IL RECUPERO DEI CREDITI NELLA PRATICA AZIENDALE

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IL RECUPERO DEI CREDITI NELLA PRATICA AZIENDALE
IL RECUPERO DEI CREDITI NELLA PRATICA AZIENDALE
Sommario
1. Introduzione
2. Il recupero stragiudiziale
3. Il titolo esecutivo
4. Il pignoramento mobiliare
5. Il pignoramento dei crediti
6. L'esecuzione forzata sugli immobili
7. Le procedure concorsuali
8. Il trattamento fiscale delle perdite su crediti
9. Conclusioni
1. Introduzione
Il credito è uno degli strumenti cardine su cui si fonda
l'economia contemporanea, sia sul piano macroeconomico che
microeconomico.
Nel primo caso, che esula dagli ambiti del presente lavoro, il
credito concerne essenzialmente i prestiti concessi fra gli
Stati e gli interventi di finanziamento da parte di organismi
finanziari sovranazionali (F.M.I., B.E.I., ecc.) a favore di
singole nazioni o di settori economici transnazionali.
Il secondo caso invece comprende una moltitudine di rapporti
creditori rientranti nell'ambito del diritto privato che si
instaurano e si estinguono ogni giorno, quali ad esempio: le
vendite fra imprese con pagamento dilazionato, il finanziamento
del credito al consumo, le vendite rateali e l'accensione di
mutui ipotecari.
Giova ricordare che nella concezione economica liberale
classica lo strumento del credito è rivestito di una
connotazione intrinsecamente negativa in quanto consente di
vendere beni e servizi a chi, all'atto dell'acquisto, non è in
grado di pagarli e pertanto non avrebbe alcun titolo per
poterne fruire.
L'ulteriore riflessione che l'acquirente presumibilmente potrà
pagare il proprio acquisto in un futuro più o meno prossimo,
con flussi di reddito che forse produrrà e forse non consumerà,
fa aumentare, esercitando un poderoso effetto di leva, l'alea
di rischio insita in ogni attività imprenditoriale, a discapito
dell'interesse dell'imprenditore il quale invece ha l'obiettivo
di massimizzare i profitti sottoponendosi al minor rischio
possibile.
Per contro la crescente concorrenza dei mercati e le pressanti
istanze socio-economiche dell'economia di massa pongono le
imprese nella necessità di accordare credito su larga scala pur
di aumentare la clientela ed incrementare in misura sensibile
le vendite.
L'azienda quindi, dovendo necessariamente adattarsi alle
condizioni imposte dal mercato, si presta alla concessione del
credito pur nella consapevolezza del rischio di conseguire
delle perdite di denaro.
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Al fine di dimensionare tale rischio al livello ottimale
l'imprenditore accorto pianifica un'efficace politica di
concessione del credito analizzando i seguenti parametri di
valutazione:
1) la situazione economica generale;
2) la situazione congiunturale del settore in cui opera;
3) la dinamica dei tassi di interesse;
4) le risorse economiche e finanziarie disponibili;
5) la situazione specifica di ogni singolo cliente.
Formulando un'attenta strategia basata sulla selezione e sulla
classificazione dei debitori in base alla presunta solvibilità
è pertanto possibile determinare le dilazioni di pagamento da
accordare a ciascun cliente, gli sconti per pagamenti pronta
cassa e gli interessi impliciti sul credito concesso.
Del resto l'esperienza maturata nel settore bancario in circa
seicento anni di storia e progressivamente trasferita nel corso
degli ultimi due secoli nel mondo delle imprese industriali,
commerciali e di servizi, ha dimostrato inequivocabilmente che
la prevenzione dell'inadempimento del debitore è l'obiettivo
prioritario da perseguire per minimizzare il rischio del
creditore e per contenere i costi.
Purtroppo però talvolta si verifica che, anche dopo aver
valutato attentamente in via preventiva l'affidabilità dei
propri interlocutori in affari, questi si rivelano
successivamente inadempienti rispetto agli impegni assunti.
Essenzialmente le ragioni che determinano tali mancati
pagamenti alle scadenze concordate possono essere ricondotte
alle seguenti cinque categorie tipicizzate:
a) il debitore contesta il prodotto o il servizio ricevuto;
b) il debitore contesta il prezzo applicato;
c) il debitore non accetta (o ha difficoltà ad utilizzare) il
sistema di pagamento adottato;
d) il debitore si trova in sopravvenute difficoltà finanziarie;
e) il debitore tenta di procrastinare o di evitare il pagamento
per conseguire propri vantaggi economico-finanziari.
