Atti Lione 2007 - Federazione BCC Emilia Romagna

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Atti Lione 2007 - Federazione BCC Emilia Romagna
ATTI
XXXI CONVEGNO
REGIONALE
DELLA COOPERAZIONE
DI CREDITO
Lione, 12-14 ottobre 2007
SOMMARIO
GIULIO MAGAGNI
Presidente della Federazione
delle Banche di Credito Cooperativo
dell’Emilia Romagna .................................................................................. p.
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JACQUES DARNE
Presidente “Gran Lion” (Città metropolitana) ............................................ p. 15
BERNARD GAY
Direttore Generale Aggiunto
del Credìt Mutuel Sud-Est .......................................................................... p. 17
MASSIMILIANO MARZO
Docente di Macroeconomia
Università di Bologna ................................................................................ p. 19
ROBERTO MARCHETTI
Direttore della Sede di Bologna della Banca d’Italia.................................. p. 41
FRANCO CALEFFI
Direttore Generale Federcasse .................................................................. p. 55
MONS. FRANCESCO ROSSO
Delegato CEI per la Cooperazione ............................................................ p. 65
ANTONELLO E. SCORCU
Professore ordinario di Politica Economica
Università di Bologna ................................................................................ p. 67
BERNARD GAY
Direttore Generale Aggiunto
del Credìt Mutuel Sud-Est .......................................................................... p. 85
OLIVIER ANDREANI
Direttore Area Mercati e Finanza
del Credìt Mutuel Sud-Est .......................................................................... p. 91
DOMENICO RAVAGLIOLI
Presidente
Banca di Forlì - Credito Cooperativo.......................................................... p. 101
WALTER BARAGHINI
Presidente
Banca di Cesena - Credito Cooperativo .................................................... p. 105
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ROBERTO MAZZOTTI
Vice Direttore Iccrea Holding .................................................................... p. 107
SECONDO RICCI
Presidente Cedecra
Vice Presidente
Credito Cooperativo Ravennate e Imolese ................................................ p. 113
GIULIO MAGAGNI
Presidente della Federazione
delle Banche di Credito Cooperativo
dell’Emilia Romagna .................................................................................. p. 115
TAVOLA ROTONDA
“Piccole e medie imprese. BCC e Confidi: ruoli e sinergie” ...................... p. 127
Moderatore
GIORGIO COSTA
Giornalista - Caposervizio “Il Sole 24 Ore - Centro Nord”
TINO VACCARI
Responsabile nazionale Area Credito Confartigianato
GABRIELE MORELLI
Segretario CNA Emilia Romagna
MARCELLO ROSSETTI
Presidente Giovani Industriali Unionapi Emilia Romagna
PATRIZIA FRABETTI
Responsabile Consorzio Fidi Unioncamere Emilia Romagna
EMANUEL DANIELI
Direttore Fidindustria Emilia Romagna
ROBERTO MAZZOTTI
Vice Direttore Iccrea Holding
ALESSANDRO AZZI
Presidente Federcasse .............................................................................. p. 159
GIORGIO COSTA ...................................................................................... p. 171
Giornalista - Caposervizio “Il Sole 24 Ore - Centro Nord”
intervista
GIULIO MAGAGNI
Presidente della Federazione
delle Banche di Credito Cooperativo
dell’Emilia Romagna
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GIULIO MAGAGNI
Presidente della Federazione
delle Banche di Credito Cooperativo
dell’Emilia Romagna
Rivolgo a tutti gli intervenuti, al rappresentante della città, ai dirigenti
del Credit Mutuelle, alle Bcc, agli ospiti, alla Banca d’Italia, alla Federazione italiana, alle società del sistema, a tutti i relatori, un cordiale caloroso benvenuto al nostro convegno che si svolge in questa importante, illustre, splendida città.
31 anni di convegni sono tanti, di fronte al veloce scorrere del tempo
della post modernità, che rende tutto così frettoloso e spesso rischia di
farci dimenticare il corso lungo della nostra storia che è ormai ben oltre
il secolo.
Amiamo infatti, dire spesso che la nostra esperienza storica tocca 3
secoli, l’800, il 900 e questo che stiamo vivendo: quando diciamo ciò evochiamo una storia ricca e fortunata, nata da un’idea profonda di solidarietà e sussidiarietà che si è evoluta, non senza difficoltà, in questo lungo periodo e che ogni giorno peraltro deve fare i conti con la complessità e l’evoluzione della società italiana, europea e mondiale; una condizione che richiede capacità di analisi, e ricerca che si faccia azione.
I nostri convegni hanno sempre avuto i connotati della riflessione sul
come siamo, su cosa stiamo facendo, su cosa e come sta cambiando intorno a noi, esaminando le tendenze e i fenomeni in gestazione, appunto per immaginare il futuro, preparare le nostre risposte tecniche-organizzative, adeguare le nostre performance.
Oggi siamo venuti a Lione, terza città della Francia, capoluogo della regione Rodano Alpi, per svolgere il nostro 31° convegno, che si attua con
modalità organizzative diverse dal passato; abbiamo voluto un convegno
più disteso, che consentisse a tutti i partecipanti di godere delle bellezze
di questo straordinario territorio.
Si tratta di uno sforzo organizzativo ed economico per noi rilevante; un
impegno quindi che vuole rimarcare la necessità continua di attenzione,
verso i momenti di studio e di analisi delle tematiche economiche e sociali che abbiamo quotidianamente di fronte, ma anche ribadire il valore
dello “stare assieme”.
Questo convegno di studio si colloca in una fase di grandi cambiamenti, normativi e di mercato. Oggi è più difficile del passato fare banca,
aumentano la concorrenza, aumentano i rischi, sono più pesanti le nor-
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mative, si è più esposti a nuovi diversi rischi, che richiedono una più adeguata cultura dei controlli, una capacità migliore di ridurre i rischi reputazionali e di gestione, una maggiore attenzione ai costi diretti ed indiretti,
e agli assetti organizzativi e di governance. La nostra Federazione per le
proprie caratteristiche e per la collocazione geografica che ricopre può
essere considerata una “cartina di tornasole” dello stato di salute del nostro sistema; le ricerche e le collaborazioni che in questi anni abbiamo attivato con Prometeia e con l’Università di Bologna, Facoltà di Economia,
ci dicono con chiarezza che, nei nostri territori le problematiche di sviluppo, spesso si presentano in modo anticipato e una lettura approfondita delle situazioni di mercato e dell’evoluzione del sistema produttivo della nostra regione può aiutare le azioni di risposta delle Bcc alle eventuali difficoltà e/o mutamenti in atto.
Il convegno odierno assume come tema di riflessione generale “Il rapporto banca impresa e il ruolo delle Bcc nel sistema produttivo della
Regione Emilia Romagna”: si tratta di un tema cruciale, storicamente e
ciclicamente presente nelle riflessioni della nostra Federazione. Pur tuttavia non si tratta di un tema vecchio, anzi, i mutamenti sia del sistema
produttivo che dei nostri assetti organizzativi-produttivi hanno profondamente cambiato in questi anni tale rapporto, e occorre una cultura capace di leggerlo.
La relazione introduttiva che sarà svolta dal Prof. Massimiliano Marzo,
docente di Macroeconomia presso l’Università di Bologna, presenterà e
commenterà una indagine che è stata svolta nel periodo giugno-luglio
2007, prendendo a riferimento imprese-clienti del sistema delle Bcc dell’Emilia Romagna.
La relazione prenderà in esame la durata del rapporto banca impresa, gli elementi qualificanti di tale rapporto, le motivazioni nel rapporto
banca impresa, gli effetti del nuovo accordo sul capitale e le azioni intraprese dalle imprese clienti delle Bcc Emilia Romagna, la correlazione tra dimensione della Bcc e grado di informazione su Basilea2 e altri
temi ancora.
Vorrei sottolineare come la presenza del Prof. Massimiliano Marzo e
del Prof. Antonello Scorcu della Facoltà di Economia dell’Università di
Bologna, non è casuale, né improvvisata in mezzo a noi. Con il Dipartimento di Economia dell’Università di Bologna, ormai da molti anni esiste
una collaborazione continua e qualificata. La collaborazione sistematica
in essere ci ha reso migliori, più attenti ai fenomeni di mercato, più in grado di riflettere sulle nostre tematiche interne, in sintesi più capaci di portare un contributo fattivo e costruttivo alle nostre Bcc e all’intero sistema
nazionale. Un grande ringraziamento quindi lo rivolgiamo al Prof. Marzo
(con il quale è bene ricordare abbiamo costruito il prodotto Radici) e il
Prof. Scorcu e i loro collaboratori.
Dopo la pausa caffè, questa mattina, il Dott. Roberto Marchetti, Direttore della Sede di Bologna della Banca d’Italia affronterà il tema: “Le
banche locali e finanziamento delle imprese in Emilia Romagna: quali
prospettive”.
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Desidero immediatamente ringraziare Banca d’Italia e il Dott. Roberto
Marchetti per la disponibilità che ci ha dimostrato, per l’attenzione che
sempre ci riserva. Non manchiamo mai di sottolineare come la Banca
d’Italia per noi, sia un punto di riferimento indispensabile non solo per la
sua azione istituzionale e di controllo, ma anche come elemento di aiuto,
di sprone e di riferimento nella gestione quotidiana delle nostre aziende.
La ricerca e le riflessioni che il Dott. Roberto Marchetti ci presenterà
oggi saranno oggetto di una riflessione che inizierà in questo convegno
e proseguirà nei prossimi mesi nelle nostre strutture ed aziende.
Dopo il saluto degli ospiti e il dibattito, il Dott. Franco Caleffi, Direttore
Generale di Federcasse, chiuderà i lavori della primo giorno con un intervento che non mancherà di fare il punto sulle grandi questioni aperte
del nostro sistema e degli impegni pressanti che ci spettano. In particolare gli abbiamo chiesto di sottolineare i grandi progetti in corso in sede
nazionale, per la Compliance, Basilea2, Confidi, Fondo di Garanzia Istituzionale, IAS Fair Value, MiFID e le responsabilità che conseguono per
gli amministratori e dirigenti delle Bcc. In modo non rituale, desidero rivolgere un forte ringraziamento a Federcasse, ma anche personalmente
al Dott. Franco Caleffi, abbiamo già detto in premessa che questi sono
tempi complessi e difficili, ma è sicuramente più facile navigare in questo
mare se vi sono indicazioni sicure, progetti attenti, capacità organizzative di alto livello, ed è questo che intendiamo riconoscere a Federcasse,
al Presidente Azzi e alla gestione direzionale di Franco Caleffi e ai suoi
valenti collaboratori.
Nella giornata di domani il Prof. Antonello Scorcu, professore ordinario
di Politica Economica presso l’Università di Bologna, prenderà in esame
il tema: “Lʼevoluzione dinamica del portafoglio clienti: criticità ed analisi”.
In rapida successione quindi avremo la relazione del Dott. Bernard
Gay, Direttore Generale Aggiunto del Credit Mutuel del Sud-Est, che ringraziamo fortemente e sinceramente per la cordialità, l’attenzione e l’interesse che ci ha dimostrato, sia nei colloqui che abbiamo realizzato in
questo anno di preparazione del convegno, sia con la disponibilità a presentare la relazione: “Lʼesperienza del Credit Mutuel con la piccola media impresa”.
Il Credit Mutuel presenta un’esperienza fatta di radicamento mutualistico, e di contestuale capacità di presidiare i mercati e stare dentro la forte competizione di questo tempo. Il grande radicamento nei soci, la capacità di modernizzazione delle strutture, la conservazione dell’identità
cooperativa e mutualistica, ci indicano una strada comune; essere qui oggi a Lione, ascoltare la relazione del Dott. Gay, può essere un modo oltre
che per comprendere la loro esperienza, anche per iniziare un rapporto
strutturato e continuativo.
A chiusura della giornata di sabato presenterò le linee del Piano di sviluppo 2008-2010, un piano che vedrà un grande collettivo dibattito entro
l’anno nella nostra Federazione e nelle nostre Bcc.
Sabato sera prima della cena di gala Mons. Francesco Rosso celebrerà la Santa Messa.
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Nella giornata di domenica assisteremo ad una tavola rotonda sul tema: “Piccole e medie imprese. Bcc e Confidi: ruoli e sinergie”.
Il ruolo del Confidi si è rivelato in questi anni di rilevante importanza, di
straordinaria capacità di supportare lo sviluppo delle piccole e medie imprese. L’evoluzione normativa che i Confidi stanno affrontando è molto
impegnativa ed esigente, ha provocato fusioni e mutamenti organizzativi
che porteranno sicuramente ulteriori vantaggi allo sviluppo delle imprese
nei nostri territori.
Abbiamo chiesto al giornalista Dott. Giorgio Costa de “Il Sole 24 Ore
Centro Nord”, di coordinare e moderare il confronto che vedrà protagonisti, responsabili di importanti associazioni imprenditoriali e dei Confidi regionali, rispettivamente:
Tino Vaccari – Responsabile Nazionale Area Credito Confartigianato
Gabriele Morelli – Segretario CNA Emilia Romagna
Marcello Rossetti – Presidente Giovani Industriali Unionapi Emilia
Romagna
Patrizia Frabetti – Responsabile Consorzio Fidi Unioncamere Emilia
Romagna
Emanuel Danieli – Direttore Fidindustria Emilia Romagna
Roberto Mazzotti – Vice Direttore Iccrea Holding.
Si tratta di importanti dirigenti di organizzazioni imprenditoriali, con i
quali collaboriamo da anni più o meno intensamente, e con le quali riteniamo che, in questa nuova fase si possano stabilire percorsi comuni, sinergie e collaborazioni a supporto delle imprese che spesso sono socie
sia di tali organizzazioni che delle Bcc.
Noi riteniamo che l’incontro di questi giorni sia l’inizio di un più interso
percorso comune.
Un ringraziamento particolare lasciatemelo infine fare nei confronti di
Roberto Mazzotti vicedirettore generale di Iccrea Holding, e gia direttore
di Romagna Est, al quale abbiamo chiesto di dialogare e riflettere con i
rappresentanti di associazioni e Confidi portando l’esperienza duplice di
uomo profondamente conoscitore delle Bcc e di dirigente della holding
impegnata in un difficile, complesso ed importante attività di riforma ed
efficientamento del sistema imprenditoriale delle Bcc italiane.
Chiuderanno infine il convegno, l’intervento del nostro Presidente Nazionale Alessandro Azzi che non mancherà di sottolineare le più importanti sfide cui siamo tutti assoggettati in questa fase storica, il ruolo della
Federazione Italiana nella difesa proposizione e rappresentanza del credito cooperativo italiano, sia nei confronti delle istituzioni nazionali ed europee, che del sistema bancario, e il mio intervento conclusivo svolto nella veste di presidente della Federazione regionale ma anche di quella di
presidente di Iccrea Holding.
Come potrete vedere ospitiamo in questo convegno gli stands di molte società del gruppo bancario, questo sforzo effettuato dalle società, che
ringraziamo nuovamente, vuole rappresentare la complessità e la ricchezza del nostro sistema oltre che evidenziare l’impegno di modernizzazione e di servizio in cui le nostre società sono impegnate a favore del-
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le Bcc; a ciò si aggiunge una novità rispetto ai precedente convegni regionali, con la presenza degli stands delle società Prometeia, Zucchetti,
Crif, perché siamo convinti profondamente che ogni azienda, ogni organizzazione sia oltre che le proprie risorse umane, i propri dirigenti, i propri clienti, anche i propri partners e/o fornitori.
Con Prometeia e Zucchetti fino ad oggi, abbiamo realizzato e stiamo
realizzando importanti iniziative per le Bcc emiliano romagnole, alcune
di queste iniziative e strumenti sono diventati e possono diventare, opportunità utili per altri contesti regionali e/o nazionali del nostro sistema. Ringraziamo sentitamente i dirigenti di queste società per la disponibilità dimostrata. Se vi sarà tempo chiederemo loro un breve contributo che identifichi il rapporto e i progetti che abbiamo costruito insieme in questi anni.
Con Crif abbiamo iniziato quest’anno come Federazione regionale, un
progetto che costituisce il primo approccio per un possibile ed utile allargamento delle attività comuni, tuttavia è bene dirlo Crif è collaboratrice
ormai da molti anni di nostre Bcc non solo quelle dell’Emilia Romagna.
Salutiamo quindi con vero piacere la presenza dell’Amministratore Delegato e dei suoi collaboratori a questo nostro incontro.
Salutiamo anche le dirigenti dell’associazione Idee e il loro stand.
Il tempo che viviamo è pieno di motivi di preoccupazione e di ansia, il
mercato è sempre più competitivo ed esigente, le Bcc sono spesso come soldati in trincea cui devono essere garantiti vettovagliamenti, strumenti, prodotti, servizi e consulenze adeguate a costi concorrenziali. Le
strutture di secondo e terzo livello sono chiamate a questo importante
fondamentale compito.
Ansie e preoccupazioni sono da vincere e presidiare e mai da ignorare.
Nell’intimo di ognuno di noi vi è credo l’assoluta consapevolezza che il
credito cooperativo degli anni 2000 non si fa, ancora di più che nel passato, in solitudine, d'altronde la nostra cifra costitutiva, quella cooperativa, ci dice che le cose si fanno assieme, appunto cooperando.
Ed è per questo che occorre fare sempre più sistema, esprimere classi dirigenti veramente riformiste, che rispettando le nostre identità storiche siano capaci di modernizzare il sistema, di assicurargli una migliore
capacità di presidio dei mercati, recuperando i disallineamenti, aumentando la percezione dei reciproci livelli di responsabilità dettati dalle nuove scelte strategiche organizzative anche in rapporto agli adempimenti
che si devono assumere.
Il ruolo delle Federazioni regionali può essere, a questo proposito, assolutamente importante, sia per la capacità di informazione, di connessione con il sistema nazionale sia federale che imprenditoriale, che per
la capacità indispensabilità di accompagnare le Bcc nei grandi mutamenti
che sono in corso.
Abbiamo di fronte uno sforzo enorme, credo che ne siamo tutti consapevoli; la nostra stessa identità è interrogata dalla dimensione cooperativa, il nostro futuro lo scriviamo nella quotidianità del nostro operare
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ma anche nella capacità di essere progettuali e preveggenti; se dobbiamo giustamente sottolineare i successi che abbiamo avuto in questi anni e anche la sostanziale tenuta del nostro sistema in questo tempo,
dobbiamo altresì tenere alto il livello di attenzione come gruppo dirigente complessivo sulle nostre capacità competitive e sulle nostre intrinseche fragilità.
Queste sono giornate di studio, di riflessione, di analisi, ma anche giornate per ricaricarci umanamente e psicologicamente. Essere tanti qui oggi vuole anche dire riconoscersi in una organizzazione, in una storia e in
un progetto comune che ha antiche e salde radici e un futuro tutto da
scrivere.
In fondo i filmati che scorrevano prima dell’inizio di questa mia introduzione ci ricordavano che la cooperazione può essere ed è, se bene
interpretata un luogo della modernità di relazioni significanti, al di là e
nonostante chi la avversa in modo fazioso e precostituito, e non a caso
abbiamo proiettato appunto le immagini del convegno con il Premio Nobel per la Pace Prof. Junus tenutosi presso l’Università di Bologna pochi mesi fa, e realizzato grazie anche al contributo delle Bcc dell’Emilia
Romagna.
Così come sullo sfondo è passato un filmato che è la sintesi del grande convegno di Parma, quel luogo e quella iniziativa in cui, rivisitando le
nostre strategie ed aggiornandole alle nuove esigenze, abbiamo preso
impegni significativi, eclatanti e di prospettiva che dobbiamo perseguire
con forza.
Il convegno è anche un luogo di unità, di conoscenza, di scambio reciproco, di fraternità, e già di per sé è un luogo positivo, generatore di reti
di relazione, di spazi di reciprocità, dialogo e fiducia e punto di osservazione che favorisce l’azione collettiva.
Lo stesso logo che segna tutto il convegno, quello della “melagrana
mongolfiera”, che sorregge e sostiene i luoghi della produzione, le piccole e medie aziende, l’agricoltura, i servizi, le persone, simboleggia l’innalzamento di tutto il sistema verso una dimensione che sia in grado di
cogliere le problematiche, i rischi, le opportunità da un livello più elevato,
da un punto di osservazione che prescinde dalle singole fondamentali
unità e riconduce ad un compito collettivo per l’economia e le società dei
nostri territori.
Apriamo quindi veramente i lavori di questo convegno, augurandoci
che lo sforzo organizzativo che stiamo facendo sia sostenuto dal clima e
ci sia consentito vivere la doppia dimensione di una ricerca-dibattito proficuo, assieme a momenti di svago e di turismo, in tutta serenità, in questa splendida terra francese.
Buon lavoro e buon soggiorno a tutti quanti.
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JACQUES DARNE
Presidente “Gran Lion”
(Città metropolitana)
Signor Presidente e signor Direttore generale, signori docenti universitari, signori ospiti e responsabili delle banche, sono molto impressionato
dal volume dei lavori che farete durante queste tre giornate.
Tutto quello che ha detto il Presidente Magagni si applica, ovviamente,
anche alle banche francesi, e sono anche domande che noi ci poniamo.
Tengo a dire il piacere enorme che ho, in quanto presidente del Grand
Lion (Città metropolitana), di accogliervi qui. Innanzi tutto perché sono il
Responsabile delle Finanze del Comune di Lione e il nostro Sindaco, Gérard Collomb, che purtroppo non può essere presente, mi ha chiesto di
rappresentarlo.
Poi sono stato amministratore di una banca e quindi sono cose che
conosco.
Vi accolgo qui con grande piacere per tre motivi.
Il primo è che, fra la Francia e l’Italia – e particolarmente fra la Francia
e l’Emilia Romagna – gli scambi non sono quelli che dovrebbero essere.
Certo, abbiamo scambi economici e sportivi (il calcio, il rugby, il basket
sono esempi di questi scambi) e quasi sempre siete migliori di noi.
La squadra di calcio di Lione cerca di essere sulla scia delle grandi
squadre italiane per arrivare a dei risultati, ma io penso che, al di là di tutto questo, la nostra storia comune dovrebbe portarci ad amplificare gli
scambi, specialmente gli scambi culturali.
Gli italiani hanno costruito Lione, in parte – e non parlo soltanto di Renzo Piano che ha ideato questo complesso – parlo degli italiani che sono
venuti a Lione negli anni ’20, ’30 e quindi Lione deve molto agli italiani.
Eppure oggi pochi francesi imparano l’italiano e io penso che pochi italiani imparino il francese.
Non dimenticate che fra poco le Alpi non saranno più un ostacolo con
il nuovo collegamento ferroviario e quindi noi abbiamo una responsabilità per promuovere questi scambi.
Allora questa presenza qui è un’idea di quello che potremo fare in
futuro.
La seconda idea che ho è che le banche cooperative hanno veramente un posto molto particolare nella nostra città unitamente a tutte le aziende dell’economia sociale e solidale.
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Nel mondo, noi pensiamo, che ci debba essere concorrenza, però una
concorrenza fra aziende che devono rispettare le regole del mercato.
Però c’è anche una dimensione umana, che dobbiamo rispettare, nelle nostre società. Altrimenti l’uomo non esisterà più, non avrà più il suo
posto.
Noi siamo responsabili di costruire questa società di domani, competitiva e concorrenziale senz’altro, però con dei valori.
Noi diciamo che le aziende di economia sociale non sono aziende come le altre ma, come le altre, sono delle aziende.
In terzo luogo, ovviamente, tengo a dirvi che sono molto felice che abbiate la possibilità di scoprire la nostra città e la nostra regione.
È stato ricordato che Lione è stata fondata da un generale romano nel
43 a.C. Potrete vedere un po’ in tutta la città i ricordi di quell’epoca, non
certo tutto, e comunque molto lo potrete vedere visitando il bellissimo
Museo Gallo-Romano.
Da quell’epoca molta acqua è passata sotto i ponti del Rodano. La nostra città è un po’ come l’Emilia Romagna. È molto diversa nelle sue attività economiche e culturali.
Citerò soltanto il tessile, la seta, la stampa, l’automobile, specialmente
i mezzi pesanti. Non dimenticate l’importanza dell’industria chimica e non
dimenticate la banca perché le Crédit Lyonnais è stato creato proprio a
Lione nel 1863 da Henry Germain, che era lionese.
Spero che farete qui, in questi giorni, un turismo di qualità e che vi godrete al meglio la nostra città anche se, soprattutto in mattinata, il traffico
è un po’ caotico.
Però ci possiamo consolare perché Lione è considerata la capitale dell’enogastronomia francese.
Si dice che il terzo fiume della città, dopo il Rodano e la Saona, sia il
beaujolais, e quindi vi invito ad abusarne.
Non vi parlerò della nostra gastronomia. Vi lascerò scoprirla da voi.
Ancora una volta vi ringrazio della vostra presenza e vorrei fare un auspicio. Dopo queste tre giornate, quando tornerete a casa, in futuro dovrete cercare di incoraggiare le aziende italiane a venire qui. Le Crédit
Mutuel dovrà fare la stessa cosa e incoraggiare le aziende francesi ad
andare a Bologna, a Parma, e nell’intera Emilia Romagna.
Dobbiamo costruire insieme una maggiore vicinanza. Buon soggiorno
e buon lavoro.
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BERNARD GAY
Direttore Generale Aggiunto
del Credìt Mutuel Sud-Est
Signor Presidente, signor Direttore generale, signore e signori, cari
amici delle Banche di Credito Cooperativo dell’Emilia Romagna, purtroppo la mia piccola conoscenza dell’italiano non mi permette di procedere
oltre con questa lingua. Mi dispiace.
Riprendo la mia lingua per augurarvi, veramente in modo molto sentito, a nome mio e a nome della mia banca, il benvenuto a Lione.
Sono sicuro che la nostra bella città vi ispirerà per i vostri dibattiti, che
saranno sicuramente molto fruttuosi.
Sono sicuro inoltre che i nostri contatti e la vostra presenza rafforzeranno quella amicizia franco-italiana che già si porta bene.
Sono molto orgoglioso che abbiate scelto come intervento da parte di
una banca francese, al vostro Convegno, il Crédit Mutuel. Gli scambi che
ho avuto con i vostri rappresentanti mi hanno fatto capire quanto noi e voi
abbiamo delle radici comuni.
Condividiamo gli stessi valori di aiuto e di solidarietà. Certo ci sono le
esigenze economiche per quanto riguarda la redditività.
Ma, se ci vogliamo sviluppare, abbiamo gli stessi principi, cioè redditività dell’azienda. Cioè l’economia la mettiamo sempre al servizio dell’uomo e siamo molto vicini ai nostri soci per portare il miglior servizio e la
migliore assistenza.
Domani, con il dott. Andreani, tratteremo del tema centrale del vostro
congresso, ovvero “Le relazioni con le imprese”.
Sarò molto lieto quindi di tornare fra di voi domani, e vi illustrerò dettagliatamente il Crédit Mutuel e in particolare il Credìt Mutuel Sud-Est.
Nel frattempo vi auguro un ottimo congresso.
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MASSIMILIANO MARZO
Docente di Macroeconomia
Dipartimento di Scienze Economiche
Università di Bologna
Lʼevoluzione del rapporto Banca-Impresa in Emilia Romagna.
Primi risultati da unʼindagine sul campo
L’oggetto della nostra analisi riguarda la relazione tre Banca e Impresa
con esplicito al caso Bcc in Emilia Romagna. Considereremo quindi le
nostre Bcc emiliano-romagnole come un sistema unitario sottoposto ad
un’analisi su diversi passi, come ora vi stiamo introducendo.
Il nostro percorso è articolato sostanzialmente in due fasi.
La prima parte, che è quella che sentirete oggi, riguarda due tipi di
aspetti specifici. In primo luogo una discussione generale delle caratteristiche reddituali del sistema Bcc emiliano-romagnolo.
Una seconda parte di analisi, che discuteremo oggi, riguarda una serie
di elaborazioni statistico-econometriche volte ad esaminare alcuni aspetti
specifici, quali ad esempio l’esistenza della relationship lending, il ruolo della diversificazione di portafoglio e le determinanti del margine di interesse.
Nella giornata di domani vedrete la seconda parte della ricerca, commentata dal prof. Scorcu, mio collega, che riguarderà invece i risultati del
questionario somministrato al campione di imprese che le banche aderenti alla Federazione Regionale Bcc ci hanno aiutato a selezionare.
Innanzi tutto chi siamo? Non tutti ci conoscono ed è importante, intanto, capire con chi si ha a che fare.
Il lavoro di ricerca è stato svolto da tre persone: Barbara Luppi, che insegna Microeconomia all’Università di Modena e Reggio Emilia, da me in
persona, che insegno Macroeconomia all’Università di Bologna e dal mio
collega, Antonello Scorcu, che insegna Politica Economica all’Università
di Bologna.
Questa ricerca si è potuta realizzare soltanto grazie all’aiuto, al sostegno materiale e anche spirituale e morale (perché quando si lavora su
queste cose c’è bisogno di un contatto continuo, un fine tuning, un aggiustamento di ciò che si fa) di tutto il personale della Federazione Regionale Bcc Emilia Romagna.
In particolare ringraziamo di cuore l’ing. Magagni e il dott. Quadrelli che
hanno voluto questa ricerca e ci hanno veramente aiutato a mettere a
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punto questo nostro lavoro.
Mi preme anche ricordare, salutare e ringraziare il dott. Cattani, vice direttore generale, il dott. Pollice, il dott. Guiducci e il rag. Melega che tanto ci hanno aiutato nella somministrazione dei questionari, nel setting up
del data set, in tutte le questioni di tipo organizzative, per realizzare questo lavoro.
Grazie anche per averci invitato in questo bellissimo convegno.
Veniamo alle motivazioni di fondo della nostra ricerca. Ci poniamo due
domande fondamentali.
Perché ancora una ricerca sul rapporto banca-impresa? Quali i risultati preliminari?
Dal lato della banca (banca come soggetto economico, evidentemente) abbiamo osservato fortissime trasformazioni sul mercato del credito in
Italia, accadute nel corso degli ultimi anni, un mutamento del panorama
competitivo molto intenso e, al tempo stesso, una notevole crescita del sistema Bcc in Emilia Romagna.
Abbiamo alle porte mutamenti normativi e istituzionali fortissimi (Basilea 2 e la MiFID).
Oggi vedremo come queste trasformazioni hanno impattato sulle banche emiliano-romagnole.
Domani vedremo come il cambiamento concorrenziale e strutturale del
mercato delle imprese colpisce il rapporto banca-impresa dal lato delle
imprese. Oggi il lato della banca, domani il lato delle imprese.
Quali sono le caratteristiche distintive delle banche locali? Non sono io
a dovervelo insegnare. Se permettete vi diciamo come i professori vedono le banche locali.
Le banche locali hanno come caratteristica fondamentale il cosiddetto
relationship lending, cioè la forte relazione esistente tra banca e cliente,
che si basa su un insieme di relazioni di tipo soft, che a volte sono anche
più determinanti, complementano l’informazione hard, e ne sono, in certi casi, molto più determinanti.
Le informazioni di tipo soft sono di tipo extra economico, dovute alla caratteristica locale di questo tipo di imprese bancarie.
Le caratteristiche Bcc, d’altro lato, offrono un presidio sul territorio attraverso molti sportelli, un’offerta di prodotti e di servizi tradizionali e servono normalmente una clientela medio-piccola e hanno, come caratteristiche fondamentali, elevate quote libere di patrimonio, il cosiddetto free
capital (torneremo su questo punto verso la fine).
Evidentemente, in base a queste considerazioni, qual è il punto di forza
fondamentale delle Banche di Credito Cooperativo dal momento della loro
nascita? Il peer monitoring. Questa è una caratteristica che si ha in tutte le
banche locali del mondo, sia che operino in Italia, in Francia, in Germania,
negli Stati Uniti, dappertutto, c’è questa caratteristica fondamentale che è
definita peer monitoring, cioè il controllo reciproco tra la banca e il cliente.
Proprio perché si vive nella stessa comunità locale, proprio perché si
conosce la clientela, la banca può comminare sanzioni di tipo extra economico e sociale, quando ci sono comportamenti che non sono consoni
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a una buona relazione corretta nei rapporti debito/credito.
Domandiamoci allora – questo è lo spunto della nostra ricerca – queste caratteristiche che hanno reso importante e grande il sistema Bcc,
non solo in Italia ma anche all’estero, nelle varie forme caratteristiche dei
vari paesi, sussistono ancora oggi?
Oggi ha ancora senso parlare di queste caratteristiche? Quali sono i
punti di forza e di debolezza di questo modo di fare banca?
È quello che cerchiamo di scoprire. La teoria ha evidenziato molti punti di forza importanti di queste caratteristiche. Capacità che, a seconda
dell’intensità di questo relationship lending e del peer monitoring, si può
notare che è possibile praticare mutui a tassi di interesse inferiori, c’è
maggiore disponibilità di credito e, soprattutto, c’è la possibilità di bancare soggetti che l’attività bancaria tradizionale tende ad escludere.
In particolare nelle nostre società abbiamo i giovani, le persone che
non hanno un lavoro fisso, ecc.
L’evidenza empirica sul mondo della cooperazione a livello internazionale, è abbastanza mista. Non ci sono evidenze che corroborano al
100% questi aspetti di tipo teorico. Ci sono addirittura evidenze contrarie
a questo fatto.
Allora il nostro compito, in questa sede, è cercare di promuovere
un’evidenza empirica aggiuntiva per verificare se questi principi, queste
caratteristiche distintive, sono nuovamente verificate oppure no.
In Italia la letteratura su Bcc è importante ed è ben conosciuta, sia da
voi che a livello accademico.
Vorrei dire che il maggior artefice di questa letteratura è il dott. Di Salvo, che ha scritto moltissimi lavori pubblicati dalla rivista Cooperazione di
Credito, che io consulto abbastanza continuamente, grazie anche al contatto che ho con la Federazione Regionale. È una rivista che ospita un dibattito molto interessante sul ruolo delle Bcc. Ci sono una serie di analisi in cui viene evidenziato come, a livello sistemico nazionale, il ruolo della soft information permane.
Altri autori che hanno esaminato questi aspetti sono il prof. Cesarini
della Cattolica di Milano.
Vediamo di entrare nel merito della nostra ricerca, più in particolare.
Abbiamo detto: relationship lending in un’ottica dinamica per spiegare
le dinamiche determinanti del rapporto tra banca e impresa.
L’input della ricerca è sostanzialmente dato dall’analisi della situazione
patrimoniale e il questionario.
Con l’analisi di bilancio abbiamo esaminato il ruolo delle variabili che
maggiormente contribuiscono a determinare il reddito, il rischio, il reddito aggiustato per il rischio e la specializzazione.
Inoltre abbiamo confrontato alcune di queste variabili con un campione ristretto di banche concorrenti in Emilia Romagna, maggiormente assimilabili ad una Bcc-tipo. Il questionario raccoglie dati, informazioni, su
imprese clienti relativamente al bilancio (il fatturato, il patrimonio netto,
ecc.), sulla dimensione aziendale, sulla tipologia del rapporto con la banca. Grazie al questionario abbiamo proceduto ad un’analisi qualitativa del
21
rapporto banca/impresa. Oggi è quantitativa. In particolare il lavoro empirico, legato al questionario vuole verificare la presenza di elementi di specificità tra Bcc e imprese clienti che contraddistinguono il rapporto banca/impresa rispetto, chiaramente, ai concorrenti.
Abbiamo riservato una sezione specifica su Basilea 2 (domani ne parleremo) per verificare che ruolo le banche hanno avuto nell’informazione
nei confronti della clientela riguardo a Basilea 2 e come l’impresa ha percepito questa informazione data dalle banche.
Possiamo dare un flash sui risultati che avremo. Abbiamo registrato dai dati – lo dicono tutti, noi abbiamo però scandagliato i vostri dati in maniera un pochino più approfondita – una crescita notevole del
sistema Bcc che può essere attribuita a diversi fattori, di cui parleremo dopo.
Un punto importante è che il relationship landing, è assolutamente presente. Questo è un punto importantissimo.
Devo dire che, come tutti gli accademici che iniziano a fare una ricerca, siamo sempre scettici su quello che possiamo trovare e non pensavamo di trovare una conferma dell’operare del relationship lending così
forte, ottenuta utilizzando diverse tecniche statistico-econometriche.
Quindi non è la conferma solo di un tipo di analisi, viene da una serie di
successive prove, prove e riprove.
Quando analizziamo il rapporto banca/impresa troviamo che in questo
di rapporto la scelta di quale banca affidarsi e lavorare, dipende fondamentalmente dal costo e dalla disponibilità del credito, dalla qualità dei
servizi, dall’attenzione alle esigenze dell’impresa e, in terza posizione ma
forse potrebbe essere prima in certi casi, dalla qualità del personale.
In generale le imprese esaminate trovano ottima soddisfazione nei
confronti del personale ma hanno una bassa soddisfazione nei confronti
del costo del credito. Di questo domani faremo una riflessione.
Riguardo a Basilea 2 essere soci di un Banca di Credito Cooperativo
migliora moltissimo il grado di informazione riguardo al nuovo accordo
Basilea 2. Quindi su Basilea 2 ci sono delle buone notizie.
Possiamo ora partire con la prima parte della ricerca guardando il ruolo dell’analisi reddituale.
In questa prima parte abbiamo guardato le analisi che classicamente
emergono dal bilancio (la raccolta, gli impieghi, la redditività e il profilo di
rischio). Abbiamo costruito alcuni indici che tengono conto del rischio e
guardiamo il ruolo della specializzazione.
Il campione è costituito dall’universo delle Bcc aderenti alla Federazione emiliano-romagnola (24 banche) e 7 competitor locali, per 7 anni (7
anni è l’orizzonte di analisi).
Abbiamo diverse grandezze operative (sportelli, totale dipendenti,
totale attivo, fondi intermediati). I dati panel - rilevati nell’arco temporale dal 2000 al 2007 e utilizzati allo scopo di esaminare le principali
dinamiche interne alle Banche di Credito Cooperativo in un’ottica di relationship banking - possono essere distinti nei seguenti quattro macro-aggregati, strutturati allo scopo di cogliere una specifica dimensio-
22
ne economica:
• Grandezze operative: sportelli, totale dipendenti bancari, totale attivo,
fondi intermediati, impieghi propri totali, depositi pronti contro termine
passivi con la clientela e obbligazioni a scadere, totale raccolta indiretta, mutui alla clientela, provvista onerosa.
• Posizione patrimoniale: patrimonio di vigilanza individuale, requisiti
patrimoniali di credito e di mercato, patrimonio di base, attività di rischio di credito e di mercato, sofferenze proprie, minus/plusvalenze
sui crediti.
• Composizione dei portafogli: impieghi distinti per orizzonte temporale
(a breve, medio-lungo termine), tipologia di cliente (famiglie consumatrici, famiglie produttrici, imprese) e settore di attività (agricoltura, edilizia, commercio, altri servizi) e numerosità della clientela, informazioni
sul livello di sofferenza dei portafogli (crediti ristrutturati, scaduti da 90
a 180 gg, oltre 180 gg, partite incagliate e sofferenze proprie) con distinzione per tipologia dei clienti.
• Redditività: margine di interesse, margine di intermediazione, ricavi
netti per attività di servizio, intermediazione e negoziazione, ricavi netti da altri servizi, costi operativi, spese del personale, costi amministrativi diversi, mark down raccolta, mark up impieghi.
I dati campionari consentono di caratterizzare l’orientamento strategico di ciascuna Bcc, cogliendo le dinamiche del sistema Bcc e le differenze principali nei confronti delle banche concorrenti a livello locale. I
dati consentono inoltre di evidenziare eventuali differenze tra le stesse
Banche di Credito Cooperativo e di valutare la complessiva strategia di
impieghi delle Bcc rispetto alla raccolta che effettuano. In questo modo è
possibile valutare l’incidenza del credito alle imprese, le politiche bancarie perseguite, e ottenere un profilo della rischiosità delle stesse. A tale
scopo, i dati raccolti sulle sofferenze consentono di definire il profilo di rischio del sistema Bcc e studiarne l’evoluzione temporale.
400,000,000
350,000,000
300,000,000
250,000,000
200,000,000
150,000,000
100,000,000
50,000,000
2000
2001
Raccolta Indiretta Netta
2002
2003
Impieghi
2004
Impieghi
2005
2006
Raccolta Indiretta Netta
23
Figura 1
Nella Figura 1 abbiamo rappresentato gli impieghi e la raccolta in termini di volumi assoluti.
Se guardate i dati, gli impieghi osservano una crescita veramente sostenuta, soprattutto a partire dal 2003-2004. La raccolta, invece, a partire proprio dal 2004 è calata rispetto agli anni precedenti e rispetto agli
impieghi.
La nostra interpretazione del calo della raccolta è strettamente legata
al ruolo giocato da fattori congiunturali. La congiuntura è stata molto severa negli ultimi anni e può anche essere un riflesso del fatto che la clientela, con meno denaro in tasca, ha dovuto far fronte a diverse spese, che
non sono calate (lo sappiamo tutti: energia, ecc.). Questo ha incentivato
di meno la raccolta. Mentre gli impieghi hanno avuto un flusso molto sostenuto.
Il patrimonio netto invece è in continua crescita, a partire dal 2001 fino
al 2006. Questo è molto confortante (dal mio punto di vista almeno) perché fa vedere che la banca si è resa conto di avere affidato e ha provveduto con il patrimonio netto.
Non è sempre ovvio ma, in media – questi sono dati sulla media del sistema Bcc – ciò evidenzia che le banche reagiscono con la patrimonializzazione rispetto ad una crescita della domanda di prestiti.
Osserviamo, quindi, due cose: crescita degli impieghi e crescita del patrimonio netto. Torneremo su questo punto verso la fine.
Guardiamo ora la distribuzione degli impieghi.
Abbiamo fatto dei rapporti tra gli impieghi per settori (impresa, agricoltura, edilizia, famiglia consumatrice, famiglia produttrice, servizi e commercio) rispetto agli impieghi totali.
Contributo
crediti
per settori
Contributo crediti
per settori
0.6
Imprese
Agricoltura
0.5
0.4
Edilizia
Famiglie Cons
0.3
Famiglie Prod.
Servizi
0.2
0.1
Commercio
0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Vediamo due cose interessanti. Il punto importante è che i crediti alle
imprese crescono. Si va dal 48% del totale crediti affidati al 54% nel 2006.
I crediti all’agricoltura diminuiscono – si va dal 6% del totale al 5% - come è chiaro che sia (l’agricoltura è un settore largamente in disarmo, sia
24
in Italia che in Emilia Romagna).
I crediti all’edilizia sono cresciuti parecchio: dal 9% al 12%.
È molto interessante guardare i crediti ai servizi, che sono veramente
esplosi, dal 2000 al 2006. Si passa dal 9% nel 2000 al 16% nel 2006, la
composizione complessiva dei crediti ai servizi.
Quindi c’è un settore che sta trainando moltissimo l’insieme degli affidamenti, che è il settore dei servizi insieme a quello dell’edilizia,che, come ho detto, cresce leggermente di meno.
Come possiamo interpretare questi dati ?
È evidente che c’è una trasformazione strutturale in atto. Questi dati ci
dicono quello che tutti i nostri colleghi esperti di economia industriale ci
dicono. Le nostre imprese stanno diventando gradualmente, sempre meno manifatturiere, ma sempre di più imprese di servizi.
Questi dati lo riflettono. Il mutamento del profilo di affidamento degli impieghi riflette queste caratteristiche della struttura produttiva dell’Emilia
Romagna.
Guardiamo ora alla dimensione degli affidamenti, l’affidamento medio
che viene gestito.
Dimensione
Crediti
Dimensione
Crediti
180000
160000
140000
120000
100000
80000
60000
40000
20000
0
2000
2001
2002
Agricoltura
2003
Commercio
2004
2005
Edilizia
2006
Servizi
Nel grafico precedente abbiamo riportato quattro settori: agricoltura,
commercio, edilizia e servizi.
Se guardiamo la prima parte della figura, il 2000 e il 2001, si nota che
questi settori non si distinguono troppo l’uno dall’altro, non ci sono differenze rilevanti in termini di dimensione dell’erogato. Se invece si osserva
la fine del campione, si nota come la dimensione dei crediti erogati all’edilizia e ai servizi diventa elevata rispetto alla dimensione dei crediti
erogati all’agricoltura e al commercio.
Stiamo parlando di cifre importanti. Lo possiamo visualizzare anche in
25
termini di tassi di crescita.
Passiamo al commento di questo fatto. Parlando di numeri, vediamo che
il credito ai servizi supera nel 2006 i 180.000 euro per credito erogato.
Per l’edilizia il credito erogato supera i 160.000 euro, mentre commercio e agricoltura sono lievemente al di sopra dei 100.000 euro.
Come vedete, abbiamo avuto una crescita non solo degli impieghi totali ma abbiamo una crescita dimensionale degli impieghi.
Questo è un punto importante di cui dovremo parlare più avanti.
Oltre all’edilizia, anche il commercio, è un altro dei settori cruciali affidati
dalle Banche di Credito Cooperativo. Il commercio è un settore - anticipo
qualcosa che diremo anche dopo - tipico della banca di prossimità, tipico
delle banche di credito cooperativo, magari in qualche piccolo paese, in
qualche piccola regione agricola. Il commercio è un settore che voi conoscete bene ed è uno dei settori nei quali si fa molto relationship landing.
Il commerciante è vicino alla banca, ci si conosce, si conosce la situazione patrimoniale, reddituale, i conti depositati, i flussi di entrata e di
uscita, ecc. ecc.
Quindi il commercio è un altro settore importantissimo anche perché in
molti casi chi ha un’attività commerciale è monobancato Bcc.
Guardiamo il Cost Income
Cominciamo dai costi. Abbiamo riportato due misure. Mi concentro subito sui grafici per focalizzare la vostra attenzione.
La linea grigia è un calcolo del Cost Income fatto da noi che considera le rettifiche su crediti (Cost/Income netto). La linea grigio chiara invece indica il calcolo del Cost Income ex ante le rettifiche su crediti, cioè prima di avere fatto le rettifiche su crediti (Cost/Income lordo).
Cost
Income -- Efficienza
Cost
Income
Efficienza
0.75
0.659
0.6694
0.629
0.65
0.6629
0.6528
0.55
0.6249
0.45
0.6239
0.3709
0.6371
0.6286
0.677
0.6128
0.5794
0.3637
0.3628
0.35
0.25
0.6362
0.3305
0.322
0.34066
0.15
2001
2002
2003
Cost/Income netto
2004
2005
Indice di efficienza
2006
2007
Cost/income lordo
Vediamo che – se non si considerano le rettifiche su crediti il Cost Income scende e va a 0.57.nel 2007 (questo è un dato che si riferisce ai
primi sei mesi 2007). Per gli altri anni abbiamo delle fluttuazioni con una
26
leggera crescita verso la fine del campione.
La linea scura indica un indice di efficienza tecnica di cui poi torneremo a parlare quando ci concentreremo sull’analisi empirica.
II calo del Cost Income che si registra prima delle rettifiche su crediti
sta ad indicare una buona situazione del sistema Bcc. La discrepanza tra
le varie misure evidenzia che le rettifiche su crediti sono una componente rilevante degli aggiustamenti reddituali.
Non lo erano anni fa. Tra il 2000, 2001 e 2002, se uno va a guardare i
dati, non avevano questa influenza così importante nei mutamenti della
redditività. Oggi cominciano ad averlo in maniera più interessante e quindi è un indicatore importante.
Guardiamo i margini.
Ho rappresentato i margini assoluti (ovviamente margine di interesse e
margine di intermediazione). Sono margini importanti, sono in crescita
durante tutti gli altri. Vuol dire che banche lavorano di più ma riescono a
generare buoni flussi di reddito, buoni flussi di cassa.
Margini
Margini
20 000 000
15 000 000
10 000 000
5 000 000
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
Margine Interesse
Margine Intermediazione
Andiamo a vedere però i rapporti relativi.
Margini/fondi
intermediati
Margini/fondi
intermediati
0.043
0.045
0.040
0.038
0.04
0.035
0.033
0.031
0.030
0.036
0.027
0.03
0.037
0.027
0.034
0.026
0.025
0.02
0.015
0.01
0.005
0
2001
2002
2003
margine interesse/fondi intermediati
2004
2005
2006
margine intermediazione/fondi intermediati
27
Abbiamo il rapporto fra margini e fondi intermediati. Il grafico grigio scuro indica il rapporto tra margine di interesse e fondi intermediati. La colonna grigio
scura indica il rapporto tra margini di intermediazione e fondi intermediati.
