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Capitolo 4
DENUNCIA DI SUCCESSIONE
La denuncia di successione è lo strumento predisposto dal legislatore per rendere
concretamente possibile agli eredi l'attribuzione e l'utilizzo dei beni relitti.
I contenuti, le competenze, le modalità di presentazione e gli aspetti peculiari
vengono esaminati in dettaglio per avere un quadro completo dell'intero
fenomeno ed evitare ritardi, errori e sanzioni.
Sommario: 1. Generalità e contenuto. – 2. Territorialità dell’imposta. –
3. Ufficio competente e base imponibile. – 4. Beni alienati negli ultimi sei
mesi e beni culturali. – 5. Termine di presentazione e di liquidazione. – 6.
Dilazione di pagamento e prescrizione. – 7. Sanzioni. – 8. Materiali operativi.
1. GENERALITÀ E CONTENUTO
L’Agenzia delle Entrate viene a conoscenza delle notizie necessarie per poter
applicare l’imposta di successione, e cioè dei beni relitti, delle passività e
delle donazioni fatte in vita a favore degli eredi e dei legatari, attraverso la
denuncia di successione.
L’apertura della successione avviene nel momento della morte e nel luogo
dell’ultimo domicilio del defunto così come stabilito dall’art. 456.
È una dichiarazione di scienza, imposta dalla legge a carico di determinati
soggetti al fine di consentire all’Amministrazione finanziaria di venire
in possesso degli elementi necessari per poter applicare l’imposta di
successione.
È pertanto un atto dovuto, non facoltativo, che, in quanto tale, proprio perché
obbligatorio, non può produrre gli effetti dell’accettazione tacita dell’eredità,
che presuppone invece la volontà, anche se espressa per facta concludentia,
di diventare eredi.
Da rilevare che l’obbligo di presentare la denuncia di successione sorge indipendentemente dall’effettivo arricchimento conseguito dalle persone obbligate
e dall’effettivo trasferimento in loro proprietà dei beni relitti, che si verifica invece
solo a seguito dell’accettazione, espressa, tacita o presunta che sia, dell’eredità,
e non solo per il fatto della morte del de cuius.
L’obbligo sorge invece immediatamente al momento e per effetto dell’apertura
della successione.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
A tale evento, l’ordinamento giuridico ricollega due obblighi:
a) quello di presentare la denuncia di successione al fine di poter determinare
l’ammontare dell’imposta dovuta;
b) quello di pagare la relativa imposta se dovuta.
La dichiarazione di successione deve essere presentata all’Agenzia delle
Entrate competente, che ne rilascia ricevuta; può essere spedita per raccomandata e si considera presentata, in tal caso, nel giorno in cui è consegnata
all’ufficio postale, che appone su di essa o sul relativo involucro il timbro a
calendario.
Può essere effettuata entro dodici mesi dall’apertura della successione.
Non è necessario che la firma del sottoscrittore sia autenticata da un notaio
o da un altro pubblico ufficiale né che il sottoscrittore, per firmare, sia munito
di procura specifica.
La presentazione della denuncia di successione ha l’effetto di consentire
agli interessati, e anche al notaio, di poter trasferire liberamente i beni loro
pervenuti in eredità.
È fatto divieto, infatti, agli impiegati dello Stato e degli Enti pubblici territoriali
e ai pubblici ufficiali di compiere atti del loro ufficio relativi a trasferimenti per
causa di morte quando non sia stata presentata la denuncia di successione,
ovvero non sia stata dichiarata dall’interessato l’inesistenza dell’obbligo di
presentarla.
Questo al fine di evitare evasioni nell’ambito di applicazione dell’imposta.
Sono obbligati a presentare la denuncia di successione:
a) i chiamati all’eredità sia per testamento che per legge, anche se ancora
non abbiano accettato l’eredità, purché non vi abbiano rinunciato
espressamente;
b) i legatari, e cioè i beneficiari di attribuzioni testamentarie a titolo
particolare;
c)
i rappresentanti dei chiamati all’eredità o dei legatari, come ad esempio i
genitori per i figli minorenni, il tutore per gli interdetti e il curatore per gli
inabilitati;
d) coloro che siano stati immessi nel possesso temporaneo dei beni
dell’assente, in caso assenza o di morte presunta;
e)
gli amministratori dell’eredità;
f)
i curatori dell’eredità giacente;
g) gli esecutori testamentari.
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Denuncia di successione
Quando i soggetti obbligati a presentare la dichiarazione sono più di uno, la
dichiarazione non si considera omessa se è stata presentata o sottoscritta da
uno solo di essi.
Quindi, il comportamento attivo di uno soltanto di essi regolarizza il
comportamento omissivo degli altri.
La denuncia di successione, a pena di nullità, deve essere redatta su uno
stampato fornito dall’Agenzia delle Entrate o conforme al modello approvato
con decreto del Ministro delle Finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale,
e deve essere sottoscritta da almeno uno degli obbligati o da un suo
rappresentante.
I chiamati all’eredità e i legatari sono esonerati dall’obbligo della dichiarazione
di successione se, prima della scadenza del termine di presentazione della
denuncia di successione, hanno rinunciato all’eredità o al legato o, non
essendo nel possesso dei beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un
curatore dell’eredità a norma dell’art. 528, 1° comma e ne hanno informato
per raccomandata l’Agenzia delle Entrate, allegando copia autentica della
dichiarazione di rinuncia all’eredità o copia dell’istanza di nomina autenticata
dal Cancelliere della Pretura.
Se, dopo la presentazione della denuncia di successione, sopravviene un
evento, diverso da quelli indicati dall’art. 13, 4° comma, che dà luogo a
mutamento della devoluzione dell’eredità o del legato ovvero ad applicazione
dell’imposta in misura superiore, i soggetti obbligati devono presentare una
dichiarazione sostitutiva o integrativa.
Ricordiamo che, in base all’art. 13, 4° comma, l’alienazione in tutto o in parte
dei beni culturali prima che sia decorso un quinquennio dall’apertura della
successione, la loro tentata esportazione non autorizzata, il mutamento di
destinazione degli immobili non autorizzato e il mancato assolvimento degli
obblighi prescritti per consentire l’esercizio del diritto di prelazione dello
Stato determinano l’inclusione dei beni nell’attivo ereditario.
L’amministrazione dei Beni Culturali e Ambientali ne dà immediata
comunicazione all’Agenzia delle Entrate competente: dalla data di ricevimento
della comunicazione inizia a decorrere il termine di cui all’art. 27, 3° e 4° comma,
e cioè quello previsto per la presentazione della denuncia di successione.
Nel caso di successione testamentaria, la denuncia di successione deve
essere sempre presentata in quanto, anche se per il dichiarante il passivo
superi l’attivo, la valutazione finale dei valori indicati spetta all’Agenzia delle
Entrate.
I chiamati sono invece esonerati dall’obbligo della dichiarazione se l’eredità è
devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l’attivo ereditario
ha un valore non superiore a euro 25.822,84 e non comprende beni immobili
o diritti reali immobiliari, salvo che, per effetto di sopravvenienze ereditarie,
queste condizioni vengano a mancare.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
Questa norma, così chiaramente formulata dal legislatore, è stata in seguito
limitata notevolmente con circ. del Ministero delle Finanze n. 64 del 15.12.1973,
in base alla quale non si ha esonero quando nella successione siano caduti
beni assoggettabili ad accertamento di valore, come ad esempio aziende,
navi, aeromobili, azioni, titoli, obbligazioni e quote sociali, in quanto il valore
effettivo di essi non è necessariamente quello indicato dagli eredi nella
denuncia di successione, ma quello eventualmente accertato dall’Agenzia
delle Entrate.
La denuncia di successione, come detto, deve essere presentata entro 12 mesi
dalla data di apertura della successione.
Se, dopo aver presentato la denuncia di successione ed entro i 12 mesi dalla
sua apertura, si sia verificato un cambiamento nella devoluzione ereditaria o
vi sia stato un errore nella compilazione, questa può essere sempre modificata
presentando una dichiarazione sostitutiva.
Nel caso particolare di errori, si può procedere, poi, alla rettifica della
denuncia di successione di tali errori anche dopo la scadenza del termine
previsto per la presentazione, purché, naturalmente, ciò avvenga prima della
notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta da parte
dell’Agenzia delle Entrate.
Nel caso di presentazione entro i termini della dichiarazione di rettifica,
anche se sia stata pagata parzialmente l’imposta liquidata in base alla prima
dichiarazione di successione presentata, ha diritto alla riliquidazione del
tributo chi abbia proposto ricorso contro l’avviso di liquidazione (ris. min.
12.2.1997, n. 24).
Nel caso di agevolazione prima casa, qualora l’erede non abbia provveduto
ad allegare alla denuncia di successione la dichiarazione sostitutiva per
ottenere queste agevolazioni, tale omissione non può essere sanzionata con
avviso di liquidazione notificato, altrimenti si violerebbero i principi generali,
consolidatisi nel sistema tributario, di emendabilità e tollerabilità, in forza
dei quali, entro un ragionevole lasso di tempo, è facoltà del contribuente
dimostrare l’inesistenza di fatti giustificativi del prelievo (Comm. Trib. Prov.
Genova, sez. XII, 28.10.2004, n. 216).
Se, dopo aver presentato la dichiarazione di successione, sopravvengano
eventi che comportino il cambiamento della devoluzione dell’eredità o del
legato, si deve presentare una dichiarazione sostitutiva o integrativa entro
il termine di 12 mesi dal nuovo evento o dal momento in cui l’obbligato ne
abbia avuto notizia.
La dichiarazione integrativa non è consentita per i trasferimenti aventi ad
oggetto immobili di rilevanza culturale che vengono inclusi nell’attivo
ereditario se e prima che siano trascorsi 5 anni dall’apertura della successione
siano stati in tutto o in parte alienati o ne sia stata tentata l’esportazione
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Denuncia di successione
senza autorizzazione o sia mutata la loro destinazione senza autorizzazione
o non siano stati rispettati gli obblighi prescritti per permettere allo Stato
l’esercizio della prelazione.
Nel caso di sopravvenienze ereditarie, cioè nel caso in cui dopo la morte del
de cuius gli eredi vengano a conoscenza dell’esistenza di nuovi beni quando
siano già trascorsi i 12 mesi utili per la presentazione della denuncia di
successione, il termine per la presentazione della denuncia integrativa decorre
dal giorno in cui è provato che gli eredi abbiano avuto effettiva conoscenza
delle attività sopravvenute.
Si deve trattare pertanto di atti o fatti verificatisi successivamente alla morte
del defunto, ma il cui titolo esista prima di tale evento.
