II09_Tesi_Silvia Mascali Zeo

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II09_Tesi_Silvia Mascali Zeo
Matricola 0000251965
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di laurea in Tecniche della prevenzione
nell’ambiente
e nei luoghi di lavoro
Aedes albopictus:
DAL DISAGIO AL RISCHIO PER LA
SALUTE.
EVOLUZIONE DEL SISTEMA DI
SORVEGLIANZA IN EMILIA-ROMAGNA
Tesi di laurea in Igiene II
Presentata da:
dott.ssa Silvia Mascali Zeo
Relatore: Dott. Guido Laffi
Correlatore: Dott.Claudio
Sessione I
Anno Accademico 2008
Tutti i dati pubblicati sono riservati e il loro utilizzo è vietato.
Per informazioni contattare [email protected]
Venturelli
INDICE
PREMESSA............................................................................................................................. 1
CAPITOLO 1 – INTRODUZIONE....................................................................................... 5
1.1
AEDES ALBOPICTUS, AREALE DI ORIGINE ................................................................. 5
1.2
BIOLOGIA ED ETOLOGIA DEI CULICIDI .................................................................... 7
1.2.1 Culex pipiens ........................................................................................................ 18
1.2.2 Ochlerotatus caspius ............................................................................................ 20
1.3 AEDES ALBOPICTUS ....................................................................................................... 23
1.4 CRITERI PER IL RICONOSCIMENTO ................................................................................. 23
1.4.1 Morfologia dell’adulto ......................................................................................... 23
1.4.2 Morfologia delle uova .......................................................................................... 25
1.4.3 Morfologia delle larve .......................................................................................... 28
1.5 CICLO BIOLOGICO DI AEDES ALBOPICTUS ....................................................................... 29
1.6 DIFFUSIONE DI AEDES ALBOPICTUS .............................................................................. 34
1.7 DISTRIBUZIONE DI AEDES ALBOPICTUS.......................................................................... 35
1.8 DISAGIO SOCIALE E IMPORTANZA SANITARIA ................................................................ 42
1.8.1 La Chikungunya ................................................................................................... 43
1.8.2 Casi di Chikungunya nell’estate 2007 nella Regione Emilia-Romagna ............... 45
1.9 SORVEGLIANZA E LOTTA ............................................................................................... 49
1.9.1 La sorveglianza delle larve .................................................................................. 50
1.9.2 La sorveglianza degli adulti ................................................................................. 54
1.9.3 La sorveglianza delle uova ................................................................................... 54
1.9.4 La lotta ................................................................................................................. 55
1.9.4.1
Lotta antilarvale ........................................................................................ 56
1.9.4.2 Lotta contro gli adulti ........................................................................................ 57
1.9.5 Protocollo operativo della Regione Emilia-Romagna in presenza di casi sospetti o
confermati di Chikungunya nel territorio regionale ..................................................... 59
1.9.5.1 Modalità di esecuzione della disinfestazione in aree indenni da Chikungunya 60
1.9.5.2 Interventi larvicidi ............................................................................................. 61
1.9.5.3 Rimozione focolai larvali .................................................................................. 61
1.9.5.4 Modalità di esecuzione della disinfestazione in aree con presenza di casi
sospetti o accertati di Chikungunya .............................................................................. 61
CAPITOLO 2- OBIETTIVI................................................................................................. 65
CAPITOLO 3- MATERIALI E METODI ......................................................................... 73
3.1 EVOLUZIONE DEL SISTEMA DI MONITORAGGIO IN EMILIA ROMAGNA ........................... 73
3.2 LA RETE DI MONITORAGGIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA NELL’ANNO 2008 ..... 78
3.2.1 Ovitrappole utilizzate ........................................................................................... 80
3.2.2 Gestione del monitoraggio ................................................................................... 80
3.2.3 Protocollo operativo regionale per la gestione del monitoraggio ....................... 82
3.2.4 Scelta del numero di ovitrappole sul territorio regionale ................................... 84
3.2.5 Posizionamento delle ovitrappole ........................................................................ 88
3.2.6 Lettura campioni .................................................................................................. 88
3.2.7 Periodo di monitoraggio ...................................................................................... 88
3.3 LA RETE DI MONITORAGGIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA NELL’ANNO 2009 ..... 89
CAPITOLO 4- RISULTATI ................................................................................................ 91
4.1 ANALISI DEI DATI 2008 ................................................................................................. 91
4.2 ANALISI DEI DATI 2009 ................................................................................................. 92
4.2.1 Confronto dati del monitoraggio per AUsl Anno 2008-2009 .............................. 93
4.2.2 Confronto dati del monitoraggio per Capoluogo Anno 2008-2009 ..................... 97
4.2.3 Confronto dati del monitoraggio per Area Vasta Romagna Anno 2008-2009 .. 100
4.2.4 Confronto dati del monitoraggio per Comuni della Ausl di Cesena Anno 20082009 ............................................................................................................................. 101
CAPITOLO 5 -CONCLUSIONI ....................................................................................... 107
II
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................ 109
SITI INTERNET CONSULTATI ..................................................................................... 117
RINGRAZIAMENTI.......................................................................................................... 117
III
PREMESSA
La prima registrazione di Aedes albopictus in Italia è
riconducibile all’inizio degli anni ’90 quando il vettore è stato
introdotto attraverso il commercio di pneumatici usati. Dopo la sua
introduzione la specie si è rapidamente diffusa mostrando un
elevato livello di adattabilità alle condizioni ambientali del nostro
paese.
I primi rinvenimenti di zanzara tigre nella Regione EmiliaRomagna risalgono al 1994, anno in cui l’insetto fu trovato in un
grosso deposito di pneumatici usati importati da un’azienda in
rapporti commerciali con paesi extraeuropei, tra i quali gli USA e
il Giappone. In un decennio Aedes albopictus ha coinvolto
progressivamente tutte le città capoluogo e la maggior parte dei
Comuni di pianura e bassa collina, comportando livelli elevati di
disagio per la popolazione.
Attualmente, nel periodo che va da aprile a ottobre, i
Comuni maggiormente infestati nella Regione Emilia-Romagna,
sono quelli che si trovano al di sotto dei 500 m s .l. m. La massima
densità numerica della popolazione adulta si osserva generalmente
tra metà agosto e metà settembre e, comunque, è strettamente
correlata alle condizioni meteoclimatiche (temperatura,
precipitazioni, ventosità), alle caratteristiche dell’area (urbana,
rurale, marittima o collinare) e alle caratteristiche del microhabitat
(dimensione e volume del focolaio, grado di insolazione, ecc). In
alcune realtà di pianura e nelle zone costiere il periodo di presenza
si estende, di frequente, fino a novembre inoltrato.
Oggi Aedes albopictus non viene più considerata un
semplice “fastidio”; infatti, l’episodio epidemico di febbre da
Chikungunya virus, verificatosi in alcune zone della Regione
Emilia-Romagna nell’estate 2007, ha concretizzato il pericolo che
gli esperti del settore avevano previsto fin dal primo ingresso di
1
Aedes albopictus in Italia. Si è trattato, infatti, del primo outbreak
di una malattia umana da arbovirus, trasmessa da uomo a uomo da
una zanzara, verificatosi in un paese a clima temperato al di fuori
dell’area endemica. Da questo momento in poi Ae. albopictus si è
trasformata da fastidioso insetto di interesse ambientale, al
pericoloso vettore di arbovirus di grande importanza sanitaria.
Considerato che la zanzara tigre è un vettore naturale di questo e di
altri arbovirus pericolosi per la salute umana e, visto che, la specie
è ormai saldamente radicata in Italia, è necessario tenere sotto
controllo l’infestazione, sia per evitare che un episodio simile a
quello avvenuto nel 2007 possa verificarsi nuovamente, sia per
evitare l’importazione eventuale di un agente patogeno più
virulento, come quello della Dengue.
Nella Regione Emilia-Romagna, la necessità di contenere
l’espandersi delle popolazioni di zanzara tigre ha reso necessaria
una pianificazione degli interventi a diversi livelli; agli Enti Locali
spetta la gestione della disinfestazione, mentre il Servizio sanitario
regionale è tenuto a supportare le Amministrazioni pubbliche per
quanto riguarda la sorveglianza dell’infestazione, la
programmazione degli interventi e le strategie di comunicazione e
coinvolgimento dei singoli cittadini. Dalla comparsa di zanzara
tigre in Regione (2a metà anni ’90) ad oggi, il sistema di
sorveglianza ha subito una notevole evoluzione, potenziandosi e
divenendo sempre più capillare. Il monitoraggio, attività prevista
nell’ambito della sorveglianza entomologica, all’inizio aveva lo
scopo di accertare la presenza della zanzara, ora, in seguito anche
all’epidemia verificatasi nell’anno 2007, ha l’obiettivo di misurare
il livello di infestazione in tutte le province e nei maggiori centri
urbani. Dal 2005 l’Assessorato alle Politiche per la Salute
promuove e finanzia un progetto regionale di sorveglianza e lotta
alla zanzara tigre.
Nel tempo il progetto regionale si è allargato in termini di
partecipazione.
2
Dal 2005 faccio parte del Gruppo di lavoro regionale il
quale, inizialmente, quando il progetto era in fase sperimentale, era
rivolto solo al territorio della Romagna, mentre successivamente si
è ampliato fino a coinvolgere tutti i Dipartimenti di sanità pubblica
della Regione.
Dal 2008, in seguito alle pressanti esigenze di controllo
dell’infestazione conseguenti l’epidemia, il progetto è attuato in
ambito locale da appositi gruppi di lavoro con la partecipazione di
Comuni, Province, Aziende Unità Sanitarie Locali (AUsl) e
Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie. L’epidemia ha, infatti,
stimolato una forte integrazione e coinvolgimento dei vari Enti,
all’interno dei quali numerose figure professionali sono state
coinvolte: medici, veterinari, tecnici della prevenzione, assistenti
sanitari ed entomologi. Oggi, nella nostra regione, la presenza di
zanzara tigre viene considerata una vera e propria emergenza
sanitaria, e per questo gli Enti competenti vengono incentivati ad
adottare misure di lotta sempre più efficaci. Nel corso dell’anno
2007 la Regione Emilia-Romagna ha sostenuto le attività dei
Comuni con un finanziamento di 1.000.000 di euro. Nella stagione
2008 è stato approvato il Piano regionale dell’Emilia-Romagna per
la lotta alla zanzara tigre e la prevenzione della Chikungunya e
della Dengue – Anno 2008. La disinfestazione è stata realizzata e
gestita in tutto il territorio regionale dai Comuni in base alle linee
di condotta definite nel piano. E’ stata effettuata un campagna
informativa regionale, ripresa poi successivamente nell’anno 2009,
al fine di coinvolgere e sensibilizzare maggiormente i cittadini alla
corretta gestione degli spazi privati. Complessivamente il
finanziamento necessario per la copertura di parte dei costi
sostenuti dai Comuni interessati alla lotta alla zanzara tigre è stato
di € 2.099.507,16.
In ogni Comune, inoltre, sono state posizionate ovitrappole
mediante una metodica omogenea messa a punto dal gruppo di
lavoro di cui faccio parte.
3
Nel 2009 il sistema di sorveglianza, in capo al Servizio
sanitario regionale, ha l’obiettivo di identificare tempestivamente i
casi di infezione, anche solo sospetti, in modo da attivare
tempestivamente le misure di controllo sanitario e di lotta alla
zanzara tigre. Gli eventuali accertamenti diagnostici sono svolti dal
Centro regionale di riferimento per le emergenze microbilogiche
(CRREM) del Policlinico S.Orsola-Malpighi, nato nel 2008 e
finanziato dal Progetto regionale.
Medici di famiglia, pediatri, medici del Pronto soccorso e
dei Servizi di continuità assistenziale sono coinvolti per il ruolo
che possono avere nella eventuale prima individuazione di casi,
mentre per quanto riguarda l’attività di monitoraggio e controllo
sempre più forte, da parte delle varie strutture pubbliche, sanitarie
e comunali, è l’esigenza di mettere in campo personale tecnico
competente in materia.
4
CAPITOLO 1 INTRODUZIONE
1.1
Aedes albopictus, areale di origine
Aedes albopictus, nota anche come “zanzara tigre”,
appartiene all’ordine dei Ditteri, Famiglia Culicidae, Sottofamiglia
Culicinae, Genere Aedes, Sottogenere Stegomya, Specie
albopictus.
E’ una specie di origine asiatica, il cui areale naturale di
distribuzione comprendeva il sud-est asiatico, a partire dalle
propaggini occidentali del sub-continente indiano, fino alle isole
del Giappone.
Il suo habitat originario è infatti rappresentato dalle foreste
pluviali del sud-est asiatico (fig.1.1.2), ricche di piccole raccolte di
acqua piovana, come le ascelle fogliari di alcune piante grasse, ad
esempio le Bromeliacaee, i bambù spezzati e le cavità degli alberi,
continuamente rifornite da abbondanti precipitazioni (Romi et al.,
2006).
Fig 1.1.1
Venturelli)
5
Adulto di Aedes albopictus (foto di Claudio
Fig.1.1.2. Habitat naturale della zanzara tigre (foto di
Claudio Venturelli)
Dopo la seconda guerra mondiale, con l’aumentare degli scambi
commerciali, ha iniziato a colonizzare aree geografiche, attraverso
il trasporto passivo di uova, resistenti anche a lunghi periodi di
disseccamento. Grazie alla sua plasticità biologica, una volta
raggiunte nuove aree geografiche, la specie si adatta alle
condizioni ambientali locali, in quanto riesce facilmente a
utilizzare una varietà di piccole raccolte d’acqua dolce per lo
sviluppo larvale, e nel deporre uova, è in grado di garantire una
ibernazione chiamata “diapausa embrionale”. In Italia, le prime
segnalazioni risalgono al 1990 nella città di Genova (Romi, et al.
2001).
Le modalità e la rapidità con cui la specie si è diffusa nel
nostro paese sono legate al commercio interno di copertoni usati
che le grandi aziende importatrici, localizzate nelle regioni di
nord-est, rivendevano ad imprese minori per la rigenerazione, ma
anche al trasporto accidentale all’interno di veicoli. Ed è proprio la
presenza di siti a rischio” (pneumatici usati e altri contenitori)
dove ristagnano anche piccole quantità di acqua che consentono la
6
formazione di “aree primarie di colonizzazione” dalle quali ha
inizio l’insediamento del territorio circostante. Oggi la zanzara
tigre è diffusa su gran parte del territorio nazionale: è presente
anche in Francia, Spagna, Svizzera, Belgio, Montenegro, Olanda,
Grecia, Germania, Croazia, Slovenia, Bosnia Erzegovina e in
Israele. In Emilia-Romagna in poco più di un decennio Aedes
albopictus ha infestato tutte le città capoluogo e la maggior parte
dei comuni di pianura e bassa collina di ogni provincia anche
sfruttando il trasferimento passivo tramite il traffico veicolare.
Come tutte le altre zanzare, Ae. albopictus presenta uno
sviluppo strettamente legato alla presenza d’acqua dove depone le
uova e dove si svolge il ciclo pre-immaginale. Le uova non sono
poste direttamente in acqua, ma immediatamente sopra la
superficie e schiudono solo quando sommerse e in presenza di
condizioni climatiche e ambientali favorevoli. La zanzara tigre
predilige piccole raccolte di acqua pulita e generalmente non
utilizza i focolai larvali tipici delle zanzare più comuni, siano essi
naturali (pozze, stagni, piccoli corsi d’acqua, ecc.) che artificiali
(fontanili, canali per l’irrigazione, ecc.); questo la rende una specie
tipica degli ambienti fortemente antropizzati, dove abbondano
microfocolai costituiti da contenitori lasciati all’aperto (secchi,
barattoli, bidoni, ecc.). Come molte zanzare del genere Aedes,
l’adulto di questa zanzara si distingue per l’attività trofica diurna
che si esplica soprattutto all’aperto e con estrema rapidità, nelle
ore più fresche della giornata. Gli ospiti sui quali le femmine
possono effettuare il pasto di sangue sono molteplici,
principalmente uccelli e mammiferi, con una spiccata preferenza
per l’uomo.
1.2
Biologia ed etologia dei Culicidi
Le zanzare sono insetti appartenenti all’ordine dei Ditteri,
sottordine Nematoceri, famiglia dei Culicidi la quale comprende
7
circa 3500 specie, raggruppate in due sottofamiglie: Culicini e
Anophelini, facilmente distinguibili per diversi caratteri
morfologici. Ai Culicini appartengono i generi Ochlerotatus,
Aedes, Culex, Culiseta, Coquillettidia, Orthopodomyia e
Uranotaenia; agli Anophelini il genere Anopheles (Romi et al,
1994). Le zanzare appartenenti ai generi Orthopodomyia (1
specie), Coquillettidia (1 specie), e Uranotaenia (1 specie) sono
piuttosto rare e non rappresentano un problema sanitario. Ai generi
Culex (circa 12 specie), e Aedes (circa 20 specie) appartengono,
invece, specie di interesse sanitario, mentre al genere Culiseta
appartengono 6 specie, considerate solo moleste. Per tutte le specie
di Culicidi il ciclo si compone di una fase acquatica, la cui durata
viene influenzata dalla temperatura dell’acqua e dalla disponibilità
alimentare; in condizioni ottimali, nei mesi estivi, si compie in un
tempo minimo di 5 giorni. Le dimensioni delle zanzare adulte
variano tra le diverse specie.
La maggior parte di esse sono presenti nelle zone calde del
pianeta, ma alcune si sono adattate bene ai climi più rigidi come
quello del Polo Nord, dove sono di vitale importanza per gli
uccelli migratori che se ne nutrono durante i loro spostamenti
(Venturelli, 2007).