Ciascuna di queste problematiche, che essendo profondamente
diverse fra loro devono necessariamente essere affrontate in
modo differenziato, può trasformare un credito ordinario in un
credito in sofferenza.
Il primo passo nella direzione di una soluzione di pagamento
accettabile da ambo le parti può essere normalmente di natura
tecnica (fattispecie a), commerciale (fattispecie b) o
amministrativa (fattispecie c) ed in genere, se il problema
viene affrontato con reciproca ragionevolezza, si perviene
abbastanza rapidamente allo sblocco del credito incagliato.
Nei casi più ostici invece, oltre che nelle fattispecie più
gravi (d ed e), occorrerà agire prontamente e risolutamente per
tentare di recuperare quanto dovuto, dopo aver valutato con
cura quale sia la procedura di recupero più efficace e più
conveniente da adottare.
I quattro parametri che il creditore dovrà prendere in esame a
tale scopo sono i seguenti:
1) l'ammontare del credito;
2) il costo del recupero;
3) il tempo necessario per il recupero;
4) la situazione finanziaria e patrimoniale del debitore.
E' evidente che ogni credito in sofferenza ha delle proprie
specificità ed alla luce di queste va trattato, tuttavia in
linea generale si ritiene che i crediti di ammontare elevato
vantati nei confronti di debitori con situazioni finanziarie e
patrimoniali non eccessivamente compromesse giustifichino il
ricorso anche a procedure di recupero lunghe e costose.
Al contrario nel caso di crediti di importo modesto, ovvero
trovandosi di fronte a debitori assolutamente privi di
solvibilità e di coperture patrimoniali, può risultare più
efficiente attivare delle procedure di recupero alquanto
semplici e poco onerose, o addirittura rassegnarsi a subire la
perdita del credito desistendo in partenza da ogni tentativo
che ragionevolmente appaia senza speranze.
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2. Il recupero stragiudiziale
Le tecniche stragiudiziali di recupero, variamente articolate
nelle loro diverse forme, costituiscono in genere il primo
tentativo che l'impresa effettua per cercare di recuperare il
credito in sofferenza senza doversi far carico di costi
elevati.
L'esperienza peraltro dimostra che tali tecniche, se
tempestivamente ed opportunamente applicate, in genere sono in
grado di risolvere la maggior parte dei casi di crediti di
piccoli e medi importi incagliati in modo non patologico.
La prima fase del recupero stragiudiziale, che di norma viene
svolta internamente all'azienda creditrice avvalendosi di
proprio personale amministrativo, è piuttosto semplice e poco
onerosa: il creditore, presa visione del credito scaduto, dà
inizio al recupero spedendo al cliente un estratto conto che
evidenzi le partite aperte e facendolo seguire, a distanza di
qualche giorno dalla data di presumibile ricevimento, da una
chiamata telefonica di sollecito, cortese ma ferma.
Se a questa non dovesse seguire il pagamento entro un
ragionevole lasso temporale (10 - 15 giorni) si invierà una
prima formale lettera di sollecito, di tono autorevole e con
contenuti circostanziati, anch'essa seguita da una chiamata
telefonica.
Giunti a questo punto il debitore può assumere quattro
diversi atteggiamenti:
a) paga (immediatamente o ratealmente) quanto dovuto;
b) adduce delle scuse nel tentativo di ridurre l'ammontare
della
somma dovuta o di procrastinare il pagamento;
c) dichiara che non può o non vuole pagare;
d) ignora i solleciti ricevuti e non dà alcuna risposta.
Nel caso (a) il problema si è risolto in modo sostanzialmente
indolore per ambo le parti.
Nel caso (b) occorre invece saper valutare con obiettività la
fondatezza e la legittimità delle argomentazioni addotte dal
debitore, riconoscendogli le sue eventuali ragioni (ad esempio
la merce era in parte difettosa ed ha già provveduto a
renderla) e privilegiando, ove ce ne sia la concreta
possibilità, una soluzione transattiva della controversia in
tempi rapidi.
Nel caso in cui le scuse siano assolutamente pretestuose,
oltre che nei casi (c) e (d), è fondamentale che il cliente sia
portato a conoscenza che il mancato adempimento non resterà
certamente privo di conseguenze a suo carico.
A tale scopo si invia una seconda lettera di sollecito a mezzo
raccomandata A.R. nella quale, con tono autorevole, si rendono
note al debitore le ragioni (e gli eventuali titoli) che
giustificano la sussistenza del credito, informandolo delle
ulteriori iniziative che seguiranno (ad esempio: blocco delle
consegne di merce, passaggio della pratica al legale, protesto
dell'assegno insoluto, istanza di fallimento, ecc.) se non farà
fronte alla propria obbligazione.