Questi margini sono in leggero calo. Perché? I fondi intermediati sono in
continua crescita e all’interno del periodo contabile considerato, non si riflette direttamente sul margine che invece si misura nell’anno successivo.
Questo è l’effetto di una crescita molto forte.
Vediamo questa grandezza, che secondo me è cruciale, sulla quale torneremo ancora: il rapporto tra margine di intermediazione e margine di interesse.
Margine intermediazione/margine interesseinteresse
Margine intermediazione/margine
1.39
1.4
1.36
1.38
1.34
1.35
1.34
1.36
1.33
1.34
1.32
1.29
1.3
1.28
1.26
1.24
1.22
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Tale rapporto indica quanta componente di reddito in più si può generare, a partire dal margine di interesse, attraverso l’attività di servizi di intermediazione.
Vedete che questi numeri sono un po’ oscillanti e stanno sulla media
tra 1.29 nel 2006, 1.36 nel 2005. Questo intanto vuol dire che le Bcc
stanno generando il 36% in più rispetto al margine di interesse di attività
di intermediazione, in senso lato, nel 2005.
Vediamo i ricavi dai servizi.
Ricavi da servizi su margine di intermediazione
Ricavi da servizi su margine di intermediazione
0.268
0.27
0.265
0.26
0.260
0.260
0.258
0.253
0.255
0.247
0.25
0.249
0.248
0.245
0.247
0.246
0.242
0.245
0.24
0.235
0.23
0.225
2001
2002
2003
2004
Ricavi netti da servizi/margine di intermediazione
28
2005
Ricavi netti servizi vari
2006
Abbiamo i ricavi dai servizi sul margine di intermediazione. La colonna
grigio chiara sono i ricavi dai servizi di intermediazione rispetto al margine di intermediazione. La colonna grigio scura sono i ricavi da servizi vari rispetto al margine di intermediazione.
Sono abbastanza conformi. Nel senso che entrambi questi due componenti si muovono insieme, cioè non ci sono grossi sbalzi.
L’unica cosa da rilevare è che nel 2006 abbiamo un dato, secondo me,
molto positivo che cambia i dati degli anni precedenti. Vediamo che le
percentuali dei ricavi netti da servizi di intermediazione sono superiori ai
ricavi netti da servizi vari. Vuol dire che nel 2006 i servizi di intermediazione hanno reso di più.
Vorrei venire all’analisi dei markup.
Abbiamo considerato il markup sulla raccolta e il markdown degli impieghi.
Mark ups
Mark
ups
4.5
4
3.5
3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
2001
2002
Mark
Mark down
down raccolta
raccolta
2003
2004
2005
Mark
upimpieghi
impieghi
Mark up
Mark
uptotale
totale
Mark up
Gli indici grigio scuri indicano il markdown sulla raccolta, quelli grigi il
markup sugli impieghi e quelli grigio chiaro sono il markup totale, ovvero
la somma dei due.
Un punto importantissimo, che stiamo guardando da questo grafico, è
che il markup complessivo, che indica il margine di lavoro della banca, è
in calo dal 2001 fino al 2005. Nel 2001 siamo attorno al 4-4,5% e nel
2005 siamo sul 3,2,-3,1%.
Questo è un indice evidente della crescita della competizione bancaria
all’interno della nostra regione Emilia Romagna.
29
Consideriamo ora la redditività sulla base del ROE e del RAROE.
10.0
9.0
9.12
8.08
8.30
8.47
7.64
8.0
7.0
7.07
6.0
7.19
5.0
4.0
3.0
2.37
2.78
2.45
2.18
3.26
2.0
1.81
1.91
1.0
0.0
2000
2001
2002
2003
ROE
2004
2005
2006
RAROE
Il primo indice che guarderemo è il RA-ROE. Proponiamo alcuni indici che tendono a correggere gli indici di redditività tradizionali, come
il ROE, con il rischio connesso, cioè la deviazione standard del medesimo.
Questi sono sostanzialmente degli indici di misura del rischio.
Concentriamoci sul ROE. Il RAROE è la linea grigia, cioè il ROE corretto per il rischio. Il ROE puro è la linea scura.
Vediamo che c’è una differenza fra queste due misure. È ovvio che il
RAROE stia sotto il ROE, perché noi stiamo correggendo la redditività attraverso il rischio, cioè vogliamo ponderare la redditività ottenuta attraverso il rischio.
Osserviamo due fattori. Un primo fatto è che queste due linee tendono a muoversi in maniera simile (questo è ovvio, essendo una derivata dall’altra). Un secondo elemento invece viene dato dal fatto che,
verso la fine del campione, la redditività è aumentata, per entrambe gli
indici.
Vorrei parlarvi anche di un altro indice che considereremo nella nostra
analisi, che è il RAROC e indica l’utile netto, diviso le attività rischiose.
Questo è un indice importantissimo e, come vedete, ci dà un’idea molto più precisa, ad esempio, del RAROE o del RA-ROA. Nella figura, il
ROE è grigio, il RAROC è invece grigio scuro.
30
ROE/RAROC
ROE/RAROC
0.095
0.085
0.075
0.065
0.055
0.045
0.035
0.0085
0.008
0.0075
0.007
0.0065
0.006
2000
2001
2002
2003
ROE
2004
2005
2006
RAROC1
La linea grigio scura mostra un calo nel 2005.
Consideriamo ora l’analisi delle sofferenze.
Per quanto riguarda le sofferenze consideriamo il rapporto fra sofferenze e partite incagliate su impieghi. Le sezioni grigie sono le partite incagliate. Le sezioni grigio chiaro sono le sofferenze.
Volumi assoluti partite rischiose
40,000,000
35,000,000
30,000,000
17,626,721
25,000,000
14,642,444
20,000,000
15,000,000
10,000,000
5,000,000
9,801,247
10,982,304
12,084,700
13,178,847
8,056,768
8,387,572
3,880,238
4,507,335
4,418,103
5,383,144
5,143,913
5,774,690
6,689,885
4,602,899
6,379,405
6,940,787
7,404,157
7,952,558
9,569,953
2002
2003
2004
2005
2006
2000
part.incagliate
2001
sofferenze
partite dubbie
Dalla figura notiamo valori in crescita dal 2005 al 2006. Nel 2005 il rapporto sofferenze/impieghi era 1,96%. Nel 2006 siamo a 2,2%. Vediamo
31
ora i tassi di crescitaTassi
delle
sofferenze.
di crescita partite incagliate/sofferenze/partite dubbie
Tassi di crescita partite
incagliate/sofferenze/partite dubbie
Volumi assoluti 2001 - 2006
Volumi assoluti 2001 - 2006
0.25
0.2038
0.20432
0.2
0.177566634
0.1685
0.185134556
0.169802294
0.15848
0.15
0.13862
0.1205
0.12263
0.11754
0.1111
0.1004
0.1
0.0905
0.084340277
0.071452108
0.064626408
0.05
0.04183
0
2001
2002
2003
partite incagliate - crescita perc.
2004
sofferenze - crescita perc.
2005
2006
partite dubbie - crescita perc.
Qui abbiamo invece i tassi di crescita. Questi sono stati molto più preoccupanti. In particolare, se osserviamo la linea scura (che sono le partite incagliate), si osserva una notevole crescita tra il 2005 e il 2006. Si ha
addirittura un tasso di crescita che va al 18% dal 2005 al 2006. Vuol dire
che c’è stata in questo periodo una notevole situazione rispetto al rischio.
Vediamo ora la composizione delle sofferenze.
Sofferenze
100%
90%
80%
0.494
0.540
0.567
0.575
0.565
0.562
0.271
0.237
0.229
0.245
0.250
0.177
0.184
0.188
0.183
0.180
70%
60%
50%
40%
0.290
30%
20%
10%
0.207
0%
2001
2002
2003
Sofferenze a Famiglie produttrici/sofferenze
2004
2005
2006
Sofferenze a Famiglie consumatrici/sofferenze
Sofferenze a imprese/sofferenze
Partiamo dalle imprese (sono la fetta superiore, quella chiara) che erano
32
nel 2001 il 49% delle sofferenze e nel 2006 sono il 56% delle sofferenze.
Le famiglie consumatrici, che sono la sezione scura, vanno dal 29%
nel 2001 al 25% nel 2006 mentre per le famiglie produttrici si va dal 20%
del 2001 al 18% del 2006.
Queste sono le percentuali di sofferenze di ciascuno di questi settori,
sul totale delle sofferenze.
Se osserviamo le sofferenze di questi settori in termini di tassi di crescita, vediamo che sono le sofferenze delle imprese che hanno un trend
di crescita tra i 2004 e il 2006. Le sofferenze delle famiglie produttrici e
consumatrici, invece, dal 2005 al 2006 sono in calo.
Vediamo ora le partite incagliate.
Partite incagliate
100%
90%
0.386
80%
0.445
0.460
0.232
0.220
0.319
0.313
0.417
0.444
0.234
0.230
0.495
70%
60%
50%
0.250
0.204
40%
30%
20%
0.348
0.344
0.322
0.297
10%
0%
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Partite incagliate imprese/partite incagliate
Partite incagliate famiglie produttrici / partite incagliate
Partite incagliate famiglie consumatrici / partite incagliate
Aumentano le partite incagliate delle imprese. Voglio sottolineare che
dal 2005 al 2006 si riducono anche le partite incagliate delle famiglie produttrici e delle famiglie consumatrici.
In buona sostanza, le famiglie consumatrici hanno meno sofferenze
ma più incagli negli ultimi anni.
Le famiglie produttrici, invece, sembra che abbiano superato questo
problema di rischio.
L’impresa ha un suo trend, non eccessivamente forte ma compatibile
con la logica degli affidamenti.
Il numero dipendenti medio per Bcc è è aumentato nel corso del
tempo. Si va da 86 dipendenti in media nel 2000 a 107 dipendenti nel
2006.
Poi abbiamo alcuni indici che riguardano il costo del personale e il numero dei dipendenti. È in leggera crescita ma, nonostante la crescita dei
dipendenti, è interessante vedere il 2006 (concentratevi sul 2006).
33
Costo personale/numero dipendenti
Costo personale/numero
dipendenti
61 000.00
60281.74323
59942.50024
59961.57493
60 000.00
59 000.00
58 000.00
56843.21121
57 000.00
57385.60975
56 000.00
55 000.00
54 171.63
54 000.00
53 000.00
52 000.00
51 000.00
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Nonostante la crescita del numero dei dipendenti nel 2006 si ha un calo di questo indice, del rapporto costo personale e numero dei dipendenti. Vuol dire che i costi vengono contenuti.
I margini di intermediazione rispetto al numero dei dipendenti (questo sta
ad indicare quanto ciascun dipendente ha contribuito al margine di intermediazione) ha un andamento leggermente decrescente nel 2005 e 2006.
I margini (totale attivo fratto dipendenti) invece sono tutti in crescita.
Vuol dire che le cose sono abbastanza buone.
Margine
di intermediazione/numero
dipendenti
margine
di intermediazione/numero dipendenti
180 000.00
175 000.00
174 418.36
167 175.71
170 000.00
165 000.00
167 764.13
160 000.00
155 000.00
150 000.00
166 170.02
162 213.29
152 991.20
152 051.14
145 000.00
140 000.00
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Da questa analisi è importante sottolineare che c’è una leggera crescita del costo del personale ma non sono variabili che sembrano preoccupare. Sono piuttosto in linea col sistema bancario complessivo.
Un punto importantissimo, fondamentale (e forse potremmo cancellare
tutti i lucidi fatti fino adesso e potremo tenerci solo questo), questo lucido indica il rapporto attivo-patrimonio netto.
Questo, come ben sapete, è un indice di leverage per le banche. Quanto più alto è questo indice, tanto più la banca è ricorsa al finanziamento
esterno per la propria attività caratteristica. Tanto più invece questo indice è basso, tanto meno la banca è riuscita a far fronte a mezzi propri per
34
la gestione caratteristica.
Rapporto Attivo - Patrimonio netto
13.5
13
12.874
12.5
12.496
12.658
12.185
12
11.542
11.5
11.007
11
10.5
10
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Questo indice è pari a 12, in media (12.80, 12.60 nel sistema Bcc emilianoromagnolo). Se si confronta questo indice con altri competitor si trova che in
certi casi, tale indice è doppio rispetto al valore registrato dalle Bcc. Ciò vuol
dire che la Banca di Credito Cooperativo – non è una novità ma si vede molto bene – è una banca molto patrimonializzata, che ha moltissimo free capital.
Vorrei adesso puntualizzare la vostra attenzione sul sistema dei concorrenti.
Riguardo a quella dei concorrenti vediamo subito il rapporto margine di
intermediazione e margine di interesse. Le colonne grigio chiaro sono i
concorrenti, le colonne scure sono le Bcc.
Margine intermediazione
/ margine
Margine intermediazione / margine
interesse interesse
1.695
1.8
1.390 1.582
1.343
1.6
1.631
1.614
1.608
1.575
1.346
1.357
1.338
1.335
1.4
1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
2000
2001
2002
Concorrenti
2003
2004
2005
BCC
Come avevamo visto precedentemente, le Bcc hanno una media del
rapporto margine di intermediazione e margine di interesse che sta attorno all’1,35-1,36%. I concorrenti invece stanno ben di sopra, cioè
sull’1,60-1,57, ecc. Questo ad indice del fatto che i concorrenti riescono
a gestire l’attività di servizio in maniera più profittevole rispetto a quello
35
che succede per le Banche di Credito Cooperativo.
Il ROE ha questo andamento. La linea chiara siete voi, la linea scura sono i concorrenti.
BCCvs
vs concorrenti
ROE:ROE:
BCC
concorrenti
10.0000
9.0000
8.0000
7.0000
6.0000
5.0000
4.0000
2000
2001
2002
2003
Concorrenti
2004
2005
BCC
È interessante perché, nell’ultima fase, siete superiori però il vostro
ROE è più stabile. Vuol dire che siete meno rischiosi, cioè meno volatilità del ROE implica meno rischiosità dell’utile netto.
Consideriamo ora le partite dubbie. Le Bcc sono le colonne scure.
Partite dubbie
Partite
dubbie
0.06
0.05
0.04
0.03
0.02
0.01
0
1
2
3
BCC
4
5
6
concorrenti
Dal grafico si evidenzia come le Bcc mostrano una crescita delle partite dubbie rispetto ai concorrenti con un miglioramento nell’ultima parte
del campione. Lo stesso andamento può considerarsi per le sofferenze.
Nel confronto complessivo potremmo dire che è il problema dei servizi che pone le Banche di Credito Cooperativo più in difficoltà nei confronti
36
dei concorrenti.
Vediamo ora l’analisi relativa alla diversificazione di portafoglio. La nostra analisi vuole cercare di capire se diversificare aumenta la redditività
oppure no.
La letteratura sulle banche non Bcc, evidenzia che non conviene diversificare, ma concentrare perché mediamente le banche non Bcc sono
banche che hanno una struttura reddituale diversa (nel senso che hanno
una rischiosità superiore) e hanno una relazione tra diversificazione e
redditività a “U”. Ciò significa che al crescere della diversificazione del
portafoglio crediti, si riduce la redditività. Ciò in quanto le banche non Bcc
non dispongono, in generale, degli strumenti (peer monitoring, ecc.) che
consentono di avere una relazione con la clientela, un rapporto
banca/cliente più proficuo da questo punto di vista. Questo risultato si
mantiene per le Bcc dell’Emilia Romagna?
A tale proposito, abbiamo costruito degli indici di Herfindahl, che sono
sostanzialmente il rapporto tra i crediti erogati a un settore e il totale dei
crediti, elevati al quadrato ma – vado molto veloce - cerchiamo se i coefficienti di questa relazione sono positivi. Il risultato della nostra analisi evidenzia come il coefficiente, chiamiamolo di diversificazione, sui settori
produttivi, tranne il commercio, è negativo.
In particolare il coefficiente delle imprese è negativo e non significativo. Questo risultato è robusto per qualunque tipologia di rendimento (abbiamo fatto i risultati mettendo qualunque tipologia di rendimento, quale
ROA; ROE, ecc.). Inoltre il coefficiente del rapporto partite dubbie e attivo è sempre negativo e significativo. Il coefficiente assimilabile alla dimensione è negativo.
Come interpretiamo questi risultati?
I coefficienti sono negativi indicando che il profitto che le Bcc accumulerebbero da una maggiore concentrazione in uno specifico settore, è inferiore a quello che si potrebbe ottenere, invece, attraverso una diversificazione.
Inoltre la non significatività del segmento imprese non deve fare paura
e dire: “Le imprese non sono significative per la nostra attività di credito”.
Non è così. Ciò vuol dire che, all’interno di questi sette anni di osservazioni campionarie non c’è stata nessuna banca che ha modificato il proprio atteggiamento di diversificazione e concentrazione nei confronti del
settore imprese. Quindi il coefficiente viene scarsamente significativo
perché questo tipo di analisi statistica cattura quando ci sono delle differenze tra le banche.
Il segno relativo al commercio è positivo. Questo risultato implica che
dovreste concentrarvi sul commercio che è un settore molto importante
Un’altra cosa velocissima: il coefficiente realtivo al rapporto partite dubbie/attivo è negativo. Questo implica una relazione negativa tra rischio e
rendimento, ovvero: la banca non si trova sulla porzione efficiente della
frontiera rischio/rendimento. Intuitivamente ciò implica che la banca può
riallocare la propria posizione sulla frontiera rischio-rendimento attraverso la diversificazione.
Altre banche, che non hanno i vostri risultati, dovrebbero concentrare
37
di più. Nel vostro caso la diversificazione è importante.
Anche la verifica sul relationship lending indica un effetto molto importante . L’altra questione fondamentale è la dimensione. Il segno della dimensione è negativo. Questo vuol dire che è cruciale che le banche non
siano troppo grandi per poter attuare al meglio questo relationship landing. È comunque difficile chiarirsi sul significato di “troppo grandi”.
Guardiamo ora molto velocemente i risultati relativi al margine di interesse.
Le variabili che sono massimamente importanti nella determinazione
del margine di interesse, sono i ricavi netti da servizi, i requisiti patrimonio/credito, il markup, l’efficienza tecnica, ecc. ecc.
Ci sono due elementi però importanti da considerare. Il primo: la dimensione crediti ha un segno negativo e altamente significativo. Questo
vuol dire che erogare credito con taglio molto alto impatta negativamente sul margine di intermediazione. Secondo: i ricavi netti da servizi, sul
margine di intermediazione, entrano in questa relazione con segno negativo. Questa è l’implicazione del cross selling. Questo dato, premetto,
non è solo per voi Bcc; molte altre banche hanno presentano questo risultato, che evidenzia il cross selling di prodotti nel momento in cui vengono concessi i crediti. Prodotti sui quali non si riesce a generare sufficiente margine
Passo ora alle conclusioni.
La nostra analisi evidenzia alcuni fattori fondamentali.
Le Banche di Credito Cooperativo sono in una situazione patrimoniale e reddituale sostanzialmente buona. Abbiamo assistito a una fase
di crescita molto vivace anche delle sofferenze, alla quale però sembra
che il sistema – sottolineo il sistema – Bcc abbia reagito in maniera
adeguata.
Vi ricordo che abbiamo guardato dati relativi al sistema. Questi sono
dati medi relativi al sistema. Chiaramente abbiamo preso i dati di ogni
singola banca. È ovvio che c’è qualche banca che può essere sopra le
media o sotto la media però questi sono i dati medi del sistema.
Nel complesso il sistema ha reagito di fronte a questi scossoni che si
sono verificati nel 2005 e nel 2006.
Si conferma il relationship lending, cioè la Bcc è una banca di prossimità.
Inoltre, i risultati evidenziano come la redditività possa essere aumentata, attraverso tre fattori importanti. Prima di tutto un attento frazionamento del rischio. Secondo: la diversificazione degli affidamenti. Essere
in grado di diversificare, soprattutto grazie al relationship lending. Terzo
punto: maggiore attenzione ai servizi. Come vedrete dal questionario domani le imprese chiedono servizi. Sui servizi, come avete visto, c’è un
problema rispetto ai concorrenti e anche rispetto al problema della redditività. Questo è un terzo punto importante.
Sarebbe importante discutere di come il sistema Bcc, con questa dimensione media di banca, con questa dimensione di lavoro, può far fron-
38
te alle trasformazioni strutturali dell’economia emiliano-romagnola.
È un tema complesso che può essere derivato, come conclusione, da
questo tipo di relazione.
Non possiamo però dimenticare che i numeri parlano ma non dicono
tutto. Nel senso che le Banche di Credito Cooperativo hanno, alla loro base, molto più di tutte le altre banche, una forte missione di responsabilità
sociale. Oggi nella società c’è una domanda di responsabilità sociale
molto elevata, come è del resto tipico di tutti i sistemi a capitalismo avanzato. Le uniche banche che, sul panorama, possono rispondere a questa
domanda di responsabilità sono proprio le Banche di Credito Cooperativo. Pensiamo soltanto al grande tema della pensione, del TFR, dell’allocazione del risparmio. Questi sono tutti temi sui quali la gente chiede risposte concrete. Le Bcc hanno una vocazione naturale ad avere un approccio etico al problema del credito.
Io credo che per aumentare ulteriormente la vostra redditività, migliorare la vostra posizione sul mercato, dovete anche puntare sul discorso
della finanza, sul discorso dell’allocazione, la raccolta e la gestione del risparmio perché oggi la mutualità si fa anche e soprattutto con strumenti
differenti. Non solo l’accesso al credito, che è la vostra base e la vostra
storia, ma anche l’accesso alla finanza, un approccio etico alla finanza,
senza dover portare le persone a dover correre rischi troppo elevati quando si parla di denari accumulati con fatica e con sudore.
39
ROBERTO MARCHETTI
Direttore della Sede di Bologna
della Banca d’Italia
Banche locali e finanziamento delle imprese in Emilia-Romagna:
quali prospettive?
1. Introduzione
La ricerca promossa dalla Federazione Regionale delle Banche di Credito Cooperativo con l’Università degli Studi di Bologna ha per obiettivo
l’esame delle “peculiarità del rapporto banca-impresa con riferimento alle piccole e medie imprese della Regione Emilia-Romagna le quali rappresentano una quota rilevante della clientela delle Banche di Credito
Cooperativo”.
La ricerca, attraverso la raccolta diretta di informazioni presso le piccole e medie imprese regionali, tende ad analizzare il rapporto banca-impresa in uno specifico segmento del mercato: per la sua originalità e attualità è un progetto di grande interesse considerato quanto l’opinione
degli imprenditori risulti essenziale per valutare punti di forza e di debolezza delle politiche di offerta delle banche; sono ansioso di conoscerne
i risultati.
In questo quadro il mio contributo, basato sull’analisi dei dati delle Banche locali sul finanziamento delle imprese in Emilia-Romagna in questi
primi sei anni del terzo millennio, tenderà a valutare se l’indubbio successo fatto registrare da questa categoria di banche sia da collegare ad
un mutato rapporto con il sistema delle imprese. Cercherò pure di affrontare la diversità di comportamento tra Banche di credito cooperativo
e altre banche locali con l’intendimento di arrivare a qualche plausibile
considerazione circa le prospettive di sviluppo del finanziamento alle imprese da parte delle banche minori.
2. Indagine statistica
La quota delle banche locali (banche di credito cooperativo, ex casse di
risparmio e popolari non appartenenti a grandi gruppi) nel mercato dei prestiti è cresciuta dal 16,5% nel 2000 al 20,4% nel 2006 con una punta del
41
21,3% nel 2004 ed una successiva stabilizzazione sopra il 20% (Tav. 1).
Ove si consideri il solo finanziamento diretto delle attività produttive (famiglie produttrici e società non finanziarie) le quote aumentano in misura più accentuata passando dal 16,9% nel 2000 al 22% nel 2006 (Tav. 2).
All’interno di questa categoria di banche, considerata escludendo gli
effetti delle operazioni di integrazione, si assiste alla progressiva crescita
del ruolo delle Banche di credito cooperativo, la cui quota passa in 6 anni dal 33,1% al 39,8% (Tav. 3).
Negli ultimi sei anni è aumentato notevolmente il rilievo dei finanziamenti delle banche locali a favore delle imprese con quote che per le
BCC passano dal 32,1 al 41,3% e per le altre banche dal 45,1 al 48,7%
a scapito delle erogazioni verso le famiglie (Tav. 4).
Nella composizione del portafoglio prestiti alle imprese per branca di
attività economica, cresce l’importanza dell’edilizia che – unitamente agli
“altri servizi” – ha visto aumentare il proprio peso dal 30,3 al 43,7% per
le Banche di credito cooperativo e dal 30,9 al 43,1% per le altre, con un
rilievo via via crescente del sostegno all’intermediazione immobiliare
(Tav. 5).
Per classe dimensionale si osserva una significativa crescita dell’esposizione nei confronti di clientela con accordato “di sistema” superiore ai 5 milioni di euro con quote che passano, per le Banche di credito cooperativo, dal 12,8 al 22,9% e, per le altre, dal 38,6 al 44,4%, mentre diminuisce significativamente la rilevanza del sostegno a clientela con
classe di accordato fino a 500.000 euro (rispettivamente dal 35,2 al
23,50% per le Banche di credito cooperativo e dal 20,7 al 16,3 per le “altre”) (Tav. 6).
Questi dati consentono alcune considerazioni preliminari:
• le banche locali, beneficiando anche del processo di concentrazione
del sistema bancario, rafforzano il loro ruolo e, grazie soprattutto al finanziamento delle iniziative ricollegabili al ciclo dell’edilizia, conquistano e difendono una quota pari a un quinto del portafoglio prestiti regionale;
• la clientela di riferimento si caratterizza per il significativo aumento della fascia dimensionale;
• all’interno di questo gruppo di banche si assiste alla progressiva omogeneizzazione dell’attività tanto che, nonostante le differenti caratteristiche “genetiche”, si può ragionevolmente parlare di una “categoria” di
operatori i cui elementi distintivi sembrano essere il legame con il territorio, la flessibilità di approccio alle esigenze dell’utenza, la qualità
“personale” della relazione e la rapidità decisionale.
Preso atto dei risultati conseguiti, sembra opportuno soffermarsi sulle
determinanti del processo di ricomposizione del portafoglio prestiti per verificare, in primo luogo, se questi cambiamenti siano frutto di scelte strategiche delle banche o, piuttosto, rappresentino un adattamento al mercato,
eventualmente da riconsiderare al mutare delle condizioni di domanda.
Questa verifica pare necessaria per valutare prospettive e rischi delle
dinamiche in atto, e può essere condotta analizzando i comportamenti
42
organizzativi degli intermediari.
Il Nucleo per la ricerca economica della Banca d’Italia di Bologna sta
conducendo un’indagine sull’organizzazione interna delle banche regionali dalla quale emergono alcune “scelte” significative anche ai fini delle
presenti considerazioni. Emerge, infatti, una tendenza all’aumento del
grado di decentramento decisionale nell’attività di prestito alle imprese
(in particolare per le Banche di credito cooperativo) e il tempo di permanenza (in media di poco superiore ai quattro anni) dei responsabili di
filiali nella stessa sede di lavoro, pur in leggera flessione, si conferma più
ampio rispetto alle banche maggiori ove è pari a poco più di tre anni; comincia, poi, a diffondersi l’adozione di procedure di “credit scoring” per
la valutazione del merito creditizio, parametro, questo, ritenuto rilevante
ai fini della concessione del prestito e della valutazione dell’andamento
della relazione piuttosto che per la determinazione del tasso (cfr. tavv. 7,
8 e 9).
Ove si consideri, poi, come risulti ancora assai limitata presso le banche locali la costituzione di unità dedicate alla clientela “corporate”, si
trae il convincimento che l’organizzazione interna di questa categoria di
banche sia stata interessata solo da marginali adattamenti, probabile indice dell’assenza di scelte strategiche orientate a privilegiare il finanziamento alle imprese.
Questa conclusione, ancorché apparentemente non coerente con i risultati conseguiti, riflette comportamenti dei responsabili aziendali di “attesa” che, a mio avviso, meritano ampia considerazione.
In sostanza il quesito che si presenta è abbastanza semplice nella sua
formulazione: il futuro strategico delle banche locali sta nel crescente sostegno alle imprese allargando i rapporti anche con quelle di maggiori dimensioni e adeguando di conseguenza la propria organizzazione?
Ritengo questa prospettiva poco probabile e cercherò di argomentarne le motivazioni.
3. Le prospettive del finanziamento delle imprese
In primo luogo occorre analizzare con rigore i risultati conseguiti che,
accanto a significativi successi quantitativi, associano l’assunzione di rischi potenziali non marginali: la concentrazione del sostegno creditizio
verso il settore immobiliare vincola i risultati prospettici all’andamento del
ciclo dell’edilizia. Per contro nessun miglioramento si registra, in termini
di quote, nel finanziamento di quei settori del manifatturiero tecnologicamente più avanzati e, quindi, con maggiori prospettive di stabile sviluppo.
Aldilà dei risultati conseguiti, credo sia utile ricollegare le possibilità di
sviluppo di questa categoria di banche alle loro caratteristiche “genetiche”. Orbene, una banca locale si caratterizza per la capacità di identificarsi con l’economia di un territorio attraverso la conoscenza diretta degli operatori e dei loro bisogni. In altre parole l’elemento costitutivo e distintivo della banca locale è la capacità di instaurare una “relazione” che
si fonda sulla condivisione degli obiettivi, quasi sempre associata alla co-
43
noscenza personale tra contraenti.
In prospettiva, tra gli elementi caratterizzanti di queste banche perde
peso l’aspetto dimensionale (locale=piccolo) e acquisisce rilevanza quello relazionale; si passa da un elemento quantitativo ad uno qualitativo
con la naturale conseguenza, purtroppo, che risulterà più difficile determinarne i confini.
In questo scenario il rapporto tra banche locali e imprese tende a essere virtuoso in tutti i casi in cui si instauri una relazione che associ ai tradizionali parametri economici (la qualità e il costo del servizio, la valutazione del rischio, ecc.) una serie di altri elementi quali la reciproca fiducia e la convinzione che l’iniziativa imprenditoriale sia utile per il territorio
nel quale è inserita.
E’ evidente, a mio avviso, che al centro di questa “relazione” debbano
esserci delle persone con tutta la loro fisicità (e quindi portatrici di una
pluralità di interessi e di valori) ancorché nei rispettivi ruoli di finanziatore e finanziato.
Questa personalizzazione del rapporto, oggetto in passato di significative critiche allorché rappresentava l’elemento preponderante nella decisione di finanziamento, può rappresentare carattere distintivo ed elemento di successo quale valore aggiunto di relazioni creditizie impostate
su basi economiche valide.
Se si accetta questa impostazione si può definire uno scenario per lo
sviluppo del finanziamento alle imprese da parte delle banche locali: in
tutti i casi in cui è possibile istaurare una relazione del tipo sopra delineato è verosimile che imprenditore e banchiere locale possano consolidare il loro rapporto con reciproca soddisfazione.
Tale correlazione prescinde, almeno in parte, dalla dimensione dei
contraenti; è peraltro vero che all’aumentare della complessità organizzativa, di solito accomunato allo sviluppo dimensionale, la relazione che
avvalora anche elementi non economici tende ad essere abbandonata.In
questo caso, infatti, verrà privilegiata la qualità della prestazione, in termini di efficacia e costo del servizio, rispetto alla qualità della relazione il
cui valore economico non è immediatamente quantificabile, con conseguente annullamento dei vantaggi competitivi delle banche locali.
Questa “delimitazione del campo di gioco” per le banche locali, se correttamente applicata, non significa affatto una compressione del loro ruolo nel finanziamento delle imprese: una eventualità del genere potrebbe
verificarsi solo laddove il nostro sistema produttivo subisse una radicale
trasformazione della propria struttura (in primo luogo con la crescita dimensionale), circostanza questa per certi versi auspicabile ma assai difficile da realizzare almeno in tempi brevi.
Nell’attuale assetto, il sostegno delle banche locali alla nascita delle
imprese e l’accompagnamento delle loro prime fasi di sviluppo sono essenziali giacché gran parte di tali iniziative sorgono grazie all’intuito, alla
creatività, alla propensione al rischio di singole persone piuttosto che per
gemmazione di organizzazioni complesse.
Lo stesso sostegno al ciclo produttivo attraverso lo smobilizzo del cre-
44
dito commerciale e la fornitura dei servizi di pagamento ad esso associabili risultano campi di intervento facilmente percorribili da questa categoria di intermediari finanziari.
Più arduo risulterà invece il finanziamento degli investimenti considerato che la maggiore apertura dei mercati rende sempre più complessa
e costosa l’acquisizione delle informazioni utili per valutarne la convenienza economica.
Si conferma, in sostanza, anche per il prossimo futuro, per le banche
locali una offerta orientata ai tre tradizionali settori: famiglie consumatrici, famiglie produttrici e imprese non finanziarie e, presumibilmente, nessuno di questi settori acquisirà una significativa preminenza rispetto agli
altri. Il consolidamento dei settori di riferimento non consente, peraltro, di
confermare acriticamente il modello organizzativo in atto giacché la crescente qualità della domanda e l’ampia gamma di offerte presente nel
mercato creditizio rendono assai più complesso lo sviluppo di una relazione efficace e duratura. E’ anche probabile che le banche locali che dispongono di una organizzazione di gruppo, quali le BCC, possano beneficiare di un vantaggio competitivo all’interno della categoria se sapranno
valorizzare questa loro peculiarità ampliando la gamma dei servizi offerti senza rinunciare alla personalizzazione dei prodotti.
Sta quindi all’abilità di chi opera in queste banche, in primo luogo ai loro amministratori, saper adattare i modelli organizzativi delle rispettive
aziende per renderli capaci di cogliere appieno le istanze provenienti dal
territorio di riferimento avendo presente che la qualità della relazione nasce e si consolida sulla capacità di corrispondere alle esigenze della clientela interpretandone le istanze e sapendo proporre soluzioni coerenti.
Ma se il modello organizzativo prescelto continuerà a valorizzare le peculiarità delle diverse banche locali, un problema specifico le accomuna: il
mercato delle risorse umane. Tradizionalmente le banche locali hanno utilizzato, ai vari gradi di responsabilità, personale proveniente da intermediari di maggiori dimensioni soprattutto per integrare le competenze tecniche già presenti in azienda (specialisti in finanza, estero, organizzazione
e controlli, ecc.). Oggi si manifestano segnali di un flusso inverso che vede funzionari e quadri delle banche locali che hanno diretto contatto con
la clientela attratti dalle banche maggiori. Se l’interesse del sistema verso
questi dipendenti è motivato dal loro “patrimonio relazionale” appare concreto il rischio per le banche locali di vedere eroso, soprattutto nei rapporti
con le imprese, un loro tradizionale vantaggio competitivo.
Si apre quindi un diverso fronte di competizione nel quale queste banche, insieme al naturale orgoglio di sentirsi protagoniste di un nuovo mercato, dovranno adottare tutte quelle iniziative capaci di preservare questo
“patrimonio personale” che acquisisce un valore economico crescente.
4. Conclusioni
Vorrei concludere cercando di dare una risposta sintetica al quesito
iniziale: quali prospettive per le banche locali nel finanziamento delle
45
imprese.
Dato il livello di concorrenza attuale e prospettico nel mercato del credito, considerata la sempre maggiore apertura all’estero del settore manifatturiero regionale, il mantenimento di una quota superiore a un quinto dei prestiti alle imprese complessivamente erogati in Regione è obiettivo ambizioso, ma raggiungibile; il mantenimento di queste quote, peraltro, non potrà derivare dall’adozione di mere strategie difensive ma richiederà azioni attive, anche incisive, con investimenti soprattutto sulle risorse umane e valorizzando al meglio, per le Banche di credito cooperativo, l’appartenenza ad una “rete” adeguatamente integrata.
L’obiettivo quantitativo, peraltro, non potrà rappresentare l’unico riferimento nelle politiche di sostegno alle iniziative economiche; se le banche
locali intendono preservare e sviluppare il legame con il territorio nel quale sono inserite dovranno tenere conto nella selezione delle proposte anche di valori “sociali” quali la condivisione dei progetti con le comunità locali, le ricadute sull’occupazione, la loro compatibilità ambientale, vincoli
che si aggiungono e non sostituiscono il riferimento alla validità economica dei progetti ma che qualificano questi intermediari come soggetti di
una comunità.
Per le banche locali si tratta di accettare la sfida competitiva in un mercato creditizio sempre più integrato investendo sulle proprie peculiarità,
valorizzando i vantaggi di prossimità, la flessibilità organizzativa, l’autonomia e la rapidità decisionale, la qualità delle risorse professionali, ma
anche rifiutando di intervenire laddove colmare la distanza tra domanda
e offerta risulti oggettivamente troppo oneroso: il successo deriva dalla
capacità di sfruttare tutte le occasioni offerte dal mercato nella piena consapevolezza dei propri limiti.
46
5. Appendice statistica
Tav. 1
PRESTITI DELLE BANCHE PER CLASSE DIMENSIONALE
Anni
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Banche grandi
Banche piccole
Appartenenti a
Locali (3)
grandi gruppi
Consistenze di fine anno in milioni di euro
62.981
19.731
3.549
13.644
67.206
23.340
4.100
15.399
65.765
27.466
4.604
18.031
67.654
30.763
5.025
20.310
70.330
34.637
5.749
22.324
77.593
38.775
6.360
24.350
85.706
42.814
7.306
26.244
Valori percentuali
76,1
23,9
4,3
16,5
74,2
25,8
4,5
17,0
70,5
29,5
4,9
19,3
68,7
31,3
5,1
20,6
67,0
33,0
5,5
21,3
66,7
33,3
5,5
20,9
66,7
33,3
5,7
20,4
(1) (2)
Totale
Altre
2.538
3.841
4.831
5.428
6.564
8.065
9.264
82.712
90.546
93.232
98.417
104.967
116.368
128.520
3,1
4,2
5,2
5,5
6,3
6,9
7,2
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: segnalazioni di vigilanza.
(1)
I dati sono corretti per tenere conto delle operazioni di fusione tra banche. – (2) I dati sui prestiti escludono i pronti contro
termine e le sofferenze. – (3) Banche di credito cooperativo, ex-casse di risparmio e banche popolari, incluse quelle trasformate in società per azioni, non appartenenti a gruppi a capo dei quali c’è una banca grande.
47
Tav. 2
PRESTITI ALLE IMPRESE DELLE BANCHE PER CLASSE DIMENSIONALE
Anni
Banche piccole
Appartenenti a
Locali (3)
grandi gruppi
Banche grandi
Consistenze di fine anno in milioni di euro
42.790
13.439
2.228
9.479
45.216
15.333
2.556
10.753
45.970
18.126
3.016
12.756
46.243
20.562
3.424
14.435
47.612
22.779
3.636
15.734
51.430
24.292
3.728
16.926
56.387
26.548
4.039
18.286
Valori percentuali
76,1
23,9
4,0
16,9
74,7
25,3
4,2
17,8
71,7
28,3
4,7
19,9
69,2
30,8
5,1
21,6
67,6
32,4
5,2
22,4
67,9
32,1
4,9
22,4
68,0
32,0
4,9
22,0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
(1) (2)
Totale
Altre
1.731
2.024
2.354
2.703
3.409
3.638
4.223
56.228
60.549
64.096
66.805
70.391
75.722
82.936
3,1
3,3
3,7
4,0
4,8
4,8
5,1
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Fonte: segnalazioni di vigilanza.
(1)
I dati sono corretti per tenere conto delle operazioni di fusione tra banche. – (2) I dati sui prestiti escludono i pronti contro
termine e le sofferenze. Si considerano solo i prestiti alle famiglie produttrici e alle società non finanziarie. – (3) Banche di
credito cooperativo, ex-casse di risparmio e banche popolari, incluse quelle trasformate in società per azioni, non appartenenti a gruppi a capo dei quali c’è una banca grande.
Tav. 3
PRESTITI DELLE BANCHE LOCALI PER CATEGORIA ISTITUZIONALE
2000
BCC
Non BCC
Totale
BCC
Non BCC
Totale
2001
2002
2003
2004
Consistenze di fine anno in milioni di euro
4.522
5.089
6.202
7.276
8.401
9.122
10.310
11.829
13.034
13.923
13.644
15.399
18.031
20.310
22.324
Valori percentuali
33,1
33,0
34,4
35,8
37,6
66,9
67,0
65,6
64,2
62,4
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
2005
(1) (2) (3)
2006
9.527
14.823
24.350
10.440
15.804
26.244
39,1
60,9
100,0
39,8
60,2
100,0
Fonte: segnalazioni di vigilanza.
(1)
I dati sono corretti per tenere conto delle operazioni di fusione tra banche. – (2) I dati sui prestiti escludono i pronti contro
termine e le sofferenze. – (3) Banche di credito cooperativo, ex-casse di risparmio e banche popolari, incluse quelle trasformate in società per azioni, non appartenenti a gruppi a capo dei quali c’è una banca grande.
48
Tav. 4
COMPOSIZIONE DEL PORTAFOGLIO PRESTITI DELLE BANCHE LOCALI
PER CATEGORIA ISTITUZIONALE E SETTORE ISTITUZIONALE (1) (2) (3)
2000
Non BCC
Amministrazioni
pubbliche
Famiglie
consumatrici
Società
finanziarie
Famiglie
produttrici
Holding
Società
non finanziarie
Totale
BCC
Amministrazioni
pubbliche
Famiglie
consumatrici
Società
finanziarie
Famiglie
produttrici
Holding
Società
non finanziarie
Totale
Non BCC
Amministrazioni
pubbliche
Famiglie
consumatrici
Società
finanziarie
Famiglie
produttrici
Holding
Società
non finanziarie
Totale
BCC
Amministrazioni
pubbliche
Famiglie
consumatrici
Società
finanziarie
Famiglie
produttrici
Holding
Società
non finanziarie
Totale
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Consistenze di fine anno in milioni di euro
167
186
167
190
200
198
185
2.140
2.496
2.856
3.090
3.340
3.716
3.874
208
203
153
194
267
283
398
2.433
60
2.625
100
2.926
117
3.172
97
3.328
129
3.420
127
3.495
159
4.114
9.122
4.699
10.310
5.611
11.829
6.291
13.034
6.658
13.923
7.078
14.823
7.694
15.804
15
14
12
11
11
14
15
1.507
1.591
1.900
2.188
2.471
2.808
2.968
46
49
58
73
135
217
272
1.482
21
1.679
7
1.972
13
2.233
32
2.457
37
2.638
60
2.784
87
1.450
4.522
1.749
5.089
2.247
6.202
2.739
7.276
3.291
8.401
3.790
9.527
4.314
10.440
Valori percentuali
1,8
1,8
1,4
1,5
1,4
1,3
1,2
23,5
24,2
24,1
23,7
24,0
25,1
24,5
2,3
2,0
1,3
1,5
1,9
1,9
2,5
26,7
0,7
25,5
1,0
24,7
1,0
24,3
0,7
23,9
0,9
23,1
0,9
22,1
1,0
45,1
100,0
45,6
100,0
47,4
100,0
48,3
100,0
47,8
100,0
47,7
100,0
48,7
100,0
0,3
0,3
0,2
0,2
0,1
0,1
0,1
33,3
31,3
30,6
30,1
29,4
29,5
28,4
1,0
1,0
0,9
1,0
1,6
2,3
2,6
32,8
0,5
33,0
0,1
31,8
0,2
30,7
0,4
29,2
0,4
27,7
0,6
26,7
0,8
32,1
100,0
34,4
100,0
36,2
100,0
37,6
100,0
39,2
100,0
39,8
100,0
41,3
100,0
Fonte: segnalazioni di vigilanza.
(1)
I dati sono corretti per tenere conto delle operazioni di fusione tra banche. – (2) I dati sui prestiti escludono i pronti contro
termine e le sofferenze. – (3) Banche di credito cooperativo, ex-casse di risparmio e banche popolari, incluse quelle trasformate in società per azioni, non appartenenti a gruppi a capo dei quali c’è una banca grande.
49
Tav. 5
COMPOSIZIONE DEL PORTAFOGLIO PRESTITI DELLE BANCHE LOCALI
PER CATEGORIA ISTITUZIONALE E BRANCA DI ATTIVITÀ ECONOMICA (1) (2)
(VALORI PERCENTUALI)
2000
Non BCC
Prodotti agricoltura,
silvicolt., pesca
Prodotti energetici
Minerali e metalli
Minerali e prod. min. non metal.
Prodotti chimici
Prodotti in metal. escl. macch.
Macch. agr. e industr.
Macch. per ufficio
Materiale e forn. elettr.
Mezzi di trasporto
Prodotti aliment.
e a base di tabac.
Prodotti tess., cuoio,
calz. e abbigl.
Carta, stampa ed editoria
Prodotti in gomma e plastica
Altri prodotti industriali
Edilizia e opere pubbl.
Servizi del comm., recup. e ripar.
Alberghi e pubblici esercizi
Trasporti interni
Trasporti marittimi e aerei
Serv. connessi ai trasp.
Serv. delle comunicazioni
Altri serv. dest. alla vendita
Totale
50
2001
2002
2003
2004
2005
2006
6,9
0,4
0,5
1,9
1,0
5,1
3,6
1,0
1,8
0,9
6,4
0,8
0,4
1,9
1,0
4,6
3,5
0,7
1,6
0,8
6,2
0,8
0,4
2,0
1,0
4,3
3,3
0,6
1,3
0,7
5,9
1,1
0,3
1,8
0,9
4,0
3,2
0,4
1,2
1,1
5,9
1,0
0,4
1,7
1,0
4,0
3,4
0,4
1,2
0,9
5,8
1,3
0,4
1,5
1,0
3,5
3,3
0,4
1,2
0,6
5,3
1,1
0,4
1,5
0,8
3,7
2,9
0,4
1,3
0,6
7,4
6,8
6,3
6,0
6,6
6,4
6,0
3,1
1,2
1,4
2,3
10,8
21,2
6,4
2,4
0,1
0,9
0,0
20,1
100,0
3,1
1,1
1,3
2,1
11,2
20,3
6,9
2,2
0,1
1,0
0,0
22,3
100,0
2,7
1,0
1,1
2,2
11,3
19,8
7,0
2,0
0,1
1,0
0,0
24,9
100,0
2,7
0,9
1,1
2,1
11,9
19,4
7,3
2,0
0,1
1,0
0,0
25,4
100,0
2,4
0,8
1,0
2,1
12,6
18,2
8,0
1,9
0,1
0,9
0,0
25,5
100,0
2,1
0,8
0,9
1,9
12,9
17,4
8,1
2,0
0,1
0,9
0,0
27,5
100,0
2,0
0,9
1,0
1,8
14,0
16,8
7,7
1,8
0,1
0,8
0,1
29,1
100,0
Tav. 5 (segue)
COMPOSIZIONE DEL PORTAFOGLIO PRESTITI DELLE BANCHE LOCALI
PER CATEGORIA ISTITUZIONALE E BRANCA DI ATTIVITÀ ECONOMICA (1) (2)
(VALORI PERCENTUALI)
2000
BCC
Prodotti agricoltura,
silvicolt., pesca
Prodotti energetici
Minerali e metalli
Minerali e prod. min. non metal.
Prodotti chimici
Prodotti in metal. escl. macch.
Macch. agr. e industr.
Macch. per ufficio
Materiale e forn. elettr.
Mezzi di trasporto
Prodotti aliment.
e a base di tabac.
Prodotti tess., cuoio,
calz. e abbigl.
Carta, stampa ed editoria
Prodotti in gomma e plastica
Altri prodotti industriali
Edilizia e opere pubbl.
Servizi del comm., recup. e ripar.
Alberghi e pubblici esercizi
Trasporti interni
Trasporti marittimi e aerei
Serv. connessi ai trasp.