In Italia sono state classificate circa 70 specie, ma solo una
decina di queste pungono l’uomo, in quanto solo in alcune specie
le femmine sono ematofaghe, ossia necessitano del pasto di sangue
per portare a maturazione le loro uova. Non tutte le specie di
zanzare si nutrono di sangue umano: vi sono numerosi specie che
preferiscono il sangue degli uccelli o di altri animali.
Sono insetti olometaboli e compiono il loro ciclo attraverso
4 fasi di sviluppo: uovo, larva, pupa, adulto (Pantaleoni, 2005).
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Fig 1.2.1 Ciclo biologico di Aedes albopictus (foto di
Claudio Venturelli)
Tutto il ciclo preimmaginale si può svolgere da 7 a 15 giorni
e nei mesi estivi, con temperature elevate (T acqua = 26°C) si
compie in un tempo minimo di 7 giorni (Venturelli, Macchini
2001).
E’ importante sottolineare le differenze esistenti tra le
sottofamiglie Anofelini e Culicini. Una prima distinzione può
essere effettuata mediante l’osservazione degli stadi biologici.
Ad esempio le uova di Anofelini si distinguono perché
dotate di particolari strutture laterali dette galleggianti. Le larve
sono prive del sifone, tipico organo respiratorio comune a tutti gli
altri generi. Le pupe si distinguono per forma conica degli organi
respiratori, detti orecchiette; gli adulti hanno gli organi di senso
(palpi) lunghi quanto la proboscite mentre le femmine degli altri
generi li hanno più corti. E’ possibile determinare rapidamente i
vari generi appartenenti alla sottofamiglia dei culicini mediante
l’analisi dei sifoni delle larve di IV stadio. La differenziazione
sugli adulti, risulta invece molto più complessa.
Nella maggior parte dei casi le uova vengono deposte
direttamente sulla superficie dell’acqua, in alcuni casi sulla
superficie umida del terreno vicino ai corsi d’acqua
(Orthopodomyia e Aedes). Le zanzare del genere Culex e Culiseta
depongono le uova esclusivamente sull’acqua, riunite in tipiche
formazioni a “zattera” o “barchetta”, contenenti 100-400 uova,
che riescono a galleggiare grazie all’esistenza di minuscole
raccolte di aria comprese tra i singoli elementi.
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Le zanzare del genere Anopheles e Aedes depongono le uova
isolatamente e orizzontalmente. Le uova, deposte direttamente
sull’acqua, schiudono in pochi giorni, mentre, quelle deposte sul
terreno riescono a resistere anche per mesi all’essiccazione e
schiudere simultaneamente una volta che il terreno viene
nuovamente sommerso dalle acque.
Alla schiusa delle uova segue una fase acquatica larvale, la
cui durata può essere influenzata dalla specie, dalla temperatura e
dal fotoperiodo.
Gli stadi larvali sono quattro e si succedono attraverso 3
mute; la larva di IV stadio è l’unica i cui caratteri abbiano valore
diagnostico. Dopo i quattro stadi larvali si ha la trasformazione in
pupa, da cui, a seguito di una metamorfosi completa, emerge
l’adulto alato.
Fig 1.2.2 Differenziazione tra Anofelini e Culicini a vari
stadi di sviluppo
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Tutte le larve di zanzara vivono nell’acqua, in raccolte
naturali o artificiali che costituiscono i così detti focolai larvali.
Alcune specie si sviluppano in raccolte permanenti di acqua come
stagni, aree palustri, ruscelli, torrenti ecc…Esistono specie d’acqua
dolce e di acqua salata (Rioux, 1958). La larva ha forma cilindrica,
vermiforme con il capo dotato di antenne, il torace appiattito e
dotato di 9 segmenti. Nel penultimo segmento addominale si trova
il sifone che ha funzioni respiratorie. Quest’organo reca una serie
di piccoli denti (pettini), mentre un’altra struttura dentata (striglia)
si impianta sul penultimo segmento addominale. I caratteri
morfologici di pettine e striglia e la differente collocazione degli
spiracoli tracheali vengono utilizzati in tassonomia.
Solo nelle anofeline il sifone è assente e le larve respirano
con una coppia di stigmi. L’assenza di tale organo, infatti, fa si che
le larve per respirare devono disporre la parte ventrale del corpo,
ove sono disposti gli spiracoli, a contatto con l’aria, assumendo
una posizione parallela alla superficie dell’acqua.
Fig 1.2.3 differenza morfologica delle larve di Anopheles,
Culex, Ochlerotatus
11
Per respirare tutte le larve salgono spesso alla superficie
dell’acqua, escluse quelle del genere Coquillettidia, che respirano
mediante l’inserimento del loro sifone modificato nelle parti
immerse dei vegetali.
La respirazione delle larve di zanzara avviene attraverso due
spiracoli tracheali (orifizi respiratori), circondati da strutture
(valve) conformate per impedire l’entrata dell’acqua nella trachea
e per facilitarne il galleggiamento (Pantaleoni, 2005).
Sul capo delle larve si trovano delle spazzole boccale
utilizzate per la nutrizione che avviene mediante la filtrazione delle
particelle e dei microrganismi presenti nell’acqua (Venturelli e
Macchini 2001).
Le larve sono prive di zampe ma, in caso di pericolo, si
spostano velocemente verso il basso con movimenti addominali.
Fig.1.2.4 Larva di Anopheles
12
Fig.1.2.5 Larva di Culex
Fig 1.2.6 differenza tra le pupe di Anofelini e Culicini
Fig 1.2.7 pupe di Aedes albopictus
13
La pupa ha un aspetto completamene diverso dalla larva ed è
molto mobile, se disturbata. E’ acquatica, ha aspetto
rotondeggiante, il capo è fuso insieme al torace (cefalotorace),
l’addome è ripiegato su se stesso. Sulla parte dorsale si notano due
aperture o tube respiratorie fusiformi a corna, sul torace si notano
gli abbozzi delle ali.
Le pupe salgono in superficie solo per respirare (escluse
quelle del genere Coquillettidia), non si nutrono nell’attesa di
compiere la metamorfosi che darà origine all’ insetto adulto.
Lo stadio di pupa dura da un giorno ad una settimana (a seconda
della temperatura dell’acqua), poi la ninfa distende il corpo sulla
superficie dell’acqua, il tegumento si rompe e, attraverso una
fenditura dorsale della cuticola emerge l’adulto (sfarfallamento),
che rimane appoggiato sul pelo dell’acqua per qualche momento
prima di prendere il volo (Venturelli e Macchini, 2001).
L’adulto, che vive in ambiente aereo, è un insetto
dall’aspetto fragile, con il corpo diviso in tre parti: capo, torace e
un addome molto affilato.
Fig 1.2.8 caratteri morfologici di adulto di zanzara
Sul capo si nota il caratteristico apparato boccale pungentesucchiante, vera e propria siringa ipodermica abilitata ad inoculare
la saliva (con proprietà anticoagulanti, responsabile del fastidioso
prurito, delle reazioni allergiche e della trasmissione di malattie
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contagiose) e a prelevare il sangue dai capillari delle vittime (Celli,
1997).
Lo stiletto è formato da sei componenti:
•
labbro superiore
•
due mandibole
•
due mascelle
•
prefaringe (nella parte superiore)
•
labbro inferiore (allungato e ripiegato
anteriormente a forma di doccia per raccogliere i vari
componenti dell’apparato boccale).
La prefaringe è lo stiletto che, partendo dal labbro superiore,
costituisce il canale di suzione. È proprio questo che consente alla
zanzara di effettuare la sua azione pungente-succhiante: l’insetto si
appoggia sul tessuto da pungere e lo perfora con tutti gli stiletti
raggruppati, mentre il labbro inferiore si ripiega a gomito. Di
seguito si attiva la prefaringe, una struttura cava, tramite un
meccanismo simile a quello di un pistone aspira il sangue.
Fig 1.2.9 Apparato pungente-succhiante delle zanzare
Le zanzare sono guidate verso l’ospite da una costellazione
di segnali visivi e olfattivi, in primo luogo dall’anidride carbonica
emessa dalla respirazione, percepita alla distanza di 1 Km, man
mano che si avvicina alla vittima viene guidata dall’odore del
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sudore e dell’acido lattico formato dai muscoli, poi dalle correnti
di convenzione che si formano attorno ad un essere vivente e che
permettono l’individuazione dei capillari sanguigni.
Dopo la puntura si può osservare l’addome della femmina
riempirsi e colorarsi di rosso (Domenichini, et al 1989).
L'apparato boccale è completato da un paio di palpi
mascellari, particolarmente piumati nel maschio, che non sono
interessati alla suzione. Le femmine hanno sui palpi peli cortissimi
e radi (Domenichini, et al 1989).
Fig 1.2.10 differenze tra le antenne dei maschi e delle femmine di
zanzara
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Nel torace troviamo uno scudo protettivo che sostiene l'unico paio
di ali, su cui si notano le grosse caratteristiche nervature rivestite
di pelo e i bilanceri, derivati dalla modificazione del secondo paio
di ali.
L'addome è ricoperto di grosse scaglie, è formato da 10
segmenti di cui gli ultimi 2 sono incastrati dentro l'ottavo, urite.
L'ultimo segmento porta due cerci nella femmina e l'apparato
copulatore del maschio.
Gli adulti di zanzara, tanto i maschi quanto le femmine, si
nutrono di liquidi zuccherini di origine vegetale, come ad esempio
il nettare, la frutta in decomposizione o la melata degli afidi,
elementi che apportano alle zanzare energie per il volo e per
compiere l’attività riproduttiva.
È la femmina che necessita proteine (assunte con il pasto di
sangue) per portare a maturazione le sue uova; l’ospite può essere
un rettile, un anfibio, altri insetti, o mammiferi; la preferenza di
una o dell’altra vittima dipende dalla specie (Celli, 1997).
Ci sono specie di zanzara attive al crepuscolo o di notte,
altre che pungono di giorno, come Aedes albopictus.
I maschi si spostano molto poco dai focolai di origine,
mentre per le femmine la capacità di spostamento dipende da
specie a specie.
Dopo lo farfallamento le zanzare formano sciami dove le
femmine, in genere, vengono fecondate in volo: un’unica
fecondazione può essere sufficiente, grazie all’accumulo di gameti
maschili nella spermateca di cui sono dotate le femmine per la
deposizione.
Esse depongono ogni 2-5 giorni, a seconda della specie e
della temperatura ambientale un numero di uova che varia da
qualche decina a qualche centinaio.
In condizioni favorevoli una zanzara adulta può vivere da 3
a 4 settimane, gli adulti ibernanti possono vivere anche più di 6
mesi.
17
1.2.1 Culex pipiens
La specie è costituita in realtà da due sottospecie, Cx.
pipiens molestus e Cx. pipiens pipiens, difficilmente distinguibili.
Per i diversi ambienti normalmente colonizzati la Cx. pipiens
molestus è conosciuta come forma urbana mentre la seconda come
forma rurale. Il carattere morfologico che consente una distinzione
tra le due sottospecie (come larva) è rappresentato da un diverso
indice sifonico (rapporto tra la lunghezza del sifone e il suo
diametro maggiore): mediamente si aggira attorno a 3.5 per la
molestus e a 3.8 per la pipiens. Gli adulti possono essere distinti
analizzando, con l’elettroforesi, alcuni loci enzimatici del loro
patrimonio genetico (Urbanelli et al. 1980). Entrambe le forme
non si spostano a grandi distanze e sono attive di preferenza al
crepuscolo e di notte in prossimità delle aree di sviluppo larvale da
cui provengono. Possono entrare nelle abitazioni attirate dalla luce
e dalla presenza di persone e rimangono attive per tutta la notte.
La forma rurale è anche ornitofila mentre la molestus è solo
antropofila. La molestus è in grado di accoppiarsi in ambienti
ristretti (stenogamia) quali possono essere tombini o fognature,
non necessita del pasto di sangue per portare a maturazione le
prime uova (autogenia) e non entra in diapausa invernale
(omodinama). Differenti sono inoltre gli ambienti utilizzati per lo
sviluppo larvale; mentre la molestus predilige acque luride con
forte carica organica anche se fortemente inquinate, la pipiens
predilige acque limpide con sostanza organica di origine vegetale.
Le zone di riproduzione sono le più svariate: tombini, cisterne,
depuratori, reti di scolo e qualsiasi altra forma d'invaso anche di
natura temporanea purché non vi siano pesci o altri artropodi
predatori che normalmente sono in grado di contenere
efficacemente le infestazioni. Sono attive da marzo a fine
novembre con densità che variano in funzione dell’andamento
stagionale. Normalmente svernano entrambe come femmine
18
feconde rifugiandosi in luoghi nascosti e tranquilli spesso costruiti
dall’uomo come cantine, stalle, magazzini, ecc.. La molestus è in
grado, però, di passare l’inverno in qualsiasi stadio vitale,
compreso quello di maschio adulto (R. Pantaleoni 1997); le
femmine possono pungere qualora le condizioni diventino
favorevoli per brevi periodi. La velocità di sviluppo è variabile, in
funzione della temperatura e della disponibilità di cibo, passando
da poco più di una settimana ad oltre un mese; durante una
stagione si possono perciò avere numerose generazioni. Culex
pipiens è presente nella regione oloartica, afrotropicale e
neotropicale, ed è una specie molto diffusa in Italia.
Le zanzare del genere Culex depongono le uova
direttamente sulla superficie dell’acqua le uova. Durante la
stagione estiva le larve nascono in 24-48 ore e in una settimana
raggiungono lo stadio di adulti. Le femmine di Culex pipiens si
attivano al crepuscolo. Iniziano la stagione riproduttiva a fine
maggio-inizio giugno e terminano di produrre uova a settembre. I
siti in cui si possono sviluppare le larve vengono definiti focolai
larvali, e sono costituiti da qualsiasi raccolta d’acqua, soprattutto
quelle con alto carico organico (fognature, scarichi, tombini
stradali, ecc.). Svernano come adulti, in una sorta di letargo, in
luoghi riparati all’esterno o all’interno delle abitazioni, ad esempio
nelle cantine, nei garage, nei depositi, nelle stalle, ma anche
all’interno degli appartamenti.
Fig 1.2.1.1 uova di Culex pipiens riunite in zattere galleggianti
sul pelo dell’acqua
19
Fig 1.2.1.2 larva di Culex (sifone allungato)
Fig 1.2.1.3 adulto di Culex
Fig 1.2.1.4 esempio di focolaio di Culex
1.2.2 Ochlerotatus caspius
Specie paleartica, molto comune in Italia, soprattutto nelle
zone costiere e nelle risaie. Caratteri morfologici distintivi della
larva: setola sifonica inserita distalmente rispetto all’ultima spina
20
del pettine, indice sifonico minore di 4, l’ottavo segmento delle
larve di quarta età presenta 18-28 scaglie disposte su più file e con
spina mediana nettamente distinta, sella del segmento anale
interrotta ventralmente, setole frontali interne generalmente
semplici, antenne con spicole, setola antennale multifida. Caratteri
morfologici distintivi dell’adulto: palpi molto corti rispetto alla
tromba, parte terminale dell’addome a punta, tarsi posteriori con
banda centrale scura, la parte superiore dell’addome (tergite)
presenta una banda centrale chiara e delle tacche chiare sulle coste.
Sverna sotto forma d'uovo diapausante deposto solitamente nel
terreno, nell'attesa delle condizioni ottimali. La prima schiusa
avviene generalmente in aprile-maggio e le successive si
susseguono in funzione della disponibilità dell’acqua oltre che del
clima; infatti, essendo le uova deposte sopra il pelo dell’acqua,
possono schiudere solo se sono sommerse. Adulti e larve possono
essere ritrovati fino a novembre. Le larve si sviluppano
solitamente in zone paludose, lagune, pozze, canali di scolo, e
tollerano acque con gradi di salinità molto diversi che vanno dal
dolce al salmastro. Le larve usufruendo talvolta di raccolte d’acqua
temporanee molto piccole, sono caratterizzate da uno sviluppo
larvale molto veloce, che gli consente di svilupparsi da uovo ad
adulto, in presenza di cibo e temperature adeguate, in meno di una
settimana. Nei focolai larvali può essere ritrovata in associazione a
Cx. pipiens, An. maculipennis, Cs. Annulata. Le femmine pungono
sia di giorno che di notte, con un picco verso il crepuscolo quando
la temperatura si attenua; possono raggiungere una densità e
un'aggressività talvolta allarmanti specialmente nelle zone costiere
dove rappresentano una delle specie prevalenti. Generalmente
sono antropofile ma attaccano qualsiasi altro animale, solo in caso
di forti infestazioni possono spingersi anche all’interno delle
abitazioni. Le alate possono spostarsi a distanze diversi chilometri,
sfruttando i venti, invadendo i centri abitati e vanificando così la
21
lotta antilarvale eseguita localmente; ciò rende obbligatorio l’uso
generalizzato, e non certo auspicabile, di adulticidi.
Fig 1.2.2.1 larve di Ochlerotatus
Fig 1.2.2.2 adulto di Ochlerotatus
Fig 1.2.2.3 esempio di focolaio di Ochlerotatus
Fig 1.2.2.4 esempio di focolaio di Ochlerotatus
22
1.3 Aedes albopictus
Appartiene all’ordine dei Ditteri, Famiglia Culicidae,
Sottofamiglia Culicinae, Genere Aedes, Sottogenere Stegomya ,
Specie albopictus.
Arrivata in Italia da quasi 20 anni, la zanzara tigre è ormai
ben adattata ai nostri ambienti ed è a quasi tutti gli effetti è una
zanzara italianizzata. Tra tutte le specie di Culicini, infatti, Aedes
albopictus, è una delle più abili a sperimentare con successo nuove
risorse ecologiche.
La sua grande capacità di adattamento le ha permesso di
colonizzare gran parte dei continenti, dalla regione orientale a
quella afrortropicale, da quella antartica fino a quella neotropicale
e nell’Australia, entrando così a far parte della fauna culicidica
locale di molte nazioni.