Qualora, neppure dopo questa seconda lettera, il debitore si
renda disponibile in tempi ragionevoli a concordare una
soluzione accettabile da ambo le parti, occorre passare alla
seconda fase del recupero stragiudiziale secondo la seguente
gradazione di intervento:
1) tentare immediatamente di ottenere dal debitore dei titoli
esecutivi (cambiali, assegni) o delle garanzie a suo favore
rilasciate da terzi (fidejussioni, avalli) che agevoleranno
il proseguimento dell'attività di recupero e ne abbrevieranno
sensibilmente i tempi;
2) affidare la pratica ad un'agenzia specializzata nel recupero
crediti;
3) affidare la pratica ad un legale.
I tre interventi descritti non sono necessariamente
alternativi tra loro ma piuttosto sinergici: si consideri
infatti che, nel caso in cui il creditore riesca ad entrare in
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possesso di titoli esecutivi o di valide garanzie del proprio
credito, l'intervento di recupero stragiudiziale che verrà
successivamente posto in essere dall'agenzia di recupero
crediti o dal legale sarà indubbiamente caratterizzato da una
maggiore incisività, sia sotto il profilo strettamente
operativo che per la pressione psicologica che potrà
legittimamente essere esercitata sul debitore al fine di
convincerlo a pagare.
Le agenzie di recupero crediti, che possono operare solo se
munite di apposita licenza rilasciata dalla Questura, sono
operatori economici (imprese individuali o società) deputati
istituzionalmente al recupero dei crediti in forma
stragiudiziale.
Nell'ambito di tali competenze esse operano nell'interesse del
creditore perseguendo la soluzione economicamente e
tecnicamente più efficace ed efficiente volta a consentirgli il
recupero (integrale o parziale) del proprio credito.
L'esperienza italiana dell'ultimo decennio ha dimostrato che,
in numerosi casi per i quali tutte le procedure aziendali
interne esperite nella prima fase precedentemente descritta si
sono rivelate infruttuose, il successivo intervento di
un'agenzia di recupero crediti ha portato in tempi brevi
all'incasso del credito.
Tale risultato pare attribuibile ad alcuni fattori
concomitanti:
a) il debitore molto spesso non prova la benchè minima forma di
soggezione psicologica nei confronti del creditore, che
identifica semplicemente come uno dei tanti fornitori di cui
avvalersi o meno e sul quale far gravare, ad interesse zero, le
tensioni finanziarie della propria impresa.
Quando l'interlocutore invece è un'agenzia di recupero
crediti
il debitore ha a che fare con persone e procedure
ignote e
prende immediatamente coscienza che ormai si è
usciti dal
normale ambito dei rapporti commerciali per
addentrarsi in un
campo a lui ignoto e potenzialmente
rischioso;
b) la professionalità maturata dalle suddette agenzie contempla
particolari tecniche di analisi finalizzate ad identificare
i
punti deboli sui quali attaccare psicologicamente il
debitore
(ad esempio minaccia di istanza di fallimento o minaccia di
denuncia per truffa o appropriazione indebita, ripetute
lettere
di sollecito, telefonate, visite a domicilio, e sul
posto di
lavoro, ecc.) al fine di far sì che lo stesso
maturi
progressivamente la volontà di pagare il proprio
debito per
evitare seccature o problemi ben maggiori;
c) l'intervento dell'agenzia comporta generalmente l'immediata
comunicazione al debitore di una serie di oneri (interessi di
mora, commissioni di recupero e spese) che vengono posti a suo
carico e fanno lievitare sensibilmente l'ammontare del debito.
Di fronte a tale prospettiva il debitore che non sia in mala
fede si preoccuperà di saldare al più presto quanto dovuto al
fine di limitare ogni ulteriore spesa.
L'effettivo risultato conseguente alla suddetta tipologia di
recupero non è ovviamente determinabile a priori.
In linea generale le percentuali di recupero sono senz'altro
più che apprezzabili, ma occorre evidenziare che vi possono
essere specifici debitori (normalmente incalliti) che non
subiscono affatto la pressione psicologica a cui si tenta di
sottoporli e che sovente non dispongono neppure di alcun bene
patrimoniale su cui agire per privarli legalmente della
disponibilità dello stesso e convincerli al pagamento.
In questi casi anche i più oculati tentativi di recupero
possono rivelarsi infruttuosi.