Serv. delle comunicazioni
Altri serv. dest. alla vendita
Totale
2001
2002
2003
2004
2005
2006
9,6
0,1
0,3
1,4
0,7
5,9
3,9
0,5
2,1
0,9
8,5
0,2
0,3
1,6
0,8
5,3
4,2
0,5
1,9
0,9
7,7
0,2
0,3
1,6
0,9
5,3
3,9
0,5
1,9
0,9
7,2
0,3
0,3
1,6
0,7
5,1
3,8
0,5
1,8
0,9
7,1
0,2
0,3
1,3
0,7
5,1
3,4
0,4
1,8
0,7
6,9
0,2
0,3
1,2
0,6
4,7
3,2
0,4
1,6
0,7
6,6
0,3
0,3
1,2
0,6
4,7
3,1
0,4
1,5
0,6
4,4
4,2
4,1
4,0
3,8
3,6
3,8
2,8
1,7
1,2
3,0
13,7
19,2
7,5
3,8
0,0
0,7
0,1
16,6
100,0
2,7
1,7
1,2
2,9
14,3
19,1
7,5
3,8
0,0
0,8
0,1
17,7
100,0
2,3
1,7
1,2
2,6
15,0
18,4
7,2
3,4
0,0
0,8
0,1
20,1
100,0
2,3
1,6
1,1
2,5
16,0
17,8
7,3
3,0
0,0
0,6
0,1
21,7
100,0
2,1
1,6
1,0
2,4
16,0
17,4
7,6
2,9
0,0
0,6
0,1
23,6
100,0
2,0
1,4
0,9
2,3
17,0
16,9
7,8
2,7
0,0
0,6
0,1
24,9
100,0
1,7
1,4
0,9
2,3
17,5
16,1
7,5
2,6
0,0
0,6
0,1
26,2
100,0
Fonte: segnalazioni di vigilanza.
(1)
I dati sono corretti per tenere conto delle operazioni di fusione tra banche. – (2) Banche di credito cooperativo, ex-casse
di risparmio e banche popolari, incluse quelle trasformate in società per azioni, non appartenenti a gruppi a capo dei quali
c’è una banca grande.
51
Tav. 6
COMPOSIZIONE DEL PORTAFOGLIO PRESTITI DELLE BANCHE LOCALI
PER CATEGORIA ISTITUZIONALE E CLASSE DI ACCORDATO (1) (2)
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Consistenze di fine anno in milioni di euro
Non BCC
Fino a 500 mila euro
Da 500 mila
a 2,5 milioni di euro
Da 2,5 a 5 milioni di euro
Oltre 5 milioni di euro
Totale
BCC
Fino a 500 mila euro
Da 500 mila
a 2,5 milioni di euro
Da 2,5 a 5 milioni di euro
Oltre 5 milioni di euro
Totale
Non BCC
Fino a 500 mila euro
Da 500 mila
a 2,5 milioni di euro
Da 2,5 a 5 milioni di euro
Oltre 5 milioni di euro
Totale
BCC
Fino a 500 mila euro
Da 500 mila
a 2,5 milioni di euro
Da 2,5 a 5 milioni di euro
Oltre 5 milioni di euro
Totale
1.201
1.287
1.430
1.549
1.615
1.700
1.737
1.635
718
2.235
5.788
1.889
796
2.662
6.634
2.159
984
3.264
7.836
2.368
1.120
3.700
8.737
2.452
1.278
3.972
9.317
2.566
1.349
4.258
9.873
2.726
1.458
4.725
10.645
678
784
993
1.132
1.240
1.321
1.373
981
1.337
268
393
340
555
2.373
3.277
Valori percentuali
1.600
508
754
3.994
1.808
656
977
4.680
2.049
800
1.111
5.281
2.236
904
1.338
5.851
774
226
247
1.925
20,7
19,4
18,2
17,7
17,3
17,2
16,3
28,2
12,4
38,6
100,0
28,5
12,0
40,1
100,0
27,5
12,6
41,7
100,0
27,1
12,8
42,4
100,0
26,3
13,7
42,6
100,0
26,0
13,7
43,1
100,0
25,6
13,7
44,4
100,0
35,2
33,0
30,3
28,4
26,5
25,0
23,5
40,2
11,7
12,8
100,0
41,3
11,3
14,3
100,0
40,8
12,0
16,9
100,0
40,1
12,7
18,9
100,0
38,6
14,0
20,9
100,0
38,8
15,1
21,0
100,0
38,2
15,4
22,9
100,0
Fonte: Centrale dei rischi.
(1)
I dati sono corretti per tenere conto delle operazioni di fusione tra banche. – (2) Banche di credito cooperativo, ex-casse
di risparmio e banche popolari, incluse quelle trasformate in società per azioni, non appartenenti a gruppi a capo dei quali
c’è una banca grande.
52
Tav. 7
AUTONOMIA ATTIVITÀ DI PRESTITO E
PERMANENZA DEI RESPONSABILI DI FILIALE NELLE BANCHE LOCALI
Voci
# osservazioni
Media
Minimo
Massimo
BCC
Indice di autonomia (1)
Permanenza media
del responsabile di filiale (mesi)
14
18,3
0
66,7
14
53,0
33
65
11
10,4
0,6
25
10
49,5
28
84
Non BCC
Indice di autonomia (1)
Permanenza media
del responsabile di filiale (mesi)
Fonte: questionario sull’organizzazione interna delle banche.
(1)
L’indice di autonomia è ottenuto come rapporto tra la delega del responsabile di filiale e quella del direttore generale.
Tav. 8
TENDENZA DEL DECENTRAMENTO DECISIONALE E
DELLA PERMANENZA DEI RESPONSABILI DI FILIALE NEGLI ULTIMI 3 ANNI
Voci
# osservazioni
Aumentato
Stabile
Diminuito
BCC
Tendenza decentramento
decisionale nellʼattività
di prestito
Tendenza della permanenza
del responsabile di filiale
15
66,7
33,3
0,0
14
7,1
35,7
57,1
11
54,6
36,4
9,1
10
0,0
40,0
60,0
Non BCC
Tendenza decentramento
decisionale nellʼattività
di prestito
Tendenza della permanenza
del responsabile di filiale
Fonte: questionario sull’organizzazione interna delle banche.
Tav. 9
ADOZIONE DI PROCEDURE DI CREDIT SCORING
Voci
# osservazioni
Adottate
15
11
46,7
36,4
BCC
Non BCC
Non adottate
53,3
63,6
Fonte: questionario sull’organizzazione interna delle banche.
53
FRANCO CALEFFI
Direttore Generale Federcasse
Le Bcc di fronte alla sfida dellʼevoluzione
del Quadro Normativo e Regolamentare
Il nuovo Quadro Normativo di Riferimento
Il sistema bancario, da alcuni anni, è al centro di una forte evoluzione
del contesto normativo e regolamentare di riferimento (Ias/Ifrs, Basilea 2,
MiFID, Compliance).
Tali cambiamenti impongono alle banche di adeguarsi tempestivamente non solo ai nuovi scenari di mercato, più complessi e competitivi, ma
anche alle innovazioni normative, con l’obiettivo di trasformare in opportunità gli sforzi richiesti.
Il procedimento che ha condotto all’emanazione delle nuove disposizioni di vigilanza e sui servizi di investimento ispirandosi, anche a seguito dei precisi obblighi normativi previsti per le Autorità di Vigilanza
dalla nuova legge sul risparmio, ai principi e alle modalità tecniche della cd. better regulation(1), ha trovato un momento fondamentale nel
processo di consultazione delle Autorità di Vigilanza con gli operatori
e le loro associazioni. In questo contesto, l’impegno profuso da Federcasse nel fornire contributi di osservazioni e proposte su tutte le aree
significative delle nuove normative, con l’obiettivo precipuo di evitare
l’introduzione di regole suscettibili di creare distorsioni concorrenziali
a danno delle banche di piccola dimensione e organizzate a network,
si è rivelato di estrema importanza. Ciò soprattutto in considerazione
del fatto che il nuovo impianto normativo primario:
– tende a evitare, ove possibile, un’eccessiva prescrittività indicando
solo principi di carattere generale e linee guida applicative; (vedi
Icaap)
– si ispira al principio di proporzionalità secondo il quale la regolamentazione deve tenere conto della diversità delle banche - in termini di di(1)
La “better regulation” può essere definita come il procedimento, propedeutico all’emanazione definitiva di nuove
disposizioni regolamentari attraverso cui si illustrano e motivano le esigenze e gli obiettivi della regolamentazione, si
cerca di minimizzarne l’onerosità e di recepire le istanze e le prassi migliori degli operatori. Poggia, pertanto, su 3
pilastri: la consultazione aperta e trasparente, la semplificazione della legislazione esistente ed in via di adozione e
la necessità di sottoporre ogni nuova iniziativa legislativa ad uno studio di impatto regolamentare che dia conto dei
costi/benefici derivanti dall’adozione della regolamentazione proposta.
55
mensioni e complessità operativa. Pertanto, da un lato, detta regole differenziate e, dall’altro, sollecita un’applicazione delle stesse disposizioni coerente con le specificità delle banche.
A tale proposito, vale la pena aprire una parentesi ed osservare come
le richiamate regole di better regulation non siano state applicate con riguardo agli Ias/Ifrs. Ciò ha determinato la mancata applicazione del principio di proporzionalità e l’impossibilità per la Categoria di rappresentare
le problematicità connesse all’applicazione, sic et simpliciter, degli Ias/Ifrs
alle Bcc. Tenuto conto dello sforzo considerevole compiuto in sede di
adeguamento ai nuovi principi contabili, sono state ulteriormente sottoposte all’attenzione della Banca d’Italia, in una logica di auspicabile semplificazione, le effettive condizioni di applicabilità da parte delle Bcc di alcune fattispecie contabili previste dalla nuove regole nonché la coerenza
delle stesse con l’impianto strategico/organizzativo del Sistema del Credito Cooperativo.
Le citate normative di prossima applicazione, con riguardo all’organizzazione aziendale ed in tema di procedure, rimettono direttamente alla
responsabilità degli organi di governo societario il compito di definire un
modello di gestione coerente con i profili dimensionali e operativi, alla luce degli obiettivi e dei vincoli fissati dalla normativa.
Tale attività, in nuce riconducibile alla definizione di un sistema di governo aziendale efficace, costituisce di per se stessa un fattore competitivo determinante.
Pertanto, assumono oggi particolare rilievo le decisioni di carattere
strategico che gli organi di governo devono assumere per assicurare un
consapevole e coerente adeguamento delle nostre banche alla nuova regolamentazione prudenziale (Basilea 2 e Compliance) e sui servizi di investimento (MiFID). Tali scelte assumono a pieno titolo carattere strategico in quanto, non solo rispondono ad una esigenza di adeguamento
normativo, ma dalla loro interazione e sinergia - e, quindi, attraverso lo
sviluppo di prassi “eccellenti” - derivano effetti positivi sull’efficienza, la
stabilità e la competitività delle banche.
Infine, va osservato che il processo di adeguamento alle nuove normative comporta non solo l’adozione di prassi operative e di controllo
più accurate ed affidabili ma anche la necessità di tenere adeguatamente conto della trasversalità del complesso di tali norme e quindi della necessaria coerenza delle scelte effettuate in attuazione delle stesse. L’intreccio tra le scelte relative ai diversi profili operativi oggetto di
nuova disciplina richiede, pertanto, la predisposizione di efficaci sistemi e strutture decisionali nell’ambito della complessiva governance della banca.
Basilea 2: lʼapplicazione da parte delle Bcc
Le Bcc, così come la quasi totalità delle banche italiane, avvalendosi
della facoltà prevista dalla normativa comunitaria e nazionale di continuare ad applicare nel corso del 2007 il previgente regime prudenziale,
56
hanno optato di rinviare al 2008 il passaggio a Basilea 2. Pertanto, le prime segnalazioni concernenti il requisito patrimoniale individuale per i rischi di I Pilastro sulla base delle nuove disposizioni prudenziali dovranno
essere effettuate, con riferimento alla scadenza del 31 marzo 2008, entro il 25 aprile 2008.
Per quanto attiene l’ICAAP, le disposizioni transitorie attinenti prevedono una prima rendicontazione semplificata(2), riferita alla situazione al 30
giugno 2008, da trasmettere su base individuale, nel mese di settembre
2008 (su base consolidata nel mese di ottobre 2008).
La decisione di posticipare la prima applicazione del nuove regime
prudenziale al 2008 riflette la complessità e l’estensione dei problemi da
affrontare, peraltro con tutte le implicazioni operative derivanti dalla
stretta interrelazione funzionale tra le banche e le altre strutture di riferimento della Categoria, nonché la preferenza per soluzioni più complete
e definitive.
Al centro dei problemi che le banche devono affrontare vi sono i legami tra i requisiti di carattere patrimoniale, relativi ai rischi sia di primo che di secondo pilastro, e le regole qualitative sull’organizzazione
e sui processi aziendali, che costituiscono uno degli aspetti più innovativi della nuova normativa. Su tali legami si basano, da un lato, i meccanismi che incentivano una migliore gestione e controllo dei rischi da
parte delle banche e, dall’altro, le modalità e i criteri di valutazione della Vigilanza.
La soluzione a tali problemi, come già richiamato in premessa, rende
necessaria nei prossimi mesi l’adozione da parte dei vertici aziendali di
decisioni che hanno carattere strategico per la banca in quanto producono conseguenze importanti sulla sua capacità competitiva e sul suo posizionamento nel mercato di riferimento (vedi ad es. quanto attiene alla
verifica dei requisiti di ammissibilità delle garanzie).
A tale proposito, la Circolare 263/06 della Banca d’Italia ribadisce il
ruolo fondamentale degli organi di governo societario nella gestione e nel
controllo dei rischi aziendali. A questi, infatti, la nuova disciplina prudenziale richiede espressamente di:
– definire gli orientamenti strategici e le politiche di gestione del rischio,
nonché verificarne l’efficacia e l’efficienza nel continuo;
– individuare i compiti e le responsabilità delle varie funzioni e strutture
aziendali;
– assicurare l’adeguato presidio di tutti i rischi a cui l’intermediario può
essere esposto.
Inoltre, nell’ambito del “secondo pilastro”, agli organi di governo societario è attribuita la responsabilità del processo interno di determinazione
dell’adeguatezza patrimoniale (Icaap).
(2)
Le disposizioni transitorie per il processo di controllo prudenziale (Icaap) specificano che ai fini della relativa predisposizione le banche possono:
– valutare il capitale interno con riferimento oltre che ai rischi di I Pilastro, agli altri rischi per i quali la Banca d’Italia
indica metodologie di misurazione e di determinazione del capitale interno semplificate (tasso di interesse e concentrazione);
– utilizzare metodologie […] di stress testing anche se ancora non completamente affinate.
57
Il Primo Pilastro
Con riferimento al “primo pilastro” della nuova regolamentazione prudenziale, l’esigenza che i vertici aziendali adottino decisioni tempestive
sulla struttura organizzativa e sui processi operativi della banca è particolarmente importante nell’ambito della gestione delle garanzie e delle altre forme di attenuazione del rischio di credito, per i rilevanti benefici in termini di requisiti patrimoniali che il loro riconoscimento comporta.
Il riconoscimento degli effetti di mitigazione del rischio richiede, infatti,
il rispetto di specifici requisiti relativi alle caratteristiche economiche e
giuridiche delle garanzie, nonché l’esistenza in seno alla struttura organizzativa aziendale di un sistema di gestione e controllo delle garanzie e
dei cosiddetti “rischi residuali” (ossia, dei i rischi connessi al non efficace
funzionamento della protezione). L’adozione delle relative scelte da parte dei vertici aziendali presuppone, innanzitutto, l’effettuazione di una serie di qualificanti ed onerose attività ricognitive (censimento di tutte le tipologie di strumenti di attenuazione del rischio utilizzati; analisi e revisione della relativa contrattualistica e modulistica; verifica dell’adeguatezza
del sistema informativo e della struttura organizzativa) volte ad individuare gli interventi necessari per il rispetto dei citati requisiti.
Per le banche della Categoria, in considerazione della loro operatività
tipica, tale aspetto acquista particolare rilevanza per le esposizioni garantite da ipoteca su immobili laddove la nuova disciplina prevede una
ponderazione privilegiata (35 e 50 per cento per le esposizioni garantite,
rispettivamente, da immobili residenziali e non residenziali).
Le scelte relative al riconoscimento prudenziale delle garanzie immobiliari, considerata l’onerosità della loro attuazione, richiedono una
valutazione preliminare, da effettuare anche in chiave prospettica, non
solo del posizionamento della banca rispetto ai requisiti stessi ma anche dei costi e dei benefici connessi alle diverse ipotesi di portafoglio
immobiliare assoggettabile all’applicazione delle citate ponderazioni
privilegiate.
Come genericamente evidenziato nella premessa, dell’allineamento ai
requisiti richiesti dalla normativa per l’ammissibilità delle garanzie beneficerà la capacità competitiva delle banche, non solo attraverso gli effetti
positivi che ne derivano sulla determinazione degli assorbimenti patrimoniali, bensì - anche e soprattutto - per il fatto di disporre di un sistema
di gestione delle garanzie basato su standard di qualità ben più elevati di
quelli finora abituali.
Nell’adeguamento a Basilea 2, come già accennato in premessa, va
tenuta presente la necessaria coerenza con le scelte attuate con riferimento ad altri profili operativi oggetto di nuova disciplina. Ad esempio per quanto attiene all’attività di negoziazione in strumenti finanziari, rilevano le disposizioni della regolamentazione prudenziale relativa
ai rischi di mercato e alla compliance, nonché i principi Ias/Ifrs e la
58
MiFID.
Il Secondo Pilastro
Nell’ambito del processo di controllo prudenziale previsto dal II Pilastro
di Basilea 2, l’Icaap rappresenta il processo annuale di autovalutazione
della banca della propria adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica,
che tiene conto anche dei rischi non fronteggiati dai requisiti minimi
prudenziali, della possibilità che si verifichino situazioni congiunturali
avverse, degli obiettivi strategici aziendali e della capacità della struttura
organizzativa e del sistema di controlli interni di gestire i rischi rilevanti
per l’impresa.
L’Icaap si configura, pertanto, come un processo, completamente
integrato nella gestione aziendale (nell’ambito del budgeting e della
pianificazione strategica), volto a promuovere una gestione sempre
più corretta e consapevole dei rischi insiti nell’attività bancaria e,
quindi, a favorire uno sviluppo dell’operatività maggiormente improntato a criteri di sana e prudente gestione. In tale contesto assume,
quindi, rilevanza la sensibilità degli organi di governo societario ai
temi del controllo e del presidio della sostenibilità dei rischi attuali e
prospettici.
L’Icaap deve essere adeguatamente formalizzato, documentato, articolato su una chiara individuazione di ruoli e responsabilità e supportato da
risorse adeguate e autorevoli, nonché approvato dagli organi di governo
societario e sottoposto a revisione interna. L’individuazione delle funzioni
o delle strutture aziendali cui compete l’elaborazione o predisposizione
dei vari elementi o fasi del processo è rimessa all’autonomia decisionale
delle banche.
Spetta, quindi, agli organi di governo societario definire e approvare
le linee generali del processo, assicurandone l’adeguamento tempestivo in relazione a modifiche significative delle linee strategiche,
dell’assetto organizzativo e del contesto operativo di riferimento,
nonché promuovere il pieno utilizzo delle sue risultanze a fini strategici
e gestionali.
In tale contesto, l’attuazione di un Icaap basato su un’analisi integrata dei rischi sia nella fase strategica sia in quella operativa, richiede
non solo la revisione dei meccanismi di funzionamento dei principali
processi operativi aziendali, delle deleghe e dei limiti operativi, della
reportistica direzionale e verso gli organi di governo, ma anche l’evoluzione degli attuali strumenti di monitoraggio dei rischi. Per le Bcc,
la necessità di adottare modelli di analisi più evoluti e di strutturare
adeguati flussi informativi per gli organi di governo si configura,
pertanto, come un indispensabile ulteriore momento di “formazione” per
gli organi amministrativi e direttivi della banca che ne accresce la
capacità di indirizzo e di governo trasversale a tutti i profili della gestione aziendale.
In tale ottica, l’Icaap costituisce, quindi, lo strumento per orientare in
modo sempre più efficiente il governo e l’operatività della banca all’effet-
59
tiva creazione di valore.
Le Disposizioni di Vigilanza in materia di Compliance
Il nuovo accordo sul capitale, nell’ambito dell’articolazione sui tre pilastri di riferimento, ha statuito una stretta correlazione fra il primo, relativo
agli assorbimenti patrimoniali regolamentari determinati dalle scelte strategiche degli organi di governo aziendale ed il secondo, incardinato sulla realizzazione di un Sistema di Controllo Interno atto a consentire di
identificare, misurare, gestire e mitigare i rischi esistenti.
In tale ambito i requisiti organizzativi per la gestione del rischio di non
conformità normativa assumono un ruolo rilevante con riguardo a quelle
componenti di rischio (operativi, legali e di reputazione) non direttamente quantificabili, ma che molto possono incidere in termini di ricadute negative sull’equilibrio economico delle aziende.
L’evoluzione dei mercati ha infatti determinato una forte innovazione
dei prodotti e l’insorgere di nuovi rischi rendendo più complessi l’identificazione e il controllo dei comportamenti che possono originare violazione delle norme, degli standard operativi, dei principi deontologici ed etici
nel contesto dei vari segmenti dell’attività di intermediazione. Esperienze
recenti hanno ben evidenziato il carattere sfuggente e tuttavia reale dei
rischi legali e di reputazione. Sulla base delle evoluzioni intervenute, si
rende allora necessario continuare nell’impegno per promuovere una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto delle norme interne ed esterne all’azienda, approntando specifici presidi organizzativi volti ad assicurare il rigoroso rispetto delle prescrizioni normative e di autoregolamentazione e da attuarsi anche attraverso la creazione all’interno della banca di una funzione ad hoc, la funzione di compliance, deputata al presidio e controllo del rispetto delle norme.
Tale funzione, inserendosi nel complessivo ambito del sistema di controllo interno, costituisce un ulteriore contributo alla salvaguardia del patrimonio sociale, all’efficienza ed efficacia delle operazioni aziendali, all’affidabilità dell’informazione finanziaria, al rispetto della legge.
Anche la compliance, dunque, intesa come strumento volto a promuovere una maggiore flessibilità e reattività dell’azienda nell’adeguarsi alle
norme ed alle leggi introdotte, agisce sull’innovazione della sicurezza e
della tecnologia nelle organizzazioni, riportando al centro le scelte strategiche.
Le disposizioni emanate definiscono i principi di carattere generale,
volti ad individuare le finalità ed i principali compiti della funzione, riconoscendo nel contempo alle banche piena discrezionalità nella scelta
delle soluzioni organizzative più idonee ed efficaci per realizzarli.
La responsabilità dell’attuazione e della supervisione complessiva del
sistema di gestione del rischio di non conformità alle norme è assegnata
agli organi di governo societario. Rileva a tal fine la definizione dei ruoli e
delle responsabilità di processo in coerenza con le peculiarità dimensionali ed operative e l’assetto organizzativo e strategico della gestione dei
rischi di ciascuna banca. Nell’individuazione del modello organizzativo di
60
riferimento va altresì attentamente valutata la possibilità, prevista dalle disposizioni normative, di esternalizzazione della funzione o di supporto,
da parte delle strutture associative, nell’esecuzione delle attività di competenza. Ciò coerentemente con le specificità del Credito Cooperativo
caratterizzato dalla tipica struttura a rete, fattore che ha storicamente
consentito di fornire servizi accentrati in condizioni di economicità ed efficienza ed in linea con le esigenze degli associati.
Tenuto conto che il sistema dei controlli interni delle Bcc già presidia i
rischi normativi (pur se con modalità diverse che dovranno essere integrate/evolvere in coerenza con le nuove previsioni regolamentari), sono
in corso approfondimenti con la Banca d’Italia in merito alle modalità di
implementazione di tale funzione secondo una logica di graduale attuazione ed estensione del suo perimetro di riferimento operativo. Ciò anche
nell’ottica di gestire l’attivazione di tale funzione coerentemente, nei tempi e nelle prerogative, con quanto richiesto dalla Direttiva Europea
2004/39 (“MIFID”) che, come noto, prescrive, relativamente alla prestazione dei servizi di investimento, la costituzione di una funzione a presidio del rischio di non conformità permanente, efficace, indipendente e
con responsabilità ben definite.
La Mifid
L’aspettativa che la disciplina della funzione di conformità alle norme
possa significativamente ridurre i rischi legali e di reputazione è ulteriormente rafforzata dalla contemporanea attuazione della MiFID.
Nell’ambito delle misure di protezione dell’investitore, infatti, viene richiesto di rendere prioritario l’interesse della clientela nell’esecuzione dei
servizi di investimento introducendo una più chiara articolazione delle tutele da fornire a ciascuna categoria di clienti per le diverse tipologie di
servizi forniti. Specifiche e articolate previsioni determinano nuove regole di classificazione della clientela e di comunicazione, nonché stringenti
requisiti di valutazione dell’adeguatezza e appropriatezza delle operazioni sulla cui base l’azienda deve verificare la coerenza delle proprie regole di condotta del business.
Con riferimento ai processi di governance e di controllo, la Direttiva
specifica solo i caratteri generali dell’organizzazione degli intermediari, richiedendo alle imprese di investimento di applicare politiche e procedure sufficienti a garantire che l’azienda nella sua interezza (dirigenti, dipendenti e agenti collegati) adempia agli obblighi stabiliti.
In tale ambito trova applicazione il criterio di proporzionalità sulla cui
base le imprese di piccole dimensioni possono derogare al principio della completa separatezza organizzativa fra le funzioni deputate allo svolgimento delle diverse attività di verifica, di controllo e di revisione interna
nonché fra queste e le funzioni di business, in quanto tale impianto comporterebbe costi eccessivi e, dunque, sproporzionati.
La Direttiva, infine, cambia totalmente le regole di competizione dei
mercati finanziari sulla premessa che la competizione tra mercati con dif-
61
ferenti modelli di business e differenti strutture di costo è la strada migliore per promuoverne l’efficienza: gli operatori dovranno confrontarsi
secondo logiche sempre più competitive, fondando il rapporto con la propria clientela sulla crescente reattività nell’offerta di soluzioni, sulla spiccata efficienza gestionale e sulla riconosciuta professionalità
I mutamenti indotti dal recepimento della MiFID sono profondi e le conseguenti necessarie valutazioni di impatto, in termini di costi e benefici
sono rese ulteriormente complesse dal peso che rivestono le posizioni di
partenza dei singoli contesti nazionali e, in tale ambito, gli specifici profili dimensionale/operativi dei singoli intermediari.
Ai richiamati ‘effetti della competizione’ si aggiungeranno, gli oneri
che – alla luce del cambio di regole del settore dell’intermediazione mobiliare – sarà necessario sostenere per l’adeguamento ai nuovi requisiti
regolamentari.
Nuovamente la normativa individua gli obiettivi di tutela che le banche
devono perseguire, ma rimette alla loro autonomia decisionale e al loro
giudizio l’individuazione delle soluzioni organizzative migliori per il conseguimento degli stessi
Se una regolamentazione per principi consente, da un lato, di attuare
soluzioni organizzative adatte alle specificità dei singoli operatori, permettendo di ottenere, in linea potenziale, il miglior equilibrio fra la protezione dei clienti e il contenimento dei costi, dall’altro amplifica la responsabilità in capo agli organi di governo riguardo all’adozione di specifiche
soluzioni organizzative e procedurali effettivamente adeguate al perseguimento degli obiettivi fissati.
Per governare le opportunità e le minacce di carattere competitivo in risposta ai cambiamenti attesi, gli organi di governo societario dovranno
opportunamente valutare l’adeguatezza degli attuali modelli di business,
ridefinire il posizionamento strategico nell’offerta dei servizi di investimento, individuare un percorso di adeguamento incardinato su interventi di carattere commerciale, organizzativo e tecnologico coerenti con lo
scenario operativo prescelto e che tengano conto delle opportunità e soluzioni rivenienti dal sistema a network.
Conclusioni
In conclusione, negli ultimi anni stiamo assistendo in qualità di attori
del mercato ad una profonda ed estesa innovazione nella regolamentazione dell’attività bancaria e finanziaria.
Le nuove regole, con la finalità ultima di migliorare significativamente
la stabilità dei sistemi bancari, l’efficienza allocativa dei mercati e i livelli
di tutela degli investitori, accrescono la libertà di scelta delle banche e i
vantaggi economici derivanti dai miglioramenti nei sistemi di gestione e
controllo dei rischi.
La finalizzazione in termini di opportunità di tali margini di discrezionalità e dei potenziali benefici implica per le banche l’assunzione di scelte
complesse e di rilevanza strategica. L’adeguamento alle innovazioni nor-
62
mative, quindi, va vissuto come un percorso evolutivo, volto a convogliare sforzi e risorse, per massimizzare la capacità di creazione di valore
delle banche. Certamente al termine di tale processo (se tale termine si
può ragionevolmente prevedere), le nostre banche non saranno uguali ad
oggi: manterranno saldi i riferimenti valoriali alla cooperazione mutualistica, ma evolveranno necessariamente verso modelli organizzativi maggiormente strutturati e controllati.
A tale proposito è necessario portare a compimento un articolato processo di cambiamento culturale a tutti i livelli del Sistema del Credito
Cooperativo.
Il compimento di questo percorso richiede quindi un doppio impegno:
da parte degli organismi di categoria è necessario un importante ed impegnativo sforzo di “traduzione” al fine di assicurare un’applicazione delle norme coerente con le specificità delle Bcc; da parte delle banche è
necessario assimilare e integrare gli obiettivi delle nuove normative in tutti i diversi livelli dell’organizzazione, dalla governance all’operatività quotidiana, al fine di definire più efficienti e consapevoli strategie di gestione
e più efficaci sistemi di controllo a presidio del rischio aziendale.
63
MONS. FRANCESCO ROSSO
Delegato CEI per la Cooperazione
Come due anni fa a Innsbruck, quest'anno siamo a Lione in piena amicizia e condivisione.
Grazie di questa ulteriore opportunità di incontro.
Un saluto e un augurio. L'augurio è che queste giornate di lavoro possono diventare per la nostra Federazione emiliano-romagnola il motivo
per provare a ripercorrere i tempi del nostro modo di essere sulla scena
di questa nostra realtà sociale.
L’augurio - voi me lo consentite e, d'altra parte, se siamo amici, certe
cose forse è bene che ce le diciamo - è quello di avere il coraggio di interrogarci per capire se il percorso del nostro modo di stare, al servizio
delle nostre comunità locali continua ad essere una profezia di impegno
e di risposta ai bisogni della gente, con la speranza che il nostro movimento mantenga sentimenti di comunione e di unità.
“Ut Unum Sint”. Cristo lo ha detto nell'istituire l'Eucarestia. Mai dobbiamo rinunciare a ritrovare questo cammino di unità.
Cerchiamo di rasserenare per un momento la nostra vita.
Ve lo dico con la gioia di un prete ma ve lo dico soprattutto con la preoccupazione di un amico.
Ci sono molti affanni che caratterizzano il nostro impegno quotidiano.
Siamo comunque e dovunque sempre di corsa. Difficilmente riusciamo a
fermarci perché la giustificazione è che una macchina che cammina ha
bisogno comunque di ritrovare una propria identità.
Io mi permetto di dirvi e mi auguro che nella nostra vita di cristiani ci
sia anche l'affanno di Dio che ci consente di cercarlo, perché fa sentire il
bisogno di trovarlo e fa scoprire il modo di saperlo trovare nel volto di chi
ha bisogno del nostro servizio all'interno della cooperazione di credito e
quindi nella realtà nella quale operiamo.
Forse per questo dobbiamo interrogarci con coraggio per capire se il
nostro essere cristiani è realmente in sintonia con quello che il Signore ci
affida.
65
ANTONELLO E. SCORCU
Professore ordinario di Politica Economica
Università di Bologna
“Lʼesperienza dinamica del Portafoglio Clienti:
criticità e analisi”
Questa mattina proseguiamo con quella che potrebbe essere la seconda puntata della nostra ricerca.
Questo mi esime dal dover ripetere una serie di frasi di circostanza e
di introduzione ma non voglio privarmi del piacere di ringraziare di nuovo
chi ha reso possibile questa ricerca (l’ing. Magagni, i dottori Quadrelli,
Cattani, Pollice e Melega).
Andiamo subito a descrivere qual è la struttura della presentazione.
Ci chiediamo quanto importante è il relationship banking e quanto è
importante per Bcc. Le risposte ci verranno dalle indicazioni di un campione di imprese, nutrito. Abbiamo chiesto a 270 imprese clienti di Bcc
di rispondere a una serie di domande sulla struttura del rapporto banca-impresa che costituisce un punto qualificante della ricerca. Poi sulle
specificità del rapporto Bcc/impresa. Infine chiuderemo con l’analisi delle conseguenze del nuovo accordo sul capitale, l’accordo cosiddetto di
Basilea 2.
Cosa ne è del rapporto banca-impresa in un mercato che si è trasformato molto (l’abbiamo già visto ieri) a livello normativo e anche a livello
concorrenziale, nel quale anche le Bcc si sono trasformate molto?
Cosa ne è di questo rapporto privilegiato, il relationship banking, che si
instaura fra la Bcc e l’impresa?
Se il relationship banking funziona è un rapporto virtuoso. Si aggiunge,
qualifica e migliora il rapporto più standardizzato basato sulla raccolta di
informazioni secondo i canali istituzionali, in primo luogo il bilancio di
un’impresa.
Questo qualcosa in più come lo misuriamo? Come riusciamo ad avere
un’idea di quanto è importante, di come si qualifica questo rapporto?
Bcc è privilegiata nella relazione con la clientela ma come andiamo a
valutare questa misura del privilegio, questo rapporto preferenziale? Che
tipo di rapporti ci sono tra le imprese e le Bcc? Sono rapporti diversi - dovremmo pensare di sì - rispetto a quelli che si instaurano fra un’impresa
67
è un’altra banca?
L’unico modo di procedere è andarlo a chiedere alle imprese clienti di
Bcc. L’abbiamo fatto creando un campione che dovrebbe riflettere la
struttura del portafoglio clienti delle Bcc dell’Emilia Romagna.
E’ un campione molto recente. La rilevazione si è conclusa nel luglio
2007; eravamo partiti con 700 imprese contattate inizialmente ma sapevamo che le non risposte, in questo caso, sono, molto frequenti. Siamo
quindi soddisfatti del campione finale di 270 imprese che comunque
mantengono la struttura dei vostri clienti.
C’è un problema, va detto chiaramente. Non riusciamo a controllare
per eventuali problemi di autoselezione del campione. Cioè non sappiamo se, tra le imprese che hanno risposto, hanno risposto le imprese più
virtuose e più soddisfatte.
Questo significa che riusciamo ad avere delle indicazioni molto chiare
e molto nette su chi ha risposto ma non è ovvio estendere queste conclusioni a un universo più ampio.
Come è fatto questo campione? Esattamente come ci aspettavamo.
L’agricoltura ha un certo peso. Il commercio un peso molto rilevante,
così come l’edilizia e la manifattura. Le frequenze sono il numero delle
imprese rispondenti.
Agricoltura
Commercio
Edilizia
Manifattura
Altri servizi
Totale
Numero imprese
15
61
37
68
46
227
Frequenze relative
6.61
26.87
16.30
29.96
20.26
100.00
Non è evidenziato ma sono imprese che agiscono da sole. Solo in 46
casi su 270 le imprese partecipano a consorzi fidi. Ancor meno, 39, fanno capo a gruppi e quindi sono imprese che collaborano ma collaborano
in modo informale, magari relativamente deboli.
Sono imprese piccole. Nel 30% dei casi sono imprese da 1 a 9 addetti.
Un altro 30% per le imprese 10-19 e un altro 30%, di fatto, per le imprese
20-49. Poco più del 10% sono imprese che potremmo definire medie.
Numero imprese
1-9 addetti
10-19 addetti
20-49 addetti
50 o più addetti
Totale
68
79
71
75
31
256
Frequenze
relative
30.86
27.73
29.30
12.11
100.00
Sono imprese che vanno avanti, che competono, che investono. Non è
riportato il numero degli addetti ma crescono del 15% in tre anni. Dal
2004 al 2006 un 15% di addetti in più è una cifra considerevole anche se,
va detto, la maggior parte di questi non sono dipendenti a tempo indeterminato. Ma anche qui rientriamo pienamente nella norma.
Concentriamoci però su alcune caratteristiche peculiari e importanti
del campione. Quelle che noi, per lo meno, consideriamo importanti.
Gli investimenti
Queste imprese investono, chi più e chi meno, ma è importante che investano per certi obiettivi.
Abbiamo distinto alcuni obiettivi, come lo sviluppo dei prodotti, che riflettono una capacità attiva di stare sul mercato e di entrare su altri mercati.
Ad esempio l’innovazione di processo riflette una capacità certamente
attiva ma meno propositiva. Migliora la situazione, consolida la situazione già esistente.
In altri casi gli investimenti sono semplicemente difensivi di una posizione, come ad esempio nel caso dell’adeguamento alle normative o ai
concorrenti.
70
60
50
40
30
20
10
peso nullo/basso
peso medio
Altri obiettivi
Adeguamento
ai concorrenti
Adeguamento
normative
Minor
impiego
manodopera
Minor impiego
materie prime
Innovazione
nel processo
di produzione
Produzione
nuovi prodotti
Aumento
scala
produzione
Miglioramento
prodotti
Sviluppo
nuovi prodotti
0
peso alto
Nel questionario è possibile dare un peso a questi obiettivi. Un peso
basso o nullo, un peso medio (una sorta di risposta neutra) e un peso alto (lo vedete con la barra bianca).
Concentriamoci, ovviamente, sui pesi alti che meglio caratterizzano il
comportamento delle imprese e vediamo come l’immagine che esce da
questo campione è quella di piccole e medie imprese che innovano ma
in modo relativamente tradizionale. Cercano di migliorare la propria posizione sui mercati nelle forme in cui operano attualmente, privilegiano
questa modalità di investimento piuttosto che cercare forme di investi-
69
mento
e di innovazione più radicali.
45
40
35
30
25
20
15
10
non socie
Altri obiettivi
Adeguamento
ai concorrenti
Adeguamento
normative
Minor
impiego
manodopera
Minor impiego
materie prime
Innovazione
nel processo
di produzione
Produzione
nuovi prodotti
Aumento
scala
produzione
Sviluppo
nuovi prodotti
0
Miglioramento
prodotti
5
socie
I soci Bcc investono in modo un pochino più tradizionale. Ad esempio
per i soci Bcc l’adeguamento alle normative è relativamente più importante dei non soci, mentre lo è un po’ meno lo sviluppo di nuovi prodotti.
Insomma, i soci Bcc, quanto a investimenti, hanno un profilo meno innovativo, più tradizionale rispetto ai non soci. Questo è un punto importante.
Abbiamo poi distinto le imprese per rapporto con le banche.
Le imprese di norma hanno più rapporti con diverse banche. C’è un
rapporto primario.
Abbiamo chiesto alle imprese: qual è il vostro rapporto primario? Il vostro rapporto primario è con una banca locale e con una banca nazionale oppure la vostra banca di riferimento è Bcc?
BCC non primaria
BCC primaria
non socia
50.43
36.43
Socia
49.57
63.57
100
100
BCC non primaria
BCC primaria
Agricoltura
Commercio
Edilizia
Manifattura
Altri servizi
70
non socia
53.21
46.79
100
Monobancata
BCC
20.00
6.56
5.41
1.52
8.70
Rapporto
privilegiato
50.00
50.00
51.43
47.54
54.76
socia
39.04
60.96
100
Rapporto
primario
71.43
56.90
55.56
49.18
64.29
Emerge una elemento importante. Quando la banca di riferimento è nazionale, lo sviluppo di nuovi prodotti, come obiettivo di investimenti, è importante. Mentre per chi ha come riferimento una Bcc è relativamente più
importante il miglioramento dei prodotti e l’adeguamento alle normative.
Emerge però un’impresa che ha un profilo intermedio, competitivo, tra
l’impresa cliente di una banca nazionale e, invece, un’ impresa ancora più
tradizionale che è cliente di una banca locale.
Un altro punto importante su cui ritorneremo: il tipo di rapporto.
Può esserci un unico rapporto. Esistono alcune imprese, non sono tante, che hanno un’unica banca di riferimento. Ovviamente, trattandosi di
clienti Bcc, la banca esclusiva è Bcc ma in questo caso vedete che i rapporti esclusivi sono concentrati praticamente nell’agricoltura e sono quasi nulli nella manifattura.
Sono imprese che, pur piccole, lavorano in contesti competitivi molto
differenti.
Un elemento qualificante del relationship banking è la durata del rapporto banca-impresa.
Abbiamo chiesto alle imprese quale fosse la durata del loro rapporto in
termini di importanza. Da quanti anni vi affidate a una banca, che è la
banca primaria per importanza?. Oltre cinque anni nel 77% dei casi. Invece, per le banche che non sono così importanti, il rapporto è più giovane, come vedete.
Ordine d’importanza
1ª banca per 2ª banca per 3ª banca per
importanza
importanza
importanza
1-3 anni
10
27
31
3-5 anni
39
45
26
5 anni
164
118
81
1-3 anni
3-5 anni
5 anni
4.69
18.31
77.00
100
14.21
23.68
62.11
100
22.46
18.84
58.70
100
Questa è una conferma sostanziale dell’importanza di avere dei rapporti di lunga durata.
Ma se Bcc privilegia più di altre il rapporto di lunga durata, dovremmo
aspettarci che il rapporto banca Bcc sia particolarmente duraturo.
Non è così. Quando la Bcc non è primaria ha un rapporto che dura da
più di 5 anni circa nell’85% dei casi. Questo rapporto scende a meno
dell’85% dei casi quando la banca di riferimento è Bcc. In altre parole, il
rapporto privilegiato, quando il rapporto privilegiato è impresa-Bcc, è più
giovane rispetto al resto del campione.
71
Come interpretarlo?
Questo non è un risultato in contraddizione con l’ipotesi di relationship
banking perché, in primo luogo, Bcc opera prioritariamente su un segmento di imprese più piccole, con un tasso di entrata e di uscita più elevato.
Probabilmente c’è relationship banking (lo vedremo tra breve) ma bisognerebbe misurarlo in termini relativi, tenendo conto del flusso di entrata e di uscita, non del livello assoluto della durata del rapporto.
In secondo luogo mi piace dare un’interpretazione che spero possa essere condivisa dalla maggior parte di voi. Bcc ha dei rapporti primari di
minore durata perché è più capace di altre banche di attrarre nuovi rapporti solidi, di alta qualità, nuovi rapporti primari rispetto alle altre banche.
In altre parole, se il rapporto tra Bcc e impresa è di alta qualità ci si fida prima, ci si affida prima come banca primaria a Bcc. Non bisogna necessariamente aspettare molti anni perché ci si accorda, la banca ha un
rapporto più amichevole, più facile con l’impresa.
Questo descrive, più o meno il campione. Adesso veniamo a valutare
come è strutturato il rapporto banca-impresa, ovvero cosa è veramente
importante nel rapporto banca-impresa.
Come abbiamo fatto? Abbiamo individuato 16 possibili dimensioni del
rapporto banca-impresa e abbiamo chiesto alle imprese: “Per voi cos’è la
più importante? È la seconda, la terza, la quarta, la quinta in graduatoria?”
Abbiamo pesato questa graduatoria e abbiamo calcolato questi pesi
medi. Ovviamente dalla sesta alla sedicesima il voto che riceve la dimensione del rapporto è zero. Il fatto che non sia segnalato significa semplicemente che è un elemento secondario del rapporto banca-impresa.
Quindi, in questo sistema di voti entrano i pesi e, all’interno di questi
pesi, si può essere primo, secondo, terzo, quarto o quinto.
RANGO
Costo credito
Disponibilità credito
Attenzione esig. Impresa
Prestigio banca
Conoscenze personali
Conoscenza territorio
Localizzazione sportello
Tempestività-qualità servizi
Qualità personale
Diversif. prodotti-servizi
Consulenza impresa
Servizi estero
Trasparenza condizioni
Agevolazioni
Prodotti-canali alternativi
Semplicità procedure
72
1°
96
36
34
8
12
8
11
8
12
0
6
12
7
6
0
8
2°
28
60
21
9
11
10
15
47
10
5
3
3
24
3
4
7
3°
31
13
44
11
15
7
28
39
17
5
17
4
23
10
5
10
Come vedete, costo del credito e disponibilità del credito - le classiche
variabili di mercato - costituiscono l’elemento più importante del rapporto banca-impresa. Subito dopo vengono una serie di variabili che, in senso lato, qualificano il relationship banking: la localizzazione dello sportello, la qualità del personale, la trasparenza delle condizioni, una particolare attenzione alle esigenze delle imprese e la qualità complessiva dei
servizi.
Lo stesso risultato viene confermato anche se usiamo un altro sistema
di pesi, cioè se prendiamo la quota di risposte che danno un rending primo o secondo, cioè primo o secondo come importanza.
Certo, il costo del credito va al secondo posto e la disponibilità del credito va al primo posto ma le indicazioni sono molto nette, robuste. Così
come sono robuste le indicazioni che ci dicono che le variabili di relationship banking vengono subito dopo queste prime due variabili.
Come interpretare questo risultato?
Relationship banking è importante?
Ovviamente la qualità del rapporto non può sostituire il costo del credito, non lo può sostituire appieno. Detto in altro modo: io imprenditore
sono disposto a pagare un po’ di più il credito per avere una migliore qualità nel rapporto con la banca però, ovviamente, se questo differenziale
di costo dovesse diventare troppo alto le cose possono cambiare perché
nel rapporto banca-impresa il peso del costo del credito e della disponibilità del credito sono oggettivamente importanti.
Il rapporto banca-impresa cambia per soci e non soci, per chi ha un
rapporto primario con una Bcc o chi non ha un rapporto primario,
ma ci è sembrato più utile introdurre la distinzione tra piccole e grandi
imprese.
Questa è la struttura del rapporto banca-impresa distinguendo tra piccole e grandi imprese (piccole e grandi relativamente al campione. Sono
comunque imprese di dimensioni relativamente contenute).
Guardate le variabili più importanti.
3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
costo del credito
disponibilità del
tempestività e
trasparenza delle
credito
qualità dei servizi
condizioni
prestigio banca
non soci
localizzazione
qualità del
semplicità
sportello
personale
procedure
soci
73
Il costo del credito e la disponibilità del credito sono le più importanti
ma è ancor più importante per le grandi imprese che si basano più sulle
variabili di mercato delle piccole imprese.
Le grandi imprese però non ignorano l’importanza della qualità del rapporto. Infatti l’attenzione alle esigenze delle imprese, la qualità dei servizi ma anche la trasparenza delle condizioni sono pesate relativamente di
più dalle grandi imprese rispetto alle piccole imprese del campione, mentre le piccole imprese del campione pesano relativamente di più la localizzazione dello sportello, la conoscenza personale, la semplicità delle
procedure (spesso non sono imprese particolarmente organizzate) e il
prestigio della banca.
C’è una differenziazione tra grandi e piccole imprese anche all’interno
del nostro campione. Noi sappiamo che grandi imprese cercano grandi
banche per il loro finanziamento. Ma, anche all’interno di un insieme di banche relativamente omogeneo, quale dovrebbe essere la clientela di Bcc, ci
sono grandi differenze. Ci sono differenze interessanti e rimarchevoli.
Questo significa che Bcc deve essere preparata a confrontarsi con imprese che hanno diverse esigenze. Non c’è una clientela unica (e probabilmente voi lo sapete meglio di me) però lo stesso modo di concepire il
rapporto banca-impresa cambia da impresa a impresa e Bcc deve essere flessibile e tenere conto di queste diverse esigenze.
Abbiamo valutato il rapporto di relationship banking anche in termini
più formali, usando delle regressioni di natura econometrica che vanno
oltre la semplice descrizione del campione. Abbiamo valutato il peso della conoscenza diretta dell’imprenditore, che è l’elemento che caratterizza
l’esistenza di soft information, di informazioni non strutturate (la conoscenza diretta è un’approssimazione di questa dimensione del rapporto).
Abbiamo cercato di capire se, e come, questa conoscenza diretta influenza la relazione banca-impresa. In altre parole, abbiamo chiesto all’imprenditore se la conoscenza personale è un fattore importante nel
rapporto con la banca.
Da questa analisi emerge che quando aumenta il fatturato la conoscenza personale diventa meno importante , allo stesso modo quando il
numero degli addetti aumenta: la conoscenza personale è meno importante.
Interpretiamo questi risultati. Le imprese più piccole danno più peso alla conoscenza personale. Le imprese monobancate Bcc assegnano pure un ruolo importante, alla conoscenza personale nella relazione bancaimpresa. Per le imprese pluribancate con Bcc, ma che hanno Bcc come
banca primaria, la conoscenza personale pesa di meno. Perché? Probabilmente perché queste imprese sono nella capacità di confrontare le
condizioni offerte da Bcc con quelle offerte da altre imprese e quindi rientra il peso delle variabili di mercato di cui si diceva prima.