Le popolazioni di Aedes albopictus che sono riuscite a
colonizzare l’Europa sono dotate di una grande capacità di
superare stagioni invernali anche molto rigide.
Oggi, come già detto sopra, è stata rinvenuta in Germania,
Francia, Svizzera, Spagna; Belgio, Olanda, Croazia, Montenegro,
Spagna e Israele.
1.4 Criteri per il riconoscimento
1.4.1 Morfologia dell’adulto
Aedes albopictus si distingue facilmente dal punto di vista
morfologico dalla zanzara comune per la livrea “tigrata”. L’adulto
di zanzara tigre, infatti, ha un corpo nero con striature bianche su
capo, torace addome e sulle zampe. Le sue dimensioni sono di
norma al di sotto del centimetro a seconda dell’ambiente in cui si
23
sviluppano le larve e alla quantità di cibo disponibile durante le
fasi di sviluppo.
La pigmentazione dominante è nera. Il capo è caratterizzato
da una linea mediana di scaglie bianche che si estende fino allo
spazio interoculare.
La femmina ha la proboscide con scaglie scure e palpi
mascellari bianchi nella porzione distale; il maschio ha palpi
lunghi come la proboscide con anellature di scaglie bianche.
Nel torace si evidenzia una caratteristica linea longitudinale
di scaglie bianche che attraversa la faccia superiore del torace e
prosegue sul capo.
Le zampe hanno anellature bianche, l’addome presenta
segmenti addominali con bande basali trasversali fatte di scaglie
argentee separate basolateralmente dove formano macchie
triangolari.
Il netto contrasto dei due colori bianco e nero la rende
facilmente riconoscibile rispetto altre specie.
Fig.1.4.1.1 morfologia dell'adulto di Aedes albopictus: vista
dorsale della femmina. A, zampe, paio anteriore; B, paio mediano;
C, paio posteriore. 1-5 segmenti tarsali
24
1.4.2 Morfologia delle uova
Per l’identificazione delle uova occorre un ingrandimento di
almeno 100 volte. L’uovo ha forma ellittica con un lato più
appiattito; subito dopo la deposizione è di colore biancastro, poi
diventa sempre più scuro sino a diventare nero lucente. Le uova
sono di forma ovoidale ellittica. Sulla superficie dell’esocorion si
trovano dei “tubercoli” in rilievo apprezzabili a forti
ingrandimenti. Le dimensioni medie variano da 0,610 mm x 0,193
mm. Possono essere confuse con le uova di Aedes geniculatus,
specie che può colonizzare lo stesso focolaio. Aedes geniculatus è
particolarmente insidiosa nell’Italia nord-orientale, è una specie
arboricola comune, antropofila e aggressiva; si ritrova
frequentemente nei boschi di latifoglie e nella alberature cittadine
(di platano, tigli, ippocastano), ma può colonizzare anche piccole
raccolte di acqua artificiale. Le dimensioni delle uova delle due
specie di zanzare sono simili: per Ae.albopictus sono di
0,610x0,193 mm (Estrada-Franco J.G., 1995), mentre per Aedes
geniculatus sono di 0,697x0,212 mm (Encinas G., 1982). Per
quanto riguarda la forma, quelle di Aedes geniculatus hanno una
forma meno affusolata.
Fig.1.4.2.1 confronto fra le uova di Aedes albopictus
(sinistra) e Aedes geniculatus (destra)
25
Allo microscopio elettronico a scansione le differenze si
notano in maniera molto evidente; in particolare il corion nelle
uova di Ae.albopictus appare cosparso di tubercoli semisferici
((Estrada-Franco J.G., 1995) mentre in quelle di Aedes geniculatus
è percorso, ad esempio, da un reticolo di cellule poligonali
(Encinas G., 1982).
Fig.1.4.2.2 confronto al microscopio elettronico a scansione
fra le uova di Aedes albopictus (alto) e Aedes geniculatus (basso)
Le uova di Aedes albopictus consentono alla specie il
superamento dei rigori invernali e dei periodi siccitosi estivi grazie
26
a raffinati meccanismi bio-fisiologici che permettono all’embrione
di rimanere in uno stato di vita quiescente. Il corion (l’involucro) e
l’arresto dello sviluppo dell’embrione permettono la resistenza al
disseccamento e alle basse temperature nelle popolazioni
selezionate nelle aree temperate:
• a tenori di umidità del 60-75% e temperature di 25°C dopo 4
mesi la percentuale di sopravvivenza è ancora del 24%;
• è stata osservata la sopravvivenza a –10°C per 24 ore
Dopo la sommersione l’embrione conclude lo sviluppo e
schiude in un tempo variabile da 0 a 6 giorni in funzione della
temperatura e del fotoperiodo. In autunno le femmine depongono
uova cosiddette diapausanti in quanto idonee a superare l’inverno.
Le uova vengono deposte a partire da circa 60 ore dal pasto
di sangue. La femmina le attacca singolarmente, appena sopra il
livello dell’acqua, sulla parete del contenitore che trattiene l’acqua.
Una piccola parte delle uova possono essere deposte anche sulla
superficie dell’acqua.
Fig.1.4.2.3 uova di Aedes albopictus
27
1.4.3 Morfologia delle larve
Per la determinazione certa della specie a partire dagli stadi
larvali occorre l’ausilio di uno stereomicrosopio (30-80
ingrandimenti).
Capo
• setole frontali interne bifide o multifide
• antenne lisce (senza spicole)
• setola antennale semplice
Torace
• setole flessibili, semplici o multifide
• assenza di setole toraciche e addominali di forma
stellata (a differenza di Ae. geniculatus)
Addome
• ottavo segmento: 6-13 scaglie in un’unica fila,
costituite da un’unica grossa spina
• sifone respiratorio: indice sifonico inferiore a 4, più
corto o di lunghezza uguale a quella della setola interna
della spazzola dorsale; non ha setole sulla superficie
dorsale; setola sifonica impiantata distalmente rispetto
all’ultima spina del pettine e il suo apice non raggiunge
l’estremità del sifone. Pettine con spine uniformemente
ravvicinate e di forma acuminata. Assenza di auricola
sifonica (a differenza di Aedes geniculatus)
• segmento anale (decimo segmento): sella formata da
un largo sclerite che copre solo le superfici dorsali e
laterali, interrotto ventralmente.
28
1.5 Ciclo biologico di Aedes albopictus
Come tutte le altre zanzare il ciclo vitale della zanzara tigre
comprende 4 stadi: uovo, larva, pupa e adulto
La femmina di Aedes albopictus, responsabile delle punture
all’uomo, può compiere diversi pasti di sangue a distanza di 3-5
giorni uno dall’altro e in condizioni ottimali può vivere anche più
di 40 giorni. A partire da 3-4 giorni dopo il pasto di sangue le
femmine di zanzara tigre depongono tra le 40 e le 80 uova,
disponendole singolarmente appena sopra il livello dell’acqua
appoggiate sul substrato disponibile. In laboratorio si è visto che
ogni zanzara è in grado di deporre le uova anche per 7 cicli
consecutivi, per un totale di 350-450 uova per individuo in una
stagione.
Grazie a raffinati meccanismi bio-fisiologici (diapausa
embrionale), le uova di zanzara tigre possono sopravvivere in
forma quiescente anche durante il freddo invernale e in periodi di
siccità. Le popolazioni che hanno colonizzato l’Italia sono
polimorfiche per i caratteri che inducono le femmine a deporre
uova invernali diapausanti quando la temperatura scende sotto 10
°C e con 13-14 ore di luce (fotoperiodo).
Una umidità del 60-70% e temperature di 25°C sono
sufficienti a far sopravvivere circa un quarto delle uova deposte
per 4 mesi. Da test di laboratorio è risultato che le uova sono
capaci di sopravvivere a -10°C per 24 ore. Per cominciare a
schiudersi basta che le uova vengano sommerse anche in una
minima quantità d’acqua per un’ora a temperature miti. La durata
dello stadio di larva dipende dalla temperatura, dalla disponibilità
di cibo, dal volume dell’acqua del focolaio e dalla densità delle
larve. In primavera e autunno, dalla deposizione delle uova fino
allo sfarfallamento dell’adulto passano in media 15-20 giorni,
mentre in piena estate bastano 6-8 giorni. La femmina raggiunge la
maturità sessuale 24-48 ore dopo la nascita, si accoppia solo una
29
volta nel corso della sua vita dopo di che va in cerca di un pasto di
sangue per portare a maturazione le loro uova.
Le uova sono deposte dalla femmina in piccoli contenitori
(focolai larvali) che, in ambiente urbano, sono rappresentati per lo
più da pozzetti stradali, bocche di lupo, sottovasi, grigliati, bidoni,
ecc. Le larve che crescono e si sviluppano esclusivamente in
acqua, sono dotate di un sifone respiratorio che permette loro di
respirare l’ossigeno atmosferico. Dopo quattro mute, la larva si
trasforma in pupa che rappresenta l’ultimo stadio della vita
acquatica di questo insetto. Dalla metamorfosi della pupa si
origina l’adulto. Alle nostre latitudini il periodo favorevole allo
sviluppo della zanzara tigre va da metà aprile fino alla fine di
ottobre, con ampliamenti o restrizioni a seconda del profilo
termico dell’area, della presenza di ristagni (focolai larvali) e
dell’andamento meteo-climatico.
Fig 1.5.1 femmina di Aedes albopictus durante la suzione di
sangue
L’ora del giorno riveste una grande importanza, infatti
Aedes albopictus punge prevalentemente nelle ore più fresche: al
mattino o verso l’imbrunire.
30
Fig 1.5.2 uova di Aedes albopictus
Fig 1.5.3 larva di Aedes albopictus
Le larve possono sopravvivere in determinate condizioni:
1. l’acqua deve essere stagnante, e non troppo corrente,
2. sono favorite dalla presenza di un alto carico organico
da cui traggono nutrimento,
3. l’acqua deve permanere per un periodo sufficiente
allo sviluppo delle larve
Lo stadio larvale a temperatura media di 26°C e con cibo
abbondante dura 7-8 giorni, a temperature intorno a 15°C si
allunga fino a 20 giorni.
Lo stadio di pupa è l’ultimo stadio acquatico e dura in
funzione della temperatura, da 4 giorni a 15°C a 2 giorni a 25°C.
31
In estate, con temperature superiori a 25°C, l’intero ciclo
biologico si può completare in 8-10 giorni. Il numero delle
generazioni varia dalle caratteristiche del focolaio e dalla presenza
di acqua nel periodo favorevole alla schiusa.
Qualunque piccola raccolta d’acqua temporanea o perenne
in grado di consentire l’ovodeposizione della zanzara e lo sviluppo
delle larve è definita focolaio larvale (Romi, 1996).
In città focolai tipici sono i tombini di scolo delle acque o le
griglie di raccolta d’acqua, bottiglie, barattoli vasche,cavità di
alberi, sacchetti di plastica, bidoni piante di idrocoltura, grondaie,
annaffiatoi, sottovasi.
Tra i diversi tipi di focolai si distinguono:
• potenziali (negativi alla ricerca delle larve in un certo
momento)
• positivi (contenti larve o pupe)
• inamovibili (quelli che non possono essere rimossi
attraverso ad esempio svuotamento come i tombini)
32
Fig 1.5.4 alcuni esempi di tipici focolai larvali
33
1.6 Diffusione di Aedes albopictus
La zanzara tigre è una delle 98 specie di zanzare presenti in
Europa. La sua spiccata plasticità biologica e la capacità delle uova
di sopravvivere alla stagione invernale nei climi temperati le
hanno permesso di colonizzare rapidamente ambienti anche molto
diversi tra loro come quello urbano e extraurbano, pianeggiante e
collinare, accomunati dalla presenza di piccoli ristagni d’acqua. La
chiave che può spiegare i motivi della sua diffusione, oltre alla
capacità di quiescenza delle uova durante i periodi asciutti, è
proprio legata agli innumerevoli ambienti collegati alle attività
umane che essa è in grado di colonizzare costituiti appunto da
contenitori di ridotte dimensioni.
Nel suo ambiente originario di foresta queste erano
rappresentate da cavità negli alberi, ascelle fogliari o buchi nella
roccia mentre negli ambienti urbani delle nostre città possono
essere sottovasi, tombini, bottiglie, barattoli, cestini dei rifiuti
posizionati all’aperto, cassonetti della raccolta dei rifiuti e altri
contenitori. La sua propensione a riprodursi in quantitativi di
acqua molto ridotti è confermata dal fatto che non si sono mai
osservate larve di zanzara tigre in fossi, laghi, canali e altri luoghi
ricchi di acqua. La sua proliferazione è legata fondamentalmente
infatti a diversi fattori:
1.
disponibilità di focolai larvali,
2.
abbondanza di precipitazioni atmosferiche
estive (con picchi di popolazione a inizio estate e a agostosettembre),
3.
temperature estive elevate che accelerano il
ciclo di sviluppo larvale e favoriscono diverse generazioni /
anno,
34
4.
presenza di bassa vegetazione nella quale gli
adulti trovano riparo durante le ore di inattività, soprattutto
nei giardini privati.
La tipologia abitativa delle nostre città è il fattore più
importante per il suo sviluppo, i quartieri dove vi sono case basse o
villette con orti o giardini, i condomini con spazi verdi interni o
terrazzi, costituiscono un areale favorevole ad Aedes albopictus.
1.7 Distribuzione di Aedes albopictus
1.7.1 La situazione internazionale
La zanzara tigre (Aedes albopictus) è stata segnalata per la
prima volta negli Stati Uniti nel 1985. Secondo i dati dei Centers
for disease control and prevention (Cdc) statunitensi, oggi è ben
radicata in almeno 866 contee di 26 Stati Usa. Sempre i Cdc
riportano la sua introduzione nel 1986, in modo indipendente e
probabilmente a causa del commercio di copertoni usati, in
Brasile. Ora è presente in sette Stati brasiliani ed è diffusa in altri
Paesi americani. Nel 1993, Aedes albopictus si è stabilita nella
Repubblica Dominicana, la prima isola caraibica a essere infestata,
e nel Messico settentrionale. Nel 1995, viene segnalata in
Guatemala, a Cuba e in Bolivia. Nel 1996, in Salvador e in
Colombia. Nel 2003 è stata segnalata anche nelle zone del sudest
messicano. Nel 1997 viene segnalata la presenza di Aedes
albopictus alle isole Cayman. Dal 1991 in Nigeria. Nel suo
continente di origine, Aedes albopictus sta ampliando la sua
diffusione nella zona del Pacifico. È stata segnalata nei porti della
Nuova Zelanda e nelle zone settentrionali dell’Australia.
35
1.7.2 In Europa
I dati raccolti dal rapporto 2009 dell’Ecdc sulla distribuzione
della zanzara tigre in Europa riferiscono la situazione di 52 Stati
membri dell’Unione Europea o di Paesi localizzati all’interno della
regione geografica europea o vicini a essa. La presenza o assenza
di Aedes albopictus non è stata accertabile per 24 Stati. Per 6
(Bielorussia, Islanda, Malta, Moldavia, Macedonia e Ucraina) non
si è avuta risposta dagli esperti contattati. Per altri 18 (Austria,
Bulgaria, Estonia, Finlandia, Isole Faroe, Gibilterra, Ungheria,
Irlanda, Kosovo, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Lettonia,
Norvegia, Polonia, Romania e Russia) non sono disponibili, o sono
disponibili in minima quantità, informazioni sulla fauna locale di
zanzare e non è stata implementata una sorveglianza specifica per
Aedes albopictus. Per i restanti 28 Paesi, sono disponibili a
sufficienza informazioni generali sulla fauna di zanzare per
determinare l’assenza o presenza di Aedes albopictus, soprattutto
sulla base di una sorveglianza regolare delle zanzare o di studi in
larga parte dei territori. Negli ultimi cinque anni, 12 Paesi hanno
potenziato una sorveglianza specifica per Aedes albopictus e altre
zanzare esotiche. Alcuni Paesi hanno mantenuto la sorveglianza a
livello nazionale e con regolarità, sia attivamente (come in Belgio,
Francia e Olanda), sia passivamente (Serbia e Regno Unito). Come
risultato, Aedes albopictus è stata osservata almeno in 16 Paesi,
ma la qualità dei dati e delle informazioni è variabile, da una
sorveglianza regolare a livello nazionale a una totale assenza di
monitoraggio. I maggiori risultati sono:
• Aedes albopictus è stata osservata una volta in
Germania e in Svizzera, ma l’insediamento in queste
regioni non è ancora stato provato
36
• si è regolarmente re-insediata in Olanda, ma non è
ancora stato possibile osservare una sua diffusione al
di fuori delle serre e quindi non è possibile
considerarla insediata in questo Paese
• si è regolarmente reintrodotta nel sud della Svizzera e
le sostenute misure di controllo hanno prevenuto il
suo insediamento e diffusione fino al 2006, ma dati
recenti suggeriscono una ulteriore diffusione
• è presente in centri isolati in Bosnia e Erzegovina, ma
le informazioni sono troppo scarse per dare conferme
con accuratezza
• si è insediata con popolazioni stabili e potrebbe
diffondersi in 11 Paesi e micro-stati: Albania,
Croazia, Francia, Grecia, Monaco, Montenegro, Italia,
San Marino, Slovenia, Spagna e Città del Vaticano. In
questi Paesi, così come in altri, esistono focolai
isolati.