I costi del servizio di recupero crediti sono variabili da
un'agenzia all'altra, talvolta persino nell'ambito della stessa
agenzia in relazione al numero delle pratiche di recupero che
vengono affidate da ciascun cliente.
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In genere l'agenzia richiede una quota fissa per ciascuna
pratica da L. 10.000 a L. 25.000, che è dovuta
indipendentemente dall'esito del recupero. Tale modesto
compenso infatti copre le sole spese amministrative e postali
relative al trattamento della pratica.
Se, grazie all'intervento dell'agenzia, il credito viene
incassato in tutto o in parte è inoltre dovuta una commissione
percentuale compresa fra il 10% ed il 15% dell'importo
recuperato.
3. Il titolo esecutivo
Quando le procedure di recupero stragiudiziale del credito si
rivelano infruttuose non resta che rivolgersi ad un legale per
il recupero in via giudiziale.
Per poter iniziare l'esecuzione forzata a carico di un
debitore bisogna disporre di un titolo esecutivo.
Sarebbe di scarso interesse dilungarsi in questa sede in
un'analisi dei vari atti a cui la legge riconosce la qualità di
titolo esecutivo: poichè trattiamo di recupero crediti basterà
dire che normalmente l'esecuzione avviene sulla base di
assegni, cambiali, decreti ingiuntivi del magistrato e, più
raramente, sentenze.
E' ovvio che i titoli appartenenti alle due prime categorie
nascono spontaneamente, senza che venga espletata alcuna
procedura giudiziale.
Si dovrebbe quindi dire che, imponendo o concordando le
modalità di pagamento, un'azienda dovrebbe privilegiare nei
confronti dei debitori ritenuti a rischio il pagamento a mezzo
assegni o cambiali, per trovarsi già, alle rispettive scadenze,
un titolo da mettere ad esecuzione.
Ma, come sappiamo, la cosa nella pratica è difficilmente
realizzabile, e le cambiali (o gli eventuali assegni
postdatati) in genere verranno rilasciati dal debitore solo
nell'ambito di una successiva rateizzazione dello scoperto,
oppure dopo l'intervento fruttuoso dell'agenzia di recupero
crediti.
Il mezzo principe per ottenere un titolo esecutivo sarà
quindi il decreto ingiuntivo, ottenibile ogni volta che del
credito si fornisca prova scritta, tale essendo anche
l'estratto notarile delle scritture contabili obbligatorie del
creditore.
I tempi per l'ottenimento del decreto ingiuntivo sono
sensibilmente diversi da una sede giudiziaria all'altra e
possono variare dai
10 - 15 giorni fino ai 60 - 70 giorni.
Una volta ottenuto il decreto ingiuntivo l'art. 479 c.p.c.
dispone che l'esecuzione forzata debba essere preceduta dalla
notificazione alla controparte del titolo esecutivo e del
precetto.
Si tratta in concreto dell'estremo avvertimento al debitore che
si è in procinto di esercitare l'azione esecutiva,
consentendogli un'ultima possibilità di ottemperare
spontaneamente alla propria obbligazione.
A questo punto è importante sottolineare che il precetto
conserva la sua efficacia solo per novanta giorni dalla data
della notifica, pertanto se entro tale termine il debitore non
ha pagato e neppure si è dato inizio all'esecuzione forzata
diverrà necessario predisporre e notificare un nuovo atto di
precetto.
Che cosa significa, in buona sostanza, recuperare un credito
in sede contenziosa? Significa costringere materialmente il
debitore al pagamento o privandolo della disponibilità di beni
mobili o immobili che egli possiede, o privandolo della
disponibilità di crediti, e cioè esercitando, in sua vece, ma
nell'interesse proprio, i crediti che il debitore vanta nei
confronti di terzi.
Tutto questo ovviamente avviene nel rispetto di precise norme
di legge che, nel codice di procedura civile, sono inserite nel
libro III sotto il titolo "Del processo di esecuzione".
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Può apparire strano che, trattando di una attività svolta in un
rigido schema normativo, si parli di costrizione materiale del
debitore. In effetti la singolarità di questo linguaggio è solo
apparente, poichè l'ufficiale giudiziario incaricato
dell'esecuzione mobiliare, "quando è necessario aprire porte,
ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal
debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano
l'esecuzione, provvede secondo le circostanze, richiedendo,
quanto occorre, l'assistenza della forza pubblica".
Non solo, ma può ricercare le cose da pignorare addirittura
sulla persona del debitore (art. 513 c.p.c.).