Per consentire all’Agenzia delle Entrate un corretto calcolo dell’imposta di
successione dovuta è necessario che dalla dichiarazione di successione,
conformemente a quanto previsto nel modello a disposizione del contribuente,
risultino:
a) le generalità, l’ultima residenza e il codice fiscale del defunto;
b) le generalità, la residenza e il codice fiscale dei chiamati all’eredità e dei
legatari, il loro grado di parentela o affinità con il defunto e le eventuali
accettazioni o rinunce;
c)
la descrizione analitica dei beni e dei diritti compresi nell’attivo ereditario
con indicazione dei rispettivi valori;
d) gli estremi degli atti di alienazione a titolo oneroso compiuti negli ultimi
sei mesi, con l’indicazione dei relativi corrispettivi;
e)
i modi di impiego delle somme riscosse dal defunto a seguito di alienazioni
di beni e assunzioni di debiti negli ultimi sei mesi, con l’indicazione dei
documenti di prova;
f)
gli estremi delle donazioni fatte dal defunto agli eredi o ai legatari,
comprese quelle presunte con l’indicazione dei relativi valori alla data di
apertura della successione;
g) i crediti contestati giudizialmente, con l’indicazione degli estremi
dell’iscrizione a ruolo della causa e delle generalità e residenza dei debitori;
h) i crediti verso lo Stato e gli enti pubblici;
i)
le passività e gli oneri deducibili, con l’indicazione dei documenti di prova;
l)
il domicilio eletto nello Stato italiano dagli eredi o legatari residenti
all’estero;
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
m) il valore globale netto dell’asse ereditario;
n) le riduzioni e detrazioni di cui agli artt. 25 e 26, di cui si è già fatto cenno
nel Capitolo II, paragrafo 2, con l’indicazione dei documenti di prova;
n-bis) gli estremi dell’avvenuto pagamento delle imposte ipotecaria e
catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie, dell’imposta sostitutiva e di
quella comunale sull’incremento di valore degli immobili, che ormai
però è stata abolita.
Si noti come l’art. 29, lett. d) richieda ancora l’indicazione degli estremi
degli atti di trasferimento a titolo oneroso di beni compiuti dal defunto
negli ultimi 6 mesi di vita con l’indicazione dei relativi corrispettivi,
nonostante sia stato abrogato dall’art. 69, 1° comma, lett. d), l. n. 342/2000
l’art. 10, in base al quale si intendevano compresi nell’attivo ereditario i
beni e i diritti soggetti all’imposta alienati a titolo oneroso dal defunto in
tale periodo.
Alla dichiarazione devono essere allegati:
a) il certificato di morte o la copia autentica della sentenza dichiarativa di
assenza o di morte presunta;
b) il certificato di stato di famiglia del defunto e quelli degli eredi e legatari
che sono in rapporto di parentela o affinità con lui, nonché i documenti di
prova della parentela naturale;
c)
la copia autentica degli atti di ultima volontà dai quali è regolata la
successione;
d) la copia autentica dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata dai
quali risulti l’eventuale accordo delle parti per l’integrazione dei diritti di
legittima lesi;
e)
gli estratti catastali relativi agli immobili;
f)
un certificato dei pubblici registri recante l’indicazione degli elementi di
individuazione delle navi e degli aeromobili;
g) la copia autentica dell’ultimo bilancio o inventario di cui all’art. 15, 1°
comma e all’art. 16, 1° comma, lett. b) nonché delle pubblicazioni e dei
prospetti di cui alla lett. c) dello stesso articolo e comma;
h) la copia autentica degli altri inventari formati in ottemperanza a disposizioni
di legge;
i)
i documenti di prova delle passività e degli oneri deducibili nonché delle
deduzioni e detrazioni di cui agli artt. 25 e 26;
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Denuncia di successione
i-bis) il prospetto di liquidazione delle imposte ipotecaria e catastale, di bollo,
delle tasse ipotecarie e dell’imposta sostitutiva di quella comunale
sull’incremento di valore degli immobili, ormai abrogata.
L’attestato o la quietanza di versamento deve essere conservata dagli eredi e
dai legatari sino alla scadenza del termine per la rettifica.
Nel caso di azienda caduta in successione, si deve allegare la copia autentica
dell’ultimo bilancio o, se il defunto era obbligato a redigere l’inventario,
dell’ultimo inventario redatto regolarmente.
Se il dichiarante è un legatario, alla dichiarazione devono essere allegati
soltanto i documenti sopra indicati alle lettere a) b) e c), nonché quelli di cui
alle lettere successive limitatamente all’oggetto del legato.
I certificati di morte e di stato di famiglia possono essere sostituiti da
dichiarazioni sostitutive.
Gli allegati in lingua straniera devono essere accompagnati da una traduzione
in italiano eseguita da un perito traduttore iscritto presso il tribunale e
asseverata conforme con giuramento.
Preparare e presentare la denuncia di successione è pertanto, come si può
rilevare da quanto detto fin qui, piuttosto complicato anche se, seguendo
le indicazioni fornite dai modelli a disposizione del contribuente e le
delucidazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate, si può tentare di procedere
anche senza l’ausilio di un professionista.
È necessario però presentare, quando dovuto, e come già detto, la denuncia
di successione nei termini di legge, e cioè entro 12 mesi come meglio si vedrà
nel paragrafo 6 del presente capitolo.
In ogni caso, al fine di evitare facili evasioni fiscali, coloro che intendono
compiere negozi giuridici su beni caduti in successione devono presentare
prima la denuncia di successione e dimostrare di averla presentata.
Ove, per legge, non siano tenuti a tale presentazione, devono rilasciare una
dichiarazione da cui risulti l’esonero dall’obbligo. Sono posti infatti in capo
ad alcuni soggetti divieti ed obblighi al fine di impedire che beni caduti in
successione diventino commerciabili prima della presentazione all’Agenzia
delle Entrate della relativa denuncia.
Come già accennato in precedenza, esiste infatti un espresso divieto per gli
impiegati dello Stato e degli enti pubblici territoriali e per i notai di compiere
atti del loro ufficio relativi a trasferimenti per causa di morte quando non
sia stata ancora presentata la denuncia di successione, ovvero non sia stata
dichiarata dall’interessato l’inesistenza dell’obbligo di presentarla.
Esiste inoltre il divieto, per le aziende e gli istituti di credito, per le società,
gli enti e le ditte che emettono azioni, obbligazioni, cartelle, certificati e altri
titoli di qualunque specie, anche provvisori, di fare annotazioni nelle loro
scritture contabili o di compiere operazioni concernenti i titoli trasferiti per
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
causa di morte, se non sia stata loro fornita la prova della presentazione della
dichiarazione.
Esiste poi per i giudici e gli arbitri l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle
Entrate competente entro 30 giorni dal momento in cui ne siano venuti a
conoscenza, le notizie relative al trasferimento di beni risultante dagli atti
dei procedimenti pervenuti al loro giudizio, sempre che non siano decorsi i
termini di decadenza dell’azione della Finanza.
Esiste infine il divieto e l’obbligo, rispettivamente a carico dei debitori del
defunto e dei detentori di beni che gli appartenevano, di pagare le somme
dovute e di consegnare i beni detenuti agli eredi, legatari o loro aventi causa
se, trattandosi di crediti o di beni compresi nell’asse ereditario, non sia stata
fornita la prova della presentazione della dichiarazione con l’indicazione dei
crediti e dei beni medesimi.
Tale divieto non opera però quando gli eredi o i legatari dichiarino per iscritto
di essere esonerati dall’obbligo di presentare la dichiarazione; in tal caso il
debitore o il detentore è tenuto a trasmettere all’Agenzia delle Entrate copia
conforme della dichiarazione resa dagli interessati.
Per quanto riguarda in particolare le cassette di sicurezza, i concessionari non
possono aprirle senza aver prima apposto la loro firma, con l’indicazione della
data e dell’ora dell’apertura, su un apposito registro tenuto dai concedenti in
forma cronologica senza lasciare fogli o spazi in bianco.
Quando vi sono più concessionari di una cassetta o, comunque, più persone
che hanno la facoltà di aprirla, colui che la apre deve firmare sul registro una
dichiarazione attestante che, per quanto è a sua conoscenza, gli altri sono al
momento in vita.
Dopo la morte, invece, del concessionario o di uno dei concessionari, la cassetta
può essere aperta solo alla presenza di un funzionario dell’Amministrazione
finanziaria e deve essere redatto un inventario del contenuto.
Il giorno e l’ora dell’apertura della cassetta devono essere comunicati, a cura
del concedente, con almeno un giorno feriale di anticipo, all’Agenzia delle
Entrate nella cui circoscrizione si deve procedere all’inventario.
In particolare, ai notai è vietato rogare atti che abbiano per oggetto beni
caduti in successione se non sia stata presentata la relativa dichiarazione o
se, pur essendo stata presentata la denuncia di successione, il bene oggetto
dell’atto non sia stato in essa compreso, a meno che il contribuente non
dichiari espressamente di essere esonerato dall’obbligo di presentarla.
Se il notaio stipula ugualmente, l’atto è valido, ma viene punito con una pena
pecuniaria in base all’art. 53, ult. comma, l. not.; inoltre, cosa ben più grave,
può essere imputato, quale correo del contribuente, per reato di evasione
fiscale.
Ci si domanda in proposito se il notaio possa stipulare ugualmente un atto
avente per oggetto un bene caduto in successione quando non sia ancora
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Denuncia di successione
stata presentata la denuncia di successione ma non siano neppure scaduti i
termini per la sua presentazione.
La dottrina è concordemente e autorevolmente per la negativa, per il pericolo
che, una volta stipulato l’atto, essa non venga più presentata in quanto non
più necessaria per il raggiungimento dell’intento voluto.
Il notaio non ha l’obbligo di accertarsi dell’effettivo pagamento dell’imposta
di successione, ma solo di verificare, indicandone in atto gli estremi, che la
denuncia di successione sia stata presentata veramente.
Ci si domanda se, dopo la decadenza dell’azione della Finanza, il notaio possa
stipulare atti aventi per oggetto beni caduti in successione ma non dichiarati.
Si devono distinguere in proposito due ipotesi:
a) se la dichiarazione è stata presentata, ma i beni oggetto dell’atto non
sono stati in essa indicati, decaduta l’azione della Finanza dopo tre anni,
si ritiene generalmente che il notaio possa stipulare, specificando però in
atto che il dante causa del soggetto che intende trasferire il bene caduto
in successione è deceduto, che la relativa dichiarazione di successione è
stata presentata con omissione del bene oggetto dell’atto, e che l’azione
della Finanza è prescritta;
b) nel caso di omissione totale della dichiarazione, decaduta l’azione della
Finanza dopo 5 anni dalla data di apertura della successione, il notaio può
ugualmente procedere alla stipula dell’atto di trasferimento dell’immobile
caduto in successione, senza incorrere nel divieto dell’art. 49, avendo cura
di usare, nella redazione dell’atto, gli stessi accorgimenti indicati nel punto
precedente.