Fig 1.7.2.1 L’attuale distribuzione di Aedes albopictus in
Europa(ECD, 2009)
37
La mappa mostra l'attuale distribuzione della zanzara Aedes
albopictus a livello di regioni amministrative (NUTS3 o LAU1; 52
Stati, ministati o colonie; membri dell'Unione europea, e /o situati
in Europa o geograficamente vicino a essa). Le regioni sono
identificate con un codice-colore:
• arancio: la specie è stata osservata in almeno
un’amministrazione
• viola: la specie è stata osservata solo in ambienti
chiusi (in serra)
• verde: sono stati condotti indagini e studi su zanzare
nel corso degli ultimi cinque anni (2003-2007) e non
è stato riportato alcun esemplare di Aedes albopictus
• giallo chiaro: gli esperti locali non dispongono di dati
recenti (ultimi cinque anni) sulla fauna della zanzara
• grigio: non sono disponibili informazioni relative
all’esistenza di studi sulla fauna della zanzara
• bianco: i Paesi non inclusi in questo studio.
Per la costruzione delle mappe l’Ecdc ha utilizzato solo dati
confermati provenienti dagli esperti dei rispettivi Paesi.
Le informazioni sulla presenza/assenza varia in termini di
qualità, da una sorveglianza regolare e nazionale a una totale
assenza di sorveglianza o studi; i colori verde, bianco e grigio
forniscono informazioni di tipo qualitativo.
38
Fig.1.7.2.2 L’attuale distribuzione di Aedes albopictus nel
bacino del Mediterraneo (ECD, 2009)
La mappa mostra l'attuale distribuzione dei Aedes albopictus
nel bacino del Mediterraneo, a livello di località (LAU2) per i dati
sulla presenza, e a livello di regioni amministrative e Province
(NUTS3 o LAU1) per gli altri dati. Le località sono state
codificate con i colori come segue:
• arancio: la specie è stata osservata nel 2007
• verde: sono stati condotti nel corso degli ultimi cinque
anni (2003-2007) indagini e studi su zanzare, ma non
è stato riportato alcun esemplare di Aedes albopictus
• giallo chiaro: gli esperti locali non dispongono di dati
recenti (ultimi cinque anni) sulla fauna della zanzara
• grigio: non sono disponibili informazioni in merito
all'esistenza di studi sulla fauna della zanzara
• bianco: i Paesi non inclusi in questo studio.
I dati sono stati forniti da esperti in diversi Paesi. I cerchi
indicano piccoli focolai localizzati. Le informazioni sulla
39
presenza/assenza varia a livello qualitativo; verde, bianco e grigio
indicano la qualità delle informazioni.
Nel corso degli ultimi cinque anni, dodici Paesi hanno
attivato specifici programmi di sorveglianza per Aedes albopictus
e per altre zanzare esotiche. In alcuni Paesi, questa sorveglianza
regolare e nazionale è stata sia attiva (Belgio, Francia, Paesi Bassi)
sia passiva (Regno Unito, Serbia). Per quanto riguarda l'Albania, i
dati a disposizione mostrano una distribuzione Aedes albopictus a
macchia di leopardo, dovuta alla frammentazione della
sorveglianza e ai pochi siti esaminati. La specie è presente molto
probabilmente come popolazione omogenea in tutte le zone
costiere, dal mare fino a un’altitudine di 690-700 metri sul livello
del mare.
1.7.3 In Italia
Secondo il rapporto 2009 dell’Ecdc sulla distribuzione della
zanzara tigre in Europa e in Italia, le informazioni circa Aedes
albopictus nel nostro Paese sono ampie. Ma nonostante questo, i
dati precisi sulla distribuzione di Aedes albopictus nelle singole
municipalità sono sporadici. Questo è dovuto al fatto che le attività
di sorveglianza delle zanzare sono portate avanti solo in un
numero limitato di aree e, soprattutto, non sono coordinate a
livello nazionale. Al contrario le indagini sulle zanzare, quando
organizzate, sono coordinate perlopiù a livello provinciale o
regionale e portate avanti dall’Istituto superiore di sanità, dalle
Asl, dalle Province, dalle università o da compagnie private. Quasi
tutti i dati sono basati su risultati di sorveglianza attiva
(ovitrappole) e passiva e sulla conferma delle diagnosi. Aedes
albopictus è presente in gran parte dell’Italia, e l’Italia è da tempo
il Paese più colpito dell’Europa. L’unica Regione che sembra
essere completamente priva di Aedes albopictus è la Valle
d’Aosta. Tutte le Regioni hanno Province infestate, anche se
40
alcune lo sono più di altre. Aedes albopictus è stata registrata in
1213 (15%) degli 8102 Comuni. Le aree più colpite sono quelle
del Nord Est (Veneto e Friuli Venezia Giulia), la zona tra le Alpi e
gli Appennini (buona parte della Lombardia e dell’Emilia
Romagna) e le aree costiere del Centro. In queste zone, non solo ci
sono molti Comuni infestati, ma la densità delle popolazioni di
zanzare è spesso più alta rispetto a quella delle altre aree. Più in
generale, Aedes albopictus è presente in molti Comuni costieri del
Nord e del Centro Italia. Le aree dei delta (quella del fiume Po e i
delta del Veneto e del Friuli) e le aree fino ai 500 metri di
altitudine del nord Italia sono le più frequentemente infestate.
Questo è dimostrato dalla proporzione di Comuni infestati nelle tre
Regioni più colpite. In Emilia Romagna, 263 su 341 Comuni sono
colpiti (77%). In Friuli 139 su 219 (63,4%). Quasi tutte queste
località si trovano in aree a bassa quota, situate tra i colli ai piedi
delle Alpi e il mare Adriatico. In Veneto il 50% dei Comuni sono
infestati (291/581), soprattutto nell’area a sud delle Prealpi e delle
Alpi. Quasi tutte le aree in zone montane sopra i 500 metri sul
livello del mare sono libere da Aedes albopictus. Comunque, molti
esperti sostengono che nelle Prealpi e nell’Appennino, Aedes
albopictus può essere ritrovata in piccole popolazioni in paesi
anche sopra i 500 metri, dove ci sono strade che da aree molto
infestate a quote più basse portano a quote più elevate.
Relativamente pochi rapporti sulla presenza di Aedes albopictus
vengono dalle aree meridionali dell’Italia, anche se gli esperti
ritengono che sia molto probabile che siano infestate molte aree
costiere di Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Molise,
Abruzzo e Sardegna. Questa scarsa quantità di rapporti è
probabilmente dovuta a una ridotta attività di sorveglianza in
queste aree.
41
1.8 Disagio sociale e importanza sanitaria
La zanzara tigre rientra tra le specie pericolose per la salute
pubblica per la sua capacità di trasmissione di alcuni patogeni,
come ad esempio il virus della Chikungunya. In particolare nelle
zone tropicali dell’Asia, la zanzara tigre è vettore di diverse
malattie virali causate da arbovirus, tra cui la Dengue, la febbre
gialla e alcune encefaliti.
L’epidemia di febbre da virus Chikungunya, che si è
verificata nel corso dell’estate 2007 nelle Province di Ravenna,
Forlì-Cesena, Rimini e Bologna, ha dimostrato la possibilità di
importazione di malattie trasmesse da vettori, che fino ad ora si
erano manifestate solo in zone tropicali.
La prima epidemia di Chikungunya nota risale al 1952 in
Tanzania, anche se già nel 1779 è stata descritta un’epidemia in
Indonesia attribuibile forse allo stesso agente virale. A partire dagli
anni Cinquanta, varie epidemie di Chikungunya si sono verificate
in Asia e in Africa.
Nel 2007 per la prima volta questa malattia caratterizzata da
febbre acuta ha origine autoctona in Europa.
Da questo momento in poi la presenza di zanzara tigre sul
territorio è divenuta oggetto di numerosi studi non solo per il
fastidio arrecato dalla zanzara che risulta proporzionale alla
densità dell’insetto, ma soprattutto per la sua capacità di
trasmettere importanti arbovirus agenti di malattie umane.
La zanzara tigre è infatti competente per la trasmissione di
un grande numero di Arbovirus, fra cui numerosi Flavivirus,
Bunyavirus e Alfavirus: questi includono, West Nile, Sindbis
(presenti nell’area del mediterraneo), Febbre Gialla e molti altri.
In condizioni di campo la zanzara tigre si è dimostrata
competente a trasmettere:
•
3 Flavivirus ( Dengue, West Nile e Encefalite
Giapponese),
42
•
6 Bunyavirus (Jamestown Canyon, Keystone,
LaCrosse, Potosi, Chache Valley Tensaw ),
•
2 Alfavirus ( Chiungunya, Encefalomielite
Equina dell’Est).
Tali agenti patogeni completano il loro ciclo nelle ghiandole
salivari dell’insetto e si trasmettono all’uomo durante la puntura.
Prima dei casi di Chikungunya avventi in Regione EmiliaRomagna la zanzara tigre era temuta per il suo impatto sulle
abitudini di vita della popolazione. Si tratta infatti di un insetto
molto aggressivo, che punge soprattutto nelle ore più fresche della
giornata, al mattino presto e al tramonto. Le punture di Aedes
albopictus procurano gonfiori e irritazioni persistenti, pruriginosi o
emorragici, e spesso anche dolorosi. Nelle persone particolarmente
sensibili, un elevato numero di punture può dare luogo a risposte
allergiche che richiedono attenzione medica. La sua presenza in
numerosi focolai può arrivare quindi a modificare le abitudini delle
persone rendendo difficile ai bambini e agli anziani la vita
all’aperto nelle ore fresche della giornata, proprio quelle più
piacevoli durante la stagione calda.
1.8.1 La Chikungunya
La Chikungunya è una malattia di origine virale, causata da
un virus della famiglia delle Togaviridae, trasmessa tramite le
punture della Zanzara Tigre. Bacino endemico della malattia sono
diverse zone tropicali dell’Asia e dell’Africa. I sintomi della
malattia sono simili a quella della Dengue e per questo non è
sempre facile distinguere le due malattie. Dopo un periodo di
incubazione di 3-12 giorni, si manifestano sintomi simili a quelli
dell’influenza, caratterizzati da febbre alta, brividi, cefalea, nausea,
vomito e soprattutto importanti dolori articolari (da cui deriva il
nome Chikungunya, che in lingua swahili significa "ciò che curva"
o "contorce"), tali da limitare molto i movimenti dei pazienti che
43
quindi tendono a rimanere assolutamente immobili e assumere
posizioni che consentano di non sentire il dolore. In alcuni casi, si
può sviluppare anche una eruzione cutanea pruriginosa. Il tutto si
risolve spontaneamente, in genere in pochi giorni, anche se i dolori
articolari possono persistere anche per mesi. Le complicanze più
gravi sono rare e possono essere di natura emorragica (anche se
non così gravi come nella Dengue) entro 3-5 giorni, o neurologica,
soprattutto nei bambini. In rarissimi casi la Chikungunya può
essere fatale, più che altro in soggetti anziani che presentano già
altre patologie di base. Il virus responsabile della Chikungunya
viene trasmesso dalle zanzare del genere Aedes, come Aedes
aegypti e Aedes albopictus. La prevenzione della malattia consiste
innanzitutto dell’impedire o ridurre al minimo le punture delle
zanzare. Particolare attenzione deve essere prestata nel caso di
viaggi in zone epidemiche. E’ infatti opportuno, in questi casi,
seguire alcune precauzioni generali per difendersi dalle punture
delle zanzare come ad esempio:
• reti alle finestre o zanzariere nelle stanze in cui si
soggiorna (meglio se impregnate con insetticidi)
• insetticida
• vestiti che non lascino scoperte parti del corpo
(camicie con maniche lunghe, pantaloni lunghi ecc) di
colore chiaro, perché i colori scuri attraggono le
zanzare
• repellenti sulle parti del corpo che rimangono
scoperte, tenendo presente che il sudore ne riduce
l'effetto.
Le donne in gravidanza e i bambini dovrebbero consultare il
proprio medico o farmacista prima di utilizzare i prodotti
repellenti. Va prestata particolare attenzione ai bambini di età
inferiore ai 3 mesi per i quali l’utilizzo dei repellenti è
sconsigliato. I repellenti di sintesi (tipo Deet) in forma di crema o
44
spray sono efficaci contro la zanzara tigre, ma devono essere
utilizzati con cautela. Da un recente studio francese (Corbel V., et
al, 2009) è emerso che il DEET (N,N-dietil-meta-toluamide),
principale ingrediente dei repellenti, risulta tossico per il sistema
nervoso di mammiferi. In particolare sembra che il Deet inattivi un
enzima importantissimo per il cervello, l'acetilcolinesterasi, un
enzima 'forbice' che taglia e inattiva i neurotrasmettitori
controllandone quindi il livello di attività. Nonostante ciò, il
DEET, scoperto nel 1953, resta ancora oggi il repellente più usato
perché è quello che ad una migliore azione repellente associa
anche una maggiore durata d'azione. Alla luce di questo è
importante sottolineare che è fondamentale fare un uso scrupoloso
dei repellenti evitando di effettuare mix di più sostanze e non usare
repellenti e insetticidi insieme; infine acquistare il repellente giusto
leggendo l'etichetta e tenendo conto che l'Accademia Americana di
Pediatria raccomanda l'uso di repellente a concentrazione minima
di Deet (7%) su bambini sotto i 12 anni. Oggi ci sono sostanze di
nuova generazione meno irritanti del Deet, come la picaridina.
1.8.2 Casi di Chikungunya nell’estate 2007 nella Regione
Emilia-Romagna
L’epidemia di febbre da virus Chikungunya si è verificata
nel corso dell’estate 2007 nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena
Bologna e Rimini.
Escludendo il caso indice proveniente da un viaggio in India
(regione del Kerala), il primo caso risale al 4 luglio, mentre
nell’ultimo caso i sintomi sono comparsi il 28 settembre 2007.
45
Fig.1.8.2.1 Curva epidemiologica
9
39
19
103
15
46
6
5
Fig.1.8.2.2 Numero di casi confermati per località
I casi segnalati come sospetti sono stati in totale 337: di
questi 217 sono stati confermati positivi dai test di laboratorio, 30
sono classificati come probabili in quanto hanno rifiutato di fare il
prelievo di sangue, mentre per i restanti 89 i test hanno dato esito
negativo. Il focolaio originario si è sviluppato nelle località di
Castiglione di Cervia e Castiglione di Ravenna, dove si sono
registrati 142 casi confermati; l’epidemia si è successivamente
diffusa e ha dato origine ad alcuni piccoli focolai secondari; si
sono inoltre registrati ulteriori casi sporadici in varie località della
stessa zona.
Una volta iniettato, il virus, dopo un periodo di incubazione
di 3-12 giorni, si manifesta con una sintomatologia similinfluenzale che include febbre alta, cefalea, brividi, nausea, vomito
e importanti atralgie, tali da limitare il moto e i movimenti dei
pazienti. Tali disturbi possono durare numerose settimane,
causando stati di prostrazione profonda nelle vittime.
Il Servizio Sanitario dell’ Emilia Romagna, i Dipartimenti di
sanità pubblica di Ravenna e Cesena,e i diversi Enti di ricerca,
come il Centro Agricoltura e Ambiente di Crevalcore (CAA),
l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lombardia e Emilia
Romagna e l’ISS, hanno subito attivato misure di sorveglianza sui
siti di riproduzione del vettore, con interventi di bonifica
ambientale sia su suolo pubblico sia “casa per casa” nelle aree
47
private, tramite l’uso di insetticidi sia per le forme adulte che per
quelle larvali. Inoltre è stata intrapresa una campagna di
informazione e una sorveglianza attiva con appositi strumenti di
monitoraggio. E’ stato redatto un protocollo operativo dal gruppo
tecnico regionale dell’Assessorato Politiche per la Salute della
Regione Emilia–Romagna da utilizzare nei casi di emergenza.
Sono stati elaborati inoltre specifici piani di interventi straordinari
in tutti i comuni di Area Vasta Romagna comprensivi di
trattamento adulticida nelle aree colpite da focolaio.
Fig.1.8.2.3 Intervento adulticida
La presenza della Chikungunya in Emilia-Romagna è al
momento controllata attraverso una capillare campagna di
disinfestazione della zanzara tigre, unica misura efficace per
ridurre il rischio di diffusione della malattia. Anche un adeguato
uso di repellenti, reperibili in farmacia e da utilizzare seguendo le
indicazioni, può ridurre il rischio di punture e quindi di infezioni
da Chikungunya.
48
1.9 Sorveglianza e lotta
Da tempo la Regione Emilia-Romagna ha attivato un
sistema di sorveglianza dell’infestazione da zanzara tigre basato
prevalentemente sull’utilizzo di ovitrappole e sulla ricerca attiva
nel territorio di adulti e larve.
Il Piano regionale per la prevenzione della Chikungunya e
della Dengue 2008 nasce con l’obiettivo di potenziare il sistema di
sorveglianza dell’infestazione da Aedes albopictus ottimizzando il
numero di ovitrappole dislocate nel territorio per ottenere una
stima quantitativa della presenza dell’insetto (vedi successivo
paragrafo). Oltre a ciò sono previste attività di sorveglianza
entomologica finalizzate al rinvenimento precoce di vettori di
eventuale nuova introduzione, quale ad es. Aedes aegypti, nonché
di vettori infetti provenienti da paesi in cui Dengue e Chikungunya
sono endemiche.
La sorveglianza può avvalersi di tecniche indirette e dirette.
Le tecniche indirette di sorveglianza sono rappresentate da:
• raccolta di informazioni tramite interviste e informazioni
giunte dalla cittadinanza sul livello di molestia
• censimento dei siti e delle attività a rischio di introduzione
• monitoraggio degli adulti con trappole attrattive
L’attrazione è dovuta a sostanze volatili o a stimoli visivi (“CO2
trap”, “duplex cone trap”, “visual trap”), che possono attrarre la
femmina in cerca dell’ospite. Altre trappole, invece, combinate
con un contenitore d’acqua e materiale vegetale in infusione,
possono catturare femmine in cerca di un luogo di ovideposizione
(“sticky trap”, “gravid trap”)
• monitoraggio mediante ovitrappole
49
Le tecniche dirette di sorveglianza si basano sulla ricerca
attiva sul territorio e sono tipicamente rivolte al rilevamento degli
adulti e/o delle larve/pupe.