Peraltro, l'esecuzione sugli immobili e sui crediti, anche se
regolata da norme che hanno un tenore letterale meno colorito,
si svolge senza alcuna necessità di collaborazione da parte del
debitore, che si trova spogliato di quanto è stato sottoposto a
pignoramento; salvi, ovviamente, i mezzi legali di opposizione
che la legge gli riconosce.
4. Il pignoramento mobiliare
Il fatto, come vedremo più avanti, che l'esecuzione sui
crediti e quella sugli immobili abbiano, per una ragione o per
l'altra, limitate possibilità di applicazione spiega come circa
il 90% delle procedure esecutive sia costituito da pignoramenti
mobiliari presso il debitore.
Con tale atto si impone a determinati beni di proprietà del
debitore un vincolo giuridico a favore del creditore e degli
altri soggetti successivamente intervenuti.
Questo vincolo nell'immediato non impedisce al debitore di
disporre materialmente dei beni pignorati, entro determinati
limiti, ma rende inefficaci gli atti con cui il debitore aliena
le cose pignorate o comunque ne dispone giuridicamente.
Successivamente al pignoramento il creditore chiederà la
vendita forzata dei beni pignorati o la loro assegnazione.
La vendita forzata viene normalmente effettuata con incanto,
mediante offerte successive in aumento, ma l'art. 503 c.p.c.
consente anche altre modalità come la licitazione o la
trattativa privata.
Che si trovino beni suscettibili di esecuzione, sopratutto
nelle aziende, è frequente: si pensi ad esempio agli automezzi,
a computers e stampanti, arredamenti, macchinari, merci in
magazzino. Tuttavia l'utilità pratica di tale procedura va
purtroppo riducendosi, col trascorrere degli anni, per due
ordini di motivi:
a) Considerati i lunghi tempi delle procedure esecutive, i beni
pignorati subiscono generalmente un sensibile deprezzamento fra
l'inizio della procedura e la successiva vendita, mentre il
debitore, potendo contare appunto sulla lentezza della
procedura, non è psicologicamente stimolato ad una rapida
sistemazione del sospeso.
b) La diffusione del leasing, sopratutto per le attrezzature
industriali a rapida obsolescenza, fa si che i beni di maggior
valore, che si possono rinvenire presso le aziende siano
spesso beni non assogettabili all'esecuzione, perchè proprietà
di terzi.
Concluderemo quindi osservando che in tanto la procedura
esecutiva mobiliare avrà successo in quanto riuscirà a colpire
beni indispensabili per l'attività dell'impresa debitrice: ciò
porterà infatti il debitore ad estinguere il debito con
relativa celerità, per evitare di arrivare alla vendita di
quanto, vendita dalla quale peraltro in genere il creditore non
si può ragionevolmente attendere grandi risultati trattandosi
di beni usati o di merci spesso obsolete; beni comunque di
difficile realizzo.
5. Il pignoramento dei crediti
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Nell'ambito delle procedure giudiziali di recupero crediti ve
ne è una che, pur essendo a livello potenziale estremamente
efficace ed efficiente, nella pratica sta pressochè cadendo in
disuso.
Si tratta del pignoramento dei crediti, che rientra nel più
ampio quadro dell'espropriazione presso terzi, il quale si
svolge con una procedura molto rapida, e perciò relativamente
poco dispendiosa, e che va senz'altro preferito quando si sia
informati circa l'esistenza di crediti del debitore nei
confronti di aziende di sicura solvibilità, o addirittura si
presuma che, almeno saltuariamente, il conto corrente
intrattenuto dal debitore con una o più banche presenti un
saldo creditore.
Queste importanti informazioni talvolta sono state
precedentemente raccolte, nel corso della fase stragiudiziale
del recupero crediti, direttamente dall'agenzia incaricata del
recupero e trasmesse al creditore per essere utilmente
impiegate nella fase giudiziale.
In tali ipotesi, peraltro nella pratica piuttosto rare, la
procedura può esaurirsi anche solo in un paio di mesi, poichè,
su richiesta del creditore, il Pretore ordina al "terzo
pignorato" (banca o debitore del debitore) di pagare
direttamente al creditore che ha attivato l'azione giudiziale.
Poichè per essi è, di regola, indifferente pagare ad un
creditore piuttosto che ad un altro, il recupero è normalmente
rapidissimo.
Purtroppo questa forma di esecuzione, che appare estremamente
efficace in linea teorica, nella pratica risulta inattuabile
nella maggior parte dei casi, o perchè non si conoscono i
clienti dei clienti, o perchè non si conoscono le banche con le
quali i clienti operano, o, infine, e sopratutto, perchè chi
costringe l'azienda creditrice ad una procedura esecutiva di
recupero si trova stabilmente in una situazione debitoria nei
confronti degli istituti di credito.
