Risposte dell`autore ai quesiti presentati in occasione della giornata

Transcript

Risposte dell`autore ai quesiti presentati in occasione della giornata
Risposte dell’autore ai quesiti presentati in occasione della giornata di
studio organizzata dall’unione industriali di savona il 10 settembre
2008 (I parte)
Giuseppe Carmagnini
D - Persona estranea al reato e confisca penale o amministrativa.
Concetto – genitore del minore sorpreso alla guida in stato di
ebbrezza – genitore proprietario e affidatario – genitore non
affidatario.
R - Occorre in primo luogo differenziare la confisca amministrativa, che
rappresenta una sanzione vera e propria, da quella penale, prevista
dall’articolo 186 con rinvio all’articolo 240, comma 2 del codice penale,
quale misura amministrativa di sicurezza, in particolare misura di
sicurezza patrimoniale.
Quanto alla sanzione accessoria applicata in conseguenza di un reato,
l’articolo 213 del codice della strada la prevede solo quando l’illecito a
rilevanza penale sia commesso alla guida di ciclomotori, ovvero
motoveicoli. Diversamente, la confisca è applicata in conseguenza di
violazioni amministrative che la prevedono come accessoria. Nell’ultimo caso, stante anche
l’applicazione dell’articolo 2 della legge 24.11.1981, n. 689 non pare possano esistere dubbi
sull’applicabilità della sanzione accessoria gravante sul veicolo del genitore affidatario o non
affidatario, salva la prova liberatoria di non aver potuto impedire il fatto. In tal senso la Corte di
Cassazione Sezione civile sez. III 25/1/2000 n. 7268; Pres. Iannotta, A., Rel. Lupo, E. ha precisato
che “nell'ipotesi in cui l'illecito amministrativo sia commesso da un minore degli anni diciotto, l'art.
2 della legge 24 novembre 1981 n. 689, con disposizione di carattere generale applicabile anche
agli illeciti amministrativi previsti dal codice della strada (art. 194), prevede che il suo autore non
possa essere assoggettato a sanzione amministrativa per la mancanza di imputabilità. Il secondo
comma dell'art. 2 dispone che «della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza
dell'incapace, salvo che provi di non avere potuto impedire il fatto». Tale disposizione configura
una responsabilità diretta, per fatto proprio, di colui che è tenuto alla sorveglianza del minore,
come questa Corte (Cass. 22 gennaio 1999 n. 572) ha già avuto modo di affermare con riguardo
alla posizione del genitore di un infradiciottenne, responsabile diretto e colpevole, per culpa in
vigilando e/o per culpa in educando (colpa presunta, salva la prova liberatoria consentita dal
trascritto art. 2). A ciò consegue che il soggetto tenuto alla sorveglianza dell'incapace non può
essere considerato persona estranea alla violazione amministrativa. Né è a lui applicabile l'art. 6,
secondo comma, della legge n. 689/81 (a cui corrisponde l'art. 196, comma 2, del codice stradale),
che presuppone l'illecito commesso «da persona capace di intendere e di volere», soggetta all'altrui
autorità, direzione o vigilanza; mentre l'infradiciottenne è, come si è detto, incapace ex lege.”
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
Diverso è il caso in cui si tratti di sanzione amministrativa accessoria applicata in conseguenza di un
reato commesso con l’uso di ciclomotori o motoveicoli, visto anche che l’articolo 213 del cds
appare squilibrato nel trattare la nuova ipotesi atipica introdotta dall’alto, all’interno di una norma
che non la prevedeva e che rimane pertanto ancorata, quanto al regime della prova liberatoria, alle
ipotesi legate alle violazioni amministrative. Del pari, non appare equilibrata la scelta del legislatore
di associare la confisca penale di cui all’articolo 240, comma 2 del codice penale alle ipotesi di
ebbrezza grave/stato di alterazione o rifiuto (dell’articolo 186, comma 7, con molti dubbi
sull’applicabilità della confisca penale al comma 8 dell’articolo 187, per il quale è anche esclusa la
confisca amministrativa dei ciclomotori o motoveicoli per il rifiuto, dato che il veicolo non è in
questo caso strumentale al reato svincolato dalla circolazione). Il Ministero ha risolto la querelle
esemplificando alquanto, e concludendo che se il veicolo appartiene a persona “diversa” dal
conducente, non si dia luogo alla misura preventiva e tale principio a me pare pienamente
estensibile, ove ritenuto applicabile, alla confisca di cui all’articolo 213, comma 2 sexies del codice
della strada. Ma vi è differenza, sempre a mio modesto parere, tra la persona “diversa” dal
proprietario del veicolo rispetto alla persona “estranea al reato”, sicché la riduzione in minimi
termini operata dal Ministero mi può piacere dal punto di vista operativo, esemplificando la vita
degli operatori sulla strada che così, con l’avallo dell’interprete autorevole (ex articolo 11, c. 3 del
cds), possono limitarsi al controllo documentale, ma non convince dal punto di vista giuridico.