Oggi, insomma, in base alla ris. min. n. 281139/1X del 9.12.1982, è stato definitivamente chiarito dal Ministero delle Finanze che le prescrizioni contenute
nell’art. 34, una volta decaduta l’azione della Finanza, non hanno più effetto ai
fini dell’osservanza degli obblighi e dei divieti posti dall’art. 49.
In sostanza, quindi, l’art. 49 produce effetti solo e in quanto non sia decaduta,
nei 3 o 5 anni dall’apertura della successione, l’azione della Finanza.
È una norma particolare, che permette sostanziali e facili evasioni fiscali, in
quanto consente a coloro che non devono compiere atti di trasferimento
entro 5 anni dall’apertura della successione su beni caduti in successione,
di non presentare la denuncia e di evitare così il pagamento della relativa
imposta.
Se la dichiarazione di successione è stata interamente omessa, l’imposta è
accertata e liquidata d’ufficio.
Se è stata omessa la dichiarazione sostitutiva o la dichiarazione integrativa,
si procede d’ufficio alla riliquidazione dell’imposta o alla liquidazione della
maggiore imposta.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
L’avviso deve essere notificato entro il termine di decadenza di 5 anni dalla
scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione omessa.
L’imposta, comunque, è dovuta anche se la dichiarazione è presentata oltre il
termine di decadenza sopra indicato.
È dovuta pertanto l’imposta anche se la dichiarazione di successione sia stata
presentata oltre il termine di decadenza di 5 anni dalla data di scadenza
per la presentazione, e quindi oltre il termine di 6 anni dall’apertura della
successione, ma, nel caso in cui non si presenti oltre tale termine la denuncia
di successione, l’imposta dovuta può sfuggire al Fisco.
2. TERRITORIALITÀ DELL’IMPOSTA
L’imposta di successione è dovuta in relazione a tutti i beni e i diritti trasferiti,
ancorché esistenti all’estero.
Se alla data dell’apertura della successione il defunto non era residente in
Italia l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti.
Si considerano comunque e in ogni caso esistenti nello Stato:
a) i beni e i diritti iscritti in pubblici registri dello Stato e i diritti reali di
godimento ad essi relativi;
b) le azioni o quote di società nonché le quote di partecipazione in enti
diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la
sede dell’amministrazione o l’oggetto principale;
c)
le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi
dallo Stato o da società ed enti di cui alla lettera b);
d) i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato;
e)
i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il
debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato;
f)
i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fino a concorrenza del valore
dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore;
g) i beni viaggianti in territorio estero con destinazione nello Stato o vincolati
al regime doganale della temporanea esportazione.
Non si considerano invece esistenti nel territorio dello Stato i beni viaggianti
con destinazione all’estero o vincolati al regime doganale della temporanea
importazione.
Per quanto riguarda in particolare la valutazione dei beni e dei diritti del
de cuius situati all’estero, nel caso in cui non esistano apposite convenzioni
internazionali, ci si dovrà attenere alla dichiarazione degli interessati.
Gli Uffici potranno però rivolgersi alle autorità consolari italiane.
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Denuncia di successione
3. UFFICIO COMPETENTE E BASE IMPONIBILE
Competente per l’applicazione dell’imposta sulle successioni è l’Agenzia delle
Entrate nella cui circoscrizione era l’ultima residenza del defunto o, se questa
era all’estero o non è nota, l’Agenzia delle Entrate di Roma.
Mentre questa imposta viene liquidata dall’Ufficio competente come sopra
indicato, devono essere autoliquidate dal contribuente le imposte ipotecaria
e catastale, e cioè complessivamente il 3%, del valore risultante dalla rendita
catastale dei beni immobili, rivalutata a sensi di legge, nonché l’imposta di
bollo, le tasse ipotecarie e tutti gli altri tributi speciali dovuti in questi casi.
La competenza per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni è determinata
invece secondo le disposizioni relative all’imposta di registro.
È competente pertanto l’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione si
trovano i pubblici ufficiali obbligati a richiedere la registrazione, e cioè i
notai, gli ufficiali giudiziari, i segretari e comunque tutti gli altri pubblici
ufficiali per gli atti da loro redatti, ricevuti o autenticati, nonché i cancellieri
e i segretari in relazione alle sentenze, ai decreti e agli altri atti giudiziari da
loro eseguiti.
L’imposta di successione si paga sul valore globale netto dell’asse ereditario che
è costituito dalla differenza tra il valore complessivo da calcolarsi al momento
dell’apertura della successione dei beni e dei diritti che compongono l’attivo
ereditario e l’ammontare complessivo delle passività deducibili e degli oneri
diversi da quelli indicati nell’art. 46, 3° comma, e cioè diversi dai legati a favore
di un preciso beneficiario.
In sostanza, l’attivo ereditario è composto da:
1) beni immobili e diritti reali immobiliari;
2) aziende, navi e aeromobili;
3) azioni e obbligazioni, altri titoli e quote sociali;
4) rendite e pensioni;
5) crediti;
6) altri beni.
È escluso l’avviamento nel caso in cui cadano in successione aziende, azioni,
quote sociali.
Nel caso in cui il defunto sia fallito, si tiene conto delle sole attività che
pervengono agli eredi e ai legatari dopo la chiusura del fallimento.
La medesima cosa nel caso di concordato preventivo, amministrazione controllata e liquidazione coatta amministrativa; in questi casi, pertanto, la base
imponibile viene determinata dopo la chiusura della procedura.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
Il valore dell’eredità e delle quote ereditarie è determinato al netto dei legati
e degli altri oneri che le gravano, quello dei legati al netto degli oneri da cui
sono gravati.
Il valore globale netto dell’asse ereditario così determinato è maggiorato,
ai soli fini della determinazione dell’imposta di successione, di un importo
pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli
eredi e ai legatari, comprese quelle presunte ai fini dell’imposta di registro ed
escluse quelle relative a:
1) spese di manutenzione e di educazione, spese per malattie e spese
ordinarie per abbigliamento o per nozze;
2) spese sostenute per il corredo nuziale, per l’istruzione artistica o professionale che non eccedano però notevolmente la misura ordinaria tenuto
conto della condizione economica del defunto;
3) liberalità fatte per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario
o per speciale rimunerazione, nonché liberalità che si fanno normalmente
nel caso di servizi resi o in conformità agli usi;
4) donazioni di modico valore che hanno per oggetto beni mobili purché il
bene sia stato effettivamente consegnato.
Ricordiamo che per valore attuale delle donazioni fatte in vita si intende il
valore dei beni e dei diritti donati alla data dell’apertura della successione
riferito alla piena proprietà anche nel caso in cui sia stata fatta una donazione
con riserva di usufrutto o di altro diritto reale di godimento.
Si considerano anche le donazioni comprese nel periodo in cui l’imposta
sulle successioni e donazioni era stata abrogata, e cioè quelle effettuate tra
il 25.10.2001, data di entrata in vigore della l. n. 383/2001 che aveva abolito
l’imposta di successione e il 3.10.2006, data di entrata in vigore dell’attuale
normativa.
L’attivo ereditario è costituito da tutti i beni e diritti caduti in successione, ad
esclusione di quelli espressamente indicati nell’attuale normativa e di cui si è
fatto cenno nel paragrafo 2 del Capitolo II.
Da rilevare che si considerano compresi nell’attivo ereditario denaro, gioielli
e mobilia per un importo pari al 10% del valore globale netto imponibile
dell’asse ereditario (al di sopra dell’eventuale franchigia) anche se non
dichiarati o dichiarati per un importo minore, a meno che da un inventario
analitico ne risulti l’esistenza per un importo diverso.
Si considera mobilia l’insieme dei beni mobili destinati all’uso o all’ornamento
delle abitazioni, compresi i beni culturali non sottoposti a vincolo.
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Denuncia di successione
Generalmente, l’arredamento di una casa, i quadri e le suppellettili che la
ornano, il denaro e i gioielli che si possiedono, indicano lo status patrimoniale
del soggetto.
Sono beni che possono avere notevole valore ed essere facilmente occultati e
quindi sottratti all’imposta di successione.
Il legislatore, per evitare una probabile evasione fiscale, dovuta alla mancata
indicazione di essi nella denuncia di successione, ha posto una presunzione
superabile solo con un inventario analitico redatto a norma degli artt. 769 ss.
c.p.c. da cui risulti un importo diverso.
Sulla base di tale presunzione, il legislatore ha sempre imposto nel tempo la
maggiorazione del patrimonio ereditario di una percentuale via via mutata
nel corso degli anni, corrispondente al valore che tali beni potevano avere in
proporzione al patrimonio relitto.
Già nel 1923 l’art. 31 del r.d. n. 3270 presumeva iuris tantum che il patrimonio
lordo dovesse essere aumentato del 2% per i gioielli e del 5% per la mobilia.
Questa presunzione poteva essere vinta solo con un inventario di tutela o di
eredità beneficiata disposto dall’autorità giudiziaria o quando dall’inventario
stesso o da atti delle parti fosse risultato un valore superiore.
Si trattava, come bene ha rilevato la Cassazione con sentenza n. 2339 del
12.6.1975, di una presunzione a prova contraria limitata a quella espressamente
indicata dalla normativa e non, pertanto, a prova contraria libera, non potendo
essere dedotti mezzi di prova diversi da quelli espressamente previsti.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 109 del 12.7.1967, ha avuto modo
di pronunciarsi su alcune eccezioni di incostituzionalità sollevate in relazione
all’applicazione di questo articolo, dichiarandole tutte infondate e affermando
anzi che la presunzione prevista dalla normativa risponde a principi di logica
così rilevanti da legittimare la certezza giuridica dell’esistenza presunta di beni
facilmente occultabili e da rendere precisa la pretesa tributaria, vanificando
al tempo stesso, nel rispetto del dettato costituzionale di cui agli artt. 3 e 53,
ogni tentativo di evasione.
Tale norma, insomma, non solo non viola gli artt. 3 e 53 Cost. che pongono il
principio della capacità contributiva in relazione all’imposizione fiscale, ma è
invece necessaria proprio per consentirne e garantirne il rispetto.
Successivamente, l’art. 8 del d.p.r. n. 637/1972 ha sostituito l’art. 31 del regio
decreto sopraindicato elevando le percentuali per denaro, gioielli e mobili al
10%.
