SAGGIO SULL`EVOLUZIONE - La Rivista della Scuola
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18 18 INSERTO SPECIALE LA RIVISTA DELLA SCUOLA Anno XXV, 1/31 maggio 2008, n. 9 SAGGIO SULL’EVOLUZIONE Modelli d’infanzia dal Medioevo ad oggi e la Aspetti dell’evoluzione storica dell’infanzia nel Medioevo. I contributi L’abbigliamento e i giochi infantili. La vita di FILIPPO NOBILE ggetto di studio del presente lavoro è il posto che l’infanzia ha occupato lungo un’evoluzione storico-culturale che va dal Medioevo ad oggi. La prima parte, in particolare rivolge l’attenzione su alcuni aspetti che riguardano l’infanzia nel Medioevo, tra cui l’iconografia nel suo percorso dal XII al XVIII secolo, l’abbigliamento e i giochi infantili; ma anche sulla vita scolastica scandita dal passaggio dall’esternato all’internato e dalle rigorose regole disciplinari. La seconda parte affronta il ruolo dell’infanzia in epoca moderna; l’ascesa della borghesia nel ‘700 e il delinearsi di due tipi d’infanzia: una privatizzata e limitata nell’espressione delle sue pulsioni, l’altra invece sfruttata dalle industrie e dal lavoro in campagna. La diffusione dei primi asili infantili, soprattutto in Francia e in Germania riveste un ruolo del tutto innovativo. Il viaggio iniziatico delle fiabe che si lega a quella che è l’iniziazione all’esistenza dei bambini fatta di fatiche e timori da superare. La terza parte prende in esame un nuovo atteggiamento nei confronti dell’infanzia che si delinea nel corso del Novecento concretizzandosi in una serie di contributi di ricerca psicologica e pedagogica, che cercano di indagare l’infanzia nei tratti della sua specificità e in quelli della sua alterità rispetto al mondo degli adulti. Gli stessi studi riguardano anche l’infanzia deviata sotto il nazismo; d’altro canto provocano l’emergente valorizzazione delle bambine e dei bambini diversamente abili, senza tuttavia ignorare il rapporto tra il bambino e i media, spesso improntato alla passività anziché essere rivolto al senso critico e alla partecipazione attiva. La quarta ed ultima parte descrive i diversi approcci del processo di socializzazione dell’infanzia, quali quello bio-psichico e della personalizzazione. Infine vengono discussi i cambiamenti che riguardano il passaggio da un’infanzia passiva, conformizzata dall’adulto, a quella in cui si richiede al bambino una sua attiva partecipazione sociale, educativa e familiare, cioè una socializzazione improntata all’interattività, alla reciprocità e alla rinegoziazione del rappor to tra bambino e adulto, senza dimenticare il ruolo fondamentale che in tutto ciò rivestono la famiglia e la scuola. Il bambino come personalità a sé, diversa dall’adulto, non si era mai affacciato alla ribalta del mondo. Quasi tutta la morale e la filosofia della vita si orientò sull’adulto, e le questioni sociali per l‘infanzia furono altrettanti rami dell’adultismo. Il bambino come personalità importante in se stessa (e che ha bisogni diversi dall’adulto da soddisfare, raggiungere le altissime finalità della vita) non fu mai considerato. Il bambino fu visto come un debole aiutato dall’adulto: non mai come una personalità umana senza O diritti, oppressa dall’adulto. Il bambino come uomo che lavora, come vittima che soffre, come compagno migliore di noi, che ci sostiene nel cammino della vita è una figura ancora sconosciuta. Su di essa esiste una pagina bianca nella storia dell’umanità. È questa pagina bianca che, noi vogliamo cominciare a riempire. (Montessori 1936,3). 1. Aspetti dell’evoluzione storica dell’infanzia nel Medioevo La storia, secondo Franco Cambi, ha perduto le sue tradizionali certezze. Spogliata ormai dal mito del Progresso o del Tempo Unitario, essa si articola su piani diversi, in tempi e spazi simmetrici e non. La storia, in par ticolare delle scienze umane, si muove dentro l’ipoteticità, la fantasia e conclusioni sempre parziali e relative; attraverso di essa ci si vuole accostare al nostro altrove, a ciò che è altro, cioè altre culture e società. Ricordare, per F. Cambi, significa anche rendere più umile la coscienza di sé del presente per affacciarsi al pluralismo dei mondi. All’interno della ricerca storica contemporanea acquista un posto molto significativo la storia dell’infanzia: in questo modo si va a rompere un silenzio millenario nei confronti dell’infanzia, intesa per molto tempo come entità debole e sottomessa agli adulti. L’interesse storiografico per l’infanzia si è articolato in due grandi settori. Il primo è quello orientato sulla storia sociale dell’infanzia, sulle condizioni di vita, sulle istituzioni ed anche sulle pratiche di controllo che la governano, e in genere attesta la vita materiale e sociale dell’infanzia; il secondo settore invece si concentra sull’aspetto legato all’immaginario dell’infanzia. Tale ambito è stato inaugurato dallo storico francese Ariès, il quale fissa, con la sua analisi storica, un’idea d’infanzia elaborata durante l’età moderna, che s’incentra sul valore del bambino, sul mito della sua innocenza e su un suo oscillare tra cure amorose e rigido controllo. In Italia la storia dell’infanzia ha seguito prevalentemente il primo ambito. 