Forse riconoscendo una competenza che il legislatore non ha, avrei pensato che se avesse voluto
dire quello che invece ha detto il Ministero, avrebbe utilizzato una frase del tipo “salvo che il
veicolo appartenga a persona diversa dal conducente”; ma forse ci si aspetta troppo da un legislatore
immemore dei principi così semplicemente enunciati dal Beccaria, tanto da doversi rifare alle
locuzioni latine del tipo “minus scipsit quam voluit”, come se l’astratto personaggio fosse un bimbo
alle prese con il pensierino assegnato dalla maestra.
E’ chiaro, comunque, che se la persona proprietaria è realmente estranea al reato, non ha senso
l’applicazione di una sanzione che, seppure posta in capo all’autore materiale della violazione, si
riverbera su un soggetto completamente incolpevole (in violazione anche dell’articolo 27 della
Cost.); oltremodo iniqua sarebbe poi l’applicazione di una misura preventiva patrimoniale che
anche in questo caso riguarderebbe un soggetto terzo rispetto al fatto contestato, per cui non si
ravviserebbe lo scopo di prevenzione sotteso alla misura patrimoniale.
Da qui però a sostenere il teorema “proprietario diverso dal conducente” = “soggetto estraneo al
reato” il passo è un po’ più lungo. Ora, senza entrare nell’evidenza delle ipotesi di concorso
materiale e/o psicologico, caso in cui di certo non si ravviserebbe l’estraneità al reato da parte del
proprietario diverso dal conducente, vista la responsabilità penale a titolo proprio del primo, al pari
di quella del secondo, occorre fare un ulteriore passo, nel quale ci aiuta la giurisprudenza in un
campo del tutto diverso, ma perfettamente percorribile per meglio comprendere i limiti
dell’equazione ministeriale.
Quindi, per quanto concerne l’individuazione dell’estraneità al reato della persona a cui appartiene
il veicolo guidato dall’indagato, circostanza che rende inapplicabile la confisca e pertanto il
sequestro, occorre fare riferimento alla giurisprudenza, oltre che all’indicazioni del Ministero
dell’interno, il quale, al punto 1.2.1 della circolare prot. N. 300/A/1/35690/101/3/3/9 del 26 maggio
2008 ha semplicemente fatto riferimento all’intestazione del veicolo sui documenti di circolazione,
salvo prova contraria nel caso di mancato aggiornamento degli stessi.
In verità, per dirsi estranea alla violazione, la persona a cui appartiene il veicolo non solo non deve
essere lo stesso conducente, ma non deve in alcun modo aver partecipato o concorso alla
commissione del reato, a qualsiasi titolo e ciò anche laddove esista un profilo di colpa per essere il
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
fatto costituente reato anche solo prevedibile; in tal senso pare doversi leggere la sentenza della
Corte di Cassazione Penale, sez. I, 9 giugno 2000, n. 3249, in tema di confisca di mezzi (natanti)
utilizzati per favorire l’ingresso clandestino di stranieri nel territorio dello Stato. Sullo stesso piano
si pone la successiva sentenza della medesima sezione, 18 settembre 2001, n. 34019, con la quale i
giudici hanno ritenuto che l’estraneità al reato deve essere valutata con rigore, in modo da escludere
non solo la partecipazione diretta allo stesso, ma anche qualsiasi profilo di negligenza da parte del
soggetto a cui appartenga il mezzo e ciò a prescindere dal fatto che tale soggetto sia stato sottoposto
a procedimento penale (in tal senso, sempre in tema di favoreggiamento dell’immigrazione
clandestina, Corte di Cassazione Penale, sez. I, 9 giugno 2000, n. 3281).