Abbiamo rifatto, su un campione leggermente diverso, specificando,
vista la crucialità di questo risultato, queste regressioni per valutarne la
robustezza. Sono risultati robusti di cui possiamo essere ragionevol-
74
mente
certi.logit
Regressione
Variabile dipendente Conoscenza diretta dell’imprenditore nell’istruttoria creditizia
Variabile dummy che assume valore 1 se l’impresa intervistata ha risposto che la conoscenza personale è un fattore importante nella valutazione della concessione del credito all’impresa da parte della banca e 0 se ha risposto diversamente.
Repressori
Coefficiente
z
P>z
Caratteristiche dell’impresa
Fatturato
n.s
Indebitamento su fatturato
n.s
Esportazioni su fatturato
n.s
Addetti totali
n.s
Addetti a tempo indeterminato
n.s
Addetti a tempo determinato
n.s
Addetti occasionali
n.s
Appartenenza a un gruppo
n.s
Caratteristiche del rapporto banca-impresa
Rapporto con la banca principale > 5 anni
Socia BCC
Credito da una sola banca
Apertura di credito con banca principale
BCC banca principale
BCC come terza banca per importanza
Monobancata BCC
Variabili di controllo
Agricoltura
Manifattura
Edilizia
Servizi
Costante
0.559
1.78
-0.774
0.489
-2.11
1.58
1.667
2.22
0.563
1.84
0.076*
n.s
0.035**
0.100*
n.s
0.027**
n.s
n.s
n.s
n.s
n.s
0.065*
Numero osservazioni: 272
Oltre che incidere sulla qualità complessiva del rapporto banca-impresa, la varibile conoscenza personale incide nelle decisioni di affidamento creditizio? Anche qui valutiamo il ruolo della conoscenza diretta. Se ad
esempio il rapporto con la banca principale è un rapporto consolidato, la
conoscenza diretta è importante nella concessione del credito.
Vediamo anche qui di interpretare i risultati. Chi ha un rapporto primario consolidato ha maggiori possibilità di considerare importante la conoscenza personale nel rapporto banca-impresa, nella concessione del
credito.
Dopo avere qualificato il rapporto banca e impresa, un rapporto generico, consideriamo ora come funziona il rapporto tra l’impresa e la Bcc,
esaminando qual è il grado di soddisfazione raggiunto da una certa im-
75
presa nel suo rapporto specifico
con personale
Bcc.
competenza
localizzazione
costo del credito
3.5
3
2.5
2
1.5
1
disponibilità personale
turnover personale
disponibilità di credito
qualità intermediazione
matching offerta esigenze
comportamenti trasparenti
servizi all'impresa
en
ti
tr a
sp
co
ar
m
en
pe
ti
te
nz
a
pe
rs
on
al
e
lo
ca
l iz
za
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ne
se
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of
fe
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io
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po
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m
cr
ed
ito
à
ilit
qu
al
ità
po
ni
b
di
s
co
st
o
cr
ed
it o
3.5
3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
peso
soddisfazione
Questo grafico sintetizza i risultati. Se tutte le imprese fossero completamente insoddisfatte, il voto medio, sarebbe uno. Uno è il voto minimo che può raggiungere il grado di soddisfazione. Il voto massimo è
quattro. Se tutte, ma proprio tutte, le imprese fossero assolutamente e
completamente soddisfatte del loro rapporto banca-impresa, per esempio, in termini di disponibilità del personale, raggiungeremo il livello quattro. Ovviamente si tratta di un risultato teorico. Quindi il voto compreso
fra 1 e 4, ci dice i punti di forza e di debolezza rispetto alla disponibilità
del personale, al turnover del personale (è inutile ripeterli, ci sono tutti).
Il punto di forza del rapporto Bcc e impresa, in termini di soddisfazione,
è dato dalla disponibilità del personale della banca. Anche questo, se ci
pensate, seppure su un piano diverso, è stato messo in luce ieri dal dott.
Marchetti. Il patrimonio di una Bcc è anche il suo personale. Non è un caso che il turnover del personale sia invece un punto di debolezza. I punti di forza sono: la qualità dell’intermediazione, la trasparenza dei comportamenti, la disponibilità di credito, la localizzazione. Mentre, di nuovo,
il costo del credito non è un punto di particolare forza. Intendiamoci, però, siamo appena al di sotto del tre, cioè siamo appena al di sotto del vo-
76
to della sufficienza.
Parlando di costo del credito vale la pena invece di valutare più da vicino l’atteggiamento che hanno diversi tipi di imprese. Essere un’impresa
innovativa, quella che investe pesantemente nello sviluppo di nuovi prodotti, non sembra modificare il grado di soddisfazione in termini di costo
del credito, o di disponibilità del credito. Le differenze però, emergono però a livello settoriale. Ad esempio, riguardo al costo del credito le imprese del settore del commercio sono meno soddisfatte delle imprese dell’agricoltura o dell’edilizia. Anche in questo caso emerge che l’edilizia è
diventato un settore particolarmente importante nella dinamica degli impieghi delle Bcc.
Le differenze scompaiono quando le Bcc sono banche primarie. Altro
elemento piuttosto importante: il grado di soddisfazione varia a seconda
del rapporto che c’è tra l’impresa e la Bcc.
Imprese soddisfatte o molto soddisfatte rispetto a:
disponibilità credito
no
si
BCC non primaria
4.72
95.28
BCC primaria
4.58
95.42
costo credito
no
si
24.27
75.23
24.22
77.78
BCC non privilegiata
BCC privilegiata
5.65
3.57
94.35
96.43
24.00
22.94
76.00
77.06
Non monobancata BCC
Monobancata BCC
4.33
10.58
95.63
89.47
23.91
17.65
76.09
82.35
disponibilità personale
3.5
costo credito
localizzazione
3
2.5
turnover personale
disponibilità credito
2
offerta rispondente alle esigenze
competenza personale
servizi all'impresa
comportamenti trasparenti
qualità servizi intermediazione
BCC
locale
nazionale
Soddisfazione nel rapporto impresa Bcc, imprese con legame primario Bcc,
77
banche locali e nazionali (voto medio)
Se l’impresa ha un rapporto primario con Bcc probabilmente è perché
più soddisfatta del rapporto con Bcc, piuttosto che nel rapporto con altre
banche.
Cosa ci attendiamo? Ci attendiamo che quando Bcc è banca primaria
- la linea blu - l’area che esprime il livello di soddisfazione complessivo
del rapporto sia più grande. Questo è esattamente quello che avviene.
Quando Bcc è banca primaria il livello complessivo di soddisfazione aumenta. Quando Bcc non è banca primaria i giudizi sono meno favorevoli. Chi dà giudizi più severi? Le imprese che hanno come banca primaria
una banca nazionale. Le banche nazionali, detto in altri termini, sembrano accreditarsi come i competitor più pesanti per il sistema Bcc.
Lo stesso, in buona sostanza, viene confermato quando non ci si basa
sui pesi ma ci si basa sul ranking però voglio far vedere questo grafico
perché anche in confronto al rapporto primario con una banca nazionale, la competenza del personale, la qualità dei servizi per Bcc emergono
come punti di forza ancor di più.
localizzazione
100
costo credito
90
disponibilità credito
80
70
offerta rispondente alle esigenze
qualità servizi intermediazione
60
50
turnover personale
comportamenti trasparenti
competenza personale
servizi all'impresa
disponibilità personale
BCC
locale
nazionale
Soddisfazione nel rapporto impresa Bcc, imprese con legame primario Bcc,
banche locali e nazionali (% giudizi almeno sufficienti
Altro elemento interessante su cui voglio brevissimamente intrattenere
è il grado di soddisfazione basato sul sottocampione di imprese monobancate Bcc e non monobancate Bcc.
Si potrebbe pensare: chi tratta meglio le Bcc? Quelle che hanno il rapporto più stretto possibile. E il rapporto più stretto possibile qual è? È
quello esclusivo.
In realtà chi ha un rapporto esclusivo con Bcc tratta un po’ peggio, dà
dei voti, in termini di soddisfazione, un po’ inferiori rispetto alle imprese
che hanno rapporti con altre banche. Perché? Avere un rapporto esclusi-
78
vo significa – questa è la spiegazione che abbiamo dato – che uno non
sa qual è il vero livello qualitativo dei concorrenti. Avere un rapporto
esclusivo significa che dalla propria banca ci si attende molto e, anche se
la propria banca fa molto, non è abbastanza.
Sicuramente nel rapporto banca-impresa esiste un elemento forte, relazionale ed è importante nel qualificare positivamente il rapporto bancaimpresa nel caso in esame.
È anche vero, però, che ci sono Bcc molto diverse che conseguono risultati economici diversi e hanno un rapporto più o meno felice con la
propria clientela.
Ovviamente non abbiamo fatto un’analisi puntuale del rapporto bancaimpresa per singola Bcc però qualche elemento emerge. Su alcune dimensioni del rapporto banca-impresa le Bcc più grandi raccolgono livelli
di soddisfazione leggermente più elevati.
In particolare, all’aumentare della dimensione della banca, si associa
un aumento del grado di soddisfazione medio e del grado di soddisfazione in termini di competenza del personale, qualità del servizio, trasparenza dei comportamenti. Questi sono effetti relativamente evidenti. Sono più deboli nel caso del turnover del personale dei servizi e consulenza all’impresa e della gamma dei prodotti offerti.
grado di soddisfazione
Soddisfazione sul turnover del personale e dimensione della Bcc
3.4
3.2
3
2.8
2.6
2.4
2.2
2
2.5
3.5
4.5
5.5
6.5
log dipendenti
grado di soddisfazione
Soddisfazione media e dimensione
della Bcc
grado medio di soddisfazione
3.5
3.3
3.1
2.9
2.7
2.5
2.5
3.5
4.5
5.5
6.5
log dipendenti
79
Non c’è relazione tra dimensione della Bcc e soddisfazione in termini
di costo e disponibilità di credito. Questi grafici evidenziano il rapporto
che c’è tra dimensione, espresso dal logaritmo dei dipendenti della Bcc,
e il grado di soddisfazione nello specifico caso del turnover, che sappiamo essere uno dei punti un pochino delicati.
Quali sono le determinanti della scelta di Bcc come banca primaria?
Queste scelte sono legate al relationship banking Passiamo semplicemente a illustrare molto brevemente i risultati di questa nostra analisi di natura econometrica. Cosa favorisce la scelta di Bcc come banca primaria? Quando un’impresa pesa in modo relativamente consistente l’attenzione alle esigenze dell’impresa stessa; quando l’impresa
pesa l’offerta di servizi dall’estero o quando guarda alla localizzazione
degli sportelli (si conferma il forte radicamento territoriale di Bcc). I fattori che invece sfavoriscono la scelta di Bcc come banca primaria (anche questo non dovrebbe sorprendere) sono: un peso relativamente
elevato dell’impresa in termini di consulenza; (ii) di conoscenza personale (interpretiamolo bene, come conferma dell’attitudine alle imprese
multiaffidate a guardare agli elementi oggettivi, di costo e di disponibilità di credito).
Altri elementi evidenziano come le piccole imprese sono naturalmente più orientate verso le Bcc e la presenza di informazione non strutturata favorisce la scelta di Bcc come banca primaria e l’essere soci. Un
elemento caratterizzante del relationship banking è l’esistenza di un diverso atteggiamento verso l’erogazione del credito. Se c’è relationship
banking dovrebbe esserci maggiore disponibilità di credito. Le imprese
dovrebbero essere meno razionate. È quello che abbiamo valutato in
termini econometrici. Quali sono i risultati? Le imprese di maggiori dimensioni hanno minori probabilità di essere razionate. Le imprese più
grandi forse contrattano meglio la disponibilità ma l’elemento cruciale, a
nostro avviso, è che le imprese che hanno scelto la banca primaria sulla base del rapporto di conoscenza personale, che quindi danno importanza non solo agli elementi oggettivi ma anche agli elementi qualitativi
del rapporto banca-impresa, hanno minori probabilità di essere razionate. Anche il fatto che le imprese che hanno un rapporto di più lunga durata con la banca, sono più conosciute e hanno minori possibilità di essere razionate.
È quindi la conferma dell’esistenza di questi rapporti privilegiati tra Bcc
e imprese.
Lo stesso avviene, in buona sostanza, quando non si parla solo di razionamento in senso lato ma quando c’è un esito negativo della procedura di richiesta di credito. I risultati sono analoghi.
Veniamo all’ultimo punto della relazione, relativo a Basilea 2. Due anni
fa il nucleo della ricerca economica di Banca d’Italia di Bologna ha svol-
80
to un’importante ricerca sulla percezione degli effetti del nuovo accordo
sul capitale a livello nazionale e, specificatamente, per l’Emilia e Romagna. La ricerca è molto interessante e ci siamo permessi di replicare buona parte delle domande in modo tale da poter comparare i risultati. La ricerca si riferiva al 2005.
Cosa è successo due anni dopo nel sistema bancario dell’Emilia - Romagna (I campioni non sono perfettamente comparabili ma qualche indicazione possiamo trarla) a proposito di Basilea 2?
Due anni fa nemmeno la metà delle imprese era pienamente cosciente degli effetti di Basilea 2. Adesso siamo arrivati ai tre quarti.
Siete a conoscenza degli effetti
della normativa di Basilea II?
no
si
25.1
74.9
No
22.0
Si
78.0
65.4
68.8
34.6
31.2
84.1
42.9
15.9
57.1
Azioni adottate a seguito della normativa di Basilea II:
Maggiori informazioni societarie
Istituzione-rafforzamento delle figure
nell'area finanziaria
Maggior ruolo specialisti esterni
Richiesta di valutazione da parte
di agenzie specializzate
Aumento del rapporto patrimonio/debiti finanziari
Banca
BCC 2007 2005-07
d’Italia 2005
Maggiori informazioni societarie
16.4
78.0
+475%
Istituzione/rafforzamento
figure area finanziaria
9.8
34.6
+353%
Maggior ruolo specialisti esterni
11.5
31.2
+271%
Richiesta di valutazione
ad agenzie specializzate
8.2
15.9
+193%
Aumento del rapporto
patrimonio/debiti finanziari
16.4
57.1
+348%
81
non soci
no
si
Siete a conoscenza degli effetti
della normativa di Basilea II?
31.3
68.7
Se si, quali delle seguenti azioni avete adottato?
Maggiori informazioni societarie
16.7
83.3
Istituzione-rafforzamento
figure area finanziaria
61.1
38.9
Maggior ruolo specialisti esterni
63.2
36.8
Richiesta di valutazione
ad agenzie specializzate
85.7
14.3
Aumento del rapporto
patrimonio/debiti finanziari
47.5
52.5
Soci
no
si
19.9
80.1
25.5
74.5
68.3
72.8
31.7
27.2
83.1
16.9
40
60
Se guardiamo ora alle azioni intraprese dalle aziende a seguito della
normativa di Basilea 2, osserviamo che il 78% delle imprese produce più
informazioni e di migliore qualità. Il 57% delle imprese ha proceduto ad
aumentare il rapporto patrimonio-debito. Sappiamo che si tratta di piccole imprese, spesso sottocapitalizzate, con una quota importante di debito e che Basilea 2 dovrebbe condurre in questo senso su un sentiero virtuoso, ma è un sentiero che costa.
Ciò nonostante quasi il 60% ha deciso di incorrere in questi costi. È
una cifra importante, specie se la confrontiamo con gli esiti di due anni fa.
Maggiori informazioni societarie (prima erano il 16%, adesso sono il
78%, come abbiamo visto. L’incremento è del 475%); l’aumento del rapporto patrimonio-debiti finanziari che è nell’ordine del 350% (anche
questo è stato messo in rilievo ieri dal direttore Caleffi), come pure il
rafforzamento di figure nell’area finanziaria (355% in più di imprese, dal
10 al 34-35%).
Le imprese socie di Bcc sono più pronte delle altre per Basilea 2.
L’80% è a conoscenza degli effetti di Basilea 2, contro nemmeno il
70% dei non soci. Non solo sono a conoscenza ma hanno anche agito di più. Il 60% dei soci ha aumentato il rapporto patrimonio-debiti
contro il 52% dei non soci. Cosa dire in questo caso? Essere soci fa sì
che vi sia una sorta di rapporto virtuoso tra banca e impresa. La strada verso Basilea è una strada non semplice, è una strada che richiede un ribilanciamento delle proprie esposizioni, ma è resa meno in salita se il rapporto tra banca e impresa è saldo. In questo senso essere
soci fa bene.
La riflessione deve essere di natura più generale. Essere soci è un ca-
82
pitale che va sfruttato al meglio. Per Basilea 2 ci si è riusciti. Bisognerebbe forse riuscirci anche su altri punti.
L’evidenza econometrica supporta quanto visto prima e quindi possiamo lasciarla alla lettura su carta, a mo’ di conclusione della ricerca.
Bisogna sottolineare che il sistema Bcc è riuscito in una operazione
non ovvia. Ha aumentato il proprio peso sul mercato rimanendo tuttavia
ben radicato sul territorio. C’è stato quindi un aumento quantitativo, e l’abbiamo visto ieri, un importante aumento quantitativo.
C’era il rischio di un peggioramento della qualità del rapporto banca
impresa. Questo non è avvenuto, almeno non emerge dai nostri dati.
Bcc continua ad avere un buon rapporto con la clientela primaria, più
consolidata. Questo permette di mantenere, come autorevolmente auspicato dalla Banca d’Italia, un forte legame col territorio per le variabili
tipiche di relationship lending.
La soddisfazione rimane alta ma si riduce per le imprese che riescono
a mettere più direttamente a confronto le Bcc con le banche nazionali. Lo
status di soci per Basilea 2 è importante ma non sembra influenzare significativamente il grado di soddisfazione nel rapporto impresa-Bcc e
quindi c’è un margine evidente di miglioramento da intraprendere. Le imprese monobancate Bcc, forse per la mancanza di raffronto sulla qualità
media dei rapporti bancari, danno giudizi più severi.
Andiamo al di là del singolo dato. Questa è di nuovo un’evidenza della
complessità e della ricchezza dei rapporti tra banca e impresa che, anche per le piccole e medie imprese, diventa sempre più articolato, sempre più difficile da gestire e richiederà, ovviamente, un’adeguata sensibilità e flessibilità.
83
BERNARD GAY
Direttore Generale Aggiunto
del Credìt Mutuel Sud-Est
“Lʼesperienza del Crédit Mutuel Sud-Est e del CM in Francia”
Spero che la prima giornata di congresso ieri sia stata proficua e che
ieri sera, se ho ben letto il programma, avete potuto sperimentare il terzo fiume di Lione, che sarebbe il Beaujolais.
Prima di parlare delle relazioni fra Crédit Mutuel e aziende, vorrei approfondire la presentazione della nostra Banca.
Un po’ come il Credito Cooperativo italiano, noi abbiamo tre livelli.
1.830 casse di Crédit Mutuel che sono in rapporto con circa 6 milioni
di soci.
Queste casse sono federate in 18 gruppi, 18 Federazioni regionali, con
una peculiarità: noi abbiamo una federazione agricola.
85
Etienne Pflimlin è il presidente della Confederazione nazionale, che sarebbe l’organo di rappresentanza di queste 18 Federazioni regionali.
Qui vedete la cartina di queste Federazioni e vedete anche che la più
anziana e la più potente è la Federazione del centro-est, il presidente è,
appunto, il signor Pflimlin.
La Federazione del sud-est, dove siamo noi adesso, rappresenta il 4%
del Credit Mutuel.
Adesso vi do qualche informazione per posizionare il Crédit Mutuel a
livello nazionale. Terza rete bancaria, però seconda se aggiungiamo il
CIC, su cui tornerò.
Cosa importante: noi siamo la prima banca assicurazione (Bancassureur). Cioè non siamo il primo assicuratore, ovviamente, però prima banca assicuratore. Quindi noi eroghiamo prodotti di assicurazione.
Prima o seconda banca per quanto riguarda i pagamenti con carte (qui
c’è una lotta con una banca concorrente), e siamo “l’altra” banca dell’agricoltura. La prima è, ovviamente, una banca verde.
Noi siamo al 15° posto in Europa e al 24° a livello mondiale.
Questo per presentare il gruppo. Ieri ho ascoltato le vostre presentazioni e devo dire che molte cose le ritrovo qui.
La nostra Federazione si è ravvicinata dalla Federazione più importante, quella del Centro-Est Europa, per creare un’istanza finanziaria.
Questa cassa finanziaria comune detiene la BFCM. A sua volta BFCM
è una società Holding che nel 1998 ha acquistato il CIC, che è una banca regionale. Cioè è un gruppo di banche regionali però presenti su tutto
86
il territorio nazionale.
Dopo questa operazione, abbiamo organizzato il nostro gruppo in quello che chiamiamo “filiere mestiere”. Abbiamo quindi la prima filiera mestiere, che è la banca con tutte le operazioni (leasing, gestione di attivi,
ecc.).
La seconda filiera sono le assicurazioni (assicurazioni per i beni, assicurazioni vita, assicurazioni per le persone).
Informatica con, per ultima arrivata, la gestione elettronica di documenti.
Immobiliare, con tutte le operazioni immobiliari. Per esempio promozione immobiliare e tutto quello che riguarda la defiscalizzazione.
Abbiamo anche un organismo che ci permette di cauzionare i prestiti
per l’abitazione. Questo quindi interessa i nostri soci.
Gestione privata per quanto riguarda la gestione del patrimonio, la
trasmissione del patrimonio, capitale di sviluppo per aiutare le aziende a rafforzare il loro capitale e anche per accompagnarle nel loro
sviluppo.
Riassumendo direi che bisogna ricordare che abbiamo il Crédit Mutuel
che con la Holding, ha potuto creare tutte queste filiali per meglio servire i nostri soci.
Adesso torniamo alla nostra Federazione del Crédit Mutuel del SudEst.
Creata 40 anni fa da una banca concorrente del Crédit Agricole e da
un ente mutualistico di sanità.
Cosa importante, nel 1993 ci siamo ravvicinati al Credit Mutuel del
Centro-Est Europa e abbiamo instaurato una partnership.
Nel 1998, come ho già detto, abbiamo proceduto con l’acquisto del CIC.
Nel 2001 la Federazione dell’Ile de France, che sarebbe la Federazione della regione parigina, e quindi molto importante, ha raggiunto la no-
87
stra partnership.
Nel 2005 una Federazione un po’ più piccola ci ha raggiunto, quella
della Savoia Monte Bianco (Savoie Mont Blanc).
La caratteristica del Crédit Mutuel negli ultimi 10 anni è una fortissima
crescita. Grazie a questa partnership con il C.M. del Centro-Est Europa,
abbiamo potuto raddoppiare i nostri punti di vendita, triplicato i nostri soci; abbiamo moltiplicato per tre il nostro volume di risparmi, le assicurazioni moltiplicate per 7 e i crediti per 9.
Su alcune province abbiamo moltiplicato per quattro le nostre quote di
mercato.
Siamo passati, per quanto riguarda i dipendenti, da 800 a 1200 persone.
Vedete che le localizzazioni le troviamo soprattutto nella provincia della
Loira e del Rodano e anche un po’ sulla provincia limitrofa del Rodano.
Ad oggi possiamo contare su 450.000 clienti di cui 250.000 soci, con
una progressione di crescita di circa 40.000 soci supplementari all’anno,
però dobbiamo fare uno sforzo per fidelizzarli, perché la progressione
netta è soltanto di 18.000 all’anno.
E qui torniamo al tema che è stato illustrato in precedenza, cioè la qualità della relazione col cliente, ovvero 6, 2 miliardi di risparmio (raccolta),
con una progressione regolare del 9,5% all’anno.
Crediti per 8,1 miliardi, con una progressione del 20,8% all’anno.
Adesso vediamo le quote di mercato, con due tendenze principali.
Grosso sviluppo con il credito, con quote di mercato dal 5-6 al 15%. Ovviamente le quote di mercato corrispondono alla nostra localizzazione,
alla nostra presenza sul territorio.
88
Quali sono i punti forti del Crédit Mutuel rispetto alle altre banche?
Di solito mettiamo quattro punti principali. L’aspetto tecnologico, la banca assicurazione, l’organizzazione decentrata e, ovviamente, la nostra
organizzazione mutualistica e cooperativa.
Prendiamo la tecnologia e do qualche esempio. Parlo a livello nazionale, ovvero per tutto il gruppo.
Siamo la prima banca di gestione del flusso di carte bancarie a livello
nazionale.
Di recente abbiamo creato una società in partnership con le autostrade per gestire i pedaggi dei mezzi pesanti sulle autostrade.
Un’altra svolta verso i servizi tecnologici avanzati; recentemente abbiamo creato un accordo con una società telefonica e adesso gestiamo i
contratti per i cellulari. Questo forse susciterà qualche reazione perché
una banca che gestisce i cellulari …. Comunque noi siamo sicuri che il
cellulare domani sarà un “modo di comunicazione” utilizzato da tutti, e sarà anche un modo per effettuare pagamenti.
E se noi non ci posizioniamo su questo settore la gestione di questi
flussi di pagamento, che un domani avverrà tramite il cellulare, sarà fatta
dagli operatori di cellulari.
Abbiamo lanciato un’esperienza di pagamento, chiamata “senza contatto” con il cellulare e l’abbiamo lanciato in alcune città e regioni di Francia. E si sta rivelando un’esperienza positiva.
Il secondo punto di forza è la banca assicurazione.
Cioè offriamo al socio servizi di banca e di assicurazione. Ci siamo lanciati in questa attività quarant’anni fa e vent’anni fa nella nostra regione.
Certo le compagnie di assicurazione ci hanno guardato storto, però oggi tutte le banche fanno assicurazione e tutte le assicurazioni fanno ser-
89
vizi bancari.
Adesso, quando un socio viene da noi possiamo proporre servizi bancari, servizi di assicurazione e anche la telesorveglianza del suo domicilio.
Un’altra delle nostre peculiarità sono le differenze organizzative ma visto che il tempo stringe non ne parlerò.
Abbiamo dunque il nostro valore specifico, che è l’aspetto cooperativo,
e abbiamo sviluppato dei prodotti specifici per i nostri soci.
Questo si traduce anche nella pratica. Per esempio ogni Cassa organizza ogni anno l’assemblea generale. Così ogni anno noi siamo in contatto diretto con oltre 20.000 soci.
Certo potrei parlare a lungo ma il tempo stringe e dobbiamo passare
ad un altro argomento. Vorrei soltanto parlare brevemente della nostra
strategia.
Oggi la retail bank, e quindi il Crédit Mutuel, soffre dei margini che diminuiscono perché c’è una concorrenza spietata sui tassi di credito, il costo e le difficoltà del rifinanziamento. Un argomento di grande attualità sono i subprime, e noi non sfuggiremo. Non sfuggiremo, vero?
Trent’anni fa c’è stata la svolta delle assicurazioni, adesso prendiamo
un’altra svolta che è quella dei servizi perché siamo sicuri che questo ci
aiuterà a tenere fidelizzati i nostri soci.
90
OLIVIER ANDREANI
Direttore Area Mercati e Finanza
del Credìt Mutuel Sud-Est
“Il Crédit Mutuel Sud-Est
nel rapporto con la piccola e media impresa”
Vi parlerò del Crédit Mutuel Sud-Est e delle piccole e medie aziende.
Per essere molto preciso su questo tema vi parlerò di cinque punti
principali, attraverso i nostri obiettivi del CMSE, organizzazione e modi
operativi.
Parleremo dell’offerta e vedrete anche il totale globale e i risultati, perché quello che vogliamo sono dei buoni risultati sul mercato delle piccole e medie aziende.
Tanto più che concluderò questo tema parlando del problema di Basilea 2, dei rischi e della redditività che dobbiamo avere per affrontare questi rischi.
I nostri obiettivi, per quanto riguarda le piccole e medie aziende, sono:
la notorietà, l’obiettivo economico e l’obiettivo finanziario.
Fare conoscere i nostri punti forti, cioè far conoscere ai nostri clienti
quali sono le nostre differenze.
A livello economico vogliamo diventare un protagonista importante e
conquistare il 20% delle quote di mercato.
A livello finanziario vogliamo offrire una soluzione globale a livello bancario per avere dei rapporti dinamici e vantaggiosi.
Qual è la nostra organizzazione e i nostri modi di funzionamento per
conquistare questo mercato?
Ci sono due principi: la “vicinanza” e la “reattività” per meglio rispondere ai nostri clienti, che sono le aziende.
I principi e i modi di funzionamento sono il decentramento, la responsabilizzazione e la tecnicità, perché noi siamo la banca a cui si deve parlare.
Abbiamo 103 casse di Crédit Mutuel sulle sei province della nostra Federazione, dotate di tutte le competenze, e la formazione del nostro personale rappresenta l’8% del monte salari perché, ovviamente, il nostro lavoro è molto tecnico e un giovane che viene assunto con 4 o 5 anni di
università, dopo la maturità, trascorre un anno nelle nostre varie filiali per
91
formarsi, in stage.
Per quanto riguarda i responsabili nelle nostre agenzie abbiamo il direttore, ovviamente, poi c’è un responsabile, un incaricato di affari, e nelle zone rurali abbiamo un responsabile per l’agricoltura.
Per le zone a forte densità di popolazione, come per esempio a Lione
o a Saint Etienne, abbiamo un settore dedicato alle aziende.
Organizzazione e risorse umane
‰
Una rete di 103 Casse locali dotate di competenze ad hoc.
‰
La formazione rappresenta l’8% del monte salari della nostra
Federazione; un giovane assunto con 4 o 5 anni post diploma di scuola
superiore effettua più di un anno di stage prima di occupare il suo 1°
posto operativo.
‰
Oltre al Direttore, che ha necessariamente la competenza, c’è un
incaricato di affari o CC Pro in ogni Cassa + un incaricato agri se
necessario.
Nelle zone a forte attività economica le Casse sono strutturate in Aree
Professionali dove è presente un team dedicato di addetti commerciali ed
un back office specializzato (6 per Lione e l’area periferica).
Pertanto con effettivi di oltre 1100 dipendenti, un quarto del personale è
specializzato o dedicato al mercato delle imprese.
‰
Professionisti dotati di deleghe di potere (da 150 K€ a 1 M€) che hanno
un solo livello decisionale superiore: il servizio degli Impegni.
¾
Quest’ultimo propone alla DG le pratiche più importanti per decisione
(> 3 M€).
Direction des Engagements – CMSE – Octobre 2007
Su 1.100 dipendenti abbiamo un quarto del personale dedicato alla gestione delle piccole e medie aziende.
Non basta avere gli uomini e le donne ma ci vogliono anche le competenze. Allora noi dotiamo il nostro personale di competenze sulle piccole
e medie aziende.
Come vedete sul trasparente la nostra organizzazione è lineare perché
al di sopra delle Casse c’è soltanto la direzione generale, il signor Gay.
Passiamo all’organizzazione e ai mezzi tecnici
Noi abbiamo organizzato un sistema di gestione decentrata per tutte le
operazioni bancarie. Tutte queste operazioni sono gestite direttamente
dalla cassa e il sistema di delega del potere è completamente informatizzato e collegato con gli applicativi di credito.
Una banca totalmente responsabile. Responsabili sono le reti e dunque
questo avviene sotto la responsabilità diretta del direttore delle Casse.
Ovviamente questo sistema informatico ci permette di seguire il followup di tutte le operazioni sulla rete.
Adesso vi parlerò dell’offerta.
Il “totale e globale” riguarda tutti i settori dell’economia e interviene a
tutte le voci del bilancio dei nostri clienti.
Integra anche la gestione dei flussi dei mezzi di pagamento e risponde
92
anche alle esigenze personali del dirigente e dei dipendenti.
Offerta
†
(segue)
Copertura di tutte le esigenze di tesoreria:
Linee domestiche:
1) mediante crediti obiettivi con mobilitazione della voce cliente:
sconto, sconto in conto, daily, breve termine con saldo capitale
finale (« relais »), crediti promozione e commercio di beni …
2) mediante crediti soggettivi:
facilitazione, scoperto, credito di campagna, a tempo
determinato, indeterminato, MT di fondi di esercizio, credito
corporate nel settore immobiliare, ecc.
Linee internazionali:
AED import o export, MCNE,…
Direction des Engagements – CMSE – Octobre 2007
L’offerta in materia di crediti.
La nostra offerta copre tutte le esigenze di tesoreria; anche le esigenze domestiche o internazionali sono coperte.
Crediti con mobilitazione della voce cliente. Gestiamo tutti i modi di finanziamento.
I crediti detti soggettivi che corrispondono alla qualità finanziaria dei
nostri clienti, vengono valutati con un’analisi finanziaria. Questo per le
operazioni nazionali e internazionali dei nostri clienti.
Adesso vediamo le esigenze di investimento dei nostri clienti.
Offerta
(segue)
†
Copertura di tutte le esigenze di investimento:
¾
Crediti MT per attrezzature e LT per finanziare le infrastrutture con tutti i
modi di gestione (ammortamento costante, degressivo, emissione di carte
commerciali, a rimborso capitale differito (« in fine »), ecc.), a tasso fisso e
variabile, su indice di mercato o composito.
¾
Crediti di trasmissione o di crescita esterna (LBO, OBO...).
¾
Tutti questi crediti sono accompagnati da soluzioni assicurative via le ACM
(credito, multirischio: beni, perdita di esercizio, responsabilità civile
professionale)
La gestione di capitale proprio e debiti a LT attraverso la nostra filiale, la
banca di Vizille, in fusione-acquisizione, introduzione, capitale sviluppo.
Direction des Engagements – CMSE – Octobre 2007
93
Crediti a media scadenza per attrezzature o a lunga scadenza per finanziare le infrastrutture.
Ci occupiamo anche di crediti di trasmissione di crescita esterna, quelli che chiamiamo crediti LBO o OBO.
Associamo a questa offerta delle soluzioni assicurative per coprire i rischi creditizi.
Noi interveniamo tramite la nostra banca di investimento, la Banque di
Vizille.
Abbiamo anche soluzioni fuori bilancio che sono integrate per i fabbisogni in capitali di esercizio, crediti con firma, Francia e estero, garanzie
dei mercati, credito documentario, lettera di credito.
Offerta
(segue)
† Offriamo anche soluzioni fuori bilancio che sono
¾ integrate per il fabbisogno in capitale di esercizio:
crediti con firma Francia e estero (garanzie mercati,
credito documentario, lettera di credito …)
¾ o effettuati attraverso le nostre filiali specializzate per
gli investimenti in leasing immobiliare, leasing
finanziario e gestione di flotte come in leasing
immobiliare.
Direction des Engagements – CMSE – Octobre 2007
Per il leasing, che sia immobiliare o finanziario, o gestione di flotte, interveniamo tramite leasing immobiliare.
Abbiamo parlato del passivo ma ci occupiamo anche dell’attivo dei nostri clienti. Abbiamo delle soluzioni per la gestione della tesoreria attiva
dei nostri clienti.
Soluzioni classiche come le OPCVM, o altre soluzioni quali CAT o
CDN.
Soprattutto abbiamo la gestione informatizzata per i nostri clienti, specialmente per quanto riguarda la gestione dei negozi.
Ci occupiamo anche della previdenza e dell’assicurazione, sia per il
nostro cliente che per i suoi dipendenti.
Come è stato detto non possiamo trascurare la gestione dei flussi finanziari che è essenziale per la relazione con i nostri clienti. Quindi uti-
94
lizziamo tutti i modi di teletrasmissione.
Offerta
(segue)
†
Nella gestione dei flussi proponiamo tutte le soluzioni
innovative e tecnologiche esistenti:
¾
Teletrasmissione con norme Etebac, Web (tutti i tipi di bonifici,
LCR/BOR, prelievi, V. Com, estratti, avviso di operato)
¾
Assegni-immagine
¾
Sistema automatico di versamento con server ADSL e Ecommerce
La manutenzione di tutta l’offerta è integrata e gestita dal
servizio informatico del nostro gruppo.
Direction des Engagements – CMSE – Octobre 2007
Controlliamo quello che chiamiamo lʼimage cheque (assegni-immagine). Gestiamo tutti i pagamenti elettronici, quello che si chiama “la monétique” in Francia e anche l’e-commerce.
Tutta la manutenzione dei flussi clienti è gestita dal nostro servizio informatico.
Risultati
†
I crediti erogati alle imprese corrispondono nell’insieme al 20%
della nostra esposizione e raggiungono 2 Md €, con una
progressione al ritmo annuale del 10%.
†
Il risparmio gestito ha lo stesso tasso di crescita e rappresenta lo
stesso volume di raccolta: 20%.
†
Abbiamo più di 15.000 contratti professionali in telematica (web e
etebac).
†
Per i movimenti di distribuzione e versamento automatico i nostri
clienti hanno effettuato 17 milioni di transazioni per 750 M€ di
pagamenti.
†
Per il risparmio pensionistico e salariale gestiamo 550 contratti.
Direction des Engagements – CMSE – Octobre 2007
Adesso vi parlerò, molto brevemente, dei risultati. I nostri crediti erogati
alle aziende corrispondono al 20% delle nostre esposizioni e hanno una
95
progressione annuale del 10%.
Il risparmio gestito ha lo stesso tasso di crescita e di raccolta.
Abbiamo più di 15.000 contratti professionali in telematica. I nostri
clienti, per il pagamento elettronico, “la monétique”, hanno effettuato 17
milioni di transazioni per 750 milioni di euro.
Per il risparmio pensionistico e salariale gestiamo 550 contratti.
La determinazione della quotazione terzi
Ad ogni cliente terzo, indipendentemente dal mercato cui appartiene, viene
attribuita una quotazione rischio unica:
„
calcolata automaticamente sulla base di un algoritmo specifico a
ciascun mercato o sotto mercato, se necessario,
„
espressa in una medesima scala valori di valutazione: A+, A-, B+,
B-, C+, C-, D+, D-, E+, E-, E= e F,
„
aggiornata mensilmente (le allerte sono prese in considerazione
nel flusso),
„
reattiva senza essere volatile,
„
modificabile manualmente previo controllo di abilitazione,
„
integrata e restituita nell’intero sistema informatico (fascicolo
delle relazioni cliente, strumenti di istruzione, ecc.)
Direction des Engagements – CMSE – octobre 2007
Per concludere, molto brevemente, come mi è stato chiesto, parliamo
di Basilea 2 e dei rischi del credito.
Funziona con un sistema di quotazione di “terzi”.
Tutti i clienti sono quotati. Questa quotazione rischio è calcolata automaticamente ed è espressa con una stessa scala di valore per ogni mercato, aggiornata mensilmente.
Dunque è reattiva ma non volatile.
Può essere modificata manualmente dalla direzione delle abilitazioni
ed è integrata nella totalità del nostro sistema informatico.
96
Il calcolo.
Calcolo della quotazione: fasi
PRIVATI
PROFESSIONISTI
NOTA DI VALUTAZIONE RISCHIO
(Età, anzianità, elementi
funzionamento conto, attrezzature ….)
CALCOLO SCORE FINANZIARIO
(Fonte CALIFE - Fondi propri, giro
d’affari, capitali presi in prestito, valore
aggiunto…)
CALCOLO SCORE FINANZIARIO
(Fonte CALIFE – Tesoreria, spese
finanziarie/EBE, fondi propri,
risultato/produzione, …)
IMPRESE
CLAUSOLE
RIACQUISTO/RIDUZIONE QUOTA
(Inizio relazione, risparmio, risorse, …)
NOTA FUNZIONAMENTO INTERNO
(Debito medio, credito medio, saldo
minimo, …)
NOTA FUNZIONAMENTO INTERNO
(Debito medio, credito medio, saldo
minimo, …)
ASSEGNAZIONE DELLA
QUOTAZIONE PRIMARIA
ASSEGNAZIONE DELLA
QUOTAZIONE PRIMARIA
ASSEGNAZIONE DELLA
QUOTAZIONE PRIMARIA
ESAME DEI RISCHI (RIE) Matrice di
degrado Mercato Privato
ESAME DEI RISCHI (RIE) Matrice di
degrado Mercato Professionale
ESAME DEI RISCHI (RIE) Matrice di
degrado Mercato Imprese
QUOTAZIONE DEFINITIVA (Sano
A+E+o Problematico E-F)
QUOTAZIONE INDIVIDUALE (Sano
A+E+o Problematico E-F)
QUOTAZIONE INDIVIDUALE (Sano
A+E+o Problematico E-F)
APPLICAZIONE QUOTAZIONE AL
GRUPPO FAMIGLIA
CALCOLO QUOTAZIONE DEL GRUPPO
SIR - CRD
CALCOLO QUOTAZIONE DEL GRUPPO
SIR - CRD
SE CRITERI: DECLASSAMENTO
« DOU »
SE CRITERI: DECLASSAMENTO
« DOU »
SE CRITERI: DECLASSAMENTO
« DOU »
Mettiamo dei punteggi, tre tipi di punteggi, per i professionisti, le aziende con meno di 10 dipendenti e le aziende con più di 10 dipendenti.
C’è uno studio di scoring finanziario, calcolato a partire dallo scoring finanziario del cliente.
Questo secondo tutti i “razi” di analisi finanziaria.
Aggiungiamo un punteggio per il funzionamento del conto corrente e
questo ci dà, all’inizio del mese, quella che chiamiamo la quotazione primaria.
Teniamo conto di tutti i rischi che sono intervenuti nel mese e dopo
sommandoli, abbiamo la quotazione finale.
Qui abbiamo quello che non è stato pagato, assegni che sono stati rifiutati. Questo tipo di rischio.
Così possiamo vedere la probabilità di difetto del cliente all’orizzonte di
un anno.
97
Corrispondenza quotazioni / tasso di rischio
> Per un cliente la quotazione esprime la probabilità di rischio
in un anno.
> La capacità di onorare gli impegni presi è quindi:
A + Eccellente
D + Bassa
A - Molto forte
D - Molto bassa
B + Forte
E + Minacciata
B - Abbastanza forte
E - Compromessa
C + Accettabile
E = Molto compromessa
C - Abbastanza bassa
F
Contenzioso
Direction des Engagements – CMSE – octobre 2007
Abbiamo 9 livelli, A più eccellente, fino a F che sarebbe il contenzioso.
Ricordatevi i colori perché vi faccio vedere una scala di rischi e come
potete vedere questa quotazione interviene sulla scala dei rischi.
Le fasi cronologiche di rilevamento dei rischi
DURATA:
INFERIORE
A 45
GIORNI
UGUALE O
SUPERIORE
A 45
GIORNI
PIÙ DI 60
GIORNI E
MENO DI 90
PIÙ DI 90
GIORNI
-
RILEVAMENTO:
SUPERAMENTO O
SCOPERTO IN C/C
PRESTITO
INSOLUTO
SUPERAMENTO O
SCOPERTO IN C/C
PRESTITO
INSOLUTO
SUPERAMENTO O
SCOPERTO IN C/C
PRESTITO
INSOLUTO
SUPERAMENTO O
SCOPERTO IN C/C
PRESTITO
INSOLUTO
STRUMENTI:
DEBI & DBI
IPR & MVP
SITUAZIONI
STATIST.
EVT & RADICE
POSIZIONE:
SANA
DOU
(ALLERTA G–
30)
RECUPERO
VIA AMICHEVOLE
DOU
(DECLASSAMENTO
OBBLIGATORI)
DUBBIO
DTX
COMPROMESSO
CONTENZIOSO
RECUPERO
VIA AMICHEVOLE
Ecco la fase cronologica dei rischi per valutare Basilea 2 sullo scoring
dei rischi. Per esempio il superamento dei conti, o impagati, superiori a
98
45 giorni non hanno un’incidenza sulla quotazione.
Più ci si avvicina ai 90 giorni, che sarebbe il limite fatidico, più lo scoring evolve e uno si avvicina sempre più al rischio.
I nostri rischi per il momento sono a un livello molto basso.
A fine dicembre 2006 eravamo a 5,6 milioni di provvigioni, a fine settembre 2007, a 2 milioni e mezzo, e speriamo che continui così.
99
DOMENICO RAVAGLIOLI
Presidente
Banca di Forlì - Credito Cooperativo (Fc)
Buongiorno a tutti. Un saluto particolare alle autorità e agli ospiti intervenuti.
Un ringraziamento alla Presidenza e alla Direzione della nostra Federazione per avere organizzato questo importante convegno, per di più in
una città alla quale siamo legati dalla storia, anche recente.
Consentitemi un ringraziamento per l’ospitalità ai cordiali rappresentanti delle Istituzioni locali. Ieri abbiamo avuto modo di ammirare la bellezza del paesaggio. Oggi speriamo di avere il tempo di ammirare, per lo
meno, i tratti essenziali della bellezza di questa città.
Grazie, Daniele, per avere accettato la nostra proposta di posticipare
la Messa, consentendoci così più tempo per le riflessioni.
Innanzitutto mi preme dire che gli interventi degli autorevoli relatori di
questi giorni, cominciando dal direttore della Banca d'Italia di Bologna,
hanno arricchito la nostra conoscenza su temi importanti come il rapporto impresa, università, territorio.
Un tema che, per la verità, è stato dibattuto anche nella nostra realtà e
che è stato oggetto nella nostra città di diverse tesi di laurea. Tant'è che
in un primo momento abbiamo aiutato questi ragazzi e poi, visto l'interesse crescente, attraverso la nostra società che si chiama Multifor (molti di voi la conoscono) abbiamo finanziato stabilmente un corso della Facoltà di Economia incentrato su questi temi.
E ci risulta che lo scorso anno sia risultato tra i più frequentati dell’intero Ateneo.
Ampliando al visuale, vi testimonio che abbiamo raggiunto la consapevolezza di costituire l’unica Banca locale del territorio, assieme alla
responsabilità di dover concorrere positivamente alla crescita economica della comunità. Non solo, sentiamo anche la responsabilità sociale
di contribuire alla crescita della qualità della vita, fatta di opportunità e
solidarietà; quella solidarietà che è possibile solo se si produce ricchezza.
Siamo altrettanto consapevoli che sono le imprese, il sistema produttivo, a produrre ricchezza.
Nella nostra Regione operano piccole imprese. Il 92% di queste aziende sono piccolissime ma sono le nostri naturali interlocutrici. Sono quel-
101
le, tra l’altro, che finora non sono state intercettate stabilmente, o forse
trascurate, dall'altro sistema bancario.
Nei loro confronti abbiamo doveri che crescono di pari grado con il nostro insediamento nel territorio. Con loro dobbiamo avere un rapporto
particolare, fatto di relazioni e di conoscenza senza però trascurare altre realtà che emergono dal territorio. Mi riferisco ai consorzi e alle reti
di imprese.
Per non perdere ed anzi ampliare le nostre quote di mercato, sicuramente dobbiamo offrire dei prodotti modulari, adatti a tali soggetti.
Sappiamo che l'offerta di prodotti finanziari a sostegno delle giovani famiglie ormai ha una durata oltre i trent'anni. E’ venuto il momento di seguire questa strada anche nei confronti delle imprese.
Dobbiamo dare loro la possibilità di spalmare gli oneri finanziari sui loro conti economici.
Abbiamo già avuto modo di segnalare tali necessità ai dirigenti di Iccrea Banca. Sappiamo inoltre, da un'analisi compiuta dall'Università Cattolica di Milano, che il 68% delle piccole e medie imprese del nostro territorio è interessato al passaggio di generazione del proprio managment.
Noi dobbiamo favorire questi passaggi, altrimenti queste aziende rischiano di essere vendute, magari all'estero. Se vengono vendute all'estero vengono svuotate e poi si tirano giù le saracinesche, impoverendo il territorio.
Anche l’innovazione di processo e di produzione necessita di risorse finanziarie.
Oggi sappiamo con certezza, lo dicono le statistiche, che le aziende
che hanno avuto il coraggio e la capacità di aprirsi ai mercati internazionali sono cresciute molto più velocemente delle altre e hanno conseguito utili importanti garantendo la propria sopravvivenza.
Dobbiamo assecondare questo cambiamento del mercato. Abbiamo il
dovere di attrezzare i nostri uffici, abbiamo la necessità di avere dal nostro sistema i servizi giusti per seguire queste aziende, non possiamo
perdere le migliori, quelle più innovative e guidate da giovani. Penso alle
reti di imprese, ai consorzi, alla creazione continua di piccoli distretti ad
alta specializzazione, alle vere e proprie catene che danno un nuovo
aspetto alle filiere produttive volte ad affrontare nuove sfide e mercati internazionali.
Allora la domanda è: come facciamo a finanziare queste imprese che
crescono più di noi e che sono più grandi di noi?
Ieri ce l’ha detto bene il direttore della Banca d’Italia di Bologna, il dott.
Marchetti.
Ci ha detto: “State attenti. Lavorare e avere relazioni strette di finanziamento con grandi imprese significa che il rischio aumenta e che probabilmente i ricavi, lo spread dell’intermediazione del denaro diminuisce eccessivamente”.