6. L'esecuzione forzata sugli immobili
L'esecuzione forzata sugli immobili, anch'essa in linea
teorica molto efficace, non trova frequente applicazione per
altri motivi, che vanno ricercati da un lato nella frequente
inesistenza di beni immobili di proprietà del debitore e,
dall'altro, negli alti costi della procedura, che la rendono
pressochè inavvicinabile quando di tratti di recuperare crediti
medio-piccoli.
Non va poi sottaciuto un altro concreto ostacolo al
soddisfacimento del credito mediante l'esecuzione forzata
immobiliare: raramente nella pratica si riesce a colpire un
immobile libero da vincoli ipotecari.
Poichè, come è noto, l'ipoteca privilegia quel creditore a
favore del quale essa è iscritta, in molti casi pignorare un
immobile, gravato da ipoteca, significa svolgere un'intera
procedura esecutiva nell'interesse prevalente, se non
addirittura esclusivo, del creditore ipotecario.
La procedura in esame può quindi essere utilmente impiegata
solo per crediti di importo elevato nei rarissimi casi in cui
il debitore sia proprietario, e preferibilmente non in
comproprietà con altri, di beni immobili aventi un valore
capiente e liberi da ipoteche anteriori.
7. Le procedure concorsuali
Si parla di procedure concorsuali per indicare quelle
procedure giudiziarie che, in maniera più o meno immediata,
sono rivolte a garantire il "concorso" dei creditori sul
patrimonio del debitore, e cioè il soddisfacimento dei loro
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diritti in misura paritetica, salve le legittime cause di
prelazione previste dalla legge.
Si tratta anche in questi casi, ora con una misura cautelare
quale l'amministrazione controllata, ora con procedure
liquidatorie quali il fallimento e il concordato preventivo, di
aggredire il patrimonio del debitore, con la differenza che,
mentre nelle procedure esecutive esaminate in precedenza, ogni
creditore procede singolarmente con la propria esecuzione
forzata individuale (e chi tardi arriva male alloggia!), nelle
procedure concorsuali l'esecuzione è attuata da un organo
pubblico, che è il curatore fallimentare o il commissario
giudiziale, nell'interesse di tutti i creditori.
Recuperare i crediti in sede concorsuale è, da un lato, più
semplice e molto meno dispendioso, e, dall'altro, in termini di
concreta probabilità, estremamente più arduo.
In linea generale, il discorso non potrebbe che arrestarsi qui,
girando attorno a frasi fatte, quali "dai fallimenti non si
prende niente", e così via, ma un esame più serio richiede una
distinzione fra i casi che si possono presentare nelle diverse
procedure concorsuali.
Amministrazione controllata
L'Amministrazione controllata comporta il cosiddetto
congelamento dei debiti dell'azienda che vi è sottoposta: i
creditori cioè non possono iniziare o proseguire azioni
esecutive sul patrimonio del debitore, e tanto meno può il
debitore spontaneamente pagare.
Questo divieto concerne però i crediti "per titolo o causa
anteriore" alla procedura: conseguentemente, se l'azienda in
amministrazione controllata assumerà nuovi debiti, come è
normale che faccia dato che continua la propria attività di
impresa, per quelli, una volta che siano scaduti, si potrà
agire esecutivamente nonostante la pendenza della procedura.
Una particolare attenzione dovrà tuttavia essere impiegata
nella concessione del credito ad imprese in amministrazione
controllata poichè se, da un lato, la presenza del commissario
fa presumere un'amministrazione seria ed oculata, dall'altro,
spesso vengono poste in amministrazione controllata aziende già
in stato di insolvenza, essendo nel concreto molto incerto il
confine fra quest'ultimo e la temporanea difficoltà di
adempiere.
Se all'amministrazione controllata farà seguito il
concordato preventivo o il fallimento, il divieto di azioni
esecutive individuali diverrà generale ed anche per i debiti
sorti durante la procedura non sarà possibile il recupero nelle
forme che abbiamo visto; ma per questi crediti vi sarà un
trattamento preferenziale, che ne assicurerà quasi sempre il
soddisfacimento: saranno cioè pagati "in prededuzione", come le
spese della procedura, il compenso del commissario o del
curatore, ecc..
Concordato preventivo
Il concordato preventivo ha al contrario, come il
fallimento, "finalità liquidatorie e satisfattive": non mira,
cioè, a riportare l'azienda fuori dalla temporanea mancanza di
liquidità, ma piuttosto a liquidarla, soddisfacendo, in pari
misura, come abbiamo visto, i creditori.