Ovvio, che la soluzione adottata dalla polizia giudiziaria debba essere cauta, in un senso o in un
altro, facendo sempre riferimento alle direttive impartite a livello locale dalla Procura, alla quale,
nei casi dubbi, occorre sempre rapportarsi. Nel dubbio, è consigliabile l’ipotesi più cauta e
garantista, nella quale la polizia stradale/giudiziaria è perlomeno giustificata da una indicazione del
Ministero dell’interno.
D - La persona in stato di ebbrezza deve/può firmare gli atti che richiedono la sua
sottoscrizione ?
Quanto alla firma degli atti, l'ebbro può firmarli se capace di comprenderne il significato e se in
grado di farlo fisicamente e psichicamente. Altrimenti può sottoscriverli in un momento successivo,
se necessario. Diversamente si darà atto che per le gravi condizioni di incoscienza, il conducente
sottoposto alle indagini non è capace di firmare. Comunque, anche se firma in stato di grave
ebbrezza, la sottoscrizione ha un mero valore di presa visione e/o ritiro copia e non certo di avallo o
di assunzione di responsabilità.
D – Visti i contrasti giurisprudenziali, le aree di distribuzione di
carburante sono oggetto del codice della strada, ad esempio per
l’applicazione delle norme di comportamento, documenti di guida e
circolazione, etc.
Quanto alle aree di distribuzione di carburante è vero che il nuovo cds
le annovera tra le pertinenze, ma è altrettanto vero che su di esse si
svolge un transito non indiscriminato, ma limitato all'utenza effettiva,
sicché l'eventuale uso non consentito non può rilevare ai fini della
definizione dell'area come ad uso pubblico e quindi soggetta alle norme
del cds. Infatti, ove non esistono gli erogatori automatici, i proprietari
chiudono con la catena l'ingresso all'area, cosa che non potrebbero fare
se fosse un'area pubblica o soggetta ad uso pubblico. Quindi, se l'area
sorge su una proprietà privata e quindi fuori del confine stradale come
definito dall'articolo 3 del cds, a mio parere questa, ancorché aperta nelle ore di esercizio, rimane
preclusa al transito indiscriminato e tanto meno è destinata alla circolazione come prevede l'articolo
2 cds, quanto piuttosto all'erogazione di servizi a chi intenda avvalersene, rimanendo preclusa
legittimamente agli altri; ripeto che il transito abusivo, anche se per mera tolleranza, esclude l'uso
pubblico ove sia ravvisabile con la diligenza dell'uomo medio che l'area è destinata ad un
particolare uso, diverso dalla mera circolazione che diviene accessoria all'erogazione dei servizi.
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
La legge 990/69 introdusse con l'articolo 1 l'istituto dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli in
circolazione su aree di uso pubblico o aree a queste equiparate, precisando questa definizione
all'articolo 2 comma 2 del suo regolamento d'esecuzione dove si argomentava che " … sono
equiparate alle strade di uso pubblico tutte le aree, di proprietà pubblica o privata, aperte alla
circolazione del pubblico." La giurisprudenza è stata sempre improntata a questa definizione,
affermando che, ai fini dell'applicazione delle sanzioni inerenti all'inosservanza delle norme che
regolano la circolazione, si deve far riferimento non tanto al concetto di proprietà della strada, ma
alla sua destinazione (Cass. Civ. Sez. III 17 aprile 1996, n. 3633).
Si può aggiungere che per destinazione si intende quella che il soggetto, con un atto di volontà,
implicito od esplicito, ha inteso dare all'area di sua proprietà; nulla osta alla definizione di area
privata se su questa si svolge di fatto un passaggio abusivo di un numero elevato di veicoli e
persone, ancorché si evinca facilmente la destinazione dell'area. In pratica deve esistere una
situazione di accesso di un numero indiscriminato ed indeterminato di persone che sia
giuridicamente lecita.