Allora mi viene spontaneo il riferimento alle proposte che facevamo alcuni anni fa, di creare una Banca di secondo livello per affrontare i finanziamenti a queste imprese. Non è stato possibile.
102
Ci auguriamo però e ci fa piacere pensare che il contributo che abbiamo portato sia stato di stimolo a Banca Agrileasing, che oggi svolge questo lavoro sul nostro territorio.
Ci auguriamo che lo possa fare con la stessa capacità, con le stesse
peculiarità delle nostre Banche. Vale a dire competenza, professionalità,
coerenza e velocità nelle risposte perché oggi il mercato non ci aspetta.
Il mercato è veloce e dobbiamo essere veloci nelle risposte: oggi l’imprenditore che ha un progetto da finanziare probabilmente trascura i 10
centesimi ma non aspetta a lungo per avere una risposta.
Non dobbiamo trascurare il rapporto con le Associazioni. È un rapporto importantissimo. Oggi le associazioni di imprese si sono trasformate.
Non sono più semplicemente degli enti preposti all’erogazione di servizi
o punti di riferimento collaterali a questo o a quel partito.
La frantumazione politica, l’evoluzione del mercato e dei mercati finanziari ha trasformato le Associazioni più capaci, quelle più lungimiranti in
veri e propri sindacati di imprese.
Oggi esse nel nostro territorio costituiscono gli interlocutori privilegiati
delle Istituzioni e sono gli enti di maggior stimolo nei nostri confronti e nei
confronti del intero sistema bancario.
Attraverso le Associazioni e con loro abbiamo il dovere di contribuire
alla realizzazione di quel marketing territoriale di cui tanto oggi si parla e
che non è fatto solo di finanza ma anche di servizi, di opportunità, di solidarietà e di nuovi rapporti col mondo universitario. E’ di lì che passa il
rapporto tra banca e impresa del futuro!
Abbiamo bisogno anche del nostro organo di vigilanza. Abbiamo bisogno della Banca d’Italia non solo per i compiti istituzionali ma perchè ci
accompagni in questo processo di adeguamento delle strategie ai regolamenti e alle nuove normative.
Abbiamo apprezzato molto l’intervento del direttore di Banca d’Italia. Io
me lo sono letto anche ieri sera, ci ha ammonito e ci ha detto dove siamo bravi. Non lo dobbiamo dimenticare.
Abbiamo appreso però con soddisfazione – e lo diremo nelle nostre realtà quando torneremo a casa – che il Credito Cooperativo ha concorso
nel finanziamento alle imprese con un incremento, negli ultimi sei anni, di
9 punti, contro i 3,5 del restante sistema bancario.
Questo è un dato molto, molto importante.
Consentitemi l’occasione di porgere un cordiale saluto anche al direttore della Banca d’Italia di Forlì. Devo dire che fin dal suo insediamento
si è confrontato con noi, pur nel rispetto dei suoi importanti doveri d’ufficio, con grande spirito di collaborazione e di sensibilità. Grazie Direttore.
Abbiamo anche appreso con soddisfazione che la sede della Banca
d’Italia di Forlì rimarrà operativa. Questo, da un punto di vista egoistico,
ci fa molto piacere.
Per l’operatività di tutti i giorni abbiamo bisogno della nostra Federazione, del nostro Movimento.
Abbiamo bisogno di prodotti. Abbiamo bisogno di assistenza nella definizione delle strategie.
103
Consentitemi – questa è un’osservazione della Banca che ho l’onore
di rappresentare – abbiamo l’impressione che in questi ultimi tempi ci siamo persi un po’ in discussioni su temi che sicuramente sono importanti
ma che non attengono in modo principale alle nostre strategie o che sicuramente non consentono di abbattere i costi delle nostre strutture.
I gruppi bancari si sono riorganizzati, hanno perso molto tempo in questi anni ma hanno ridotto i costi. Ora verranno a concorrere sui nostri
mercati, non trascureranno le piccole imprese.
Quindi diamoci un metodo diverso; terminiamo queste infinite discussione attorno a certi problemi.
Abbiamo bisogno di più concretezza per essere più efficienti; questo vi
chiediamo perché il mercato non aspetta.
Finisco affermando che abbiamo avuto una grande fortuna, lo dobbiamo ammettere. In questi anni abbiamo fatto convegni, dibattiti, tavole rotonde ma non abbiamo mai avuto bisogno di parlare dei problemi contingenti delle nostre banche, dei conti economici.
Finisco con una proposta: se le nostre Banche vanno bene, pur tenendo conto delle valide strategie messe in campo dagli amministratori, o
della capacità di adattarsi ai mercati – come diceva ieri il direttore – sicuramente qualche merito lo hanno anche i nostri direttori e i dirigenti.
Credo sia bene riflettere su queste cose, valutare se coinvolgere
maggiormente i nostri direttori e i nostri dirigenti, limitatamente agli
aspetti tecnici del nostro movimento e anche alla guida di alcune
società di scopo.
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WALTER BARAGHINI
Presidente
Banca di Cesena - Credito Cooperativo (Fc)
Buongiorno a tutti. Mi associo ai saluti del presidente Ravaglioli di Forlì e ringrazio per questa opportunità che mi è stata concessa, visto il poco tempo a disposizione.
Mi permetto di leggere alcuni appunti che ci eravamo fatti e mi sono fatto.
Prendiamo spunto dalla relazione del dott. Marchetti della Banca d’Italia, che è entrato nel merito di alcuni problemi parlando di mercato, dalla
relazione del dott. Caleffi, dicendo che le Bcc del domani non saranno
uguali a quelle di oggi, manterranno saldi i riferimenti valoriali della cooperazione mutualistica ma evolveranno verso modelli organizzativi maggiormente strutturati e controllati, che avranno nella competitività la chiave del successo.
Queste sono parole molto importanti. Per questi motivi noi guardiamo
con interesse anche a quello che sta avvenendo nel nord-est. Perciò la
relazione tra la banca e l’impresa impone alcune riflessioni. Vorrei dire
che il sistema nazionale e regionale non consente di sviluppare economie di scala in grado di rendere le Bcc competitive sul versante dei costi.
Non è un problema legato alle dimensioni ma soprattutto alla governance delle società nazionali e regionali. Troppo corporativismo e assistenzialismo minano l’economicità del sistema.
La trasparenza sulle decisioni strategiche è limitatissima. Il rapporto tra
le Bcc e le società del gruppo perde sempre più la configurazione di partnership per diventare semplice clientelismo.
C’è bisogno di competizione tra le società del sistema, competizione
sui servizi, sull’informatica e sulla consulenza.
C’è bisogno di maggior confronto sulle loro ipotesi di realizzazione.
Atteggiamenti chiusi da parte del sistema creano insoddisfazione e
perdita di competitività, rappresentati da scarsa affidabilità nella risposta,
tempi lunghi di approntamento e soprattutto costi elevati rispetto al valore distribuito.
Si discute di aumento di capitale della Holding, di intervento immobiliare regionale, e quindi stiamo parlando di destinare parte del nostro patrimonio a fini avvertiti come marginali, privi di ritorno adeguato, nella proporzione, ad una distribuzione di ricchezza in comparazione con ipotesi
alternative.
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Questa è una riflessione che facciamo e vogliamo stimolare la discussione fra le componenti.
La necessità primaria che avvertiamo è di limitare il rischio di credito
alle imprese senza compromettere la loro esistenza e riprendere in mano la funzione centrale di selezione del credito verso le imprese virtuose
capaci di creare ricchezza.
Basilea 2 impone, tra l’altro, criteri più stringenti nell’individuazione del
rapporto tra rischio e rendimento. Sono, in questo processo evolutivo, anche coinvolte le associazioni di categoria e le cooperative di garanzia.
Alcune grandi banche, quali Unicredit o Banca Intesa, hanno costituito
una società che garantisce le imprese sui crediti elargiti dalle banche dei
rispettivi gruppi.
Un’ipotesi percorribile, che ci sentiamo di suggerire e di valutare, è
quella di destinare fondi al rafforzamento, se non la costituzione, di una
cooperativa di garanzia regionale in grado di coprire fino al 50% dei nuovi crediti erogati con scadenza massima a cinque anni dalle Bcc della
regione.
Con 10 milioni di patrimonio potrebbero essere garantiti circa 300-400
milioni di crediti, escludendo qualsiasi intervento di carattere pubblico o
di enti pubblici.
Un rating a queste cooperative, dotate di patrimonio, molto più elevato
rispetto ad oggi grazie al nostro intervento, consentirebbe di migliorare il
rating del credito delle imprese nostre affidate con positive ripercussioni
sui coefficienti patrimoniali delle stesse.
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ROBERTO MAZZOTTI
Vice Direttore Iccrea Holding
“Iniziative per la competitività di mercato delle BCC”
Buongiorno a tutti. Proverò, in una quindicina di minuti, a rappresentare le attività e le iniziative su cui stanno lavorando le Società del Gruppo
Bancario Iccrea.
Come noto il nostro sistema di offerta è organizzato nell’ambito di tre
segmenti: l’istituzionale, il corporate ed il retail.
Pertanto la presentazione seguirà questo schema.
Il segmento istituzionale raggruppa tutti quei prodotti e servizi che occorrono alla Banca in quanto tale.
Parto dai sistemi di pagamento. Dall’1 gennaio 2008 parte l’attività che
ci porterà nei 24 mesi ad avere un sistema di regolamento unico a livello europeo.
Come noto Iccrea Banca è uno dei tre regolatori di sistema in Italia ed
entrerà, con una serie di percorsi, nell’ambito dei primi tre regolatori di sistema europei.
Collegata ai sistemi di pagamento troviamo la monetica. Anche
in questo ambito ci sono grosse novità con una profonda rivisitazione
delle carte di credito e di debito a seguito dell’introduzione del microchip.
Iccrea è protagonista da sempre su questo segmento ed ha avviato il
progetto 8000 che ha portato alla rivisitazione del layout delle carte. Le
nuove carte – questo lo annuncio – con microchip saranno offerte alle
banche allo stesso costo delle carte con banda magnetica e permetteranno di aggiungere all’interno una serie di servizi che attualmente non
è possibile fare. Si tratta di una importante occasione perché potremmo
avere una forza negoziale diversa in quanto le carte bancomat saranno
2 milioni e verranno emesse da un unico interlocutore.
Altra attività che partirà dal prossimo gennaio è quello dell’acquiring diretto. Nell’ambito delle carte di credito abbiamo sempre gestito in maniera diretta la parte relativa al cliente dal momento in cui gli viene consegnata la carta fino al momento in cui spende.
La parte che va dalla spesa effettuata dal cliente in un negozio all’ac-
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credito al negoziante – che è l’acquiring – era gestito da terzi.
Iccrea Banca assieme al mondo delle Popolari ha sostituito BankAmericard con Key Client. Iccrea possiede il 10% di Key Client divenendo così attore diretto nell’ambito dell’acquiring.
Nei primi sei mesi del 2008 tutti i nostri POS saranno passati nel nuovo sistema di Key Client con la possibilità poi di poter gestire anche la
parte commissionale in un’ottica diversa rispetto ad oggi essendoci un
passaggio in meno.
A questo punto voglio focalizzare l’attività di capital market che ha visto Iccrea effettuare, insieme alle Banche di Credito Cooperativo, esperienze sulla cartolarizzazione degli attivi e dei passivi e questa attività
continuerà con l’introduzione di strumenti nuovi.
Prima si era parlato della necessità di arrivare a finanziare le famiglie
per durate lunghe. Il tema su cui vorrei focalizzare la vostra attenzione è
quello del mismatching fra le scadenze e, per sopperire a questo, si è già
costituita una struttura con Iccrea Banca e un altro interlocutore, per poter acquisire questi mutui e poi cartolarizzarli.
L’operazione, al momento, è in stand-by per le situazioni di mercato
che si sono palesate in questi mesi.
L’ALM è un altro servizio a disposizione che coinvolge da un lato Iccrea
Banca, che mette a disposizione prodotti e consulenza, e dall’altro le singole banche che devono introdurre, al proprio interno, una cultura della
gestione degli attivi e dei passivi in un’ottica evoluta.
Un altro tema su cui concentrarsi, toccato anche ieri dal dott. Caleffi, riguarda la MIFID, che ha un impatto, insieme alle altre norme, significativo sulle Banche di Credito Cooperativo.
La piattaforma Hi - MTF sarà operativa dal prossimo novembre. Le
Banche di Credito Cooperativo avranno a disposizione una piattaforma
per la negoziazione di obbligazioni coprporate non quotate oltre ai titoli
emessi dalle stesse BCC.
Sempre nel segmento istituzionale voglio ricordare l’estero. Prima si
parlava di crescita delle imprese. Crescita delle imprese vuol dire anche
processi di internazionalizzazione.
C’è un progetto preciso che si sta portando avanti in stretta collaborazione con Iccrea Banca e con Banca Agrileasing, per poter mettere a disposizione delle Banche di Credito Cooperativo un’offerta che non sia solo di prodotto, ma anche di servizio.
Le nostre persone vanno anche accompagnate nell’interlocuzione con
l’impresa che ha bisogno di una assistenza in un segmento dove, negli
ultimi anni, non siamo stati protagonisti.
C’è poi il comparto dei crediti speciali (agevolato, agricoltura e finanziamenti agli enti territoriali) per cui Iccrea Banca si sta ristrutturando, al
fine di poter essere maggiormente attiva.
Fra le attività strumentali che rientrano sempre nell’istituzionale: ricordo BCC Gestione Crediti, un’azienda che è nata soprattutto per la gestione ed il recupero dei crediti problematici nelle varie tipologie e che sta
ampliando significativamente la propria offerta.
108
BCC Web e BCC Servizi Innovativi sono due aziende che il 22 prossimo perfezioneranno la fusione e saranno a disposizione delle Banche di
Credito Cooperativo per la gestione dei canali virtuali e le attività di telemarketing a favore della clientela.
BCC Solutions è un’azienda che al momento ha il compito precipuo di
gestire il condominio che abbiamo visto prima, il Centro Direzionale Lucrezia Romana, ma sta diventando una facility management che, a regime, potrà essere a disposizione delle Banche di Credito Cooperativo
stesse.
Passo ora al segmento corporate che raggruppa tutti i prodotti e servizi a supporto delle Bcc nella loro interlocuzione con il mondo imprese.
Parto dalla Banca Corporate e di conseguenza Banca Agrileasing.
Questo progetto, che è stato annunciato da diverso tempo, ha visto il perfezionamento dello spin-off dell’attività creditizia a medio lungo termine
che era presso Iccrea Banca.
Che cosa è passato da un’azienda all’altra? Tutto il finanziamento a favore dell’impresa in quanto tale, escludendo quello che rientra nei crediti speciali che ricordavamo poc’anzi.
Nel contempo la Società è impegnata ad offrire derivati di copertura a
favore delle imprese, offrendo la possibilità di coprire, con operazioni
plain vacilla, i rischi di tasso insiti nelle operazioni di credito; contemporaneamente Iccrea Banca sta invece predisponendo un’offerta per quello che riguarda la copertura sulla clientela retail.
Tutto questo ha l’obiettivo di risolvere alcune problematiche sorte in capo alle Banche di Credito Cooperativo, legate agli IAS e alle segnalazioni di vigilanza.
Nel corporate possiamo evidenziare altre due aree di interesse, una è
il factoring. BCC Factoring è un’azienda partita due anni fa con un periodo di sperimentazione ed ora è entrata a pieno regime su tutto il territorio nazionale. Ha già sviluppato volumi importanti, tant’è che in questi
giorni si è avviata l’istruttoria per l’iscrizione all’elenco dell’ex art. 107
T.U.B..
L’altra attività che volevo segnalare è Nolè la quale opera nell’offerta
del noleggio di beni di piccolo importo e del leasing operativo a favore
delle imprese.
Poi c’è la finanza straordinaria d’impresa. Si parlava prima della necessità di seguire le imprese che crescono: questa è la sfida che il Credito Cooperativo deve giocare nei prossimi anni.
In questo segmento non è strategico il prodotto ma la qualità della relazione e pertanto persone preparate ed in grado di poter interloquire con
le imprese alla pari.
All’interno della Banca Corporate è stata creata questa struttura che
vede la presenza di un team di professionisti altamente qualificato.
Nell’ambito dell’equity il Gruppo ha una sua SGR diventata operativa
due anni fa. Nel 2006, in particolare, BCC Private Equity ha avviato i primi investimenti nell’ambito dei tre fondi gestiti. Questo è un segmento nuovo per Banche di Credito Cooperativo, che porta una particolare visibilità
109
al settore perché va ad assumere partecipazioni dirette nelle imprese.
Colgo l’occasione anche per fare un accenno al MAC: il Mercato Alternativo dei Capitali. Questo nuovo mercato è diventato operativo il 17 settembre scorso e permette alle imprese che, nei loro processi di crescita,
vogliono accedere al capitale di rischio di poterlo fare in maniera semplificata rispetto ad una quotazione normale di borsa.
Tutto nasce a seguito di un’esperienza diffusa prima in Inghilterra, poi
anche in Germania e in Francia, che consente di offrire pacchetti azionari
solo ad investitori istituzionali, pertanto le partecipazioni non vengono
messe a disposizione della clientela retail. Di conseguenza tutto il percorso informativo diventa molto più semplice, perché chi investe sa quello che fa e pertanto non vi è la necessità di mettere in piedi la struttura
informativa occorrente per una normale quotazione in borsa.
Come Gruppo siamo operativi nel ruolo di sponsor.
Lo sponsor che cos’è? Si tratta di quella banca locale che accompagna l’impresa alla quotazione.
La banca locale è la Banca di Credito Cooperativo che non è adeguatamente attrezzata. Tramite Banca Corporate riusciamo a risolvere questo problema.
A breve saremo operativi per l’attività di specialista tramite un particolare accordo con altro operatore di mercato. Lo specialista è l’intermediario che si occupa prima del collocamento e della intermediazione settimanale.
Il terzo segmento è il retail. Retail è tutto quello che va a favore della
persona: persona che risparmia, che consuma e che si assicura.
Anche su questo segmento c’è una particolare attenzione perché sentiamo il bisogno di fare un salto di qualità, sia nell’offerta che nelle quote
di mercato detenute.
Nell’ambito del risparmio gestito voglio ricordare la piattaforma FINV
che ci permette di completare l’offerta di fondi della nostra SGR Aureo.
Questo servizio è gestito da Iccrea Banca, la quale ha perfezionato accordi con i migliori gestori mondiali svolgendo poi anche il ruolo di banca
corrispondente.
In questo modo le Bcc hanno ha disposizioni anche prodotti di nicchia
senza dover effettuare accordi diretti ed evitando così qualsiasi fenomeno di “colonizzazione”.
Sempre sul retail voglio ricordare il marchio Crediper che raccoglie i
prodotti collegati al segmento del credito al consumo.
Questo è un primo progetto di supporto alla banca per lo sviluppo di un
segmento di mercato, tramite un’attività di merchandising predisposta direttamente dal gruppo e messa a disposizione delle banche, che permette alle stesse di scegliere, di volta in volta, se operare finanziando a
rischio proprio o a rischio di terzi.
Devo dire che questa attività ha avuto uno sviluppo notevole, al punto
che cominciamo ad interrogarci se non portare in casa questa attività.
Qui finisce la mia veloce carrellata sulle attività del Gruppo Bancario Iccrea.
Termino precisando che il Sistema d’Offerta sta evolvendo puntando
110
sempre più al servizio ed alla proattività. Abbiamo intenzione, soprattutto
sulle aree nuove (estero, finanza straordinaria d’impresa, il private equity etc) di accompagnare anche le banche nello sviluppo delle loro quote
di mercato.
Questo approccio di mercato viene declinando nell’ambito della missione che il Gruppo Bancario Iccrea si è dato: sostenere e accompagnare le Banche di Credito Cooperativo nello sviluppo di quote di mercato
nell’ambito dei tre segmenti, promuovendo il loro ruolo di interpreti dello
sviluppo del territorio.
E’ necessario che la Banca di Credito Cooperativo sia sempre di più il
punto di riferimento sul territorio, non in un’ottica marginale ma in un’ottica vincente, in un’ottica proattiva.
La Banca di Credito Cooperativo deve essere percepita come un punto di riferimento anche per le operazioni sofisticate e di qualità.
Per crescere in qualità un fattore critico di successo è rappresentato
dalle risorse umane.
A livello di Gruppo sono in atto una serie di iniziative per valorizzare la
squadra e far sì che ci siano persone sempre più consapevoli del loro
ruolo, sempre più a conoscenza di cosa sono le Banche di Credito Cooperativo, quali sono le loro problematicità e pertanto un team di persone
proteso sempre di più al mercato e sempre di più vicino alle esigenze che
le banche sentono e vivono, momento per momento.
111
SECONDO RICCI
Presidente Cedecra
Vice Presidente
Credito Cooperativo Ravennate e Imolese (Ra)
Signori Delegati, il convegno regionale è sempre un momento di formazione, un momento in cui ci aggiorniamo su temi importanti; è un momento di aggregazione e di conoscenza fra i vari consiglieri e ritengo opportuno che valorizziamo queste iniziative.
Spero sia un momento in cui mettiamo sul tavolo non quello che devono fare gli altri – è lo sport in cui spesso ci dilettiamo – ma ragioniamo su
cosa possiamo fare assieme, che è l’aspetto propositivo, secondo me, di
cui abbiamo bisogno nel nostro sistema.
Le Bcc in generale, lo abbiamo visto dai dati, sono brave. Dobbiamo
dirlo. I dati complessivamente sono positivi. Significa che, pur con i limiti
delle Bcc – che a volte Azzi definisce “banchieri dilettanti” – pur da dilettanti, riusciamo ad avere una discreta capacità di gestione, attenzione al
territorio e allo sviluppo dell’economia locale.
Complessivamente, nella media, grandi o piccole che siano le nostre
Bcc, questo dato è più o meno confermato.
Credo però che dobbiamo fare un’analisi più approfondita sull’“egoismo” – lo chiamo così, scusatemi, ma è un termine che mi piace sottolineare – quell’egoismo che spesso viviamo quando parliamo di gruppo.
Siamo bravi, ma siamo egoisti. Siamo bravi per noi, ma non riusciamo
a fare un discorso di gruppo. Facciamo molta fatica.
Non siamo coerenti nei fatti, rispetto a quanto ci raccontiamo ai convegni.
Io, che vivo come altri questa esperienza nelle società del Gruppo, sottolineo il momento di difficoltà che stiamo vivendo. Dobbiamo essere molto onesti fra noi. E’ un momento di difficoltà in cui non riusciamo a crescere, non riusciamo ad essere propositivi.
Questo sia a livello regionale, sia a livello nazionale.
A livello regionale sto pensando, in questo momento, alla questione
della sede della Federazione regionale che non riusciamo a decidere, al
discorso della politica sui territori. Continuiamo a portare avanti la politica delle sovrapposizioni territoriali, credendo di essere uno più bravo dell’altro. Però, non credo che questo sia il futuro per il quale dobbiamo impegnarci.
Non credo che sia questo il nostro futuro, però nessuno ha il coraggio
di mettere la questione sul tavolo e discuterla.
113
Come facciamo a caratterizzare il modello cooperativo e l’identità cooperativa in un territorio, se in quello stesso territorio ci sono 3-4 sportelli
di altrettante Bcc?
Credo che questo sia un problema di cui dobbiamo avere l’umiltà e il
coraggio di discutere. Non credo che dobbiamo fare come hanno fatto i
francesi; i francesi hanno risolto questo problema: hanno fatto una struttura regionale, un’unica Cassa regionale; quindi decide il livello regionale. Sul territorio ci sono delle cooperative che decidono in ambiti limitati
(piccoli fidi, beneficenza, soci, ecc…). Non credo sia questo il modello
che piace a noi.
A mio avviso, credo che di queste cose, dobbiamo parlarne, come dobbiamo parlare delle garanzie incrociate. A due anni dal convegno di Parma siamo ancora fermi a discutere al nostro interno.
Discutiamo di un sistema in cui vorremmo costituire un unico Fondo di
garanzia a livello nazionale, quando sul territorio sappiamo che ci sono
regioni che tendono a fare una politica di autonomia, di concorrenza alternativa al Gruppo.
Come pensiamo di realizzare le garanzie incrociate assieme a chi ci fa
concorrenza? Facciamo due modelli?
Questi sono i temi sui quali è necessario, secondo me, come gruppo
dirigente, avere un po’ più di umiltà nel non dire sempre, come siamo abituati a fare, cosa devono fare gli altri. Proviamo a dire cosa vorremmo fare noi.
Stiamo ipotizzando un aumento di capitale dell’Holding. Il prossimo anno dovremo affrontare la questione, se partecipiamo all’aumento e come
partecipiamo ma, secondo me, dovremmo parlare anche di regole di
gruppo.
È impensabile che continuiamo a parlare di gruppo, perché è questo il
tipico ragionamento che facciamo nei convegni, ma il gruppo presuppone un minimo di regole. Teniamole pur aperte quanto volete, ma è impensabile, in qualsiasi impresa, di qualsiasi gruppo che svolge attività in
sinergia, in sintonia con gli azionisti, che i partecipanti non si diano un minimo di regole.
Non credo che tutte le difficoltà o le colpe le vogliamo dare al gruppo
delle società centrali; se noi non le dotiamo di un minimo di regole, queste società faranno sempre fatica a svolgere la loro attività.
Dico spesso al buon Roberto Mazzotti, che oggi svolge un importante
ruolo di supporto a favore di tutti all’interno del Gruppo che, chiunque di
noi, se venisse chiamato al ruolo di presidente o di direttore del gruppo
ICCREA, dove ognuno è libero di fare quello che vuole, secondo me farà sempre brutta figura.
114
GIULIO MAGAGNI
Presidente della Federazione
delle Banche di Credito Cooperativo
dell’Emilia Romagna
Cercherò di essere rapido, anche se non so se ci riuscirò.
Partirei da alcune considerazioni sulla carrellata di attività che vi ha
proposto Roberto Mazzotti.
Intanto quelli non sono sogni nel cassetto ma sono tutte attività avviate e stanno andando avanti.
Sono frutto di un grosso lavoro, non solo di tipo tecnico ma anche di
governance del sistema.
Abbiamo, in questo anno e mezzo, cercato, insieme con le società del
gruppo, di creare un rapporto di collaborazione intrecciato, attraverso i tavoli dei presidenti e i tavoli di direzione, per vedere di mettere a frutto tutte
le esperienze ma soprattutto le difficoltà e i problemi da risolvere insieme.
Abbiamo cercato di lavorare come gruppo, cercando di essere una
Holding con tante società che lavorano tutte per un unico scopo, che è
quello di creare valore per le Banche di Credito Cooperativo.
Questo è stato uno sforzo enorme perché, come diceva il presidente
Ricci prima, il nostro è un mondo che non ha regole. Per fare quello che
gli altri fanno in un giorno noi ci mettiamo un anno.
Ma non è perché siamo degli incapaci. Non siamo meno bravi del Crédit Mutuel, abbiamo solamente un problema: per decidere di spostare
una porta dobbiamo chiedere almeno a 400 persone, poi ad altre 400, e
quindi il tempo ovviamente si dilata.
Questo è un punto di debolezza per chi fa impresa. Dico spesso che
bisogna tenere separate le due cose. Una cosa sono le Banche di Credito Cooperativo che lavorano sul territorio come cooperative, con tutte le
peculiarità del credito cooperativo.
L’altra sono le società che le Banche di Credito Cooperativo si sono date. Sono delle fabbriche, sono società che devono produrre valore.
Qualunque impresa produce valore solo se è efficiente e l’efficienza la
si trova già subito nella decisione. Metterci mesi per decidere le cose, o
per convincere di fare cose, è fuori luogo.
Come è anche difficile mettere in piedi delle attività, o dare delle risposte, se non c’è il capitale.
Noi dobbiamo fare una riflessione su questi temi. Questo vale per le società del Gruppo ma vale anche per la Federazione regionale.
115
Senza capitale, senza sostegno, queste strutture fanno fatica ad andare avanti. Noi oggi abbiamo la necessità di capitalizzare la capogruppo.
Il prossimo anno verremo a chiedere l’aumento di capitale, ma l’aumento di capitale che verremo a chiedere è basato su un criterio diverso.
Verremo a chiedere capitale per fare quei progetti, definiti dal punto di
vista tempistico, definiti per quanto riguarda i costi, con un percorso in cui
le banche potranno chiedere, di giorno in giorno - anche perché arriveremo a mettere su rete le attività che il gruppo bancario fa - in modo che
tutti potranno, con trasparenza, vedere quello che si fa.
Noi vogliamo essere controllati dai nostri azionisti, che sono le Banche
di Credito Cooperativo, però vogliamo anche che le Banche di Credito
Cooperativo credano nel Gruppo.
Oggi in Italia ci sono tre Gruppi. C’è Iccrea Holding, c’è la Cassa Centrale di Trento e la Cassa Centrale di Bolzano.
Io non so fino a che punto sia intelligente, a prescindere dalle peculiarità che ognuna delle due Casse hanno sul proprio territorio, che questi
gruppi si facciano concorrenza fra di loro.
Io non credo che la concorrenza debba essere interna. Siamo già piccoli se uniti, figuriamoci separatamente.
Io penso che la concorrenza debba essere quella di Unicredit o Banca Intesa. Noi dobbiamo cercare un modo per lavorare insieme senza
farci concorrenza, ognuno con le proprie caratteristiche e con le proprie
peculiarità.
Però disperdere energia non serve, è solo un’entropia che aumenta e
che non serve a niente. È dissipazione dell’energia.
Così vale anche per il sistema informatico. Non è attraverso la concorrenza interna che si crea efficienza sul sistema informatico, anzi, noi
sperperiamo decine e decine di milioni di euro sull’informatica per avere
sistemi che, alla fine, non sono del tutto efficienti perché non è che allo
stato attuale un sistema brilli per efficienza sugli altri.
Penso che avere un sistema informatico unico del credito cooperativo
aiuterebbe molto, e potrebbe essere anche un sistema nuovo, più moderno ed efficiente di quelli esistenti.
Con quello che spendiamo oggi possiamo benissimo fare un percorso
di questo tipo, con i tempi necessari.
Penso che siano tutti discorsi da mettere in campo. Soprattutto, ripeto,
il discorso dell’aumento di capitale è un discorso essenziale. Senza capitale non si riesce a fare attività di sostegno alle banche.
Penso solamente alla “banca corporate”.
Già oggi Agrileasing ha un assorbimento di capitale pesantissimo per
dare risposte alle banche. Se vogliamo che la “banca corporate” dia un
servizio e quindi dia risposte, è necessario capitalizzarla.
Tenete presente che un anno fa eravamo partiti con l’idea di fare alleanze di tipo finanziario con un gruppo importante. Abbiamo scelto, perché forse non eravamo ancora maturi per fare cose di questo tipo, di non
farlo. Però c’era stato l’impegno che noi eravamo in grado di capitalizza-
116
re la banca corporate e le nostre strutture, senza bisogno di cercare capitali esterni.
Spero che questa promessa, questa affermazione, venga mantenuta,
perché sinceramente io non vorrei, nei prossimi mesi e nel prossimo anno, andare alla questua. Non sono abituato e non vado alla questua. O ci
crediamo e facciamo l’aumento di capitale, oppure rimaniamo così come
siamo, ma così facendo non creiamo efficienza alle nostre banche.
Molte volte - lo diceva prima Ricci - bisogna toglierci dal discorso dell’autonomia, quell’autonomia esasperata. Non credo che qualche regola
in più metta a repentaglio la nostra autonomia.
In qualunque circolo (sportivo o di altro genere), ci sono delle regole da
rispettare, magari minimali, altrimenti ti sbattono fuori.
Noi dobbiamo iniziare a imparare le regole. Non che quando ci va bene ci stiamo e quando non ci va bene non ci stiamo. Altrimenti si allungano i tempi perché, per convincere tutti, bisogna sempre rimettere in
campo tutto e si ricomincia daccapo.
Io non mi sento limitato se qualche regola in più ci consente di fare
qualche passo in avanti.
L’importante è che le Banche di Credito Cooperativo continuino ad essere a democrazie diffusa, che continuino a fare attività sul territorio, che
possano dare sostegno ai soci, che possano fare quello che è nella loro
natura, ma qualche regola di appartenenza ad un sistema, a un movimento, è necessaria e fondamentale. Altrimenti, non possiamo andare avanti.
Io vivo in prima persona questo fatto, tutti i giorni; ma non basta lavorare 20 ore al giorno, o mettere in piedi i progetti se poi chi deve sostenerli non li sostiene.
È inutile mettere in piedi prodotti che poi non vengono utilizzati dalle
Bcc, che poi, avendone necessità, li vanno a prendere dalla concorrenza, molte volte pagandoli di più, credendo di essere più furbi degli altri.
Non è così.
Oltretutto il Gruppo Bancario è una cosa nostra. Bisogna pretendere
che funzioni, che dia “risposte”, ma bisogna sostenerlo. Penso sia nell’ambito di questa logica, che vada visto il prossimo aumento di capitale.
Ritengo che oggi ci siano i presupposti e tutto quello che serve per poter sostenere un aumento di capitale in modo trasparente.
Penso che queste siano riflessioni che faremo e faremo ancora. Forse
la parola chiave - lo diceva prima Ricci - è “egoismo”.
Non siamo più furbi degli altri e probabilmente, se tutti insieme utilizziamo il nostro network e lo facciamo funzionare in modo giusto, possiamo ottenere economie di scala ma sopra tutto non diamo il nostro cliente in mano ad altri.
Questo non è essere furbi, uno 0,0 non ci cambia la vita. Il nostro sistema deve funzionare per far sì che questo dia la possibilità alle banche
di avere la certezza che quel prodotto sia il migliore, però prodotto nel
proprio ambito, e i clienti rimangono nel nostro mondo.
Vorrei adesso parlare del piano di sviluppo della Federazione, che non
è “Piano di Sviluppo” perché non lo abbiamo ancora formulato nella sua
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interezza, sono le linee guida che dovranno essere il filo conduttore della stesura del nuovo Piano Strategico della Federazione.
Queste sono state approvate sia dal Comitato Esecutivo che dal Consiglio di Amministrazione. Sono basate su una serie di premesse, che un
po’ abbiamo sentito anche in questi giorni, e che dovremmo prendere in
considerazione sempre di più nel prossimo futuro.
Il nuovo piano del 2008-2010 della Federazione Emilia Romagna dovrà assumere come scenario i mutamenti intervenuti nel settore bancario in questo triennio e, in particolare, prendere atto dei cambiamenti intervenuti nello scenario economico internazionale tra i quali: l’avvento
dell’euro, il ritorno di forti concorrenti sui mercati locali, l’aumento dei
prezzi, l’esplosione normativa.
Vorrei sottolineare che sui nostri mercati locali oggi la concorrenza si
fa più spietata non solo da un punto di vista numerico o dal punto di vista del prezzo, ma soprattutto sull’imitazione.
I grandi gruppi bancari, specialmente alcuni, stanno cercando di scimmiottare il nostro modo di fare banca sul territorio. Questo può essere pericoloso più che il “prezzo” perché vengono a minare le nostre peculiarità.
Noi dobbiamo fare una riflessione e pensare di rivisitare o di rivedere
il nostro stare sul territorio come Banche di Credito Cooperativo e farci
anche una domanda: stiamo sul nostro territorio come Banche di Credito Cooperativo, o siamo usciti da questo percorso?
Penso che se noi ci omologhiamo agli altri facciamo il solo gioco di
questi gruppi, e quindi diventa importante, come Federazione, creare un
percorso di identità del credito cooperativo.
Uno dei punti del Convegno Nazionale di Parma era la “Formazione
Identitaria” e penso che mai come oggi noi abbiamo bisogno di formazione identitaria. I nostri direttori e i nostri amministratori devono essere
consapevoli che sono amministratori di Banche di Credito Cooperativo
che sono diverse “differenti per forza”. È il nostro slogan. Solo nella diversità noi riusciremo a fare muro contro questi gruppi.
Se andiamo a fare una battaglia sul prezzo siamo perdenti in partenza. Non c’è gruppo bancario che tenga, non c’è concorrenza interna che
tenga, noi saremo perdenti in partenza.
Su questo fattore dobbiamo ragionare molto e penso che una grossa
fetta del nostro piano andrà in questa direzione.
Il caso dell’Emilia Romagna è oggetto di un’analisi attenta e di un focus
specifico che prende in esame i processi di adeguamento del sistema imprenditoriale e delle piccole e medie imprese e, più in generale, del modello economico e produttivo emiliano romagnolo e della sua evoluzione.
In tale contesto, cuore del piano è l’analisi circa il ruolo del settore del
credito, e in particolare del credito cooperativo, relativamente alla capacità di sostenere l’evoluzione di tale modello e di contribuire affinché il
rapporto tra banca e impresa si trasformi sempre di più in fattore di competitività, anziché di un vincolo.
Il futuro, per le nostre aziende, si gioca nella doppia capacità di comprendere i mutamenti ed essere in grado di far fronte alle nuove necessità.
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Spetta a noi, spetta alla nostra capacità di essere “sensori attenti”, con
le antenne sempre diritte sul territorio, e spetta al Gruppo Bancario essere in grado di recepire da questi sensori i bisogni delle Bcc.
È un connubio continuo perché le Banche di Credito Cooperativo da
sole, anche le più grandi, non possono essere competitive sul mercato. Senza il Gruppo e senza la Federazione regionale, senza la Federcasse, questo sistema si sgretola. Però è chiaro che il primo sensore, quello che deve cogliere i mutamenti, quello che deve cogliere le
necessità e i bisogni, sono le stesse Banche di Credito Cooperativo sul
territorio e, attraverso questo, poi dare la possibilità di realizzare quello che serve.
Faccio una parentesi: in questi quasi due anni in cui è partita l’Area
Mercati, quella struttura all’interno della Holding che permette di avere un
continuo rapporto fra le Bcc e le società del gruppo, si stia rivelando
un’intuizione importantissima, perché oggi riusciamo a capire veramente
quali sono i bisogni delle banche in funzione delle reali necessità.
Quindi non si fanno più prodotti tipo “supermercato”, ma si costruiscono prodotti che servono realmente alle banche e sono specifiche risposte di reali necessità. Io l’ho sempre definita una CRM vivente. Bisognerebbe che si arrivasse ad avere una CRM continua fra cliente - banca,
banca - società del gruppo, in modo tale da avere la conoscenza dei bisogni in modo continuativo.
Anche questa diventa una cosa importante.
Due mesi fa c’è stato un convegno sull’estero e su come il credito cooperativo è presente sull’estero, sull’accompagnamento delle imprese
all’estero.
Da un’analisi svolta dalla Banca d’Italia, presentata dalla dott.ssa Tarantola, è venuto fuori che il credito cooperativo all’estero è pressoché
inesistente.
Questo vuol dire che noi perdiamo una grossa fetta del nostro mercato perché oggi le nostre imprese difficilmente hanno bisogno di avere rapporti con l’estero.
Stiamo mettendo in piedi un progetto, insieme a Iccrea Banca. Pensiamo che a breve - non vi so dire quando ma entro la fine dell’anno - riusciremo a dare delle risposte per le attività verso l’estero dei clienti delle
Banche di Credito Cooperativo.
Creare capacità tecnologica, innovazione dei processi e dei prodotti.
Anche questo è un elemento importante (lo diceva anche il Presidente
Ravaioli). C’è bisogno sempre di più di creare rapporti con le università,
con i centri dell’intelligenza nazionale. Un paese che non fa ricerca è una
paese che muore.
Credo che il credito cooperativo, proprio per la sua peculiarità del vivere sul territorio, debba aiutare la ricerca.
Un tempo c’era la ricerca artigiana. Molte delle nostre aziende nascevano per l’intuizione e per la capacità di produrre innovazione da
parte del gestore. Oggi c’è bisogno di creare percorsi di grossa e profonda ricerca.
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Il nostro sistema deve riflettere con attenzione. Come le Bcc possono
diventare in grado di fornire nuovi e migliori servizi, curare la gestione dei
clienti e depositanti, dare risposte all’indebitamento delle famiglie?
Sono domande che dobbiamo porci anche perché dobbiamo capire
quali sono i bisogni delle famiglie e della gente sul territorio.
Il sistema delle Bcc emiliano romagnole negli ultimi anni ha registrato
risultati positivi, anche in un periodo caratterizzato da scandali finanziari.
Si è proposto come interlocutore affidabile, con un proprio sistema di
valori e fortemente legato alla comunità locale.
Dovrà ora confermare la propria identità e missione, consolidando i risultati conseguiti, fidelizzando la propria clientela, mirando alla sua rinnovata soddisfazione, usufruendo del vantaggio competitivo storico rispetto alle banche di media o grande dimensione.
Ciò comporta il rafforzamento dei propri fattori critici di successo, distintivi rispetto alla concorrenza, la capillarità della rete, la competitività
sui prezzi, la gamma di offerta, la qualità del personale, la capacità di comunicazione.
Qui, ripeto, il ruolo delle Federazioni e il ruolo del Gruppo Bancario sono fondamentali. Prima ho accennato agli scandali finanziari.
Pensate che oggi, attraverso i Fondi di Garanzia dei Depositanti e degli
Obbligazionisti, ci siamo posti di fronte ai nostri clienti con qualcosa di più.
Faccio un accenno alle garanzie incrociate e al fondo istituzionale.
Penso che questo lo si debba vedere come una forte opportunità. Il fatto di mettere in piedi le garanzie incrociate e di metterci di fronte a un sistema autogarantito, che garantisce il depositante del credito cooperativo ma, nello stesso tempo, ci dà la possibilità di uscire come gruppo con
un rating ed essere visti in modo diverso dall’esterno, sia fondamentale.
Ci si sta lavorando da due anni. Bisognerebbe che tutti facessero una
profonda riflessione.
Non ci possiamo presentare di fronte alla vigilanza, di fronte alla Banca d’Italia, ma anche di fronte all’esterno, con due fondi, o con fondi diversi, o con metodologie diverse.
Bisogna che, uniti – perché anche in questo caso essere uniti in un
aspetto di questo tipo è fondamentale per essere visti come gruppo –
dobbiamo presentarci con un unico modello.
Anche in questo non dobbiamo inventare nulla perché ci sono già
esperienze a livello europeo. Il fondo che utilizzano in Germania funziona. Occorre fare, forse, alcune modifiche, alcuni adattamenti alla nostra
peculiarità ma non c’è nulla da inventare. Occorre solamente crederci.
Qui torna in ballo l’autonomia e la paura di essere controllati.
Questi cambiamenti devono essere attuati anche a grazie a migliori e
più adeguate sinergie con il sistema imprenditoriale del Gruppo Bancario, in una logica di rete che persegue nel contempo più efficienza, migliori prodotti, economie di scala, incrementi di produttività e la creazione
di migliori assetti organizzativi.
Un gruppo bancario che deve essere sempre più in grado di dare prodotti al prezzo giusto, col tempo giusto e al momento giusto.
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E anche creando economie di scala – Mazzotti, in un passaggio, ha
parlato di BCC Solution – BCC Solution è un esempio di questa ricerca
di economie di scala.
Questa società nasce per creare economie. È una “facility management” che dovrà creare economie di scala. E le sta già creando perché,
da quando è nata, abbiamo già risparmiato parecchi milioni di euro, solamente facendola funzionare.
Questo è valore che viene dato alle banche, quindi l’efficienza si riesce a creare nel momento in cui si crea la possibilità di mettere in piedi
i progetti.
La crescita delle quote di mercato avvenuta in questi anni ha determinato un aumento della rischiosità complessiva anche in ragione delle migliori possibilità di diversificazione per comparti e territori, connaturata alla natura localistica delle nostre aziende e quindi a una maggiore sensibilità del rischio degli scenari.
Ciò pone il problema di un’azione forte e decisa nella direzione della
definizione di organiche e complete politiche di rischio che prevedono
una gestione non solo ex post, ma anche ex ante.
Lo sforzo di analisi e di individuazione delle linee di adeguamento al
cambiamento del sistema del credito cooperativo emiliano romagnolo
assume in premessa la compartecipazione al disegno globale di rinnovamento del sistema di credito cooperativo italiano che, nella convention
di Parma, ha individuato i progetti guida per i prossimi anni, focalizzandoli in tre grandi strategie: la creazione del fondo istituzionale, di cui dicevo prima; il progetto identitario e la ridefinizione e la valorizzazione del
marchio.
Teniamo presente la formazione. La Federazione regionale in questi
anni ha speso moltissimo in formazione. Stiamo facendo un percorso di
questo tipo anche a livello di Gruppo.
Abbiamo fatto partire l’alta formazione dei dirigenti del Gruppo Bancario, alla quale hanno partecipato i più alti dirigenti di tutte le società del
Gruppo Bancario, tutti in un unico momento formativo, proprio per avere
tutti un unico indirizzo, un’unica visione, un’unica capacità di capire le
problematiche delle banche.
Abbiamo fatto fare un assessment di gruppo per circa un centinaio di
dipendenti, dirigenti e quadri, e ci siamo accorti che molti di questi non
hanno mai visto una Banca di Credito Cooperativo, ed è chiaro che questo non aiuta. Occorrerà nei prossimi anni fare in modo che queste persone vadano dentro le Banche di Credito Cooperativo a fare degli stage
per parlare la stessa lingua del credito cooperativo.
Dovremo fare degli stage. Chi ha responsabilità all’interno del gruppo
deve fare almeno quattro mesi all’interno di una banca. Realizzeremo anche questo percorso, sempre nell’ambito dell’identitarietà.
Non credo che molti dipendenti del Gruppo Bancario – non per colpa
loro ma per colpa nostra – sappiamo come funziona il credito cooperativo. Bisogna che tutti lo sappiano. Tutti devono sapere che differenza c’è
fra noi e i nostri competitors.
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L’altra è la valorizzazione del marchio. Il nostro marchio oggi è diventato veramente qualcosa di importante. Ormai noi facciamo la campagna
di comunicazione istituzionale tutti gli anni.
Dai sondaggi emerge che il nostro marchio, le due C, il credito cooperativo, è conosciuto dalla stragrande maggioranza degli italiani. Oggi questo marchio ha un valore. Per avere il marchio bisogna rispettare delle regole perché se qualcuno non fa credito cooperativo non è giusto che si
avvantaggi del marchio.
Abbiamo condiviso tale progetto a Parma. Siamo interessati a dargli
immediato sviluppo e a partecipare alla definizione concreta, tecnica e
operativa, necessaria per avviarlo. Siamo vicini alla presentazione del
progetto in Banca d’Italia.
Ci sono ancora cose da affinare sicuramente però la cornice e la struttura, sono state fatte, l’impalcatura è fatta.
La nostra regione, la nostra classe dirigente, in modo pressoché continuativo ha condiviso e condivide responsabilità di guida del sistema.
Attualmente abbiamo la responsabilità di guida della Holding in una fase che, come abbiamo visto, è gravida di sostanziali ed enormi cambiamenti. Si tratta di un compito impegnativo e responsabilizzante che non
è facile, né è scontato.
Questo comporta un impegno importante.
I cambiamenti sono sempre difficili e lo sono ancora di più per noi che
tradizionalmente esprimiamo comportamenti ricchi di esperienze di successi e, come tali, assai prudenti nelle trasformazioni.
Non è che, perché se le cose vanno bene, non bisogna cambiarle. Oggi vanno bene perché ci sono stati dei presupposti e in questo momento
stanno ancora andando bene.
Bisogna prepararci per il futuro.
Di solito si riesce meglio a progettare e a mettere in piedi una strategia quando si ha tranquillità, quando si hanno disponibilità economiche e
quando ci si può fermare un attimo a riflettere e, se ci si sbaglia, si può
tornare indietro senza pregiudicare nulla. Se si agisce con l’acqua alla
gola basta un errore e si annega.
Oggi dobbiamo prepararci per affrontare il futuro.
Non sarà un futuro semplice. I grossi gruppi italiani, non ci vogliono bene. Non ci vuole bene nessuno.
Non ci vogliono bene a livello europeo, dove stanno cercando di toglierci le peculiarità tipiche della cooperazione, mettendo in discussione
la fiscalità.
Non ci vogliono bene i grandi gruppi. Vedo e constato, anche in ambito ABI, che c’è un distacco fra noi e il resto del sistema bancario anche
perché ormai siamo diventati scomodi.
Proprio perché non siamo più visti così benevolmente, dobbiamo prepararci a forti pressioni da parte dei gruppi bancari.
Teniamo presente che quasi tutti vengono a pescare nel nostro orticello. Allora, o riusciamo a recintarlo bene, a proteggerlo, oppure ce lo vedremo succhiare piano piano.