1.1 I contributi dell’iconografia francese dal XII al XVII secolo È lo storico francese Philippe Ariès che rifacendosi più ai documenti legati all’immaginario, con il suo testo “Padri e figli nell‘Europa medievale e moderna”, ha costituito un punto di riferimento fondamentale per l’analisi storico-sociale dell’infanzia. La sua tesi principale afferma che “la scoperta del significato dell’infanzia in quanto espressione della coscienza collettiva coincide con l’avvento della società moderna”. La società medievale non possie- Nonna e bimbi in Spagna, 2000, Foto di Cristina Garcia Rodero de un’idea dell’infanzia: la vita del bambino si confonde con quella dell’adulto; subito dopo lo svezzamento i bambini fanno il loro ingresso nel mondo degli adulti e insieme condividono il modo di vestire, i giochi e le attività lavorative. Si comincia a percepire un mutamento nell’atteggiamento nei confronti dell’infanzia in seguito ad un crescente interesse nei confronti dell’educazione. L’arte medievale, fino al XII secolo, non s’interessa della rappresentazione dell’infanzia. Solo a partire dal XIII secolo essa comincia a rappresentare vari tipi infantili, come ad esempio il piccolo chierico, o il modello del bambino Gesù. Si dovranno aspettare i secoli XV e XVII affinché dall’iconografia religiosa si distacchi un’iconografia laica, in cui si vede il bambino insieme alla folla e alla famiglia. Nel periodo gotico il bambino è rappresentato nudo, come avviene nel caso dei putti e dei ritratti infantili. Successivamente, nel XVII secolo, esso si collocherà al centro della composizione. L’infanzia inizia il suo processo di laicizzazione solo alla fine dell’età ellenistica, e trova nell’ar te il momento di maggiore spicco, come ad esempio nella Camera degli Sposi a Mantova, un affresco realizzato nel Quattrocento ad opera del grande Mantegna. Nel dipinto il putto ha una natura essenzialmente mondana, quindi non è più esclusiva rappresentazione di un bambino divino sacralizzato e al di fuori dalle coordinate spazio-temporali, ma viene a far parte della scena alla pari di tutti gli altri, dentro uno spazio e un tempo ben definiti. I putti rappresentati vanno ad esprimere un rinnovato modo di percepire l’infanzia, che poi si andrà a consolidare fortemente nell’età moderna. Ariès asserisce che “nel Medioevo non si pensa che nel bambino ci sia tutta una persona umana nella sua totalità”. L’indifferenza nei suoi confronti è spiegabile soprattutto a causa di un’alta mortalità presente a quei tempi; è importante constatare che il sentimento nei confronti dell’infanzia nasce in condizioni demografiche ancora abbastanza precarie. OCCHIO ALLA SCADENZA DELL’ABBONAMENTO Ricordiamo a tutti gli Abbonati che la scadenza dell’abbonamento è indicata nell’etichetta dell’indirizzo con cui viene spedita la Rivista 1.2 L’abbigliamento e i giochi infantili Per quanto concerne l’abbigliamento dei bambini vi è una totale indifferenza dei costumi sino al XVI secolo. Solo nel Seicento, ma soprattutto con l’avvento della borghesia, il bambino si distingue dall’adulto, con un abito specifico per la sua età. Progressivamente si diffonde l’abitudine di vestire i bambini come le bambine, queste ultime a loro volta continuano a portare l’abito delle donne adulte, infatti tra le bambine non si è attuata una differenziazione in fatto d’abbigliamento, come invece è avvenuto tra i bambini. Vi è tuttavia un ornamento specifico nell’abito femminile dei maschi e delle femmine, che è del tutto assente nell’abito delle donne adulte: esso consiste in due larghi nastri attaccati alle spalle e pendenti sul dorso, dai quali pende una cordicella annodata che serve ad orientare i primi passi del bambino. Per distinguere l’abbigliamento infantile da quello degli adulti si sceglie per i primi l’abito che circa un secolo prima è portato esclusivamente dagli adulti, pertanto si mantengono per i bambini i vecchi costumi d’abbigliamento che gli adulti da tempo non utilizzavano più; il delinearsi di un modo di