Un'area (concetto più generale rispetto a quello di strada) privata, aperta alla libera circolazione di
un numero indeterminato ed indiscriminato di persone, viene equiparata ad un’area pubblica (TAR
Puglia Sez. II 24 marzo 1994, n. 491); è altresì vero che quando la circolazione all'interno di tali
aree è consentita a particolari categorie di persone, individuate ed autorizzate dal proprietario, non
si può parlare di area pubblica (Cass. Civ. Sez. III 18 agosto 1995): si pensi ad un piazzale di uno
stabilimento, al quale possono accedere solo gli operai e le persone impegnate nell'attività o in
funzione dell'attività che in questo viene svolta.
Caso ancora diverso è quello dell'esercizio che mette a disposizione il parcheggio esclusivamente ai
clienti; tale volontà deve essere esplicita e facilmente percepibile da parte di chi intenda accedere
all'area, che, in tale ipotesi, si deve intendere privata.
In tutti i casi la pubblicità o meno dell'area deve essere palese e deducibile o dalle caratteristiche del
luogo o da opportune strutture atte a limitarne l'accesso (cancelli, transenne, cartelli, iscrizioni sulla
sede stradale etc.); si tratta comunque di una valutazione da farsi a seconda del caso specifico e si
dovrà far riferimento, come parametro di giudizio, alle facoltà dell'uomo medio che tenga una
condotta diligente. Per essere più chiari, il fatto che una rampa di accesso ad un garage
condominiale sotterraneo sia di fatto accessibile, perché non chiusa da alcuna barriera fisica e
mancante di una cartellazione di divieto di accesso a persone non autorizzate, non implica per
questo che l'area sia soggetta a uso pubblico, poiché è evidente che si tratta di un luogo il cui
utilizzo è riservato ad una ristretta categoria di persone (uti singuli); nessuna persona, dotata del
comune discernimento, parcheggerebbe la propria auto all'interno di un luogo così come descritto,
ritenendolo erroneamente un'area pubblica o comunque aperta al pubblico.
La stessa giurisprudenza espressa dalla cassazione penale (Cass. Pen. Sez. IV 01 giugno 1990, n.
8058) riconosce, ad esempio, natura di carattere privato alle piazzole di distribuzione di carburante,
anche se su di esse si svolge il passaggio di utenti della strada in numero elevato, in quanto si
configura un transito uti singuli e non uti cives.
È tuttavia da rilevare che la stessa Sezione, in una sentenza precedente ed isolata, aveva affermato,
al contrario, che le aree destinate alla distribuzione dei carburanti, ancorché private, sono soggette
ad uso pubblico, poiché, chiunque intenda usufruire dei servizi che su di esse vengono offerti
(anche diversi dall'erogazione del carburante), vi si può liberamente immettere.
L'interpretazione che più si attaglia alla distinzione de quo, è quella che si evince dalla sentenza del
Trib. Civ. di Milano sez. IV del 10 marzo 1986, secondo la quale un'area di uso privato può
considerarsi di uso pubblico se aperta al transito di veicoli, pedoni, animali senza alcuna limitazione
in ordine al numero o al fine per cui sia consentito l'ingresso.
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
Ne consegue che non può ritenersi di uso pubblico quell'area privata, anche se in diretta
comunicazione con aree pubbliche, cui possa accedersi solo in funzione dell'attività o dei servizi
che in essa vengono svolti. Si deve quindi far riferimento alla limitazione soggettiva che esclude la
circolazione indiscriminata della generalità dei veicoli. In più di un'occasione la Suprema Corte ha
infatti richiamato il concetto di "circolazione di un numero indeterminato ed indiscriminato di
persone", quale criterio atto a determinare l'uso pubblico di un'area
D – può essere accertato il reato di guida sotto l’effetto di stupefacenti sulla base di un
semplice riscontro qualitativo effettuato sui liquidi biologici, senza la correlata visita medica,
vista la persistenza di tracce di cannabinoidi anche a distanza di tempo rispetto all’assunzione
delle sostanze che li contengono.