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Tuttavia oggi il rischio dell’involuzione e di un’implosione nel nostro sistema, dopo i successi di questi anni, è uno scenario possibile, da non
sottovalutare.
La critica, spesso legittima e corretta, rispetto alle performance, qualità e rapidità dei servizi delle nostre aziende centrali induce una fuga da
tali servizi e, in fondo, una deresponsabilizzazione dell’intero sistema.
Si tratta, in sostanza, di un atteggiamento autolesionista che determina un vero e proprio circolo vizioso, a discapito delle stesse società che
abbiamo voluto e capitalizzato, come ho detto prima.
Non sono per proporre un’obbligatorietà dell’utilizzo delle società del
gruppo. Penso che debba essere parte di noi utilizzare le società del
gruppo e pretendere che le società del gruppo diano i servizi.
Però bisogna anche essere consapevoli che queste società vivono un
difetto, che è quello di non avere un padrone diretto, cioè colui che chiede i risultati. Sono le banche che devono chiedere i risultati ma bisogna
partecipare alle assemblee e pretendere che le cose vengano fatte.
Non è un mondo senza responsabilità. La responsabilità deve essere
chiesta dai proprietari. All’ultima assemblea della Holding nessuno è intervenuto. E tutti: “Complimenti. Nessuno è intervenuto”. Non va bene!!
Qualcuno deve avere per forza qualcosa da dire, in positivo o in negativo.
È in quella sede che si manifesta la propria opinione, positiva o negativa. E’ sbagliato non partecipare. Si deve esercitare la critica. Se chi sta
governando, sia da un punto di vista di governance che da un punto di vista tecnico, non è capace, va cambiato.
Non esiste nessuna attività dove non c’è un’assunzione di responsabilità diretta dei risultati. Solamente se si esercita la proprietà si possono
pretendere queste cose.
E la proprietà la si esercita solo partecipando in maniera attiva e non
passiva alle assemblee. Siamo tutti azionisti.
Lo sforzo che è in atto per razionalizzare e cambiare le nostre fabbriche
è fortissimo e non è privo di ostacoli. Oggi la nostra regione, con la sua
classe dirigente, è impegnata in un processo di trasformazione strutturale.
Questa sfida ha bisogno di un sistema unito, che condivida non solo le
parole e le strategie definite. Per fare ciò è necessaria anche la capacità
di rinunciare a pezzi delle proprie soggettività, anche se tale sforzo è
comprensibile, complesso e difficile.
Voglio fare un esempio. Non è possibile che ci si perda un anno e mezzo per scegliere se fare la sede della Federazione nuova o no.
Non è possibile. Anche perché non sono scelte che vengono dettate
per “pruriti” o “megalomanie”, ma per esigenze reali di lavoro, di attività.
Quando è necessario decidere e non si può rimettere in discussione
tutte le volte, quello che si è detto la volta precedente. Occorre essere
concreti.
La nostra regione, a tale proposito, ha sempre avuto uno storico ruolo di
mediazione a cui non ha affatto rinunciato. Pur tuttavia la mediazione non
può voler dire rimanere fermi e non decidere, perché un tale stato di cose
ricadrebbe duramente, con effetti perversi sul nostro prossimo futuro.
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Tra i principali ambiti di evoluzione delle attività già in essere, sia associative che di servizi, riteniamo prioritario il potenziamento dell’Internal
Audit. Oggi quasi tutte le nostre banche, le 24 Bcc, tranne una, utilizzano
il servizio di Internal Audit della Federazione regionale.
In più incontri con la Banca d’Italia emergeva che il servizio era sottodimensionato, lo era ancora quando mancavano almeno quattro banche,
tra cui alcune di un certo peso, quali la Ravennate Imolese, Forlì e altre.
Con l’ingresso di queste banche siamo, ovviamente, ulteriormente sottodimensionati perché le ore/uomo per fare audit sono in funzione del numero di dipendenti.
Quindi sarà necessario potenziare questa attività, che diventa sempre
più importante per le banche.
Il progetto Outsourcing. 3-4 anni fa venne realizzato un progetto dal
prof. Simonetto per vedere cosa si poteva esternalizzare da parte delle
banche e poi, purtroppo, per motivi vari (informatica ed altro) non siamo
riusciti a realizzarlo.
Oggi è necessario farlo partire facendo sì che l’outsourcing di certe attività sia fattibile per sgravare e togliere alle banche quelle attività che non
sono il loro core business, che fanno solamente creare degli ulteriori costi attivando così economie di scala.
Il progetto Corporate. Il presidente Ravaioli prima diceva che non abbiamo realizzato una società di secondo livello, e quindi speriamo nelle
società del Gruppo.
Noi, come Emilia Romagna, siamo stati un momento sperimentale di
creazione di una struttura corporate distaccata della Holding. Cioè attraverso la Holding vorremmo portare sul territorio un’attività corporate in
Emilia Romagna per essere sempre più vicini alle Banche di Credito
Cooperativo.
Lo facciamo in Emilia Romagna ma lo andremo a fare in tutte le regioni.
Anche questo è un progetto già avviato e stiamo andando avanti.
Le linee guida del nostro piano si basano su tre ambiti, in definitiva. Un
ambito che vede la Federazione come soggetto associativo con funzioni
di rappresentanza, con le funzioni che riguardano la rappresentanza di
lobby, la rappresentanza sindacale e di coordinamento.
La Federazione che eroga servizi, che sono sempre considerati associativi, che possono essere, ad esempio, la vigilanza sul Fondo di Garanzia dei Depositanti, attualmente, e degli Obbligazionisti, nonchè tutto
quello che serve per gestire i rapporti con le istituzioni all’esterno.
Quindi una Federazione che fa questo tipo di attività.
Anche in questo caso stiamo ragionando per vedere se queste attività,
che sono comuni a tutte le Federazioni possono essere messe in comune. Penso, ad esempio, ad alleanze fra Federazione, allo scopo di mettere in comune attività con Federazioni vicine.
Pensiamo, ad esempio, all’attività legale, fiscale, ed altre.
Stiamo in questa direzione prendendo contatti con la Lombardia, con
la Toscana e le Marche.
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Anche queste sono sinergie.
Ci sarebbero tante altre cose da dire su quello che bisogna fare come
Federazione.
Le nuove normative ci obbligano a mettere in piedi una serie di attività
che le singole banche, prese unitariamente, non potrebbero mai fare.
Attraverso la Federazione potremo, ancora una volta, creare un supporto importante. Penso alla Compliance, penso alla MiFID e penso anche alla gestione della 231, e di una serie di altre attività che stanno venendo fuori.
La Federazione assumerà sempre di più su queste tematiche un ruolo
determinante. E questo è il punto fondamentale ed anche il motivo per cui
c’è bisogno di guardare a una strutturazione più importante anche dal
punto di vista logistico della Federazione.
Dobbiamo pensare a una Federazione che farà sempre maggiore attività per le banche. La Federazione diventerà sempre di più un punto di
snodo fondamentale per le attività delle banche, sia per l’attività di supporto diretto che per l’attività di supporto indiretto, tipo gestione di Outsourcing o attività di questo tipo.
Per concludere vorrei solo fare un appunto: penso che oggi sia importante per tutti prendere coscienza che senza le strutture di secondo livello, il credito cooperativo non ha futuro.
Occorre farle funzionare, sia per quanto riguarda le Federazioni, sia le
strutture delle società prodotto.
Bisogna farle funzionare e spetta a noi farle funzionare perché è inutile che parliamo sempre come se parlassimo di altri.
Per fare un mestiere bisogna anche saperlo fare. Non ci si improvvisa
a fare un certo tipo di attività.
Quindi, o si fanno percorsi formativi, si cresce, si capisce quello che si
fa o, se no, si diventa pericolosi.
In un mondo complesso – e questo è un mondo complesso – se non
si ha la cognizione di quello che si fa, si fanno dei danni.
Allora bisogna che capiamo tutti che oggi noi stiamo entrando, come
credito cooperativo, in un mondo complesso, un mondo che ha bisogno
di approfondimenti.
Non ci si può basare sul pressappochismo, sul qualunquismo e, molte
volte, l’incompetenza. Questo atteggiamento non paga.
Allora, dobbiamo capire che abbiamo bisogno di fare un salto di qualità, tutti (tutti, perché la qualità parte dall’alto) e probabilmente anche
i nostri collaboratori, vedendo maggiore qualità in noi, acquistano più
fiducia.
È necessario quindi prendere coscienza di questo. Noi, come Federazione, stiamo facendo uno sforzo enorme, mettendo in piedi corsi di formazione, corsi per far crescere i nostri amministratori e soprattutto quelli che entrano a far parte, come nuove leve, del nostro mondo.
In questa attività devo ringraziare i miei tre vice presidenti perché, col
fatto che vivo quasi più a Roma che a Bologna, mi hanno aiutato moltissimo in questo percorso, ognuno nel loro ambito.
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Posso dire che siamo riusciti a creare veramente una squadra. È una
squadra perché ognuno ha un ruolo e ci si fida reciprocamente e quindi
a volte non c’è bisogno neanche di dirci le cose. Le si fa! Le si fa ognuno
nell’ambito del proprio ruolo e delle proprie capacità. Io faccio da coordinatore, ma è una squadra.
Mi dispiace che molte volte sfugga questa voglia di fare squadra anche
a livello di presidenti, di gruppo. Molte volte la trasparenza, il parlarsi, il
credere e darsi fiducia, aiuta tutti a creare qualcosa di positivo.
Nascondere, cercare di mediare a ogni costo, o di trovare sotterfugi,
non serve. È molto meglio essere diretti e trasparenti ma soprattutto avere stima uno dell’altro.
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TAVOLA ROTONDA
“Piccole e Medie Imprese. Bcc e Confidi:
ruoli e sinergie”
Moderatore
Giorgio Costa
Giornalista - Caposervizio
“Il Sole 24 Ore - Centro Nord”
Tino Vaccari
Responsabile nazionale
Area Credito Confartigianato
Gabriele Morelli
Segretario
CNA Emilia Romagna
Marcello Rossetti
Presidente Giovani Industriali
Unionapi Emilia Romagna
Patrizia Frabetti
Responsabile Consorzio Fidi
Unioncamere Emilia Romagna
Emanuel Danieli
Direttore
Fidindustria Emilia Romagna
Roberto Mazzotti
Vice Direttore
Iccrea Holding
Moderatore
Signore e signori buongiorno. Ringrazio la Federazione delle Banche
di Credito Cooperativo, in particolare il dott. Quadrelli e l’ing. Magagni,
della fiducia accordatami per la gestione di questo incontro.
Incontro che si svolge in una città davvero bella, come avete visto, in cui
credo che un italiano si senta un poco a disagio se pensa alla disorganizzazione di casa sua, alla drammatica e perdurante assenza, mi sentirei di
dire, di una Pubblica Amministrazione che sia degna di questo nome.
Una Pubblica Amministrazione di cui si avverte il peso, anche solo passeggiando nello splendido parco alle nostre spalle, che è un esempio
davvero incredibile di come una cosa pubblica resti tale. Forse in Italia le
rose che lo abbelliscono sarebbero sparite in una notte e nessuno sopporterebbe l’idea di sentieri e strade riservate a pedoni e biciclette, bici
che si possono noleggiare con una semplice carta di credito.
Uso questa immagine del giardino come premessa per agganciarmi
subito al tema di oggi e dire che fare impresa in Italia continua ad esse-
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re di una difficoltà disarmante, quasi come tenere in ordine una città o un
parco pubblico (a Bologna, superando la soglia del ridicolo, si è addirittura giunti al punto di proporre un’authority deputata ai giardini Margherita, chiara ammissione che i vigili urbani non bastano). Nei giorni scorsi
ero a Rimini a moderare un incontro in tema di imprenditorialità turistica
e l’Assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna, con molto coraggio, ha commissionato una ricerca sullo stato reale dell’economia turistica; ricordo a tutti che il turismo in Emilia-Romagna vale dal 16 al 20%
dell’economia, non stiamo parlando di una cosa da poco.
Bene, continuiamo a dire che le cose vanno bene perché le presenze
aumentano, perché gli arrivi tengono, ma in realtà la sensazione era che
non tutto andasse proprio per il meglio. La ricerca mette a confronto - ed
è questo l’elemento interessante - tre sistemi turistici: riviera adriatica,
Catalogna, Costa Azzurra e Provenza e alla domanda: “cosa ostacola
lʼandamento e la realizzazione dellʼimpresa, o che cosa, per contro, la favorirebbe”, l’85% degli imprenditori intervistati dice una fiscalità più leggera (ed è ovvio), ma il 63% chiede meno burocrazia. Non c’è nessun altro sistema turistico tra quelli esaminati che indichi questo della burocrazia come un problema. Io credo che questo sia un tema che continua ad
essere di importanza capitale per il “sistema-Italia”. Un sistema che, al di
là dei vari annunci su sportelli unici e semplificazione, continua a vivere
la burocrazia come un inciampo e continua a non sentire la cosa pubblica come realmente tale.
L’altro elemento che si evince dalla ricerca – e ci avviciniamo sempre
di più al tema di oggi – è quello degli investimenti e, un dato di rilievo per
chi dà credito alle imprese, della redditività degli investimenti stessi. Ebbene, un euro investito in beni immateriali in Spagna produce otto euro,
in Francia sei e in Italia soltanto uno. Se poi si va a vedere la redditività
finale dell’impresa, se le imprese dichiarano il vero – perché si sa che sul
fronte fiscale è difficile dire quello che effettivamente succede – la redditività in Italia è pressoché nulla. Per non dire che il grado di riempimento
medio delle stanze è attorno al 21% e gli alberghi a una o due stelle crollano del 30% in re anni.
Sono tutti numeri che voi non avete mai letto; il sistema informativo ufficiale li tiene nascosti perché, effettivamente, spaventano. Però è un’operazione verità che dice, un po’ più nella realtà, come va effettivamente
l’economia dell’Emilia-Romagna - e nella tavola rotonda di oggi avremo
modo di parlarne - che attraversa un buon momento dal punto di vista
dell’export ma che si fa fatica a pensare possa continuare a procedere a
questi ritmi insidiata da una parte dalla concorrenza estera e dall’altra dal
peso di un sistema che di certo non la facilita.
Basti pensare ad alcune tematiche fondamentali che continuano ad essere ignorate nella nostra Italia. Penso a due questioni fondamentali (poi
arriviamo al credito): una è quella dell’energia e l’altra è quella delle infrastrutture. Il tema energetico è di una attualità, mi sentirei di dire, drammatica ma non mi pare che venga percepito tale. La Regione Emilia Romagna mette in campo un piano energetico che prevede investimenti per
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6,2 miliardi da parte dei privati. Pensa che da qui a cinque anni le imprese debbano risparmiare il 20% dell’energia che attualmente usano per
produrre i loro beni. Energia che a loro volta pagano il 20% in più dei loro concorrenti mondiali.
Pensa che il trasporto pubblico debba trovare anche lui il 40% di risparmio ma non dice assolutamente come lo finanzia. Anzi lo dice: metterà a disposizione un centinaio di milioni di euro in tre anni dicendo che
il resto, non essendo altro che il 5% del Pil, si può serenamente trovare.
Stiamo parlando di 6,2 miliardi. Nel frattempo non costruiamo alcun tipo di
centrale perché c’è il veto politico e sociale. Un veto che riguarda anche,
per passare dall’energia ai rifiuti, i termovalorizzatori. La gente non li vuole, meglio le discariche. L’Arpa di Forlì, in particolare, ha dimostrato che la
centrale di Coriano inquina molto meno di una nota azienda che produce
yacht, non tanto distante, eppure la gente se la prende con l’inceneritore,
o con il termovalorizzatore. Non se la prende con l’A14 (che è stato dimostrato inquina più del termovalorizzatore), non se la prende con l’industria,
se la prende con il termovalorizzatore. Ignorando i numeri, che in quanto
tali non sono né di destra né di sinistra ma rappresentano semplicemente quel che accade, ci stiamo consegnando ai fornitori esteri di gas e di
petrolio senza fare nulla di quello che almeno potrebbe aiutarci.
C’è poi il tema, drammatico, delle infrastrutture che anche la ricerca del
turismo, naturalmente, metteva in luce. Ancora, è inutile prendersela con
i soldi che mancano. Faccio solo un esempio: la metropolitana di costa,
quella fra Cattolica e Rimini, era finanziata. Perché non si fa? Perché uno
dei sindaci del territorio interessato non la vuole. Questa è la verità. Oppure non gli va bene la fermata dove era stata programmata. Questo è un
paese che o si dà la sveglia dal punto di vista delle cose da fare e trova
un po’ di concordia, oppure è effettivamente difficile pensare che ci sia
uno sviluppo.
Altro tema che emerge, in questo contesto, è quello degli aeroporti.
Lungo la via Emilia abbiamo quattro aeroporti in 200 km. Il sistema aeroportuale emiliano-romagnolo fa 5 milioni di passeggeri. Un solo aeroporto francese, quello di Nizza, ne fa 9,5 milioni. Avrà senso fare i voli
charter da Monaco atterrino a Forlì e poi da Forlì si vada in autobus a Rimini, avendo anche Rimini un suo aeroporto? È veramente ora che la politica decida e società e organizzazioni (anche d’impresa) non ostacolino
qualsiasi tentativo di razionalizzazione e di buon senso nelle scelte.
Questo per inquadrare il contesto in cui operano attualmente le imprese in Emilia-Romagna, che pure denotano una grande vitalità dal punto
di vista inventivo e dal punto di vista produttivo, soprattutto in alcuni settori chiave come la ceramica che venivano dati per spacciati e, invece, si
stanno riposizionando in maniera interessante puntando sulla qualità;
continuando a tenere alti i ricavi anche se i volumi flettono.
Le forze intellettuali, le forze spirituali e le forze di creatività ci sono ancora. Bisogna però che anche il contesto in cui le aziende operano trovi una qualche forma di miglioramento altrimenti non credo che, alla lunga (in questo senso spiego il mio moderato pessimismo), il sistema pos-
129
sa tenere.
Il sistema delle imprese naturalmente vive grazie al credito. In particolare, il mondo dei consorzi fidi, di cui ci occuperemo stamattina, muove in
Emilia Romagna circa 1,6 miliardi; siamo attorno al 20-25% del valore del
credito che transita alle imprese. Tuttavia, da una ricerca realizzata da
Unicredit Banca, su circa 2.300 imprese dell’area intervistate - e ci si riferiva all’area di cui io mi occupo, cioè Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Umbria - solo il 39,4% dice di conoscere i consorzi fidi e di queste
l’80% li utilizza.
La banca quindi resta il soggetto privilegiato di interlocuzione per gli
imprenditori quando si deve accedere al credito. Infatti così la pensa il
58,7% delle imprese, anche se emerge forte il ruolo delle associazioni di
categoria che rimane il canale di conoscenza dei Confidi per il 50,6%.
Tutti numeri che possono introdurre la tavola rotonda di questa mattina proprio sul tema “Piccole e medie imprese. Bcc e Confidi: ruoli e sinergie”.
A questa tavola rotonda partecipano: Tino Vaccari, responsabile nazionale dell’area Credito di Confartigianato; Gabriele Morelli, segretario Cna
Emilia-Romagna; Marcello Rossetti, presidente Giovani industriali Unionapi Emilia-Romagna; Patrizia Frabetti, responsabile Consorzio Fidi
Unioncamere Emilia-Romagna; Emanuel Danieli, direttore Fidindustria
Emilia-Romagna; Roberto Mazzotti, vice direttore Iccrea Holding.
Ci sarà poi l’intervento di sistema dell’avv. Alessandro Azzi, presidente
nazionale di Federcasse e l’intervento conclusivo dell’ingegner Giulio
Magagni, presidente di Iccrea Holding e della Federazione delle Bcc dell’Emilia-Romagna.
Dobbiamo terminare la nostra chiacchierata entro le 12.30, anche perché immagino che la vostra capacità di resistere alla terza mattinata di
convegno sia limitata.
La prima domanda è per Tino Vaccari, responsabile nazionale Area
Credito di Confartigianato a cui chiedo: in relazione alla possibile trasformazione di Confidi in soggetti vigilati, quale evoluzione ci può essere?
Quale nuova partnership si può immaginare tra banche e Confidi? È percorribile, in particolare, secondo lei la possibilità che il Confidi non sia solo un soggetto di garanzia ma si costituisca addirittura in banca di garanzia, come è normativamente ammesso?
Tino Vaccari
Grazie per l’invito a questa importante convention delle Banche di Credito Cooperativo. Un ringraziamento alla Federazione Emilia Romagna
ma anche alla Federcasse nazionale con cui ho anche il piacere da tempo di collaborare a livello nazionale, visto che qui rappresento sia la Confartigianato Emilia Romagna ma anche la Federazione Nazionale dei
Consorzi Fidi dell’artigianato, Fedart Fidi, che è una federazione unitaria
(Confartigianato, CNA e Cassa Artigiani) a dimostrazione che anche le
associazioni dell’artigianato in certi momenti sanno operare in maniera
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unitaria e aggregata per esaltare il ruolo di questi importanti strumenti.
In questa veste ho il piacere di collaborare con la Federcasse nazionale. Saluto e ringrazio il presidente Azzi e il direttore generale, dott. Caleffi, con cui, ripeto, abbiamo da tempo instaurato una proficua collaborazione.
Tengo anche a sottolineare un aspetto importante e non lo faccio certo per piaggeria perché sono ad un congresso delle Bcc, ma perché è un
dato oggettivo.
Noi, come Fedart, tutti gli anni facciamo un’indagine, una ricerca, sui
350 Confidi artigiani presenti in Italia, che hanno circa 700.000 imprese
socie e sviluppano un’attività di oltre 10 miliardi di euro, per significare il
grande valore dell’artigianato nel mondo dei consorzi fidi e delle cooperative di garanzia.
Da anni nel “questionario” c’è anche una domanda sulla intensità dei
rapporti dei Confidi artigiani col sistema bancario. Ebbene, al primo posto, anche nella ricerca 2006, figurano le Banche di Credito Cooperativo
e ci tengo a sottolinearlo specie in questa occasione.
Certo con una intensità diversa da regione a regione, ma il dato nazionale, ribadisce la rilevanza di un rapporto importantissimo tra artigianato e Banche di Credito Cooperativo.
Prima di dare la risposta alla domanda consentitemi un’altra sottolineatura, anche questa doverosa. Il fattore credito è sicuramente fondamentale per l’artigianato, per la piccola e per la micro impresa.
Impariamo ad usare anche questo termine che sembra spregiativo ma
a livello europeo micro impresa è l’impresa che va da zero a 10 dipendenti. Vuol dire che in Italia c’è il 75% di micro imprese (perché fino al 10
dipendenti c’è il 75% delle imprese). Questo dato non va dimenticato.
Il nostro settore, rappresenta 1.400.000 imprese in Italia, 140.000 in
Emilia-Romagna, il 14% del Pil, il 20% dell’export, oltre il 30% del registro ditte. Se andate presso qualunque camera di commercio in Italia l’albo artigiani rappresenta oltre il 30%. Un’impresa su tre in Italia è un’impresa artigiana.
Ebbene in questo settore, così rilevante, il fattore credito è vitale, anche dal punto di vista giuridico perché gli artigiani sono ditte individuali,
o società di persone e non di capitali; dispongono normalmente di scarso autofinanziamento, di limitata liquidità e quindi il ricorso al credito bancario è fondamentale.
Potrei definire gli artigiani banco-dipendenti perché dipendono nell’accesso al credito dalle erogazioni del sistema bancario.
Tutti sanno però che le dipendenze sono anche pericolose determinando criticità nel rapporto banca-piccola impresa ben evidenziate dai dati.
La ricerca che fanno le organizzazioni nazionali dell’artigianato al riguardo è significativa. La quantità di credito all’artigianato è il 5% scarso
(una percentuale ben lontana dal peso della categoria). La qualità è ancora scadente. Il 50% è credito a breve, e voi sapete quanto sia oneroso
e rischioso per l’equilibrio finanziario della piccola impresa.
Anche le condizioni non sono favorevoli (nonostante una pubblicistica
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interessata di qualche settore che accusa gli artigiani di avere il credito
agevolato). Ebbene le agevolazioni in materia, a qualunque titolo, rappresentano solo il 6% del credito totale erogato alla categoria.
Vuol dire che in questo paese c’è qualcuno che si prende il 94% di agevolazioni, caso mai accusando il nostro settore di assistenzialismo.
Questi elementi di criticità rimangono determinando un circolo vizioso
perché il credito per l’artigianato e la piccola impresa è il carburante che
muove il settore.
La piccola impresa dicono sia il motore vincente dell’Italia; potremmo dire,
visto che siamo emiliano romagnoli e giochiamo in casa, un motore Ferrari.
Però amici anche un motore vincente se rimane senza benzina si ferma.
Ecco perché è così importante il rapporto banca piccola impresa, soprattutto nelle economie dei territori.
In questo panorama il ruolo dei Confidi è fondamentale; citavo prima i
10 miliardi di euro di garanzie in essere dei Confidi artigiani (in Emilia Romagna 750 milioni di euro, cioè il 50% delle garanzie erogate da tutti i
Confidi della Regione).
Questo sistema oggi è alle prese con grandi evoluzioni di tipo normativo. Sapete che i Confidi sono in attesa delle normative del Ministero dell’Economia e della Banca d’Italia per l’evoluzione a consorzi fidi in forma
di veri e propri intermediari finanziari iscritti al 107 del TUB.
Stiamo affrontando questo tema sia con il ministero che con la vigilanza. Le bozze dei provvedimenti le conosciamo: la soglia obbligatoria per
l’iscrizione al 107 sarà fissata in 75 milioni di euro, che sembrano tanti
per un settore come il nostro, ma guardate che in Italia sono più di 20 i
Confidi artigiani che superano questa soglia e in Emilia Romagna sono
ben sei dell’artigianato, oltre i 75 milioni di operatività.
Per la verità nella nostra Regione siamo alla vigilia di una grande aggregazione di tutte le cooperative di garanzia dell’artigianato in un unico
soggetto che evidentemente supererà di gran lunga questo sbarramento,
e sarà quindi un intermediario vigilato.
Certamente è un passaggio importante e per certi versi obbligato ma
è anche impegnativo per il sistema dei Confidi.
Per la verità queste aggregazioni peraltro non nascono oggi; il mondo
dell’artigianato, probabilmente come le Banche di Credito Cooperativo,
da tempo è impegnato in progetti di aggregazione, che sono già realtà in
Toscana, in Piemonte, nel Friuli, in Liguria.
So che anche voi avete attraversato questo percorso.
Mi ricordava proprio ieri sera l’amico Melega, che quando ha iniziato il
suo lavoro presso la Federazione BCC Emilia Romagna, c’erano 45 Bcc.
Oggi siete la metà, avendo realizzato processi indispensabili di aggregazione, potenziamento e rafforzamento delle vostre strutture, per corrispondere alle nuove realtà alle sfide del mercato, alle esigenze delle
stesse piccole e medie imprese che sono il tessuto connettivo dell’Emilia-Romagna e di tutto il paese.
Rispetto a queste nuove sfide normative e di mercato, chiedeva giustamente prima il dott. Costa, come può evolvere la partnership, il rap-
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porto tra Confidi e Banche di Credito Cooperativo?
Noi, come Fedart, a livello nazionale, abbiamo aperto un tavolo di confronto molto positivo con Federcasse, per valutare le conseguenze nel
rapporto banca e impresa nel recepimento dei nuovi criteri di Basilea2.
Su queste problematiche non c’è il tempo per un approfondimento, ma
sarebbe molto interessante perché negli ultimi anni ho registrato tante affermazioni su Basilea2, specie dal versante bancario, mirate a tranquillizzare che non succede niente, anzi che le piccole imprese ci guadagneranno.
Se permettete io mantengo ancora una certa perplessità. Non sono né
ottimista né pessimista, rimango realista anche perchè le simulazioni che
abbiamo fatto, per la verità, non sono così confortanti rispetto alla piccola e alla micro impresa.
Anzi, in Emilia Romagna ove abbiamo testato, assieme alla CNA, la
convenzione regionale di tesoreria con le Banche secondo criteri di selettività della clientela, i risultati sono contraddittori .
Sono 90.000 le imprese artigiane in questa convenzione unitaria che
per vent’anni offriva condizioni uguali per tutti, per quanto riguarda il breve (conto corrente, salvo buon fine, anticipo fatture).
Recentemente, cercando di anticipare le novità di Basilea2, abbiamo
segmentato il mercato con condizioni diverse a seconda della rischiosità
dell’impresa, e dobbiamo rilevare che percentualmente sono una minoranza le imprese che migliorano le loro condizioni di tassi.
Le valutazioni sulla rischiosità dell’impresa, specie da parte dei grandi
gruppi bancari che useranno il sistema di rating interno avanzato, fatto di
algoritmi e di formule matematiche, avvengono in automatico tenendo
conto quasi esclusivamente di dati quantitativi (bilanci, capitalizzazione,
eccetera) e considerando pochissimo quelli qualitativi relativi all’impresa,
all’imprenditore, al rapporto col territorio, all’evoluzione del settore; quei
dati cioè che hanno consentito da 40 anni a questa parte, proprio da parte delle banche del territorio, come quelle di credito cooperativo, di poter
affidare l’artigiano, il piccolo imprenditore, conoscendone la storia, che va
ben oltre i dati formali.
Ecco perché il nostro settore rischia di essere penalizzato. I dati quantitativi servono per dare un rating alle medie-grandi imprese che mi pare
negli ultimi tempi non abbiano brillato per virtuosità.
Se la logica di Basilea2 è quella di salvaguardare il sistema bancario e
finanziario da crisi di sistema, queste crisi non vengono dall’artigianato e
dalla piccola impresa, non vengono dalle piccole banche del territorio.
Basterebbe fare l’elenco degli scandali degli ultimi anni, da quelli internazionali a quelli italiani (Enron, Argentina, Cirio, Parmalat, mutui americani, ecc.). In tutte queste vicende non c’è un artigiano, un piccolo imprenditore, né una piccola banca del territorio.
Sarebbe importante che anche le autorità di vigilanza e regolamentazione, ne tenessero conto perché il rischio, invece, è di penalizzare, con
queste logiche, proprio i piccoli imprenditori.
Vengo ora anche alla risposta sulla domanda del moderatore: il rap-
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porto piccola impresa, artigianato, banche del territorio, come sono le
Bcc, può consentire di recuperare questo valore fondamentale nella valutazione del merito di credito?
Per questo confronto noi siamo pronti, anche in Emilia Romagna, e
per approfondire le possibilità di collaborazione, già è previsto un incontro la prossima settimana nel merito delle valutazioni sul rischio
credito.
Io sono convinto che sarà fondamentale il rapporto proprio con le Bcc
per cogliere questi elementi di qualità che hanno consentito, non in un
giorno o in un anno, ma in 40 anni di attività, di avere i consorzi fidi dell’artigianato con un tasso di insolvenza nazionale, che va dall’1,5 al 2,5%.
In Emilia Romagna siamo ancora a livello di prefisso telefonico: 0,40%
per intenderci.
Questa è la dimostrazione dell’impegno, della serietà e della capacità
di valutare la rischiosità delle piccole e delle micro imprese che hanno i
nostri Confidi.
È su questo terreno quindi che noi vogliamo operare, modificando anche le convenzioni per accentuare la partnership, esaltare gli elementi
che potranno assicurare, e se possibile incrementare, l’erogazione del
credito alle piccole imprese e all’artigianato.
È questo il terreno su cui noi ci vogliamo confrontare con un’ultimissima considerazione. Occorre che anche da parte del sistema bancario
comprese le Banche di Credito Cooperativo, si tenga conto della necessità vitale per la piccola impresa, di avere credito per la sua crescita, per
il suo sviluppo per la competitività.
Occorre valorizzare questo rapporto virtuoso cercando di riversare anche sulle imprese i vantaggi delle liberalizzazioni, della concorrenza, e
degli utili che sono rilevanti.
Non passa giorno che sui giornali si evidenzino gli incrementi degli utili che le banche hanno registrato; ebbene per le Bcc, che hanno nel loro
DNA la mutualità e il territorio, dovrebbe essere naturale investire anche
sull’economia locale ove opera la nostra categoria.
Ho ascoltato con interesse ieri sera l’omelia del padre spirituale delle
Banche di Credito Cooperativo, che ho trovato molto appropriata e sicuramente condivisibile al riguardo.
Una delle domande che ci dobbiamo porre ad esempio è quanto vale
la garanzia dei Confidi sia che essi siano 106 o 107?
In alcune realtà non ci sono le condizioni per arrivare alla massa critica degli intermediari finanziari e credo, che proprio le Banche di Credito
Cooperativo, possano valorizzare anche il ruolo dei Confidi 106, assicurando alcuni vantaggi alle imprese socie.
Questo è un aspetto molto importante. Se il Confidi riduce il rischio credito per la banca e quindi la banca deve accantonare meno capitale di vigilanza, quale parte di questo vantaggio per la banca può essere riversato sull’impresa garantita dal Confidi?
L’altra sfida è: quali prodotti, quali servizi per la crescita e lo sviluppo
delle piccole imprese, per rendere veramente efficace una partnership tra
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Confidi e Banche di Credito Cooperativo?
È su questo terreno che ci dovremo misurare. Per quanto riguarda
Confartigianato e per quanto riguarda i Confidi dell’artigianato, posso riconfermare, anche in questa sede, la massima collaborazione per ricercare soluzioni nell’interesse di entrambi i partner.
Moderatore
Ringrazio Tino Vaccari, responsabile nazionale Area Credito di Confartigianato.
Restiamo sempre in area artigiana, questa volta rappresentata da Cna
e da Gabriele Morelli, segretario generale in Emilia-Romagna al quale,
prima della domanda che gli voglio fare in tema di Confidi, gliene faccio
una più generale. Visto che avete unificato con Confartigianato i consorzi fidi e visto che, più o meno, gli artigiani lavorano lo stesso ferro, lo stesso cuoio e lo stesso tessuto, quanta vita avrà ancora la divisione fra artigiani in due associazioni?
Gabriele Morelli
Domanda interessante. Anch’io mi associo a Tino Vaccari nei ringraziamenti alle Bcc e ai suoi dirigenti, per l’invito rivolto perché la discussione che avete al vostro interno è una discussione aperta anche all’interno della nostra organizzazione.
Vaccari ricordava alcuni dati, io ne voglio aggiungere un altro. Non dimentichiamo che circa il 50% delle imprese iscritte al registro delle Camere di Commercio dell’Emilia Romagna sono di un addetto; se le collochiamo dentro la soglia dei 20 addetti arriviamo al 97-98%. Consapevoli di ciò Bcc, CNA e Confartigianato, si pongono quale sfida (a volte
potrebbe essere una mission impossible), quella di riuscire a portare la
maggior parte di queste micro imprese, di queste imprese piccolissime,
a fare i conti con le sfide della società globale e della società della conoscenza.
Certo, stiamo andando all’unificazione dei Confidi. È una grande operazione, è un’operazione complicata.
Credo che anche nel settore bancario i processi di unificazione e di accorpamento abbiano prodotto seri problemi, anche nelle persone stesse
che li devono subire.
È un’operazione indispensabile e spero nei prossimi giorni, insieme al
segretario della Confartigianato, di poterlo annunciare ufficialmente.
L’obiettivo, che sarà a mio avviso sicuramente raggiunto, è la partenza
dal 1° gennaio del nuovo grande Confidi dell’artigianato con i numeri che
diceva Vaccari, 750 milioni di euro l’anno di volumi, con l’intento di un raddoppio dell’operatività già dal primo anno.
Gli obiettivi del nuovo Confidi sono di rispondere alle nuove normative e far sì che l’artigianato e la piccola impresa possano avere sempre uno strumento al loro fianco, che possa continuare a permettere,
135
nel sinergico, efficace e positivo rapporto che in Emilia Romagna abbiamo instaurato col sistema bancario, di avere uno dei costi più bassi del credito.
La relazione stretta tra il mondo bancario, le associazioni e i loro strumenti, hanno permesso in Emilia Romagna un allargamento dell’accesso al credito e un costo dello stesso molto contenuto rispetto alle medie
di altre regioni italiane.
Quindi attraverso questo Confidi si vuole dare a questa relazione banca/impresa un soggetto efficace, che abbia garanzie che possano essere valide anche per il sistema bancario per poter raggiungere quegli
obiettivi.
Il Confidi è un esempio, un lavoro in atto. Personalmente sono un fautore dei processi di unificazione anche a livello di rappresentanza generale e non ho problemi ad ammetterlo.
Credo che dovremo, al più presto, a livello di rappresentanza generale
degli interessi della micro e piccola impresa (artigianato, commercio, piccola industria) riuscire ad arrivare ad un’unica grande rappresentanza
nazionale, come abbiamo a livello europeo.
Ci stiamo lavorando e già da alcuni anni cinque organizzazioni si pongono in maniera unitaria nell’interlocuzione col governo nazionale. A livello regionale abbiamo un tavolo regionale dell’imprenditoria che raggruppa tutte le associazioni per l’interlocuzione con la Regione sui temi
più orizzontali, ecc.
È chiaro che, come dice un economista a cui sono molto legato, Enzo
Rullani, siamo in un paese dove abbiamo un passato che non passa e un
futuro che non arriva. E quindi siamo sempre in mezzo a questo presente che spesso ci impedisce di dare corpo agli obiettivi, ma anche ai sogni che sono poi esigenze.
Io credo che il contesto competitivo così complicato costringerà tutti a
dover fare i conti con questi fattori.
Vorrei chiudere con questa affermazione - magari nella seconda parte
mi soffermerò di più sulle necessità nuove per far fronte alle sfide dei
tempi che hanno le piccole imprese in termini anche di relazioni col sistema bancario e con i nuovi prodotti che sono necessari - per dire che
tanto il mondo delle Bcc, quanto quello delle associazioni che noi rappresentiamo, hanno la stessa sfida.
Non possiamo dimenticare che la piccola dimensione di impresa,
che è la più rappresentativa, ha di fronte a sé una quotidianità che
rappresenta una sfida con cui gli imprenditori devono confrontarsi
per riuscire a produrre valore ed essere pronti al futuro, in attesa che
il resto della società, politica e istituzionale, sia più efficace ed efficiente.
Comunque in questo contesto ci sono grandi processi che vanno avanti come la globalizzazione e l’entrata in campo dei fattori immateriali come nuovi fattori della competizione, più difficili da dominare da parte dei
piccoli, che ci costringono (associazioni e mondo delle banche), per non
perdere quell’identità del nostro mercato, dei nostri soci, e dei nostri
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clienti, a fare dei grandi sforzi per essere grandi, per usare strumenti sofisticati e diventare più efficienti ed efficaci, come ci viene chiesto, senza
dimenticare che l’obiettivo del nostro lavoro è quello di dare risposta ai
piccoli, a quel 50% di imprenditori con un addetto o a quel 98% che non
ha più di 20 addetti, per dare loro la possibilità di operare e crescere perché, non dimentichiamolo, questa è la linfa vitale di una nazione che
compete con il resto del mondo con strutture piccole.
Quando una Ducati, con 40.000 moto all’anno, vince contro colossi internazionali come l’Honda, è una grande soddisfazione che ci conferma
che è possibile, anche in un mondo globalizzato, fatto di grandi numeri,
far valere e far vincere la qualità dei piccoli.
Moderatore
Grazie a Gabriele Morelli. Speriamo di avere il tempo per un velocissimo secondo giro di domande.
Veniamo ora a Marcello Rossetti, presidente Giovani Industriali di
Unionapi, al quale chiedo quale ruolo possono giocare le associazioni di
categoria – Cna, Confartigianato, Unionapi – in questa fase di pesante
trasformazione dei Confidi.
Marcello Rossetti
Buongiorno a tutti e grazie per l’ospitalità.
Mi scuso, non sono un tecnico, sono solo un piccolo imprenditore e
non sono in grado di fornire dati simili che ho sentito da chi mi ha preceduto, che in parte conoscevo e in parte ho imparato con piacere.
In queste giornate ho portato a casa tantissimo. Infatti volevo ringraziare anche per questo. È stata una bellissima esperienza, ho conosciuto meglio un altro mondo, del quale ammetto, conoscevo poco.
Devo dire che, anche per rispondere alla sua domanda – non voglio
raccontarvi la storia della mia vita – le associazioni nascono per dare risposte agli imprenditori. Gli imprenditori hanno delle esigenze e devono
iniziare ad utilizzare l’associazione come strumento per dare risposte alle loro esigenze.
Infatti anche in quest’ottica sono nati i consorzi fidi.
Un grosso problema che abbiamo in Italia forse è anche il problema
della comunicazione. Sarà perché sono un imprenditore, sono sempre ottimista nelle cose e credo che noi abbiamo delle grandissime capacità organizzative, come italiani e come persone.
Guardiamo solo questo convegno. In questi tre-quatrro giorni sono state fatte delle cose incredibili. Tante volte ci fossilizziamo a criticare noi
stessi, a guardare sempre le cose che non vanno ma forse, se iniziamo
a comunicare un po’ di più tra di noi, se iniziamo a guardare le cose che
riusciamo a fare, che siamo riusciti a fare e che potremmo fare insieme,
riusciremmo a fare veramente grandi cose.
Detto questo, penso che Confidi sia nata e cresciuta perché gli im-
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prenditori avevano bisogno di avere più accesso al credito.
Prima si era accennato al discorso di Basilea. Adesso, nell’ottica di Basilea2, tante delle nostre aziende risultano sottocapitalizzate, hanno il
problema dell’accesso e della qualità del credito. Fanno fatica ad avere il
credito e lo pagano molto.
Quindi gli imprenditori, capendo questa cosa, si sono uniti e hanno creato i Consorzi Fidi. I consorzi fidi, prendendo ad esempio una
frase dell’Assesore Regionale alle Attività Produttive Duccio Campagnoli, che voi tutti conoscete; egli afferma: “I consorzi di garanzia
sono la migliore dimostrazione di gestione privata di risorse pubbliche. Sono la migliore forma di utilizzazione delle stesse in quanto,
una volta svolto il loro compito, tornano ad essere disponibili per essere nuovamente impiegate in un circolo virtuoso che consenta a
tutti pari opportunità”.
Una cosa a cui teniamo molto come imprenditori è il fatto che noi non
vogliamo degli interventi in conto capitale perché gli interventi in conto
capitale arrivano a pochi perché, per forza di cose, arrivano a pochi, e si
fermano lì.
Noi abbiamo delle aziende che hanno bisogno di mettere in moto le loro opportunità, di mettere in moto le loro idee.
Le associazioni devono sforzarsi di conoscere le esigenze e i progetti
imprenditoriali, dove l’azienda vuole arrivare, dove l’imprenditore vuole
arrivare. In base a questo si possono ottenere ottimi risultati perché, se
noi andiamo a guardare, ad esempio, l’insolvenza, vediamo che nei consorzi fidi storicamente si attesta a circa l’1,5%.
Quando invece guardiamo il sistema bancario le insolvenze sono il 4%.
Questo perché? Forse anche per il fatto che l’associazione, conoscendo
l’imprenditore, la sua storia, dà più valore a quella parte che è prevista in
Basilea2, cioè la terza parte, quella parte non basata sui numeri ma sulle reali esigenze e le conoscenze dell’imprenditore.
Altro non aggiungerei perché non voglio andare troppo oltre però, se
volete, sono a disposizione anche dopo per altre cose.
Moderatore
Grazie a Marcello Rossetti. Mi ricollego proprio a quello che diceva un
attimo fa il dottor Rossetti per chiedere a Patrizia Frabetti, che è responsabile Consorzio Fidi Unioncamere Emilia-Romagna, che importanza rivestono ora e potranno rivestire anche in futuro i consorzi fidi nella gestione dei fondi pubblici.
Patrizia Frabetti
Ringrazio la Federazione delle Banche di Credito Cooperativo per avere invitato al Vostro Convegno il sistema Confidi della nostra regione, che
sta attraversando una fase di grande cambiamento per effetto dell’applicazione della legge quadro sui confidi n. 326/2003 e per l’introduzione
138
nella pratica bancaria degli accordi di Basilea 2.
I contributi pubblici sono una linfa vitale che da molti anni gli Enti locali (le Camere di Commercio, i Comuni, le Province e la stessa Regione)
hanno pensato di far avere alle imprese dei diversi settori economici facendoli transitare attraverso i confidi, abbandonando quindi la prassi degli interventi a pioggia verso imprese che, come diceva il collega Rossetti, una volta ricevuto il contributo non sempre portavano a termine il progetto per il quale lo avevano ottenuto.
Gli Enti pubblici, quindi, hanno nel tempo riconosciuto ai Confidi un
ruolo molto importante sia per quanto attiene alla conoscenza delle imprese sia per quanto attiene al valore della garanzia che questi possono
offrire per favorire le imprese che vogliono ottenere un finanziamento, utilizzandoli quindi come strumenti di politica economica.
Nel tempo abbiamo assistito a un mutamento di indirizzo degli Enti
che, inizialmente davano solo indicazioni di priorità per l’erogazione dei
contributi: per esempio verso imprese femminili, giovanili o situate in zone ritenute più disagiate, mentre negli ultimi anni la garanzia è stata utilizzata come strumento di incentivazione di attività non solo di innovazione, ma anche di consolidamento dell’impresa attraverso il trasferimento
debiti da breve a medio termine, per l’aumento del capitale sociale e per
l’apertura di nuove imprese.
Ci siamo ritrovati quindi a gestire da moltissimi anni, con soddisfazione sia delle imprese che degli Enti, sia contributi in conto interesse (la
mole di questi contributi è stata notevolissima) sia a garanzia adeguando
i prodotti in base alle indicazioni degli Enti, oltre che delle associazioni
imprenditoriali che ci hanno costituito.
Le Camere di Commercio sono da sempre vicine alle imprese e lo hanno ampiamente dimostrato da quando i primi Confidi furono costituiti negli anni ‘70. Si tratta di alcuni milioni di euro che annualmente vengono
transitati attraverso i Confidi, affinché le imprese del territorio possano
avere una riduzione del costo del denaro per investimenti, ma non solo
infatti, da alcuni anni - e questo risultato però dobbiamo ascriverlo come
merito ai Confidi – anche per trasferire dal breve al medio termine l’indebitamento (il problema che evidenziava prima anche Tino Vaccari).
Le imprese piccole sono, infatti, spesso preda del finanziamento a breve termine e in molti casi non riescono ad ottenere con le loro sole forze
finanziamenti a medio termine.
Nel settore della cooperazione ho ben presente alcune cooperative di tipo
sociale che si sono ritrovate solamente con l’aiuto di Cooperfidi ad ottenere
finanziamenti a medio termine per poter comprare delle linee produttive.
Si trattava di una cooperativa sociale che faceva falegnameria e che,
nonostante fosse attiva da tre anni, non riusciva ad ottenere finanziamenti a medio termine, cioè un mutuo vero e proprio non soggetto a revoca, per l’acquisto dei macchinari solo perché sociale e quando si rivolgeva alla banca otteneva esclusivamente credito a breve termine.
Voi sapete bene che per fare investimenti il credito a breve termine non
è esattamente quello che ci vuole, e così attraverso la garanzia di Coo-
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perfidi, il finanziamento è stato erogato.
Mi preme sottolineare anche un altro aspetto, che viene sempre trascurato, ma che ritengo sia sintomatico della natura mutualistica dei
Confidi: la gestione dei contributi in conto interesse che, transitano attraverso i Confidi verso le imprese, non lasciano traccia nel conto economico dei Confidi poiché noi siamo uno strumento completamente
gratuito per l’Ente pubblico, che così non deve preoccuparsi di strutturare un ufficio con personale specializzato per istruire le pratiche di
agevolazione.
Si è quindi instaurato nel tempo un rapporto di fiducia e l’Ente pubblico effettua solo controlli a campione sui contributi erogati dai Confidi alle
imprese sulla base delle rendicontazioni che gli amministratori annualmente redigono per l’utilizzo dei fondi.
Poi c’è tutta la gestione dei contributi per l’incremento dei fondi rischi,
che le banche conoscono bene, con i quali abbiamo sempre operato.
Poi abbiamo i fondi in gestione. In particolare la Regione Emilia Romagna ha inserito da molti anni questa nuova forma di erogazione all’interno del piano regionale triennale per le attività produttive.
Anche qui i Confidi gestiscono risorse pubbliche, anche ingenti. Sono
risorse che vengono date in gestione e vengono date anch’esse per finalità specifiche.