La presunzione iuris tantum è stata sostituita con una presunzione iuris et
de iure al fine di eliminare valutazioni di beni non rispondenti alla realtà
contenute nelle accettazioni con beneficio di inventario molto frequenti in
quel periodo.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
Anche se rapportata, diversamente da come era in precedenza, al valore
complessivo netto dell’asse ereditario, anch’essa è sembrata tuttavia
manifestamente iniqua in quanto fondata su una presunta propensione
all’acquisto da parte del de cuius e su una presunta utilizzazione del danaro
proprio nell’acquisto di quei beni.
L’Amministrazione finanziaria, con risoluzioni ministeriali n. 320264 del
15.4.1975 e n. 280007 del 26.1.1982 ha sostenuto, di contro, la legittimità di
questo articolo per la necessità di porre un freno al fenomeno dell’evasione
fiscale particolarmente rilevante negli anni ’70.
Oggi, con la nuova formulazione della norma, molti problemi sembrano essere
superati in senso totalmente favorevole all’Amministrazione finanziaria.
Oggi pertanto, in mancanza di un inventario dal quale risulti in modo analitico
un preciso valore per danaro, mobili e gioielli inferiore al 10% determinato in
base alla nuova formulazione della legge, l’Agenzia delle Entrate, sulla base
della denuncia di successione presentata dagli eredi, procede all’aumento del
valore del patrimonio in base ai nuovi criteri.
Si precisa in proposito che per mobili si intendono l’arredamento della
casa, ivi compresi i mobili di antiquariato, le suppellettili, i quadri e le opere
d’arte che non facciano però parte delle collezioni previste dall’art. 5 della l.
1.6.1939, n. 1089; per danaro si intende la normale liquidità che si ha in casa
al momento dell’apertura della successione e non anche quello depositato in
banca o all’ufficio postale, che deve invece essere dichiarato.
Come evidenziato dal Ministero con circ. min. 16.11.2000, n. 207 e,
successivamente, dall’Assonime con circ. 22.12.2000, n. 69, la maggiorazione
del 10% si applica con riferimento alle singole quote spettanti ai beneficiari.
Naturalmente, come ben evidenziato dall’art. 9, questa maggiorazione del
10% deve essere calcolata sul valore globale netto imponibile, e cioè sul
valore globale netto dedotta la franchigia.
Per quanto riguarda in particolare i beni immobili, anche all’imposta
di successione e di donazione è stata estesa la possibilità di avvalersi del
procedimento di valutazione automatica del valore dei beni già disposto con
riferimento all’imposta di registro dal d.p.r. 26.4.1986, n. 131.
Con tale normativa, entrata in vigore nel luglio del 1986, per evitare che
l’Agenzia delle Entrate possa effettuare accertamenti sul prezzo indicato, è
sufficiente, in base all’art. 52, che le parti dichiarino valori o corrispettivi non
inferiori a quelli che risultano moltiplicando la rendita catastale dei beni per
alcuni coefficienti che per ora sono quelli indicati nella Tavola n. 28, ma che
possono essere modificati in ogni momento con decreto del Ministro delle
Finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Ne derivano il più delle volte valori inferiori a quelli commerciali; a tutto
vantaggio dei contribuenti, soprattutto se si tratta di terreni agricoli o di
appartamenti posti in centro storico.
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Tale normativa non si applica però per i terreni edificabili e per gli altri immobili
privi di rendita catastale.
È una norma volta soprattutto a ridurre il contenzioso tributario, ma che di
fatto, attualmente, favorisce le parti contraenti negli atti inter vivos e gli eredi
e i legatari nelle successioni mortis causa, riducendo di parecchio la pressione
fiscale sui trasferimenti.
Come sopra accennato la determinazione automatica del valore dei beni è
esclusa:
1) direttamente dalla legge e da successiva circolare esplicativa del 10.6.1986,
che si ritiene applicabile anche alle successioni:
a) per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici, intendendosi con essi
i piani regolatori generali, quelli particolari e, in mancanza di essi, i
programmi comunali di fabbricazione, prevedano la destinazione
edificatoria;
b) per le aziende e i complessi aziendali;
2) indirettamente, visti i coefficienti di cui si deve tener conto:
a) per i fabbricati rurali, privi di propria rendita catastale e per i quali
sarebbe pertanto impossibile procedere ai calcoli previsti dalla legge;
b) per i fabbricati urbani già ultimati ma non ancora accatastati;
c)
per i fabbricati urbani accatastati da poco tempo ai quali non sia stata
ancora attribuita la rendita catastale, cosa, in verità, oggi non più
possibile, in quanto la rendita catastale, anche se provvisoria, viene
immediatamente assegnata.
In questi ultimi due casi, se non vi sono motivi di particolare urgenza, è
conveniente attendere i tempi necessari per l’attribuzione della rendita
catastale per poter usufruire dei meccanismi di determinazione automatica
dei corrispettivi.
Perché si abbia una rendita catastale, anche se provvisoria, è sufficiente
procedere all’accatastamento dei nuovi immobili e proporne una.
Successivamente, quella definitiva verrà determinata dall’Ufficio del Catasto.
A formare il valore globale netto sul quale applicare l’imposta concorrono
anche, in base a una presunzione posta dall’art. 11:
a) i titoli di qualsiasi specie il cui reddito è stato indicato nell’ultima
dichiarazione dei redditi presentata dal defunto;
b) i beni mobili e i titoli al portatore di qualsiasi specie posseduti dal defunto
o depositati presso altri a suo nome.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
Per i beni e i titoli di cui al 1° comma, lett. b) sopraindicati, depositati a
nome del defunto e di altre persone, compresi quelli contenuti in cassette di
sicurezza o in altri contenitori previsti dalla legge, per le azioni e per gli altri
titoli cointestati e per i crediti di pertinenza del defunto e di altre persone,
compresi quelli derivanti da depositi bancari e da conti correnti bancari e
postali cointestati, le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano
diversamente determinate.
Per quanto riguarda in particolare i conti correnti bancari, ricordiamo che
se il conto è cointestato anche a un’altra persona, si presume che il danaro
ivi depositato appartenga al de cuius solo per la quota di un mezzo;
corrispondentemente, ai fini della determinazione dell’imposta, nella denuncia
di successione dovrà essere dichiarato solo per tale quota.
Si tratta naturalmente di presunzioni, comunemente accettate dall Amministrazione finanziaria, che potrebbero nascondere però una realtà notevolmente diversa.
Il de cuius, potrebbe infatti alimentare il conto esclusivamente con proprie
disponibilità e cointestarlo ad altre persone al fine di attuare una donazione
di danaro indiretta che potrebbe sfuggire.
Dopo la morte di uno dei cointestatari, la banca consente normalmente agli
eredi di prelevare la quota intestata al de cuius solo in presenza di alcuni
documenti che variano a seconda che si tratti di successione testamentaria o
di successione legittima.
In particolare, se si tratta di successione testamentaria, devono essere
presentati alla banca:
a) l’estratto per riassunto dell’atto di morte del de cuius;
b) la copia del verbale di pubblicazione del testamento olografo o della
registrazione del testamento pubblico;
c)
un atto notorio da cui risulti che il testamento è l’unico o l’ultimo redatto
dal de cuius, che non è stato impugnato e che non vi sono altri eredi oltre
a quelli indicati nel testamento.
Non può far luogo, al posto dell’atto notorio redatto da un notaio o dal
cancelliere competente, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio prevista
dalla l. 4.1.1968, n. 15 in quanto l’art. 4 stabilisce che tale dichiarazione è
valida solo nei confronti di pubbliche amministrazioni e non anche di soggetti
privati, quali sono le aziende di credito, gli istituti di credito e le banche;
d) copia della denuncia di successione presentata all’Agenzia delle Entrate.
Nel caso, invece, in cui non vi sia un testamento, devono essere presentati:
a) l’estratto per riassunto dell’atto di morte del defunto;
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b) l’atto notorio da cui risulti che non esistono disposizioni testamentarie e in
cui vengano indicati gli eredi per legge;
c)
la copia della denuncia di successione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate.
Questi documenti servono a consentire alla banca di accertare il numero e la
qualità degli eredi del defunto e, in definitiva, a farle conoscere i soggetti cui
consegnare con effetto liberatorio gli importi risultanti dal conto corrente.
Continuando ad esaminare i punti previsti dall’art. 11, al punto 3 troviamo,
che le partecipazioni in società di ogni tipo si considerano comprese
nell’attivo ereditario anche se per clausola del contratto di società o dell’atto
costitutivo o per patto parasociale sia previsto a favore di altri soci il diritto
di accrescimento o il diritto di acquisto a un prezzo inferiore al valore di cui
all’art. 16, 1° comma.
In tal caso, se i beneficiari del diritto di accrescimento o di acquisto sono eredi
o legatari, il valore della partecipazione si aggiunge a quello della quota o del
legato; se non sono eredi o legatari, la partecipazione è considerata come
oggetto di un legato a loro favore.
Non sono invece compresi nell’attivo ereditario in base all’art. 12:
a) i beni e i diritti iscritti a nome del defunto nei pubblici registri, quando è
provato, mediante provvedimento giurisdizionale, atto pubblico, scrittura
privata autenticata o altra scrittura avente data certa, che egli ne aveva
perduto la titolarità;
b) le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto, alienati anteriormente
all’apertura della successione con atto autenticato o girata autenticata;
c)
le indennità di cui agli artt. 1751, ult. comma e 2122 e le indennità
spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali
obbligatorie o stipulate dal defunto;
d) i crediti contestati giudizialmente alla data di apertura della successione
fino a quando la loro sussistenza non sia riconosciuta con provvedimento
giurisdizionale o con transazione;
e)
i crediti presso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici
che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale,
compresi quelli per rimborso di imposte o di contributi, fino a quando non
siano riconosciuti con provvedimenti dell’amministrazione debitrice;
f)
i crediti ceduti allo Stato entro la data di presentazione della dichiarazione
di successione;
g) i beni culturali previsti dall’art. 13 alle condizioni in esso previste;
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h) i titoli del debito pubblico, tra i quali si intendono compresi i buoni ordinari
del tesoro e i certificati di credito del tesoro;
i)
gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, nonché ogni altro
bene o diritto, dichiarati esenti dall’imposta da norme di legge;
l)
i veicoli iscritti nel Pubblico Registro Automobilistico.
4. BENI ALIENATI NEGLI ULTIMI SEI MESI E BENI CULTURALI
L’art. 69, 1° comma, lett. d), l. 21.11.2000, n. 342 ha abrogato l’art. 10 relativo ai
beni alienati negli ultimi 6 mesi per le successioni la cui dichiarazione doveva
essere presentata fino al 31.12.2000.
Prima di questa norma abrogativa i beni e i diritti alienati a titolo oneroso dal
defunto negli ultimi sei mesi di vita erano compresi nell’attivo ereditario fatte
salve alcune eccezioni.
Dal valore di detti beni veniva però detratto il corrispettivo in qualunque
modo e forma esso fosse rappresentato.