Non vi è alcun dubbio che la prova qualitativa abbia carattere complementare rispetto alla visita
medica tesa a correlare l'eventuale effettiva alterazione all'uso di sostanze vietata in Italia. Questa
specificazione è naturale conseguenza, come detto anche a Savona, che in Italia la definizione di
stupefacente o sostanza psicotropa è esclusivamente tabellare e quindi la prova qualitativa ha lo
scopo di ricondurre le sostanze rinvenute nei liquidi biologici alle tabelle allegate al dpr 309/90,
altrimenti potremmo avere una alterazione non dovuta a dette sostanze e pertanto non riconducibile
al paradigma dell'articolo 187, comma 1 del cds. La condotta sarebbe comunque grave sotto il
profilo della sicurezza stradale e quindi riconducibile al contestato articolo 115 cds, ovvero, in
denegata ipotesi, all'articolo 15, comma 1 lettera a del medesimo codice (applicabile ad esempio ai
pedoni). Viceversa, non costituisce sicuramente reato la presenza di sostanze tabellari nei liquidi
biologici in assenza di uno stato di alterazione e la circostanza assumerebbe peraltro un rilievo
marginale per la sicurezza della circolazione, mentre potrebbe costituire (per mero esercizio
dottrinale ma pur sempre sostenibile) un indizio per applicare le sanzioni amministrative
dell'articolo 75 del dpr 309/90 (possesso per uso personale desunto dalla presenza della sostanza).
Certo è che il giudice, anche sulla base delle sole risultanze degli esami, se estesi anche all'aspetto
quantitativo, potrebbe desumere lo stato di alterazione sulla base non di una presunzione iuris et de
iure, come avviene per il 186 dove esiste un limite legale, ma rifacendosi alla letteratura scientifica
(eventualmente anche con l'ausilio di soggetti qualificati), laddove il dato qualitativo individui una
sostanza ricompresa nelle tabelle e la quantificazione (ove effettuata) della o delle sostanze presenti
sia riconducibile ad un macroscopico abuso che, secondo l'id quod plaerumque accidit, non possa
che portare ad una grave alterazione in termini certi.
Altrettanto vero è che tali casi sono rari e soprattutto per la cannabis, la cui permanenza
nell'organismo è duratura e il principio attivo assunto esiguo, difficilmente si potrà dimostrare
l'effettiva alterazione del conducente in assenza di una contestuale visita medica che la certifichi
nell'immediatezza o quasi immediatezza della guida. Le riporto alcune sentenze che ho massimato
sul libro "I reati del codice della strada" a sostegno di quanto detto. Spero di essere stato
sufficientemente chiaro nella sintesi.
Corte di Cassazione Penale sez. IV – Sentenza n. 25482 del 4 luglio 2007
Guida in stato di alterazione per l’assunzione di stupefacenti - impossibilità di accertare il reato
E’ esclusa la possibilità di accertare il reato di cui all’articolo 187 (guida in stato di alterazione per
l’assunzione di stupefacenti) sulla base dei soli sintomi. L’accertamento legale deve avvenire
attraverso la visita medica ed un esame su campioni dì liquidi biologici, trattandosi di un
accertamento che richiede conoscenze tecniche specialistiche in relazione alla individuazione ed
alla quantificazione delle sostanze.
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
Corte di Cassazione Penale sez. I Sentenza n. 19056 del 17 maggio 2007
Definizione legale di stupefacente - mancata inclusione nelle tabelle allegate al d.P.R. n. 309/90 cessione di sostanza vietata - non sussiste
Difettando nel nostro ordinamento una definizione farmacologia dello stupefacente ed essendo stata
adottata la nozione legale di esso, sono soggette alla normativa che vieta la loro cessione tutte e
soltanto le sostanze specificamente indicate negli elenchi predisposti.
Cassazione penale sezione IV - Sentenza n. 371 del 1 marzo 2006 depositata il 28 aprile 2006
Il reato di cui all’articolo 187 non può essere accertato solo sulla base dei sintomi
Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 187 del codice della strada, è
necessario che lo stato di alterazione del conducente dell’auto venga accertato nei modi previsti dal
comma 2 dello stesso articolo, attraverso un esame tecnico su campioni di liquidi biologici. Deve
escludersi, pertanto, che lo stato di alterazione possa essere desunto da elementi sintomatici esterni,
come invece è ammesso per l’ipotesi di guida in stato di ebbrezza, in quanto l’accertamento richiede
conoscenze tecniche specialistiche in relazione alla individuazione ed alla quantificazione delle
sostanze (sul punto, di recente, Cass., Sez. IV, 7 ottobre 2004, Melani e Sez. IV 15 gennaio 2003,
Casali).