1.9.1 La sorveglianza delle larve
Questo tipo di sorveglianza si effettua mediante sopralluoghi
condotti in aree pubbliche e private ricercando tutti i possibili
focolai larvali allo scopo di trovare larve e/o pupe di Ae.
albopictus. In area pubblica la maggior parte dei focali presenti è
rappresentata dalla rete di sgrondo superficiale della tombinatura
stradale, mentre in area privata la ricerca è indirizzata
principalmente verso tutti i possibili e potenziali contenitori di
acqua.
Dal 2009 l’attività di sorveglianza delle larve viene fatta
anche nell’ambito del controllo di qualità degli interventi delle
Ditte. I Comuni, infatti, ogni anno, affidano mediante appalto le
attività di lotta alla zanzara tigre a Ditte di disinfestazione.
L’attività principale richiesta alle Ditte è rappresentata dai
trattamenti larvicidi. Essendo la lotta larvicida uno dei più validi
sistemi di lotta, la Regione Emilia-Romagna ha incentivato
l’introduzione di sistemi in grado di controllare la qualità di tali
interventi.
Nel 2009 alcune Ausl, in collaborazione con il Centro
Agricoltura Ambiente, hanno messo a punto protocolli per
l’attività di controllo di qualità degli interventi delle ditte. La AUsl
di Cesena, per esempio, ha messo in campo i propri tecnici della
prevenzione, dopo adeguata formazione, per lo svolgimento di
questa attività per conto di tutti i Comuni del distretto cesenate.
Tale servizio, abbinato anche ad una stretta collaborazione tra
Comune (mediante il referente comunale individuato per la lotta
alla zanzara tigre) e AUsl (mediante referente AUsl appartenente
al Gruppo di Coordinamento regionale) si è rivelato molto utile in
50
quanto ha permesso ai Comuni, in caso di positività larvale, non
solo di razionalizzare le risorse pretendendo un ulteriore
trattamento gratuito da parte delle ditte ma anche di intervenire
immediatamente evitando lo sfarfallamento degli adulti.
Per il rilevamento di larve e pupe nelle tombinature
pubbliche generalmente si utilizza una vaschetta bianca, un
campionatore (dipper standard della capacità di circa 0,5 litri), e un
barattolo per il trasporto eventuale del campione.
Ad esempio per il controllo della qualità degli interventi
delle Ditte le aree sono scelte a campione in base al calendario dei
trattamenti larvicidi inviati dalla Ditta di disinfestazione. Vengono
escluse le caditoie che non si riescono ad aprire.
Il controllo avviene con la seguente modalità:
• i campionamenti sono effettuati nell’intervallo di 5-21
giorni dalla data di avvenuto trattamento;
• vengono aperti i tombini, e si attendono alcuni secondi
(circa 30) per dare modo ad eventuali larve, che
disturbate dall’apertura del manufatto fossero andate sul
fondo, di tornare verso la superficie;
• si effettua il prelievo con un dipper standard della
capacità di circa 0,5 litri;
• vengono eseguiti 2-3 campionamenti per caditoia, ad
intervalli di alcuni secondi;
• si versa il contenuto del campionamento in vaschette
bianche in modo da migliorarne la visibilità
Successivamente a seconda del tipo di prodotto utilizzato
(Diflubenzuron o Pyriproxyfen) si seguono due procedure diverse.
Visto che il Difluebenzuron agisce sulla muta dell’insetto il
controllo si limita a constatare la presenza o meno di larve di
culicidi di IV età e pupe nell’acqua contenuta nei tombini.
Mentre nel caso di tombini trattati con Pyriproxyfen, viene
prelevato un campione di 20-50 culicidi di III-IV età larvale e
51
pupe, conservato in contenitori da 200-300 ml con l’acqua del
tombino stesso
I campioni vengono portati in un locale apposito per il
controllo dello sfarfallamento adulti. Per ogni campione viene
verificata la percentuale di adulti sfarfallati (il locale scelto per la
conservazione dei campioni è privo di condizionatore, la luce non
influisce sullo sviluppo larvale e non è eccessivamente fresco). Le
zanzare adulte che si sviluppano vengono conservate in provetta
siglata con data di raccolta del campione e codice di riferimento
del tombino di provenienza.
Si considera ammissibile una percentuale di sfarfallamento
per campione pari o inferiore al 10% (sul totale delle larve e pupe
raccolte).
Vengono segnalate tempestivamente le eventuali irregolarità
riscontrate al referente comunale che può poi utilizzarle nel
rapporto di lavoro con le imprese che eseguono la disinfestazione.
Durante l’operazione di prelievo del campione i tecnici sono
muntiti di pettorina rinfrangente, scarpe di sicurezza e guanti.
Nel 2008, nell’ambito del Progetto regionale di lotta alla
zanzara tigre, nei Capoluoghi di Area Vasta Romagna (Cesena,
Forlì, Ravenna, Rimini) è stato effettuato uno studio, finanziato dal
Ministero della salute, allo scopo di valutare le correlazioni tra
diversi metodi normalmente utilizzati per stimare la densità di
popolazione di Aedes albopictus: indice di popolazione larvale,
ovitrappole, catture su uomo, intervista. In ognuna delle 4 città
sono stati effettuati tre turni di raccolta dati nel corso della
stagione: Giugno (settimane 24-25), Luglio (settimane 29-30), fine
Agosto (settimane 34-35). In totale sono stati effettuati 2920
sopralluoghi al fine di individuare e caratterizzare tutti i focolai
attivi e potenziali distinti per tipologia di giardino (buona/cattiva
manutenzione; intensità di ombreggiatura, ecc..).
Ogni capoluogo è stato suddiviso in 6 aree (7 aree Rimini
che risultava essere più grande); all’interno di ogni area sono stati
52
estratti 50 civici per ogni ciclo di indagine. I focolai attivi
rinvenuti durante le ispezioni sono stati rimossi o trattati.
Dai controlli è emerso che la tipologia di focolaio più
produttiva in termini di zanzara tigre è rappresentata dai tombini;
al secondo posto in questa graduatoria si collocano i bidoni,
mentre i sottovasi, pur essendo i focolai potenziali più numerosi,
all’ispezione non hanno quasi mai rivelato la presenza di zanzare.
Nel corso dello studio sono state anche valutate lo stato dei
giardini attribuendo un punteggio alle loro condizioni di
manutenzione secondo una scala di disordine crescente. La
correlazione tra stato di disordine del giardino e presenza di
zanzare è netta, ed intuitivamente l’infestazione culicidica è
crescente in modo proporzionale allo stato di manutenzione
carente. E’ stata poi definita la correlazione statistica tra il dato
delle ovitrappole e gli indici di infestazione usati comunemente
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nelle
valutazioni del rischio epidemiologico di trasmissione di arbovirus
da parte di zanzare. L’OMS si basa principalmente su indici quali
il Breteau Index (numero di focolai colonizzati per 100 giardini),
l’House Index (percentuale di case con almeno un focolaio larvale)
o il Container Index (percentuale di contenitori infestati) per
stimare il rischio di malattie quali ad es. la Dengue. Lo studio
effettuato in Area vasta Romagna, i cui risultati sono ancora in
fase di pubblicazione, ha dimostrato che è possibile stimare questi
indici, a partire dal dato delle ovitrappole con una ragionevole
significatività statistica e ciò conferma l’importanza di gestire al
meglio delle sue potenzialità il sistema regionale di sorveglianza
della zanzara tigre.
Una prima analisi dei risultati dell’indagine, ancora in fase
di pubblicazione, evidenzia una stretta correlazione tra il grado di
manutenzione dei giardini e l’infestazione larvale. Nelle aree
private, inoltre, la maggior parte della popolazione larvale di
Ae.albopictus è stata rilevata nei tombini, i quali rappresentano i
53
più importanti focolai pubblici e provati (seguiti dai bidoni di
raccolta d’acqua piovana).
1.9.2 La sorveglianza degli adulti
La sorveglianza degli adulti è in grado di rilevare gli adulti
di zanzara in una determinata area. Pur consentendo una
immediata quantificazione indicativa del fenomeno, non risulta
sufficiente a indicare un’assenza di un’infestazione in atto. Si attua
mediante la ricerca diretta di adulti nei mesi più caldi e
preferibilmente nelle ore centrali della giornata nelle zone con
vegetazione fitta (nel caso di un’abitazione parte del giardino
esposta a nord con cespugli, siepi, alberi bassi), in prossimità di
potenziali focolai, nei tombini e bocche di lupo. E’ importante
considerare, ai fini della ricerca, che gli adulti neosfarfallati
tendono a sostare sulle pareti del pozzetto e se disturbati (ad es.
battendo sulla grata metallica) e tendono a fuoriuscire tra la
vegetazione erbacea o arbustiva fitta mediante scuotimento che
costringe gli eventuali adulti al volo.
La loro cattura può essere agevolata dall’uso di aspiratori
portatili a batteria o a bocca. La raccolta degli adulti è sconsigliata
nel caso di epidemia in atto per il rischio che comporta a carico
degli operatori.
1.9.3 La sorveglianza delle uova
Il monitoraggio delle uova di zanzara tigre è un’ulteriore
tecnica di sorveglianza trattata in maniera approfondita nel
capitolo dedicato ai materiali e metodi.
L’impiego delle ovitrappole di monitoraggio consente, dove
la zanzara tigre non è ancora insediata, di rinvenirla precocemente
e limitare la sua espansione, mentre dove è gia radicata rappresenta
un metodo indiretto di sorveglianza in grado di ottenere
54
informazioni sullo sviluppo della popolazione di adulti. Si attua
mediante contenitori di plastica nera riempiti di acqua all’interno
dei quali vengono inserite delle listelle di masonite (la spiegazione
dettagliata di rimanda al capitolo relativo ai materiali e metodi).
1.9.4 La lotta
La lotta alle zanzare va sempre compiuta in termini
preventivi, privilegiando la lotta alle larve rispetto agli interventi
da attuare per abbattere la popolazione degli adulti.
La prevenzione si avvale di strumenti molto semplici che si
basano su una mirata campagna informativa, per consentire al
cittadino di conoscere meglio l’insetto dannoso e aiutarlo a capire
come poterlo combattere o come prevenire l’infestazione.
Per potere raggiungere questo scopo è di fondamentale
importanza diffondere materiale informativo, azione effettuata
mediante incontri con la cittadinanza, lezioni di educazione
ambientale rivolte alle scolaresche, impiego dei Media di
informazione, istituzione di call center dedicati, applicazione di
strumenti normativi e regolamentari (ordinanza del sindaco,
regolamenti comunali di igiene e sanità pubblica), per stimolare la
collaborazione della cittadinanza.
Le indicazioni che vengono date riguardano principalmente
il ciclo biologico, le modalità di sviluppo delle larve, gli
accorgimenti da seguire nel periodo di riproduzione delle zanzare
(da aprile a ottobre) da parte della popolazione per non creare
inutili e proliferativi microfocolai larvali domestici.
A fianco della prevenzione, intesa come riduzione e/o
eliminazione dei focolai larvali, deve essere presa in
considerazione la lotta alle larve e, se necessario, agli adulti di
zanzara.
55
1.9.4.1
Lotta antilarvale
Le aree private costituiscono la maggior parte dei siti a
rischio e per questo ogni singolo cittadino, in ambito privato, deve
provvedere alla rimozione di tutti i potenziali focolai larvali, cioè
di tutti quei contenitori in cui può ristagnare l’acqua (come ad
esempio i sottovasi e bidoni) e al controllo dei focolai inamovibili,
cioè quelli nei quali non può essere eliminata l’acqua (tombini e
zone di scolo e ristagno), mediante l’ utilizzo di un adeguato
prodotto larvicida o mediante la chiusura con zanzariere. La
rimozione dei focolai deve prevedere:
• la bonifica delle microdiscariche in aree sub-urbane e
periferiche
• l’eliminazione, svuotamento dall’acqua e stoccaggio al
coperto di contenitori, manufatti a rischio potenziale
• lo stoccaggio al coperto di pneumatici inutilizzati (ad es.
presso i gommisti)
• la cura delle cavità nei tronchi
• evitare dove possibile l’utilizzo di sottovasi
• la copertura ermetica (con rete zanzariera, con tappi o
coperchi) dei fusti, dei bidoni, delle vasche impiegati negli
orti e nei giardini
• lo svuotamento settimanale e pulitura a fondo degli
abbeveratoi per gli uccelli gli animali domestici
• il lavaggio e rinnovo completo dell’acqua nelle caditoie
delle aree cortilizie.
In Emilia-Romagna l’impegno di ogni cittadino viene
affiancato dai trattamenti larvicidi effettuati dai Comuni della
Regione Emilia-Romagna nelle aree pubbliche dove la più
importante tipologia di focolaio è costituita dal sistema dei pozzetti
stradali per lo sgrondo delle acque meteoriche.
L’opportunità di intraprendere iniziative di lotta larvicida
diretta in ambito privato è materia lasciata alla discrezionalità della
56
amministrazione locale. Secondo le indicazioni del gruppo
regionale per la sorveglianza e la lotta alla zanzara tigre risulta
invece obbligatorio attuare un piano straordinario di interventi
“porta a porta” con trattamento larvicida dei focolai ineliminabili e
rimozione di tutti i potenziali focolai larvali eliminabili per le
situazioni in cui si è in presenza di casi accertati o sospetti di
Chikungunya o Dengue. Nel 2008, ad inizio stagione, sono stati
effettuati due turni di trattamenti larvicidi nelle aree dove si sono
verificati casi autoctoni di Chikungunya nel 2007.
Attualmente è obbligatorio impiegare formulati commerciali
registrati allo scopo dal Ministero della Salute come Presidi
medico-chirurgici (PMC).
Sul mercato è possibile trovare gli stessi formulati larvicidi
ad uso professionale anche in confezioni per l’uso domestico. I
principi attivi larvicidi formulati ad azione antilarvale possono
essere a base chimica o microbiologica. Quelli attualmente più
utilizzati in Emilia-Romagna per la lotta larvicida nella
tombinatura stradale sono il Diflubenzuron e il Pyriproxyfen che
uniscono buona efficacia e persistenza d’azione a bassa tossicità. Il
Bacillus thurgiensis israelensis non è consigliabile per scopi
professionali per la scarsa persistenza delle formulazioni
attualmente in commercio, ma è suggerito per l’uso domestico
visto il suo profilo tossicologico di grande sicurezza.
1.9.4.2 Lotta contro gli adulti
Questo tipo di lotta in Emilia-Romagna viene effettuato
nelle situazioni in cui è in corso una epidemia in cui le zanzare
fungono da agenti di trasmissione della malattia o quando vi è un
rischio di sua insorgenza accertata dalla Autorità sanitaria locale.
In questo caso vengono adottati specifici protocolli di intervento
come quelli sopra richiamati che sono stati diffusi
57
specificatamente nel 2008 per Chikungunya, Dengue e West Nile
Disease.
Al di fuori delle situazioni di emergenza sanitaria la lotta
contro gli adulti è da considerare solo in via straordinaria, inserita
all’interno di una logica di lotta integrata, e mirata su siti
specifici, dove le infestazioni di zanzare hanno raggiunto densità
oltre la ragionevole soglia di sopportazione.
La lotta integrata si basa prioritariamente sull’eliminazione
dei focolai di sviluppo larvale, le azioni finalizzate a prevenire la
loro creazione, l’applicazione di metodi larvicidi e l’intervento
adulticida assume la connotazione di intervento a corollario.
Questo perché gli interventi adulticidi hanno un effetto
immediato nel breve periodo sul controllo delle popolazioni di
zanzara, mentre gli interventi antilarvali, l’eliminazione dei
ristagni di acqua e la prevenzione della loro formazione,
producono risultati duraturi nel medio e lungo periodo.
L’adulticida agisce come abbattente nei confronti delle
popolazioni di zanzara presenti in un determinato ambiente nel
momento dell’intervento stesso e indipendentemente dal principio
attivo utilizzato, non ha la capacità di prevenire l’ondata delle
zanzare.
E’obbligatorio, nel rispetto della normativa vigente,
utilizzare soltanto formulazioni registrate come Presidi Medicochirurgici (PMC) destinati alla lotta alla zanzara tigre ed è per
contro vietato utilizzare formulati registrati per la lotta ai fitofagi
del verde ornamentale o delle colture agricole anche se a base di
principi attivi efficaci contro le zanzare.
Gli elementi da considerare nella scelta del prodotto
insetticida da impiegare sono:
• le caratteristiche tossicologiche ed eco-tossicologiche del
principio attivo. Queste sono desumibili dai dati forniti da
banche dati internazionali, dalla bibliografia scientifica
sull’argomento e dalla scheda di sicurezza del PMC
58
• l’assenza di odori o di effetti particolarmente irritanti per le
mucose anche a basse concentrazioni
• l’assenza di fitotossicità
• le caratteristiche tossicologiche, chimico-fisiche, ecotossicologiche del PMC, che è possibile conoscere dalla
lettura delle voci obbligatorie n.9, n.11 e n.12 della scheda
informativa in materia di sicurezza (Scheda di Sicurezza).
Si consiglia inoltre di evitare i PMC contenenti sostanze
classificate con la frase di rischio:
• R40 “Possibilità di effetti cancerogeni – prove
insufficienti”
• R68 “Possibilità di effetti irreversibili
• R62 “Possibile rischio di ridotta fertilità”
• R63 “Possibile rischio di danni ai bambini non
ancora nati”
Tenuto conto delle indicazioni fornite dalla ricerca in
questo settore e delle attuali conoscenze tossicologiche potranno
essere privilegiati formulati a base di piretrine naturali e piretroidi
anche in associazione con piperonil butossido, senza solventi
pericolosi.