Ad esempio veniva detratto:
a) l’ammontare delle somme riscosse o dei crediti sorti in dipendenza
dell’alienazione, purché indicati nella dichiarazione di successione;
b) il valore delle azioni o delle quote sociali o dei beni ricevuti in corrispettivo
di beni conferiti in società o permutati, purché sempre indicati nella
denuncia di successione;
c)
l’ammontare dei debiti ipotecari contratti dal defunto per l’acquisto del
bene, fino a concorrenza della somma residua accollata all’acquirente;
d) l’ammontare delle somme reinvestite nell’acquisto di beni soggetti ad
imposta indicati nella denuncia di successione o di beni che, anteriormente
all’apertura della successione, erano stati rivenduti o erano stati distrutti o
si erano perduti per causa non imputabile al defunto;
e)
l’ammontare delle somme impiegate, successivamente all’alienazione,
nell’estinzione di debiti tributari e di debiti risultanti da atti aventi data
certa anteriore di almeno sei mesi all’apertura della successione;
f)
l’ammontare delle spese di mantenimento e delle spese mediche e
chirurgiche, comprese quelle per ricoveri, medicinali e protesi, sostenute
dal defunto per sé e per i familiari a carico dopo l’alienazione; le spese di
mantenimento erano deducibili per un ammontare mensile di lire 1.000.000
per il defunto e di lire 500.000 per ogni familiare a carico computando
soltanto i mesi interi.
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Le eventuali scritture private non autenticate venivano considerate valide solo
quando acquisivano data certa, e cioè dal giorno della loro registrazione, da
quello della morte del sottoscrittore o dal momento in cui la scrittura privata
diveniva contenuto di un atto pubblico.
L’art. 10, ora abrogato, aveva lo scopo di contrastare la diminuzione dell’attivo
ereditario, presumendo iuris et de iure che tutte le vendite effettuate in quel
periodo avessero il solo scopo di pagare un’imposta di successione più
bassa.
Ma tale supposizione si è rivelata con il tempo particolarmente punitiva,
soprattutto nei casi di morte improvvisa o di normale trasferimento di beni,
pur se effettuata nel periodo sospetto.
Sospetto, naturalmente, solo per l’Amministrazione finanziaria.
Si deve peraltro rilevare che tale disposizione non ha mai raggiunto gli effetti
sperati, in quanto, naturalmente, ad evitare una doppia imposizione, doveva
essere detratto dall’imposizione fiscale il corrispettivo di queste alienazioni
sospette, in qualunque forma esso si fosse realizzato, e pertanto, alla fine dei
conti, l’ammontare così presumibilmente e originalmente considerato evaso,
si riduceva a ben poca cosa.
Da rilevare, che in base al 2° comma di questo articolo ormai abrogato tali
disposizioni non si applicavano ai beni e ai diritti alienati in esecuzione
di contratti preliminari aventi data certa anteriore di almeno sei mesi
all’apertura della successione, a quelli alienati con atti di donazione presunta
in base all’art. 26, d.p.r. n. 131/1986 in base al quale si presumono donazioni,
con possibilità di prova contraria, i trasferimenti immobiliari anche a titolo
oneroso posti in essere tra coniugi o tra parenti in linea retta per i quali
l’ammontare complessivo dell’imposta di registro e di ogni altra imposta
dovuta per il trasferimento sia inferiore a quello delle imposte applicabili in
caso di trasferimento a titolo gratuito, a quelli espropriati per pubblica utilità
o alienati all’espropriante nel corso del relativo procedimento e a quelli alla
cui produzione o al cui scambio era diretta l’impresa esercitata dal defunto.
Abrogato l’art. 10, si ritiene conseguentemente che non siano più deducibili le
somme, i beni, e i diritti ricevuti quali corrispettivo del bene alienato.
Di parere opposto è invece l’Assonime con circ. 22.12.2000, n. 69.
Il punto più controverso di questa materia, come rileva lo Studio del Notariato
del 15.12.2006, n. 168/T, consiste nel fatto che l’abrogazione di questa norma
non è stata accompagnata, contemporaneamente, dall’eliminazione del
sistema di presunzioni ad essa collegata.
È stata sì eliminata la presunzione di integrale appartenenza al de cuius di
conti cointestati, ma sono rimaste alcune presunzioni che difficilmente si
possono considerare compatibili con l’abrogazione avvenuta e con l’imposta
ora non più progressiva ma proporzionale.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
Tra di esse, quella per cui si considerano compresi nell’attivo ereditario i titoli
di qualsiasi specie il cui reddito è stato indicato nell’ultima dichiarazione dei
redditi presentata dal defunto, salvo quanto disposto nell’art. 12, 1° comma,
lett. b) in base alla quale le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto
alienati anteriormente all’apertura della successione con atto autentico o
girata autenticata non sono compresi nell’attivo ereditario salvo il disposto
dell’art. 10 che però è stato abrogato.
Si ritiene, pertanto, presumibilmente logico pensare che, stante l’abrogazione
dell’art. 10, si debbano ritenere compresi nell’attivo ereditario i titoli di
qualsiasi specie il cui reddito sia stato indicato nell’ultima dichiarazione dei
redditi presentata dal defunto e che invece si debbano considerare esclusi
dall’attivo ereditario le azioni e i titoli nominativi intestati al defunto alienati
anteriormente all’apertura della successione con atto autenticato o girata
autenticata.
Stabilisce l’art. 13 che i beni culturali di cui agli artt. 1, 2 e 5 della l. 1.6.1939,
n. 1089 e all’art. 36 del d.p.r. 30.7.1963, n. 1409 (entrambe abrogate dal
d.lg. 29.10.1999, n. 490, abrogato a sua volta dal d.lg. 22.1.2004, n. 42) sono
esclusi dall’attivo ereditario se sono stati sottoposti al vincolo ivi previsto
anteriormente all’apertura della successione e sono stati assolti i conseguenti
obblighi di conservazione e protezione.
Con beni culturali si intende parlare, oltre che dei beni di interesse artistico,
storico, archeologico o etnoantropologico appartenenti allo Stato, alle
Regioni, agli enti pubblici territoriali, anche:
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello
Stato, delle Regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro
ente e istituto pubblico;
b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle Regioni, degli altri enti
pubblici territoriali nonché di ogni altro ente e istituto pubblico;
c)
le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle Regioni, degli altri
enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, ad
eccezione delle raccolte delle biblioteche indicate nell’art. 47, 2° comma,
d.p.r. 24.7.1977, n. 616 e di quelle ad esse assimilabili.
Sono considerati altresì beni culturali, ma solo quando sia intervenuta la
dichiarazione dell’interesse culturale di cui ora parleremo:
a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico,
archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti
a soggetti diversi da quelli indicati precedentemente;
b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono
interesse storico particolarmente importante;
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c)
le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un
interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la
storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere,
ovvero quali testimonianza dell’identità e della storia delle istituzioni
pubbliche, collettive o religiose;
e)
le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che, per tradizione,
fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica,
storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestono come
complesso un eccezionale interesse.
E ancora:
a) le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;
b) le cose di interesse numismatico che, in rapporto all’epoca, alle tecniche
e ai materiali di produzione, nonché al contesto di riferimento, abbiano
carattere di rarità o di pregio, anche storico;
c)
i manoscritti, gli autografi, i carteggi, gli incunaboli, nonché i libri, le
stampe e le incisioni, con relative matrici, aventi carattere di rarità e di
pregio;
d) le carte geografiche e gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e di
pregio;
e)
le fotografie, con relativi negativi e matrici, le pellicole cinematografiche e
i supporti audiovisivi in genere, aventi carattere di rarità e di pregio;
f)
le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;
g) le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse
artistico o storico;
h) i siti minerari di interesse storico o etnoantropologico;
i)
le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico o etnoantropologico;
l)
le architetture rurali aventi interesse storico o etnoantropologico quali
testimonianze dell’economia rurale tradizionale.
La verifica dell’interesse culturale di cui sopra è regolato dagli artt. 12 e ss. del
Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lg. 22.1.2004, n. 42).
Le cose immobili e mobili indicate nella prima parte dell’art. 10, che siano
opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga a non oltre 70 anni
sono sottoposte a verifica dell’interesse culturale.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
I competenti organi del Ministero, d’ufficio o su richiesta formulata dai soggetti
cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la
sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico
sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al
fine di assicurare uniformità di valutazione.
Qualora nelle cose sottoposte a verifica non sia stato riscontrato l’interesse
culturale, le cose medesime sono escluse dall’applicazione delle disposizioni
del Codice dei beni culturali.
Nel caso di verifica con esito negativo su cose appartenenti al Demanio dello
Stato, delle Regioni e degli altri enti pubblici territoriali, la scheda contenente
i relativi dati viene trasmessa ai competenti uffici affinché ne dispongano
la sdemanializzazione qualora, secondo le valutazioni dell’Amministrazione
interessata, non vi ostino altre ragioni di pubblico interesse.
In tal caso sono liberamente alienabili.
Qualora si accerti invece l’interesse culturale, il Sovrintendente avvia il
procedimento per la relativa dichiarazione ufficiale, anche su motivata
richiesta della Regione e di ogni altro ente territoriale interessato, dandone
comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della
cosa che ne forma oggetto.
La comunicazione contiene gli elementi di identificazione e di valutazione
della cosa risultanti dalle prime indagini, nonché l’indicazione del termine,
comunque non inferiore a 30 giorni, per la presentazione di eventuali
osservazioni.
La dichiarazione dell’interesse culturale è adottata dal Ministero e viene
notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo tramite
messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento.
Ove si tratti di cose soggette a pubblicità immobiliare o mobiliare, il
provvedimento di dichiarazione è trascritto, su richiesta del Sovrintendente,
nei relativi registri e ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario,
possessore o detentore a qualsiasi titolo.
Per tornare al nostro argomento principale, l’esclusione dall’attivo dei beni
culturali è possibile solo se i beni sono stati sottoposti al vincolo anteriormente
alla data di apertura della successione; in questo caso l’erede o il legatario
deve presentare l’inventario dei beni che ritiene non debbano essere compresi
nell’attivo ereditario, con la descrizione particolareggiata degli stessi e con
ogni notizia idonea alla loro identificazione, al competente organo periferico
del Ministero per i Beni culturali e ambientali, il quale attesta per ogni singolo
bene l’esistenza del vincolo e l’assolvimento degli obblighi di conservazione
e protezione.
L’attestazione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate in allegato alla
denuncia di successione o, se non vi sono altri beni ereditari, nel termine
stabilito per la sua presentazione.