vestire proprio dell’infanzia, che si sviluppa inizialmente nelle classi più elevate, verso la fine del Cinquecento, segna una data molto importante nella formazione del sentimento che fa dei bambini una società separata da quella degli adulti. Dobbiamo però ricordare, che questo avviene in una Francia in cui l’abito riveste una notevole importanza. Si spendeva molto per vestirsi in quanto con una certa prosperità esteriore nell’abbigliamento si andava ad esprimere la propria condizione sociale. Possiamo dire, quindi, che vi è il perdurare della veste lunga fino alla fine del Settecento; dal Seicento in poi si accentuano due tendenze: l’aspetto femmineo del bambino piccolo, che porta ad esempio la veste e la sottana delle bambine, e una preoccupazione di caratterizzare l’infanzia, che si rivolge prettamente ai maschi, i quali sono i primi ad essere oggetto di una educazione speciale e a frequentare i collegi. In riferimento al gioco, possiamo dire che si tratta di un’esperienza peculiare dell’infanzia in quanto è un fenomeno caratterizzante la vita umana, il quale però, secondo la Becchi , non è stato adeguatamente considerato e documentato. Solo da meno di un secolo è diventato oggetto di ricerca psicologica e antropologica. Nell’esperienza del gioco il bambino prefigura spesso attività e ruoli che probabilmente attiverà da adulto, pertanto il mondo ludico è anche intessuto di relazioni affettive o immaginate con dei coetanei o con gli adulti. Nell’ambiente di vita quotidiana il bambino si è a lungo dovuto ritagliare dei momenti di gioco poiché per tanto tempo non gli sono stati riconosciuti spazi e tempi peculiari. Seppur alcune forme di gioco non mutano nel tempo, come ad esempio il gioco della bambola o il nascondiglio, pian piano il materiale ludico si fa più raffinato e vario, mentre il giocattolo fatto in casa o dal bambino stesso si estingue progressivamente; inoltre i giochi spesso nascono dallo spirito d’emulazione dei bambini nei confronti degli adulti. Nella vita quotidiana un posto centrale è riser vato anche alla danza, alla musica e al canto. È importante constatare che in passato i giochi e i divertimenti non rivestivano dei momenti sporadici ma facevano parte della vita quotidiana in quanto mezzi indispensabili volti a rafforzare i legami affettivi e la vita in comune. Alla fine del Seicento e all’inizio del Settecento inizia a delinearsi una nuova tendenza: da un lato tutti i giochi sono ammessi senza riserve dalla maggioranza; dall’altro una minoranza di rigoristi e moralisti li condannano, denunciando una loro immoralità riscontrabile ad esempio nei giochi d’azzardo, con i dadi o le carte, fino ad allora praticati anche dai bambini stessi senza sensi di colpa. Così, progressivamente, sotto l’influenza degli educatori dell’umanesimo spinti da preoccupazioni relative alla morale e al bene comune ma anche della Chiesa che condanna il gioco sotto tutte le forme, si abbandonano tali giochi ritenuti violenti o immorali e si attua un passaggio dai giochi, originariamente comuni alla società intera, ai giochi riservati a determinate età e condizioni sociali. In tal modo, la comunanza dei giochi viene progressivamente interrotta sia tra bambini e adulti e sia tra il popolo e la nascente borghesia. Un’altra nota significativa riguarda il concetto d’innocenza dell’infanzia che si afferma a partire dal Seicento. Prima di allora è un fatto di diffuso costume associare ai bambini scherzi o allusioni relativi al sesso; i tanti gesti e contatti appaiono come qualcosa di naturale, pertanto non si ritiene che l’innocenza infantile possa compromettersi, poiché di fatto tale innocenza non la s’intendeva come reale. Nel corso del Seicento si delinea un vasto movimento, il quale andrà ad affermare il concetto d’innocenza infantile che associato a quello di debolezza sarà determinante per la formazione pedagogica dei bambini, fondata soprattutto sul pudore o sull’attenzione nel cercare di evitare espressioni che possono danneggiare la castità o la correttezza del linguaggio. A ciò seguono dei principi importanti, quali il non lasciare soli i bambini, evitare di coccolarli ed abituarli ad una certa severità; si va diffondendo in genere un costante controllo sociale dell’infanzia associato ad un rinnovato interesse nei suoi confronti. Progressivamente si percepisce e poi si afferma sempre più una graduale sensibilità nell’affermarsi dell’infanzia, la quale fino al Cinquecento rimane relegata nell’anonimato e solo successivamente acquista nella famiglia, ma non solo, una posizione centrale per il semplice fatto di esistere.