1.9.5 Protocollo operativo della Regione Emilia-Romagna in
presenza di casi sospetti o confermati di Chikungunya nel
territorio regionale
Il presente documento, inviato in data 1 settembre 2007 a
Comuni e AUsl della Regione Emilia-Romagna e messo a punto
dal “Gruppo regionale di sorveglianza “lotta alla zanzara tigre”,
fornisce indicazioni operative per la conduzione degli interventi di
disinfestazione, distinguendo tra aree in cui sono presenti casi
sospetti o confermati di Chikungunya e territori indenni.
59
1.9.5.1 Modalità di esecuzione della disinfestazione in aree
indenni da Chikungunya
Si richiama la necessità di procedere su tutto il territorio
regionale, ove presente zanzara tigre, con trattamenti larvicidi su
suolo pubblico e attività di sollecitazione ai privati cittadini perché
facciano un analogo intervento nelle aree di pertinenza delle
proprie abitazioni, compresa la rimozione dei focolai larvali.
Nei territori della Regione Emilia-Romagna attualmente
privi di zanzara tigre è consigliata l’attivazione di una sorveglianza
con ovitrappole per intercettare precocemente l’eventuale
introduzione dell’insetto.
60
1.9.5.2 Interventi larvicidi
Gli interventi larvicidi vanno condotti sui focolai che non
possono essere eliminati e nei quali permane l’acqua. È il caso
tipico delle caditoie stradali e dei pozzetti di raccolta delle acque
piovane, sia in aree pubbliche che private. La tempistica di
ripetizione di esecuzione dei trattamenti deve essere congrua con i
prodotti impiegati, dei quali si raccomanda l’attento rispetto delle
norme riportate in etichetta.
1.9.5.3 Rimozione focolai larvali
La rimozione dei focolai larvali deve essere capillare ed
eseguita sia in aree pubbliche che private, dove si concentra la
maggior parte di questi. Andranno eseguite le seguenti procedure:
• ispezione accurata di giardini, orti e aree verdi di pertinenza
privata e pubblica;
• eliminazione di sottovasi e di tutti i contenitori in grado di
raccogliere acqua, anche in modo accidentale e in piccole
quantità (ad es. giochi lasciati in giardino, teloni di plastica,
ecc.)
• svuotamento di bidoni, secchi, cisterne, recipienti in genere
in caso di impossibilità all’eliminazione di contenitori,
provvedere alla loro copertura in maniera ermetica e
evitando avvallamenti.
1.9.5.4 Modalità di esecuzione della disinfestazione in aree
con presenza di casi sospetti o accertati di Chikungunya
Nelle aree interessate da casi di febbre virale da
Chikungunya è necessario operare una immediata disinfestazione
61
capillare dalla zanzara vettore, con inizio delle attività almeno
entro 24 dalla segnalazione.
Definizione dell’area da trattare
In caso di singola segnalazione l’area da disinfestare
corrisponde a un cerchio di raggio pari a 100 metri dall’abitazione
del soggetto. Nel caso che la singola segnalazione riguardi
un’abitazione collocata in un centro densamente urbanizzato, privo
di verde e di case con cortile, si dovrà valutare nello specifico
l’opportunità di applicare le presenti indicazioni operative,
avvalendosi anche del supporto del Gruppo regionale di
sorveglianza e lotta alla zanzara tigre.
Il Dipartimento di Sanità Pubblica, sulla base dell’inchiesta
epidemiologica, potrà dare indicazioni su eventuali altre aree da
disinfestare valutate soprattutto in rapporto all’attività lavorativa
del soggetto. Il Dipartimento ha altresì il compito di fornire al
soggetto norme comportamentali per contrastare la puntura di
zanzara.
In caso di focolaio epidemico, individuato e definito dal
locale Dipartimento di Sanità pubblica, l’area da disinfestare,
secondo le modalità più avanti indicate, sarà estesa fino a 300
metri dai casi più periferici del focolaio stesso, oltre che
interessare tutta l’area del focolaio.
62
Fig.1.9.5.4.1 Definizione area da trattare mediante Web Gis
Modalità di esecuzione della disinfestazione
La disinfestazione deve essere articolata in tre fasi che
devono essere condotte in modo sinergico: trattamento adulticida,
trattamento larvicida e rimozione dei focolai larvali. La
successione ottimale con cui questi trattamenti devono essere
condotti è :
• trattamenti adulticidi in aree pubbliche in orario notturno
• trattamenti adulticidi, larvicidi e rimozione dei focolai in
aree private (porta-porta); contestuale al trattamento
larvicida nelle tombinature pubbliche.
63
Intervento adulticida
Gli interventi adulticidi sono da condurre con l’obiettivo di
abbassare prontamente la densità dell’insetto vettore e le ottimali
modalità di esecuzione sono le seguenti.
Prodotti: per tali tipi di interventi risultano particolarmente
adatti i piretroidi, dotati di potere abbattente. Vanno impiegati i
formulati dotati di minore tossicità e senza solventi (ad es. xilene e
toluene).
Attrezzatura: a seconda dell’agibilità delle aree da trattare
possono essere usati nebulizzatori portatili o installati su veicoli.
Tali attrezzature devono erogare particelle di aerosol con diametro
inferiore a 50 micron.
Luoghi da trattare: i trattamenti dovranno essere rivolti
alla vegetazione (siepi, cespugli, arbusti) su aree pubbliche e
private, fino ad una fascia di sicurezza di circa tre-quattro metri in
altezza. Nel caso di trattamenti eseguiti su strade, deve essere
assicurato l’intervento sia sul lato destro che sinistro,
eventualmente con il doppio passaggio. In caso di sensi unici sarà
opportuna la presenza della Polizia Municipale.
Ripetizioni: i trattamenti adulticidi sulle strade pubbliche
dovranno essere ripetuti per tre notti consecutive. In caso di
pioggia intensa il programma delle tre ripetizioni va completato al
termine della perturbazione.
Norme precauzionali: i trattamenti devono essere eseguiti
in assenza di persone e di animali. In caso di temporale o di brezza
con raffiche superiori ai 3 metri al secondo l’intervento dovrà
essere sospeso fino al ripristino delle idonee condizioni
atmosferiche. Nebbia o pioggia di debole intensità non
compromettono l’esito dell’intervento. I trattamenti vanno condotti
garantendosi l’assenza di persone: pertanto su aree pubbliche
andranno eseguiti in orari notturni. Gli abitanti delle zone
64
interessate dovranno essere preavvisati sul giorno e ora
dell’intervento e gli operatori che effettuano il trattamento devono
accertarsi che le finestre e le porte dell’abitazione interessata e di
quelle adiacenti, dove il prodotto può arrivare, siano chiuse.
Ovviamente gli operatori dovranno adottare gli idonei dispositivi
di protezione individuale, compresi anche repellenti antizanzare.
Documentazione: la ditta che eseguirà il trattamento deve
rilasciare al committente una documentazione relativa
all’intervento indicando: vie e numeri civici, data del trattamento,
prodotto utilizzato.
CAPITOLO 2 OBIETTIVI
Aedes albopictus, dopo i suoi primi rinvenimenti nella
Regione Emilia-Romagna (1994), in un decennio ha coinvolto
progressivamente tutte le città capoluogo e la maggior parte dei
Comuni di pianura e bassa collina. Ad oggi tutte le Province sono
toccate dall’infestazione. La necessità di contenere l’espandersi
delle popolazioni di zanzara tigre ha reso necessaria una
pianificazione degli interventi a diversi livelli; agli Enti Locali
spetta la gestione della disinfestazione, mentre il Servizio sanitario
regionale è tenuto a supportare le Amministrazioni pubbliche per
quanto riguarda la sorveglianza del rischio per la salute pubblica,
la programmazione degli interventi e le strategie di comunicazione
e coinvolgimento dei cittadini.
Dal 2005 l’Assessorato alle Politiche per la Salute promuove
e finanzia un progetto regionale di sorveglianza e lotta alla zanzara
tigre per migliorare complessivamente la capacità di affrontare il
problema posto dalla presenza di questo insetto, con l’obiettivo di:
• mettere a punto linee guida per un corretto approccio alla
gestione della problematica, sia in termini di sorveglianza
dell’infestazione, sia di lotta all’insetto;
65
• promuovere strategie innovative per il controllo
dell’infestazione;
• incentivare la partecipazione dei cittadini per l’adozione di
comportamenti corretti nel campo della prevenzione e lotta
nelle aree private.
Inizialmente il progetto ha visto coinvolto un gruppo di
lavoro, di cui faccio parte, composto dai referenti delle AUsl di
Area Vasta Romagna (Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini). Dal 2007
il gruppo di lavoro , istituito dall’Assessorato alle Politiche per la
salute della Regione Emilia Romagna, si è allargato coinvolgendo
i Dipartimenti di Sanità Pubblica delle Aziende USL di Bologna,
Cesena, Ferrara, Forlì, Imola, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna,
Reggio Emilia, Rimini.
Numerose sono le collaborazioni all’interno del Gruppo di
coordinamento tecnico: Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli”
(per consulenza entomologica e sperimentazione di nuove
metodologie di lotta); Arpa ER (per lettura delle listelle e fornitura
dati meteo), CNR/IBIMET di Firenze (studio del microclima,
modellistica), Fondazione Bruno Kessler e MPA Solutions (per
implementazione webgis e studio della dinamica del vettore
attraverso l’applicazione di un modello matematico).
Dal 2008 in seguito alle pressanti esigenze di controllo
dell’infestazione conseguenti l’epidemia di febbre Chikungunya
trasmessa da zanzara tigre nel 2007, il progetto è attuato in ambito
locale da appositi gruppi di lavoro con la partecipazione di
Comuni, Province, Aziende Unità Sanitarie Locali (AUsl) e
Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie. Dal 2007 ad oggi sono
state intraprese dal gruppo di lavoro regionale numerose iniziative
e messe a punto diverse strategie. L’epidemia ha rappresentato un
evento rilevante per l’intera Europa, e ha dimostrato come il
rischio di trasmissione di malattie attraverso la zanzara tigre sia un
rischio concreto e attuale. In questo contesto, come dichiarato da
una delegazione mista composta da rappresentanti Ecdc e Oms, il
66
Servizio sanitario regionale ha agito correttamente e
tempestivamente riuscendo a contenere il numero dei casi. La rete
di sorveglianza, attiva dal 2005, e sviluppata nell’ambito di tale
progetto, si è dimostrata, nel momento dell’epidemia, uno
strumento fondamentale per attivare le azioni necessarie volte al
contenimento dei casi. La rete di raccolta dati è stata una base
indispensabile per attingere tutte le informazioni necessarie
relative al sistema di monitoraggio e sorveglianza sanitaria. Il fatto
che in Emilia-Romagna si sia sviluppata una epidemia, con
trasmissione del virus a livello locale, è dovuto a una serie di
fattori concomitanti: alta densità della popolazione di zanzara
tigre, caratteristiche climatiche e ambientali di alcune aree della
Romagna, presenza di persone infette. Una situazione nuova,
quella che si è realizzata, effetto sia della globalizzazione che dei
cambiamenti climatici in atto.
Nel 2008 la Regione Emilia-Romagna ha adottato il “Piano
regionale di lotta alla zanzara tigre e di prevenzione della
Chikungunya e della Dengue” con l’obiettivo di:
1. ottimizzare le attività di lotta alla zanzara tigre per ridurre
quanto più possibile la densità di popolazione di questo insetto,
2. individuare quanto più precocemente possibile l’eventuale
presenza di pazienti potenzialmente viremici per consentire la
messa in atto rapida e coordinata di misure di protezione della
salute.
Il Piano tiene conto delle disposizioni nazionali in materia,
con particolare riferimento al sistema di notifica obbligatoria,
sorveglianza e controllo delle malattie trasmissibili, misure di
profilassi internazionale e controllo dei movimenti internazionali
delle merci, donazioni di sangue e prelievi di organi e tessuti. Nel
piano si trovano vari documenti redatti, in parte, durante
l’emergenza, tra cui il protocollo d’intervento in fase di
emergenza.
67
Sempre nel corso dell’anno 2008 la Regione EmiliaRomagna ha promosso una campagna di comunicazione regionale
allo scopo di sensibilizzare i cittadini e incentivarli alla
collaborazione alla lotta alla zanzara tigre mediante la corretta
gestione degli spazi privati. I prodotti della campagna informativa
regionale distribuiti a partire dal 21 aprile 2008 vengono di seguito
elencati:
• Opuscolo informativo: stampato in 2.200.000 copie.
Rappresenta lo strumento privilegiato per informare e
coinvolgere attivamente tutti i cittadini nella lotta alla
zanzara tigre, per invitare a proteggersi dalle punture e sul
che fare in caso di sintomi riconducibili alla infezione da
Chikungunya (febbre alta, astenia, importanti dolori
articolari). E’ stato inviato a tutte le famiglie dell’EmiliaRomagna, alle Aziende sanitarie, agli amministratori di
condominio, alle associazioni di categoria e di volontariato.
• Depliant informativo: predisposto per la stampa con spazio
per la personalizzazione. E’ stato inviato il 3 aprile 2008 ai
Comuni per l’utilizzo nelle loro iniziative di informazione ai
cittadini.
• Depliant informativo per i viaggiatori: stampato in 160.000
copie è stato inviato, a partire dal 21 aprile 2008 alle agenzie
di viaggio presenti in Emilia-Romagna e alle Aziende
sanitarie per la diffusione nei servizi a disposizione dei
viaggiatori. Contiene informazioni specifiche sulle malattie
virali trasmesse dalle zanzare Aedes.
• Depliant informativo per i cittadini stranieri: realizzato in 7
lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese,
cinese, arabo) e stampato in 100.000. E’ stato distribuito alle
comunità e associazioni degli stranieri che abitano in
Emilia-Romagna e ai Consultori familiari. Fornisce
informazioni sul che fare per la lotta alla zanzara tigre e per
proteggersi dalle punture anche nel caso di viaggi in Paesi
68
dove le malattie trasmesse dalla zanzara tigre sono
endemiche, sul che fare in caso di sintomi che possano
essere messi in relazione con il virus Ckikungunya.
Fig 2.1 opuscolo per i Comuni (fronte e retro)
• Manifesti e locandine: sono stati inviati a tutti i Comuni ad
eccezione di quelli di montagna per l’affissione negli spazi
69
pubblici e nelle sedi di servizi comunali e messi a
disposizione delle Aziende sanitarie per l’affissione interna.
Le locandine sono state inviate alle Aziende sanitarie per
l’affissione interna nelle sedi dei servizi e per l’invio ai
medici e ai pediatri di famiglia, alle farmacie del territorio,
agli amministratori di condominio.
• Video e radiocomunicati
• Annunci stampa
• Sito
internet
www.zanzaratigreonline.it:
contiene
approfondimenti sulla lotta alla zanzara tigre, sugli
interventi di disinfestazione, sulle malattie trasmesse dalla
zanzara tigre. Ha un’area riservata, che rappresenta uno
strumento di lavoro e di conoscenza, per gli operatori dei
Comuni e per i componenti del gruppo di coordinamento
regionale per la lotta alla zanzara tigre
• Numero verde 800 033
• Documentario scientifico: documentario in DVD sulla
biologia della zanzara tigre e la modalità per combatterla
inviato ai Comuni e ai Dipartimenti di sanità pubblica delle
AUsl e di altri operatori dei Servizi sanitari su richiesta.
Nel 2009 tali materiali sono stati aggiornati e distribuiti con
modalità lievemente differenti.
Dalla comparsa di zanzara tigre in Regione ad oggi, si è assistito
anche ad un’evoluzione del sistema di sorveglianza entomologica
basata su ovitrappole.
In Italia, nel 1993 il Ministero della salute emana una
circolare (n° 42 Sorveglianza sulla diffusione delle zanzare della
specie Aedes albopictus), con lo scopo di monitorare e sorvegliare
l’ingresso della zanzara tigre nei vari territori. Le misure principali
identificate nella circolare sono le seguenti:
• i Servizi Territoriali devono attuare una azione
efficace di sorveglianza in modo da evidenziare
70
tempestivamente la presenza di eventuali specie di
zanzare non indigene
• per qualsiasi caso sospetto procedere ad un
campionamento di adulti e/o larve da inviare
tempestivamente Laboratorio di Parassitologia dell'
Istituto Superiore
• informare contestualmente anche la Direzione
Generale dei Servizi per l'Igiene Pubblica e la Direzione
Generale dei Servizi Veterinari del Ministero della
Sanità.
• concordare eventuali interventi di disinfestazione con
la Direzione Generale dei Servizi per l'Igiene Pubblica, la
Direzione Generale dei Servizi Veterinari e con l'Istituto
Superiore di Sanità.
Dopo questa circolare, in attesa di una normativa nazionale,
poi mai arrivata, ogni Regione gestisce in maniera autonoma la
sorveglianza di questo insetto in base alle Linee Guida redatte
dall’Istituto Superiore di Sanità.