Ordinanza Corte Costituzionale 27/7/2004 n. 277
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 187
Omissis … la fattispecie penale prevista dall’art. 187 del codice della strada è costituita dal
concorso di due elementi qualificanti: da un lato, lo stato di alterazione, capace di compromettere le
normali condizioni psico-fisiche indispensabili nello svolgimento della guida e concretizzante di per
sé una condotta di pericolo per la sicurezza della circolazione stradale; dall’altro, l’assunzione di
sostanze (stupefacenti o psicotrope), idonee a causare lo stato di alterazione, per l’accertamento del
quale – come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità - non è sufficiente la mera osservazione o
la descrizione di una determinata sintomatologia, ma è necessario il riscontro di idonee analisi di
laboratorio; che, del resto, questa Corte ha già chiarito che le differenti modalità tecniche previste
per gli accertamenti degli stati di alterazione fisica e psichica derivanti dall’influenza dell’alcol e,
rispettivamente, dall’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope trovano giustificazione nell’attuale
stato delle conoscenze tecnico-scientifiche che non permetterebbero di avvalersi, per l’acquisizione
della prova dell’uso di sostanze stupefacenti, di una strumentazione tecnica analoga a quella
utilizzata per il rilevamento dello stato di ebbrezza alcolica, che assicura, grazie all’esame
spirometrico, attendibili riscontri del tasso alcolemico nell’aria alveolare espirata (ordinanza n. 306
del 2001); che si è dunque in presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza dei
due elementi, l’uno obiettivamente rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria (lo stato di
alterazione), e per il quale possono valere indici sintomatici, l’altro, consistente nell’accertamento
della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope,
a prescindere dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato quantitativo, ma gli effetti che
l’assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto nei singoli soggetti;
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.
che pertanto, risultando la fattispecie incriminatrice sufficientemente determinata, deve escludersi la
denunciata violazione dell’art. 25, secondo comma, Cost., e, con essa, dell’art. 27, secondo comma,
Cost.
Corte Costituzionale – sentenza n. 306/01
E’ legittima la diversa modalità di accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza rispetto a
quello di guida in stato di alterazione dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti
Omissis - Il legislatore, nel nuovo codice della strada, ha non irragionevolmente distinto per il
conducente di veicoli lo stato di ebbrezza da alcool dalle condizioni di alterazione fisica e psichica
correlata con l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, prevedendo due diverse ipotesi di reato e
regolando solo in relazione alla seconda peculiari forme di controllo, la cui esecuzione é inibita alla
polizia poiché richiede conoscenze tecniche e specialistiche, anche per quanto riguarda la
qualificazione delle sostanze. Il differente trattamento riservato al conducente del veicolo che si
trovi in condizioni di alterazione psico-fisica derivante dall’influenza di alcool - per il quale non é
esperibile l’accompagnamento presso idonea struttura pubblica per il prelievo di campioni di liquidi
biologici, ma soltanto l’accertamento da effettuarsi, ai sensi dell’art. 379 del d.P.R. n. 495 del 1992,
mediante analisi dell’aria alveolare espirata - trova giustificazione nell’attuale stato delle
conoscenze tecnico-scientifiche, che non hanno reso disponibile, per la verifica dell’uso di sostanze
stupefacenti, una strumentazione analoga a quella utilizzata per il rilevamento dello stato di
ebbrezza derivante dall’assunzione di sostanze alcoliche, strumentazione che, pur essendo meno
invasiva, permette riscontri immediati ed affidabili. Appare pertanto non irragionevole che il
legislatore, stante l’impossibilità di acquisire in altro modo le prove diagnostiche necessarie, abbia
previsto analisi specifiche presso strutture pubbliche per accertare l’uso di sostanze stupefacenti o
psicotrope da parte del conducente di veicoli, ed invece, ai fini dell’accertamento del tasso alcolico,
abbia ritenuto sufficiente l’impiego degli strumenti, meno invasivi ma affidabili, attualmente
esistenti
(segue…)
Le opinioni espresse non hanno valore di parere legale, né possono essere utilizzate a sostegno della propria
attività; pertanto, la responsabilità per ogni eventuale utilizzo del presente materiale ricade esclusivamente
su chi ne abbia fatto uso senza il consenso dell’autore.