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Denuncia di successione
Contro il rifiuto dell’attestazione è ammesso ricorso gerarchico al Ministro, il
quale decide sentito il Consiglio Nazionale per i Beni culturali e ambientali; la
decisione di accoglimento del ricorso deve essere presentata in copia, entro
30 giorni dalla sua comunicazione, all’Agenzia delle Entrate competente, che
provvede al rimborso dell’eventuale maggiore imposta pagata.
La mancata osservanza di questa procedura determina la decadenza dal
beneficio dell’esclusione dei beni dall’attivo ereditario; qualora l’attestazione
del Ministero per i beni e le attività culturali non sia rilasciata entro il termine
stabilito per la presentazione della denuncia di successione, questa può
essere prodotta dal contribuente anche successivamente, ma non oltre i tre
anni dalla data di apertura della successione.
In tal caso, l’attestazione dovrà essere allegata alla denuncia di successione.
Una volta esclusi i beni culturali dall’attivo ereditario, occorre osservare alcune
norme fondamentali a pena di decadenza dal beneficio concesso.
L’alienazione, infatti, in tutto o in parte di tali beni prima che sia decorso
un quinquennio dall’apertura della successione, la loro tentata esportazione
non autorizzata, il mutamento di destinazione degli immobili non autorizzato
e il mancato assolvimento degli obblighi prescritti per consentire l’esercizio
del diritto di prelazione da parte dello Stato, determinano, come detto,
l’inclusione dei beni nell’attivo ereditario, nel qual caso l’Amministrazione dei
Beni culturali e ambientali ne dà immediata comunicazione all’Agenzia delle
Entrate competente; dalla data di ricevimento della comunicazione inizia a
decorrere il termine per l’accertamento e la liquidazione dell’imposta come
meglio si vedrà nel paragrafo 6 del presente capitolo.
Per i territori della Regione siciliana e delle Provincie autonome di Trento
e di Bolzano agli adempimenti previsti dal presente articolo provvedono
rispettivamente la Giunta Regionale e le Giunte Provinciali.
Nel caso, infine, in cui i beni immobili culturali caduti in successione non
siano stati sottoposti al vincolo anteriormente alla data di apertura della
successione, ma lo siano successivamente, presentando un apposito attestato
rilasciato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali si potrà ottenere una
riduzione di imposta.
Naturalmente, il contribuente, per metterne al corrente l’Agenzia delle
Entrate, dovrà indicare nella dichiarazione di successione i beni immobili
culturali non vincolati compresi nell’attivo ereditario e allegare l’attestazione
rilasciata dal Ministero per i beni e le attività culturali relativa all’esistenza
delle caratteristiche previste dal d.lg. n. 42/2004 (vedi Tavole n. 14, 15, 16).
5. TERMINE DI PRESENTAZIONE E DI LIQUIDAZIONE
In base all’art. 31 la denuncia di successione deve essere presentata entro 12
mesi dalla data di apertura della successione.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
Tuttavia tale termine, in alcuni casi particolari, decorre da momenti diversi
rispetto a quello di apertura della successione.
Il termine decorre, infatti, in base al 2° comma dell’art. 31:
a) per i rappresentanti legali degli eredi o dei legatari, come ad esempio i
genitori per i figli minorenni, il tutore per gli interdetti e il curatore per gli
inabilitati, per i curatori di eredità giacenti e per gli esecutori testamentari,
dalla data, successiva a quella di apertura della successione, in cui hanno
avuto notizia legale della loro nomina;
b) nel caso di fallimento del defunto in corso alla data dell’apertura della
successione o dichiarato entro sei mesi da tale data, o, anche, nel caso
in cui il defunto si trovi in concordato preventivo o in liquidazione coatta
amministrativa, dalla data di chiusura del fallimento o della procedura
concorsuale in corso;
c)
nel caso di dichiarazione di assenza o di morte presunta, dalla data
di immissione nel possesso dei beni o, in mancanza, se non vi è stata
anteriore immissione nel possesso dei beni, dalla data in cui è divenuta
eseguibile la sentenza dichiarativa di morte presunta;
d) nel caso di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, se avvenuta
entro i 12 mesi dalla data di apertura della successione, la decorrenza
scatta dalla scadenza del termine per la formazione dell’inventario;
e)
dalla data della rinuncia all’eredità o al legato o dall’evento relativo al
trasferimento di immobili aventi particolare importanza culturale che
vengono inclusi nell’attivo ereditario che dia luogo a mutamento della
devoluzione dell’eredità o del legato o ad applicazione dell’imposta in
misura superiore o dalla diversa data in cui l’obbligato dimostri di averne
avuto notizia;
f)
dalla data delle sopravvenienze ereditarie consistenti in un aumento
dell’asse ereditario verificatosi in un momento successivo alla data di
apertura della successione a seguito di atti o fatti già esistenti prima
dell’apertura della successione;
g) per gli enti che non possono accettare l’eredità o il legato senza la
preventiva autorizzazione, purché la relativa domanda sia stata presentata
entro sei mesi dall’apertura della successione, dalla data in cui hanno
avuto notizia legale dell’autorizzazione;
h) per gli enti non ancora riconosciuti, purché sia stata presentata domanda
di riconoscimento e di autorizzazione all’accettazione entro un anno dalla
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Denuncia di successione
data di apertura della successione, dalla data in cui hanno avuto notizia
legale del riconoscimento e dell’autorizzazione.
Fino alla scadenza del termine, la denuncia di successione può essere
modificata, corretta o rettificata osservando le disposizioni di cui agli artt. 28,
29 e 30 aventi per oggetto la denuncia di successione, il suo contenuto e i
relativi allegati.
La presentazione a un’Agenzia delle Entrate diversa da quella competente si
considera avvenuta nel giorno in cui la dichiarazione è pervenuta all’Agenzia
delle Entrate competente.
Resta inteso che, qualora tale dichiarazione sia presentata a un Ufficio
non competente, questi dovrà nel più breve tempo possibile comunicarlo
all’Ufficio competente o al contribuente perché provveda in modo adeguato.
La normativa relativa alla dichiarazione di successione irregolare, incompleta
o infedele è regolata dall’art. 32.
Una volta presentata la denuncia di successione, sarà l’Agenzia delle Entrate
a liquidare l’imposta in base alla dichiarazione ricevuta, anche se presentata
dopo la scadenza del termine ma prima che sia stato notificato l’accertamento
d’ufficio, tenendo conto anche delle dichiarazioni integrative o modificative
già presentate.
Se nella dichiarazione di successione e nella dichiarazione sostitutiva o
integrativa sono indicati beni immobili e diritti reali sugli stessi, gli eredi
e i legatari devono provvedere nei termini di legge alla liquidazione e al
versamento delle imposte ipotecaria, catastale, di bollo e degli altri accessori.
Al momento della liquidazione, l’Ufficio provvede a correggere gli errori
materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione della
base imponibile e ad escludere:
a) le passività esposte nella dichiarazione per le quali non ricorrono le
condizioni di deducibilità previste dalla legge o eccedenti i limiti di
deducibilità nonché gli oneri non deducibili;
b) le passività e gli oneri esposti nella dichiarazione che non risultano dai
documenti prodotti in allegato o su richiesta dell’Ufficio;
c)
le riduzioni e le detrazioni indicate nella dichiarazione non previste dalla
normativa o non risultanti dai documenti prodotti in allegato o su richiesta
dell’Ufficio.
Queste disposizioni si applicano anche per la riliquidazione dell’imposta in
base a dichiarazione sostitutiva e per la liquidazione della maggiore imposta
in base a dichiarazione integrativa.
L’accertamento d’ufficio può avvenire entro 2 anni dalla data in cui è stata
notificata la liquidazione dell’imposta principale.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
Una volta effettuato il controllo della base imponibile e calcolata l’imposta,
qualora l’Agenzia delle Entrate competente ritenga che la dichiarazione
di successione sia incompleta o infedele, può notificare entro il termine
di decadenza di due anni, decorrenti dalla data in cui è stata notificata la
liquidazione dell’imposta principale, l’avviso di accertamento per rettificare i
valori o i criteri di valutazione utilizzati dal contribuente.
Le correzioni e le esclusioni effettuate dall’Agenzia delle Entrate devono
essere motivate nell’avviso di liquidazione e possono formare oggetto di
contenzioso.
Come detto, l’imposta di successione viene liquidata dall’Agenzia delle Entrate
in base alla dichiarazione presentata e viene nuovamente liquidata in caso di
successiva presentazione di dichiarazione sostitutiva o integrativa.
La liquidazione deve essere notificata, mediante avviso, entro il termine
di decadenza di 3 anni dalla data di presentazione della dichiarazione di
successione o della dichiarazione sostitutiva o integrativa.
Successivamente, l’Agenzia delle Entrate, se ritiene che la dichiarazione
principale o quella sostitutiva o integrativa sia incompleta o infedele, procede
alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta.
La rettifica deve essere notificata mediante avviso entro il termine di decadenza
di due anni dal pagamento dell’imposta principale.
Se la dichiarazione di successione è stata omessa, l’importo è accertato e
liquidato d’ufficio.
Se è stata omessa la dichiarazione sostitutiva o la dichiarazione integrativa,
si procede ugualmente d’ufficio alla riliquidazione dell’imposta o alla
liquidazione della maggiore imposta.
L’avviso, in questo caso, deve essere notificato entro il termine di decadenza
di 5 anni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione
omessa.
Se nella liquidazione vi sono errori o omissioni, l’Agenzia delle Entrate può
provvedere alla correzione e liquidare la maggiore imposta che risulta dovuta.
Il relativo avviso deve essere notificato entro il termine di decadenza stabilito
per la liquidazione alla quale si riferisce la correzione.
L’imposta è dovuta anche se la dichiarazione è presentata oltre il termine di
decadenza di 5 anni; in questo caso le disposizioni di legge sopra esaminate
si applicano anche in relazione a tale dichiarazione.
L’imposta di successione può essere principale, complementare, suppletiva.
È principale quella che viene liquidata dall’Agenzia delle Entrate in base alla
dichiarazione di successione presentata, e il pagamento deve avvenire entro
60 giorni dalla notifica.
È complementare l’imposta liquidata dall’Agenzia delle Entrate a seguito di
accertamento o di rettifica, e anche in questo caso il pagamento deve avvenire
entro 60 giorni dalla relativa notifica.
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Denuncia di successione
È suppletiva, infine, l’imposta liquidata per correggere errori o omissioni
di una precedente liquidazione, e anche in questo caso il pagamento deve
avvenire entro 60 giorni dalla notifica.
Quindi, per riassumere, il termine di decadenza per la liquidazione è di 3 anni
quando è relativa alla presentazione della denuncia di successione o della
dichiarazione sostitutiva o integrativa, mentre invece è di 2 anni dal pagamento
dell’imposta principale se è relativa alla rettifica della dichiarazione sostitutiva
o integrativa. L’avviso di liquidazione deve essere notificato entro il termine
di decadenza di 5 anni dalla scadenza del termine per la presentazione della
dichiarazione omessa.