Nelle prime fasi di insediamento della zanzara tigre nella
nostra Regione, molti Comuni attivano una rete di monitoraggio
per accertarne la presenza. Nel 2005 l’Assessorato alle Politiche
per la Salute promuove il progetto regionale di sorveglianza e lotta
alla zanzara tigre; nel 2006, nei vari Comuni, comincia un lavoro
di coordinamento per ottenere un dato numerico dell’infestazione,
confrontabile e in grado di dare informazioni circa la sua
evoluzione temporale. Inizia in questi anni la messa a punto di una
raccolta omogenea dei dati del monitoraggio. La metodica di
raccolta e analisi dei dati viene affinata fino alla messa a punto e
alla definizione di criteri uniformi di monitoraggio nel territorio
regionale. In questa fase iniziale il mio ruolo è quello di
raccogliere in maniera omogenea i dati del monitoraggio da parte
di tutte le Province della Regione. Nel 2007, prima dell’epidemia,
71
vengono posizionate in Regione circa 1600 ovitrappole con una
metodologia ancora non completamente uniforme. In questo
periodo, nasce il sito web www.zanzaratigreonline.it (da me
attualmente gestito) che, oltre a fornire informazioni di carattere
generale sulla zanzara tigre (biologia, abitudini, modalità di
prevenzione e lotta), rappresenta un importante strumento di
sorveglianza per le amministrazioni locali. Dopo l’epidemia viene
potenziata la rete di monitoraggio attorno alle città colpite
dall’epidemia e l’obiettivo del monitoraggio diviene quello di
misurare il livello di infestazione in tutte le province e nei
maggiori centri urbani, attraverso una definizione quantitativa del
numero di uova.
Dal 2008 il monitoraggio viene condotto con una
metodologia standardizzata e criteri ben definiti in ogni fase del
progetto: dalla definizione del numero ottimale di ovitrappole da
posizionare, alla modalità di posizionamento, gestione delle
ovitrappole durante la stagione del monitoraggio e lettura delle
listelle. Attualmente l’obiettivo del monitoraggio è quello di
misurare il livello di infestazione in tutte le province e nei
maggiori centri urbani, con una metodica uniforme e omogenea.
Nell’ambito del progetto regionale, in questi anni, si è
cercato, inoltre, di studiare e mettere a punto linee guida comuni e
omogenee da applicare su tutto il territorio. Sono nate così prima
le "Linee guida per il controllo della zanzara tigre. Strategie di
lotta integrata a Aedes albopictus: vademecum per gli operatori”
(Bologna, 2006), poi "Linee guida gli operatori dell’EmiliaRomagna" (Bologna, Maggio 2008), e in ultimo “Linee guida per
un corretto utilizzo dei trattamenti adulticidi” (Bologna, Maggio
2009).
Scopo delle pubblicazioni è quello di predisporre e garantire
interventi omogenei sul territorio e divulgare le metodologie messe
a punto a tutti gli operatori coinvolti.
72
CAPITOLO 3 MATERIALI E METODI
3.1 Evoluzione del sistema di monitoraggio in Emilia
Romagna
Tra le attività previste nell’ambito della sorveglianza
entomologica presentata nel Piano regionale di lotta alla zanzara
tigre e di prevenzione della Chikungunya e della Dengue si trova,
insieme alla cattura di esemplari adulti e alla mappatura e
georeferenziazione dei siti controllati, anche lo studio della
biologia e dinamica di popolazione nell’ambiente con monitoraggi
già in essere e altri promossi in siti selezionati quali: porto di
Ravenna, aeroporto di Bologna, siti a rischio di introduzione
vettori (ad es. attività di commercio di pneumatici usati, ecc.). La
sorveglianza, infatti, condotta sui luoghi a rischio di nuove
introduzione oltre a fornire dati sulla presenza, la distribuzione e
l’abbondanza relativa della zanzara tigre è contestualmente
un’azione fondamentale per il rinvenimento precoce di altre specie
esotiche di zanzara, potenziali vettori di arbovirus.
Per la prima volta a livello europeo la Regione EmiliaRomagna definisce nel 2008 i criteri per implementare un sistema
di monitoraggio uniforme su tutta la Regione. Prima del
raggiungimento di questo recente obiettivo i Comuni avevano
attivato, dalla comparsa di zanzara tigre, una rete di monitoraggio
allo scopo di accertare la presenza della zanzara. E così, in
Regione Emilia-Romagna, come anche in altre Regioni colpite
dall’ingresso nel territorio della zanzara, inizia un monitoraggio
con un numero ridotto di ovitrappole (4-5) principalmente nei siti a
rischio come ad esempio i gommisti allo scopo di intercettare
l’ingresso della zanzara nel territorio. Nel 2006, nella Regione
Emilia-Romagna, inizia la raccolta dei dati relativi al monitoraggio
attraverso la compilazione, da parte di ogni referente AUsl, di una
73
griglia in excel. Le ovitrappole presenti su tutto il territorio
regionale vengono codificate con un criterio standard.
MO
36005
06
Provincia Codice Istat
0501
001
Data di posizionamento
(mese; giorno)
Numero
progressivo
Anno corrente
Fig 3.1.1 codifica utilizzata per le ovitrappole posizionate in
Emilia-Romagna nel 2006-2007
La cadenza del monitoraggio generalmente è settimanale, e
solo in alcuni casi quindicinale. Solo in quest’ultimo caso viene
aggiunta all’acqua qualche goccia di Bacillus thuringensis var.
israelensis per impedire lo sviluppo delle larve nell’arco della
settimana.
La gestione del monitoraggio a livello locale è affidata per la
maggior parte a Ditte operanti sul territorio, a operatori del
Comune o a volontari.
La lettura delle listelle è fatta dalle stesse Ditte o in alcuni
casi dai laboratori di Arpa.
74
Codice ISTAT
Data installazione
Codice regionale
via
civico
Tipologia area
Comune
16-mag-05
FC40007160505_001
arno
81
residenziale
40007
16-mag-05
FC40007160505_018
ticino
81
residenziale
40007
12-mag-05
FC40007120505_021
moretti
99
residenziale
40007
16-mag-06
FC40007160506_063
s_mauro
309
residenziale
40007
16
produttivo_industriale
40007
meucci_artigian
12-mag-06
FC40007120506_035
a
12-mag-06
FC40007120506_040
capranica
71
residenziale
40007
12-mag-06
FC40007120506_033
ungaretti
94
residenziale
40007
16-mag-06
FC40007160506_039
s_martino
2
residenziale_centro_storico
40007
Fig 3.1.2 Esempio di tabella di raccolta dati utilizzati in tutta la Regione Emilia-Romagna
75
Nel 2007, prima dell’epidemia, in Regione vengono
posizionate circa 1600 ovitrappole con una metodologia non
completamente uniforme. Il monitoraggio inizia nel mese di
maggio e si è protrae fino a Ottobre. La lettura delle listelle è
affidata, per la maggior parte dei campioni, ad Arpa ER, con
applicazione di una procedura elaborata dal gruppo di lavoro
regionale. Ciò permette di creare una banca dati aggiornata in
tempo reale pubblicata sul sito www.zanzaratigreonline.it. I
dati sono pubblicati durante tutta la stagione estiva, da maggio
a ottobre, con cadenza settimanale.
69
150
71
73
113
214
414
363
Fig 3.1.3 Distribuzione del
posizionate in tutta la Regione nel 2007
161
n° di ovitrappole
Come tutte le attività previste nella prima stesura del
progetto regionale anche il monitoraggio viene influenzato
dall’infezione da virus Chikungunya manifestatasi in EmiliaRomagna nel corso dell’estate 2007. L’epidemia ha
76
rappresentato un evento rilevante per l’intera Europa, e ha
dimostrato come il rischio di trasmissione di malattie
attraverso la zanzara tigre sia rischio concreto e attuale. In
questo contesto, come dichiarato da una delegazione mista
composta da rappresentanti Ecdc e Oms, il Servizio sanitario
regionale ha agito correttamente e tempestivamente riuscendo
a contenere il numero dei casi. La rete di sorveglianza attiva
dal 2005 e sviluppata nell’ambito di tale progetto, si è
dimostrata, nel momento dell’epidemia, uno strumento
fondamentale per attivare le azioni necessarie volte al
contenimento dei casi.
La rete di raccolta dati è stata una base indispensabile
per attingere tutte le informazioni necessarie relative al sistema
di monitoraggio e sorveglianza sanitaria.
Nel momento dell’epidemia è stato tempestivamente
intensificato il numero di ovitrappole nei territori colpiti
dall’epidemia.
69
150
71
73
113
258
414
458
197
Fig 3.1.4 Distribuzione del
n° di ovitrappole
posizionate in tutta la Regione nel 2007 dopo l’epidemia
Durante la stagione invernale 2007-2008 vengono
studiate metodiche omogenee per la definizione del numero
ottimale di ovitrappole da posizionare sul territorio.
77
3.2 La rete di monitoraggio della Regione EmiliaRomagna nell’anno 2008
Nell’anno 2008 viene implementata dalla Regione
Emilia-Romagna una rete di monitoraggio con l’obiettivo di
misurare il livello di infestazione in tutte le province e nei
centri urbani a maggior estensione, attraverso una definizione
quantitativa del numero di uova.
Il monitoraggio mediante ovitrappole, basato sul numero
di uova deposte in contenitori attrattivi, rappresenta un metodo
indiretto di sorveglianza in grado di fornire informazioni sullo
sviluppo della popolazione di adulti. I dati raccolti attraverso
una dislocazione pianificata delle ovitrappole su maglie
regolari e letti in correlazione con i dati meteoclimatici, sono
indicatori “proxy”, cioè in grado di approssimare il grado di
infestazione. Standardizzare le tecniche di monitoraggio è utile
e necessario al fine di ottenere informazioni quantitative sulla
densità di popolazione della zanzara tigre e quindi valutare il
rischio epidemiologico associato alla sua presenza, conoscerne
la dinamica stagionale, e descrivere l’andamento storico
dell’infestazione.
È quindi opportuno che in ogni caso il monitoraggio
risponda a specifici criteri di casualità di raccolta dei campioni,
di standardizzazione della gestione e non interferenza dei
singoli siti di campionamento con operazioni di lotta specifica.
Per questo è necessario non utilizzare le ovitrappole come
guida per indirizzare la lotta in ambiti specifici perché questo
finirebbe con l’inficiare la loro rappresentatività nel territorio
circostante. Le ovitrappole, inoltre, non possono essere
utilizzate per scopo di verifica amministrativa di qualità della
disinfestazione in quanto il livello di presenza di zanzare
78
dipende da vari fattori non tutti riconducibili a chi è incaricato
della lotta in ambito pubblico.
La rete di monitoraggio predisposta nel 2008 nel
territorio della Regione Emilia-Romagna ha l’obiettivo di
stimare il livello di infestazione da zanzara tigre per ogni
ambito provinciale e per i centri urbani a maggiore estensione,
attraverso la definizione quantitativa del numero di uova
raccolte.
Il monitoraggio pertanto viene condotto definendo una
metodologia standardizzata e criteri ben definiti in ogni fase
del progetto: dalla definizione del numero ottimale di
ovitrappole da posizionare , alla modalità di posizionamento,
gestione delle ovitrappole durante la stagione del monitoraggio
e lettura delle listelle. Nel 2008 vengono posizionate in totale
2741 ovitrappole.
201
199
164
231
322
379
445
550
250
Fig 3.2.1 Distribuzione nel numero di ovitrappole in
Emilia-Romagna, 2008
79
3.2.1 Ovitrappole utilizzate
Dal 2008 su tutto il territorio regionale vengono
utilizzate ovitrappole standard costituite da un contenitore di
plastica nera da 400 ml con un diametro di 8 cm forato a circa
2/3 della sua altezza in modo tale da contenere un volume di
circa 285 ml. Su ogni ovitrappola è stata posta un’etichetta con
il codice della stazione, segnato anche sulla listella
Le ovitrappole vengono riempite con acqua declorata ed
all’interno viene fissata una listella di masonite di dimensioni
12,5 x 2,5 cm
Fig 3.2.1.1 Ovitrappola standard utilizzata nella
Regione Emilia-Romagna
3.2.2 Gestione del monitoraggio
Nel 2008 viene definito dal gruppo di lavoro un
protocollo per la gestione del monitoraggio allo scopo di
rendere omogeneo su tutto il territorio la gestione del
monitoraggio nell’arco della stagione
La raccolta settimanale delle listelle durante la stagione
è affidata o ai tecnici della prevenzione della AUsl di
80
riferimento o a operatori individuati dai Comuni, avendo cura
di evitare situazioni di conflitto d’interesse.
81
3.2.3 Protocollo operativo regionale per la gestione del
monitoraggio
Per il monitoraggio delle popolazioni di zanzara tigre si
utilizzano delle specifiche trappole chiamate ovitrappole
costituite da vasetti di plastica di colore nero da 400 ml con un
diametro di 8 cm forato a circa 2/3 della sua altezza in modo
tale da contenere un volume di circa 285 ml. Le ovitrappole
vengono riempite con acqua declorata ed all’interno viene
fissata, con una graffetta, un substrato di deposizione (listella
di masonite 12,5 x 2,5 cm). Su ogni ovitrappola viene posta
un’etichetta con il codice della stazione che dovrà essere
segnato anche sulla listella con un pennarello indelebile o con
una matita. La localizzazione delle ovitrappole deve garantire
una copertura omogenea del territorio.
A tal fine è opportuna la pianificazione della rete di
monitoraggio sulla base di foto aeree o satellitari dell’area
urbana.
Le ovitrappole vanno posizionate a terra (fissandole
possibilmente ad un supporto) in luoghi ombreggiati, sicuri e
facilmente accessibili, in modo tale che le femmine gravide di
Ae. albopictus, attratte dal colore scuro dell’ovitrappola e
dall’acqua, depongano le uova sulla listella. La scelta dei
luoghi in occasione del primo posizionamento deve essere
condotta da tecnici esperti. Le stazioni devono essere
mantenute fisse nel corso della stagione ed eventualmente
degli anni.
La descrizione precisa di ogni stazione viene riportata
nello specifico database.
Materiale per il monitoraggio in campo:
• Ovitrappole di riserva
82
•
•
•
•
•
•
Listelle di masonite con graffette
Verbali di consegna con relativi codici a barre
Picchetti e fascette di plastica
DB di descrizione delle stazioni
Panno carta monouso, per pulire l’ovitrappola
Sacchetti di cellophane (15x25 cm) in cui mettere le
listelle raccolte (una listella per ogni sacchetto) o
cartucciere
• Piattine per la chiusura dei sacchetti
• Pennarello indelebile o matita
• Bidoncini di plastica con acqua declorata, in numero
sufficiente ad effettuare la raccolta
Ogni 7 giorni devono essere raccolte le listelle di
masonite contenute nelle ovitrappole posizionate in punti
prestabiliti del territorio comunale, secondo mappatura
definita. E’ necessario rispettare il calendario di raccolta. La
procedura per la raccolta listelle è di seguito schematizzata:
1. versare nel terreno (e non nei tombini o in altri luoghi)
l’acqua contenuta nell’ovitrappola e riporre la listella di
masonite prelevata nell’apposito sacchetto di cellophane
2. pulire adeguatamente l’ovitrappola internamente ed
esternamente con un panno monouso (anche in caso cui
l’ovitrappola sia stata trovata
rovesciata)
3. riempire nuovamente l’ovitrappola con acqua ed
inserire la nuova listella di masonite con la parte ruvida rivolta
verso l’interno; fermandola con una graffetta alla parete
4. Riporre la listella nel sacchetto, o cartucciera, e
apporre il codice a barre sul sacchetto e sul verbale di
consegna
5. Le listelle raccolte e riposte nel sacchetto, devono
essere consegnate alla sezione Provinciale di ARPA indicata
per ogni Provincia, insieme al verbale di consegna debitamente
83
compilato. Fare fotocopia del verbale di consegna da dare al
referente USL del monitoraggio. In alternativa possono essere
indicate le listelle asciutte o non consegnate in apposito
database.
Si precisa che vengono consegnate ad ARPA solo le
listelle di masonite che sono rimaste operative per sette giorni.
Non vanno, pertanto, consegnate le listelle di ovitrappole
trovate rovesciate o completamente asciutte al momento della
raccolta. Per ogni listella non consegnata è necessario riportare
nel verbale, di fianco al codice dell’ovitrappola, il motivo della
mancata raccolta. Nel caso in cui l’ovitrappola sia sparita va
sostituita con una nuova e se sparisce per tre volte consecutive,
è necessario cambiare postazione cercando una posizione
idonea nei dintorni ed aggiornando il data base delle posizioni.
Le listelle vanno lette nel più breve tempo possibile dopo la
raccolta. Si conservano integre per vari giorni purché a
temperatura di refrigerazione, prima della “lettura” allo
stereomicroscopio. Finito il giro di raccolta riempire d’acqua i
bidoncini senza chiuderli, onde consentire la evaporazione del
cloro.
3.2.4 Scelta del numero di ovitrappole sul territorio
regionale
.
Per stabilire il numero di ovitrappole ottimale in grado
di fornire un dato significativo, sono stati analizzati i risultati
del sistema di monitoraggio effettuato nel 2007 nelle principali
città della regione. Dai dati emerge che nei centri abitati è
possibile confrontare e validare i dati rilevati dalle ovitrappole
solo se sul territorio ne sono posizionate almeno 30-40,
indipendentemente dall’estensione dell’area; ne consegue che,
per ragioni di efficienza e di sostenibilità del sistema, le
frazioni o i comuni di piccole dimensioni hanno contribuito
84
alla rete di monitoraggio solo a completamento della rete
provinciale.
È opportuno sottolineare le difficoltà esistenti nello
stabilire un numero ottimale di ovitrappole valido per tutti i
centri urbani e per ogni periodo dell’anno. Il dato relativo al
numero ideale di ovitrappole dipende da diversi fattori, come
la dispersione territoriale dell’insetto, la densità di
popolazione, l’andamento meteo-climatico, le attività di lotta
predisposte sul territorio e lo stadio di colonizzazione. Nelle
aree caratterizzate da una bassa densità della specie e da una
forte aggregazione spaziale occorre un numero più elevato di
ovitrappole per ottenere un dato significativo, mentre nei
territori in cui la colonizzazione è ormai ad uno stadio
avanzato un numero inferiore di ovitrappole può ottenere lo
stesso livello di precisione.