Il recupero crediti nel concordato preventivo non costa, in
genere, assolutamente nulla. Se il credito non è contestato,
esso verrà pagato in sede di liquidazione.
Si cade spesso in errore sulla percentuale concordataria,
che la legge indica, per i crediti non privilegiati, nel 40%.
Questa percentuale oggi in concreto non viene raggiunta
quasi mai, e, ciònonostante, il concordato non si risolve.
La ragione sta nel fatto che, con sempre maggior frequenza,
viene proposto ed approvato il concordato "con cessione dei
beni", cioè quel concordato con il quale il debitore offre
tutti i propri beni, presumibilmente sufficienti a raggiungere
il fatidico 40%.
Valutare il complesso dei beni offerti dal debitore non è la
cosa più agevole e, nel dubbio sulla reale entità del
patrimonio, si tende a largheggiare nella valutazione. Si
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arriva allora, in sede di liquidazione, a disporre di una somma
spesso inferiore al 40% dei crediti.
Questo tipo di concordato è oggi preferito, poichè è spesso
impossibile offrire, in alternativa, "garanzie reali o
personali di pagare il quaranta per cento dell'ammontare dei
debiti".
Spese praticamente nulle, quindi, a fronte della probabilità
di riscuotere da pochi punti percentuali fino al 40% o,
teoricamente, anche molto di più.
Fallimento
"Punctum dolens" di questa sintetica disamina dal recupero
crediti in sede concorsuale è il fallimento, che, salvi casi
eccezionali, non permette il recupero, nè integrale, nè al 40%,
dei crediti chirografari, e che spesso non permette di
conseguire ricavi di sorta.
Le spese sono pressochè nulle se l'azienda creditrice si
insinua al passivo tempestivamente, e cioè prima dell'udienza
di verificazione dello stato passivo o prima che questo venga
chiuso; hanno invece una certa entità, se ci si insinua
tardivamente.
La differenza, in termini di costi, va ricondotta a due
cause: la prima consiste nel fatto che l'insinuazione
tempestiva non richiede assistenza di legale, mentre questa,
per la seconda, è indispensabile; la seconda consiste invece
nel fatto che, per insinuarsi tardivamente al passivo del
fallimento, occorre instaurare una vera e propria causa (magari
destinata a concludersi subito, per adesione del curatore alla
domanda) con spese vive che incidono notevolmente sui crediti
di piccole dimensioni.
Se dovessimo, quindi, limitarci a confrontare i costi di
un'istanza tardiva di ammissione al passivo con il probabile
ricavo, dovremmo concludere che è opportuno proporla solo per i
crediti di grosse dimensioni, sui quali le spese legali
finiscono per avere un'incidenza modesta.
8. Il trattamento fiscale delle perdite su crediti
La normativa tributaria riguardante la deducibilità delle
perdite su crediti è purtroppo molto restrittiva e talora
risulta decisamente penalizzante per le imprese.
La materia è regolamentata dall'art. 66, 3° comma, del DPR
917/86, il quale dispone che le perdite su crediti, per essere
deducibili dal reddito, devono risultare da elementi certi e
precisi; sono deducibili in ogni caso se il debitore è
assoggettato a procedure concorsuali.
Secondo l'amministrazione Finanziaria la perdita è fiscalmente
riconosciuta solo quando abbia i caratteri dell'inevitabilità e
risponda ad una scelta di convenienza oggettiva
dell'imprenditore (Risoluzione Ministeriale 9/4/80 n. 9/557).
Nel caso (piuttosto frequente nella pratica) di crediti
inesigibili di modesto importo, le cui spese legali per attuare
l'esecuzione forzata in danno del debitore sono rilevanti
rispetto all'ammontare del credito in sofferenza e vi sono
fondate ragioni per presumere un esito negativo dall'azione di
recupero, il fisco ammette la deducibilità della perdita
documentata dalle suesposte argomentazioni, ad esempio a mezzo
lettera di un legale inviata al proprio cliente (Risoluzione
Ministeriale 6/8/76 n. 9/124).
Inoltre, ove sia posta in essere una cessione di credito ad un
prezzo inferiore al valore contabile, la differenza fra il
valore di effettivo realizzo ed il valore nominale è ammessa in
deduzione nel solo caso della cessione pro-soluto, cioè con
liberazione del cedente al momento del trasferimento
(Risoluzione Ministeriale 13/3/82 n. 9/634).
