispetto al centro. Con tale lifting il gioco divenne più seducente e fonte di
lucro.
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Il successo del Sudoku non si limita alla carta stampata. Circa 8 anni fa, durante un
soggiorno a Tokyo, un ex-giudice neozelandese appassionato di crittografia s’imbatté
nei Sudoku e ne rimase ammaliato. Da allora Wayne Gould, oggi 60-enne, si
trasformò in un formidabile ideatore di queste matrici, al punto da fondare un’azienda
di software per la loro generazione su vasta scala.
Il calcolo combinatorio ci dice che sono possibili circa 6.671 miliardi di miliardi di
Sudoku classici! Ovviamente, molti valori compaiono nella stessa posizione.
Tuttavia, il modello genuino, con i relativi numeri preassegnati, dovrebbe implicare
un’unica soluzione. Non tutte le tavole pubblicate dai quotidiani sono così e questo
sporca il gioco per la frenesia del ritorno editoriale.
Le radici di questo puzzle numerico risalgono a oltre 2 secoli fa e sono europee. Il
basilese Eulero (1707-1783), una delle massime menti scientifiche e matematiche di
ogni tempo, affrontò il “problema dei 36 ufficiali”. Ci sono 6 reggimenti, ognuno con
6 ufficiali di grado diverso. È possibile disporre in quadrato (6x6) i 36 graduati, in
modo che in ogni riga e in ogni colonna ci sia un ufficiale di ogni reggimento e di
ogni grado? Lo svizzero comprese che il quesito non avesse soluzione, ma la
dimostrazione pervenne solo 100 anni più tardi. Oggi sappiamo tuttavia che il
quadrato 6x6 è l’unico a non ammettere quel tipo di soluzione (nemmeno il 2x2, ma è
banale). Un fatto curioso.
Gli studi di combinatoria di Eulero riguardavano i cosiddetti quadrati latini
ortogonali. Ci troviamo almeno una spanna sopra ai trastulli del Sudoku. Ad
esempio, i quadrati latini vengono oggi impiegati per risolvere questioni informatiche
inerenti i processori che lavorano in parallelo. È infine doveroso menzionare i
quadrati magici. Qui i valori da inserire sono tanti quanti le caselle disponibili. La
somma di ogni colonna, di ogni riga e anche delle due diagonali deve essere uguale.
Non è quindi possibile sostituire i numeri con altri simboli.
I quadrati magici hanno origini antichissime. Quello cinese di Lo Shu è una
matrice 3x3 che risale a prima del 2000 a.C. Contiene i numeri da 1 a 9, come il
Sudoku, e fu un simbolo mistico molto potente. Secondo la leggenda lo notò
l’imperatore Yu-Huang sul dorso di una tartaruga sacra presso il grande Fiume
Giallo. Il primo quadrato magico 4x4 è invece di origine indiana e risale al VI secolo
d.C. Un matematico può snobbare una matrice Sudoku, ma ben altro atteggiamento
riserva ai quadrati magici.
Il passatempo giapponese ha più umili ambizioni e non s’imporrà nella tradizione
come gli scacchi o il bridge. Esso è però capace di stimolare in modo financo
perverso la naturale curiosità degli umani nei confronti di enigmi e sciarade. Sono
stati segnalati diversi casi di dipendenza psicologica. Non mancano d’altronde i
benefici intellettivi: si parla ad esempio di una riduzione del rischio di Alzheimer.
Talvolta dare i numeri aiuta. Aiuta forse anche il business.
Roberto Weitnauer
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Esempio di Sudoku computerizzato
(http://www.veryfreesudoku.com/GFX/PureSudokuDeluxeAnim.gif)
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