Per stabilire il numero ottimale di ovitrappole da
installare nel 2008 è stato utilizzato un coefficiente di
precisione pari a 0.2 per i Capoluoghi di area vasta Romagna;
mentre per tutti i centri urbani del territorio regionale con una
superficie urbanizzata superiore ai 600 ha è stato scelto un
livello di precisione pari a 0.3. In bibliografia si considera
come livello di precisione ottimale un valore pari allo 0.1;
mentre un livello di precisione compreso tra 0.2 e 0.3 è
considerato sufficiente per il campionamento di Ae. aegypti
(Mogi et al. 1990).
Per la definizione del numero di ovitrappole da
posizionare in ogni Comune si è fatto riferimento alle
dimensioni del territorio urbanizzato, inteso come Capoluogo e
sue frazioni.
Sulla base dei dati del monitoraggio 2007, facendo
riferimento a un livello di precisione pari a 0,2 è stato definito
un numero minimo di ovitrappole da posizionare a livello
provinciale; mentre in Fig. 3.2.4.1 è indicato il numero di
85
ovitrappole attivato in ogni Provincia nel corso del 2008.
Questo numero è in genere più alto perché all’interno di ogni
territorio provinciale è compresa almeno una città con
superficie urbanizzata superiore ai 600 ettari e quindi destinata
ad essere monitorata a sua volta con un livello di precisione di
almeno 0,3 ed un conseguente elevato numero di ovitrappole.
86
Provincia
Bologna
Forlì Cesena
Ferrara
Ravenna
Reggio Emilia
Modena
Rimini
Parma
Piacenza
Totale
N°ottimale di ovitrappole
182
239
141
190
178
180
189
174
156
1629
Fig 3.2.4.1 Numero di ovitrappole stimato per ambito
provinciale per D=0,3
Complessivamente, nel 2008, sono state attivate nel
territorio della Regione della Regione Emilia-Romagna 2741
ovitrappole.
Provincia
Bologna
Forlì Cesena
Ferrara
Ravenna
Reggio Emilia
Modena
Rimini
Parma
Piacenza
Totale
N° ovitrappole
445
550
199
379
231
322
250
201
164
2741
Fig 3.2.4.2 Numero di ovitrappole attivate sul territorio
regionale nel 2008
87
3.2.5 Posizionamento delle ovitrappole
Ciascun centro abitato è stato suddiviso in quadranti in
numero uguale alle ovitrappole da posizionare; la
localizzazione delle ovitrappole è stata progettata in modo da
garantire una copertura omogenea del territorio sottoposto a
sorveglianza e le stazioni scelte per ciascuna ovitrappola sono
state mantenute fisse nel corso dell’intera stagione di
monitoraggio. La griglia con i quadranti, le vie, l’uso del
suolo, i centri abitati sono stati riportati su Mobile GIS. Le
ovitrappole sono state posizionate e georeferenziate
direttamente in campo utilizzando palmari equipaggiati con
GPS (Global Positioning System) e Mobile GIS (ESRI
ARCPAD).
Il posizionamento delle ovitrappole è avvenuto all’inizio
di maggio col supporto di tecnici esperti di CAA “G.Nicoli”.
3.2.6 Lettura campioni
I campioni sono stati letti da 6 strutture della rete
laboratoristica di ARPA ER (ReggioEmilia, Modena, Bologna,
Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini), dall’ Università di Ferrara –
Dipartimento di Biologia e evoluzione, dal Museo di Storia
Naturale dell’Università di Parma.
I laboratori che a inizio stagione hanno partecipato a un
circuito di verifica di qualità.
3.2.7 Periodo di monitoraggio
Il posizionamento in tutta la Regione è avvenuto durante
la settimana 19 (5-11 Maggio), la prima raccolta durante la
settimana 20 (12-18 Maggio) e l’ultima nella settimana 44 (27
88
Ottobre-2 Novembre). Il numero totale di settimane monitorare
è di 26.
3.3 La rete di monitoraggio della Regione EmiliaRomagna nell’anno 2009
Nell’anno 2009 vengono riapplicati i criteri definiti nel
corso del 2008. Per manette la storicità del dato le ovitrappole
vengono mantenute nella stessa posizione. Il posizionamento è
stato svolto di tecnici dei vari dipartimenti di sanità pubblica e
nel caso non fosse possibile mettere a disposizione lo stesso
operatore che aveva seguito il monitoraggio lo scorso anno il
posizionamento veniva eseguito in presenza dei tecnici del
Centro Agricoltura Ambiente.
Le ovitrappole hanno mantenuto la stessa codifica: solo
quando venivano spostate dalla posizione originale per più di
100 m subivano una ricodifica. Il posizionamento è iniziato
nella settimana 20 (11-17 maggio), la prima raccolta nella
settimana 21 (18-24 maggio) e l’ultima nella settimana 41 (511 ottobre). Il numero totale di settimane è pari a 22 (compreso
il posizionamento). Il numero totale di ovitrappole posizionate
nell’anno 2009 è pari a 2606.
196
229
170
221
353
388
440
400
209
Fig 3.3.1 Distribuzione nel numero di ovitrappole in
Emilia-Romagna, 2009
89
90
CAPITOLO 4 RISULTATI
I dati analizzati di seguito si riferiscono ai dati raccolti
nel territorio regionale negli anni 2008 e 2009 in quanto, solo
dal 2008, il monitoraggio viene condotto mediante una
metodica uniforme su tutto il territorio regionale. Questo rende
possibile il confronto dei dati ottenuti nei diversi anni.
I dati sono stati analizzati utilizzando come parametro
la media del numero di uova ottenuta mediante la seguente
formula:
media numero uova=
somma numero uova delle ovitrappole raccolte / numero di
ovitrappole raccolte
Dall’analisi vengono escluse le listelle non pervenute (a
causa,
esempio,
dell’asportazione
o
rovesciamento
dell’ovitrappola) e le listelle non identificabili al momento
della lettura (generalmente si tratta di listelle ammuffite al
momento della lettura che non consentono la corretta
identificazione del numero di uova).
4.1 Analisi dei dati 2008
Per omogeneità di struttura territoriale e di livello di
infestazione la Provincia di Bologna è stata accorpata all’area
Emilia; mentre la Provincia di Ferrara all’area Romagna.
L’analisi è stata condotta dalla settimana 18 alla settimana 40
di monitoraggio (dal 27 aprile al 5 ottobre).
91
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
350
300
250
200
150
100
50
0
18
media numero uova
Monitoraggio Area Emilia ANNO 2008
settimana di monitoraggio
Azienda USL di BOLOGNA
Azienda USL di IMOLA
Azienda USL di MODENA
Azienda USL di PARMA
Azienda USL di PIACENZA
Azienda USL di REGGIO EMILIA
Regione Emilia-Romagna
44
42
40
38
36
34
32
30
28
26
24
22
20
350
300
250
200
150
100
50
0
18
media numero uova
Monitoraggio Area Romagna ANNO 2008
se ttimana di monitoraggio
Azienda USL di CESENA
Azienda USL di FERRARA
Azienda USL di FORLI'
Azienda USL di RAVENNA
Azienda USL di RIMINI
Regione Emilia-Romagna
Dall’analisi dei dati emerge un trend di crescita, con un
picco in corrispondenza della settimana 33 e uno nella
settimana 37, sia per l’area Emilia che per l’area Romagna.
Nell’area Romagna il numero medio di uova, benché
raggiunga un valore più elevato rispetto all’area Emilia,
decresce in modo più accentuato.
4.2 Analisi dei dati 2009
I dati relativi al 2009 vengono analizzati dalla settimana
21, che corrisponde all’inizio del monitoraggio estivo, fino alla
settimana 37, fine della stesura del presente elaborato.
92
4.2.1 Confronto dati del monitoraggio per AUsl Anno 20082009
Di seguito vengono analizzati i dati relativi al
monitoraggio 2008 e 2009 per AUsl della Regione EmiliaRomagna. Si conferma mediamente una diminuzione del grado
di infestazione da zanzara tigre. In quasi tutti i territori delle
AUsl si nota un picco nel 2009 in prossimità della settimana
36 (dal 31 agosto al 6 settembre), in alcuni casi anche molto
evidente (ad esempio nell’AUsl di Forlì). Nell’anno 2008 si
riconferma il picco nella settimana 33 e nella settimana 37. I
dati relativi all’AUsl di Piacenza mostrano un andamento
anomalo rispetto ai restanti territori, in quanto sino alla
settimana 32 si evidenzia un andamento leggermente superiore
rispetto al 2008.
Monitoraggio AUsl Bologna 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di BOLOGNA 2009
150
AUsl di BOLOGNA 2008
100
50
se ttimana di monitoraggio
93
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio AUsl Cesena 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di CESENA 2009
150
AUsl di CESENA 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
se ttimana di monitoraggio
Monitoraggio AUsl Ferrara 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di FERRARA 2009
150
AUsl di FERRARA 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
se ttimana di monitoraggio
Monitoraggio AUsl Forlì 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di FORLI' 2009
150
AUsl di FORLI' 2008
100
50
se ttimana di monitoraggio
94
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio AUsl Imola 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di IMOLA 2009
150
AUsl di IMOLA 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
se ttimana di monitoraggio
*manca il dato 2008 fino alla settimana 31
Monitoraggio AUsl Modena 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di MODENA 2009
150
AUsl di MODENA 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio AUsl Parma 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di PARMA 2009
150
AUsl di PARMA 2008
100
50
se ttimana di monitoraggio
95
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio AUsl Piacenza 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di PIACENZA 2009
150
AUsl di PIACENZA 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio AUsl Ravenna 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di RAVENNA 2009
150
AUsl di RAVENNA 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio AUsl Reggio Emilia 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di REGGIO EMILIA 2009
150
AUsl di REGGIO EMILIA 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio AUsl Rimini 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
AUsl di RIMINI 2009
150
AUsl di RIMINI 2008
100
50
settimana di monitoraggio
96
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
4.2.2 Confronto dati del monitoraggio per Capoluogo Anno
2008-2009
Di seguito vengono analizzati i dati relativi al
monitoraggio 2008 e 2009 per ogni Capoluogo della Regione
Emilia-Romagna. Si conferma una situazione anomala per il
Capoluogo di Piacenza che mostra un andamento della media
del numero di uova per ovitrappole raccolte, nelle settimane
analizzate, superiore rispetto al 2008. Nelle altre realtà si nota,
invece, una diminuzione del grado di infestazione da zanzara
tigre. Si conferma il picco nel 2009 in prossimità della
settimana 36 (dal 31 agosto al 6 settembre).
Monitoraggio Piacenza 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Piacenza 2009
150
Piacenza 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Parma 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Parma 2009
150
Parma 2008
100
50
se ttimana di monitoraggio
97
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio Reggio Emilia 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Reggio Emilia 2009
150
Reggio Emilia 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Modena 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Modena 2009
150
Modena 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Bologna 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Bologna 2009
150
Bologna 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
*manca il dato del 2008 delle settimane 21,22,23,32,33
Monitoraggio Rimini 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Rimini 2009
150
Rimini 2008
100
50
settimana di monitoraggio
98
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio Forlì 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Forlì 2009
150
Forlì 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Cesena 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Cesena 2009
150
Cesena 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Ravenna 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Ravenna 2009
150
Ravenna 2008
100
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Ferrara 2008-2009
350
media numero uova
300
250
200
Ferrara 2009
150
Ferrara 2008
100
50
settimana di monitoraggio
99
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
4.2.3 Confronto dati del monitoraggio per Area Vasta
Romagna Anno 2008-2009
Dall’analisi dei dati raccolti nei Capoluoghi di Area
Vasta Romagna, si conferma per il 2008 un andamento trend di
crescita con un picco in corrispondenza della settimana 33,
mentre per il 2009 un picco nella settimana 36.
Pur non corrispondendo il numero di ovitrappole
posizionato nei due anni (si ricorda che Area Vasta Romagna,
nel corso del 2008, è stata sottoposta ad una sperimentazione
che ha richiesto il posizionamento di un numero maggiore di
ovitrappole rispetto a quello del 2009) si riscontra un valore
medio inferiore a quello rilevate 2008.
Monitoraggio Area Vasta Romagna ANNO 2009
350
media numero uova
300
250
Ravenna
200
Cesena
150
Forlì
100
Rimini
50
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Area Vasta Romagna ANNO 2008
350
media numero uova
300
250
Ravenna
200
Cesena
150
Forlì
100
Rimini
50
settimana di monitoraggio
100
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
4.2.4 Confronto dati del monitoraggio per Comuni della
Ausl di Cesena Anno 2008-2009
Di seguito vengono presi in esame i dati del
monitoraggio dei Comuni dell’ AUsl di Cesena, nella quale
lavoro. I dati seguono l’andamento dei dati regionali; si evince
mediamente, infatti, una diminuzione dell’infestazione nel
2009 rispetto al 2008 e un picco in prossimità della settimana
36. I dati dei vari Comuni vengono messi a confronto con il
dato medio della AUsl di Cesena. Dal confronto con quest’
ultimo parametro è possibile notare come il livello di
infestazione sia influenzato, dai contesti ambientali e
territoriali che caratterizzato le diverse realtà locali.
Monitoraggio Bagno di R. 2008-2009
250
media num uova
200
Bagno di Romagna 2009
150
Bagno di Romagna 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Borghi 2008-2009
media numero uova
250
200
Borghi 2009
150
Borghi 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
settimana di monitoraggio
101
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio Cesena 2008-2009
media numero uova
250
200
Cesena 2009
150
Cesena 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Cesenatico 2008-2009
media numero uova
250
200
Cesenatico 2009
150
Cesenatico 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Gambettola 2008-2009
media numero uova
250
200
Gambettola 2009
150
Gambettola 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
se ttimana di monitoraggio
Monitoraggio Gatteo 2008-2009
media numero uova
250
200
Gatteo 2009
150
Gatteo 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
settimana di monitoraggio
102
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio Longiano 2008-2009
media numero uova
250
200
Longiano 2009
150
Longiano 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
settimana di monitoraggio
Monitoraggio Longiano 2008-2009
media numero uova
250
200
Longiano 2009
150
Longiano 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
se ttimana di monitoraggio
Monitoraggio Mercato Saraceno 2008-2009
media numero uova
250
200
Mercato Saraceno 2009
150
Mercato Saraceno 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
se ttimana di monitoraggio
103
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio Montiano 2008-2009
media numero uova
250
200
Montiano 2009
150
Montiano 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
se ttimana di monitoraggio
Monitoraggio Roncofreddo 2008-2009
media numero uova
250
200
Roncofreddo 2009
150
Roncofreddo 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
se ttimana di monitoraggio
Monitoraggio San Mauro Pascoli 2008-2009
250
media numero uova
200
San Mauro Pascoli 2009
150
San Mauro Pascoli 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
se ttimana di monitoraggio
104
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
Monitoraggio Sarsina 2008-2009
250
media numero uova
200
Sarsina 2009
150
Sarsina 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
se ttimana di monitoraggio
Monitoraggio Sogliano 2008-2009
250
media numero uova
200
Sogliano 2009
150
Sogliano 2008
100
Media Ausl Cesena 2009
50
settimana di monitoraggio
105
43
41
39
37
35
33
31
29
27
25
23
21
0
106
CAPITOLO 5 CONCLUSIONI
L’evoluzione del sistema di sorveglianza avvenuto in
Regione Emilia-Romagna ha consentito la messa a punto di
una metodologia uniforme per la lotta alla zanzara tigre, dalla
definizione di precisi protocolli operativi in fase di emergenza
alla standardizzazione di tecniche come quella relativa al
monitoraggio. Il sistema di monitoraggio, infatti, implementato
con il Piano Regionale si è rivelato un valido strumento per
ottenere una stima quantitativa della presenza di zanzara tigre.
La standardizzazione della metodologia e il
potenziamento della rete di monitoraggio ha permesso di
ottenere dati confrontabili tra diverse aree della Regione. A
conclusione della stagione 2008 si può affermare che il sistema
è stato condotto con regolarità e che i vari attori coinvolti
hanno cooperato positivamente. Il sistema si è dimostrato
quindi gestibile dalle Amministrazioni Locali col
coordinamento della struttura tecnica regionale. L’utilizzo
della stessa metodologia nel corso della stagione 2009 ha
permesso di mantenere la storicità del dato effettuando
confronti per le diverse realtà territoriali. I dati rinvenuti nella
maggior parte del territorio regionale nel corso del 2009 hanno
constatato una complessiva diminuzione della presenza della
zanzara tigre nel territorio associata ad una maggior attenzione
e consapevolezza da parte sia delle Amministrazioni locali che
da parte dei cittadini.
Il sistema implementato dal Gruppo di lavoro, di cui
faccio parte, ha permesso attraverso una pianificazione globale
su tutto il territorio regionale di predisporre e ottimizzare gli
interventi a livello locale.
Gli studi che verranno portati avanti, a fronte dei risultati
raggiunti fino ad ora, avranno l’obiettivo di razionalizzare le
risorse messe a disposizione dalle varie Amministrazioni locali
107
con l’utilizzo ad esempio di nuove tecniche di monitoraggio.
In particolare nell’anno 2009 verranno analizzati e confrontati
i dati ottenuti con l’utilizzo di sticki trap (ovitrappole che
consentono la raccolta adulti) e verificata la qualità dei dati
raccolti con cadenza quindicinale.
108
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RINGRAZIAMENTI
Un sentito ringraziamento a:
• Dott. Guido Laffi (AUsl Imola)
• Dott. Claudio Venturelli (AUsl Cesena)
• Dott. Luigi Salizzato (AUsl Cesena)
• Dott.ssa Paola Angelini (Regione Emilia-Romagna)
• Dott.ssa Flavia Baldacchini (Regione Emilia-Romagna)
• Dott.Alessandro Albieri, dott. Carrieri
(Centro
Agricoltura Ambiente)
• Gruppo di coordinamento tecnico regionale (delibera
n°280/2008)
117