L’Ente pubblico ci utilizza per dirottare il finanziamento, quindi per “educare” le imprese affinchè effettuino investimenti che riguardano l’innovazione di prodotto, organizzativa e commerciale, e l’internazionalizzazione.
Questa modalità ha dato ottimi risultati, in particolare nel settore dell’industria perché è quello al quale queste risorse, insieme all’artigianato,
principalmente vanno.
Anche in questo caso l’Ente non ha avuto costi per l’istruttoria delle
pratiche, e anzi ha impegnato i nostri Confidi con garanzie sempre più
elevate.
Vi ricordo che per questi interventi ci è stato imposto di elevare la garanzia al 60% per importi molto elevati e addirittura all’80% per quanto riguarda l’apertura di nuove imprese, quindi maggiormente rischiose.
Vorrei sottolineare inoltre che dal 1996 tutti i Confidi gestiscono per
conto del Ministero del Tesoro, ai sensi della legge 108/96, i fondi rischi
per la prevenzione del fenomeno dell’usura.
Si sta riparlando molto sui giornali del fenomeno dell’usura. Oltre a
questa legge a carattere nazionale anche la nostra Regione ha all’esame
un progetto di legge, non ancora approvato, e anche in questo caso i fondi rischi sarebbero destinati ai Confidi perché si ritiene che questi possano svolgere un’attività di prevenzione a questo odioso fenomeno.
Chiaramente, con risorse che consentono di dare garanzie dell’85% è
più facile dare una mano ad imprese che, nonostante siano sane, si trovano in momentanea difficoltà.
Di recente abbiamo avuto casi nei quali grazie a questi fondi siamo riusciti a dare una mano a diverse imprese, che hanno potuto così riassestarsi e tornare sul mercato.
140
Questa è quanto è accaduto fino ad oggi.
La nostra legge quadro, la legge dei Confidi, la 326/2003, prevede però che i Confidi che hanno in gestione separata fondi pubblici, intendendo per essi non quelli in conto interessi e non quelli erogati a fondo perduto per la garanzia, possano continuare a farlo solo fino alla fine del
2008, se da 106 non si iscrivono all’art. 107.
Quindi anche noi stiamo vivendo una fase di grande cambiamento e di
studio per verificare tutto ciò che comporta la trasformazione in soggetti
vigilati da Banca d’Italia, poiché questo significa iscriversi all’art. 107
del Tub.
Moderatore
Grazie a Patrizia Frabetti, responsabile Consorzio Fidi Unioncamere
Emilia Romagna.
È ora la volta di Emanuel Danieli, direttore Fidindustria Emilia Romagna.
Danieli, oltre che occuparsi di industria, è da sempre un attento studioso del tessuto economico e imprenditoriale locale. Vorrei divagare,
andare un po’ a latere del tema che stiamo trattando, anche per non fare overdose di consorzi fidi, almeno in un intervento, e ragionare sul tema della finanza d’impresa. È un dato di fatto che in Emilia-Romagna attualmente ci siano più denari che imprese da acquisire, che imprese da
partecipare o da controllare. Basta vedere gli scarsi affari che fanno i
fondi di venture capital. Fondi anche pubblici e, davvero, qui non si capisce il bisogno che la Provincia di Bologna entri in un fondo di venture
capital, laddove neppure le banche riescono a comprare imprese.
Ad ogni modo, anche per citarne alcuni, di cui ho visto i dati perché
usciremo con un’inchiesta mercoledì su “Il Sole-24 Ore CentroNord”, c’è
una grossa banca di Bologna, partecipata peraltro dal più importante
Istituto nazionale, che ha un fondo di venture capital che ha realizzato
quattro operazioni in cinque anni.
Di questo stiamo parlando. Allora chiedo a Danieli quali sono effettivamente le esigenze delle imprese a questo riguardo sul territorio e se
abbiano senso e se siano ipotizzabili strumenti di finanza territoriale.
Emanuel Danieli
Buongiorno a tutti. Anch’io mi associo ai ringraziamenti. È stato un convegno davvero molto utile.
Credo siate fortunati ad avere una Federazione che ha proposto in
questi giorni tanti argomenti di riflessione.
Personalmente porto a casa diversi spunti, anche per riflettere sul rapporto fra il mio istituto e il vostro sistema di banche. Quindi il ringraziamento è veramente sentito e non rituale.
Poi c’è il fatto che ci siamo trovati qui a Lione. Lione è un posto, commentavamo prima col direttore Quadrelli, dove non ci si ferma. Più o meno tutti si è fatta qualche vacanza in Francia. Si va verso la Loira, si va
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verso Parigi ma a Lione non ci si ferma.
Il Convegno ci ha invece dato occasione di fermarci proprio in questa
città che normalmente consideriamo di passaggio. E l’osservazione di
Lione ci dà modo di riflettere anche sul nostro presente e sul nostro futuro. Per agganciarmi alla pessimistica, o per meglio dire preoccupata, introduzione del nostro moderatore, ho notato che in questa città ci sono
quattro università, hanno sede tutti i principali centri di ricerca delle più
grandi aziende francesi, e non solo.
Qui hanno sede i laboratori di ricerca sulla fisica dei materiali plastici di
Elf Atochem. Ci sono grandi imprese come Valeo, c’è Rhone Poulenc, con
tutta una serie di suoi istituti di ricerca sulla chimica e sul biomedicale.
Tutti questi centri di ricerca ruotano intorno ad un’altra serie di centri di
ricerca pubblici, l’Istituto Pasteur, che forse è l’istituto di immunologia più
famoso al mondo. Prima ho citato dei laboratori privati nel settore chimico è bene però ricordare che qui hanno sede centri di ricerca pubblici, come i laboratori di ricerca della Scuola Normale Superiore di Chimica Organica e Sopramolecolare.
Questa straordinaria concentrazione di intelligenza pubblica e privata
è anche facile da vedere, da percepire. Gran parte di loro sono infatti collocati nel parco dello stadio di calcio. In una zona moderna, collegata al
centro da una metropolitana e da numerose linee di tram ed autobus. In
mezzo a questo polo c’è una delle quattro università e, come una sorta
di rosario, tutt’intorno una serie di piccole e medie aziende. Stiamo parlando di una città di 450 mila abitanti. Non di una megalopoli.
Si fa fatica a trovare dalle nostre parti un tale tessuto fatto di rilevante
ricerca pubblica e privata, di nuova imprenditorialità e di flessibilità ed innovazione data dalle pmi. In un contesto, tra l’altro, di progettazione urbanistica di grande qualità. A Lione come ho potuto verificare camminando, il tessuto è visibile, percepibile e a pochi minuti di metropolitana
da uno splendido centro storico.
La divagazione turistica non è fine a se stessa. E contiene una prima
risposta alla domanda del dott. Costa. Serve un pubblico che investe in
infrastrutture, in reti pubbliche/private, che connoti il terriotiro come una
opportunità imprenditoriale e sociale. Insomma che faccia bene il proprio
mestiere. Ma il nostro moderatore intendeva anche verificare l’efficacia di
un intervento diretto del pubblico sul mercato finanziario, in particolare su
quello del mercato del capitale di rischio. In buona sostanza: quale relazione esiste tra territorio, ed in particolare tra istituzioni pubbliche del territorio, ed esigenze finanziarie delle imprese?
Le nostre imprese stanno cambiando, stanno cambiando profondamente nel modo di operare.
La divisione fra macro impresa e piccola impresa si fa incerta, i contorni sono sfumati. Esistono delle piccole imprese in mercati molto avanzati o su prodotti o processi di frontiera che hanno una complessità simile alla grande impresa. Quindi cadono certe barriere che costituivano anche le nostre categorie di analisi.
In realtà l’altro forte cambiamento è che i confini dell’impresa in gene-
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rale, piccola o grande che sia, non sono più così definiti.
Una volta si associava fisicamente un’impresa a un opificio. Adesso
un’impresa è fatta spesso di relazioni, di reti di relazioni, e diventa sempre più difficile vedere dove inizia e dove finisce un’azienda.
Gli stessi imprenditori non sono più solamente i possessori di una tecnica, o di un portafoglio clienti, o della conoscenza di un mercato, ma sono degli organizzatori di “filiera produttiva”.
Non occorre pensare alla grande impresa multinazionale. Basta pensare, magari, alla piccola e media impresa del nostro territorio, dai 10-15
milioni di euro di fatturato, che ha relazioni spesso con mercati internazionali, sia dal lato della fornitura, sia dal lato della commercializzazione
e, soprattutto, dal lato dell’acquisizione tecnologia.
Per fare questo la piccola e media impresa si è data questa organizzazione a rete che rende tutto più difficile ma, badate, è una sfida divertente.
Noi siamo fortunati, lavoriamo in un settore, che è quello del credito e
della finanza per l’impresa, che è divertente perché in pieno cambiamento. Stiamo cambiando noi (Confidi, banche) per le leggi e cambiano
i nostri soci, i vostri clienti.
Dobbiamo affrontare questo con la consapevolezza che anche il nostro
ruolo può essere decisivo nel supportare il processo di sviluppo della rete delle piccole e medie imprese.
Che tipo di esigenza finanziaria genera questa mutazione?
Innanzitutto io non farei troppi salti in avanti. C’è bisogno di mettere a
posto la gestione della variabile finanziaria di impresa già sui suoi aspetti tradizionali.
La nostra piccola e media impresa arriva alle sfide della globalizzazione con una finanza aziendale spesso in disordine, non gestita, dove talvolta anche gli istituti di credito non sono dei partner adeguati nell’offrire
prodotti e servizi. Non tanto per l’offerta del prodotto e servizio in sé
quanto nella sua contestualizzazione nel processo imprenditoriale di
quell’impresa.
Allora noi dobbiamo sviluppare la possibilità di mettere a posto la finanza. Ricordava prima Tino Vaccari che, rispetto ai nostri competitor, che sono le piccole e medie imprese dell’Europa, abbiamo un eccessivo squilibrio nella finanza di breve termine; abbiamo un medio termine spesso poco qualificato e abbiamo il sempiterno problema della capitalizzazione.
Su questo però bisogna fare una adeguata riflessione.
Sottolineava giustamente il dott. Costa che gli strumenti di finanza innovativa, i fondi chiusi, spesso a partecipazione pubblica, hanno un ruolo del tutto marginale nella capitalizzazione delle imprese.
I dati di quelli presenti in Emilia Romagna sono, per certi versi, scoraggianti. Esiste poi l’esperienza della Regione Lombardia dove i dati sono ancora più evidenti. Lavorano un sacco di pratiche (nell’ordine di qualche centinaio), eseguono un sacco di pre-istruttorie, ma non portano a casa che poche operazioni (le dita di due mani sono ampiamente sufficienti per contarle).
Questa è la seconda stagione di soggetti che tentano di fare operazio-
143
ni di finanza straordinaria sulle imprese. Prima c’era stato il tentativo di
alcune merchant bank (allora spesso stranieri e poi anche italiani) che
non hanno cavato il ragno da un buco in termini di evidenza numerica significativa sul modo di governare e di fare relazioni in maniera differente
rispetto alla proprietà tradizionale nelle nostre imprese.
Però il problema della capitalizzazione comincia ad essere approcciato in maniera più seria rispetto al passato.
Con la regione Emilia Romagna abbiamo promosso, insieme a voi anche, e diffuso la formula del prestito partecipativo.
Il prestito partecipativo è un mutuo all’impresa che poi però viene pagato dai soci. Gli imprenditori cominciano a porsi il problema della capitalizzazione su due aspetti: il problema di Basilea (e lo sottolineava peraltro prima il presidente dei Giovani Imprenditori di Unionapi) e, dall’altra parte, il problema della “thin capitalization”.
Molte aziende cominciano superare i limiti di fatturato entro cui si entra
nell’applicazione della thin capitalization ed hanno una leva finanziaria
talmente elevata che devono per forza capitalizzare.
Non è quindi da motivazioni alte che sta partendo la capitalizzazione.
Sono considerazioni di natura finanziaria e fiscale, però qualcosa si sta
muovendo.
Credo che da questo punto di vista il problema per il futuro sarà gestire soprattutto il passaggio generazionale.
Io tendo a personalizzare molto il rapporto con i nostri associati e in
molte nostre belle realtà, che garantiamo, e in qualche caso voi finanziate, ho davanti la faccia dei nostri imprenditori. Gli ultrasettantenni cominciano ad essere tanti e spesso non si vede la continuità aziendale entro
la famiglia. Gli imprenditori spesso amano l’impresa più della loro naturale progenie. Questa è una complicazione.
Concludo su un ultimo aspetto: l’internazionalizzazione. L’internazionalizzazione è un punto importante; genera una richiesta, più che finanziaria, di servizio e genera soprattutto una richiesta di relazioni degli istituti
bancari con il mondo circostante.
Credo, dalle cose che ho visto, nel materiale distribuito in questi giorni, che la rete mondiale, europea innanzitutto, delle Banche di Credito
Cooperativo debba essere messa - uso una brutta espressione - a reddito, a valore aggiunto per le imprese. L’internazionalizzazione significa
fare servizi veramente qualificati.
Concludo agganciandomi a uno dei risultati della ricerca che faceva vedere come le imprese un pochino più dimensionate, quelle che vi chiederanno probabilmente anche dimensioni maggiori di finanziamento,
chiedono proprio i servizi per l’estero.
Allora, riprendendo il lavoro che reputo interessantissimo del prof. Marzo e dei suoi collaboratori. In questo lavoro si sottolinea la diversificazione del portafoglio e dei servizi con un aumento anche della rischiosità
delle imprese. Ebbene io credo che sull’internazionalizzazione si giochino delle partite importanti.
Internazionalizzazione dove spesso ci sono agevolazioni ma che van-
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no valutate in maniera seria. Faccio un esempio per stare nel concreto.
La legge 394 dello Stato, che è importante, ha avuto un ruolo storico, è
una legge di agevolazione alle nostre aziende che accedono ma poi devono rinunciare perché troppo complicata da gestire.
Due sono gli aspetti di collaborazione che possiamo avere, come sistemi. Il primo è chiedere delle leggi di agevolazione serie, anche dal
punto di vista della complessità. Secondo: cercare di proporre alle imprese quell’agevolazione pubblica che è fondamentale e possibile per
l’impresa, oltre che utile.
Questo è un contenuto di servizio, che può essere un ruolo fondamentale, che banche così organiche rispetto al loro territorio possono
svolgere.
Moderatore
Grazie a Emanuel Danieli che effettivamente ha ragione. La mia, per
quel che vale, è una visione preoccupata, non pessimistica. Nel senso
che la preoccupazione, per spiegare meglio, deriva dalla sensazione che
forse ci si stia convincendo che la ricchezza e per sempre, cioè che questo stato di benessere di cui noi siamo circondati possa continuare per
sempre. Io ho il forte sospetto che questo sia l’errore capitale che noi stiamo conducendo. Rifletto sul fatto che Modena, appena finita la guerra,
era la capitale della disoccupazione italiana. Oggi è la città più ricca d’Italia o una delle più ricche. Contende a Bologna il primato dell’export delle
merci a livelli di 4 miliardi all’anno e sta andando benissimo. Può durare,
certo, ma non durerà così se non si faranno interventi di manutenzione al
sistema. Questa è la mia preoccupazione, osservando un sistema che rischia di fermarsi su se stesso. Non mi riferisco tanto e solo al mondo delle imprese, quanto al “decisore” pubblico.
Mi domando, ad esempio, se si possa discutere 10 anni, se serve o
non serve il passante nord di Bologna con tangenziale e autostrada perennemente intasate? Si può discutere vent’anni se fare o non fare la Torino-Lione (visto che qui siamo a Lione)? Questo è il vero tema, secondo
me. Non è possibile che il sindaco di un comune di 3mila abitanti debba
poter bloccare il tracciato di opere infrastrutturali decisive per l’Italia.
Certo, si ragiona, si discute, si contemperano gli interessi, poi però si
deve andare avanti. Ma così non è se ci stanno volendo 25 anni per realizzare il tracciato dell’alta velocità tra Bologna e Firenze. Ci sono le esigenze dei sindaci ma c’è anche un’esigenza nazionale, spesso europea.
È questo che mi rende, in realtà, preoccupato. C’è la sensazione che sia
per nulla chiaro che le condizioni per cui c’è prosperità devono essere
mantenute.
Penso che se le famiglie, per le loro decisioni interne, mettessero i tempi e le vischiosità che ci mette l’apparato pubblico a decidere, effettivamente l’Italia sarebbe già andata a gambe all’aria.
Detto questo, l’ultimo intervento di questo primo giro (il secondo sarà velocissimo) è affidato a Roberto Mazzotti, vice direttore di Iccrea Holding al
145
quale chiedo cosa il gruppo bancario delle Bcc possa mettere in campo
già oggi, e in prospettiva, con particolare riferimento alle imprese romagnole. Con una piccola aggiunta. Si ha la sensazione che il sistema bancario sia un po’ in difficoltà quando deve finanziare l’impresa che innova,
l’impresa giovane, l’impresa che non ha capannoni da dare in garanzia. È
vero che sta cambiando qualcosa nel sistema bancario, che la garanzia
materiale può essere anche trascurata o messa in secondo piano?
Roberto Mazzotti
È interessante la domanda ed è interessante anche il commento che
faceva poco prima al quale mi voglio agganciare.
Si è parlato in questo giro di tavolo di come i Confidi stiano evolvendo nel supporto alle imprese e, in funzione della normativa di Basilea,
di come si stiano organizzando per poter raggiungere masse critiche
adeguate.
Poi ci si è focalizzati sul tema del rapporto fra Confidi e Banche.
Quando si parla di Banche occorre però distinguere le banche, dalle
banche minori e dalle Banche di Credito Cooperativo perché sono di fatto cose diverse.
Le Banche di Credito Cooperativo hanno coniato lo slogan “differenti
per forza”. Sono, infatti, banche locali che sanno di dover declinare la differenza anche in questi momenti di grandi cambiamenti nei sistemi economico-finanziari non solo europei.
Le Bcc sono sempre più consapevoli della responsabilità che si ritrovano addosso. Un sistema di 440 banche che opera quasi esclusivamente nell’Italia dei comuni.
Ricordo sempre al pubblico che i 3.800 sportelli delle Bcc sono in oltre
2500 comuni, pertanto non sono le realtà dei grandi centri urbani, ma sono presenti in quell’Italia più vera, l’Italia delle mille peculiarità, culture ed
imperniata su un sistema di micro e piccole imprese che nel loro insieme
hanno attirato l’attenzione di mezzo mondo.
Dall’altra parte ci sono i Confidi che sono nati per aiutare quelle aziende che facevano fatica ad accedere al credito per carenza di garanzie.
Sia le Bcc che i Confidi, stanno vivendo e gestendo questo momento
di passaggio, che forse è epocale e pertanto non ci rende chiaro il percorso. Si parla di globalizzazione, di liberalizzazione dei mercati, di maggiore equità fra le grandi aree del Mondo. Si sta forse creando un nuovo
baricentro: il Pacifico che va a sostituire l’Atlantico. Se questo avverrà
dobbiamo aver ben presente che noi andremo dall’altra parte.
Non voglio certamente approfondire questo tema ma l’ho voluto solo ricordare per inquadrare la complessità che viviamo in questo momento.
Ritorno sulle Banche di Credito Cooperativo. Le Bcc sono banche locali ed operano sui loro comuni di competenza. Si dice che la loro forza
sia legata al fatto che conoscono a fondo i loro territori.
Queste banche stanno realizzando invece che hanno bisogno di capire come essere utili ai loro territori che vivono un cambiamento profondo.
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Banche che interfacciano nuovi cittadini e nuovi imprenditori che non fanno parte della storia del loro territorio, perché il fenomeno dell’immigrazione è arrivato anche in Italia ed in maniera dirompente.
Si è chiamati a gestire una complessità nuova, sconosciuta per un
Paese che fino a trent’anni fa aveva ancora più emigranti che immigrati.
Pertanto le banche hanno bisogno di conoscere chi vive sul loro territorio e, dall’altra parte, a maggior ragione, quali sono le imprese nuove
che nascono. Si è detto prima che il 50% delle imprese in Emilia Romagna sono monoaddetto e spesso a nome di immigrati.
La Bcc deve diventare un attore dello sviluppo del proprio territorio; che
va al di là dell’offerta di finanza (che fanno tutte le banche), chiedendo
conoscenza, coinvolgimento e indirizzo/supporto.
I grandi Gruppi bancari vogliono operare come banche territoriali cercando di imitare il successo delle Bcc (dal globale al locale).
Le Bcc sono da sempre lì, devono solo creare squadra con i protagonisti di quell’area, confidi compresi.
Occorre far sì che chi è su quei territori, pertanto non chi governa dall’alto, ma chi è direttamente lì, tutti i giorni e soprattutto le banche locali,
assieme alle associazioni di categoria, sentano la responsabilità di fare
qualcosa che va al di là della semplice missione originaria.
C’è bisogno di aiutare questo sistema a crescere, o comunque a mettere in moto dei processi che diano continuità evolutiva ai percorsi fatti
finora.
Si richiede pertanto uno sforzo notevole, impegnativo e le Banche di
Credito Cooperativo ne sono, di norma, consapevoli.
Tutto ciò deve essere intriso di concretezza, evitando scorciatoie, convinti che valgono solo le opere costruite sulla fatica e sul sacrificio.
Per troppo tempo è stata preferita l’ingegneria finanziaria al posto dell’imprenditorialità. Sembrava che dopo il fallimento di Stati (Argentina), di aziende blasonate (Parmalt, Cirio) e finita la sbornia del virtuale si fosse messa
la testa a posto. Stiamo invece entrando in una nuova crisi/scandalo che,
per dimensioni e conseguenze, saremo costretti a ricordare nei decenni:
parlo del tema derivati da un lato e della bolla mutui sub-prime dall’altro.
Dobbiamo collaborare per uscire da questo tipo di situazione creando
una visione positiva sul futuro. Il nostro, infatti, è un Paese incupito, che
vive alla giornata. Non possiamo pensare che arrivino soluzioni dall’alto
per uscire da questa situazione.
Ritengo che il Credito Cooperativo italiano possa giocare un ruolo strategico perché è decisamente ricco ed articolato.
Da un lato le Banca di Credito Cooperativo che sono direttamente attrezzate per supportare le imprese in tutta quella che è l’esigenza ordinaria. Dall’altro il Gruppo bancario di secondo livello, che qui rappresento, che è attrezzato per poter coprire la parte più specialistica e sofisticata. Sto pensando ai processi di internazionalizzazione, alle operazioni di
finanza straordinaria, alla consulenza finanziaria etc.
Tutto ciò passa da un adeguato team di professionisti in grado di poter
creare valore nella loro interlocuzione con il sistema produttivo. È su que-
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sto settore dove stiamo dedicando gli sforzi maggiori in questo periodo.
Moderatore
Grazie a Roberto Mazzotti, vice direttore di Iccrea Holding. E ora l’ultimo veloce giro, come si era detto, di domande. Sono domande telegrafiche e le risposte devono essere più o meno tali.
Ripartirei da Tino Vaccari. Prima qualcuno, Manuel Danieli se non sbaglio, parlava di un certo disordine nella finanza aziendale. Le chiedo: dalla sua esperienza, com’è lo stato di ordine di finanza nelle imprese? C’è
disordine? Si può migliorare? C’è troppo indebitamento a breve termine?
Tino Vaccari
Certamente, per quanto riguarda la piccola impresa, è necessaria
un’azione, anche culturale, di crescita finanziaria.
Faccio questo lavoro da 35 anni e più di una volta ho detto agli artigiani, con una battuta, che però evidenzia questa esigenza molto bene: “Lavorate, caso mai, un’ora in meno nei vostri laboratori ma dedicate un’ora
in più alla gestione finanziaria delle vostre imprese”.
In questi anni ho visto tanti artigiani, con capacità professionali eccezionali, dover chiudere per una pessima gestione finanziaria dell’impresa.
Debbo dire che al riguardo le organizzazioni di rappresentanza, come
la Confartigianato, sono da tempo mobilitate per accrescere la cultura finanziaria delle piccole e delle micro imprese; rilevo però con franchezza,
la necessità che questo ruolo sia sviluppato da tutti i partner che debbono assistere l’impresa nell’accesso al credito: le associazioni, i Confidi
ma anche le banche.
Al riguardo, ci sarebbe molto da dire, per esempio, sul tema della trasparenza, tanto invocata, al centro anche dei criteri di Basilea2.
L’ABI ha lanciato alcuni anni fa il progetto “Patti Chiari”. Ora, a parte il
fatto che se lo ha chiamato così vuol dire che prima i rapporti banca-piccola impresa non erano certo molto trasparenti e pare che anche adesso, dopo averlo sperimentato, resti ancora qualche problema, se è vero
che si è aperta un’indagine della stessa vigilanza sul funzionamento di
“Patti Chiari”.
C’è dunque una responsabilità comune per accrescere la cultura finanziaria delle imprese, che deve esprimersi soprattutto sul territorio.
Le associazioni di categoria, la Confartigianato, che io rappresento,
credo siano fortemente impegnate per l’evoluzione degli strumenti che favoriscono l’accesso al credito – specie tramite i Confidi – e per mettere
nelle condizioni le imprese socie per poter crescere, ed essere competitive, evolvendo, aggiungo, senza snaturarsi.
Mi ha fatto piacere sentire prima alcuni interventi al riguardo, in particolare quello del dott. Mazzotti. Attenzione, è un problema che riguarda
sia le piccole imprese, che le Banche di Credito Cooperativo, radicate sul
territorio, di cui non basta farsene un vanto, ma capire anche le trasformazioni che investono i territori. A volte non sempre abbiamo una lettura
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aggiornata dell’evoluzione economica e sociale dei territori.
Pensiamo solo al fenomeno dell’immigrazione, che non è un problema
solo di lavoro dipendente.
In Emilia Romagna, ad esempio, se esaminate gli Albi Artigiani, uno su
10 come minimo, ha il cognome turco, o del Marocco, o del Ghana; dobbiamo essere in grado di interpretare e capire questi profondi cambiamenti, anche sul versante rapporto Banca-impresa e accesso al credito.
Più in generale le associazioni debbono attrezzarsi per affrontare le sfide del mercato della concorrenza e di tutto quello che oggi mette in difficoltà la piccola impresa, per vincere la sfida alla competizione.
La piccola impresa ha tanti fattori contrari al proprio sviluppo; questa
mattina, giustamente ne veniva citato uno: la burocrazia, ostacolo oneroso alla crescita.
Su questo tema l’impegno delle Confederazioni e dei Confidi è forte.
Così come è determinato l’impegno per processi di crescita del nostro
settore ancorchè non si cresce né per legge, né per decreto, ma per corrispondere alle sfide del mercato.
Certo, ci sono anche dei ritardi, e atteggiamenti di conservazione (non
ho difficoltà ad ammetterlo); mi pare però che siano comuni ad entrambi.
Siamo andati bene per quarant’anni, perché dobbiamo cambiare? Continuiamo così”.
Questo atteggiamento spesso è miope perchè occorre, invece, adeguarsi alle evoluzioni in atto e in parte imposte dall’esterno.
Per quanto riguarda i fattori interni, abbiamo due problemi che limitano
le potenzialità di crescita e di aggregazione, nel campo del credito e dei
Confidi: l’appartenenza e il territorio.
Io credo, davvero che occorra fare un grande sforzo in questo paese
per razionalizzare la rappresentanza degli interessi di categoria.
Lo spettacolo mortificante che vediamo nei telegiornali quando il governo incontra le parti sociali (42 sigle) è unico nel panorama mondiale.
Basta vedere in Europa, per accorgersi che spesso un’organizzazione
rappresenta tutte le PMI.
Questo obiettivo credo debba essere sicuramente perseguito in futuro
anche nel nostro Paese.
Anche sui territori, esiste un eccesso di campanile, riconducibile a livello provinciale. Per questo l’aggregazione dei nostri Confidi è verso una
struttura di tipo regionale.
Per l’artigianato poi, questo livello di aggregazione è quasi obbligato viste
anche le competenze primarie che hanno le Regioni in materia di artigianato.
In prospettiva, non è escluso poi che si possano superare anche gli
steccati, di tipo settoriale, per aggregazioni di Confidi.
Poi ci sono, anche fattori esterni che frenano lo sviluppo del settore che
non dipendono da noi, ma che dobbiamo studiare e interpretare per
orientare il sistema della piccola impresa.
Le normative sono ad esempio un fattore che non dipende da noi.
Voglio fare un piccolo flash al riguardo, in merito ai fondi pubblici di garanzia, perché interessa soprattutto le Banche di Credito Cooperativo che
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useranno, rispetto a Basilea2, il sistema standard.
I Confidi che rimangono “106” non avendo un volume di attività per diventare intermediari “107” purtroppo ponderano il 100%, mentre un Confidi “107” pondera il 20%, cioè la banca accantona un quinto se opera con
questi Confidi.
I Confidi “106” possono avere questi vantaggi in due modi o attraverso
le cartolarizzazioni previste per le garanzie dei Confidi, ma non possibili
per le banche che usano il sistema standard (cioè non per le Banche di
Credito Cooperativo), oppure attraverso la controgaranzia dei fondi pubblici.
I fondi pubblici previsti da Basilea2 sono: Stato, Regioni, enti territoriali o
banche multilaterali di sviluppo come il FEI, con cui noi lavoriamo molto.
C’è un problema serio però: la normativa già emanata dalla vigilanza
al riguardo dice che l’operatività di questi fondi pubblici di controgaranzia
può essere nel limite massimo del valore del fondo.
Ciò significa che un fondo pubblico di un milione di euro (che sia statale o regionale) può fare controgaranzie solo per un milione di euro senza quel concetto di moltiplicatore che è alla base dei rapporti tra i nostri
Confidi e le banche. Di norma il moltiplicatore concesso ai Confidi può arrivare anche a rapporti di 1 a 20.
Questo è un problema che deve essere affrontato da parte delle pubbliche istituzioni, altrimenti diventa un vincolo enorme e lo pagheremo soprattutto noi, ma anche il sistema della Banche di Credito Cooperativo.
I temi affrontati in questa tavola rotonda mi portano a concludere che
le associazioni dell’artigianato, i Confidi, le Banche di Credito Cooperativo in Italia, e soprattutto in Emilia Romagna, possono continuare anche
in futuro a svolgere un ruolo primario per l’accesso al credito delle piccole imprese e delle imprese artigiane.
Per questo voglio dare un messaggio di ottimismo. Le grandi trasformazioni che deve affrontare la categoria, l’evoluzione del sistema bancario e finanziario, non ci debbono far paura.
È una sfida che insieme possiamo vincere.
Moderatore
Grazie. Mi raccomando la brevità. Avevamo detto un secondo giro che
non fosse un intervento ma una risposta.Chiedo a Gabriele Morelli, segretario Cna dell’Emilia-Romagna, da imprenditore che fatica ogni giorno, cosa vorrebbe di più dalla banca e cosa vorrebbe di più dai Confidi,
In sostanza, cosa si può migliorare concretamente nell’operatività quotidiana, nel rapporto fra impresa e banca e impresa e Confidi.
Gabriele Morelli
Recentemente abbiamo svolto un sondaggio tra i nostri associati dal
quale emergono quattro punti di attenzione.
Il primo, il più importante, riguarda la stragrande maggioranza delle im-
150
prese: intervenire sull’elevato costo del ciclo finanziario a breve.
Va migliorato, altrimenti si danneggia l’impresa e anche il rapporto
stesso con la banca perché crea costi elevati di sistema che non avvantaggiano né la banca, né l’impresa. Qui c’è un grosso lavoro da
fare.
Questo ce lo segnalano anche le imprese cosiddette eccellenti che noi
monitoriamo: avere il problema dell’enorme costo, proporzionale ovviamente, della gestione a breve.
La seconda questione: bisogna che proviamo a favorire la capitalizzazione, senza velleità e ideologie.
Da un’analisi molto sofisticata sulla nostra base associativa abbiamo
riscontrato che ci potrebbe essere circa un 13% di imprese che per caratteristiche potrebbe essere interessata (circa 9.000), però bisogna che
troviamo soluzioni diverse da quelle che sono state messe sul mercato,
come i private equity, perché sono assolutamente impraticabili per queste dimensioni di impresa.
Stiamo guardando con attenzione alla formula dei prestiti capitalizzativi. Ma anche qui, ricollegandomi ad alcune cose che diceva Mazzotti, bisogna che ci mettiamo del nostro, bisogna che troviamo banche, associazioni, strumenti e condizioni nuove che devono partire da una migliore conoscenza delle imprese.
Terzo. Non dobbiamo mai perdere di vista la necessità di sostenere la
nascita di nuove imprese, in particolar modo nella base del consolidamento (i primi 3-5 anni), che è il momento più delicato.
Siamo una regione ad alta numerosità di imprese e bisogna che manteniamo il saldo attivo.
Quarto: bisogna saper finanziare i nuovi investimenti in fattori immateriali (servizi e nuove risorse professionali) che sono difficilmente identificabili, perché non c’è la macchina, non c’è il muro: questa è l’economia
del domani.
Per fare questo bisogna avere una conoscenza sofisticata e codificata. Non basta più la faccia e la reputazione dell’imprenditore che abbiamo davanti che, anzi, con le nuove regole rischiano di diventare un
limite.
Sulla conoscenza ci giochiamo parecchio per poter continuare ad essere protagonisti per i piccoli. Volevo proprio chiudere dicendo che su
questo abbiamo avviato, CNA e Bcc, insieme ad Istat, un importante progetto, denominato TrendER, un Osservatorio Congiunturale, che permette di conoscere veramente i piccoli e non per i grandi aggregati della casistica sociologica.
Con questo lavoro vogliamo avviare e sistematizzare una conoscenza
che diventi strumento, da lasciare al territorio per le politiche di sviluppo
locali, ma che nello stesso tempo diventi strumento anche per le banche
e le associazioni per potersi rapportare alla propria clientela con logiche
che il mondo con le sue regole ci richiede.
Quindi una sofisticata conoscenza codificata per poter gestire al meglio i piccoli e saper anticipare le esigenze a cui dare le risposte ne-
151
cessarie.
Moderatore
Grazie a Morelli. Chiedo telegraficamente a Marcello Rossetti: purtroppo il passaggio generazionale è implicito nel succedersi della nostra vita.
Le chiedo se nella sua esperienza, e in quella dei suoi associati, come le
banche stanno aiutando i giovani e i meno giovani nel passaggio generazionale.
Marcello Rossetti
Abbiamo iniziato, come associazione regionale, nei mesi scorsi ad affrontare il passaggio generazionale, inteso come trasmissione d’impresa,
ovvero visto dalla parte dell’impresa.
In quest’ottica abbiamo avuto anche delle difficoltà a parlarne con i colleghi imprenditori proprio perché è un tema che è già stato trattato e ritrattato e viene forse visto dall’imprenditore come qualcosa che non lo riguarda perché è qualcosa che vuole sempre essere demandato.
Allora abbiamo provato a fare un passo indietro e, anziché parlare solo del passaggio generazionale, abbiamo provato a guardare anche di
cosa le nostre aziende hanno bisogno.
E siamo tornati su Basilea2. Il punto qual è? Parlare di passaggio generazionale vuol dire parlare del futuro della propria azienda, della propria impresa e del sistema.
I nostri imprenditori non sono abituati a parlare di questo perché i problemi quotidiani ti fanno stare sul pezzo, giorno per giorno, e non ti permettono di lavorare e di fare contemporaneamente programmazione.
Quindi il passaggio generazionale lo abbiamo inteso anche in questi
termini. Diciamo ai nostri imprenditori che innanzi tutto devono essere
trasparenti (si parlava prima di Basilea2 e trasparenza). Allora, prima di
chiedere trasparenza, o comunque lo si può chiedere contemporaneamente, è necessario che anche noi siamo trasparenti nei confronti del sistema bancario.
La sottocapitalizzazione delle nostre PMI. Un’azienda sottocapitalizzata è molto più difficile da cedere ad altri, che sia all’interno della famiglia o al di fuori della famiglia, rispetto a un’azienda normalmente
capitalizzata.
Quindi è necessario che, con gli strumenti che possono essere messi
a disposizione dai Confidi, con i fondi pubblici, con l’aiuto delle banche o
anche con i nostri soldi è importante fare una serie di operazioni come
ad esempio, la formazione o l’organizzazione aziendale.
Le nostre aziende non sono organizzate. La progettualità, il ragionare
sul medio e lungo termine anziché ragionare sul brevissimo.
Ho avuto l’esperienza personalmente. Il primo finanziamento che ho fatto con la mia azienda, con Fidindustria, l’ho fatto nell’ottica di spostare la
passività, che era tutta sul conto corrente a breve, nel medio e lungo termine perché quando, tre o quattro anni fa, si è iniziato a parlare di Basi-
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lea2 uno dei primi parametri richiesti era, appunto, quello. Ho visto migliorare il mio rating semplicemente spostando la mia passività dal breve al
medio e lungo termine.
È una cosa anche banale però tanti dei nostri imprenditori non lo sanno. Quindi noi dobbiamo, come associazione, cercare di far capire agli
imprenditori che noi vogliamo sapere le loro esigenze per poi mettere a
loro disposizione qualcosa.
In quest’ottica il rapporto con la banca diventa molto più facile perché
io ho le mie esigenze, sono un singolo e faccio fatica a rapportarmi col
sistema bancario. Ma quando noi, come associazione, ci rapportiamo al
sistema bancario, il sistema bancario vede in noi i nostri clienti. Anche loro hanno parlato del passaggio generazionale come di un problema.
Anche pensare a chi riguarda il passaggio generazionale. Quando abbiamo analizzato questo tema, anche prima ne parlavamo; gli imprenditori settantenni?
Io ho 34 anni e se il mio principale fornitore ne ha 75, e non si sta strutturando per fare il passaggio generazionale, la cosa riguarda anche me
perché se perdo il principale fornitore, immediatamente la mia azienda potrebbe andare in crisi.
Il passaggio generazionale, in un certo senso, direttamente o indirettamente, riguarda tutti ed è un problema comune.
Anche in quest’ottica bisogna collaborare, bisogna conoscerci meglio,
mettere a disposizione le nostre conoscenze, le conoscenze che ci portano i nostri imprenditori, rapportarsi col sistema bancario, essere trasparenti, dire cosa siamo e cosa vorremmo fare e insieme collaborare
per trovare una soluzione.
Anche perché, comunque, nelle Bcc ci sono tante aziende che sono
socie. Questa è una cosa importante perché alla fine non è una contrapposizione netta. Molte delle nostre aziende sono socie e forse è lo stesso sistema che deve collaborare per costituire un futuro e risolvere il problema del passaggio generazionale come trasmissione d’impresa perché
– dico questo e chiudo – un’impresa non è solo l’imprenditore e il reddito che porta avanti.
Un’azienda con 30 dipendenti, corrisponde a 30 famiglie che sul territorio producono ricchezza che deve essere redistribuita sul territorio.
Moderatore
Grazie a Marcello Rossetti. Chiedo ora a Patrizia Frabetti, responsabile dei Consorzi Fidi Unioncamere Emilia-Romagna questo: visto che il
consorzio fidi è quello che per primo dà un occhio ai conti delle aziende,
qual è lo stato di salute delle aziende in questo momento, in Emilia Romagna, e in particolare nei settori che lei presiede?
Patrizia Frabetti
I settori di cui ci occupiamo come Unioncamere sono molti per cui
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fra di loro c’è una grossa diversità. Abbiamo constatato che nel 2007
c’è molta più richiesta di finanziamenti per il trasferimento debiti. Questo denota evidentemente un rallentamento degli investimenti in particolare nel terziario mentre hanno un buon trend nella cooperazione e
nell’industria, anche per effetto della riapertura del bando per i finanziamenti ai sensi della legge Sabatini e 598, che ad inizio anno si erano fermati in assenza delle misure agevolative previste, appunto, in
conto interessi.
Sicuramente l’aspetto agevolativo pubblico ha un effetto estremamente vivacizzante della richiesta di finanziamenti da parte delle imprese, soprattutto per investimenti grossi come possono essere quelli nel campo
dell’innovazione tecnologica, commerciale, ambientale o per acquisto di
macchinari, che è tipico della Sabatini.
Nel settore del commercio si sta soffrendo maggiormente.
In particolare le nuove imprese costituite da extracomunitari subiscono
il fattore di poca conoscenza del tessuto economico nel quale vanno ad
operare e spesso chiudono nei primi anni di attività, determinando insolvenze per le quali i Confidi debbono rispondere verso le banche convenzionate.
I Confidi regionali hanno affidato a tal proposito la gestione delle sofferenze, ad un ufficio legale presente nella società di servizi, Confidi Emilia Romagna servizi srl, che hanno costituito alla fine del 2004 per accentrare alcune funzioni e ridurre così i costi per i tre organismi, così come ha fatto a suo tempo il mondo delle Bcc costituendo la vostra Federazione.
Moderatore
Soprattutto dal Veneto arriva la sensazione che si chiedano soldi ai
Confidi per pagare le tasse, per pagare i contributi. Le risulta vero?
Patrizia Frabetti
Questa è l’indagine che ha fatto il suo collega, che attraverso interviste
telefoniche ci ha chiesto i dati dell’operatività dei Confidi dell’Emilia Romagna dei diversi settori economici e poi nell’articolo ha dovuto evidenziare un dato che sarà sicuramente vero per il Veneto, ma che nella nostra regione non è riscontrabile e cioè che l’attività dei Confidi è principalmente rivolta a finanziare le imprese in difficoltà per il pagamento delle tasse.
No, direi che nella nostra regione questo non avviene. Innanzitutto
i finanziamenti offerti con la garanzia dei nostri Confidi regionali sono rivolti a operazioni a medio termine per finalità precise e la liquidità non è prevista, se non in modo marginale e solo in alcuni confidi provinciali.
Ribadisco che la maggioranza dei finanziamenti sono essenzialmente
erogati per investimenti in attrezzature e in impianti, nonché per il conso-
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lidamento dell’occupazione, per l’apertura di nuove imprese, per la partecipazione a gare ed appalti ed anche per l’aumento del capitale sociale nel settore della cooperazione e per il prestito partecipativo nel settore industria, poiché vogliamo preparare le imprese socie alla sfida del rating che le banche assegneranno loro per decidere il prezzo del finanziamento.
Moderatore
Grazie a Patrizia Frabetti. Da Emanuel Danieli, Fidindustria Emilia-Romagna, vorrei sapere come si possono sviluppare i rapporti banca-impresa e come si immagina, in particolare, il rapporto fra banca e impresa
in futuro.
Emanuel Danieli
Credo che ci saranno imprese che avranno necessità di selezionare,
intanto, il panel delle imprese bancarie con cui lavorano. Ci sono ancora
troppi multiaffidamenti.
Basilea in questo senso ci darà una mano.
Penso che noi consorzi fidi dobbiamo cominciare ad immaginare un
nuovo rapporto convenzionale in grado di supportare questa evoluzione
verso un modello di banca di riferimento.
Credo che il gruppo delle Banche di Credito Cooperativo possa essere un interlocutore assolutamente privilegiato per questa evoluzione anche per i dati che abbiamo visto nella ricerca che ci è stata presentata,
poi confermati anche dai dati presentati da Banca d’Italia.
Immagino una convenzione dove noi consorzi fidi siamo diventati degli
intermediari finanziari. Non importa se solamente intermediario finanziario o banca. Questo è un dettaglio su come vorremo e saremo in grado
di costruire la macchina più adatta. Sappiamo però che sicuramente la
forma dell’intermediario finanziario vigilato è fondamentale per dare una
garanzia che pesa e che la banca può valutare nel fare la sua istruttoria
di affidamento.
Senza fare troppa poesia, ma con un esempio pratico. Un prezzo del
finanziamento, quello con il rischio in capo alla banca, viene fatto secondo il rischio rappresentato dal prenditore di denaro.
L’altra parte, quella garantita dal consorzio fidi vigilato, viene fatta come se fosse una erogazione di denaro a un soggetto vigilato.
Il tasso finale sarà dato dalla ponderazione di questi due prezzi e ne
consegue uno sconto per le imprese. Ed era il tema che aveva introdotto
Tino Vaccari.
Secondo: non immagino più dei consorzi fidi, come il mio, con 35 convenzioni. Immagino dei consorzi fidi con 5 convenzioni al massimo, con
dei gruppi bancari, o con una rete di banche, in grado di intervenire efficacemente anche sulla possibilità insieme di fare cultura finanziaria per i
nostri associati/clienti e per, eventualmente, aumentare la possibilità di
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servizio per le imprese.
Terzo: immagino una convenzione dove usciamo in estrema trasparenza insieme, proponendo un tasso finito, il cosiddetto TAEG, o indicatore sintetico di costi, in maniera tale da rendere assolutamente visibile rispetto al mercato il ruolo della garanzia in termini di risparmio
per l’impresa.
Infine mi immagino anche una forte possibilità di dialogo con la Federazione delle Banche di Credito Cooperativo perché noi siamo cooperative che speriamo di diventare intermediari finanziari vigilati.
Dobbiamo evolvere verso un mestiere che non sappiamo ancora fare
e avremo probabilmente la possibilità, anche con un intenso dialogo con
la Federazione, di crescere in questo senso.
Moderatore
Grazie. L’ultima domanda prima dello stacco musicale a Roberto Mazzotti, vice direttore di Iccrea Holding al quale chiedo: il mondo delle Bcc si
configura sempre più come mondo di piccole e medie banche al servizio
di piccole e medie imprese. Come cambieranno i servizi che offrirete a
queste piccole e medie imprese, perché neppure loro sono molto stabili o
molto statiche, anche loro vogliono crescere e vogliono diventare dinamiche. Come asseconderete in questo senso la domanda delle imprese?
Roberto Mazzotti
In funzione delle esigenze. Come dicevo prima, essendo banche locali, c’è una forte attenzione all’evoluzione della domanda da parte delle imprese e stiamo indirizzando la nostra offerta di conseguenza.
Prima veniva evidenziata l’esigenza di sistemare la finanza all’interno
delle imprese stesse, perché c’è disordine (si usava questo termine).
Il disordine non lo si sistema semplicemente con un prodotto, ma nell’entrare in un rapporto consulenziale (e qui il ruolo dei Confidi per me è
strategico perché è con loro che andrà fatta questa attività nei confronti
delle imprese) aiutando l’interlocutore a razionalizzare le voci patrimoniali, nel senso di portare a voce propria le varie fonti di denaro di cui
l’azienda ha bisogno.
Se c’è bisogno di credito a breve per finanziare l’attività circolante dell’impresa, vado lì. Se faccio investimenti non lo posso fare con l’apertura
di credito, ma devo andare con un finanziamento adeguato in funzione
degli investimenti che si intendono effettuare.
Quando c’è bisogno di capitale, occorre accedere alle formule di cui
si parlava questa mattina e non solo private equity, ma anche soluzioni
intermedie. In merito auspico (e ce lo dicevamo anche prima con delle
battute), che in Italia impariamo ad avere imprese ricche, con imprenditori ricchi e non imprese povere e imprenditori ricchi, perché questo è
un vizio che c’è e abbiamo bisogno di fare un salto di qualità ulteriore
verso la solidità delle imprese e capaci di essere rappresentate da un
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rating adeguato.
Moderatore
Grazie anche a Roberto Mazzotti.
Concludiamo la nostra tavola rotonda. Ringrazio i miei interlocutori, che
hanno avuto la pazienza di rispondere e che sono rimasti perfettamente
nei tempi che ci erano stati affidati.
Ora è la volta dell’intervento dell’avvocato Alessandro Azzi, a cui seguirà un’intervista conclusiva con il presidente di Iccrea Holding, Giulio
Magagnai. Dall’avvocato Azzi ci aspettiamo una relazione di sintesi sullo
stato di salute del sistema del credito cooperativo.
Ci sono stati tanti numeri durante questi tre giorni e ora avremo una visione di insieme di quello che il Sistema Federcasse è e dove vorrà andare, soprattutto sul tema della formazione dei Fondi Di Garanzia.
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ALESSANDRO AZZI
Presidente Federcasse
Grazie a tutti voi per l’invito che, come sempre, ho accolto con entusiasmo e sono stato ripagato anch’io, come tutti, dalla proficuità dei lavori di queste giornate.
Questa è una stagione di convegni delle nostre Federazioni locali, così come quella primaverile è stagione di assemblee.
Certamente anche quest’anno il convegno della Federazione Emilia
Romagna si caratterizza per l’ottima organizzazione e anche per l’importanza, la rilevanza, l’acutezza dei temi che ci porta a trattare.