L'art. 71 del DPR 917/86 disciplina infine la deducibilità
degli accantonamenti per rischi su crediti.
Al comma 1 detta norma dispone che, per i soli crediti di
natura commerciale non coperti da garanzia assicurativa, è
consentito operare annualmente un accantonamento, fiscalmente
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deducibile, nel limite dello 0,5% del valore nominale degli
stessi.
La deduzione peraltro non è più ammessa quando l'ammontare
complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti imputati
all'apposito fondo abbia raggiunto il 5% del valore nominale
dei crediti commerciali risultanti in bilancio alla fine
dell'esercizio.
Al comma 2 viene stabilito che le perdite su crediti sono
deducibili, a norma dell'art. 66, limitatamente all'ammontare
che eccede l'importo complessivo delle svalutazioni e degli
accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi.
Nel nostro ordinamento tributario non vi è quindi cumulabilità
fra le perdite su crediti aventi natura certa, rilevate a
secondo il disposto dell'art. 66, e quelle invece solamente
presunte, per le quali sia stato forfettariamente operato un
accantonamento generico a norma dell'art. 71, in quanto le
prime sono deducibili limitatamente all'importo che eccede
l'ammontare accantonato per le seconde.
Per giunta, se in un esercizio l'importo accantonato con le
modalità di cui all'art. 71 eccede l'ammontare del 5% dei
crediti commerciali risultanti dal bilancio, l'eccedenza
concorre a formare il reddito dell'esercizio.
9. Conclusioni
Questa rapida panoramica sui molteplici aspetti del recupero
crediti, sia in via stragiudiziale che in sede giudiziale,
consente di epilogare alcuni sintetici spunti di riflessione:
a) Nei rapporti commerciali la prevenzione è meglio della cura.
Informarsi approfonditamente sull'affidabilità dei propri
interlocutori in affari e tenere costantemente monitorata la
loro situazione economico-finanziaria consente in genere di
prevenire il sorgere di crediti in sofferenza.
b) L'uso della ragionevolezza dà migliori risultati delle
questioni
di principio. Ciò è vero in particolare per tutte quelle
situazioni dove è possibile concordare con il debitore delle
soluzioni di natura amministrativa, tecnica, commerciale o dei
componimenti stragiudiziali delle vertenze che risultino
ragionevolmente accettabili da entrambe le parti.
c) Prima di arrendersi vale la pena di far provare degli
esperti.
Quando i tentativi esperiti si siano rivelati infruttuosi, e
prima che la situazione del debitore si incancrenisca, si può
provare ad affidare la pratica ad un'agenzia di recupero
crediti
specializzata. Grazie alle tecniche di convincimento
e di
pressione psicologica sul debitore messe a punto da
questi
esperti in molti casi il loro intervento si rivela
risolutivo e
comunque, anche nell'ipotesi peggiore, il costo
da sostenere è
decisamente modesto.
d) Se il creditore è un soggetto a rischio meglio tutelarsi con
un
titolo esecutivo. Il possesso di assegni e cambiali,
benchè
ovviamente di per sè non possa garantire che il
credito sia
recuperabile, mette generalmente il debitore in
una situazione
psicologica di timore di essere protestato e
consente nel
contempo di velocizzare i tempi delle procedure
esecutive e di
limitarne i costi.
e) Disponendo di informazioni precise è possibile scegliere la
procedura migliore da intraprendere. Essere a conoscenza della
reale situazione finanziaria del debitore, dei suoi eventuali
crediti, della proprietà di immobili non ipotecati, della
disponibilità di beni di agevole commercio, è di valido ausilio
nella scelta della procedura esecutiva più opportuna da
intraprendere per ottenere il massimo risultato in termini di
costi/benefici.
f) Quando la situazione del debitore non offre vie d'uscita può
essere utile farlo fallire. Quando l'ammontare del credito o la
pessima situazione patrimoniale del creditore non giustificano
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i
costi di un'azione individuale, o quando ogni tentativo di
procedura esecutiva si sia rivelato infruttuoso, il vantaggio
fiscale conseguibile in termini di risparmio d'imposta può
rendere raccomandabile l'avvio di una procedura concorsuale, i
cui costi come si è detto sono alquanto esigui.
Inoltre, indipendentemente dalla lunghezza della procedura e
da
quanto in concreto dalla stessa si riuscirà a recuperare,
il
creditore avrà almeno la soddisfazione morale di aver
eliminato
dal mercato (a volte purtroppo solo
temporaneamente) l'elemento
parassitario che lo ha beffato e
che è potenzialmente dannoso
per l'intera l'economia.