Abbiamo sopra visto come anche nel caso di dichiarazione tardiva, cioè
presentata oltre i 5 anni dalla data di scadenza per la presentazione, il
contribuente sia tenuto ugualmente a pagare le normali imposte senza però
interessi in quanto ad essi non fa riferimento alcuna norma.
Esaminiamo infine la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta così
come regolate dall’art. 34.
L’Agenzia delle Entrate, se ritiene che la dichiarazione di successione o la
dichiarazione sostitutiva o integrativa sia incompleta o infedele, provvede con
lo stesso atto alla rettifica e alla liquidazione della maggiore imposta, con gli
interessi dalla data di notificazione della liquidazione dell’imposta principale.
L’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta deve contenere:
la descrizione dei beni o diritti non dichiarati, con l’indicazione del valore
attribuito a ciascuno di essi o del maggior valore attribuito a ciascuno dei
beni o diritti dichiarati; l’indicazione delle donazioni anteriori non dichiarate
e del relativo valore, o del maggior valore attribuito a quelle dichiarate;
l’indicazione dei criteri seguiti nella determinazione dei valori a norma di legge;
l’indicazione delle passività e degli oneri ritenuti in tutto o in parte inesistenti,
con la specificazione degli elementi di prova contraria alle attestazioni e agli
altri documenti prodotti dal dichiarante.
La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che
lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento a un altro atto non
conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto
che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduceva il contenuto
essenziale.
L’accertamento è nullo se non sono osservate queste disposizioni.
Il valore dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari è determinato
dall’Agenzia delle Entrate avendo riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo
e alle divisioni e perizie giudiziarie anteriori di non oltre tre anni alla data di
apertura della successione che hanno avuto per oggetto gli stessi immobili
o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui
gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla
detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni fornite dai
Comuni.
Per la determinazione del valore delle aziende, dei diritti reali su di esse e delle
azioni o quote di cui all’art. 16, lett. b) già sopra esaminato, l’Agenzia delle
Entrate può tener conto anche degli accertamenti relativi ad altre imposte e
può procedere ad accessi, ispezioni e verifiche secondo le disposizioni relative
all’imposta sul valore aggiunto.
Non è sottoposto a rettifica il valore degli immobili iscritti in catasto con
attribuzione di rendita qualora sia dichiarato in misura non inferiore, sia per
i terreni che per i fabbricati a quello che risulta moltiplicando la rendita per i
coefficienti di legge di cui alla Tavola n. 28.
Tale disposizione non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici
prevedono la destinazione edificatoria.
Per i fabbricati dichiarati per l’iscrizione nel catasto edilizio ma non ancora
iscritti alla data di presentazione della dichiarazione di successione, la
disposizione sopra indicata si applica a condizione:
a) che la volontà di avvalersene sia espressamente manifestata nella denuncia
di successione;
b) che in allegato alla domanda di voltura catastale, che in tal caso non può
essere inviata per posta, sia presentata specifica istanza di attribuzione
di rendita recante l’indicazione degli elementi di individuazione del
fabbricato e degli estremi della dichiarazione di successione;
c)
che la ricevuta, rilasciata dall’ufficio tecnico entro il termine perentorio di
60 giorni dalla presentazione della denuncia di successione, sia prodotta
all’Agenzia delle Entrate, la quale ne restituisce un esemplare con
l’attestazione dell’avvenuta produzione.
L’Ufficio Tecnico Erariale, entro 10 mesi dalla presentazione dell’istanza
di attribuzione della rendita, invia all’Agenzia delle Entrate un certificato
attestante l’avvenuta iscrizione in catasto del fabbricato e la rendita attribuita;
se l’imposta era già stata liquidata in base al valore indicato nella denuncia
di successione e tale valore risulta inferiore a quello indicato dalla normativa
al momento vigente o al corrispondente valore della nuda proprietà del
diritto reale di godimento, l’Agenzia delle Entrate, nel termine di decadenza
di due anni dal pagamento dell’imposta principale liquida la maggiore
imposta aumentata degli interessi dalla data di notificazione della precedente
liquidazione, senza applicazione di sanzioni.
Da rilevare che le modifiche dei coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi
hanno effetto per le successioni aperte dal quindicesimo giorno successivo a
quello di pubblicazione dei relativi decreti ministeriali.
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Denuncia di successione
Le modifiche dei moltiplicatori via via stabiliti nel tempo hanno effetto
per le successioni aperte dal quindicesimo giorno successivo a quello di
pubblicazione del decreto con il quale sono disposte.
Soggetti passivi del pagamento dell’imposta di successione sono gli eredi e
i legatari.
Gli eredi, in particolare, sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta
nell’ammontare complessivamente dovuto sia da loro che dai legatari.
Il coerede che ha accettato l’eredità con beneficio di inventario è obbligato
solidalmente al pagamento, nel limite, però, del valore della propria quota
ereditaria.
Non è tenuto pertanto al pagamento dei debiti ereditati e dei legati oltre al
valore dei beni a lui pervenuti.
In ogni caso, l’ammontare complessivo delle imposte di successione e di
trascrizione, dei diritti catastali e delle relative penali non può ripetersi in
misura superiore al valore dei beni sui quali le tasse, sovrattasse, diritti e
penali si riferiscono al netto delle passività deducibili.
Gli eredi sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta
complessivamente dovuta.
Questo vincolo di solidarietà passiva nei confronti del Fisco, che prescinde
dalla quota di eredità effettivamente ricevuta da ciascun erede, è stato
aspramente criticato in dottrina (De Mita) in quanto in palese contrasto con il
dettato dell’art. 53 Cost. che pone il principio dell’uguaglianza nella capacità
contributiva.
Anche la Corte d’Appello di Roma, in data 26.3.1979, ha rimesso l’esame
della norma alla Corte costituzionale, rilevandone la sua profonda ingiustizia
e incostituzionalità, in quanto gli attuali meccanismi giuridici di difesa
predisposti dall’ordinamento nei confronti dei condebitori, consistenti
sostanzialmente nell’esercizio dell’azione di regresso, non possono dare a
colui che ha pagato per tutti la garanzia effettiva e concreta di poter ricevere
in restituzione quanto versato anche per gli altri, venendosi concretamente a
creare una situazione in palese contrasto, come detto, con l’art. 53, 1° comma,
Cost. in base al quale l’obbligazione tributaria deve essere commisurata alla
capacità contributiva di ogni singolo contribuente.
Fino a quando l’eredità non sia stata ancora accettata, o non sia stata
accettata da tutti i chiamati, i chiamati all’eredità, o quelli che non hanno
ancora accettato, e gli altri soggetti obbligati alla dichiarazione di successione,
esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore
dei beni ereditari rispettivamente posseduti.
Ai sensi dell’art. 58, d.p.r. n. 131/1986 i soggetti che però hanno pagato
l’imposta vengono surrogati in tutte le ragioni, azioni e privilegi spettanti
all’Amministrazione finanziaria nei confronti degli altri coeredi.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
Precisa comunque la Cassazione, con sentenza del 28.10.1995, n. 11320, che i
chiamati all’eredità sono tenuti al pagamento dell’imposta di successione solo
se abbiano il possesso dei beni, indipendentemente dall’accettazione.
Nel caso, invece, in cui non ne abbiano il possesso, non si può ipotizzare
alcuna imposizione fiscale.
L’Agenzia delle Entrate può chiedere la fissazione di un termine per
l’accettazione dell’eredità o, nel caso di mancata accettazione, la nomina di
un curatore dell’eredità giacente ai sensi dell’art. 528.
I legatari sono obbligati al pagamento dell’imposta in relazione ai rispettivi
legati. Non rispondono pertanto solidalmente come gli eredi ma solo
proporzionalmente al legato ricevuto.
6. DILAZIONE DI PAGAMENTO E PRESCRIZIONE
Coloro che sono obbligati al pagamento dell’imposta di successione hanno
la possibilità di eseguire il pagamento dell’imposta dovuta, delle sovrattasse,
delle pene pecuniarie e degli interessi, nel limite dell’80%, in rate annuali
posticipate.
Al contribuente può essere infatti concesso di eseguire il pagamento,
nella misura non inferiore al 20%, entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di
liquidazione e per il rimanente importo in rate annuali posticipate.
La dilazione, che va richiesta contestualmente ai predetti pagamenti, non
può estendersi oltre il quinto anno successivo a quello dell’apertura della
successione e viene accordata entro 90 giorni dalla data della richiesta.
Bisogna presentare all’Agenzia delle Entrate competente entro 60 giorni
dalla data in cui è stato notificato l’avviso di liquidazione per il pagamento
dell’imposta principale, complementare e suppletiva, un’apposita richiesta
con l’indicazione delle garanzie offerte nonché versare la quota dei diritti e
dei tributi non dilazionabili.
Sugli importi dilazionati sono dovuti, con decorrenza dalla data di concessione
della dilazione, gli interessi a scalare nella misura determinata con decreto del
Ministro delle Finanze.
La dilazione è concessa a condizione che sia stata prestata idonea garanzia
mediante ipoteca o cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato al valore
di borsa, o fideiussione rilasciata da istituto o azienda di credito o polizza
fideiussoria rilasciata da impresa di assicurazioni autorizzata.
Gli atti e le formalità relativi alla costituzione e all’estinzione di queste garanzie
sono soggetti all’imposta di registro e ipotecaria in misura fissa.
È previsto l’atto pubblico qualora sia offerta un’ipoteca sugli immobili caduti
in successione.
All’atto notarile dovrà intervenire il direttore dell’Agenzia delle Entrate da una
parte e gli eredi dall’altra.
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Denuncia di successione
In esso devono essere espressamente indicati:
a) l’importo che viene rateizzato;
b) il numero degli anni della rateizzazione;
c)
la rata annuale da pagare per capitale e interessi;
d) gli immobili da sottoporre a ipoteca nonché il relativo importo.
Nel caso in cui la garanzia sia prestata mediante polizza fideiussoria non
occorre l’atto notarile e si può far ricorso a una scrittura privata.
Oltre a questo tipo di dilazione, detta facoltativa, in quanto l’Agenzia
delle Entrate può, a sua discrezione, concederla o meno, vi è poi un caso
di dilazione obbligatoria, che non può essere rifiutata, e che si ha quando
il contribuente offre di costituire ipoteca su tutti i beni e i diritti caduti in
successione, purché il loro valore sia superiore di almeno un terzo rispetto
all’importo da dilazionare.