Il tema nevralgico del convegno: il rapporto banca-impresa
Il convegno in questi tre giorni ha posto l’accento su un tema nevralgico, sul quale si gioca gran parte della sfida in termini di mercato e di competitività per le nostre banche: quello del rapporto banca-impresa. E bene ha fatto la Federazione a commissionare una ricerca per approfondirne le caratteristiche e la qualità a livello territoriale.
Sono diversi gli spunti che l’analisi suggerisce. Ne richiamo soltanto
tre, che riguardano:
– l’intensità delle relazioni operative tra Bcc e imprese socie;
– le attese delle imprese;
– gli indicatori della soddisfazione nel rapporto banca-impresa.
Sotto il primo profilo, la ricerca ha evidenziato che esiste una percentuale non irrilevante (circa 40%) di imprese socie di Bcc che non
ha un rapporto primario con la banca. Come esiste, però, una percentuale ancora più elevata (46%) di imprese che non sono socie ed intrattengono una relazione privilegiata con le Bcc. Per quanto riguarda
il primo aspetto, una possibile spiegazione è che si tratti di imprese nel
tempo diventate più grandi e che per tale ragione abbiano allentato i
rapporti operativi con la Bcc, di cui però sono rimaste socie magari solo per questioni affettive. In ogni caso, accanto alla questione operativa (i soci dovrebbero essere i primi clienti della Bcc), si pone per noi
anche una questione identitaria, che riguarda il tema, tipicamente mutualistico, del vantaggio assicurato ai soci. Mai come oggi le nostre
banche sono chiamate a gestire i propri soci, perché niente (e nessu-
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no) può ritenersi acquisito una volta per tutte (anche se il dato della
durata del rapporto con la Bcc ci conforta: nel 72% dei casi è superiore a 5 anni, a conferma che la Bcc non si proclama, ma effettivamente è e si pone, come “banca di relazione”). Per quanto riguarda, invece, il profilo delle numerose imprese che, pur non essendo socie, intrattengono relazioni privilegiate con le nostre banche, ovviamente ciò
implica un grande spazio per estendere il reclutamento di questi soggetti nelle nostre compagini. Ed è una prospettiva decisamente incoraggiante.
Il secondo accento che volevo porre è sulle richieste delle imprese, su ciò che le imprese ritengono rilevante. Non mi ha sorpreso
che la dimensione in assoluto più “pesante” nel rapporto con le banche sia il costo del credito, cui segue, ed è l’unica dimensione correlata, la disponibilità di credito. Né mi ha stupito che questo dato sia
neutrale rispetto alla qualifica di socio o meno della banca (e anche,
pur se con qualche specifica, rispetto alla dimensione dell’impresa).
Ho trovato però abbastanza sorprendente che, nella graduatoria delle dimensioni rilevanti del rapporto banca-impresa, l’innovazione
(rappresentata dalla presenza di prodotti/canali alternativi) sia
l’aspetto meno considerato, più o meno a pari merito con la diversificazione di prodotti e servizi e la presenza di servizi per l’estero. È
un dato che merita una riflessione e che si presta a diverse possibili interpretazioni. È evidente, in ogni caso, che la convenienza è un
tema sempre più centrale nei rapporti di clientela (e vale per le imprese, come per i privati). Anche qui, c’è una sfida per le nostre banche che non si esprime solo in termini di mercato, ma direi anche
statutari, visto che nostro obiettivo, sancito nell’articolo 2, è quello di
“favorire i soci e gli appartenenti alle comunità locali nelle operazioni e nei servizi di banca”. “Favorire” vuol dire assicurare qualità e
convenienza. Certo, una convenienza che vorremmo venisse valutata non tanto o soltanto in termini puntuali, ma in una logica più ampia di relazione di lungo periodo. In ogni caso, è un dato evidente
che la selezione tra i diversi intermediari e la preferenza all’uno piuttosto che all’altro viene accordata in base ad elementi sempre più di
carattere oggettivo e tangibile.
C’è però un aspetto correlato al tema del costo del credito per le imprese che non va sottovalutato, e si lega al dibattito ora concluso in materia di rapporto con i Consorzi di garanzia fidi. I Confidi, oltre a favorire l’accesso al credito per chi non dispone di sufficienti garanzie, consentiranno, infatti, di ottenere migliori condizioni di prezzo e di qualità
sui finanziamenti erogati. Questo sollecita le Bcc – che con i Confidi
hanno una lunga tradizione di collaborazione – ad intensificare i rapporti con questi soggetti, con i quali, non a caso, stanno entrando in relazione anche le grandi banche su segmenti di operatività particolarmente interessanti.
Abbiamo ascoltato da Mazzotti le iniziative che si stanno predisponendo, con il sostegno di Iccrea Banca, per realizzare operazioni di cartola-
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rizzazione delle garanzie dei Confidi o di tranched cover(1). Già da tempo,
comunque, il Credito Cooperativo, in relazione all’accordo di partnership
siglato con Fedartfidi, ha delineato una strategia per affrontare questa
evoluzione del mercato, promuovendo forme di collaborazione con i Confidi volte a realizzare la condivisione di alcune fasi della pre-istruttoria e
dell’istruttoria di fido, valorizzando la conoscenza e le competenze di
queste strutture. Inoltre, come previsto dall’accordo quadro con Fedartfidi, è stato messo a disposizione dei Confidi artigiani uno strumento di autovalutazione delle imprese coerente con l’approccio adottato dal Credito Cooperativo ai fini dell’adeguamento a Basilea 2.
Accordi di partnership saranno definiti a breve con altre organizzazioni di categoria dei Confidi. Sono in corso contatti.
Terza sottolineatura sugli esiti della ricerca, che si lega al profilo delle
attese delle imprese: la loro soddisfazione rispetto alla relazione con le
Bcc. Ne emerge un risultato molto incoraggiante (la quota di giudizi positivi e molto positivi è in molti casi superiore al 90% delle risposte valide),
sul quale, tuttavia, non mancano gli spunti di riflessione. Intanto perché ci
sono dimensioni sulle quali la soddisfazione della clientela imprese delle
Bcc presenta margini di miglioramento (in particolare il costo del credito,
che in assoluto evidenzia il minor livello di soddisfazione, ma anche il turnover del personale). E poi perché, in generale, il grado di soddisfazione
è minore quando il confronto è fatto con banche nazionali. E questo ci
porta alla questione della crescita delle pressioni concorrenziali, che si
fanno sempre più forti, a carico delle nostre banche.
La sfida della concorrenza
È un dato di fatto che all’interno del mercato creditizio in pochissimo
tempo è cresciuto fortemente l’indice di concentrazione.
In Italia, alla fine del 2006 operavano 793 banche; erano 1.341 nel
2000 e quasi 250 in più cinque anni prima, nel 1995. In questo tempo
è anche sensibilmente cresciuta la presenza delle banche estere in Italia. Come evidenziato nella relazione della Banca d’Italia al Parlamento dello scorso giugno, le filiazioni di gruppi esteri nel nostro Paese nel
2006 erano 24 (4 in più del 2005), con 2.617 sportelli (504 in più dell’anno prima).
La concorrenza, straordinariamente cresciuta in questi anni, si è poi
sempre più spostata sui mercati locali, sui nostri mercati e indirizzata ai
nostri segmenti di clientela.
Cosa è successo nel frattempo alle Bcc?
(1)
L’Accordo di Basilea 2, al punto 199, definisce la tranched cover così: "Se una banca trasferisce parte del rischio di
un’esposizione in una o più tranche a uno o più fornitori di protezione, accollandosi essa stessa una quota di rischio, e
le due parti (quella trasferita e quella mantenuta) hanno un diverso grado di prelazione, essa potrà ottenere una protezione sia sulla tranche di primo sia su quella subordinata. In questo caso si applicano le regole specificate nella Sezione IV (Rischio di credito – Schema per le operazioni di cartolarizzazione)." La garanzia con tranched cover è quindi una forma di cartolarizzazione virtuale, che implica la cessione dalla banca originator ai confidi di una tranche del rischio di prima perdita su un pool di prestiti opportunamente individuato, e la ritenzione di tale rischio da parte dei confidi contro l’effettuazione di un deposito pignoratizio, finanziato dai fondi rischi. Questa soluzione consente di evitare la
creazione di una società veicolo e di abbattere i costi fissi delle transazioni di cartolarizzazione, sopportabili soltanto
su deal per centinaia di milioni di euro.
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Anche le Banche di Credito Cooperativo sono state protagoniste di
profondi cambiamenti. Le nostre banche hanno vissuto un intenso processo di aggregazione al loro interno che ne ha razionalizzato la presenza sul territorio. Nel contempo, hanno rafforzato la loro capillarità
(oggi gli sportelli hanno raggiunto quota 3.800, più dell’11% del totale
delle dipendenze bancarie). Hanno spostato il loro baricentro verso centri di maggiore dimensione (nel 2006, oltre l’85% degli sportelli era insediato in piazze fino a 50 mila abitanti, ma dal 2001 al 2006 la presenza delle Bcc in piazze oltre 50 mila abitanti è passato dal 12,8% al
14,8%). Hanno accresciuto sensibilmente il numero dei soci e, eliminati
i vincoli categoriali, diversificato notevolmente la compagine sociale rispetto al passato.
Le Bcc sono state protagoniste di un notevole successo di mercato, testimoniato dall’incremento delle loro quote nel core business dell’attività
bancaria: raccolta e impieghi. Dal 2001 al 2006, infatti, le quote di mercato degli impieghi delle banche maggiori e grandi sono diminuite del 7%;
quelle delle banche piccole e minori (di cui le Bcc rappresentano la gran
parte) si sono incrementate quasi del 6%. Nella raccolta, le quote di mercato delle banche maggiori e grandi sono diminuite del 4,3%; quelle delle banche piccole e minori sono aumentate di oltre il 4%. Le percentuali
sarebbero ancora più significative, se il conteggio venisse effettuato a
partire dal 2000.
Questi risultati, che probabilmente sono anche frutto della momentanea
debolezza della nostra concorrenza, non potranno essere semplicemente
replicati nel futuro. Che si presenta con nuove insidie e con nuove sfide.
Le numerose altre sfide
Le abbiamo censite in diverse occasioni.
Un’analisi che ha suscitato una forte condivisione e numerosi riscontri
da parte delle Bcc è stata quella da me esplicitata nella lettera che vi è
giunta alla fine di maggio, a ridosso dell’assemblea della Banca d’Italia.
Ne riepilogo i principali passaggi, che sono tuttora attuali, perché la consapevolezza dello scenario nel quale ci muoviamo è un dato fondamentale per elaborare qualunque strategia.
In quella comunicazione si evidenziava, in particolare, il fatto che l’intensa ulteriore polarizzazione del mercato bancario ponesse nuove questioni alle nostre banche, non soltanto sul piano concorrenziale, ma anche su quello culturale-reputazionale. Grazie, infatti, ad una efficace campagna mediatica, un risultato che le concentrazioni hanno già prodotto è
quello di accreditare l’immagine di un sistema divenuto, attraverso tali
processi, più efficiente, moderno e competitivo. In poche parole sembra
passata l’equivalenza: concentrazione = evoluzione. Che, per converso,
significa anche piccola dimensione = minore efficienza. Addirittura qualcuno tale equazione la esplicita e la enfatizza.
Mi riferisco al corsivo di Franco Locatelli sul Sole 24Ore di qualche
giorno fa, significativamente titolato: “Sono nate 100 nuove banche lo-
162
cali: brutto segno”. L’articolo, prendendo spunto da uno studio contenuto nel 12° Rapporto sul sistema finanziario italiano della Fondazione
Rosselli (che, peraltro, esclude dalla sua analisi le Bcc, ma Locatelli
non lo dice), afferma in sintesi che la nascita di nuove banche locali non
risponderebbe tanto al vuoto lasciato sul territorio dalle concentrazioni
tra gli istituti maggiori, ma sarebbe la spia di una realtà patologica e di
una zona grigia fatta spesso (cito testualmente) “di omertose connivenze e complicità ai limiti o addirittura fuori della legalità”. Il commento a
queste affermazioni credo potrebbe (o dovrebbe) venire, in primo luogo, dalle Autorità (Banca d’Italia e Consob) che quelle imprese bancarie hanno autorizzato ad operare e quelle imprese costantemente vigilano. Poi dalle rappresentanze imprenditoriali, che dovrebbero avere a
cuore il tema della libertà di fare impresa. Salvo che fare impresa bancaria debba essere attività riservata a pochi….Quindi dalle stesse banche locali, accomunate tutte in un indistinto calderone. Ci sarebbe molto da dire…Capite bene, però, che appare legittimo il sospetto che certe posizioni non emergano casualmente, ma rispondano ad un preciso
interesse: quello di attribuire patenti di efficienza, efficacia o addirittura
legalità sulla base della dimensione. E di screditare, di conseguenza, le
piccole banche.
Tra l’altro, come ha evidenziato il professor Carretta una settimana fa
al convegno della Federazione Lombarda, i numeri post fusioni non corroborano molto la tesi dell’utilità delle concentrazioni. L’esperienza infatti,
ha argomentato Carretta, documenta che il dibattito è aperto e che l’impatto delle aggregazioni sulla creazione del valore, sull’efficienza operativa e sull’efficacia competitiva delle banche coinvolte appare, tutto sommato, deludente. Ma la conclusione più interessante che il professore
suggerisce è che la presenza di banche locali costituisce un fattore rilevante per il buon funzionamento stesso del mercato. Perché, infatti, in assenza di concorrenza gli eventuali guadagni di efficienza dovrebbero essere resi disponibili ai consumatori? E chi, se non le banche locali, può
assicurare la concorrenza sui mercati locali? Il ruolo vitale delle Bcc è allora proprio questo, in senso economico: mantenere contendibili le quote di mercato sui mercati locali.
Nella lettera dello scorso maggio richiamavo poi le maggiori pressioni
competitive sulle nostre banche derivanti dalla nuova attenzione al territorio espressa praticamente da tutti gli intermediari e le complesse novità del quadro normativo che, dati i forti impatti organizzativi e operativi,
richiedono alle Bcc rilevanti investimenti di risorse ed energie. A quest’ultimo proposito, abbiamo più volte rappresentato ai regolatori e ai decisori pubblici, e anche con una lettera al Governatore Draghi del 1° agosto scorso, la necessità di valorizzare pienamente un principio di proporzionalità nell’adeguamento alle norme. Faccio un esempio concreto:
quello dell’introduzione dei nuovi principi contabili internazionali, che nel
nostro Paese è stata prevista per tutte le banche e gli intermediari finanziari sottoposti alla Vigilanza della Banca d’Italia. Questa scelta è stata
una delle più estensive con riferimento al settore senza scegliere il pro-
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cedimento di implementazione della cosiddetta “better regulation”: ciò
che ha impedito, come ricordava l’altro ieri nella sua relazione il Direttore Generale di Federcasse, di intervenire in sede di consultazione per richiedere l’applicazione del principio di proporzionalità. Oltre alla Spagna,
dove l’applicazione degli IAS/IFRS alle banche non quotate pare sia stata attuata con modalità differenziate, l’Italia risulterebbe l’unico Paese tra
quelli europei di maggiore importanza ad aver esteso integralmente a tutti gli intermediari le previsioni del regolamento comunitario. In termini di
analisi costi/benefici non si può non rilevare come questo tende oggettivamente a penalizzare le banche di minori dimensioni e ad operatività locale. Contatti sono in corso con la Banca d’Italia per ottenere semplificazioni contabili e di rappresentazione di bilancio.
Resta ferma però un convincimento ben preciso: ciascuno dei nostri
Consigli di amministrazione, ciascuno di noi amministratori ha responsabilità precise e inedite nell’assicurare alla propria Bcc la corretta applicazione delle nuove regole e, quindi, condizioni di sana e prudente
gestione.
Richiamo un ultimo elemento di scenario, del quale non possiamo non
tenere conto: le controversie che riguardano l’impresa cooperativa, le sue
specificità ed, in particolare, il trattamento fiscale di cui è destinataria.
Si tratta di temi che ciclicamente ci ritroviamo ad affrontare. D’altronde,
si potrebbe dire che hanno fatto parte da sempre della storia cooperativa.
Non a caso, le Casse Rurali al loro sorgere vennero definite “un assurdo
economico”. In effetti, la “dualità” che contraddistingue l’impresa cooperativa non è facile da gestire ed accettare. Spesso si vorrebbe normalizzarne il funzionamento, magari in ragione della dimensione d’impresa o del
settore in cui opera. Ma così facendo si comprometterebbe l’esistenza tout
court dell’impresa cooperativa. La cui peculiarità è di fare impresa, e dunque fare business, all’interno di un orizzonte di socialità. Per essere ancora più espliciti, la mutualità per le Bcc non rappresenta una cornice “alta”
di valori lontana dall’operatività e neppure un criterio o un vincolo per la
destinazione di una parte degli utili, ad esempio a beneficenza. Non è solo “a monte” e non interviene solo “a valle”. È, deve essere, e deve esprimersi, all’interno dell’attività d’impresa. Nel quotidiano dell’attività bancaria. E le finalità mutualistiche non sono perseguibili con forme d’impresa
diverse dalla cooperativa mutualistica. Non ha senso scorporare l’attività
imprenditoriale, racchiuderla dentro una forma di società di capitali e trasferire la proprietà in una fondazione. Significherebbe snaturare la mutualità che è una precisa filosofia d’impresa e non una forma di filantropia. Significherebbe, come risulta evidente dell’esperienza delle Casse di risparmio, decretare la fine di banche autenticamente locali e, soprattutto
negare la validità di un certo tipo di localismo bancario che può essere
correttamente realizzato nei confronti delle comunità, solo con la forma
mutualistica, specie in una prospettiva di lungo periodo.
È questo il piano sul quale si misura la nostra coerenza, sul quale le
nostre banche giocano la propria reputazione. Sul presidio di questi fattori la nostra sensibilità è, e deve essere, altissima. Anche perché su que-
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sta coerenza e, quindi sull’autentica natura di cooperative a carattere di
mutualità prevalente, si misurerà sempre più la meritevolezza del regime
fiscale di cui le nostre banche sono destinatarie.
Agli elementi di scenario competitivo e di contesto regolamentare si
aggiungono, poi, quelli di carattere interno, le sfide che la nostra stessa
crescita ci pone. In particolare ne richiamo una, sulla quale mi ero già intrattenuto inviando a tutte le banche una comunicazione lo scorso anno:
la sfida della gestione del rischio.
Sottolineavo allora che la crescita degli impieghi delle Bcc aveva assunto, soprattutto nell’ultimo biennio, caratteristiche di novità: una parte
significativa dell’incremento era stata indirizzata al sostegno delle imprese maggiori, con erogazioni mediamente più consistenti. Invitavo anche
a riflettere sul fatto che le politiche di sviluppo creditizio nei confronti delle imprese si stavano orientando verso settori in media maggiormente rischiosi. Affinare le tecniche di gestione dei rischi è dunque un imperativo. Se ne è avuta straordinaria evidenza recentemente anche in relazione alla vicenda dei mutui subprime.
In ogni caso, il monitoraggio ed il presidio dei rischi è un tema sempre
più centrale nell’attività bancaria. E molti sono gli strumenti al riguardo
proposti negli ultimi anni dalla categoria.
Nevralgico, in particolare, sarà il Fondo di Garanzia Istituzionale. Strumento al servizio della competitività della singola banca e della coesione
del sistema.
FGI: un concreto vantaggio per tutti
Ne abbiamo sottolineato i vantaggi (di mercato, intesi come migliore
accesso ai mercati finanziari; regolamentari, in ragione della possibilità di
utilizzare criteri di vigilanza prudenziali più favorevoli con la cosiddetta
ponderazione zero; di reputazione e relazione con la clientela, anche di
tipo istituzionale) in molteplici occasioni. E abbiamo più volte ribadito che
la logica della cooperazione che si traduce in questo strumento rappresenta la forma più forte di auto-difesa che abbiamo, la risposta secondo
un vocabolario mutualistico alle sfide cui altri intermediari rispondono attraverso la concentrazione e l’aggregazione.
Abbiamo effettuato simulazioni, evidenziando che il costo del FGI risulta più contenuto di quanto inizialmente stimato: da una proiezione sulla dotazione monetaria, commisurata alla perdita attesa del nostro sistema nel prossimo triennio, si evince infatti che nel 2010 l’impegno finanziario sarebbe pari a circa 69 milioni di euro (appunto inferiore a quello
inizialmente stimato). Se facciamo poi un’analisi costi/benefici, valorizzando il vantaggio dell’utilizzo dei fondi che dall’esistenza del FGI verrebbero liberati a favore di impieghi a clientela e, più in generale, per attività fruttifere, osserviamo che i benefici superano i costi, sia considerando la normativa prudenziale attuale, sia la nuova normativa di Basilea
2. A questo, andrebbe aggiunto l’ulteriore vantaggio derivante dal miglioramento del costo del funding.
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C’è poi un ulteriore aspetto da considerare, che attiene alle tendenze
di alcuni aggregati.
Come noto, le nostre banche hanno accresciuto i propri impieghi negli
ultimi anni a ritmi che sono stati in certe fasi anche tripli rispetto al resto
del sistema bancario. Questo, ovviamente, ha riflessi sul coefficiente patrimoniale, che risulta tendenzialmente decrescente, seppure attestato
per le Bcc su livelli decisamente superiori a quelli medi dell’industria bancaria. In ogni caso un’analisi a dicembre 2006 evidenzia che oltre 50 Bcc
presentano un coefficiente inferiore all’11%.
Il Fondo di Garanzia Istituzionale rappresenta una risposta anche a
questo problema, in quanto la ponderazione “zero” delle esposizioni tra
le banche garantite dal Fondo consente di effettuare impieghi senza assorbimento di capitale, che viene così liberato, in proporzione all’operatività di ciascuna banca aderente verso il sistema del Credito Cooperativo.
Si creano, in sostanza, i presupposti per lo sviluppo di una finanza di sistema integrata e maggiormente efficiente.
Insomma, credo non esistano molti dubbi sul fatto che il Fondo di Garanzia Istituzionale rappresenti uno strumento strategico e lungimirante di
auto-tutela e auto-promozione della nostra categoria. Non a caso, l’ultima
relazione della Banca d’Italia parla esplicitamente del Credito Cooperativo
in due passaggi: in uno, definendoci come “intermediari specializzati nel finanziamento delle economie locali”; nell’altro, censendo l’iniziativa della
costituzione del FGI, un “sistema di tutela istituzionale volto a prevenire o
evitare la crisi delle aderenti mediante la protezione reciproca contro i rischi
di illiquidità e di insolvenza”. Sono due citazioni che pongono l’accento sui
pilastri della nostra strategia: l’identità, da un lato; la coesione, dall’altro.
Il percorso verso la costituzione del FGI è oggi avanzato, anche se non
compiuto. Abbiamo preferito il percorso che ci è più proprio: quello, più
difficile, del confronto, dell’ascolto, del cammino per giungere a convincimenti comuni. Questo percorso sta consentendo di mettere a punto una
configurazione dell’ormai imminente Fondo di Garanzia Istituzionale che
risulterà maggiormente aderente agli obiettivi che delineammo molto
chiaramente a Parma:
– primo obiettivo, quello di favorire lo sviluppo di un efficace “finanza di
sistema”. Finanza di sistema significa, da un lato, la migliore allocazione delle risorse finanziarie delle nostre BCC; dall’latri vuol dire rendere possibile il loro funding alle migliori condizioni , necessario per sostenere i ritmi di sviluppo dell’intermediazione;
– secondo obiettivo, quello di fare del Fondo di Garanzia Istituzionale
uno strumento che accresca l’efficienza delle capacità delle nostre Federazioni Locali nel monitorare i livelli di rischiosità delle banche, allo
scopo di prevenire situazioni di instabilità o, peggio, di default.
Quello che non dobbiamo allentare è ora la tensione verso l’obiettivo.
Verso il quale stiamo camminando – ed è questo un risultato in sé – secondo logiche e metodi cooperativi. Che ci fanno ben sperare circa la
possibilità di raggiungere la meta tutti insieme, tutte le Federazioni Locali insieme, come sistema.
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Già operativo, sperimentato con soddisfazione in alcune realtà territoriali, e dalla vostra Federazione fortemente sostenuto, è poi il percorso
della formazione identitaria, Coopernico, strumento strategico di valorizzazione e condivisione della nostra cultura distintiva. Invito tutti voi a frequentarlo.
Il servizio alle imprese
Torno sul tema centrale di questo convegno e mi avvio alla conclusione.
Di cosa hanno bisogno le Bcc per assicurare un servizio di qualità alle imprese loro socie e clienti?
Sicuramente di continuare a sviluppare la loro capacità di relazione. Sicuramente di mantenere, e anzi accentuare, le caratteristiche di disponibilità, flessibilità, reattività, che le hanno rese preferibili da parte di tanti
clienti (ma attenzione, perché, come si evince dall’Indagine sullʼeconomia
regionale della Banca d’Italia, l’ammontare massimo del credito alle piccole imprese non assistito da garanzie reali che può essere concesso in
autonomia dalle strutture periferiche è pari in media a 55 mila euro per le
Bcc e 175 mila euro per le altre banche). Ma, altrettanto sicuramente, le
Bcc hanno bisogno di poter contare sul pieno sostegno del loro sistema.
A questo riguardo, conoscete le strategie, le iniziative e i progetti in
cantiere del Gruppo Bancario, del quale vanno sottolineati anche alcuni
importanti risultati raggiunti, in particolare nel settore dei sistemi di pagamento, del capital market e della finanza (penso in particolare all’MTF
recentemente costituito, in risposta alle previsioni della direttiva Mifid).
È ovvio che dalle società di sistema le banche si attendono risposte
sempre più qualificate ed efficienti. È nella struttura e nell’organizzazione
del nostro network che fasi, processi di lavoro e prodotti-servizi vengano
gestiti in una logica di complementarietà e sussidiarietà. L’auspicio è quindi che si sviluppino relazioni sempre più intense di reciprocità all’interno
della rete del Credito Cooperativo. E si rafforzino tutte le possibili sinergie,
per valorizzare le specializzazioni, raggiungere una maggiore efficienza
ed efficacia e, soprattutto, evitare ingiustificabili dispersione di risorse.
Abbiamo alle nostre spalle dodici mesi di lavoro intenso, caratterizzato
anche da una dialettica interna vivace, come è peraltro naturale accada in
una realtà plurale, che ha visto protagonista il polo nazionale (il Gruppo
Bancario Iccrea) e il polo interregionale che fa capo a Cassa Centrale
Banca. La dialettica si è acutizzata con la crescita del grado di polarizzazione tra i due soggetti. I quali si presentavano (e anche oggi si presentano) con offerte analoghe, in modo sostanzialmente alternativo, a porzioni
rilevanti della medesima platea di Bcc. Dividendola, di fatto. Spesso incrinando l’armonia interna a singole Federazioni regionali. Con un risultato
evidente: l’indebolimento complessivo di tutto il Credito Cooperativo.
Abbiamo sperimentato che forme accentuate, quasi esasperate, di
competizione interna tra i poli imprenditoriali non solo non generano vantaggi reali, ma nel giro di poco tempo producono conseguenze insoste-
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nibili e dannose. Dosi ragionevoli di competizione possono infatti anche
produrre qualche grado in più di efficienza. Ma se la competizione rischia
di mettere in crisi il modello del sistema, se minaccia la stabilità e l’unità
delle Federazioni Locali, allora diventa irrazionale. Distoglie e assorbe
energie che dovrebbero essere piuttosto convogliate per contrastare la
vera concorrenza, quella esterna. Ed è questo un lusso che non ci possiamo permettere.
Ho più volte sottolineato che riconoscere l’esistenza di una pluralità di
poli industriali all’interno del Credito Cooperativo non significava rinunciare a fare di tutto per individuare e realizzare con convinzione forme di
collaborazione e di integrazione operativa finalizzate a raggiungere obiettivi nell’interesse delle nostre banche. Favorire sinergie interne che consentano di valorizzare le specializzazioni delle diverse società di servizio
è una strada possibile e da perseguire.
È chiaro che occorre un forte esercizio di responsabilità da parte delle
componenti associative, Federcasse e Federazioni Locali, e da parte dei
due poli industriali. Incombe una responsabilità storica su quanti di noi
hanno accettato di svolgere un servizio di governo e di guida.
Oggi, e lo dico anche come Presidente della Federazione che detiene la
maggioranza del capitale del Gruppo Bancario, dobbiamo adoperarci perché l’interesse delle Bcc venga perseguito volando alto. Occorre fare di tutto perché il confronto e il filo del dialogo che sempre sono rimasti aperti, in
una cornice di principi chiari e condivisi, possano consentire di superare
tensioni e divisioni, di intraprendere strade nuove. Forse, addirittura – lo
spero sinceramente – orizzonti nuovi per tutto il Credito Cooperativo.
Le prospettive appaiono oggi più positive di ieri. Ci sono segnali importanti di apertura che vogliamo considerare con attenzione, senza pregiudizio.
E mi fa piacere parlarne qui, oggi, per la prima volta ad un pubblico così vasto in una Federazione così significativa per il Credito Cooperativo
italiano. Dandovi una notizia importante. Giovedì scorso, il Comitato Esecutivo di Federcasse ha deciso all’unanimità di avviare un approfondimento per verificare in tempi brevi la praticabilità di sinergie interne che
consentano di valorizzare le specializzazioni delle diverse società, nazionali e regionali, che compongono il sistema di offerta di prodotti e servizi del Credito Cooperativo.
L’obiettivo è accrescere la competitività complessiva del “sistema” e
delle singole Bcc nei rispettivi mercati territoriali. Un incremento di competitività che sarà più agevole raggiungere perseguendo economie di
scala e di scopo sul versante imprenditoriale al fine di migliorare la capacità di stare sul mercato - perchè “il mercato non aspetta”, come è stato sottolineato ieri da Ravaglioli, Presidente della Bcc di Forlì – di ciascuna delle nostre banche, confermandone l’identità, la loro autonomia e
il loro radicamento nelle comunità .
La fase di approfondimento, ha auspicato all’unanimità il Comitato Esecutivo di Federcasse, dovrà consentire al Credito Cooperativo di ricercare in tempi brevi anche soluzioni innovative e procederà di pari passo con
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la costituzione e l’avvio del Fondo di Garanzia Istituzionale, che - come
detto - amplierà il grado di protezione della clientela delle Bcc e consentirà di avviare una “finanza di sistema” per un Credito Cooperativo che
non scelga di auto-emerginarsi.
Conclusioni
Concludo.
La fisionomia, e di conseguenza le esigenze, dei nostri soci e clienti –
famiglie e imprese – sono cambiate e stanno ancora cambiando.
La struttura produttiva italiana, in particolare, caratterizzata sempre da
imprenditorialità diffusa, vive un momento di ripresa da non sciupare e
una fase di sensibile trasformazione a livello territoriale, settoriale e dimensionale. Il Rapporto Unioncamere 2007 descrive l’evoluzione del modello tradizionale di distretto che, anche in Emilia-Romagna, sta cambiando pelle (grazie soprattutto al successo delle medie imprese in posizione di leadership nei rispettivi territori che trainano tante micro e piccole imprese). Così non c’è più il distretto tradizionale, ma si affermano nuove filiere produttive che attraversano i territori, configurando nuove forme
di cooperazione tra aziende. E producono risultati inaspettati: crescono le
esportazioni (non più in ragione delle “svalutazioni competitive”) e si registra – fatto del tutto inatteso per molti osservatori – il protagonismo dei
settori tradizionali di specializzazione del made in Italy. Con la conseguenza che le piccole imprese e le imprese artigiane di qualità riescono
ad affacciarsi e a competere sui mercati internazionali.
Tutto ciò ci riguarda e ha riflessi sul nostro lavoro di generatori di
sviluppo.
Cambiano, allora, i nostri soci e i nostri clienti.
Cambiano le regole del gioco.
Cambiano gli assetti dei concorrenti.
Deve cambiare il Credito Cooperativo?
Io credo che questo sia il momento di tener fermo e saldo quello che
non dobbiamo cambiare: la nostra identità. E di avere il coraggio di cambiare quello che dobbiamo migliorare: la nostra coesione interna, la capacità di servizio ai nostri soci e al nostro territorio.
I nostri soci e le nostre comunità locali meritano e si aspettano un Credito Cooperativo sempre più forte, più vicino, più coerente e competitivo. È allora il momento in cui dimostrare coraggio e capacità di guardare lontano.
Non possiamo permetterci né complessi di inferiorità né superficiali illusioni. Occorre il realismo della buona volontà e la consapevolezza che
ci è richiesto qualcosa di più, qualcosa di nuovo. Competenze e fiducia.
Intelligenza e passione. Lungimiranza e capacità di non accontentarci,
chiudendoci nel nostro presente.
“Ci vogliono le radici e le ali”, ha raccomandato alle Bcc, chiudendo il
suo intervento una settimana fa, Stefano Zamagni. Concretezza e, insieme, capacità di visione. Come ha avuto uno scrittore nato qui a Lione, Antoine de Saint-Exupery, noto soprattutto per un suo libro che è una favo-
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la per adulti, Il Piccolo Principe. Ma Saint-Exupéry, che era un abile aviatore, è stato anche direttore di una compagnia aerea e inventore (ha brevettato un dispositivo per l’atterraggio degli aerei). Ha unito, insomma, radici e ali. Non a caso, diceva: “Fai della tua vita un sogno, e di un sogno
una realtà”.
È, questa, una prospettiva e un impegno che riguarda anche il Credito
Cooperativo. Ognuno di noi e tutti noi come sistema.
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GIORGIO COSTA
Giornalista - Caposervizio
“Il Sole 24 Ore - Centro Nord”
intervista
GIULIO MAGAGNI
Presidente della Federazione
delle Banche di Credito Cooperativo
dell’Emilia Romagna
Giorgio Costa
Ringrazio l’avv. Alessandro Azzi per la profondità e l’interesse della relazione, che è stata apprezzata anche dalla platea.
Abbiamo deciso, insieme all’ing. Magagni, di fare una conclusione a
domanda e risposta.
Domande che, come sentirete, saranno molto dirette; domande che
magari voi stessi vorreste fare senza trovare l’occasione.
La prima, ing. Magagni, è questa: banche locali e Bcc sono ormai un
quinto del sistema bancario regionale. Gli sportelli sono sufficienti così o
ci sono ulteriori obiettivi di crescita?
Giulio Magagni
Penso che ci sarà la necessità di aprire altri sportelli oltre a consolidare quello che abbiamo già sul territorio.
Certamente in Emilia l’apertura di nuove agenzie non ha seguito logiche sempre coerenti e quindi penso che ci sarà ancora un’evoluzione, la
parte nord della regione è poco servita dal credito cooperativo.
Penso anche che bisogna pensare non solo a dipendenze ma anche
all’apertura di nuove Bcc fra Parma, Modena, Reggio Emilia e Piacenza.
Penso che ci sia ancora tanto territorio regionale da coprire. Come Federazione regionale abbiamo già iniziato a fare delle considerazioni di
questo tipo in prospettiva futura.
Costa
Un tema di cui si è molto discusso in questi ultimi mesi è stato quello
dell’eventuale forma di collaborazione fra Unipol e Banche di Credito
Cooperativo, un matrimonio che secondo alcuni s’ha da fare, secondo altri non s’ha da fare.
171
Se proprio s’ha da fare, come la mettiamo con la dote?
Magagni
È una bella domanda. Con Unipol abbiamo aperto un discorso a livello di gruppo bancario un anno fa ed era un discorso di possibile partnership con una società che poteva avere una certa affinità con noi.
In questi ultimi periodo abbiamo maturato la consapevolezza che era
forse prematuro pensare ad alleanze di tipo finanziario e quindi oggi abbiamo sospeso e siamo in attesa di fare valutazioni. Non ultima quella
che stamattina il presidente Azzi ha annunciato, di possibile alleanza interna, in casa nostra, con la Cassa Centrale di Trento e, se possibile, anche con il coinvolgimento della Cassa di Bolzano.
Non escludiamo tuttavia in questo periodo partnership a livello industriale, con possibilità di vedere sul territorio dei partner, tra cui può esserci anche Unipol, specialmente nell’ambito assicurativo, quindi a livello
di prodotto.
Costa
Ieri sera mons. Rosso ha fatto un forte appello all’etica. In che cosa è
traducibile in fatti concreti, uscendo da qui, questo appello, questo richiamo?
Magagni
Cito l’avv. Azzi. Penso che l’etica nel nostro mondo sia legata a una parola: coerenza.
Se noi siamo coerenti abbiamo tutto quello che ci serve per essere etici. Il nostro mondo, la nostra carta dei valori, il nostro stare insieme, il nostro essere differenti per forza, è tutto scritto.
Non dobbiamo inventarci nulla per essere etici. Dobbiamo essere coerenti. La coerenza va in tante direzioni: in direzione della trasparenza,
della onestà ma soprattutto nei rapporti che abbiamo fra di noi e quindi
nell’insieme di come ci comportiamo sul territorio. È tutto scritto. Essere
coerenti con quello che già altri hanno scritto per noi.
Non credo che sia difficile essere etici. Occorre essere coerenti. È
semplice.
Costa
Dopo il clamore che ha suscitato il libro di Caprotti, il patron di Esselunga, su “Falce e carrello”, si potrebbe pensare anche a qualcuno che
scriva “Falce e sportello”.
Magari il simbolo politico non è proprio quello che più ci aggrada ma le
Bcc hanno comunque, in quanto cooperative, un trattamento fiscale migliore, diverso comunque, rispetto a quello delle altre banche, offrendo
spesso servizi simili, come si dice della Coop rispetto a Esselunga.
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È giusto un trattamento fiscale diverso?
Magagni
Il credito cooperativo, come cooperativa a mutualità prevalente, credo abbia il diritto di avere agevolazioni di tipo fiscale per un motivo molto semplice: il 70% dell’utile che noi facciamo lo mettiamo a riserva indivisibile e quindi lo mettiamo a disposizione della comunità per fare credito cooperativo.
Il credito cooperativo non è solo un discorso di prezzo, ma è un discorso - stamattina è venuto fuori anche nella tavola rotonda – di vicinanza alle imprese, di vicinanza alla famiglia, di vicinanza al territorio.
Non è solo un fatto retorico e demagogico. È una realtà.
Noi, dove siamo, abbiamo un rapporto diverso con quel territorio rispetto agli altri istituti. Non dobbiamo pagare il capitale e non dobbiamo
esasperare il profitto per pagare il capitale agli investitori.
Non abbiamo bisogno di rincorrere il ROE.
Abbiamo una visione del fare banca, che definirei anche filantropa, in
quanto l’uomo è al centro della nostra attività, è sempre stato al centro
della nostra attività.
Pertanto un aiuto per il credito cooperativo, poi restituito abbondantemente, alla Nazione Italia credo possa essere mantenuto.
Costa
È un dato di fatto, ing. Magagni, che le Bcc operino con una quota di
soci che è intorno al 50%, relativamente poco rispetto all’esperienza francese che ci è stata descritta in questi giorni. Potrebbe essere questo un
problema, se si dovesse discutere il concetto della mutualità prevalente
per la cooperazione?
Magagni
Il concetto della mutualità prevalente ha due aspetti. Uno è qualitativo
e uno quantitativo. Quello quantitativo è dettato dalla 385; noi dobbiamo
lavorare per il 50,01% in prevalenza con i soci per rimanere nell’ambito
della Vigilanza.
Nell’ambito qualitativo, introduzione della Revisione cooperativa che ci
obbliga a rispettare l’art. 2 del nostro statuto, è il punto fondamentale del
nostro essere banche a mutualità prevalente.
L’essere banche a mutualità prevalente non vuol dire solo con quanti
soci operiamo. Noi ci dovremo dare l’obiettivo di lavorare con il 100% dei
nostri soci. Quello sarebbe l’obiettivo massimo.
Spetta a noi avere la capacità di far sì che i nostri soci abbiano fiducia
e lavorino con noi e non ci sia bisogno di norme o di regole.
Oggi, proprio per la nostra caratteristica di banche cooperative a mutualità prevalente, il socio diventa il valore massimo che abbiamo.
È un valore, dal punto di vista della nostra identità, è un valore anche
perché è parte del territorio in cui operiamo, è il nostro portatore al-
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l’esterno del nostro principio.
Se riusciamo a far capire al socio chi sono le Banche di Credito Cooperativo, io non credo che il credito cooperativo abbia bisogno di nient’altro.
Purtroppo oggi, guardando i numeri presentati ieri dal Credit Mutuel,
noi abbiamo 800.000 soci e loro ne hanno qualche milione.
Dovremmo darci come obiettivo quello di fare soci. Questo in funzione anche dell’impegno che essere cooperativa a mutualità prevalente
comporta.
Costa
Come sono i rapporti fra le singole banche e il gruppo Bancario Iccrea?
Cosa fa Iccrea per le banche?
Magagni
Spero che i rapporti delle singole banche con il gruppo Bancario Iccrea
siano buoni. Il gruppo Bancario è un fornitore di prodotti e di servizi e
quindi è visto dalle banche come un fornitore e quindi le banche, che sono proprietarie del gruppo, nello stesso tempo hanno il diritto di essere
sostenute con dei prodotti validi e sempre all’avanguardia.
Penso che oggi ci debba essere, nei confronti del gruppo Bancario, un
occhio di riguardo ma soprattutto una fiducia.
Il gruppo Bancario, in questi ultimi mesi e in questi ultimi anni, ha cercato di strutturarsi per dare risposte sempre più efficienti e sempre più dirette e marcate.
Oggi stiamo cercando di migliorare ancora questo tipo di attività. Occorre però che le banche abbiano fiducia nel gruppo Bancario.
Solamente utilizzando i servizi, solamente pretendendo che i servizi
siano buoni, il gruppo Bancario può crescere e migliorarsi.
Quindi penso che ci debba essere e si debba creare un rapporto di fiducia. La fiducia è la base di tutto.
Costa
A Trento c’è stato un importante accordo fra la Cassa Centrale di Trento e DZ Bank. Cosa può rappresentare questo per le Bcc nel futuro prossimo?
Magagni
Fino a ieri, fino a oggi, rappresenta un punto di incoerenza, o di concorrenza interna. La Cassa Centrale di Trento in questi ultimi anni, ha
scelto di uscire dal proprio territorio e di fare concorrenza al gruppo bancario, in maniera dichiarata.
Ho sempre ritenuto che fosse un errore enorme in quanto andavamo a
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spezzettare già un mercato piccolo, perché il nostro è un mercato piccolo, e rischiavamo poi di crearci una concorrenza interna che non serviva
a nessuno, anzi creava del danno.
Un’alleanza con DZ probabilmente è stata in funzione di ottenere questi risultati in maniera più massiccia, cercando un partner esterno per poter dare prodotti che altrimenti la Cassa Centrale, per le sue dimensioni,
da sola non avrebbe saputo fare.
Questo però penso abbia portato qualche delusione alla Cassa Centrale di Trento perché, come gruppo bancario, in questi mesi, abbiamo
cercato di frenare questa penetrazione. Penso che con Iccrea, con Agrileasing, con le società del gruppo, siamo riusciti a calmare questa ondata di concorrenza.
Oggi si apre uno scenario, ha detto il presidente Azzi stamattina, che
fa pensare molto. Il fatto che la Cassa Centrale di Trento si renda disponibile a sedersi a un tavolo per trovare soluzioni di collaborazione, o anche oltre, fa pensare.
Vuol dire che o hanno capito che la frammentazione non dava nessuna ricchezza o valore aggiunto, o anche loro hanno visto che forse certe
velleità sono inutili, in un sistema come il nostro.
Oggi andiamo forse, verso una soluzione a questo problema.
Costa
10 anni fa, 48 banche. Quest’anno 24. Fra 10 anni quante saranno le
Bcc in Emilia Romagna? Continuerà questo trend di aggregazione? Cioè
saranno 12?
Magagni
Non so quante saranno le banche fra un anno o fra due anni. Penso
che il discorso della dimensione sia relativo. Relativo al fatto che una
banca piccola sul suo territorio, se è efficiente può dare risposte. Una
banca grande su tutto il territorio, se non è efficiente, può essere pericolosa.
Non credo che ci sia una dimensione minima. Certamente abbiamo dei
territori che sono saturi, che si compenetrano e che rischiano di creare
delle frizioni anche all’interno della Federazione stessa.
Non so se c’è la possibilità di armonizzare alcune parti del nostro territorio, dove vede la presenza anche in certi ambiti di 5-6 Banche di Credito Cooperativo. Penso che questi siano processi che devono essere fatti, maturandoli e in funzione di progetti, di piani operativi e strategici ben
definiti, piani che vedano veramente delle soluzioni positive per il territorio.
Se la banca dà un servizio al proprio territorio, non vedo la necessità
di fare ulteriori fusioni.
Se ci sono invece necessità di carattere strategico, allora si può avanzare un discorso di questo tipo. Penso dunque che in Emilia qualche fu-
175
sione probabilmente nei prossimi anni avverrà sicuramente.
Costa
Come si tutela oggi l’identità e la particolarità del sistema di credito
cooperativo? Come ci si può, in sostanza, sottrarre al rischio di omologazione e come rendere le Bcc una banca, in qualche modo, riconoscibile rispetto alle tante banche che affollano i territori?
Magagni
Penso che la risposta a questa domanda sia stata il convegno di Parma, che ha introdotto – ne ho già parlato molto ampliamente – le garanzie incrociate, quello che sarà un domani il fondo istituzionale del credito
cooperativo e quindi questa possibilità di creare e di introdurre qualche
regola in più.
L’ho detto ieri. Abbiamo bisogno di darci e di rispettare qualche regola in più. Se le danno i circoli sportivi, se le danno i vari ambiti di volontariato.
Penso che un sistema come il nostro, che gioca con il passato, il presente e il futuro della gente, cioè i soldi, debba darsi delle regole.
Penso che le garanzie incrociate possano aiutare.
L’altra è la formazione identitaria; chi entra a far parte di questo mondo, deve sapere cosa viene a fare per essere coerente col ruolo che deve assumere.
Pertanto spetta noi fare in modo che chi entra nel credito cooperativo
abbia un percorso formativo che faccia capire la differenza.
L’altro, lo dicevo anche ieri, è il marchio. Noi abbiamo un marchio che
ormai ha un valore. Questo marchio ci è costato fatica, dal punto di vista
della nostra presenza sul territorio, dell’essere vicini alla gente.
È un marchio che oggi ha un valore di simbolo. Quello, per me, è un altro punto.
Il marchio va rispettato. Chi non rispetta le regole deve uscire e non deve avere il marchio.
Queste tre cose, se le riusciamo a realizzare, ci permettono di non essere omologati agli altri e di continuare ad andare avanti come siamo andati avanti finora.
Penso che due anni fa a Parma sia stata un’ulteriore svolta, una spinta in più ad essere diversi e differenti per forza.
Costa
Ringrazio l’ing. Magagni, presidente di Iccrea Holding e della Federazione delle BCC Emilia Romagna, per la sincerità e la franchezza con cui
ha risposto a queste domande.
Magagni
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Voglio ringraziare tutti gli intervenuti, ospiti e i nostri amministratori.
Ma voglio ringraziare soprattutto chi ha organizzato questo convegno,
il direttore Quadrelli, tutta la struttura della Federazione, per l’efficienza
dimostrata.
Questo dimostra che il credito cooperativo è capace di essere efficiente quando vuole, anche su cose che non sono il proprio mestiere, come
organizzare convegni.
Sono stato la settimana scorsa al convegno della Lombardia e ho respirato lo stesso clima che ho respirato qui oggi.
Ho la sensazione che questi incontri, questi convegni, anche se nel
Consiglio si discute se farli o non farli, abbiano una forte valenza per il
nostro mondo, specialmente per Federazioni che hanno un ruolo e hanno una visibilità importante nel credito cooperativo ma anche regioni
difficili, complesse, come quelle dell’Emilia Romagna, Lombardia e tante altre.
Penso che convegni come questo siano utili. Dovrebbero essere partecipati da tutti. Non voglio far polemiche ma lo devo dire perché quello
che penso lo devo dire. Non è non venendo a un convegno che si fa bilancio.
Penso che in un ambito così, più amministratori vengono e meglio è.
Più banche partecipano e meglio è perché sono momenti di scambio, di
conoscenza, anche per sentire l’odore, il profumo, l’aroma del credito
cooperativo che molte volte chi vive solamente il consiglio della propria
Bcc non può vivere.
Sentire che ci sono problematiche ma sentire anche che c’è qualcuno
che prova a risolverle, è utile.
Questi convegni sono da vivere intensamente come abbiamo vissuto
questo.
Lo stare insieme è utile perché noi saremo forti solo se stiamo insieme.
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Finito di stampare presso Ciscra S.p.A.