Il contribuente, salva l’applicazione delle sanzioni stabilite per il ritardo
nel pagamento, decade dal beneficio della dilazione se non provvede al
pagamento delle rate scadute entro 60 giorni dalla notificazione di apposito
avviso da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Tale scadenza non impedisce però all’Amministrazione di concedere una
nuova dilazione nel pagamento dell’imposta dovuta.
Il credito dell’Amministrazione finanziaria per l’imposta definitivamente
accertata si prescrive in 10 anni.
Da rilevare, che gli eredi e i legatari, in pagamento totale o parziale dell’imposta
di successione, delle relative imposte ipotecaria e catastale, degli interessi e
delle sanzioni amministrative, possono proporre la cessione allo Stato di beni
culturali vincolati o non vincolati, di cui all’art. 13, e di opere di autori viventi
o eseguite da non più di 50 anni.
In questo caso, la proposta di cessione, contenente la descrizione dettagliata
dei beni offerti con l’indicazione dei relativi valori e corredata da idonea
documentazione, deve essere sottoscritta a pena di nullità da tutti gli eredi
o dal legatario e presentata al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e
all’Agenzia delle Entrate competente nel termine previsto dall’art. 37 e cioè
entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di liquidazione.
La presentazione della proposta interrompe il termine.
La Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali attesta per ogni singolo
bene l’esistenza delle caratteristiche previste dalla normativa vigente e
dichiara, qualora sussista, l’interesse dello Stato ad acquisirli.
Le condizioni e il valore della cessione sono però stabiliti con Decreto del
Ministro per i Beni Culturali e Ambientali, di concerto con il Ministro delle
Finanze sentita un’apposita commissione nominata con Decreto del Ministro
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
per i Beni Culturali e Ambientali, presieduta dal Ministro o da un suo
delegato e composta da due rappresentanti del Ministero per i Beni Culturali
e Ambientali, da due rappresentanti del Ministero delle Finanze e da un
rappresentante del Ministero del Tesoro.
Il proponente può chiedere di essere sentito dalla commissione personalmente
o a mezzo di un suo delegato.
Il relativo decreto è emanato entro 6 mesi dalla data di presentazione della
proposta di cessione ed è notificato al richiedente.
Entro due mesi dalla data di notificazione del decreto, il proponente notifica
al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, a pena di decadenza, la propria
accettazione con firma autenticata.
Il relativo decreto e la dichiarazione di accettazione costituiscono titolo per
la doppia trascrizione nei registri immobiliari, una a favore dell’erede o del
legatario e l’altra a favore dello Stato.
Nel caso, invece, di beni mobili, questi devono essere consegnati entro i 30
giorni successivi alla notificazione dell’accettazione.
Gli eredi o i legatari, ai fini dell’estinzione del debito tributario, devono
produrre all’Agenzia delle Entrate competente, entro 60 giorni dalla
dichiarazione di accettazione, le copie autentiche della stessa e del decreto
recante l’indicazione del valore dei beni ceduti.
Se il valore dei beni ceduti è inferiore all’importo delle imposte e degli
accessori, il cedente è obbligato ovviamente a pagare la differenza; se il valore
è invece superiore, non ha diritto ad alcun rimborso.
L’eventuale differenza deve essere corrisposta entro 60 giorni dalla produzione
all’Ufficio della copia autentica della dichiarazione di accettazione e del
decreto recante l’indicazione del valore dei beni ceduti.
Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali di concerto con il Ministro delle
Finanze, se l’Amministrazione dello Stato non intende acquisire il bene offerto
in cessione, dichiara con decreto di non accettare la proposta.
Della mancata cessione il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali dà
immediata comunicazione all’Agenzia delle Entrate e al proponente; dalla
data di ricevimento della comunicazione decorre il termine di 60 giorni per il
pagamento delle somme dovute con applicazione degli interessi nella misura
legale decorrenti dalla scadenza del termine previsto dall’art. 31, 1° comma e
cioè 12 mesi dalla data di apertura della successione.
Anche nel caso in cui sia stata ottenuta la dilazione del pagamento dell’imposta
di successione, ha chiarito la ris. min. 24.9.2002, n. 308/E, è possibile effettuare
il pagamento mediante cessione di beni culturali in alternativa al pagamento
delle rate non ancora scadute con contestuale pagamento degli interessi
compensativi già inclusi e senza pagamento degli interessi moratori che
sarebbero dovuti dopo la scadenza delle rate.
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Denuncia di successione
Da rilevare che il pagamento dell’imposta di successione a mezzo cessione di
beni culturali può avvenire solo se questi ultimi facevano parte del patrimonio
del de cuius.
Nel caso particolare in cui, successivamente alla presentazione della denuncia
di successione, gli eredi dichiarino l’appartenenza di un bene culturale al
patrimonio del de cuius e la volontà di effettuare il pagamento a mezzo di esso,
l’Agenzia delle Entrate deve procedere a una nuova liquidazione sospendendo
il pagamento in attesa della decisione interministeriale così come previsto
dalla Commissione tributaria centrale con decisione del 2.4.2003, n. 2614.
7. SANZIONI
Concludiamo questo capitolo relativo alla denuncia di successione, pieno di
dati tecnici e di nozioni, indispensabili però per potersi almeno inizialmente
orientare nella complessa normativa relativa a questo argomento, con le
sanzioni poste dal Capo VIII (artt. 50-54).
Stabilisce l’art. 50 che chi omette di presentare la dichiarazione di successione,
quella sostitutiva o integrativa è punito con la sanzione amministrativa dal
120% al 240% dell’imposta liquidata o riliquidata d’ufficio. Se non è dovuta
imposta si applica la sanzione amministrativa da euro 258,00 a euro 1.032,00.
L’art. 51 regola l’infedeltà della dichiarazione e stabilisce che chi omette
l’indicazione di dati o elementi rilevanti per la liquidazione o riliquidazione
dell’imposta o li indica in maniera infedele, ovvero espone passività in tutto
o in parte inesistenti, è punito con sanzione amministrativa dal 100% al 200%
della differenza di imposta.
La stessa sanzione si applica, con riferimento all’imposta corrispondente,
a chi rilascia o sottoscrive attestazioni o altri documenti rilevanti per la
determinazione delle passività deducibili contenenti dati o elementi non
rispondenti al vero.
Tale sanzione non si applica relativamente all’imposta corrispondente al
maggior valore definitivamente accertato dei beni e dei diritti diversi da
quelli indicati nell’art. 34, 5° comma, e cioè a quelli non sottoposti a rettifica
in quanto indicati mediante moltiplicazione della rendita catastale con
i coefficienti stabiliti dal Ministero, se il valore accertato non supera di un
quarto quello dichiarato.
Se l’omissione o l’infedeltà attengono a dati o elementi non incidenti sulla
determinazione del tributo, si applica la sanzione da euro 258,00 a euro 1.032,00.
La stessa sanzione si applica per la mancata allegazione alle dichiarazioni dei
documenti prescritti o dei prospetti rilevanti ai fini della liquidazione delle
imposte ipotecarie e catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie e dell’imposta
sostitutiva di quella comunale sull’incremento di valore degli immobili, ovvero
nel caso di inesattezza o di irregolarità dei prospetti medesimi.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
La sanzione è ridotta alla metà se si provvede alla regolarizzazione nel termine
di 60 giorni dalla richiesta dell’Agenzia delle Entrate.
L’art. 52 relativo all’omissione e tardività del pagamento è stato abrogato
dall’art. 2, 1° comma, lett. h), d.lg. 18.12.1997, n. 473 con effetto dall’1.4.1998.
Si applica, pertanto, per l’omesso, insufficiente o tardivo versamento, la
sanzione generalmente prevista pari al 30% di ogni importo non versato o
versato in ritardo anche nel caso di mancato o insufficiente versamento dei
tributi autoliquidabili connessi all’imposta di successione, e cioè le imposte
ipotecaria e catastale, di bollo e le tasse ipotecarie con riduzione delle sanzioni
nel caso di ravvedimento operoso di cui all’art. 13, d.lg. n. 472/1997.
L’art. 53 regola le sanzioni relative ad altre violazioni.
In particolare, l’erede o il legatario al quale sono stati devoluti beni culturali è
punito, nei casi previsti nell’art. 13, 4° comma, con la sanzione amministrativa
dal 100% al 200% dell’imposta o della maggiore imposta dovuta ai sensi
dell’art. 32 o dell’art. 35, in dipendenza dell’inclusione dei beni nell’attivo
ereditario o dell’esclusione della riduzione d’imposta di cui all’art. 25, 2°
comma.
Chi viola i divieti stabiliti dall’art. 48, 2°-4° comma, o non adempie all’obbligo di
cui al 5° comma dello stesso articolo, è punito con la sanzione amministrativa
dal 100% al 200% dell’imposta o della maggiore imposta dovuta in relazione
ai beni e ai diritti ai quali si riferisce la violazione.
In caso di violazione delle disposizioni di cui all’art. 48, 6° comma, i soggetti
ivi indicati o quelli indicati nel successivo 7° comma, nonché i concedenti o i
depositari, sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 258,00 a euro
2.065,00, del pari applicabile a chi:
a) non ottempera alle richieste dell’Ufficio o comunica dati incompleti o
infedeli;
b) dichiara di non possedere, rifiuta di esibire o sottrae all’ispezione
documenti o scritture, ancorché non obbligatorie, dei quali risulti con
certezza l’esistenza;
c)
rifiuta di sottoscrivere l’attestazione di cui all’art. 23, 3° comma, di
consegnare agli obbligati alla dichiarazione i titoli delle passività o non
permette che ne sia fatta copia autentica, di consegnare o di rilasciare
agli stessi gli estratti e le copie autentiche di cui all’art. 23 e all’art. 30, 1°
comma.
La sanzione sopraindicata, di cui al 2° e 3° comma dell’art. 53, è raddoppiata
per la violazione di obblighi o di divieti posti a carico di pubblici ufficiali o di
pubblici impiegati, ovvero di banche, società di credito o di intermediazione
o dell’ente Poste Italiane.
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Denuncia di successione
Fino a prova contraria, si presume che autori della violazione siano i legali
rappresentanti delle banche, società o enti.
Nell’art. 54, infine, relativo alla determinazione della sanzione pecuniaria, è
stabilito che nella determinazione della sanzione commisurata all’imposta
o alla maggiore imposta, questa è assunta al netto delle riduzioni e delle
detrazioni di cui agli artt. 25 e 26.
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IL TRASFERIMENTO DEL PATRIMONIO
8. MATERIALI OPERATIVI
TAV. n. 28
Coefficienti arrotondati per eccesso
Tipologia
1) Terreni
2) Fabbricati
categoria
non edificabili
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edificabili
nessun coefficiente
C/1 – E
43
A10 – D
63
Altre
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coefficiente
I casa
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non I casa
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